N. 117 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 aprile 2021

Ordinanza del 7 aprile 2021 del Tribunale di  Roma  nel  procedimento
civile promosso da REV Gestione Crediti S.p.a. c/Italteco Costruzioni
S.r.l.. 
 
Procedimento civile  -  Domande  giudiziali  -Trascrizione  da  parte
  dell'attore - Facolta' del giudice di disporre  in  via  cautelare,
  nell'ambito di un procedimento ex  art.  700  cod.  proc.  civ,  la
  cancellazione delle domande trascritte ex artt. 2652  e  2653  cod.
  civ., qualora ne ravvisi la manifesta infondatezza - Preclusione. 
- Codice civile, artt. 2652, 2653 e 2668. 
(GU n.35 del 1-9-2021 )
 
                     TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA 
                          X Sezione civile 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al
n. 58268-1 del registro generale contenzioso  civile  dell'anno  2020
vertente tra 
    REV  Gestione  Crediti  S.p.a.,  (C.F.  e  P.  IVA  13653361009),
rappresentata   e   difesa   dall'avv.   Giuseppe   Sollazzo    (C.F.
SLLGPP71S19F839V) in virtu' di mandato in calce al  ricorso  ex  art.
700 del codice di procedura civile - ricorrente - 
    e Italteco Costruzioni S.r.l. (P. IVA 14913981008), rappresentata
e difesa  dall'avv.  Giovanni  Petrillo  (C.F.  PTRGNN67T26L219E)  ed
elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo  in  Roma,
via Antonio Mordini n.  14,  in  virtu'  di  mandato  in  calce  alla
citazione nel giudizio di merito - resistente - 
    avente ad oggetto: ricorso ex art. 700 del  codice  di  procedura
civile in corso  di  causa  per  cancellazione  trascrizione  domanda
giudiziale; 
 
                                Fatto 
 
    Con atto di citazione la societa' Italteco  Costruzioni  chiedeva
emettersi una sentenza sostitutiva - ex art. 2932 del codice civile -
che disponesse il trasferimento in suo favore di un immobile sito  in
Roma,  Corso  Francia  di  proprieta'  della  societa'   REV   S.p.a.
trascrivendo la relativa domanda. 
    La societa' REV S.p.a., prima  di  costituirsi  nel  giudizio  di
merito, proponeva ricorso ex art. 700 del codice di procedura  civile
chiedendo  la  cancellazione   della   trascrizione   della   domanda
giudiziale ex art. 2932 del codice civile sui predetti immobili. 
    Deduceva di essere ente ponte di  Banca  d'Italia,  intermediaria
finanziaria iscritta nell'albo ex art. 106 TUB cui e' stato demandato
ex decreto legislativo n. 180/2015 il compito di gestire  i  rapporti
giuridici  e  i  beni  di  alcune  banche  fallite,  adottando   ogni
determinazione, anche negoziale, a mezzo di formali delibere. 
    In particolare, l'immobile su cui si controverte, originariamente
nel patrimonio di Banca Popolare dell'Etruria e concesso  in  leasing
ad Alice S.r.l, societa' dichiarata  fallita,  perveniva  a  REV  nel
2018. Con decreto del 28 gennaio  2021,  disattesa  la  richiesta  di
emissione del provvedimento  inaudita  altera  parte,  veniva  quindi
fissata l'udienza di discussione. 
    Italteco Costruzioni si costituiva nel sub procedimento cautelare
con memoria del  17  febbraio  2021,  con  cui,  nel  contrastare  la
ricostruzione    della    ricorrente,    eccepiva     preliminarmente
l'inammissibilita' del ricorso,  stante  la  necessita'  «secondo  il
costante orientamento di merito e di legittimita' di un provvedimento
a  carattere  definitivo  per  ottenere  l'assunta  cancellazione  in
conservatorio della trascrizione» (cfr.  memoria,  pag.  4),  con  la
conseguenza che la cancellazione  non  sarebbe  realizzabile  con  il
richiesto provvedimento, stante la sua natura provvisoria. 
    All'udienza del 18 febbraio 2021 - tenutasi con collegamento  «da
remoto» - le parti insistevano nelle proprie  richieste.  Dopo  ampia
discussione la causa veniva riservata in decisione. 
 
                               Diritto 
 
Sulla rilevanza della questione. 
