N. 37 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 20 luglio 2021

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 20 luglio  2021  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Ambiente - Rifiuti - Norme della  Regione  Abruzzo  -  Autorizzazione
  unica per i nuovi impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti  -
  Previsione che per  gli  impianti  autorizzati  con  esclusione  di
  assoggettabilita' a V.I.A.,  la  comunicazione  di  variazione  non
  sostanziale  non  e'  soggetta  ad  alcuna   nuova   autorizzazione
  regionale, ne' puo' essere subordinata ad ulteriori pareri. 
Sanita' pubblica - Norme  della  Regione  Abruzzo  -  Misure  per  il
  superamento del precariato  del  personale  convenzionato  a  tempo
  determinato dell'Emergenza sanitaria  Territoriale  -  Possibilita'
  per le ASL  di  assegnare  gli  incarichi  di  emergenza  sanitaria
  territoriale a tempo indeterminato ai medici convenzionati a  tempo
  determinato da almeno tre anni presso la stessa ASL. 
- Legge della Regione Abruzzo 18 maggio 2021, n.  10  (Riconoscimento
  della legittimita' del debito fuori bilancio di euro  3.606,56  per
  le prestazioni professionali  svolte  nell'ambito  dei  "Lavori  di
  realizzazione dei pennelli e risagomatura scogliere esistenti nella
  zona sud e centro  del  litorale  del  Comune  di  Silvi  (TE)"  ed
  ulteriori disposizioni), artt. 5 e 21. 
(GU n.36 del 8-9-2021 )
     Ricorso ex art. 127 della Costituzione  per  il  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   ex   lege,
dall'Avvocatura generale dello  Stato,  (C.F.  80224030587),  per  il
ricevimento     degli     atti     fax     06-96514000     e     PEC:
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it - presso i  cui  uffici  in  Roma,
alla via dei Portoghesi  n. 12 domicilia; 
    nei confronti della Regione Abruzzo, in  persona  del  Presidente
pro tempore per la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale
della legge  regionale  n.  10/2021,  recante  «riconoscimento  della
legittimita' del debito  fuori  bilancio  di  euro  3.606,56  per  le
prestazioni  professionali  svolte   nell'ambito   dei   "lavori   di
realizzazione dei pennelli e risagomatura scogliera  esistenti  nella
zona sud e centro del litorale del Comune di Silvi (TE)" ed ulteriori
disposizioni», articoli 5 e 21, pubblicata nel  Bollettino  Ufficiale
della Regione Abruzzo n. 103 del  19  maggio  2021,  giusta  delibera
consiliare in data 13 luglio 2021. 
    La legge regionale suindicata e'  costituzionalmente  illegittima
rispetto alle previsioni degli articoli 5 e 21 per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
1) L'art. 5 viola l'art. 117, secondo  comma,  lettere  1),  m),  s),
della Costituzione; art. 117, sesto comma, della Costituzione; art. 9
della Costituzione;  articoli  146,   149,   167,   181 del   decreto
legislativo n. 42/2004;  art.  2 del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 31/2017. 
    La legge regionale epigrafata reca disposizioni agli articoli 5 e
21 incostituzionali come  si  ritiene  di  poter  dimostrare  con  il
presente ricorso. L'art. 5 modifica l'art. 45 della  legge  regionale
n. 45  del  2007,  recante  «Norme  per  la  gestione  integrata  dei
rifiuti», introducendo il seguente comma 13-bis:  «Per  gli  impianti
autorizzati  con  esclusione  di  assoggettabilita'  a   V.I.A.,   la
comunicazione di variazione non sostanziale non e' soggetta ad alcuna
nuova  autorizzazione  regionale,  ne'  puo'  essere  subordinata  ad
ulteriori pareri. La comunicazione deve comunque essere corredata  di
relazione tecnica specialistica in  ordine  alla  non  sostanzialita'
della variante secondo i criteri di cui al comma 10». 
