N. 126 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 maggio 2021
Ordinanza del 31 maggio 2021 della Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo sul ricorso proposto da Soget S.p.a. c/Comune di Teramo. Imposte e tasse - Riscossione delle imposte - Procedura di discarico per inesigibilita' delle quote iscritte a ruolo - Termine per la presentazione o l'integrazione delle comunicazioni di inesigibilita' relative alle quote affidate agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017 - Decorrenza del termine per l'avvio del procedimento di controllo dell'ente creditore - Esclusione dal controllo delle quote inesigibili di valore inferiore o pari a 300 euro. - Legge 23 dicembre 2014, n. 190 ("Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2015)"), art. 1, commi 687, secondo periodo, e 688, secondo periodo, in combinato disposto con il comma 684 della medesima legge, come interpretati dall'art. 1, comma 815, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022). Imposte e tasse - Riscossione delle imposte - Stralcio dei debiti di importo residuo fino a mille euro affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2010 - Applicazione delle disposizioni di cui all'art. 1, comma 529, della legge n. 228 del 2012 che prevedono l'esclusione dell'applicazione degli artt. 19 e 20 del d.lgs. n. 112 del 1999 e, fatti salvi i casi di dolo, che non si procede a giudizio di responsabilita' amministrativo e contabile. - Decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2018, n. 136, art. 4 (come interpretato dall'art. 1, comma 815, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 "Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022"), in combinato disposto con l'art. 1, comma 529, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 ("Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2013)").(GU n.37 del 15-9-2021 )
LA CORTE DEI CONTI Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo Composta dai signori magistrati: Mario Nispi Landi - Presidente Gerardo de Marco - Giudice relatore Paola Lo Giudice - Giudice Ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio iscritto al n. 19591 del registro di segreteria, sul ricorso proposto da Soget S.p.a. (codice fiscale n. 01807790686), difesa dagli avvocati Sergio Della Rocca (DLLSRG61B12G878X) e Danilo Monaco (MNCDNL71L04C632W) del Foro di Pescara, contro Comune di Teramo (codice fiscale n. 00174750679), difeso dall'avv. Cosima Cafforio (CFFCSM59P44E205F) del Foro di Teramo, avverso il provvedimento di diniego di discarico prot. 8931 del 13 febbraio 2017, concernente quote inesigibili nei confronti del debitore A. F. (...), uditi all'udienza pubblica del 15 dicembre 2020 gli avvocati Della Rocca e Cafforio, nonche' il Pubblico ministero in persona del Vice Procuratore generale Roberto Leoni. Fatto Premessa. Con la presente ordinanza tornano ad essere sollevate alcune questioni di legittimita' costituzionale che questa Sezione aveva gia' sottoposto alla Corte costituzionale con ordinanze nn. 13, 14 e 15 del 16 marzo 2018 (rubricate ai nn. 83, 84 e 120/2018 del r.o.) e che erano state dichiarate inammissibili con sentenza n. 51 depositata il 15 marzo 2019. La declaratoria di inammissibilita' era stata pronunciata nel presupposto che le societa' cessionarie del ramo di azienda relativo alle attivita' svolte in regime di concessione per conto degli enti locali non potessero annoverarsi tra gli «agenti della riscossione». All'indomani della sentenza, tuttavia, e' intervenuta l'interpretazione autentica di cui all'art. 1, comma 815, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, volta a superare l'opzione ermeneutica indicata dalla Corte costituzionale medesima, con l'effetto di far riprendere valenza alle considerazioni a suo tempo svolte da questa Sezione giurisdizionale. Cio' premesso, per il principio di «autosufficienza» degli atti e per agevolare l'esame della questione, si ritiene utile compendiare di seguito, nuovamente, l'intera vicenda processuale e le conseguenti questioni di legittimita' costituzionale, integrandole con i riferimenti agli ulteriori sviluppi normativi e giurisprudenziali medio tempore intervenuti. 1. Con il ricorso in epigrafe la Soget, nella sua qualita' di societa' c.d. «scorporata» e, quindi, di «agente della riscossione» del Comune di Teramo, contesta il provvedimento di diniego di discarico prot. 8931 del 13 febbraio 2017, concernente una cospicua serie di quote non riscosse nei confronti del debitore A. F. (...); si tratta, nella specie, di circa 150 partite di somme iscritte a ruolo, a vario titolo, nei confronti del contribuente in parola, in annualita' che vanno dal 2000 al 2014. Giova subito osservare che il presente giudizio si inquadra in un ben piu' ampio contenzioso tra l'ente locale ed il proprio agente della riscossione. Il Comune di Teramo, in particolare, a cavallo tra il 2015 e il 2016 ha avviato un'attivita' di controllo sullo stato delle riscossioni affidate a Soget nei confronti di 142 contribuenti; in esito all'esame degli elementi raccolti, il comune ha emesso una serie di provvedimenti di diniego di discarico, distinti per ciascun debitore, tra cui quello che forma oggetto del presente giudizio; i provvedimenti in parola sono stati singolarmente impugnati dall'agente della, riscossione dinanzi a questa Corte dei conti, con 144 separati ricorsi aventi tutti analogo contenuto in diritto. Le udienze di discussione relative ai suddetti ricorsi si sono svolte, per raggruppamenti separati, il 9 maggio, il 3 ottobre e il 7 novembre 2017; in esito alle predette udienze il giudizio e' stato sospeso in conseguenza della proposizione di questione di legittimita' costituzionale, come ricordato in premessa. Dopo la riassunzione a seguito dell'incidente di costituzionalita', il presente giudizio e' stato poi discusso, una prima volta, all'udienza del 14 gennaio 2020, in esito alla quale e' stato concesso termine alle parti per dedurre in merito al sopravvenuto mutamento del quadro normativo; infine dopo un ulteriore rinvio connesso all'emergenza epidemiologica da COVID-19, si e' svolta l'udienza del 15 dicembre 2020, in esito alla quale e' stata pronunciata la presente ordinanza. 2. Piu' in dettaglio, con specifico riguardo alla fattispecie in giudizio, e' documentato che: con nota prot. 71146 del 16 dicembre 2015 il Comune di Teramo chiedeva alla Soget di fornire «dettagli con annessi documenti giustificativi, atti a dimostrare il puntuale e tempestivo» adempimento dell'attivita' di riscossione svolta nei confronti di 142 posizioni, in relazione alle quali erano insorti dubbi circa la attuale sussistenza del credito comunale (essendosi anche eccepita dai debitori, con istanze di sgravio o ricorsi, la nullita' ovvero la tardivita' degli atti adottati dall'agente della riscossione); il contribuente F. si trova indicato al n. 65 dell'elenco accluso alla predetta nota; la Soget con nota prot. 1258/2016 eccepiva l'irritualita' della richiesta in parola, ritenendo che il Comune stesse impropriamente esercitando un'attivita' di controllo sulle quote inesigibili in pendenza dei termini per la presentazione o l'integrazione delle comunicazioni di inesigibilita' e, per di piu', senza svolgere contestazioni analitiche sulle presunte omissioni o irregolarita' commesse dall'agente; con nota prot. 11702 del 1° marzo 2016 il comune insisteva nella propria richiesta di conoscere lo stato della riscossione dei propri crediti iscritti a ruolo, indipendentemente dalla comunicazione di inesigibilita' e dal relativo procedimento, trattandosi complessivamente di «crediti insoluti, per diversi milioni di euro, molti dei quali risalenti a piu' lustri»; acquisita ed esaminata la documentazione giustificativa dell'attivita' espletata, con nota prot. 61171 in data 11 ottobre 2016 il Comune di Teramo contestava all'agente della riscossione, ex art. 20, comma 1, del citato decreto legislativo n. 112 del 1999, la perdita del diritto al discarico (cio' in quanto era manifestamente decorso il termine prescrizionale e le notizie degli atti esecutivi compiuti, peraltro tra loro contraddittorie, non erano supportate da alcuna documentazione); con nota prot. 2016/26970 del 21 dicembre 2016, Soget respingeva la contestazione, richiamandosi ai commi 684 e 687 dell'art. 1 della citata legge n. 190 del 2014 (come novellati dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225), nella parte in cui precludono all'ente creditore l'avvio di controlli e il conseguente svolgimento di contestazioni in pendenza dei termini di presentazione o integrazione delle comunicazioni di inesigibilita' da parte dell'agente della riscossione; il Comune di Teramo, con nota prot. 8931 del 13 febbraio 2017, confermava il diniego di discarico, ex art. 19, comma 2, lettera e) del citato decreto legislativo n. 112 del 1999, motivando (in replica alle osservazioni formulate dalla Soget) nel senso che, in mancanza di comunicazioni di inesigibilita' anteriori all'entrata in vigore della legge n. 190 del 2014, l'agente della riscossione non poteva beneficiare del differimento dei termini di integrazione delle comunicazioni e di conseguente controllo delle stesse; per effetto del diniego di discarico, il comune ha pertanto invitato l'agente della riscossione a versare entro novanta giorni, in via agevolata, l'importo pari a un ottavo delle somme iscritte a ruolo, oltre spese ed interessi; oppure, decorso inutilmente il predetto termine, a versare un terzo delle somme iscritte a ruolo, oltre spese e interessi. 3. Di qui il ricorso per cui e' causa. La Soget ha contestato, segnatamente, per quanto qui precipuamente rileva, la violazione degli articoli 19 e 20 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 (come modificati dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190) nonche' la violazione dell'art. l, commi 684, 687 e 688 della stessa legge n. 190 del 2014. In estrema sintesi, nell'introdurre il giudizio la Soget ha sostenuto che il Comune di Teramo non avesse il potere di effettuare controlli sulle partite iscritte a ruolo, ne' quello di pronunciarsi sul discarico delle quote in discorso, prima del maturarsi del termine di legge (compreso, per le annualita' in esame, tra il 2019 e il 2033; recte, tra il 2023 e il 2037, dopo l'ulteriore novella entrata in vigore il 6 dicembre 2017, nelle more del presente giudizio; il termine ultimo e' stato poi ulteriormente prorogato al 2042). In ogni caso, le quote di importo inferiore o pari a 300 euro non sarebbero soggette a controllo. La Soget ha precisato anche, a confutazione di quanto ex adverso affermato, di avere presentato ben prima dell'entrata in vigore della legge n. 190 del 2014 le comunicazioni di inesigibilita' relative ai ruoli consegnati negli anni 2000, 2002, 2003, 2004, 2005 e 2007. Ancora, ha eccepito l'illegittimita' della procedura, mancando l'avviso di avvio del procedimento di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241. Quanto al merito, Soget ritiene di poter comprovare, attraverso le proprie produzioni documentali, la propria diligenza nell'attivita' di riscossione deducendo, in particolare, la ritualita' e tempestivita' degli adempimenti di legge, per ogni singola cartella esattoriale. La Soget ha quindi concluso per l'annullamento degli atti impugnati e l'accertamento della non debenza, da parte della societa', degli importi che la stessa sarebbe tenuta a versare come conseguenza del diniego di discarico. 