    Esaminati gli atti del procedimento,  ritiene  il  giudicante  di
dover sollevare d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale
del combinato disposto degli articoli 2652, 2653 e  2668  del  codice
civile, in riferimento agli articoli 3, 24 e 42 della Costituzione. 
    Il giudice, adito ex art. 700 del codice di procedura civile,  e'
legittimato a sollevare questioni di legittimita' costituzionale  che
si  riferiscano  esclusivamente  alle  norme  da  applicare  per   il
compimento degli atti urgenti, purche' in tale limitato  ambito  esse
siano rilevanti (Corte costituzionale sentenza n. 0186 del 1976). 
    La questione e'  rilevante  ai  fini  del  presente  procedimento
cautelare in quanto, come esposto in fatto,  la  ricorrente  societa'
REV ha richiesto che questo giudice, con ordinanza ex  art.  700  del
codice di procedura civile, ordini al conservatore  la  cancellazione
della trascrizione della domanda giudiziale eseguita su beni  di  sua
proprieta' da parte di Italteco. 
    Tuttavia il provvedimento richiesto non  appare  concedibile,  in
sede cautelare, stante il combinato  disposto  degli  articoli  2652,
2653 e 2668 del codice civile e in particolare  il  tenore  dell'art.
2668 del codice civile che al comma 1 prevede che  «la  cancellazione
della trascrizione delle domande enunciate dagli articoli 2652 e 2653
e  delle  relative  annotazioni  si  esegue  quando  e'   debitamente
consentita dalle parti interessate ovvero e' ordinata  giudizialmente
con sentenza passata in giudicato». 
    Poiche'  detta  disposizione   prevede   espressamente   che   la
cancellazione  possa  essere  disposta  esclusivamente  con  sentenza
passata in giudicato, non la si puo' disporre con  provvedirnento  ex
art.  700  del  codice  di  procedura  civile  (che   ha   la   forma
dell'ordinanza). 
    Si osserva che si  tratta  di  un'interpretazione  condivisa:  la
giurisprudenza   pressoche'   totalitaria   nega   infatti   che   la
cancellazione delle domande di cui agli articoli 2652-2653 del codice
civile possa essere disposta  con  provvedimento  d'urgenza  (in  tal
senso, cfr. Tribunale Modena, 11 giugno 1999, Tribunale Torino  ord.,
10 dicembre 2003; entrambe  su  leggiditalia.it  -  Tribunale  Milano
ord., 8 marzo 2006, in Giur. It., 2006, 12, 2325 e  ancora  Tribunale
Monza, sez. I, 8 gennaio  2004;  Tribunale  Rimini,  29  luglio  2002
sempre su leggiditalia.it e piu' di recente, Tribunale Agrigento,  10
aprile 2013). 
    Si  tratta  di  conclusioni  espresse  anche  in  uno  dei  pochi
precedenti di legittimita' in materia, secondo cui «La  cancellazione
della trascrizione di una delle domande indicate negli articoli  2652
e 2653 del codice civile  puo'  essere  ordinata  -  quando  non  sia
consentita dagli interessati - soltanto  con  sentenza  e  si  esegue
quando la stessa sia passata  in  giudicato  (art.  2668  del  codice
civile), con la conseguenza che, ove venga disposta a norma dell'art.
700  del  codice  di  procedura  civile  con  ordinanza  del  giudice
istruttore della relativa causa, tale ordinanza non ha piu' carattere
provvisorio bensi' ha natura decisoria  e  definitiva,  sostituendosi
essa alla sentenza della quale non potranno piu' farsi  rivivere  gli
effetti  della  trascrizione,  e  quindi  costituisce   provvedimento
abnorme; ricorribile per Cassazione  ai  sensi  dell'art.  111  della
Costituzione» (Cass. sezione II sentenza 251 del 16 gennaio 1986). 
    Parte  della  giurisprudenza  ha  sostenuto  la  possibilita'  di
adottare la cancellazione tramite un provvedimento d'urgenza, ma cio'
solamente quando la trascrizione di cui si chiede la cancellazione si
riferisca a domanda giudiziale diversa da quelle di cui agli articoli
2652/2653 del codice civile: cio'  sulla  base  dell'assunto  che  il
limite di cui all'art. 2668 del codice  civile  si  riferirebbe  solo
alle  domande  elencate  nei  predetti  articoli  (in  questo  senso,
Cassazione sez. II, sentenza n. 11770 del  29  ottobre  1992  e,  nel
merito Tribunale Napoli,  26  gennaio  2006  e  Tribunale  Arezzo,  5
settembre 2006, in leggiditalia.it ). 
