N. 124 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 aprile 2021

Ordinanza  dell'8  aprile  2021  della  Corte   di   cassazione   nel
procedimento civile promosso da C. C. nella qualita' di tutore di  R.
S. contro INPS - Istituto nazionale della previdenza sociale. 
 
Previdenza e assistenza sociale - Pensioni INPS di reversibilita'  ai
  superstiti - Inclusione, tra i beneficiari, dei minori regolarmente
  affidati dagli organi competenti a norma di legge - Previsione  che
  non include, tra  i  beneficiari,  anche  i  maggiorenni  orfani  e
  interdetti dei quali risulti provata  la  vivenza  a  carico  degli
  ascendenti. 
- Decreto del Presidente della  Repubblica  26  aprile  1957  n.  818
  (Norme di attuazione e di coordinamento della L. 4 aprile 1952,  n.
  218,   sul   riordinamento   delle   pensioni    dell'assicurazione
  obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti), art.
  38. 
(GU n.36 del 8-9-2021 )
 
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                           Sezione lavoro 
 
    Composta dagli ill.mi sig.ri magistrati: 
        dott. Antonio Manna - Presidente; 
        dott. Enrica D'Antonio - consigliere; 
        dott. Rossana Mancino - relatore consigliere; 
        dott. Daniela Calafiore - consigliere; 
        dott. Luigi Cavallaro - consigliere; 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
n. 5642/2019 proposto da: 
        CE. CA. nella qualita' di tutore di RC.  ST.  domiciliato  in
Roma piazza Cavour presso  la  cancelleria  della  Corte  suprema  di
cassazione,  rappresentato  e  difeso   dall'avv.   Antonio   Grillo,
ricorrente; 
    Contro INPS - Istituto nazionale della previdenza sociale,  quale
successore ex 1ege dell'INPDAP, in persona del  Presidente  e  legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato  in  Roma,  via
Cesare Beccaria n. 29, presso  l'avvocatura  centrale  dell'Istituto,
rappresentato e difeso dall'avv.  Lidia  Carcavallo,  Luigi  Caliulo,
Antonella Patteri, Sergio Preden, controricorrente; 
    Avverso la sentenza n. 3847/2018 della Corte d'appello di Napoli,
depositata il 6 agosto 2018 R.G.N. n. 2879/2013; 
    Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del
3 marzo 2021 dal consigliere dott. Rossana Mancino; 
    Il pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore  dott.
Mario Fresa visto l'art. 23, comma 8-bis del decreto-legge 28 ottobre
2020, n. 137, convertito, con modificazioni, nella legge 18  dicembre
2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte. 
 
                            Rilevato che 
 
    1. La Corte d'appello di Napoli, con sentenza n. 3847  del  2018,
in riforma della  sentenza  di  primo  grado,  rigettava  la  domanda
proposta da C. C. in qualita' di tutore di S.  R.  -  nipote  orfana,
incapace di intendere e di volere, convivente con il nonno, C. A.,  e
maggiorenne all'epoca del decesso di quest'ultimo (in data 15  agosto
1996) - volta ad ottenere la pensione di reversibilita'. 
    2. La Corte di merito rilevava che il disposto dell'art.  13  del
regio decreto-legge n. 636 del 1939, modificato dalla  legge  n.  903
del 1965, che stabiliva la spettanza della pensione di reversibilita'
al coniuge e ai figli superstiti minorenni e  inabili  a  carico  del
genitore al momento del decesso, era stato esteso,  a  seguito  della
declaratoria di incostituzionalita' della norma (Corte costituzionale
sentenza n. 180 del 1999), anche ai nipoti, conviventi con  il  nonno
pensionato, senza distinguere tra nipoti abili o inabili, con l'unico
limite della minore eta'. 
    3. La maggiore eta' di S. R. escludeva, pertanto, ad avviso della
Corte di merito, il diritto alla pensione di reversibilita'. 