4. Il Comune di Teramo si e' costituito in giudizio con memoria del 28 agosto 2017. Deve darsi atto che il Comune, nella redazione delle proprie difese, si e' attenuto alle indicazioni fornite da questa Corte con ordinanze n. 26, 27 e 28 del 26 giugno 2017 (relative ad altri giudizi aventi contenuto analogo a quello qui in esame). In particolare, dopo aver preso atto dell'esistenza di oltre 140 ricorsi aventi contenuto sovrapponibile, la Sezione aveva ravvisato l'opportunita' che tutti i giudizi della specie fossero discussi e, possibilmente, trattenuti in decisione contestualmente, cosi' favorendo la piu' completa cognizione di causa ed assicurando che tutti i profili in fatto e in diritto fossero trattati esaustivamente, secondo una visione per quanto possibile unitaria, anziche' parcellizzata, della fattispecie e dei rapporti tra Soget e Comune di Teramo, evitando altresi' che nuovi argomenti difensivi fossero proposti e presi in considerazione solo successivamente alla decisione dei primi ricorsi e che, quindi, non fossero adeguatamente valorizzati; cio' anche con specifico riguardo alle questioni di costituzionalita' solo accennate, e non adeguatamente sviluppate, in sede di discussione dei primi giudizi della specie. Il collegio giudicante, quindi, per ragioni di ordinata trattazione dell'insieme dei giudizi in discorso, visto anche il principio di sinteticita' e chiarezza degli atti di cui all'art. 5 del codice della giustizia contabile, aveva ritenuto necessario che le parti articolassero le proprie difese in un unico documento di inquadramento in diritto della vicenda, valido per tutti i ricorsi, specificando poi in apposite schede analitiche i principali dati e le peculiarita' nel merito di ciascuna quota oggetto di contestazione. Cio' posto, il comune ha quindi depositato un'unica memoria di costituzione (per i ricorsi da n. 19527/Q.I. a n. 19551/Q.I.; da n. 19553/Q.I. a n. 19580/Q.I.; da n. 19582/Q.I. a n. 19594/Q.I.; da n. 19596/Q.I. a n. 19600/Q.I.); in essa sono affrontate le questioni di carattere generale, comuni a tutti i giudizi; ad essa sono allegate singole schede di dettaglio, concentrate sulle specificita' della singola quota non ammessa a discarico. In estrema sintesi, per quanto qui rileva, l'ente locale ha dedotto che: i provvedimenti impugnati rappresentano l'epilogo di un'azione di controllo e verifica dell'attivita' della Soget, avviata dal Comune di Teramo da oltre un quinquennio e resa indispensabile dalla quantita' di residui attivi e dalla loro «stagnazione» nel tempo; l'esistenza di crediti insoluti, per diversi milioni di euro, molti dei quali risalenti a piu' lustri, determinava per il comune non solo una consistente limitazione della liquidita' finanziaria, ma pure incertezza circa la possibilita' di qualificare detti crediti come residui attivi, negli atti di programmazione e rendicontazione finanziaria; in disparte le rilevanti esigenze contabili connesse all'iscrizione dei crediti di incerta esigibilita' nel fondo svalutazione crediti e agli effetti di cui ai decreti legislativi nn. 267/2000 e 118/2011, neppure possono ignorarsi le disposizioni contenute nell'art. 1, comma 654-bis, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (introdotto dall'art. 7, comma 9, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125), secondo cui tra le componenti del costo del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti «vanno considerati anche gli eventuali mancati ricavi relativi a crediti risultati inesigibili con riferimento alla tariffa di igiene ambientale, alla tariffa integrata ambientale, nonche' al tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (Tares)»; il differimento del termine ultimo per la presentazione della domanda di discarico, previsto dal citato comma 684 della legge n. 190 del 2014, non impedisce all'ente creditore di esercitare il controllo sull'attivita' del concessionario e, quindi, di accertare, in contraddittorio, l'intervenuta estinzione del credito per causa diversa dal pagamento, oppure l'impossibilita' di ottenerlo, e l'eventuale sussistenza della perdita del diritto al discarico, con l'adozione dei provvedimenti consequenziali di cui all'art. 20, decreto legislativo n. 112/1999; in tal senso depone l'interpretazione letterale delle disposizioni in commento, nonche' quella logico - sistematica; con riguardo alle annualita' che avevano gia' formato oggetto di comunicazione di inesigibilita', le nuove disposizioni introdotte o riformulate dalla legge n. 190 del 2014 sono applicabili soltanto nel caso in cui il concessionario provveda ad integrare le comunicazioni d'inesigibilita' gia' presentate; a voler condividere l'assunto della Soget circa l'estensione della ravvisata preclusione del controllo di cui all'art. 1, comma 687, a tutte le quote affidate ai concessionari, si giunge alla conclusione che detto differimento varrebbe solo laddove una comunicazione di inesigibilita' fosse stata emessa entro il 31 dicembre 2014, con impossibilita' di integrare le comunicazioni mai presentate e con perdita del diritto al discarico ex art. 19, comma 2, lettera c), del citato decreto legislativo n. 112 del 1999, almeno per i ruoli affidati fino al 2011; peraltro, la previsione della facolta' di «integrazione» della comunicazione d'inesigibilita', entro i termini previsti dalla novella legislativa, sottende necessariamente l'efficacia e la vigenza del credito, poiche' per un credito estinto o per il quale non e' piu' possibile ottenere, lecitamente, il pagamento, non vi puo' essere alcun fatto o atto nuovo che possa costituire oggetto d'integrazione della comunicazione d'inesigibilita' gia' presentata; il controllo (di cui allo schema procedimentale degli articoli 19 e 20 del citato decreto legislativo n. 112 del 1999) puo' quindi essere attivato d'ufficio, a prescindere dalla presentazione di una richiesta al discarico da parte del concessionario o di una comunicazione d'inesigibilita', pur nella pendenza dei termini previsti dal citato comma 684, laddove sia ragionevole ritenere che non e' piu' possibile alcuna integrazione della comunicazione d'inesigibilita' a suo tempo presentata, o che sono decorsi inutilmente i termini di legge per la sua presentazione; in tal caso, infatti, l'agente della riscossione non ha alcun interesse a presentare tempestivamente una comunicazione d'inesigibilita', da cui possano emergere sue responsabilita'; quanto alla non assoggettabilita' al «controllo di cui al citato art. 19» delle quote pari o inferiori a 300 euro, deve privilegiarsi un'interpretazione costituzionalmente orientata dalla disposizione, da intendersi non come divieto per l'ente creditore di attivare la procedura di controllo, quanto invece come giustificazione, esenzione da responsabilita' amministrativa - contabile, laddove non la attivi (come confermato dal fatto che la disposizione non fa riferimento all'art. 20, che si occupa del procedimento del controllo, bensi' all'art. 19, comma 3, del decreto legislativo n. 112 del 1999, che si occupa del discarico automatico, previsto proprio per le ipotesi di mancata attivazione del controllo); ulteriore conferma di cio' si rinviene pure nella disposizione contenuta nel novellato art. 20, comma 2, dello stesso decreto n. 112 del 1999 che prevede per l'ente creditore la facolta', e non l'obbligo, di ridurre i controlli al 5% delle comunicazioni d'inesigibilita' pervenute annualmente, nell'ottica di non gravare l'ente stesso di adempimenti complessi che la sua struttura organizzativa potrebbe non essere in grado di sostenere o, comunque, che potrebbero rilevarsi del tutto inutili a fronte di un contegno assolutamente corretto e puntuale del concessionario della riscossione; l'indubbia gravosita' dell'attivita' di controllo e' stata infatti al centro dell'attenzione del legislatore, atteso che gia' con l'art. 1, commi 531 e seguenti, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilita' 2013) e successive modificazioni, e' stata prevista l'istituzione di un Comitato di indirizzo e verifica dell'attivita' di riscossione mediante ruolo, cui e' stato demandato di elaborare annualmente i criteri per il suo esercizio e nel contempo di vigilare sulla loro osservanza; va ricordato che la stessa legge di stabilita' n. 228 del 2012, all'art. 1, commi 527, 528 e 529, aveva disposto espressamente l'azzeramento dei ruoli ante 1999, relativamente a crediti fino a euro 2.000, con discarico automatico del concessionario, salvo i casi di dolo; dunque laddove la legge ha inteso escludere il controllo su alcune partite, lo ha fatto con chiare disposizioni; inoltre, i successivi commi 537 e 538 del medesimo articolo hanno previsto una specifica procedura volta ad acclarare in contraddittorio con l'ente creditore la sussistenza del credito alla data di esecutivita' del ruolo, sicche' sarebbe illogico ritenere che l'ente creditore perda, successivamente, la possibilita' di verificare l'andamento dell'attivita' di riscossione e la permanenza della possibilita' di far valere il proprio credito, costringendo il debitore ad introdurre inutili contenziosi per far valere l'irritualita' dell'azione esecutiva; le disposizioni invocate alla Soget, per come interpretate dalla societa' stessa, presentano profili di contrasto con gli articoli 53, 81 e 97 della Costituzione, risolvendosi di fatto in una esenzione tributaria, per il debitore, a prescindere dalla capacita' contributiva, nell'impossibilita' per l'amministrazione creditrice di avere il pieno controllo delle proprie entrate e di assicurare gli equilibri di bilancio e il proprio buon andamento; violerebbero, inoltre, l'art. 119 della Costituzione, essendo impedito all'ente creditore, per lungo tempo, di avere conoscenza delle reali risorse finanziarie di cui puo' disporre per l'espletamento delle funzioni pubbliche e, nel contempo, di conseguire dette risorse; l'impossibilita' dell'esercizio del controllo sulle quote di valore pari o inferiore a euro 300,00 e, piu' in generale, la limitazione ad un massimo del 5% delle comunicazioni d'inesigibilita' presentate annualmente dal concessionario, risolvendosi in sostanza nella mancata definitiva riscossione di propri crediti, si traducono in una grave limitazione dell'autonomia finanziaria dell'ente, comportando la perdita di tributi ed entrate propri, a prescindere dall'accertamento del verificarsi dei casi di estinzione del credito, diversi dal pagamento, o della definitiva insolvenza del debitore; la violazione delle norme sul procedimento amministrativo non rileverebbe dinanzi a questa giurisdizione contabile, trattandosi di giudizio sulla fondatezza del diritto (cioe' sul rapporto) e non sulla mera legittimita' degli atti, peraltro a contenuto vincolato; la perdita del diritto di credito del comune, imputabile all'agente della riscossione per decorso della prescrizione quinquennale o per decorso dei termini (di undici e nove mesi) previsti dall'art. 19, comma 2, lettera a), del citato decreto legislativo n. 112 del 1999, sarebbe resa palese dalla insussistenza o dalla irritualita' degli asseriti atti interruttivi, come rappresentato nella scheda analitica allegata alla comparsa di costituzione. In definitiva, il comune conclude per la condanna della controparte al pagamento «dell'importo di euro 19.382,00 pari a un terzo degli importi iscritti a ruolo, maggiorati di interessi e spese, o di altra somma maggiore o minore ritenuta di giustizia». 