    Ad  avviso  di  questo  giudice,  la   soluzione   interpretativa
prospettata da tale diverso orientamento non e' praticabile nel  caso
di specie: la domanda proposta nel merito (e trascritta) da ltalteco,
e' effettivamente una domanda di esecuzione specifica dell'obbligo di
contrarre ex art. 2932 del codice  civile,  la  cui  trascrizione  e'
prevista dall'art. 2652, n. 2 del codice civile. 
    Questo giudice  ha  altresi'  vagliato  la  possibilita'  di  una
diversa interpretazione delle norme di  cui  si  discute,  che  possa
consentire di disporre la cancellazione con ordinanza ex art. 700 del
codice di  procedura  civile,  quanto  meno  nei  casi  di  manifesta
infondatezza della domanda. 
    Infatti la societa' ricorrente deduce la «natura  abusiva»  e  le
«finalita' emulative dell'azione  ex  art.  2932  del  codice  civile
palesemente infondata». 
    Lamenta che «l'avventata azione intrapresa, oltre a costituire un
abusivo esercizio del diritto, un mero atto emulativo, frappone  come
ostacolo alle attivita'  demandate  dalla  Commissione  europea  agli
Stati membri, la cui attuazione e' affidata  all'autorita'  nazionale
Banca d'Italia che ha, a tale scopo, costituito REV S.p.a. la propria
societa' veicolo (non a caso definita societa' di "sistema")». 
    Tali finalita'  sarebbero  precluse  «per  il  solo  fatto  della
astratta possibilita' di trascriverne, ai  registri  immobiliari,  le
relative doinande». 
    In  definitiva  lamenta  la   societa'   ricorrente   la   palese
infondatezza della domanda avversaria oggetto di trascrizione. 
    Non  ignora   questo   giudice   che   esiste   un   orientamento
interpretativo - dottrinale ma anche nella minoritaria giurisprudenza
di merito - secondo cui si potrebbe disporre la  cancellazione  della
trascrizione della domanda con provvedimento ex art. 700  del  codice
di procedura civile non solo nell'ipotesi - piuttosto rara -  in  cui
la stessa non ricada, neanche formalmente, tra quelle previste  dagli
articoli 2652 e 2653 del codice civile, ma anche nel diverso caso  in
cui la domanda, formalmente ricompresa tra le predette, sia  altresi'
manifestamente infondata o abbia un contenuto abnorme o nei  casi  in
cui  la  trascrizione  della   domanda   sia   illegittima,   perche'
emulativa/abusiva. 
    Si tratta di un orientamento ad  avviso  di  questo  giudice  non
condivisibile, stante il netto tenore letterale  dell'art.  2668  del
codice civile, che esclude ogni diversa opzione normativa, quando  la
domanda trascritta  ricada  formalmente  tra  quelle  previste  dagli
articoli 2652 e 2653 del codice civile. 
    Va poi segnalato un ulteriore orientamento  nella  giurisprudenza
di merito (sempre  minoritario)  secondo  cui  il  giudice,  pur  non
potendo ordinare ex art.  700  del  codice  di  procedura  civile  al
conservatore di cancellare la trascrizione,  potrebbe  ordinare  alla
parte che ha trascritto la domanda di acconsentire ex art.  2668  del
codice civile alla cancellazione: tale provvedimento potrebbe  essere
rafforzato con una misura di coercizione indiretta  ex  art.  614-bis
del codice di procedura civile. Anche questa  impostazione  non  pare
tuttavia  condivisibile,  perche'  diretta  ad  aggirare  il   chiaro
disposto dell'art. 2668 del codice civile; del resto, come  la  Corte
ha avuto modo di precisare «l'univoco tenore  della  norma  segna  il
confine in presenza del quale il tentativo interpretativo deve cedere
il  passo  al  sindacato  di  legittimita'   costituzionale»   (Corte
costituzionale, sentenza n. 232/2013; in senso conforme, sentenze  n.