    4. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione C.  C.,  in
qualita' di tutore di S. R., affidato  a  tre  motivi,  ulteriormente
illustrato con memoria, cui resiste l'INPS, con controricorso. 
    5. All'esito  dell'infruttuosa  trattazione  camerale,  la  sesta
sezione della Corte ha richiesto un intervento  nomofilattico,  e  la
trattazione in pubblica udienza, sul diritto, dei nipoti  maggiorenni
interdetti,   conviventi   con   l'ascendente,   alla   pensione   di
reversibilita'. 
    6. L'ufficio  della  Procura  generale,  rassegnando  conclusioni
scritte,  ha  chiesto  la  rimessione  della  questione  alla   Corte
costituzionale. 
    7. Con il terzo motivo di  ricorso  la  parte  ricorrente  deduce
violazione  del  regio  decreto-legge  n.  636  del  1939,  art.  13,
modificato dalla legge n. 903 del 1965, in connessione con il decreto
del Presidente della Repubblica 26 aprile 1957, n. 818,  art.  38,  e
assume che  la  normativa  di  riferimento  riconosce,  in  linea  di
principio, il  diritto  alla  pensione  di  reversibilita'  ai  figli
minorenni e, in casi particolari, ai figli  maggiorenni,  di  talche'
l'intervento della Corte costituzionale, con la sentenza n.  180  del
1999, non puo' che essere inteso come volto a estendere il diritto  a
favore dei nipoti conviventi con l'ascendente, alle stesse condizioni
e con le stesse limitazioni previste per i figli; per il caso in  cui
tale interpretazione  non  fosse  condivisa,  chiede  alla  Corte  di
cassazione di sollevare la questione di  legittimita'  costituzionale
della norma per violazione degli artt. 3  e  38  della  Costituzione,
ravvisando disparita'  di  trattamento  di  soggetti  nelle  medesime
condizioni. 
 
                           Considerato che 
 
    8. Osserva  il  Collegio  che  la  censura  prospettata  importa,
innanzi  tutto,  la  necessita'   di   verificare   la   legittimita'
costituzionale  dell'art.  38  del  decreto  del   Presidente   della
Repubblica  26  aprile  1957,  n.  818  (Norme  di  attuazione  e  di
coordinamento della legge 4 aprile 1952, n.  118,  sul  riordinamento
delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidita',  la
vecchiaia ed i superstiti) e dell'art. 13, regio decreto-legge del 14
aprile 1939, n. 636, modificato dalla legge 21 luglio 1965, n. 903. 
    9. Rilevanza della questione di costituzionalita'. L'art. 13  del
regio  decreto-legge  del  14  aprile  1939,  n.  636,   prevede   la
prestazione indiretta a favore dei  figli  superstiti,  di  qualunque
eta', riconosciuti inabili al lavoro  e  a  carico  del  genitore  al
momento del decesso di questi (art. 13,  primo  comma);  in  mancanza
anche  ai  genitori,  ai  fratelli  celibi  e  alle  sorelle   nubili
superstiti che non siano titolari di pensione, sempreche' al  momento
della morte del dante  causa  risultino  permanentemente  inabili  al
lavoro e a suo carico (art. 13, sesto comma). 
    10. Ai fini del diritto alla pensione ai superstiti, i  figli  in
eta' superiore ai 18 anni e inabili al lavoro, i  figli  studenti,  i
genitori,  nonche'  i   fratelli   celibi   e   le   sorelle   nubili
permanentemente  inabili  al  lavoro,   si   considerano   a   carico
dell'assicurato o  del  pensionato  se  questi,  prima  del  decesso,
provvedeva al loro sostentamento in maniera  continuativa  (art.  13,
settimo comma) [per inciso, il  regio  decreto  n.  636,  abrogato  a
decorrere dal 16 dicembre 2009 (ex art.  2,  comma  1,  del  d.l.  22
dicembre  2008,  n.  200)  ha  visto,  successivamente,  ripristinata
l'efficacia per effetto dell'art. 1, comma 2, del decreto legislativo
1° dicembre 2009, n. 179]. 