5. Pubblico ministero ha rassegnato le proprie conclusioni con memoria depositata il 29 agosto 2017, ai sensi dell'art. 175 del codice della giustizia contabile. In estrema sintesi, il Pubblico ministero ha aderito all'impostazione della societa' Soget, richiamandosi alla recente pronuncia della Sezione terza giurisdizionale centrale d'appello n. 662 del 20 dicembre 2016 (confermativa di Sezione Emilia-Romagna, sent. 108 del 9 giugno 2014). Risolutivo, ad avviso della Procura, il fatto «che Comune di Teramo, ai sensi della citata disciplina, non poteva esercitare un'attivita' di controllo con gli specifici effetti previsti esclusivamente nell'ambito del procedimento iniziato a seguito della presentazione della comunicazione di inesigibilita'»; i procedimenti in esame, invece, «sono iniziali prima della comunicazione di inesigibilita' o se questa e' esistente e' intervenuta prima del 1° gennaio 2015, data di entrata in vigore del comma 687 dell'art. 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190». Ne discende che, alla luce del vigente quadro normativo, gli atti di diniego in esame sono palesemente illegittimi. Il Pubblico ministero ha altresi' osservato che «la conoscenza sulla situazione dei crediti in riscossione doveva essere assicurata e rivendicata dal Comune di Teramo, in quanto l'informazione sull'effettiva esigibilita' dei residui attivi vetusti ha effetti diretti sulla costruzione di una veridica contabilita' dell'ente locale (v. C.d.C., Sezione regionale di controllo per il Lazio, delib. n. 30 del 2015), poiche' le poste di incerta esigibilita' devono essere stralciate dal conto del bilancio per l'iscrizione nel conto del patrimonio, sino alla richiesta di formale discarico da parte dell'agente contabile (v., tra le tante, Cd.c., Sezione regionale di controllo per la Campania, delib. n. 282 del 2016)». Di qui «l'esigenza dell'ente locale di acquisire i necessari elementi di valutazione sulla situazione dei crediti affidati in riscossione, e l'eventuale violazione di tale diritto (...) puo' comportare l'irrogazione di sanzioni (capo IV della legge n. 112/99), mentre non puo' sostenere la perdita del diritto al discarico» dopo l'abrogazione (dal 1° gennaio 2015) della lettera b) del citato art. 19 del decreto legislativo n. 112 del 1999. In definitiva, la pretesa del comune di ottenere la documentazione giustificativa dell'attivita' di riscossione, in assenza della comunicazione di inesigibilita', non troverebbe giustificazione normativa; in presenza di comunicazioni gia' prodotte, invece, il controllo non avrebbe potuto essere avviato, ostandovi la previsione del citato comma 687. La Procura regionale si e' peraltro riservata di attivare («per le situazioni di cui ha avuto conoscenza con i ricorsi in discussione e in dipendenza di ulteriori eventuali denunce del comune») procedimenti di responsabilita' amministrativa, indipendentemente dalla procedura amministrativa di discarico. 6. In esito all'udienza pubblica del 3 ottobre 2017, questa Sezione sospendeva il giudizio rimettendo gli atti alla Corte costituzionale, reputando che fossero rilevanti e non manifestamente infondate le seguenti questioni di legittimita' costituzionale, con riferimento agli articoli 3, 24, 53, 97, 81, 103, 111 e 119 della Costituzione: a) dell'art. 1, comma 687, secondo periodo, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, nella parte in cui prevede che «il controllo di cui all'art. 20 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, come da ultimo sostituito dal comma 683 del presente articolo, puo' essere avviato solo decorsi i termini previsti dal citato comma 684»; b) dell'art. 1, comma 688, secondo periodo, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, secondo cui «le quote inesigibili, di valore inferiore o pari a 300 euro (...) non sono assoggettate al controllo di cui al citato art. 19». 7. La Corte costituzionale, come ricordato in premessa, con sentenza n. 51 depositata il 15 marzo 2019 ha dichiarato inammissibili le questioni, nel presupposto che le disposizioni sospettate di incostituzionalita' non fossero applicabili alla Soget, che e' «una cessionaria del ramo di azienda relativo alle attivita' svolte in regime di concessione per conto degli enti locali; essa pertanto non puo' annoverarsi tra gli "agenti della riscossione", cui unicamente il legislatore ha inteso riferire la disciplina censurata». La Corte costituzionale ha motivato questa conclusione sia con argomenti sistematici (che emergono ripercorrendo l'evoluzione normativa), sia con argomenti ermeneutici di carattere testuale, sia mediante l'analisi dell'evoluzione delle proroghe «generiche» (applicabili anche alle societa' «scorporate», cioe' ai privati cessionari di attivita' gia' svolte dagli ex-concessionari) e di quelle «specifiche» (applicabili alle sole societa' partecipate da Riscossione S.p.a. e poi dal Gruppo Equitalia, cioe' alle societa' ricondotte nell'ambito del pubblico erario). In particolare, e' stata posta in evidenza la diversita' di ratio che ha animato i distinti processi di discarico per inesigibilita' delle quote iscritte a ruolo: mentre l'ultima proroga «generica» delle comunicazione di inesigibilita' di cui all'art. 59 del decreto legislativo n. 112 del 1999 e' una misura ordinaria che tiene conto della continuita' della gestione dell'attivita' da parte di soggetti direttamente consegnatari dei ruoli, invece la proroga («specifica») di cui al comma 12 dell'art. 3 del decreto-legge n. 203 del 2005 e' una misura straordinaria, assunta nel contesto di una riforma che ha posto al centro la nascita di un nuovo soggetto e che ha tenuto conto del passaggio di tutti i ruoli alle societa' partecipate da Riscossione S.p.a., poi Gruppo Equitalia (salvo quelli delle societa' «scorporate», ai sensi del comma 24, lettera b, dell'art. 3 del decreto-legge n. 203 del 2005, che appunto restano in capo a esse). Ad avviso dei giudici delle leggi, risultava chiaro il rapporto di genere a specie tra i due commi del citato art. 3 del decreto-legge n. 203 del 2005: il comma 12, infatti, e' riferito esclusivamente alle societa' partecipate da Riscossione S.p.a. (poi Gruppo Equitalia), come peraltro e' stato in seguito confermato, in maniera definitiva, con norma di interpretazione autentica, dell'art. 36, comma 4-quinquies, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2008, n. 31. Cio' posto, nella stessa sentenza n. 51 del 2019 si e' osservato che i termini previsti dal citato comma 12 sono stati nel tempo oggetto di continue proroghe, ma senza alcuna soluzione di continuita', e dalla versione originaria, nella quale le comunicazioni di inesigibilita' dovevano essere presentate entro il 31 ottobre 2008, si e' giunti all'ultima versione, nella quale le medesime comunicazioni dovevano essere presentate entro il 31 dicembre 2014, in forza della modifica introdotta dall'art. 1, comma 530, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2013)». A ridosso della scadenza del 31 dicembre 2014 il legislatore e' quindi intervenuto con la normativa di cui all'art. 1, commi da 682 a 689, della legge n. 190 del 2014, introducendo, per il controllo nel tempo delle quote dichiarate inesigibili, un nuovo meccanismo, definito «scalare inverso», che, se da un lato e' innovativo rispetto al sistema delle precedenti proroghe, dall'altro, e' intrinsecamente finalizzato alla soluzione della specifica situazione determinata proprio dalla concatenazione delle proroghe e dall'accumularsi di una ingente quantita' di arretrati e di un'imponente stratificazione delle partite creditorie da trattare (come conferma la deliberazione della Corte dei conti, sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, 20 ottobre 2016, n. 11/2016/G). In altre parole, la scadenza contemporanea di tutte le comunicazioni di debito/credito tra agenti della riscossione e enti creditori aveva giustificato un intervento innovativo e straordinario del legislatore, prevedendosi in un'unica riforma, inscindibile nei suoi aspetti: a) la parziale revisione della disciplina delle comunicazioni di inesigibilita' e del relativo controllo (articoli 19 e 20 del decreto legislativo n. 112 del 1999), con applicazione retroattiva della nuova disciplina alle quote affidate agli agenti della riscossione dal 2000 (comma 688); b) lo scaglionamento in ordine cronologico, inverso a quello dell'affidamento in carico, dei termini di presentazione e controllo delle comunicazioni di inesigibilita' (comma 684); c) l'allineamento a queste nuove regole di tutti i rapporti in essere, a tal fine prevedendone l'applicazione anche alle comunicazioni gia' presentate per le quali e' stata prevista l'interazione (comma 687); d) la diluizione, per un periodo pressoche' corrispondente al cronoprogramma, dell'anticipazione - con onere a carico del bilancio dello Stato - del rimborso a favore degli agenti della riscossione, delle spese maturate negli anni 2000 - 2013 per le procedure cautelari ed esecutive esperite per tentare il recupero dei medesimi crediti (comma 685); e) la sottrazione al controllo delle comunicazioni di importo pari o inferiore a 300 euro (comma 688); f) la previsione ex lege (fino alla medesima scadenza del cronoprogramma di cui al comma 684) della legittimazione dell'agente della riscossione a effettuare la riscossione delle somme iscritte a ruolo «anche per le quote relative ai soggetti creditori che hanno cessato o cessano di avvalersi delle societa' del Gruppo Equitalia» (comma 686). Era quindi errato, secondo la Corte costituzionale, ritenere che la normativa in questione potesse applicarsi anche alla societa' Soget, poiche' una disciplina di straordinaria eccezionalita' come quella introdotta con l'art. 1, commi da 682 a 689, della legge n. 190 del 2014 poteva trovare applicazione, nell'ambito della stessa complessiva ratio legis desumibile dalla riforma sopra ricordata, solo relativamente a quelle fattispecie ricomprese nelle proroghe «specifiche» disposte dal comma 12 dell'art. 3 del decreto-legge n. 203 del 2005, per le quali i termini risultavano ancora pendenti alla data di entrata in vigore della riforma e, quindi, non poteva applicarsi alle societa' private «scorporate». Conclusivamente, la Corte costituzionale ha affermato che i giudizi di impugnazione instaurati da Soget S.p.a. avverso i provvedimenti di rifiuto del discarico per inesigibilita' erano regolati a norma dell'art. 3, comma 24, lettera b), del decreto-legge n. 203 del 2005, come convertito nella legge n. 248 del 2005 (riguardando «ruoli consegnati fino alla data del trasferimento» del ramo d'azienda effettuato dal concessionario nazionale), non dall'art. 1, commi 687, secondo periodo, e 688, secondo periodo, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, bensi' dalla disciplina ordinariamente prevista negli articoli 19 e 20 del decreto legislativo n. 112 del 1999, salva, in quanto ancora applicabile ratione temporis, la deroga disposta dall'art. 59, commi 4-quater e 4-quinquies, del medesime decreto. Ne discendeva che, essendo la riforma recata dalla citata legge 190 del 2014 «unica e inscindibile nei suoi aspetti», in linea di principio l'intera disciplina «introdotta con l'art. 1, commi da 682 a 689, della legge n. 190 del 2014 (...) non poteva applicarsi alle societa' private scorporate». 8. A distanza di pochi mesi dalla sentenza della Corte costituzionale, peraltro, e' intervenuto l'art. 1, comma 815, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, in forza del quale «i contenuti delle norme vigenti riferite agli agenti della riscossione si intendono applicabili, sin dalla data di entrata in vigore delle stesse norme, anche alle attivita' svolte in regime di concessione per conto degli enti locali, il cui ramo d'azienda e' stato trasferito ai sensi dell'art. 3, comma 24, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248». 