    Detta norma esclude l'assoggettabilita' alla  valutazione  di  un
atto ambientale quale procedura autorizzativa a se'  stante,  si'  da
assorbire e da precludere, anche in caso di  eventuali  comunicazioni
di variazione non sostanziale, ogni successiva fase di valutazione  e
di espressione di pareri da parte degli enti competenti. 
    Al  contrario,   si   deve   rilevare   che   la   procedura   di
assoggettabilita' a VIA e' finalizzata unicamente a verificare se gli
eventuali impatti negativi dell'intervento siano tali  da  avviare  o
meno la procedura  di  valutazione  di  impatto  ambientale,  facendo
comunque salva l'acquisizione di eventuali ulteriori pareri  e  nulla
osta che si appalesino necessari. 
    La  richiamata   disposizione,   che   impedisce   di   acquisire
qualsivoglia autorizzazione o parere, ivi inclusi quelli previsti dal
codice dei beni culturali e del paesaggio, sulla  base  di  una  mera
comunicazione corredata di  relazione  tecnica,  si  pone  quindi  in
contrasto con le vigenti norme a tutela  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio. 
    Occorre,    infatti,    evidenziare    che    l'esclusione     di
assoggettabilita'  a  VIA  non  esclude   altresi'   la   valutazione
paesaggistica, non potendo le  regioni  introdurre  casi  di  esonero
dall'autorizzazione paesaggistica che non siano previsti dalla  legge
statale. 
    La norma  de  qua  introduce  nuove  ipotesi  di  interventi  non
soggetti  all'autorizzazione  paesaggistica,  diverse   e   ulteriori
rispetto a quelle indicate all'art.  149  del  codice  di  settore  e
nell'allegato A  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  13
febbraio 2017, n. 31,  recante  «Regolamento  recante  individuazione
degli  interventi   esclusi   dall'autorizzazione   paesaggistica   o
sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata». 
    Le previsioni di cui al citato art. 149 sono  state  puntualmente
declinate nel decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2017,
il quale - in attuazione dell'art. 12, comma 2, del decreto-legge  31
maggio 2014, n. 83, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  29
luglio 2014, n. 106 - ha disposto all'art. 2 che «Non  sono  soggetti
ad autorizzazione paesaggistica gli interventi  e  le  opere  di  cui
all'allegato "A"», e ha poi individuato  nel  predetto  allegato  una
casistica di interventi esonerati dall'autorizzazione paesaggistica. 
    Spetta  evidentemente  soltanto  allo  Stato   individuare   tali
esclusioni, nell'esercizio della potesta'  legislativa  esclusiva  in
materia di tutela del paesaggio di cui all'art. 117,  secondo  comma,
lettera s), della Costituzione, nonche' della potesta'  regolamentare
riservata allo Stato nella medesima materia, ai sensi dell'art.  117,
sesto comma, della Costituzione. 
    Lo Stato ha, peraltro, gia' assicurato la  dovuta  considerazione
alle esigenze di  partecipazione  delle  regioni  e  delle  autonomie
locali    nella    definizione     degli     interventi     sottratti
all'autorizzazione paesaggistica, atteso che il regolamento approvato
con il decreto del Presidente della  Repubblica n.  31  del  2017  e'
stato  concertato  previamente  mediante  l'acquisizione  dell'intesa
della  Conferenza  unificata,  come  attestato  nelle  premesse   del
medesimo atto. 
    La disposizione regionale  censurata  ha,  quindi,  l'effetto  di
intervenire in una materia nella quale  la  regione  e'  sfornita  di
qualsivoglia potesta' legislativa,  individuando,  in  aggiunta  alle
fattispecie gia' tipizzate a livello nazionale, ulteriori  interventi
sottratti  a  qualsivoglia   autorizzazione   o   parere   e   dunque
suscettibili    di    essere    realizzati    in    assenza     anche
dell'autorizzazione paesaggistica di cui all'art. 146 del codice. 
    Da cio' l'invasione della potesta'  legislativa  esclusiva  dello
Stato in materia di tutela del paesaggio di cui all'art. 117, secondo
comma, lettera s), della Costituzione, nonche' degli ambiti riservati
alla potesta' regolamentare dello Stato, ai sensi del sesto comma del
medesimo art. 117. 