    11.  Per  l'equiparazione  dei  figli,  nati  nel  matrimonio   o
legittimati, ad altri minori e' intervenuto il decreto del Presidente
della Repubblica 26 aprile 1957, n. 818, all'art. 38, che,  in  linea
generale,  agli  effetti   del   diritto   alle   prestazioni   delle
assicurazioni  obbligatorie  per  l'invalidita',  la  vecchiaia  e  i
superstiti, per  la  tubercolosi  e  per  la  disoccupazione  e  alle
maggiorazioni di esse, ha fissato detta equiparazione alla condizione
che  si  trattasse  di  minori  regolarmente  affidati  dagli  organi
competenti a norma di legge. 
    12.  Alla  stregua  di  tali   disposizioni,   l'estensione   dei
trattamenti previdenziali - entro  certi  limiti  e  condizioni  -  a
determinati componenti della famiglia dell'assicurato, includeva solo
minori regolarmente affidati dagli organi competenti a norma di legge
e non anche i  nipoti,  pur  se  minori  e  viventi  a  carico  degli
ascendenti,  a  meno  che  sussistessero   le   predette   condizioni
(formalmente affidati, a questi ultimi, dagli organi competenti). 
    13. Su questo punto, la Corte costituzionale, con la sentenza  20
maggio 1999, n.  180,  ha  rilevato  il  contrasto  della  previsione
legislativa con il canone  di  ragionevolezza  nella  parte  in  cui,
mentre includeva,  fra  i  destinatari  diretti  ed  immediati  della
pensione  di  reversibilita',  i  minori  non  parenti,   formalmente
affidati al titolare della pensione principale, escludeva,  tuttavia,
dal beneficio dell'ultrattivita' pensionistica,  i  nipoti  minori  e
viventi  a  carico  degli  ascendenti  assicurati,  per  i  quali  il
legislatore non richiede tale formale affidamento. 
    14.  Ne  e'   risultata   l'illegittimita'   costituzionale   del
richiamato art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 818
del 1957, nella  parte  in  cui  non  include,  tra  i  soggetti  ivi
elencati, anche i minori dei  quali  risulti  provata  la  vivenza  a
carico degli ascendenti  risultando  cosi'  ampliata  la  platea  dei
superstiti del lavoratore o assicurato ai nipoti, viventi  a  carico,
dell'ascendente. 
    15.  Venendo  alla  vicenda   ora   all'esame,   la   discendente
superstite, orfana e interdetta,  vivente  a  carico  dell'ascendente
assicurato, aveva gia'  raggiunto  la  maggiore  eta'  all'epoca  del
decesso del  nonno  e,  dunque,  possedeva  il  requisito  anagrafico
costituente  elemento  ostativo  all'acquisizione  del  diritto  alla
reversibilita',  tuttavia,  la  peculiare  condizione,  di   minorata
capacita' conseguente allo status  di  interdetta  e  di  orfana  dei
genitori, rende  rilevante  in  causa  la  prospettata  questione  di
legittimita' costituzionale rimanendo altrimenti precluso il  diritto
della nipote alla pensione di reversibilita'. 
    16.  Ne  risulta  dedotta  in  causa  la  titolarita'  di   altri
trattamenti   pensionistici   ai   superstiti   per   avere    l'ente
previdenziale  opposto  alla  pretesa  azionata   esclusivamente   la
protezione assistenziale riservata dalla legislazione  a  favore  dei
disabili. 
    17.  Non  manifesta  infondatezza.  L'ordinamento  configura   la
pensione di reversibilita' come «una forma di tutela previdenziale ed
uno strumento necessario per il  perseguimento  dell'interesse  della
collettivita' alla liberazione di ogni cittadino dal bisogno ed  alla
garanzia  di  quelle  minime  condizioni  economiche  e  sociali  che
consentono l'effettivo godimento dei diritti civili e politici  (art.