9. Dopo la riassunzione della causa ad opera di Soget, in conseguenza della decisione della Corte costituzionale, nelle udienze del 14 gennaio e del 15 dicembre 2020 le parti hanno ulteriormente sviluppato le proprie difese in relazione allo ius superveniens. In particolare, oltre alla citata legge n. 160 del 2019, recante interpretazione autentica delle «norme vigenti riferite agli agenti della riscossione» con effetto «sin dalla data di entrata in vigore delle stesse», le parti hanno affrontato anche il tema dello «stralcio dei debiti fino a mille euro affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2010», di cui all'art. 4 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 (convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136). 9.1. Quanto alla Soget, dopo l'atto di riassunzione, con memoria autorizzata del 24 novembre 2020 essa ha precisato le proprie difese e conclusioni nel senso che (per quanto qui precipuamente rileva): l'interpretazione autentica risolve i dubbi circa l'applicabilita' a Soget della riforma di cui alla citata legge n. 190 del 2014, con la quale e' stato raggiunto un soddisfacente punto di equilibrio; il meccanismo dello «scalare inverso» non presenta profili di incostituzionalita', in ragione del fatto che vi e' un sicuro vantaggio economico per l'ente creditore che puo' continuare a beneficiare, secondo il cronoprogramma di cui al citato comma 687, dei proventi derivanti dalla prosecuzione delle attivita' di riscossione; il sistema neppure incide negativamente sui cittadini debitori, perche' assicura la prosecuzione delle attivita' di riscossione in condizioni di parita'; l'assenza di controlli sulle quote fino a 300 euro e' ragionevole, perche' consente di concentrare ed intensificare gli sforzi sulle cartelle di importo maggiore; nel merito, le ragioni poste a fondamento del diniego di discarico sono comunque infondate, essendo state documentate le attivita' svolte dalla societa' di riscossione. 9.2. Quanto al comune, dopo la memoria di costituzione in riassunzione, con note autorizzate del 23 novembre 2020 esso ha precisato le proprie difese e conclusioni nel senso che (per quanto qui precipuamente rileva): la disposizione di interpretazione autentica non fa altro che rendere riproponibile e rilevante la questione di legittimita' gia' sollevata, indipendentemente dall'estensione dell'ambito di applicazione dell'interpretazione autentica: ove la si voglia riferire soggettivamente alla societa' «agente», infatti; la questione riguarderebbe indistintamente tutti i ruoli; ove la si voglia riferire oggettivamente alle sole attivita' «scorporate», riguarderebbe i soli ruoli consegnati fino allo scoperto (avvenuto, in fattispecie, il 25 settembre 2006); le disposizioni sullo stralcio di cui al citato art. 4 del decreto-legge n. 119 del 2018, intervenuto nelle more del giudizio, non sarebbero applicabili alla fattispecie concreta, laddove gli effetti del diniego di discarico si erano gia' prodotti (ed erano sub iudice) antecedentemente all'entrata in vigore del decreto-legge medesimo; peraltro, accedendo all'interpretazione restrittiva volta ad individuare oggettivamente l'ambito di applicazione dell'interpretazione autentica, lo stralcio non potrebbe riguardare i crediti affidati dopo la data dello scorporo (per i quali Soget non potrebbe essere considerata «agente della riscossione»); diversamente ragionando, alle originarie questioni di legittimita' costituzionale si aggiungerebbero quelle relative allo «stralcio» in questione, in forza del quale Soget ha effettivamente annullato crediti del Comune di Teramo per complessivi euro 2.053.290,72, compresi anche in cartelle oggetto del presente giudizio; in particolare, oltre alle gia' sollevate questioni concernenti le quote fino a 300 euro, sussisterebbe la lesione delle prerogative di autonomia - non solo finanziaria - dell'ente locale e la violazione degli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione, verificandosi ex lege l'annullamento, disposto dallo Stato con legislazione d'urgenza, di ingenti crediti dell'ente locale, prevedendosi perfino la restituzione di quanto eventualmente gia' pagato e ponendo cosi' a rischio gli equilibri stessi di bilancio dell'ente interessato (salvo consentire di adeguarne i bilanci entro il 2019, per registrarne gli «effetti negativi»); sarebbero, altresi', violati l'art. 3 (per la mancanza di forme compensativi a ristoro dei crediti annullati), l'art. 24 (privandosi il comune del diritto alla difesa) e l'art. 53 (risolvendosi l'annullamento in una indebita esenzione d'imposta, addirittura retroattiva). 9.3. Quanto al Pubblico ministero, ha rassegnato le proprie conclusioni scritte per le udienze del 14 gennaio e del 21 aprile 2020 (quest'ultima udienza poi posticipata al 15 dicembre 2020, per l'emergenza sanitaria da COVID-19), osservando che (per quanto qui precipuamente rileva): l'effetto della disposizione introdotta a decorrere dal 1° gennaio 2020 e' quello di far venire meno le ragioni in base alle quali la Corte costituzionale fondo' la sentenza d'inammissibilita' n. 51 del 2019; riprendono cosi' vigore tutte le censure che la Sezione aveva portato all'attenzione della Consulta con le ordinanze del marzo 2018; alle censure anzidette possono aggiungersi anche quelle relative alla violazione dell'art. 118, comma 1, e dell'art. 119 anche con riferimento al sesto comma; si e' determinata, infatti, una vera e propria interferenza nell'autonomia degli enti locali (in violazione dei principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza tra i vari livelli di governo); in particolare, lo Stato si sarebbe ingerito nella gestione dei rapporti convenzionali tra ente locale e societa' della riscossione, penalizzando con una regola tanto irragionevole quanto indifferenziata i comuni operosi rispetto a quelli che non hanno manifestato la stessa cura nel coltivare i propri crediti da riscuotere; inoltre, si compromette la capacita' di spesa corrente degli enti medesimi, mal celando un virtuale «condono» dei crediti piu' risalenti e di quelli di importo minore (che, sovente, costituiscono la maggior parte del portafoglio comunale). La Procura ha quindi concluso per la non manifesta infondatezza delle segnalate questioni di legittimita' costituzionale e, in subordine, per raccoglimento del ricorso di Soget. 10. All'udienza pubblica del 15 dicembre 2020, uditi gli avvocati Della Rocca (per Soget) e Cafforio (per il Comune di Teramo), nonche' il Pubblico ministero in persona del Vice procuratore generale Roberto Leoni, la Sezione si e' riservata i conseguenti provvedimenti. Diritto I. Il presente giudizio si incentra sulla possibilita', o meno, per il Comune di Teramo di sottoporre a controllo e, conseguentemente, di adottare provvedimenti di diniego di discarico relativamente a «quote» affidate all'agente della riscossione (societa' c.d. «scorporata»), in pendenza dei termini per la presentazione o l'integrazione delle relative comunicazioni di inesigibilita'; ulteriore questione risiede nella possibilita' di svolgere i controlli in parola, e di adottare i conseguenti provvedimenti, relativamente alle quote di valore inferiore o pari a 300 euro. Entrambe le questioni: sono rilevanti nel presente giudizio, che riguarda, tra l'altro, sia quote di importo fino a 300 euro, sia quote ricomprese in ruoli risalenti, tra gli altri, all'anno 2000, per i quali i termini di presentazione o integrazione delle comunicazioni di inesigibilita' verranno a scadenza, a normativa vigente, nel 2042; rivestono, all'evidenza, carattere di pregiudizialita' logica e giuridica rispetto all'esame di merito sull'effettiva inesigibilita' delle singole quote e sulle relative cause. II. La rilevanza delle questioni non e' intaccata dall'art. 1, comma 815, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, in forza del quale «i contenuti delle norme vigenti riferite agli agenti della riscossione si intendono applicabili, sin dalla data di entrata in vigore delle stesse norme, anche alle attivita' svolte in regime di concessione per conto degli enti locali, il cui ramo d'azienda e' stato trasferito ai sensi dell'art. 3, gomma 24, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248». Con la riportata norma di interpretazione autentica il legislatore ha infatti chiarito che la ricorrente Soget, nei rapporti con il Comune di Teramo, puo' essere considerata «agente della riscossione»; cio', quanto meno, per le attivita' oggetto di scorporo, che costituiscono comunque una parte delle quote sottoposte al giudizio di questa Corte. III. Ne' la rilevanza delle questioni e' pregiudicata dalle disposizioni concernenti lo «stralcio» (o «rottamazione») di cui all'art. 4 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 (convertito, con modificazioni, dalla legge 171 dicembre 2018, n. 136). Invero, pur ritenendosi che la rottamazione sia applicabile anche ai rapporti in giudizio (per i quali il diniego di discarico era gia' stato emesso e impugnato alla data di entrata in vigore dell'intervento normativo), residuano comunque partite di importo superiore a mille euro, non soggette a stralcio, come incontestato tra le parti. Si noti ancora che, per i carichi affidati all'agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, lo «stralcio» in questione (relativo ai debiti di importo residuo fino a 1000 euro) puo' essere considerata assorbente rispetto alla questione relativa alle quote di importo fino a 300 euro. Tuttavia, riguardando il presente giudizio quote relative ad annualita fino a tutto il 2014, la questione delle quote fino a 300 euro conserva comunque rilevanza, quanto meno per i carichi affidati dopo il 2010. Lo stesso discorso puo' farsi per l'ulteriore intervento d'urgenza di «annullamento dei carichi» cui all'art. 4, comma 4, del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41 (convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2021, n. 69). Al riguardo, va anzi tutto rilevato che alla data di deposito della presente ordinanza non sono state stabilite con decreto ministeriale le modalita' e le date dell'annullamento dei debiti in parola (art. 4, comma 5, cit.) e che quindi non si e' ancora perfezionato ne', tantomeno, e' stato formalizzato l'annullamento parziale dei carichi qui in discussione. Cio' precisato, e' sufficiente rilevare in ogni caso come il nuovo intervento riguardi esclusivamente i debiti: a) di importo residuo fino a 5.000 euro; b) risultanti dai singoli carichi affidati negli anni dal 2000 al 2010; c) riguardanti soggetti con reddito imponibile fino a 30.000 euro nel 2019. Ne discende che, comunque, neppure questo nuovo provvedimento legislativo fa venir meno la rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionali qui affrontate, siccome concernenti, tra l'altro, carichi non ricompresi nell'annullamento, e segnatamente quelli: a) di importo anche superiore ai 5.000 euro; b) affidati anche in anni successivi al 2010; c) riguardanti soggetti con reddito imponibile al 2019 non compreso nel tetto di 30.000 euro. E' significativo, piuttosto, che nell'occasione si sia dato atto dell'esigenza di una «ridefinizione della disciplina legislativa dei crediti di difficile esazione e per l'efficientamento del sistema della riscossione»; a tal fine, il Ministro dell'economia e delle finanze e' chiamato a trasmettere alle Camere «una relazione contenente i criteri per procedere alla revisione del meccanismo di controllo e di discarico dei crediti non riscossi per le conseguenti deliberazioni parlamentari» (art. 4, comma 10, cit.). IV. Venendo alle questioni qui in esame, la normativa di riferimento e' pacificamente rinvenibile nell'art. 