174/2019, n. 82/2017 e n. 36/2016 e  la  gia'  citata  n.  253/2020).
Questo Tribunale dunque prende  atto  che  esiste  un'interpretazione
corrente, che ritiene inammissibile la tutela cautelare innominata al
fine di ottenere la cancellazione della trascrizione di  una  domanda
giudiziale. 
    Dunque, la rilevanza della questione e' nel fatto che  la  norma,
quale esito dell'interpretazione corrente di quelle disposizioni,  e'
nel senso della inammissibilita' della  tutela  cautelare  e  che  la
causa non puo' essere decisa se non applicandola. 
    Piu' precisamente. 
    Si puo' obiettare che e' allora sufficiente che il giudice scelga
l'una o l'altra delle suddette interpretazioni per decidere la causa,
senza bisogno che sollevi questione di legittimita' costituzionale. 
    O, piu' precisamente, si puo' obiettare che  questo  giudice  non
puo' sollevare la questione senza avere prima sondato la possibilita'
di  una  interpretazione  della  norma  in  un   senso   conforme   a
Costituzione. Va  osservato  al  riguardo,  quanto  a  questo  ultimo
aspetto, che qui la rilevanza della questione e' data dalla possibile
applicazione  della  tutela  cautelare   alla   cancellazione   della
trascrizione pregiudizievole. 
    E l'unica opzione interpretativa che e'  rimessa  al  giudice  e'
solo di ritenere inammissibile la domanda volta alla cancellazione in
via  cautelare  della  domanda  giudiziale  trascritta  senza   poter
affrontare le censure in ordine alla fondatezza  della  stessa  anche
nei casi in cui  sia  prospettata  la  manifesta  infondatezza  della
stessa. 
    La necessita' di sondare se vi sia un'interpretazione compatibile
con la Costituzione viene  esclusa  qualora  l'interpretazione  della
norma della cui costituzionalita' egli  dubita,  costituisce  diritto
vivente,   e',   in   altri   termini,   un'interpretazione   seguita
correntemente nella giurisprudenza. 
    E' regola piu' volte affermata che: «in presenza  di  un  diritto
vivente  non  condiviso  dal   giudice   a   quo   perche'   ritenuto
costituzionalmente illegittimo, questi ha la facolta' di  optare  tra
l'adozione, sempre consentita, di una diversa interpretazione, oppure
- adeguandosi al diritto vivente - la  proposizione  della  questione
davanti a questa Corte; mentre e' in assenza di un contrario  diritto
vivente  che  il  giudice  rimettente  ha  il   dovere   di   seguire
l'interpretazione ritenuta piu' adeguata ai  principi  costituzionali
(cfr. ex plurimis sentenze n. 226 del 1994, n. 296 del 1995 e n.  307
del 1996 e da ultimo n. 113 del 2015)». 
    Nel caso presente, le corti di merito (ed  una  seppur  risalente
pronunzia della Corte di cassazione) sono,  quasi  unanimemente,  con
pochissime eccezioni, orientate verso  la  tesi  per  cui  la  tutela
cautelare sarebbe inammissibile al fine di ottenere la  cancellazione
della trascrizione della domanda giudiziale. 
    Conseguentemente ad avviso di questo giudice deve  ritenersi  che
la domanda proposta dal ricorrente rientri tra quelle previste  dall'
art. 2652 del codice civile. 
    Ne deriva che la relativa cancellazione potrebbe essere disposta,
ex art. 2668 del codice civile, solamente  con  sentenza  passata  in
giudicato. 
    L'inammissibilita' della tutela cautelare  in  materia  preclude,
l'esame, della fondatezza della domanda anche nei  casi  in  cui  sia
macroscopica. 
    Sempre in punto di rilevanza/non manifesta inammissibilita' della
questione, si deve evidenziare che la questione della legittimita' di
parte della normativa oggi contestata e' stata gia'  sottoposta  alla
Corte, che tuttavia ha  dichiarato  manifestamente  inammissibile  la
questione, sul rilievo che era stato impugnato il solo art. 2668  del
codice civile. 
