N. 125 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 giugno 2021
Ordinanza del 3 giugno 2021 del Tribunale di Savona sul reclamo proposto da Riccio Cinzia contro Aziz Es Salmi. Esecuzione forzata - Misure connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 - Sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo - Proroga, limitatamente ai provvedimenti di rilascio adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze, inizialmente sino al 30 giugno 2021 - Ulteriore proroga: fino al 30 settembre 2021 per i provvedimenti di rilascio adottati dal 28 febbraio 2020 al 30 settembre 2020; fino al 31 dicembre 2021 per i provvedimenti di rilascio adottati dal 1° ottobre 2020 al 30 giugno 2021 - Denunciata previsione di una sospensione automatica e generalizzata con preclusione per il giudice di ogni margine di prudente margine di apprezzamento del caso concreto, sotto il profilo della valutazione comparativa delle condizioni economiche di conduttore e locatore e della meritevolezza dei contrapposti interessi. - Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, art. 103, comma 6; decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183 ("Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonche' in materia di recesso del Regno Unito dall'Unione europea"), convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2021, n. 21, art. 13, comma 13; decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41 (Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all'emergenza da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 21 maggio 2021, n. 69, art. 40-quater.(GU n.33 del 18-8-2021 )
TRIBUNALE DI SAVONA Il Tribunale di Savona, nella persona del Giudice dott. Eugenio Tagliasacchi a scioglimento della riserva ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione alla ecc.ma Corte costituzionale nella causa civile iscritta al n. 268/2021 R.G. Fatto L'odierna ricorrente Riccio Cinzia - proprietaria dell'appartamento sito in Albenga, via Roma n. 19, iscritto al NCEU a f. 19, part. 201, sub. 7, cat. A/4, condotto in locazione ad uso abitativo da Aziz Es Salmi, nato in Marocco e residente in Albenga, al canone annuo di euro 4.560,00, intimava, con atto notificato il 20 novembre 2020, sfratto per morosita' e contestuale citazione per la convalida nei confronti del predetto conduttore, per l'udienza del 20 gennaio 2021 dinanzi a questo Tribunale, instando per la pronuncia di ingiunzione di pagamento, immediatamente esecutiva, per la somma di euro 1.600,00 a titolo di canoni scaduti ed euro 889,00 a titolo di oneri non rimborsati (bolletta acqua, euro 112,00; rata TARI, euro 188,00; spese condominiali, euro 589,78). Con decreto del 20 gennaio 2021 l'intimato sfratto era convalidato con la fissazione della data del 19 febbraio 2021 per l'esecuzione nonche' venivano liquidate in favore dell'Erario le spese processuali, essendo, altresi', in pari data apposta la formula esecutiva. Frattanto, il Consiglio dell'ordine degli avvocati di Savona, in accoglimento dell'istanza della locatrice, pervenuta il 9 ottobre 2020, aveva ammesso la richiedente al patrocinio a spese dello Stato, con deliberazione assunta nella seduta del 23 ottobre 2020. Nell'inerzia del conduttore, la locatrice notificava in data 15 marzo 2021 il titolo munito di formula esecutiva e l'atto di precetto per rilascio nonche', decorsi i termini di legge, richiedeva all'U.N.E.P. territorialmente competente di procedere all'esecuzione del provvedimento di rilascio, ricevendo verbalmente notizia dell'attuale impossibilita' ex lege di procedere, donde la proposizione del presente reclamo al Giudice dell'esecuzione avverso il diniego dell'Ufficiale giudiziario, con prospettazione della questione di legittimita' costituzionale del regime di sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, disposta in origine dall'art. 103, comma 6, del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito nella legge n. 27 del 2020 e successive proroghe. A scioglimento della riserva, devesi preliminarmente dare atto della corretta individuazione, ad opera dell'attuale parte ricorrente, del referente normativo applicabile nella specie, afferente al rifiuto dell'Ufficiale giudiziario in ordine al compimento dell'atto