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 («Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» - legge di stabilita' 2015), in particolare ai commi 684 e seguenti, nonche' negli articoli 19 e 20 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 (come modificati dalla stessa legge n. 190 del 2014, art. 1, commi 682 e 683), salvo quanto specificato con riferimento allo «stralcio» dei debiti, di cui si e' fatto cenno e su cui si tornera' nel prosieguo. IV.1. Il citato comma 684 stabilisce, in particolare, che: «Le comunicazioni di inesigibilita' relative alle quote affidate agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017, anche da soggetti creditori che hanno cessato o cessano di avvalersi delle societa' del Gruppo Equitalia ovvero dell'Agenzia delle entrate-Riscossione, sono presentate, per i ruoli consegnati negli anni 2016 e 2017, entro il 31 dicembre 2026 e, per quelli consegnati fino al 31 dicembre 2015, per singole annualita' di consegna partendo dalla piu' recente, entro il 31 dicembre di ciascun anno successivo al 2026». Il testo della disposizione, vigente alla data di pubblicazione della presente ordinanza, e' quello modificato dapprima con legge 1° dicembre 2016, n. 225 (recante conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193), in vigore dal 3 dicembre 2016, e poi (in corso di causa) con legge 4 dicembre 2017, n. 172 (recante conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148), in vigore dal 6 dicembre 2017, nonche' con l'art. 3, cometa 20, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 (convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136), in vigore dal 24 ottobre 2018. E' appena il caso di precisare che gli ultimi due interventi legislativi, sopravvenuti in corso di giudizio, non hanno intaccato l'impianto normativo in contestazione, se non allungando ulteriormente i termini gia' precedentemente previsti e, quindi, accentuando i profili di (il)legittimita' costituzionale qui in esame. L'effetto del comma 684 (a normativa vigente) e' quello di rinviare fino al 2042 la definizione delle quote relative ai ruoli affidati nell'anno 2000, fino al 2041 la definizione dei ruoli 2001, fino al 2040 la definizione dei ruoli 2002, fino al 2039 la definizione dei ruoli 2003, fino al 2038 la definizione dei ruoli 2004, e cosi' proseguendo fino ai ruoli 2015, da definire entro il 2027. Per i ruoli del 2016 e 2017, invece, le comunicazioni di inesigibilita' possono essere presentate entro il 2026. Per completezza, puo' segnalarsi che, da ultimo, l'art. 68, comma 4, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, aveva previsto che (in considerazione all'emergenza epidemiologica da COVID-19) «le comunicazioni di inesigibilita' relative alle quote affidate agli agenti della riscossione nell'anno 2018, nell'anno 2019 e nell'anno 2020 sono presentate, rispettivamente, entro il 31 dicembre 2023, entro il 3 l dicembre 2024 e entro il 31 dicembre 2025». La disposizione e' stata ulteriormente modificata con l'art. 4, comma 1, lettera c) del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41 (convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2021, n. 69), di guisa che «le comunicazioni di inesigibilita' relative alle quote affidate agli agenti della riscossione nell'anno 2018, nell'anno 2019, nell'anno 2020 e nell'anno 2021 sono presentate, rispettivamente, entro il 31 dicembre 2023, entro il 31 dicembre 2024, entro il 31 dicembre 2025 e entro il 31 dicembre 2026». Queste ultime proroghe, peraltro, non impattano sull'odierno contendere, concernente carichi delle annualita' dal 2000 al 2014. Infine, altre norme emergenziali sono intervenute negli ultimi mesi a rimodulare i termini di versamento delle riscossioni, senza pero' incidere sulle scadenze delle comunicazioni di inesigibilita' che qui interessano. IV.2. Il successivo comma 687, a sua volta, prevede al primo periodo che «le comunicazioni di inesigibilita' relative alle quote di cui al comma 684, presentate anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, possono essere integrate entro i termini previsti dallo stesso comma 684»; si riaprono, quindi, i termini anche per le quote ricomprese in comunicazioni gia' presentate, prevedendone la possibile integrazione fino alle date dinanzi indicate (2042 per i ruoli del 2000; 2041 per i ruoli del 2001; 2040 per i ruoli del 2002; ecc.). La regola, dunque, e' quella della definizione per specifiche annualita', scaglionate tra il 2026 e il 2042, delle quote ricomprese in tutti i ruoli affidati tra il 2000 e il 2017, indipendentemente dalla circostanza che, per alcune delle quote stesse, sia gia' stata presentata una comunicazione di inesigibilita'. Al fine di rendere coerente l'impianto normativo, cosi' strutturato, il secondo periodo del comma 687 prevede che «in tale caso» (vale a dire a fronte di comunicazioni gia' presentate) «il controllo di cui all'art. 20 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, come da ultimo sostituito dal comma 683 del presente articolo, puo' essere avviato solo decorsi i termini previsti dal citato comma 684». Si intende, cosi, impedire all'ente creditore di svolgere i controlli sull'operato dell'agente della riscossione (o, meglio, di pronunciarsi sul conseguente diniego di discarico) fino allo spirare del termine finale per la eventuale integrazione delle comunicazioni di inesigibilita' gia' presentate (ad esempio, fino al 31 dicembre 2042 per i ruoli risalenti al 2000). La disposizione rende palese che, nella logica legislativa, il controllo sulle quote inesigibili (cioe' a dire il controllo di cui agli articoli 19, comma 6, e 20 del decreto legislativo n. 112 del 1999, come riscritti dalla stessa legge n. 190 del 2014 ed applicabili nel nuovo testo anche alle quote degli anni dal 2000 in poi, ai sensi del successivo comma 688) presuppone necessariamente una previa comunicazione di inesigibilita' da parte dell'agente della riscossione; ma poiche' le comunicazioni possono essere presentate o comunque integrate, per i ruoli affidati negli anni dal 2000 al 2015, in annualita' comprese tra il 2027 e il 2042, e' giocoforza ritenere che i conseguenti controlli, da parte dell'ente creditore, non possano essere svolti se non prima dell'anno: 2043 (per i ruoli 2000, le cui comunicazioni potranno essere presentate o comunque integrate entro il 31 dicembre 2042); 2042 (per i ruoli 2001, le cui comunicazioni potranno essere presentate o comunque integrate entro il 31 dicembre 2041); 2041 (per i ruoli 2002, le cui comunicazioni potranno essere presentate o comunque integrate entro il 31 dicembre 2040); e cosi' proseguendo. Ad avviso di questa Sezione appare, quindi, corretta l'esegesi propugnata dalla societa' ricorrente, condivisa anche dal Pubblico ministero, alla luce della piu' recente giurisprudenza delle sezioni d'appello di questa Corte dei conti (Sezione prima, sent. 79 del 17 marzo 2017; Sezione terza, sent. 662 del 20 dicembre 2016). La lettura costituzionalmente orientata prospettata dal Comune di Teramo si scontra, invece, con la chiara lettera del comma 687, secondo cui, a chiusura del sistema, «il controllo (...) puo' essere avviato solo decorsi i termini previsti dal citato comma 684». Non v'e' spazio, insomma, per una interpretazione delle disposizioni che consenta di superare il vincolo temporale ivi stabilito. IV.3. Il successivo comma 688, al secondo periodo, prevede sotto altro profilo che «le quote inesigibili, di valore inferiore o pari a 300 euro (...) non sono assoggettate al controllo di cui al citato art. 19». Fanno eccezione le quote «afferenti alle risorse proprie tradizionali di cui all'art. 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014». Anche quest'ultima disposizione e' chiara nel senso di sottrarre a qualsiasi forma di controllo, da parte dell'ente creditore, in sede amministrativa, le quote di valore unitario fino a 300 euro delle quali e' (recte, sara', nel corso degli anni a venire) richiesto il discarico per inesigibilita'; cio' indipendentemente dal valore complessivo delle stesse. La ratio legislativa si evince agevolmente anche dal comma 683 (nella parte in cui esso ha modificato l'art. 20, comma 2, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112) con cui si e' previsto che «il controllo (...) e' effettuato dall'ente creditore, tenuto conto del principio di economicita' dell'azione amministrativa e della capacita' operativa della struttura di controllo e, di norma, in misura non superiore al 5 per cento delle quote comprese nelle comunicazioni di inesigibilita' presentate in ciascun anno». Si fissa, cosi', la misura «massima» dei controlli da effettuare, anziche' la misura «minima» dei controlli stessi, lasciando trasparire una visione nella quale sarebbe l'eccesso di controlli a togliere efficienza ed economicita' alla macchina della riscossione. V. Cosi' delineato, per quanto qui interessa, il quadro normativo di riferimento, merita anzi tutto richiamare alcune delle considerazioni gia' a suo tempo svolte da questa Corte dei conti, in funzione di controllo, con deliberazione n. 11/20161G del 20 ottobre 2016 della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato (in tema di sistema della riscossione dei tributi erariali al 2015). In particolare: «l'esistenza di una consistente mole di arretrati ha indotto a disporre ripetutamente il differimento dei termini di presentazione delle comunicazioni, rimodulando, in parallelo, quelli per il controllo da parte degli enti creditori; «la soluzione e' stata cosi' rinviata di anno in anno, con il risultato di aggravare il problema»; «si e', pertanto, determinata una lievitazione negli anni delle quote inesigibili, con una conseguente imponente stratificazione delle partite creditorie da trattare (per gli agenti della riscossione) e da controllare (per gli enti impositori). In particolare, gli enti impositori dovrebbero sottoporre a controllo le procedure eseguite dall'agente della riscossione tutte le volte che viene presentata la comunicazione di inesigibilita' e, nel frattempo, procedere ogni anno alla determinazione dei residui attivi (somme accertate e non ancora riscosse), ai fini della corretta redazione dei rispettivi bilanci. E' accaduto, invece, che il legislatore sia intervenuto piu' volte con provvedimenti di definizione delle domande di rimborso e di discarico (ora comunicazioni di inesigibilita') delle somme iscritte a ruolo, prescindendo da forme di controllo analitico delle attivita' poste in essere»; «per gli arretrati, con una soluzione che da' adito a indubbie perplessita', e' stato introdotto un particolare calendario, prevedendo che le comunicazioni di inesigibilita' per i ruoli consegnati nel 2013 debbano essere presentate nel 2018, quelle relative ai ruoli del 2012 nel 2019 e cosi' via, risalendo fino ai ruoli del 2000 per i quali le comunicazioni avverranno nel 2031» (termine poi ulteriormente prorogato prima al 2033, poi al 2037, infine al 2042 come dinanzi ricordato); «l'obiettivo e' quello di permettere agli agenti della riscossione di concentrarsi sulla lavorazione delle partite piu' recenti, trascurando quelle piu' risalenti per le quali le possibilita' di incassare il credito sono diventate oggettivamente