    Codesta Ecc.ma Corte costituzionale ha,  infatti,  statuito  che:
«La procedura  di  autorizzazione  paesaggistica  disciplinata  dalla
normativa statale, non derogabile da parte delle regione, e' volta  a
stabilire proprio se  un  determinato  intervento  abbia  o  meno  un
impatto paesaggistico significativo»  e  che  la  qualificazione,  da
parte della regione, di  taluni  interventi  come  paesaggisticamente
irrilevanti «si pone, dunque, in contrasto  con  il  richiamato  art.
146, oltre che con l'art. 149 del medesimo codice dei beni  culturali
e del paesaggio  -  che  individua  tassativamente  le  tipologie  di
interventi  in  aree  vincolate  realizzabili  anche  in  assenza  di
autorizzazione paesaggistica» (Corte costituzionale n. 189 del 2016). 
    Come la stessa Corte costituzionale ha gia' piu' volte affermato,
ribadendolo da ultimo nella sentenza n. 138 del 26 maggio  2021,  «la
legislazione  regionale  non  puo'  prevedere   una   procedura   per
l'autorizzazione  paesaggistica  diversa  da  quella  dettata   dalla
legislazione  statale,  perche'  alle  regioni  non   e'   consentito
introdurre deroghe agli istituti di protezione ambientale che dettano
una disciplina uniforme, valevole su tutto il  territorio  nazionale,
nel cui ambito deve essere annoverata l'autorizzazione paesaggistica»
(sentenza n. 189 del 2016; nello stesso senso, sentenze  n.  238  del
2013, n. 235 del 2011, n. 101 del 2010 e n. 232 del 2008), in  quanto
la competenza esclusiva statale risponde ad «ineludibili esigenze  di
tutela  e  sarebbe  vanificata  dall'intervento  di   una   normativa
regionale che sancisse  in  via  indiscriminata  [...]  l'irrilevanza
paesaggistica   di    determinate    opere,    cosi'    sostituendosi
all'apprezzamento che compete alla legislazione statale» (sentenza n.
246 del 2017). 
    L'art. 146 del codice di settore e' stato, con  una  recentissima
pronuncia di codesta Ecc.ma Corte, definito quale «norma centrale  in
materia  di  controllo  e  gestione  dei  beni  soggetti   a   tutela
paesaggistica.  [...]  La  disamina  delle   disposizioni   contenute
nell'art. 146 del codice dei beni culturali consente di  dedurre  che
il  sistema  elaborato  dal  legislatore  statale   si   basa   sulla
centralita' dell'esame, singulatim svolto, dei  progetti  relativi  a
interventi su immobili e aree di interesse paesaggistico.  Si  coglie
cosi' il senso della tutela assicurata dal codice dei beni  culturali
e del paesaggio, fondata  su  una  prospettiva  unitaria  in  cui  le
specificita' dei singoli progetti non sfumano  in  una  indeterminata
visione d'insieme ma danno concretezza a un quadro che non  puo'  non
essere unico. Per le anzidette  ragioni  e  in  considerazione  della
giurisprudenza di questa Corte indicata supra al  punto  4,  si  deve
concludere nel senso che la  norma  impugnata,  prevedendo  l'esonero
dalle autorizzazioni sui singoli interventi,  reca  una  deroga  alle
previsioni dell'art. 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004,  con
conseguente violazione dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),
della Costituzione» (sentenza n. 141 del 12 maggio 2021). 
    La  Corte  ha,  infatti,  anche  recentemente  ribadito  che  «il
principio  di  prevalenza  della  tutela  paesaggistica  deve  essere
declinato nel senso che al legislatore regionale  e'  impedito  [...]
adottare normative che deroghino o contrastino con  norme  di  tutela
paesaggistica che pongono obblighi o divieti, ossia con previsioni di
tutela in senso stretto» (sentenza  n.  74  del  2021;  nello  stesso
senso, anche sentenze n. 101, n. 54 e n. 29 del 2021). 