richiestogli, consistente nel reclamo al giudice dell'esecuzione, con l'avvertenza che, soltanto in caso di rigetto di detto reclamo, sarebbe proponibile l'opposizione agli atti esecutivi. Per risalenti enunciazioni del principio cfr. Cassazione civ. n. 7674 del 2008, secondo cui: «Il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi, di cui all'art. 617 c.p.c., e' esperibile soltanto contro atti riferibili al giudice dell'esecuzione, il quale e' l'unico titolare del potere di impulso e controllo del processo esecutivo. Quando, invece, l'atto (anche eventualmente omissivo) che si assume contrario a diritto sia riferibile non al giudice, ma ad un suo ausiliario, ivi compreso l'ufficiale giudiziario, esso e' sottoponibile al controllo del giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 60 del codice di procedura civile o nelle forme desumibili dalla disciplina del procedimento esecutivo azionato e solo dopo che il giudice stesso si sia pronunciato sull'istanza dell'interessato sara' possibile impugnare il suo provvedimento con le modalita' di cui all'art. 617 c.p.c.» (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha ritenuto inammissibile l'opposizione ex art. 617 codice di procedura civile avverso il rifiuto dell'Ufficiale giudiziario di procedere ad un secondo accesso al domicilio del debitore, al fine di individuare ulteriori beni mobili da pignorare). In ordine all'art. 103, comma 6, del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito nella legge n. 27 del 2020 - secondo cui, nella formulazione originaria, «L'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, e' sospesa fino al 31 dicembre 2020» - e' intervenuto, dapprima, il provvedimento di proroga del termine fino al 30 giugno 2021, di cui all'art. 13, comma 13, del decreto-legge 31 dicembre 2020 ,n. 183, convertito nella legge 26 febbraio 2021 n. 21 e, successivamente, l'ulteriore proroga disposta dall'art. 40-quater del decreto-legge n. 41 del 2021, convertito nella legge n. 69 del 2021. La disposizione da ultimo citata, indicata con la rubrica «Disposizioni in materia di sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili», stabilisce quanto segue: «La sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, prevista dall'art. 103, comma 6, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, limitatamente ai provvedimenti di rilascio adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze e ai provvedimenti di rilascio conseguenti all'adozione, ai sensi dell'art. 586, secondo comma, del codice di procedura civile, del decreto di trasferimento di immobili pignorati ed abitati dal debitore e dai suoi familiari, e' prorogata: a) fino al 30 settembre 2021 per i provvedimenti di rilascio adottati dal 28 febbraio 2020 al 30 settembre 2020; b) fino al 31 dicembre 2021 per i provvedimenti di' rilascio adottati dal 1° ottobre 2020 al 30 giugno 2021». Questo Giudice condivide i dubbi di legittimita' costituzionale delle disposizioni che precedono, sollevati dalla difesa di parte reclamante e, in particolare, di tale ulteriore proroga della sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, ritenendo sussistente il requisito della non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale delle stesse, che, con la presente ordinanza, ritiene di dover sottopone al vaglio della ecc.ma Corte costituzionale per i motivi di seguito esposti. Diritto Preliminarmente, con riferimento alla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale rispetto al processo in corso, occorre osservare che le norme di cui trattasi risultano di necessaria applicazione, atteso che con l'atto introduttivo del presente procedimento e' stato proposto reclamo avverso il diniego dell'Ufficiale giudiziario di procedere alla liberazione dell'immobile bacato e che tale rifiuto e' condizionato proprio dall'applicazione delle disposizioni in questione, con l'ulteriore precisazione che, essendo stato il provvedimento di convalida adottato in data 20 gennaio2021, il caso di specie ricade nell'ambito dell'ulteriore e piu' estesa proroga prevista dal legislatore con l'art. 40-quater del decreto-legge n. 41 del 2021, convertito nella legge n. 69 del 2021, destinata a protrarsi fino al 31 dicembre 2021. Ne consegue che soltanto l'eventuale pronuncia di illegittimita' costituzionale della norma implicherebbe l'accoglimento del proposto reclamo, laddove una diversa valutazione della Corte ne comporterebbe la reiezione, stante, in tale secondo caso, la legittimita' del rifiuto di procedere all'esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile. Con riferimento alla non manifesta infondatezza della questione, si deve rilevare che la sospensione della liberazione degli immobili pone un dubbio di legittimita' costituzionale in relazione alle disposizioni di seguito indicate. 