modeste (...)»; «e' evidente, peraltro, che, considerata la massa e la vetusta' delle quote inesigibili accumulatesi nel tempo, non solo la possibilita' di riscossione delle partite piu' risalenti e' assolutamente modesta, ma e' anche improbabile un controllo effettivo delle procedure poste in essere dall'agente della riscossione da parte degli uffici degli enti impositori»; andrebbe, piuttosto, valutata l'opportunita' di concordare «la possibilita' di presentare le comunicazioni di inesigibilita' delle quote di importo rilevante - per le quali l'inesigibilita' sia gia' stata definitivamente accertata - secondo una progressione diversa da quella attualmente prevista» e, segnatamente, raggruppandole possibilmente «per codice fiscale, a prescindere dalla annualita' di riferimento» ad «evitare che, per lo stesso codice fiscale, il controllo debba essere ripetuto tante volte quante sono le singole partite di debito ad esso riferite nei diversi anni»; «debole e', comunque, l'efficacia deterrente dell'azione di recupero: restano alti i livelli dell'evasione, comunque influenzati anche dalla scarsa intensita' ed efficacia dei controlli»; «e' singolare che, per il controllo, venga disposto un limite massimo, 'non superiore', anziche' un piu' congruo limite minimo 'almeno del 5 per cento'. Un generale rafforzamento del processo di verifica della correttezza, efficacia ed efficienza dell'attivita' di riscossione appare, infatti, esigenza ineludibile». Significative, in argomento, sono anche le constatazioni svolte nella recente deliberazione 31 marzo 2021, n. 7/2021/G della medesima Corte dei conti (Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato), concernente la «gestione dei residui di riscossione nel bilancio dello Stato». Si e' osservato che la percentuale di verosimile realizzo dei crediti da riscuotere e' pari, per lo Stato, al 3,43% (cui corrisponderebbe una svalutazione del 96,57%). L'elevato valore complessivo del «magazzino» (come illustrato in recenti audizioni parlamentari) «e' essenzialmente dovuto alle ripetute proroghe dei termini di presentazione delle comunicazioni di inesigibilita', intervenute sin dai primi anni 2000». «Tali proroghe hanno infatti determinato l'accumulo di crediti nelle contabilita' degli enti creditori e, per l'Agente della riscossione, un incremento del "magazzino" dei carichi da riscuotere. Peraltro, sempre secondo quanto riferito nel corso dell'audizione, anche le misure straordinarie di definizione agevolata e di annullamento delle posizioni inferiori ai 1000 euro affidate dal 2000 al 2010 non hanno significativamente intaccato il volume complessivo dei crediti residui ancora da riscuotere» (pagine 69 e 70). Dopo aver osservato che «indubbiamente la scelta normativa non e' risolutiva delle gravi criticita' di gestione del c.d. "magazzino" crediti ancora da riscuotere», la Sezione ha formulato, tra le altre, le seguenti raccomandazioni: «3. occorre adottare urgentemente misure che consentano di meglio governare i fenomeni gestionali sottesi al trend di crescita macroscopica dei resti da riscuotere»; «4. e' necessario provvedere adeguatamente e tempestivamente alla definizione delle posizioni oramai certamente irrecuperabili, salvaguardando comunque le esigenze dell'erario attraverso la verifica delle situazioni giuridiche sottese alle ragioni creditorie; si raccomanda inoltre di attuare prassi ordinarie e sistematiche di cancellazione dei crediti arretrati ritenuti inesigibili». La stessa Corte costituzionale, in anni recenti, con riguardo alla dilazione trentennale dei piani di rientro dai disavanzi, ha avuto modo di osservare che, ferma restando la discrezionalita' del legislatore nello scegliere i criteri e le modalita' per porre riparo a situazioni di emergenza finanziaria (...), non puo' tuttavia disconoscersi la problematicita' di soluzioni normative continuamente mutevoli (...), le quali prescrivono il riassorbimento dei disavanzi in archi temporali molto vasti, ben oltre il ciclo di bilancio ordinario, con possibili ricadute negative anche in termini di equita' intergenerazionale; probabilmente una piu' tempestiva vigilanza nei confronti delle consolidate prassi patologiche di alcuni enti territoriali avrebbe evitato le situazioni di obiettiva emergenza che il legislatore nazionale e' stato costretto a fronteggiare con mezzi eccezionali (sent. 107/2016). Queste ultime considerazioni paiono ben attagliarsi, mutatis mutandis, anche alla fattispecie qui in esame, laddove il legislatore sembra aver abdicato, per i prossimi anni, alla tempestiva vigilanza sull'andamento delle riscossioni di crediti risalenti nel tempo, optando, ancora una volta, per una duplice via di fuga: da un lato, il rinvio della «resa dei conti»; dall'altro lato, l'ennesimo annullamento tout court dei carichi di importo contenuto. Ne' il legislatore ha tenuto in attenta considerazione il chiaro monito contenuto a chiusura dell'ordinanza n. 51 del 2019: «una riscossione ordinata e tempestivamente controllabile delle entrate e' elemento indefettibile di una corretta elaborazione e gestione del bilancio, inteso come "bene pubblico" funzionale "alla valorizzazione della democrazia rappresentativa" (sentenza n. 184 del 2016; nello stesso senso, sentenze n. 247 e n. 80 del 2017), mentre meccanismi comportanti una "lunghissima dilazione temporale" (sentenza n. 18 del 2019) sono difficilmente compatibili con la sua fisiologica dinamica". "In tale prospettiva" - ha aggiunto la Consulta - "deve essere sottolineata l'esigenza che per i crediti di minore dimensione il legislatore predisponga sistemi di riscossione piu' efficaci, proporzionati e tempestivi di quelli fin qui adottati». Cio' nella consapevolezza che l'aspetto dell'entrata pubblica e, indissolubilmente, quello della sua effettiva riscossione e della connessa rappresentazione contabile, rappresentano la base su cui poggia, in concreto, la vita delle istituzioni. VI. Nel descritto contesto, pare a questa Sezione giurisdizionale «non manifestamente infondata» la questione di legittimita' costituzionale delle disposizioni in parola, tra loro in combinato disposto, nella parte in cui non si limitano soltanto a prorogare fino al 2042 il termine per la presentazione o l'integrazione delle comunicazioni di inesigibilita' dei crediti affidati alla riscossione nel 2000 (compresi, tra di essi, alcuni di quelli all'odierno vaglio giurisdizionale) ma prevedono anche: a) l'impossibilita', per l'ente creditore, di esercitare il controllo sulle quote iscritte a ruolo fino alla scadenza dei termini in parola (rinviando, cosi', l'azione di controllo fino al biennio 2043/2044 per i ruoli del 2000); b) in ogni caso, il divieto di sottoporre a controllo le quote di valore inferiore o pari a 300 euro. Al riguardo, valgano le seguenti considerazioni. VI.1. E' ravvisatile, in primo luogo, la violazione del principio di ragionevolezza, di cui e' espressione l'art. 3 della Costituzione, in quanto la definizione dei rapporti tra ente creditore e agente della riscossione resta legislativamente sospesa per un termine oggettivamente abnorme, che (avuto riguardo ai ruoli che formano oggetto del presente giudizio) supera abbondantemente i 40 anni (per i ruoli 2000), i 20 anni (ruoli 2008) e i 10 anni (ruoli 2014). L'irragionevolezza risiede, inoltre, nell'immotivato sbilanciamento di posizioni tra l'ente creditore e l'agente, essendo rimessa esclusivamente all'agente la scelta del «se» e del «quando» presentare le comunicazioni di inesigibilita', durante il suddetto amplissimo arco temporale, mentre l'ente creditore resta in una posizione di mera soggezione, non potendo nel frattempo svolgere controlli finalizzati al diniego di discarico e alla tutela del proprio diritto. Il profilo di irragionevolezza si manifesta in tutta la sua evidenza laddove si consideri che l'agente della riscossione non ha, ovviamente, alcun interesse a presentare la comunicazione di inesigibilita' per le cartelle di pagamento che, ad esempio, abbia omesso di notificare nel termine decadenziale prescritto dall'art. 19, comma 2, lettera a) del decreto legislativo n. 112 del 1999 (termine oggi fissato in nove mesi dalla consegna del ruolo); l'ente creditore, dunque, e' di fatto costretto ad aspettare anni (e, segnatamente, lo scadere del termine ultimo per la presentazione delle dichiarazioni di inesigibilita') prima di poter formalmente avviare l'iter di controllo su quest'ultima circostanza (cioe' sulla omessa tempestiva notifica) e di poter adottare il conseguente diniego di discarico. Cio' significa che una omessa notifica risalente ai ruoli del 2000 non potra' essere contestata e regolata prima del 2043. L'assetto normativo che ne risulta pare, quindi, caratterizzato da una intrinseca incoerenza, contraddittorieta' ed illogicita', esorbitando dall'esigenza di disciplinare discrezionalmente lo svolgimento del procedimento amministrativo (prima) e del conseguente processo (poi), attraverso scansioni temporali finalizzate a salvaguardarne le esigenze di certezza (cfr. Corte costituzionale, ord. 174/2013); si configura, anzi, una indeterminatezza oggettiva dei tempi dell'iter procedimentale, posto che i differimenti di volta in volta operati hanno indicato termini finali successivamente prorogati, da ultimo, per ben due volte, addirittura nel corso del presente giudizio (cfr. Corte costituzionale sent. 102/2013). Merita ricordare che, in altra fattispecie, afferente l'effettuazione dei conguagli di legge tra amministrazione e soggetto gestore di servizi pubblici, pure nell'ottica generale del perseguimento dell'efficienza dei servizi pubblici stessi, e' stato ritenuto irragionevole e costituzionalmente illegittimo il rinvio della comunicazione e della conseguente elaborazione dei dati utili allo scopo in maniera affastellata e distanziata anche di una decina d'anni dal periodo cui i dati stessi si riferivano, laddove i dati stessi avrebbero dovuto evidentemente essere acquisiti ed utilizzati nell'immediatezza (cfr. Corte costituzionale, sent. 156/2007); cio' appare tanto piu' vero, e a maggior ragione, per la riscossione di crediti pubblici e a fronte di una dilazione temporale che eccede non il decennio, bensi' il quarantennio. Quanto alle quote di valore unitario inferiore o pari a 300 euro, appare contrario a logica sottrarle a controllo in quanto tali, indipendentemente dal valore cumulativo di esse, avuto riguardo non solo alla posizione del singolo debitore, ma anche al coacervo di crediti dell'ente creditore (sicche', laddove un ente creditore debba riscuotere un portafoglio formato da un fascio di crediti, tutti singolarmente di importo minimo, ma assai elevati nel numero e quindi nell'importo complessivo, non potrebbe effettuare alcun sindacato sull'operato del proprio agente). VI.2. Sotto un secondo profilo, la disciplina in parola sembra contrastare con gli articoli 24 e 103 della Costituzione, impedendo di fatto ad una sola ovvero ad entrambe le parti del rapporto, per un tempo palesemente incongruo (ed incompatibile anche con l'esercizio effettivo delle eventuali conseguenti azioni di responsabilita'), di accedere alla tutela giurisdizionale dinanzi al giudice contabile per vedere definita la propria posizione patrimoniale; cio' tanto nel giudizio di conto, quanto nel giudizio ad istanza di parte per il discarico di quote inesigibili. La violazione delle stesse norme di rango costituzionale e' ravvisabile, a maggior ragione, nella impossibilita' non solo temporanea, ma addirittura definitiva, con riguardo alle