    Anche a voler ammettere astrattamente  una  qualche  possibilita'
della regione di intervenire nella materia riservata allo Stato, tale
intervento  dovrebbe  sempre  limitarsi  a  recepire  fedelmente   le
disposizioni  statali  vigenti,  peraltro  gia'  concertate  con   le
regioni, come sopra detto.  Ad  avviso  della  Corte  costituzionale,
infatti, solo le disposizioni regionali che rispecchiano il contenuto
della  disciplina  statale  possono  considerarsi  non   affette   da
illegittimita'  costituzionale  poiche'  spetta   esclusivamente   al
legislatore statale individuare quegli interventi che, pur  incidendo
su beni vincolati, sono esonerati dall'autorizzazione  paesaggistica,
in quanto si configurano come attivita' di  gestione  e  manutenzione
ordinaria, prevista e autorizzata dalla normativa vigente in  materia
(Corte costituzionale n. 201 del 2018). 
    La Corte costituzionale ha inoltre  evidenziato  che,  anche  nel
caso in cui le competenze regionali in materia di  difesa  del  suolo
possono rendere opportuni taluni esoneri, gli  stessi  devono  essere
realizzati   sulla   base   della   normativa   statale,    ribadendo
l'illegittimita' di norme regionali che  ampliano  la  portata  della
disciplina nazionale, sia quanto al tipo di interventi esonerati, sia
quanto alle condizioni che devono sussistere per l'esonero  (sentenza
n. 88 del 2018). 
    L'art. 5 della legge della Regione Abruzzo  n.  10  del  2021  e'
censurabile anche in quanto incide sulla determinazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni, materia riservata allo Stato  ai  sensi
dell'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. 
    Come gia' evidenziato dalla Corte costituzionale con le  sentenze
n. 207 del 2012 e n. 238 del 2013, le esigenze di  uniformita'  della
disciplina in  tema  di  autorizzazione  paesaggistica  su  tutto  il
territorio nazionale si impongono  sull'autonomia  legislativa  delle
regioni, alle quali non  e'  pertanto  consentito  individuare  altre
tipologie di interventi realizzabili  in  assenza  di  autorizzazione
paesaggistica, al di fuori di quelli  tassativamente  determinati  ai
sensi della normativa sopra richiamata. 
    La Corte costituzionale  ha  infatti  chiarito  che  la  regione,
nell'esercitare  la  propria  potesta'  normativa  anche  per   altre
finalita', non puo' comunque mai derogare  al  principio  di  cui  al
citato art. 146: «Cio', se non  esclude  la  possibilita'  che  leggi
regionali, emanate nell'esercizio della potesta' concorrente  di  cui
all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, o di quella  residuale
di cui  all'art.  117,  quarto  comma,  della  Costituzione,  possano
assumere tra i propri  scopi  anche  indirette  finalita'  di  tutela
ambientale (sentenza n. 232 del 2005), non consente, tuttavia, che le
stesse introducano deroghe agli  istituti  di  protezione  ambientale
unifirmi, validi in tutto il territorio  nazionale,  nel  cui  ambito
deve essere annoverata l'autorizzazione paesaggistica»  (sentenza  n.
232 del 2008). 
    La previsione censurata incide anche sull'ordinamento penale, che
punisce  chiunque  esegua  lavori  di  qualsiasi   genere   su   beni
paesaggistici «in assenza della prescritta autorizzazione» (art.  181
del codice) e ammette l'accertamento di compatibilita'  paesaggistica
ex post in limitatissimi casi da considerare eccezionali e derogatori
al principio generale di divieto di  sanatoria  ex  post  (art.  167,
comma 4, del codice). 
    La disposizione regionale, pertanto, ampliando le fattispecie per
le quali non sarebbe previsto, all'interno  della  sola  regione,  il
titolo paesaggistico, e  cio'  diversamente  rispetto  al  resto  del
territorio italiano, invade la potesta' legislativa  esclusiva  dello
Stato in materia di ordinamento penale di cui all'art.  117,  secondo
comma, lettera l), della Costituzione. 