1) Art. 3, commi 1 e 2 della Costituzione. Sotto un primo profilo, le norme censurate appaiono in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, commi 1 e 2, atteso che introducono una misura sproporzionata e irragionevole per una pluralita' di ragioni. In primo luogo, si tratta di una disciplina riferita indistintamente a tutti i provvedimenti di sfratto per morosita', ivi inclusi quelli rispetto ai quali l'inadempimento si e' manifestato in epoca antecedente alla pandemia da COVID-19 e, dunque, non puo' ovviamente essere ad essa causalmente ricollegabile. In tal modo, dunque, il legislatore ha collocato sul medesimo piano e ha trattato nello stesso modo situazioni tra loro del tutto diverse, senza distinguere le ipotesi in cui la situazione di incolpevole morosita' del conduttore e' effettivamente dipesa dall'emergenza pandemica da quelle in cui l'inadempimento risulta, invece, del tutto privo di relazioni causali con essa, sicche', in tale prospettiva, si delinea un dubbio di legittimita' costituzionale con riferimento all'art. 3, comma 1 della Costituzione. In secondo luogo, le norme censurate impongono una generalizzata sospensione della liberazione degli immobili, precludendo qualsiasi valutazione del giudice in ordine alla comparazione delle condizioni economiche delle parti e della meritevolezza degli interessi contrapposti, accordando una tutela assoluta, in via preordinata e aprioristica, esclusivamente alla posizione del conduttore, senza alcuna considerazione per quella del locatore. Questo Giudice ritiene che l'impostazione seguita dal legislatore con le norme censurate sia irragionevole perche' impedisce un prudente apprezzamento della situazione concreta e preclude conseguentemente un equilibrato contemperamento degli interessi delle parti. Inoltre, la preferenza automaticamente riconosciuta alla posizione del conduttore risulta ingiustificata ove si consideri che la pandemia ha avuto effetti pregiudizievoli generalizzati, laddove il legislatore sembra muovere dall'infondato presupposto che l'emergenza pandemica abbia colpito esclusivamente la categoria dei conduttori, categoria peraltro del tutto eterogenea, lasciando, invece, indenne quella - parimenti eterogenea - dei locatori. L'irragionevolezza della scelta del legislatore di non riservare al giudice alcun margine di apprezzamento del caso concreto, sotto il profilo della valutazione comparativa delle condizioni delle parti, risulta particolarmente evidente nelle situazioni estreme, come quella oggetto del presente procedimento, ove la parte locatrice risulta economicamente debole, trattandosi di persona, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, che trae il proprio reddito esclusivamente dalla locazione dell'immobile in questione e che, dunque, e' posta in seria difficolta' economica dall'impossibilita' di percepire i relativi canoni per oltre un anno, fino al 31 dicembre 2021. Invero, le disposizioni censurate, impedendo la liberazione dell'immobile quando anche la parte locatrice, o addirittura solo quest'ultima, si trovi in stato di indigenza o comunque di difficolta' economica, accordano un'irragionevole e sproporzionata automatica preferenza unilaterale alla posizione del conduttore, finanche agevolando condotte abusive di quest'ultimo. In tale prospettiva, il dubbio di legittimita' costituzionale riguarda, pertanto, non solo il comma 1, ma anche il comma 2 dell'art. 3 della Costituzione, poiche', oltre ad esservi l'irragionevole preferenza automatica sopra segnalata, vi e' anche la totale omissione della considerazione di una possibile situazione di particolare debolezza della parte locatrice, omissione