N. 128 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 maggio 2021

Ordinanza del  31  maggio  2021  della  Corte  dei  conti  -  Sezione
giurisdizionale per la Regione Abruzzo sul ricorso proposto da  SOGET
S.p.a. contro Comune di Teramo. 
 
Imposte e tasse - Riscossione delle imposte - Procedura di  discarico
  per inesigibilita' delle quote iscritte a ruolo -  Termine  per  la
  presentazione   o    l'integrazione    delle    comunicazioni    di
  inesigibilita' relative  alle  quote  affidate  agli  agenti  della
  riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre  2017  -  Decorrenza
  del termine per l'avvio del  procedimento  di  controllo  dell'ente
  creditore - Esclusione dal controllo  delle  quote  inesigibili  di
  valore inferiore o pari a 300 euro. 
- Legge 23 dicembre 2014, n. 190 ("Disposizioni per la formazione del
  bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge  di  stabilita'
  2015)"), art.  1,  commi  687,  secondo  periodo,  e  688,  secondo
  periodo, in combinato disposto con  il  comma  684  della  medesima
  legge, come interpretati dall'art. 1, comma  815,  della  legge  27
  dicembre 2019, n. 160  (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per
  l'anno finanziario 2020 e  bilancio  pluriennale  per  il  triennio
  2020-2022). 
Imposte e tasse - Riscossione delle imposte - Stralcio dei debiti  di
  importo residuo fino  a  mille  euro  affidati  agli  agenti  della
  riscossione dal 2000 al 2010 - Applicazione delle  disposizioni  di
  cui all'art. 1,  comma  529,  della  legge  n.  228  del  2012  che
  prevedono l'esclusione dell'applicazione degli artt. 19  e  20  del
  d.lgs. n. 112 del 1999 e, fatti salvi i casi di dolo,  che  non  si
  procede a giudizio di responsabilita' amministrativo e contabile. 
- Decreto-legge 23 ottobre 2018,  n.  119  (Disposizioni  urgenti  in
  materia fiscale  e  finanziaria),  convertito,  con  modificazioni,
  nella legge 17 dicembre 2018, n. 136,  art.  4  (come  interpretato
  dall'art. 1, comma 815,  della  legge  27  dicembre  2019,  n.  160
  "Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario  2020  e
  bilancio pluriennale per  il  triennio  2020-2022"),  in  combinato
  disposto con l'art. 1, comma 529, della legge 24 dicembre 2012,  n.
  228  ("Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
  pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2013)"). 
(GU n.37 del 15-9-2021 )
 
                         LA CORTE DEI CONTI 
           Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo 
 
    Composta dai signori magistrati: 
        Mario Nispi Landi - presidente; 
        Gerardo de Marco - giudice relatore; 
        Paola Lo Giudice - giudice; 
    ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio iscritto al  n.
19594 del registro di  segreteria,  sul  ricorso  proposto  da  SOGET
S.p.a. (c.f. 01807790686), difesa dagli  avv.ti  Sergio  Della  Rocca
(DLL SRG 61B12 G878X) e Danilo Monaco (MNC DNL 71L04 C632W) del  Foro
di  Pescara  contro  Comune  di  Teramo  (c.f.  00174750679),  difeso
dall'avv. Cosima Cafforio (CFF CSM 59P44 E205F) del  Foro  di  Teramo
avverso il provvedimento di diniego di discarico prot. n. 8951 del 13
febbraio  2017,  concernente  quote  inesigibili  nei  confronti  del
debitore E ... s.c. a. r.l. (p. IVA ...) uditi  all'udienza  pubblica
del 15 dicembre 2020 gli avv.ti Della Rocca e  Cafforio,  nonche'  il
pubblico ministero in persona del vice procuratore  generale  Roberto
Leoni. 
 