quote di valore unitario fino a 300 euro, di avviare le procedure di controllo propedeutiche all'eventuale provvedimento di discarico, giustiziabile dinanzi alla Corte dei conti, comportando l'impossibilita' per l'ente creditore di ottenere tutela in tal senso anche in un ipotetico giudizio di conto (non essendo pensabile che possa o debba provvedere la magistratura contabile, in sede giurisdizionale, a svolgere sulla riscossione dei crediti quei controlli che l'amministrazione creditrice stessa non potrebbe compiere in sede amministrativa). In argomento, e' noto che l'esigenza di agevolare operativamente l'attivita' di una parte, fissando termini di favore, non puo' spingersi fino a ledere l'effettivita' del diritto di difesa della controparte (arg. Corte costituzionale sent. 360 del 2003; Id., sent. 346/1988); si e' anche affermato che il differimento dell'accesso alla giurisdizione non vulnera irragionevolmente il diritto di difesa a condizione che la tutela non sia rinviata sine die, ma per un termine «breve» (Corte costituzionale, sent. 162/2016), e che sia comunque giustificata da esigenze di ordine generale o da superiori finalita' di giustizia (Corte costituzionale, sent. 62/1988; sent. 81/1988; sent. 132/1988), fermo restando che, pur nel concorso di tali circostanze, il legislatore deve contenere l'onere nella misura meno gravosa possibile, in quanto l'ampiezza della copertura offerta dai richiamati parametri costituzionali e' tale da colpire non solo l'esclusione della tutela giurisdizionale, soggettiva e oggettiva, ma anche qualsiasi limitazione che ne renda impossibile o anche difficile l'esercizio (Corte costituzionale, sent. 233/1996; sent. 56/1995). Sotto quest'ultimo profilo, puo' rilevarsi che anche nella materia processuale il riscontro di ragionevolezza va senz'altro operato attraverso la verifica «che il bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato con modalita' tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva e pertanto incompatibile con il dettato costituzionale. Tale giudizio deve svolgersi attraverso ponderazioni relative alla proporzionalita' dei mezzi prescelti dal legislatore nella sua insindacabile discrezionalita' rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalita' che intende perseguire, tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti» (v. Corte costituzionale, sent. 1130 del 1988; n. 71 del 2015; n. 241 del 20 novembre 2017). VI.3. Inoltre, il rinvio della tutela giurisdizionale ad un momento eccessivamente distante nel tempo e' suscettibile di configurare una lesione del principio del giusto processo, perche' un processo obbligatoriamente posticipato da venti a quaranta anni (ed oltre), rispetto ai fatti storici cui si riferisce la controversia, non puo' essere considerato ne' «giusto» ne' «ragionevole», meno che mai garantire l'effettivita' della tutela (v. art. 111 della Costituzione nonche' art. 6 CEDU come ripreso dall'art. 47 Carta UE). Si eluderebbero infatti, vanificandoli del tutto, gli stringenti parametri di ragionevolezza delineati dalla stessa giurisprudenza europea (cfr. Corte costituzionale, sent. 36/2016), dovendosi accedere a una nozione ampia e sostanziale di durata ragionevole del processo (v., ad esempio, Corte costituzionale, sent. 184/2015), coerente con la finalita' della normativa de qua. Per di piu', nel caso di specie e' rilevabile l'asimmetria nella posizione delle parti, essendo l'ente pubblico creditore in una situazione di prolungata e mera soggezione rispetto alle iniziative dell'agente della riscossione (non potendosi avviare i controlli e i conguagli prima delle comunicazioni di inesigibilita' ovvero delle relative integrazioni). D'altronde, allorche' nel 2042 scadranno i termini per le comunicazioni relative ai ruoli del 2000, e dunque nel biennio 2043/2044 potranno iniziare a definirsi i conseguenti rapporti di debito/credito tra il Comune di Teramo e la societa' Soget, una eventuale (tardiva) pronuncia giurisdizionale potrebbe risultare inutiliter data, non solo perche' la soddisfazione del credito avverrebbe a distanza di oltre quaranta anni dall'insorgere dei presupposti del credito stesso, ma anche perche' e' lecito dubitare che l'agente della riscossione e le garanzie rilasciate saranno, a quella data, ancora utilmente escutibili. VI.4. Non manifestamente infondata appare anche la violazione dell'art. 81 della Costituzione, sotto il profilo della certa e sollecita definizione delle entrate e della cognizione del loro effettivo stato, ai fini del perseguimento degli equilibri di finanza pubblica, non sembrando compatibile con la suddetta finalita' costituzionale il rinvio del definitivo accertamento sulla effettiva riscuotibilita' di un credito ad un momento futuro eccessivamente lontano, collocato al di la' di qualsivoglia orizzonte temporale accettabile sul piano della disciplina contabile e finanziaria. Ne' puo' ignorarsi che nell'ordinamento finanziario delle amministrazioni pubbliche i principi del pareggio e dell'equilibrio tendenziale fissati nell'art. 81, quarto comma, della Costituzione si realizzano, tra l'altro, nella parificazione delle previsioni di entrata e spesa (...) a condizione che le pertinenti risorse correlate siano effettive e congruenti (Corte costituzionale, sent. 70 del 2012); ma dette effettivita' e congruenza non potranno essere acclarate se non a distanza di decenni, ben oltre qualsiasi accettabile orizzonte temporale. VI.5. Con riferimento all'art. 97 della Costituzione, le disposizioni in parola rappresentano un ostacolo a che l'amministrazione pubblica possa bene organizzarsi per assicurare una sana gestione finanziaria e per dar corso ai dovuti controlli, conservando il pieno dominio sull'effettiva correttezza della gestione, da parte dell'agente, della riscossione delle proprie entrate; al contrario, la normativa e' giunta a prevedere, per i crediti oggetto di giudizio, la sospensione del controllo sullo stato della riscossione per un periodo compreso all'incirca tra i venti e i quaranta anni, vietando per di piu' l'esame delle posizioni di importo fino a 300 euro ed introducendo perfino un limite massimo (anziche' minimo) sul totale delle posizioni suscettibili di verifica. Il divieto (e non la mera facolta') di effettuare controlli, lungi dal contribuire al perseguimento dell'economicita' e dell'efficienza dell'azione amministrativa, sembra a questa Corte insanabilmente in contrasto con il principio di buon andamento e di corretta organizzazione amministrativo-contabile, sol che si pensi all'importanza del sistema dei controlli per il corretto agire amministrativo. Non solo. Essendo doveroso per l'ente creditore stimare, nell'oggi, il valore aggiornato di realizzo del «magazzino» (o portafoglio) dei propri crediti, per le note ragioni efficacemente richiamate anche dal Comune di Teramo e dal Pubblico ministero, si viene a creare una irragionevole duplicazione di analisi e di controlli sugli stessi crediti: una prima volta, a fini meramente valutativi dell'attendibilita' delle poste creditorie; una seconda volta, a distanza di decenni, ai fini dell'accertamento giuridico della definitiva inesigibilita' delle poste stesse, con regolazione del rapporto con l'agente incaricato. VI.6. Sullo sfondo, un ulteriore profilo di lesione e' prospettabile anche con riguardo all'art. 53 della Costituzione, sotto il profilo della mancanza di effettivita' del principio di capacita' contributiva, che dalla previsione legislativa di una sospensione sine die dei controlli (e dall'abdicazione completa per quelli su partite fino a 300 euro) risulta fortemente indebolito, laddove non si possa in concreto assicurare, mediante le opportune verifiche da parte dell'amministrazione creditrice, viepiu' nelle comunita' locali, che l'attivita' di riscossione sia condotta in condizioni di effeuiva parita' nei confronti di tutti i contribuenti e che non siano tollerate situazioni di sottrazione all'obbligo tributario; in definitiva, si impedisce all'amministrazione di controllare il regolare funzionamento di uno dei servizi che condizionano l'esistenza stessa della vita della comunita'. Al riguardo, ravvisata la non manifesta infondatezza della questione, e' doveroso rimetterne il vaglio alla Corte costituzionale, in uno con tutte le altre, nella considerazione che l'art. 53 della Costituzione e' posto a tutela dell'interesse generale alla riscossione dei tributi, considerato quale interesse particolarmente differenziato che, attenendo al regolare funzionamento dei servizi necessari alla vita della comunita', ne condiziona l'esistenza (v. Corte costituzionale, sent. 32 del 1976; Id., sent. 45 del 1963). VI.7. Ancora, non puo' ignorarsi la lesione dell'art. 119, commi 1, 2 e 4, lamentata dal Comune di Teramo e condivisa dal Pubblico ministero (e, a parere di questa Corte, anch'essa non manifestamente infondata), laddove la legislazione in analisi impedisce attualmente all'ente locale di avere conoscenza delle risorse finanziarie effettivamente disponibili e ritarda oltremodo il loro conseguimento, seppur parziale, in caso di inadempienza dell'agente, escludendo in via di fatto, con norma statale, il coinvolgimento dell'ente locale medesimo nell'iter di soddisfacimento del proprio credito. Si incide anche, per tal via, su un aspetto essenziale dell'autonomia finanziaria degli enti locali, vale a dire la possibilita' di elaborate correttamente il bilancio di previsione, attivita' che richiede la previa e tempestiva conoscenza delle entrate effettivamente a disposizione (cfr. Corte costituzionale, sent. 129 del 2016). VI.8. In ultimo, non possono che richiamarsi le lucide considerazioni svolte dalla stessa Corte costituzionale (sent. 51/2019, cit., par. 4.3.4), secondo la quale «una disciplina di straordinaria eccezionalita' come quella introdotta con l'art. 1, commi da 682 a 689, della legge n. 190 del 2014 puo' trovare applicazione, nell'ambito della stessa complessiva ratio legis desumibile dalla riforma sopra ricordata, solo relativamente a quelle fattispecie ricomprese nelle proroghe «specifiche» disposte dal comma 12 dell'art. 3 del decreto-legge n. 203 del 2005, per le quali i termini risultavano ancora pendenti alla data di entrata in vigore della riforma e, quindi, non puo' applicarsi alle societa' private «scorporate». Ad avviso della consulta, «appare evidente, infatti, che la riforma e' stata introdotta nell'intento di rispondere a particolari ed eccezionali esigenze derivanti esclusivamente dall'istituzione di agenti "pubblici" della riscossione, con conseguente irragionevolezza di una interpretazione che, a dispetto del tenore letterale, la estendesse alle suddette societa' private "scorporate"». Ad ancora: «la nuova disciplina trova specifica ragione nell'ingresso, disposto a suo tempo ex lege, dei soggetti 'Pubblici" nell'attivita' di riscossione degli enti territoriali, chiamati anche a supplire, piu' o meno obtorto collo, alle disfunzioni nell'attivita' di riscossione risalenti alle precedenti gestioni private. Risulterebbe, pertanto, senz'altro irragionevole l'estensione di tale disciplina a quelle imprese private che (come detto, non facendo parte del sistema "pubblico" della riscossione) a suo tempo liberamente avevano assunto l'attivita' di riscossione, concentrata poi nelle societa' scorporate». Ne discende che, se era da considerare «irragionevole» una simile opzione interpretativa, per le medesime ragioni di ordine sistematico teste' riportate puo' seriamente dubitarsi della ragionevolezza della scelta