3,   secondo   comma   della   Costituzione)   con    una    riserva,
costituzionalmente riconosciuta,  a  favore  del  lavoratore,  di  un
trattamento preferenziale (art. 38, secondo comma della Costituzione)
rispetto alla generalita' dei cittadini (art. 38, primo  comma  della
Costituzione)» (Corte costituzionale sentenza n. 286 del 1987,  punto
3.2 del Considerato in diritto; sentenza n. 777 del  1988,  punto  2;
sentenza n. 18 del 1998, punto 5; sentenza n. 926 del 1988, punto  2;
sentenza n. 419 del 1999, punto 2.1; sentenza n. 70 del  1999,  punto
3). 
    18. Per effetto della morte del lavoratore o del  pensionato,  la
situazione pregressa, costituita e realizzata con la vivenza a carico
subisce interruzione sicche' con il trattamento di riversibilita'  si
realizza la garanzia della continuita' del sostentamento ai familiari
superstiti. 
    19.  Tale  precipua   connotazione   previdenziale   colloca   il
trattamento di reversibilita' nell'alveo degli artt. 36, primo comma,
e 38, secondo comma della Costituzione, che prescrivono l'adeguatezza
della pensione, quale retribuzione  differita,  e  l'idoneita'  della
stessa a garantire un'esistenza libera e dignitosa. 
    20. Il fondamento solidaristico della pensione di reversibilita',
che  ne  determina  la  finalita'  previdenziale,  presidiata   dalle
richiamate disposizioni costituzionali risulta ulteriormente ribadito
dalla sentenza della Corte costituzionale n. 174 del 2016. 
    21.  Il  connaturale  raccordo  tra  finalita'  previdenziale   e
fondamento solidaristico e' espresso dalla tutela  della  continuita'
del sostentamento al superstite convivente e dalla prevenzione  dello
stato di bisogno che puo' derivare, a quest'ultimo, dalla  morte  del
congiunto, sicche' il perdurare del vincolo di solidarieta' familiare
proietta la sua forza cogente anche nel tempo successivo  alla  morte
(Corte costituzionale n. 174 del 2016). 
    22. La sentenza n. 180 del 1999  della  Corte  costituzionale  ha
gia'  evidenziato  come  il  rapporto  parentale,  tra  ascendenti  e
discendenti, non solo  nella  realta'  concreta  ma  anche  sotto  il
profilo giuridico, assuma forma peculiare  e  pregnante  fondata  sul
carattere naturale della solidarieta' familiare di cui  l'ordinamento
si  fa  carico  attraverso  i  doveri  di  mantenimento,  istruzione,
educazione, di prestare gli alimenti, ecc. che il diritto di famiglia
pone a carico delle persone legate da stretti rapporti di  parentela,
doveri  e  obblighi  -  sanzionati  penalmente  -  scaturenti   dalle
disposizioni del codice civile nei  confronti  degli  ascendenti  nei
casi di impossibilita' ad assolverli da parte dei genitori. 
    23. Anche questa Corte di legittimita', con la sentenza n.  20267
del 2018, ha  messo  in  luce  la  fondamentale  ratio  solidaristica
sottesa  alla  reversibilita'  del  trattamento   pensionistico,   in
continuita' con la sentenza n. 23285 del 2016 che detta  ratio  aveva
valorizzato nella prosecuzione  dell'erogazione  del  trattamento  di
reversibilita' agli studenti,  figli  dell'assicurato  o  pensionato,
correlata alla prevenzione del bisogno derivante dalla  continuazione
degli studi oltre la maggiore eta'. 