    E' violato, infine, anche l'art. 9 della Costituzione, in base al
quale il  paesaggio  costituisce  valore  costituzionale  primario  e
assoluto (Corte costituzionale n. 378 del 2007) poiche'  la  regione,
ampliando gli interventi sottratti all'autorizzazione  paesaggistica,
ha determinato l'abbassamento dei livelli di tutela posti a  presidio
dei beni paesaggistici. 
    Conclusivamente,   si   impugna   innanzi   alla   Ecc.ma   Corte
costituzionale l'art. 5 della legge regionale in esame per violazione
degli articoli 9 e 117, secondo comma, lett. l), s)  e  m),  e  sesto
comma della Costituzione,  stante  il  contrasto  della  disposizione
censurata con gli articoli 146, 149, 167 e 181 del codice di settore,
nonche' con le previsioni dell'art. 2 e dell'allegato A  del  decreto
del Presidente della Repubblica. n. 31 del 2017. 
2) L'art. 21 viola l'art. 117, secondo  comma,  lettera  1);  art.  3
della Costituzione; art. 117, terzo comma  della  Costituzione;  art.
8 del decreto   legislativo n.   502/1992;   art.   21 del    decreto
legislativo n. 368/1999; art. 66 del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 270/2000. 
    L'art. 21  della  legge  regionale  epigrafata  prevede  che  per
sopperire alle  carenze  di  organico  e  far  fronte  alle  esigenze
determinate dall'attuale fase emergenziale, le ASL possono  assegnare
gli  incarichi  di   emergenza   sanitaria   territoriale   a   tempo
indeterminato ai medici convenzionati a tempo determinato  da  almeno
tre anni presso la stessa ASL. 
    La norma  sostanzialmente  consente  di  assegnare  incarichi  di
emergenza sanitaria territoriale  a  tempo  indeterminato  ai  medici
convenzionati a tempo determinato, con anzianita' di servizio  almeno
triennale maturata presso le ASL assegnatarie medesime, per sopperire
al fabbisogno di  personale  nel  settore  dell'emergenza  sanitaria,
aggravato dall'attuale situazione epidemiologica. 
    Cosi' formulata, la disposizione si  pone  in  contrasto  con  la
legislazione statale e con le fonti contrattuali vigenti  in  materia
che richiedono specifici  requisiti  di  accesso  alle  procedure  di
assegnazione degli incarichi convenzionali a tempo indeterminato. 
    Giova premettere che l'attivita' di medicina generale si  esplica
nelle quattro aree seguenti: 
        assistenza primaria; 
        continuita' assistenziale; 
        medicina dei servizi territoriali; 
        emergenza sanitaria territoriale (che qui interessa). 
    La sopra descritta attivita' di medicina generale e' disciplinata
da    un    sistema    di    fonti    integrato    (legislativa     e
contrattuale-collettiva) come disposto dall'art.  8  (disciplina  dei
rapporti  per  l'erogazione  delle  prestazioni  assistenziali)   del
decreto legislativo n. 502/1992 (riordino della disciplina in materia
sanitaria), espressione di principi fondamentali  della  legislazione
statale  in  materia  di  «tutela  della  salute»  che  condizionano,
pertanto, l'esercizio della potesta' legislativa regionale  in  forza
del riparto di competenze di cui all'art.  117,  terzo  comma,  della
Costituzione. 
    Con le previsioni di cui all'art. 21, la legge regionale  de  qua
si  ingerisce  nell'ambito  della  competenza  legislativa  esclusiva
statale in materia di ordinamento civile,  ai  sensi  dell'art.  117,
comma 2, lettera 1), della Costituzione. 
    La disposizione regionale si pone, infatti, in contrasto  con  il
sistema delle fonti sopracitato, ed in particolare con  il  combinato
disposto: 
        dell'art.  21  del decreto  legislativo n.   368/1999,   come
recepito dall'art. 15 dell'accordo collettivo nazionale (ACN) del  23
marzo 2005; 
        dell'art. 66 del decreto del Presidente  della  Repubblica n.