legislativa di aver esteso (ab origine, o comunque con interpretazione autentica) il meccanismo dello «scalare inverso» anche alle societa' private «scorporate», «prorogando in un futuro abnormemente lontano i termini per il controllo da parte degli enti creditori» (sent. 51, cit.). VII. Con riguardo allo «stralcio» di cui al citato art. 4 del decreto-legge n. 119 del 2018, valgano le seguenti ulteriori considerazioni. VII.1. In punto di rilevanza, deve osservarsi, anzi tutto, che l'annullamento dei crediti in parola sicuramente travolgerebbe, come incontestato, almeno una parte dei carichi in giudizio, vale a dire quelli di importo fino a 1.000 euro affidati tra il 2000 e il 2010; anche a voler accedere all'interpretazione restrittiva della norma di interpretazione autentica sulla nozione di «agenti della riscossione», limitandola ai soli crediti «ante scorporo», comunque l'annullamento travolgerebbe i carichi affidati antecedentemente allo «scorporo» del 2006, qui in contestazione. Inoltre, stanti il tenore letterale della disposizione di «stralcio» e «annullamento», nonche' la sua ratio, e' da ritenere la sua applicabilita' anche ai rapporti pendenti e in particolare a quelli sub iudice, tra cui rientrano quelli portati all'attenzione di questa Corte dei conti. In tal senso depone anche il rinvio espresso all'art. 1, comma 529, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che vale ad esclude in radice non solo l'applicazione degli articoli 19 e 20 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 (concernenti, per l'appunto, le procedure di discarico per inesigibilita', i correlati controlli e la responsabilita' dell'agente), ma addirittura la responsabilita' amministrativa e contabile dei soggetti interessati, fatta eccezione per le sole fattispecie dolose. Per tal via, sui carichi in questione la legge intende porre, all'evidenza, una pietra tombale, abbuonando non solo debito dei soggetti obbligati, ma anche l'eventuale responsabilita' connessa alla mancata riscossione colposa, prescindendo completamente dalla situazione specifica del singolo credito o del singolo ente creditore (salva l'esclusione di alcune tipologie ritenute «indisponibili»: cfr. art. 3, comma 16, lettere a, b e c del medesimo decreto-legge). VII.2. Si ripropongono, quindi, con riguardo a questa operazione legislativa d'urgenza, le stesse questioni di legittimita' costituzionale gia' dinanzi illustrate con riferimento alle quote di importo fino a trecento euro (v. paragrafi VI.1. e seguenti), con l'aggravante per cui, nel caso dello «stralcio», l'elisione non si limita ai controlli dell'ente creditore, ma si riferisce al carico stesso. Secondo quanto riferito dal Comune di Teramo, e non contestato, in forza del citato art. 4 la Soget ha effettivamente annullato crediti del Comune di Teramo per complessivi euro 2.053.290,72. VII.3. In aggiunta, appaiono condivisibili, e non manifestamente infondati, anche gli ulteriori profili di legittimita' costituzionale prospettati dal Comune e dalla Procura regionale con riguardo alla disposizione in esame. In riferimento agli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione, assume rilievo la lesione dell'autonomia - anche finanziaria - dell'ente locale interessato, il quale si vede annullare con legge statale, in via di straordinaria urgenza e necessita', crediti «residui» per un ingente valore complessivo, senza neppure distinguere tra quelli affidati in riscossione prima e dopo lo «scorporo», prevedendosi perfino la restituzione di quanto eventualmente gia' pagato dai debitori dopo la data di entrata in vigore del decreto-legge. L'operazione, pur comportando inevitabili «effetti negativi» per l'ente locale, con effetto sul bilancio 2019, prescinde totalmente non solo dalle valutazioni ed ipotetiche determinazioni dell'ente medesimo (al quale resta pretermessa qualsiasi forma di compartecipazione alla gestione delle sorti dei propri crediti), ma anche dalle caratteristiche concrete del magazzino di crediti oggetto di «stralcio» (essendovi intuitive, rilevanti differenze tra i crediti statali e quelli degli enti locali), nonche' dallo stato del relativo contenzioso, senza peraltro prevedere alcun meccanismo compensativo. VII.4. Del tutto eccentrico appare, inoltre, il conciato meccanismo di esenzione da responsabilita' amministrativa e contabile, mediante espressa «improcedibilita'» dei relativi giudizi, che priva l'ente creditore della possibilita' di far valere eventuali responsabilita' dell'agente riferibili alla perdita del proprio credito o alla omessa coltivazione delle necessarie azioni a tutela del credito stesso, ricadenti in epoca anteriore alla disposizione legislativa di «stralcio». Non e' chi non veda, ad esempio, come la mancata originaria notifica di una cartella di pagamento, imputabile all'agente della riscossione, o altre circostanze idonee a comportare la perdita del diritto al discarico (di cui all'art. 19, comma 2, del citato decreto legislativo n. 112 del 1999), ricadrebbero automaticamente ed inesorabilmente sull'ente creditore, a distanza di un tempo compreso tra i dieci e i venti anni, senza alcuna possibilita' di tutela nei confronti dell'agente inadempiente. Per tal via, appare non manifestamente infondata la violazione dei principi costituzionali fondamentali di cui: all'art. 3, sotto il profilo dell'irragionevolezza e dell'arbitrarieta' dell'annullamento indiscriminato di crediti, sulla sola base del relativo importo e dell'anno di affidamento in riscossione; all'art. 24, privandosi il Comune del diritto ad attivare o proseguire la difesa giudiziale delle proprie ragioni e del proprio patrimonio, tanto nei confronti del debitore, quanto nei confronti dell'agente, pur a fronte di pregressi comportamenti gravemente colposi di quest'ultimo; all'art. 53, risolvendosi l'annullamento indiscriminato del debito in una impropria esenzione d'imposta, con effetto retroattivo, per i carichi fino a 1.000 euro. Sotto altro profilo, la stessa societa' «scorporata» e' arbitrariamente privata della possibilita' di beneficiare dell'aggio di riscossione, a fronte di crediti di importo modesto (e, come tale, di piu' agevole realizzo in linea di principio) ed a prescindere dallo stato della procedura riguardante l'importo «residuo» oggetto di «annullamento» automatico. La sentenza n. 51 del 2019, del resto, nel ricostruire minuziosamente e sistematicamente il quadro normativo stratificatosi nel corso del tempo, aveva tenuto ben distinta - come dinanzi gia' osservato - la posizione delle societa' pubbliche (subentrate agli ex concessionari) rispetto alla posizione delle societa' private «scorporate» operanti per gli enti territoriali; di tal che, puo' ora seriamente dubitarsi, dopo la norma di interpretazione autentica, della ragionevolezza della scelta legislativa nella parte in cui ha automaticamente esteso la «rottamazione» anche ai rapporti tra enti territoriali e societa' private scorporate, includendovi in linea di principio anche i carichi affidati successivamente allo scorporo, incidendo cosi' nei rapporti convenzionali tra soggetti privati e soggetti pubblici dotati di garanzie costituzionali di autonomia. VIII. Per l'insieme delle ragioni fin qui esposte, avuto riguardo alle sole disposizioni che, effettivamente, assumono concreta ed attuale rilevanza nell'ambito del presente giudizio, ritiene questa Sezione giurisdizionale della Corte dei conti che siano non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale, con riferimento agli articoli 3, 24, 53, 97, 81, 103, 111 e 119 della Costituzione: dell'art. 1, comma 687, secondo periodo, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (come autenticamente interpretato dall'art. 1, comma 815, della legge 27 dicembre 2019, n. 160) nella parte in cui prevede (in combinato disposto con il comma 684) che «il controllo di cui all'art. 20 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, come da ultimo sostituito dal comma 683 del presente articolo, puo' essere avviato solo decorsi i termini previsti dal citato comma 684», con effetto anche per le societa' private «scorporate»; dell'art. 1, comma 688, secondo periodo, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, secondo cui «le quote inesigibili, di valore inferiore o pari a 300 euro (...) non sono assoggettate al controllo di cui al citato art. 19». Questa Sezione ritiene, inoltre, che siano rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale, con riferimento agli articoli 3, 24, 53, 97, 81, 103, 111, 114, 117, 118 e 119 della Costituzione: dell'art. 4 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 (convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136), nella parte in cui prevede, anche agli effetti dei rapporti pendenti tra enti territoriali e societa' private «scorporate» (ex art. 1, comma 815, della legge 27 dicembre 2019, n. 160), l'automatico annullamento dei debiti di importo residuo fino a mille euro, stabilendo altresi', mediante rinvio all'art. 1, comma 529, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, l'inapplicabilita' degli articoli 19 e 20 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 e, fatti salvi i casi di dolo, l'improcedibilita' del «giudizio di responsabilita' amministrativo e contabile». IX. Il presente giudizio deve essere quindi doverosamente sospeso con trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per le conseguenti valutazioni, ai sensi della legge 11 marzo 1953, n. 87. X. La statuizione sulle spese va riservata all'esito del giudizio.
P. Q. M. La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, con pronuncia non definitiva, Ravvisata la rilevanza e la non manifesta infondatezza, con riferimento agli articoli 3, 24, 53, 97, 81, 103, 111, 114, 117, 118 e 119 della Costituzione, delle questioni di legittimita' costituzionale: dell'art. 1, commi 687, secondo periodo, e 688, secondo periodo, in combinato disposto con il comma 684, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 nonche' dell'art. 4 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 (convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136), in combinato disposto con l'art. 1, comma 529, della legge 24 dicembre 2012, n. 228; come interpretati autenticamente dall'art. 1, comma 815, della legge 27 dicembre 2019, n. 160; Ordina l'immediata trasmissione degli atti, a cura della Segreteria, alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio fino alle conseguenti decisioni della Corte costituzionale, con onere di riassunzione a carico delle parti nei termini di legge; Dispone che, a cura della Segreteria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri, alle parti in causa ed al Pubblico ministero, e sia comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica ai sensi dell'art. 23, ultimo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87. Riserva all'esito del giudizio la statuizione sulle spese. Il Collegio, ravvisati gli estremi per l'applicazione dell'art. 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante il «Codice in materia di protezione dei dati personali», a tutela della riservatezza del terzo indicato nella presente ordinanza, dispone che a cura della Segreteria venga apposta l'annotazione di cui al comma 3 di detto art. 52 nei riguardi del contribuente indicato nella presente ordinanza. Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza. Cosi' deciso in L'aquila nelle camere di consiglio del 15 dicembre 2020 e del 25 maggio 2021. Il Presidente: Nispi Landi Il giudice estensore: de Marco