    Si deve pertanto precisare, anche ai fini dell'ammissibilita' del
quesito,  che  con  la  presente  ordinanza  questo  giudice  intende
contestare la legittimita' costituzionale del sistema normativo  dato
dal combinato disposto degli articoli 2652, 2653 e  2668  del  codice
civile,  laddove  escludono  la  facolta'  per  il  giudice,  in  via
cautelare nell'ambito di un procedimento ex art. 700  del  codice  di
procedura  civile  di  disporre  la   cancellazione   delle   domande
trascritte ex articoli 2652 e  2653  del  codice  civile,  quando  ne
ravvisi la manifesta infondatezza. 
    La questione poi non appare manifestamente infondata. 
    E' regola che il requisito della non manifesta  infondatezza  non
comporta che il giudice sia convinto della piena  fondatezza,  ma  e'
sufficiente   che   abbia   oggettive   ragioni   di   dubbio   sulla
costituzionalita' della norma (Corte costituzionale n. 143 del  1982)
per i seguenti motivi. 
Sulla non manifesta infondatezza della questione 
    La questione non e' manifestamente infondata. 
    Il sistema normativo dato dal combinato disposto  degli  articoli
2652, 2653 e 2668 del codice civile per  cui  la  trascrizione  delle
domande indicate nelle prime due disposizioni  puo'  essere  eseguita
solamente su accordo delle parti o se  «ordinata  giudizialmente  con
sentenza passata in giudicato», pare irragionevole  e  fonte  di  una
disparita' di trattamento, finendo  per  favorire  eccessivamente  il
proponente  la  domanda  (che  poi  nel  processo  assume  il   ruolo
processuale di attore) rispetto al  proprietario  dell'immobile  (che
diventa convenuto). 
    Infatti, da un  lato,  l'attore  dispone  della  possibilita'  di
trascrivere la propria domanda, se formalmente rientrante tra  quelle
di cui agli articoli 2652 e 2653 del  codice  civile,  a  prescindere
dalla  sua  fondatezza,  senza   nessun   controllo   giurisdizionale
(all'infuori del vaglio «formale» del conservatore);  anzi  l'attore,
laddove la richiesta di trascrizione non superi tale controllo,  puo'
esperire il procedimento di cui agli articoli 2674 del codice  civile
- 113-bis disp. att. del codice civile. 
    Il  proprietario   dell'immobile,   invece,   per   ottenere   la
cancellazione della domanda deve attendere che la stessa sia ordinata
con sentenza passata in giudicato e quindi - secondo una  valutazione
ottimistica - almeno  dieci  anni,  considerando  tutti  i  gradi  di
giudizio (l'unico limite desumibile dall'ordinamento  e'  quello  dei
vent'anni di efficacia della  trascrizione,  comunque  rinnovabile  -
cfr. art. 2668-bis del codice civile). 
    Non ignora questo giudice  che  tale  disparita'  di  trattamento
abbia una sua ratio: come la  Corte  costituzionale  ha  puntualmente
rilevato la trascrizione tutela non solo l'attore ma anche  i  terzi,
per consentire loro di poter  valutare  la  convenienza  o  meno  del
compimento di negozi giuridici con una delle  parti  litiganti  (cfr.
Corte costituzionale n. 523/2002). 
    Tuttavia, anche volendo tenere conto  della  funzione  «generale»
della  trascrizione,  la  necessita'  per  il  convenuto   di   dover
necessariamente attendere la definizione con giudicato  del  giudizio
avviato con la domanda trascritta, pare decisamente sproporzionata  e
irragionevole, specialmente laddove la domanda  -  pur  riconducibile
tra quelle previste negli articoli 2652 e 2653 del  codice  civile  -
sia manifestatamente infondata  (per  non  parlare  di  alcuni  casi,
purtroppo non cosi' infrequenti nella prassi giudiziaria, in  cui  la
proposizione e trascrizione della domanda siano un mero pretesto, per
obbligare il convenuto a negoziare un accordo stragiudiziale). 
    Il proprietario dell'immobile vede  sostanzialmente  sacrificata,
per l'intera durata del giudizio, la  commerciabilita'  dell'immobile
(molto difficilmente infatti un terzo tratterebbe  con  il  convenuto
l'acquisto di un immobile  su  cui  risulta  trascritta  una  domanda
giudiziale) con i connessi danni (non  sempre  risarcibili  in  forma
monetaria). Al danno personale del convenuto, si aggiunge un danno da
sistema: l'impossibilita' di disporre la cancellazione della  domanda
giudiziale   manifestatamente   infondata   con   un    provvedimento
giudiziario falsa anche il mercato immobiliare e, quindi,  in  ultima
analisi, il corpus normativo dato dagli articoli 2652,  2653  e  2268
del codice civile. 