che, appunto, assume rilievo in relazione al comma 2 dell'art. 3 della Costituzione. Tali considerazioni pongono anche in luce le significative differenze rispetto alle precedenti disposizioni di sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio, gia' esaminate dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 310/2003, richiamata nella successiva n. 155/2004, ove la Corte si era pronunciata in relazione alla questione legittimita' costituzionale sollevata in via incidentale con riferimento all'art. 1 del decreto-legge 27 dicembre 2001, n. 450 (Proroga di termini in materia di sospensione di procedure esecutive per particolari categorie di locatari e di copertura assicurativa per le imprese nazionali di trasporto aereo), convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 2002, n. 14, che aveva prorogato (per la terza volta) la sospensione delle procedure di esecuzione forzata di rilascio di immobili ad uso abitativo nei confronti di inquilini appartenenti a determinate categorie ritenute suscettibili di particolare protezione. Dette categorie erano individuate attraverso i requisiti indicati dall'art. 80, comma 20, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001), consistenti nell'annoverare nel proprio nucleo familiare ultrasessantacinquenni o handicappati gravi e nel non disporre di altra abitazione o di redditi sufficienti ad accedere all'affitto di una nuova casa. Appare rilevante, infatti, la circostanza che in quell'ipotesi la sospensione della liberazione degli immobili era non gia' generalizzata, come quella prevista dalle norme che vengono in rilievo in questa sede, bensi' limitata a precise e delimitate categorie di soggetti in considerazione delle specifiche situazioni di particolare debolezza in cui gli stessi si trovavano. Peraltro, e' molto significativo che, proprio con la citata sentenza n. 310/2003, la stessa Corte costituzionale aveva evidenziato la necessita' di una valutazione comparativa delle condizioni economiche di conduttore e locatore, affermando che «Non si intende con cio' negare che il legislatore debba farsi carico delle esigenze di coloro che si trovano in particolari situazioni di disagio, in quanto appartenenti a categoria protetta, ricorrendo ad iniziative del settore pubblico o accordando agevolazioni o ricorrendo ad ammortizzatori sociali; ma non puo' indefinitamente limitarsi, per di piu' senza alcuna valutazione comparativa, a trasferire l'onere relativo in via esclusiva a carico del privato locatore, che potrebbe trovarsi in identiche o anche peggiori situazioni di disagio». In definitiva, dunque, puo' affermarsi che, con le disposizioni censurate, il legislatore abbia inteso far gravare su una parte di cittadini, indebitamente e indistintamente ritenuti capaci di sopportarne le conseguenze, una misura di carattere sostanzialmente assistenziale, che avrebbe dovuto essere posta a carico della fiscalita' generale. 2) Articoli 41, 42 e 117 della Costituzione e art. 1 Protocollo addizionale 1 CEDU. Sotto un secondo profilo, le norme censurate paiono in contrasto con le disposizioni costituzionali e convenzionali che tutelano il diritto di proprieta' e l'autonomia negoziale, atteso che la sospensione della liberazione dell'immobile in seguito all'adozione di un provvedimento di sfratto per morosita' divenuto definitivo svuota il contenuto sostanziale del diritto del proprietario, senza prevedere alcun indennizzo in suo favore. La sospensione in questione, infatti, preclude al locatore, da un lato, di utilizzare per se' l'immobile ovvero di altrimenti goderne in via mediata attraverso la locazione ad altri e, dall'altro lato, gli impedisce di percepire il canone di locazione, atteso che, appunto, trattandosi di sfratto per morosita', si verte in situazioni in cui per definizione il conduttore non versa il canone di locazione. Ne' puo' obiettarsi che il locatore abbia comunque la ragionevole possibilita' di recuperare in futuro i canoni non pagati nella loro interezza, poiche', in via di fatto, secondo l'id quod plerumque accidit, risulta particolarmente difficile, se non impossibile, per il locatore ottenere la soddisfazione del suo credito, soprattutto qualora, come nel presente procedimento, il conduttore sia