                                Fatto 
 
    Premessa. Con la presente ordinanza tornano ad  essere  sollevate
alcune questioni di legittimita' costituzionale  che  questa  Sezione
aveva gia' sottoposto alla Corte costituzionale con ordinanze  numeri
13, 14 e 15 del 16 marzo 2018  (rubricate  ai  numeri  83,  84  e  n.
120/2018 del r.o.) e che erano  state  dichiarate  inammissibili  con
sentenza n. 51 depositata il 15 marzo 2019. 
    La declaratoria di inammissibilita'  era  stata  pronunciata  nel
presupposto che le societa' cessionarie del ramo di azienda  relativo
alle attivita' svolte in regime di concessione per conto  degli  enti
locali non potessero annoverarsi tra gli «agenti della riscossione». 
    All'indomani   della   sentenza,   tuttavia,    e'    intervenuta
l'interpretazione autentica di cui all'art. 1, comma 815, della legge
27 dicembre 2019, n. 160,  volta  a  superare  l'opzione  ermeneutica
indicata dalla Corte costituzionale medesima, con  l'effetto  di  far
riprendere valenza alle considerazioni a suo tempo svolte  da  questa
Sezione giurisdizionale. 
    Cio' premesso, per il principio di «autosufficienza» degli atti e
per agevolare l'esame della questione, si ritiene  utile  compendiare
di seguito, nuovamente, l'intera vicenda processuale e le conseguenti
questioni  di  legittimita'  costituzionale,   integrandole   con   i
riferimenti agli ulteriori  sviluppi  normativi  e  giurisprudenziali
medio tempore intervenuti. 
    1. Con il ricorso in epigrafe la SOGET,  nella  sua  qualita'  di
societa' c.d. «scorporata» e, quindi, di «agente  della  riscossione»
del Comune  di  Teramo,  contesta  il  provvedimento  di  diniego  di
discarico  prot.  n. 8951  del  13  febbraio  2017,  concernente  una
cospicua serie di quote non riscosse nei  confronti  del  debitore  E
... s.c. a. r.l. (p. IVA ...); si tratta, nella specie, di  circa  20
partite di somme iscritte a ruolo, a vario titolo, nei confronti  del
contribuente in parola, in annualita' che vanno dal 2000 al 2008. 
    Giova subito osservare che il presente giudizio si inquadra in un
ben piu' ampio contenzioso tra l'ente locale  ed  il  proprio  agente
della riscossione. Il Comune di Teramo, in particolare, a cavallo tra
il 2015 e il 2016 ha avviato un'attivita' di  controllo  sullo  stato
delle riscossioni affidate a SOGET nei confronti di 142 contribuenti;
in esito all'esame degli elementi raccolti, il comune ha  emesso  una
serie di provvedimenti di diniego di discarico, distinti per  ciascun
debitore, tra cui quello che forma oggetto del presente  giudizio;  i
provvedimenti  in   parola   sono   stati   singolarmente   impugnati
dall'agente della riscossione dinanzi a questa Corte dei  conti,  con
144 separati ricorsi aventi tutti analogo contenuto in diritto. 
    Le udienze di discussione relative ai suddetti  ricorsi  si  sono
svolte, per raggruppamenti separati, il 9 maggio, il 3 ottobre, il  7
novembre 2017; in esito alle predette udienze il  giudizio  e'  stato
sospeso  in  conseguenza   della   proposizione   di   questione   di
legittimita' costituzionale, come ricordato in premessa. 
    Dopo   la    riassunzione    a    seguito    dell'incidente    di
costituzionalita', il presente giudizio e' stato  poi  discusso,  una
prima volta, all'udienza del 14 gennaio 2020, in esito alla quale  e'
stato  concesso  termine  alle  parti  per  dedurre  in   merito   al
sopravvenuto  mutamento  del  quadro  normativo;  infine,   dopo   un
ulteriore rinvio connesso all'emergenza epidemiologica  da  COVID-19,
si e' svolta l'udienza del 15 dicembre 2020, in esito alla  quale  e'
stata pronunciata la presente ordinanza. 
    2. Piu' in dettaglio, con specifico riguardo alla fattispecie  in
giudizio, e' documentato che: 
        con nota prot. n. 71146 del 16 dicembre  2015  il  Comune  di
Teramo chiedeva alla SOGET di fornire «dettagli con annessi documenti
giustificativi,  atti  a  dimostrare  il   puntuale   e   tempestivo»
adempimento dell'attivita' di riscossione svolta nei confronti di 142
posizioni, in relazione alle  quali  erano  insorti  dubbi  circa  la
attuale sussistenza del credito comunale  (essendosi  anche  eccepita
dai debitori, con istanze di sgravio o ricorsi, la nullita' ovvero la
tardivita' degli atti adottati  dall'agente  della  riscossione);  il