    24. Ancora, la Corte costituzionale, chiamata ad interloquire  in
relazione ad una delle condizioni necessarie per l'attribuzione della
prestazione - quella negativa della mancata prestazione di un  lavoro
retribuito da parte dello studente - con la sentenza n. 42  del  1999
(dando seguito alle precedenti pronunce n. 274 del 1993 e n. 406  del
1994) aveva escluso  la  possibilita'  di  valorizzare,  in  funzione
preclusiva  per  l'acquisizione  del  diritto,  lo   svolgimento   di
attivita' di modesto rilievo e con esigua  remunerazione,  osservando
che «qualora si versi in una situazione del genere (che dovra' essere
di volta in volta valutata in concreto), la percezione di un  piccolo
reddito  per  attivita'  lavorative,  pur  venendo  a  migliorare  la
situazione  economica  dell'orfano,  non  gli  fa  perdere   la   sua
prevalente qualifica di studente; sicche' la  totale  eliminazione  o
anche  la  semplice  decurtazione  della   quota   di   pensione   di
reversibilita' si risolverebbe in una sostanziale lesione del diritto
allo studio con deteriore trattamento dello  studente,  in  contrasto
coi principi di cui agli artt. 3, 4, 34 e 35 della Costituzione». 
    25. Se, dunque, la ratio  della  reversibilita'  dei  trattamenti
pensionistici consiste nel  «farne  proseguire  almeno  parzialmente,
anche dopo la morte del loro titolare,  il  godimento  da  parte  dei
soggetti a lui legati da determinati vincoli familiari,  garantendosi
cosi' ai beneficiari la protezione dalle conseguenze che derivano dal
decesso del congiunto» (v. Corte costituzionale n. 70 del 1999, n. 18
del 1998, n. 495 del 1993 e n. 286 del 1987) e «si  realizza  in  tal
modo, anche sul piano previdenziale, una forma di ultrattivita' della
solidarieta' familiare» (cosi' Corte costituzionale n. 180  del  1999
cit.), il rapporto parentela tra l'ascendente e il nipote verrebbe ad
avere,  nella  vicenda  all'esame,   un   irragionevole   trattamento
deteriore. 
    26. Invero, il vincolo familiare tra l'ascendente  e  il  nipote,
maggiore  di  eta',  orfano  e  interdetto,  nel   cui   ambito   e',
all'evidenza,  piu'  pregnante   l'obbligo   di   assistenza,   anche
materiale, immanente alla relazione affettiva,  e'  in  tutto  e  per
tutto assimilabile alla medesima relazione tra  ascendente  e  nipote
minore di eta', a  carico,  per  essere  immutata  la  condizione  di
minorata capacita' del nipote, maggiore  interdetto,  con  il  nipote
minore, entrambi viventi a  carico  dell'ascendente  al  momento  del
decesso di questi. 
    27.  Il  collegamento  genetico  sotteso  al  rapporto  giuridico
preesistente,  quale  presupposto   necessario   per   l'accesso   al
trattamento  pensionistico  di  reversibilita',  si   manifesta   con
l'intensita'  del  vincolo  affettivo  e  l'ampiezza   del   rapporto
parentale contraddistinti  dalla  condizione  di  orfano  del  nipote
interdetto, condizione per la quale assume maggior  vigore  anche  la
speciale e privilegiata disciplina voluta dal legislatore, sul  piano
dei diritti e dei relativi obblighi:  il  dovere  di  concorso  negli
oneri di mantenimento, istruzione ed  educazione,  sancito  dall'art.
316-bis del codice civile a carico degli ascendenti quando i genitori
non hanno i mezzi sufficienti; l'obbligo di  prestare  gli  alimenti,
che puo' essere assolto anche accogliendo e mantenendo nella  propria
casa gli  aventi  diritto  (artt.  433  e  443  del  codice  civile);
l'intervento giudiziale nel caso in cui ai nonni  venga  impedito  il
diritto di mantenere rapporti significativi con  i  nipoti  minorenni
(art.  317-bis  del  codice  civile);  il  diritto  del  nipote  alla
continuita' affettiva con i nonni, declinato  dall'art.  315-bis  del
codice civile; la tutela penale di tali doveri ed obblighi (artt. 570
e 591 del codice penale). 