    Non si esclude che il quadro  normativo  potesse  avere  una  sua
intrinseca ragionevolezza nel  1942,  al  momento  dell'adozione  del
codice civile: il legislatore si trovava infatti a dover disciplinare
il sistema delle trascrizioni ad appena due  anni  dall'adozione  del
codice di procedura civile,  cioe'  quando  c'era  l'auspicio  che  i
principi di oralita', concentrazione e soprattutto  immediatezza  del
processo potessero portare ad una  sua  rapidissima  definizione  dei
giudizi: non a caso, il menzionato art. 2668-bis del  codice  civile,
che prevede il limite di vent'anni  di  durata  dell'efficacia  della
trascrizione e'  stato  introdotto  solamente  nel  2009,  segno  che
evidentemente il legislatore del 1942 non poteva ipotizzare  che  per
la definizione di  un  giudizio  in  tutti  i  gradi  (e  quindi  per
l'eventuale cancellazione della  trascrizione  della  domanda)  fosse
necessario un tempo tanto lungo. 
    L'inammissibilita'  della  tutela  cautelare  in  materia   viola
pertanto l'art. 3  della  Costituzione  introducendo  una  disparita'
ingiustificata tra la  posizione  dell'attore  che  puo'  trascrivere
immediatamente la sua domanda  e  quella  del  convenuto/proprietario
costretto ad affrontare notevoli spese e ad attendere il passaggio in
giudicato della sentenza per liberare il suo bene. 
    Sotto un diverso profilo, la normativa  impugnata  confligge,  ad
avviso di questo giudice, con l'art. 24 della  Costituzione,  perche'
limita eccessivamente il diritto del soggetto sul  cui  immobile  sia
stata trascritta una domanda, di ottenerne la cancellazione. 
    E' vero che, in astratto, il diritto di difesa e di far valere  i
diritti di chi subisce la trascrizione della domanda e' gia'  di  per
se' garantito, perche' la cancellazione e' un effetto automatico  del
rigetto della domanda (cfr. in questo senso anche  la  giurisprudenza
di legittimita', argomentando ex art. 2668 del codice civile). 
    Il  convenuto  viene  tuttavia  privato  della  possibilita'   di
ottenere  la  cancellazione  in  tempi  rapidi  per  effetto  di   un
provvedimento  cautelare,  dovendo  attendere  la   definizione   del
giudizio di merito e vedendo quindi fortemente  limitate  le  proprie
opzioni difensive in base alla  condotta  (e  talvolta  all'arbitrio)
dell'altra parte. 
    La Costituzione non specifica in che modo il  diritto  di  difesa
delle parti debba essere garantito e cioe' se  debba  o  meno  essere
concessa sempre  la  possibilita'  di  attivare  i  rimedi  cautelari
previsti dall'ordinamento; in astratto quindi il legislatore potrebbe
negare espressamente la  giustiziabilita'  con  rimedi  cautelari  di
taluni diritti. 
    Si ritiene tuttavia che tale scelta (che e'  sottesa  al  sistema
dato dagli articoli 2652, 2653 e 2668 del codice civile) debba essere
sorretta da adeguate ragioni giustificative, che tuttavia nel caso di
specie  non  sussistono  (sulla  possibilita'  del   legislatore   di
disciplinare  diversamente  le  situazioni  delle  parti  a   livello
processuale, purche' vi  siano  sufficienti  ragioni  giustificative,
cfr. Corte costituzionale n. 253/2020, che ha ritenuto  incongrua  la
scelta di non garantire il simultaneus processus nel procedimento  di
cui agli articoli 702-bis e seguenti del codice di procedura civile). 
    Infine, la disciplina contestata pare confliggere con  la  tutela
del diritto di proprieta', garantito dall'art. 42 della Costituzione. 
    Per effetto del quadro delineato,  il  soggetto  che  subisce  la
trascrizione della domanda giudiziale vede indirettamente limitato il
proprio diritto di disporre del bene: la trascrizione, della domanda,
per   le    ragioni    su    esposte,    comporta    ineluttabilmente
l'incommerciabilita' dell'immobile su cui e' adottata la  formalita',
posto che e' in grado di dissuadere i terzi non  solo  dall'acquisto,
ma anche dall'intraprendere delle trattative. 