insolvibile. Al riguardo il legislatore, prevedendo la sospensione della liberazione dell'immobile locato, non si e' dato cura di introdurre disposizioni volte a tutelare il diritto di credito del locatore per i canoni non pagati ne' ha previsto forme di garanzia per l'ipotesi di conduttori insolvibili. Va ulteriormente evidenziato, sotto questo profilo, che la misura della sospensione risulta ulteriormente irragionevole ove si tenga conto che, a fronte del mancato percepimento dei canoni di locazione, resta immutato l'obbligo del proprietario locatore di sostenere le spese e gli altri oneri, anche fiscali, derivanti dalla titolarita' del diritto di proprieta' dell'immobile, salvo il solo credito di imposta riconosciuto dall'art. 6-septies del decreto-legge n. 41/2021 convertito nella legge n. 69/2021. 3) Articoli 11, 24, 111, 117 della Costituzione, art. 6 CEDU, art. 47 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Sotto un ulteriore profilo, le disposizioni censurate paiono in contrasto con le norme costituzionali e convenzionali che delineano il sistema di tutela giurisdizionale dei diritti, poiche' sospendono l'esecuzione del provvedimento di convalida di sfratto per un rilevante periodo di tempo (circa dodici mesi), privando di una tutela giurisdizionale effettiva, anche in relazione alla ragionevole durata del processo, il soggetto che abbia gia' ottenuto il titolo esecutivo per il rilascio dell'immobile. Sul punto, va sottolineato, in particolare, che l'art. 24 della Costituzione e' volto a garantire una tutela giurisdizionale effettiva anche nella fase esecutiva, come affermato dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 321/1998 e n. 198/2010 nonche' dalle Sezioni unite della Corte di cassazione (cfr. Cassazione SU numeri da 19883 a 19888 del 2019). Con riferimento all'art. 6 CEDU, occorre preliminarmente dare atto che esso deve essere interpretato alla luce della giurisprudenza «consolidata» della Corte europea dei diritti dell'uomo, secondo quanto ha avuto modo di precisare la Corte costituzionale da ultimo nella sentenza n. 49/2015. Per quanto rileva in questa sede, non puo' dubitarsi che si sia formata una giurisprudenza consolidata circa la riferibilita' del diritto all'accesso alla giustizia di cui all'art. 6 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali anche al processo esecutivo, atteso che e' la stessa Corte europea dei diritti dell'uomo a richiamare il suo primo precedente sul punto, Hornsby contro Grecia del 19 marzo 1997, nelle sue successive pronunce (come avvenuto per esempio nella sentenza De Trana contro Italia del 16 ottobre 2007). La circostanza che sia la stessa Corte europea dei diritti dell'uomo a richiamare propri precedenti pare di per se' suggerire che si sia in presenza di un'interpretazione sufficientemente consolidata nel senso indicato dalla Corte costituzionale nella gia' citata sentenza n. 49/2015. Si deve dunque ritenere che, come affermato in Horsnby contro Grecia, l'esecuzione di una sentenza o di una decisione, di qualsiasi autorita' giudiziaria si tratti, deve essere considerata come facente parte integrante del «processo» ai sensi dell'art. 6 della Convenzione. Sebbene tale diritto non sia assoluto e sia per sua stessa natura soggetto alla necessita' di una disciplina da parte dello Stato, le limitazioni introdotte con le disposizioni censurate e le successive proroghe comprimono le possibilita' di accesso alla giustizia in modo tale da compromettere il diritto nella sua stessa sostanza. La Corte europea ha avuto altresi' modo di precisare che le limitazioni del diritto di accedere alla giustizia si possono conciliare con l'art. 6 della Convenzione solo se perseguono un fine legittimo e se esiste un rapporto ragionevole di proporzionalita' tra i mezzi impiegati e il fine perseguito (cfr. Popescu contro Romania, del 2 marzo 2004). Nel caso di specie, poiche' viene totalmente preclusa l'esecuzione di una decisione giudiziaria definitiva, e' da ritenersi che la limitazione dell'accesso alla giustizia sia tale da compromettere in radice la stessa sostanza del diritto garantito dall'art. 6 della Convenzione e questo Giudice dubita che tale limitazione - protratta per la durata di un anno - soddisfi il