    28. Il significativo rapporto instaurato tra ascendente e nipote,
passibile di tutela come «vita familiare» ex art. 8 della Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' e'
stato affermato anche dalla sentenza della Corte EDU (Sezione III)  5
marzo  2019,  in  causa  Bogonosovy  c.  Russia,  che   ha   ribadito
l'indissolubilita'  del  legame  tra  nonno  e  nipote  affermato  in
precedenti decisioni. 
    29. Si appalesa, dunque, irragionevole che nipoti minori  possano
godere del  trattamento  pensionistico  del  de  cuius,  e  i  nipoti
maggiorenni, orfani e interdetti, viventi  a  carico  dell'ascendente
assicurato, ne siano esclusi, non potendo ragionevolmente  sostenersi
l'esclusione sulla scorta  della  limitata  durata  nel  tempo  della
prestazione in favore dei nipoti minori (fino alla maggiore eta'),  e
della piu' lunga durata dell'aspettativa di vita del nipote  maggiore
interdetto. 
    30. Il criterio selettivo dell'eta' o della speranza di vita  del
beneficiario, in funzione del contenimento della spesa previdenziale,
richiamato dall'ente previdenziale, non puo' costituire la direttrice
dell'Istituto conformato, nel tempo, con  l'evoluzione  della  platea
degli aventi diritto, ad un'estensione della protezione per  l'evento
morte, generatore di  una  condizione  di  bisogno  per  i  familiari
superstiti. 
    31. Del resto, il medesimo criterio selettivo appena evocato  mal
si  concilia,  appalesandosi,  piuttosto,  l'ulteriore   profilo   di
irragionevolezza, con il riconoscimento del trattamento pensionistico
di reversibilita', vita natural durante, a figli maggiorenni  inabili
al lavoro, superstiti dei genitori, proprio perche' non in  grado  di
procurarsi un reddito a cagione della predetta condizione. 
    32. La preminente tutela dei piu' bisognosi, deboli e vulnerabili
all'interno del nucleo familiare e, piu' in generale,  la  protezione
della vita familiare, che ha portato a  riconoscere  come  superstiti
dei  nonni,  i  nipoti  minori  per  garantire  la  continuita'   del
sostentamento dispiegato  in  vita  dall'ascendente,  nondimeno  deve
includere  il  discendente  che  versa  in  condizione   ancor   piu'
accentuata di bisogno, fragilita', vulnerabilita',  quale  il  nipote
orfano interdetto. 
    33. Neanche rileva, come rimarcato dall'INPS, che altri  siano  i
rimedi  e  gli  strumenti  offerti  dall'ordinamento   a   protezione
dell'inabile totale, trattandosi di benefici specifici, involgenti la
tutela assistenziale approntata dall'ordinamento ed esterni,  dunque,
alla relazione  parentale  permeata  dal  vincolo  costituzionale  di
solidarieta'. 
    34. Se dunque, il perdurare del vincolo di solidarieta' familiare
e parentale proietta la sua forza cogente anche nel tempo  successivo
alla morte, il legislatore e' chiamato a specificare e a modulare  le
multiformi situazioni  meritevoli  di  tutela,  coerentemente  con  i
principi  di  eguaglianza  e   ragionevolezza   nel   realizzare   un
equilibrato contemperamento di  molteplici  fattori  rilevanti,  allo
scopo di garantire l'assetto del  sistema  previdenziale  globalmente
inteso (v., in riferimento  al  vincolo  di  solidarieta'  coniugale,
Corte costituzionale n. 174 del 2016,  sub  3.2  del  Considerato  in
diritto). 