270/2000 di esecuzione dell'ACN per la disciplina dei rapporti con  i
medici di medicina generale (MMG) del 9 marzo 2000; 
        dell'art. 92 dell'ACN del 23 marzo 2005 - come modificato  ed
integrato dall'art. 7 dell'ACN del 21  giugno  2018  e  dall'art.  11
dell'ACN del 18 giugno 2020. 
    Sebbene  la  condizione  dei   medici   convenzionati   a   tempo
determinato  che  operano  nel  settore  dell'emergenza   e   urgenza
territoriale costituisca un tema di rilevante importanza, dal  quadro
normativo vigente non  emerge  la  possibilita'  per  le  regioni  di
stabilizzare, ne' ex  lege  ne'  per  effetto  di  sanatorie  in  via
amministrativa, i medici destinatari  di  incarichi  convenzionali  a
tempo determinato attraverso  procedure  agevolate  di  accesso  agli
incarichi a tempo indeterminato. 
    In piu', quando  -  come  nel  caso  in  esame  -  in  attuazione
dell'art. 8 del decreto legislativo  n.  502/1992  un  ACN  determina
puntualmente la disciplina di un determinato aspetto del rapporto  di
lavoro, non e' consentito ad una legge  regionale  stabilire  deroghe
(sulla  sfera  di  competenza   dei   contratti   collettivi,   Corte
costituzionale, sentenza n. 10/2019). 
    Sull'argomento si rammenta,  infine,  il  recente  intervento  di
codesta Ecc.ma Corte costituzionale che, con la sentenza n.  38/2020,
ha  dichiarato  l'illegittimita'   costituzionale,   per   violazione
dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, dell'art.  135  della
legge regionale Piemonte  n.  19/2018  che  consentiva  al  personale
medico,  in   servizio   presso   le   strutture   del   sistema   di
emergenza-urgenza territoriale 118 delle aziende sanitarie  regionali
e  con  un'anzianita'  lavorativa  di  almeno  tre  anni,  ma   privo
dell'attestato di formazione in medicina generale, di  accedere  alle
procedure di  assegnazione  degli  incarichi  convenzionali  a  tempo
indeterminato nell'emergenza  sanitaria  territoriale.  La  Corte  ha
messo in evidenza che «la norma impugnata  dal  Governo,  sebbene  si
presti ad incidere su una pluralita' di materie, va ascritta, per  la
sua stretta inerenza  con  l'organizzazione  del  Servizio  sanitario
regionale, con prevalenza a quella della tutela della salute, in  cui
spetta allo Stato la fissazione  dei  principi  fondamentali,  mentre
alle  regioni  compete  dettare  la  disciplina  attuativa  di   tali
principi. ln tale prospettiva, l'art. 21 del decreto  legislativo  n.
368/1999 - in base al quale per l'esercizio dell'attivita' di  medico
chirurgo di medicina  generale  nell'ambito  del  Servizio  sanitario
nazionale (SSN) e' necessario il possesso del diploma  di  formazione
specifica in medicina generale - viene  in  rilievo  quale  principio
fondamentale  della  legislazione  statale  in  materia,  considerata
l'importanza che la  formazione  del  medico  assume  ai  fini  dello
svolgimento delle relative funzioni». 
    Per quanto precede, l'art. 21  della  legge  regionale  in  esame
viola la competenza  statale  esclusiva  in  materia  di  ordinamento
civile (art. 117,  secondo  comma,  lettere  l,  della  Costituzione)
ponendosi in contrasto con il precetto costituzionale di  eguaglianza
(art. 3 della  Costituzione),  rispetto  all'ineludibile  essenza  di
garantire  su  tutto  il  territorio  nazionale  l'uniformita'  delle
fondamentali regole giuridiche disciplinanti i rapporti in questione. 
 
                               P. Q. M. 
 
    Si chiede che la Ecc.ma Corte costituzionale voglia accogliere il
presente ricorso statuendo l'incostituzionalita' degli articoli  5  e
21 della legge della Regione Abruzzo n. 10/2021. 
    Si deposita l'attestazione del deliberato consiliare in  data  13
luglio 2021. 
        Roma, 15 luglio 2021 
 
          Il vice Avvocato generale dello Stato: Figliolia