rapporto di ragionevole proporzionalita' menzionato dalla giurisprudenza della Corte europea, pur alla luce del contesto di emergenza e tenuto conto della rado legittima dell'intervento del legislatore, volto a contenere gli effetti economici e sociali della pandemia. Al riguardo, appare, inoltre, rilevante quanto affermato dalla stessa Corte costituzionale nelle gia' citate pronunce n. 310/2003 e n. 155/2004, relative a precedenti provvedimenti di sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di' rilascio degli immobili. In quell'occasione, la Corte costituzionale, pur dichiarando non fondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata, ebbe modo di precisare che «la sospensione della esecuzione per rilascio costituisce un intervento eccezionale che puo' incidere solo per un periodo transitorio ed essenzialmente limitato sul diritto alla riconsegna di immobile sulla base di un provvedimento giurisdizionale legittimamente ottenuto. In tale periodo transitorio (con oneri, si noti, come nella specie, a carico di soggetti privati) puo' rientrare la proroga, stabilita con la disposizione contestata. In altri termini, la procedura esecutiva, attivata da parte del singolo soggetto provvisto di titolo esecutivo giurisdizionale, non puo' essere paralizzata indefinitamente con una serie di pure e semplici proroghe, oltre un ragionevole limite di tollerabilita'». Ne consegue che, sebbene la sospensione della liberazione degli immobili possa essere astrattamente valutata come costituzionalmente legittima, tale legittimita' risulta subordinata, per la stessa giurisprudenza della Corte costituzionale, al necessario rispetto di parametri di ragionevolezza e di proporzionalita', parametri che nel caso di specie non paiono sussistere in relazione alla plurima reiterazione delle proroghe a danno del proprietario locatore. Ad avviso di questo Giudice, infatti, tale reiterazione di proroghe automatiche della sospensione in questione richiede uno scrutinio progressivamente piu' severo, per l'ovvia considerazione che il sacrificio imposto al proprietario locatore si aggrava progressivamente con la proroga della sospensione e diventa particolarmente significativo ove questi si trovi in stato di difficolta' economica, come avviene nel caso oggetto del presente procedimento. Alla luce di tutte le considerazioni sopra esposte e' da ritenersi rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale delle disposizioni in esame, quantomeno nella parte in cui prevedono una sospensione automatica e generalizzata dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili locati e precludono al giudice ogni margine di prudente apprezzamento del caso concreto, sotto il profilo della valutazione comparativa delle condizioni economiche di conduttore e locatore e della meritevolezza dei contrapposti interessi.
P.Q.M. Il Tribunale di Savona, in composizione monocratica, visti gli articoli 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, Ritenuta la rilevanza e non manifesta infondatezza per le ragioni di cui in motivazione; Solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 103, comma 6, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito nella legge 24 aprile 2020, n. 27; dell'art. 13, comma 13, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, convertito nella legge 26 febbraio 2021, n. 21; dell'art. 40-quater del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, convertito nella legge 21 maggio 2021, n. 69 in relazione agli articoli 3, 11, 24, 41, 42, 111, 117 della Costituzione, art. 6 CEDU, art. 1 Protocollo addizionale 1 CEDU, art. 47 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nella parte in cui prevedono una sospensione automatica e generalizzata dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili locati e precludono al giudice ogni margine di prudente apprezzamento del caso concreto, sotto il profilo della valutazione comparativa delle condizioni economiche di conduttore e locatore e della meritevolezza dei contrapposti interessi; Sospende il processo in corso; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata al presidente della Camera dei deputati e al presidente del Senato della Repubblica. Savona, 3 giugno 2021 Il Giudice: Tagliasacchi