    35. Il presupposto della vivenza a carico, e cioe' la  dipendenza
economica del beneficiario dal reddito dell'assicurato deceduto,  per
l'accesso alla tutela dei familiari superstiti  beneficiari  rinviene
il fondamento nella  protezione  sociale  riconosciuta  a  chi  versa
nell'impossibilita' di procurarsi un reddito  da  lavoro  in  ragione
della condizione di inabilita' e,  dunque,  nello  stato  di  bisogno
economico, condizione  quest'ultima  presunta,  per  figli  e  nipoti
minorenni, in considerazione del requisito anagrafico. 
    36. La pregnanza del vincolo di solidarieta' familiare e lo stato
di bisogno economico vanno valorizzati anche nel rapporto tra nonno e
nipote  maggiore  di  eta'  interdetto  e  il  dato  anagrafico   che
distinguerebbe tra nipoti minori di eta', abili o inabili, e i nipoti
interdetti maggiori  di  eta'  introduce  un  divario  irragionevole,
incoerente  con  il  fondamento  solidaristico  della   pensione   di
reversibilita'. 
    37. La regola per  cui  la  determinazione  delle  prestazioni  e
l'individuazione  del  novero  dei  beneficiari   e'   rimessa   alla
discrezionalita' delle scelte legislative in merito alle esigenze  di
equilibrio delle gestioni incontra un limite nei soli casi in cui dal
confronto emerga una evidente  irragionevolezza  nel  trattamento  di
situazioni  identiche,  quali  la  garanzia  della  continuita'   del
sostentamento fornito al figlio superstite incapace di intendere e di
volere maggiore di eta' e a carico del genitore rispetto  al  nipote,
nella medesima condizione, a carico del nonno. 
    38. Infine, l'allungamento dell'aspettativa di vita, in nome  del
vincolo imposto dall'art. 81,  quarto  comma  della  Costituzione  in
ragione  della  sostenibilita'  finanziaria  del  sistema   e   della
corrispondenza tra risorse disponibili  e  prestazioni  erogate,  non
puo'  porre   il   discendente   interdetto   e   orfano   a   carico
dell'ascendente assicurato in posizione deteriore rispetto  ad  altri
beneficiari con minore aspettativa di vita (quali  i  fratelli,  come
assume l'INPS) sol per via del salto generazionale tra nonno e nipote
potendo al riguardo opporsi i rilievi gia' svolti in  merito  al  non
decisivo argomento dell'aspettativa di vita del superstite  o  forse,
proprio a protezione delle fragili condizioni  che  connotano,  nella
specie, l'aspettativa di vita e' necessario che la  superstite  possa
godere dell'ultrattivita' al pari di altri superstiti. 
    39. A norma  dall'art.  23,  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  va
dichiarata la sospensione del presente procedimento  con  l'immediata
trasmissione degli atti alla  Corte  costituzionale.  La  cancelleria
provvedera' alla notifica di  copia  della  presente  ordinanza  alle
parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e alla comunicazione
della stessa ai Presidenti della Camera dei  deputati  e  del  Senato
della Repubblica. 
 
                              P. Q. M. 
 
    La Corte di cassazione,  visti  l'art.  134  della  Costituzione,
l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23
della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  dichiara  rilevante  e   non
manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 38 del decreto del Presidente della  Repubblica  26  aprile
1957, n. 818 (Norme di attuazione e di coordinamento  della  legge  4
aprile   1952,   n.   118,   sul   riordinamento    delle    pensioni
dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia ed  i
superstiti), nella parte in cui  non  include,  tra  i  soggetti  ivi
elencati, anche i maggiori orfani  e  interdetti  dei  quali  risulti
provata la vivenza a carico degli ascendenti, in relazione agli artt.
3, 38 della Costituzione. 
    Sospende il presente procedimento. 
    Manda alla cancelleria per gli adempimenti previsti dall'art. 23,
ultimo comma, legge 11  marzo  1953,  n.  87  e  dispone  l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
      Cosi' deciso in Roma il 3 marzo 2021. 
 
                        Il Presidente: Manna