    In altre parole, anche se la trascrizione e' di per se'  un  atto
di  pubblicita',  laddove  non  venga  concessa  la  possibilita'  di
sindacarne la legittimita' e disporne  la  cancellazione  in  termini
rapidi, finisce inevitabilmente per incidere sul  diritto  dominicale
garantito e tutelato dall'art. 42 della Costituzione. 
    L'unica  soluzione  per  superare   i   menzionati   rilievi   di
incostituzionalita'  e'  quindi  quella  di   operare   sul   sistema
normativa. 
    Questo giudice non ritiene tuttavia che si  debba  introdurre  un
vaglio giurisdizionale al momento della proposizione della domanda  o
eliminare il limite della sentenza passata in giudicato (e' del resto
coerente, nelle ipotesi ordinarie, che la trascrizione della  domanda
possa essere cancellata solo quando il giudizio che  la  riguarda  si
chiuda definitivamente). 
    Tuttavia, la scelta operata dal sistema normativo  di  escludere,
in radice, la possibilita' di disporre la cancellazione della domanda
ex art. 700 del codice di procedura civile almeno nei casi in cui  la
stessa appaia, anche in base ad una valutazione sommaria  tipica  del
procedimento cautelare, manifestamente infondata, pare  irragionevole
per  le  conseguenze  deleterie  che  comporta  per  il  proprietario
dell'immobile/convenuto. 
    Questo giudice e' conscio che in dottrina  e  giurisprudenza,  in
senso contrario, si osserva che autorizzando la  cancellazione  della
domanda con ordinanza ex art. 700 del codice di procedura  civile  si
arriverebbe a vaniticare gli effetti della trascrizione della domanda
con un provvedimento cautelare,  di  per  se'  provvisorio/instabile:
queste obiezioni paiono pero' superabili,  sul  rilievo  che  (i)  il
provvedimento ex art. 700 del codice di procedura civile,  a  seguito
delle riforme del 2005  del  procedimento  cautelare  uniforme,  puo'
avere natura tendenzialmente stabile; (ii) viene  emesso  nell'ambito
di un procedimento giurisdizionale, nel contraddittorio tra le parti,
in cui chi trascrive la domanda ha comunque la  possibilita'  di  far
valere  le  proprie  ragioni;  (iii)  si  tratta   di   provvedimento
reclamabile ex art. 669-terdecies del  codice  di  procedura  civile,
cosi' da aumentare ulteriormente le garanzie  per  chi  trascrive  la
domanda. 
    In conclusione, per ricondurre a legittimita' e ragionevolezza il
quadro normativo,  pare  congruo  dichiarare  l'illegittimita'  degli
articoli 2652, 2653 e 2668 del codice  civile  laddove  escludono  la
possibilita'  di   disporre   la   cancellazione   giudiziale   della
trascrizione di una domanda, con provvedimento ex art. 700 del codice
di  procedura  civile,  almeno  nei  casi  in  cui  la   stessa   sia
manifestamente infondata. 
    Occorre,  quindi,  disporre  l'immediata  rimessione  degli  atti
processuali alla  Corte  costituzionale  perche'  si  pronunzi  sulla
questione di legittimita' costituzionale degli articoli 2652, 2653  e
2668 del codice civile. 
    La rimessione comporta la  sospensione  necessaria  del  presente
procedimento cautelare. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il Tribunale ordinario di Roma, sezione  X  civile,  pronunziando
nel giudizio in epigrafe meglio indicato : 
        1. Visti gli articoli 134 della Costituzione, 1  della  legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953,
n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione
di legittimita' costituzionale degli articoli 2652, 2653 e  2668  del
codice  civile  in  riferimento  agli  articoli  3,  24  e  42  della
Costituzione; 
        2. Dispone l'immediata trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale e sospende il giudizio; 
        3.  Ordina  che,  a  cura  della  cancelleria,  la   presente
ordinanza sia notificata alle parti in causa  ed  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti  della  Camera  dei
deputati e del Senato della Repubblica. 
        Roma, 1° aprile 2021. 
 
                        Il giudice: Perinelli