contribuente  E  ... s.c.  a.  r.l.  si  trova  indicato  al  n.   60
dell'elenco accluso alla predetta nota; 
        la SOGET con nota prot. n. 1258/2016 eccepiva  l'irritualita'
della  richiesta  in  parola,  ritenendo   che   il   comune   stesse
impropriamente esercitando  un'attivita'  di  controllo  sulle  quote
inesigibili  in  pendenza  dei  termini  per   la   presentazione   o
l'integrazione delle comunicazioni di inesigibilita' e, per di  piu',
senza svolgere contestazioni analitiche sulle  presunte  omissioni  o
irregolarita' commesse dall'agente; 
        con nota prot. n. 11702 del 1° marzo 2016 il comune insisteva
nella propria richiesta di conoscere lo stato della  riscossione  dei
propri   crediti   iscritti   a   ruolo,   indipendentemente    dalla
comunicazione  di  inesigibilita'  e   dal   relativo   procedimento,
trattandosi  complessivamente  di  «crediti  insoluti,  per   diversi
milioni di euro, molti dei quali risalenti a piu' lustri»; 
        acquisita  ed  esaminata  la  documentazione   giustificativa
dell'attivita' espletata, con nota prot. n. 61171 in data 11  ottobre
2016 il Comune di Teramo contestava all'agente della riscossione,  ex
art. 20, comma 1, del citato decreto legislativo n. 112 del 1999,  la
perdita del diritto al discarico (cio' in quanto  era  manifestamente
decorso il termine prescrizionale e le notizie degli  atti  esecutivi
compiuti, peraltro tra loro contraddittorie, non erano supportate  da
alcuna documentazione); 
        con nota prot. n. 2016/26970  del  21  dicembre  2016,  SOGET
respingeva  la  contestazione,  richiamandosi  ai  commi  684  e  687
dell'art. 1 della citata legge n. 190 del 2014 (come novellati  dalla
legge 1° dicembre 2016,  n.  225),  nella  parte  in  cui  precludono
all'ente creditore l'avvio di controlli e il conseguente  svolgimento
di  contestazioni  in  pendenza  dei  termini  di   presentazione   o
integrazione  delle  comunicazioni   di   inesigibilita'   da   parte
dell'agente della riscossione; 
        il Comune di Teramo, con nota prot. n. 8951 del  13  febbraio
2017, confermava il diniego  di  discarico,  ex  art.  19,  comma  2,
lettera e) del citato decreto legislativo n. 112 del 1999,  motivando
(in replica alle osservazioni formulate dalla SOGET) nel  senso  che,
in mancanza di comunicazioni di inesigibilita' anteriori  all'entrata
in vigore della legge n. 190 del 2014, l'agente della riscossione non
poteva beneficiare del differimento dei termini di integrazione delle
comunicazioni e di conseguente controllo delle  stesse;  per  effetto
del diniego di discarico, il comune  ha  pertanto  invitato  l'agente
della riscossione a versare entro novanta giorni, in  via  agevolata,
l'importo pari a un ottavo delle somme iscritte a ruolo, oltre  spese
ed interessi; oppure, decorso  inutilmente  il  predetto  termine,  a
versare un  terzo  delle  somme  iscritte  a  ruolo,  oltre  spese  e
interessi. 
    3. Di qui il ricorso per cui e' causa. 
    La  SOGET   ha   contestato,   segnatamente,   per   quanto   qui
precipuamente rileva, la  violazione  degli  articoli  19  e  20  del
decreto legislativo 13 aprile 1999, n.  112  (come  modificati  dalla
legge 23 dicembre 2014, n. 190) nonche' la  violazione  dell'art.  1,
commi 684, 687 e 688 della stessa legge n. 190 del 2014. 
    In estrema sintesi,  nell'introdurre  il  giudizio  la  SOGET  ha
sostenuto che il Comune di Teramo non avesse il potere di  effettuare
controlli sulle partite iscritte a ruolo, ne' quello di  pronunciarsi
sul discarico delle  quote  in  discorso,  prima  del  maturarsi  del
termine di legge (compreso, per le annualita' in esame, tra il 2019 e
il 2033; recte, tra il 2023  e  il  2037,  dopo  l'ulteriore  novella
entrata in vigore  il  6  dicembre  2017,  nelle  more  del  presente
giudizio; il termine ultimo e' stato poi ulteriormente  prorogato  al
2042). 
    In ogni caso, le quote di importo inferiore o pari a 300 euro non
sarebbero soggette a controllo. 
    La SOGET ha precisato anche, a confutazione di quanto ex  adverso
affermato, di avere presentato ben prima dell'entrata in vigore della
legge n. 190 del 2014 le comunicazioni di inesigibilita' relative  ai
ruoli consegnati negli anni 2000, 2001, 2003 e 2004. 
    Ancora, ha eccepito l'illegittimita'  della  procedura,  mancando
l'avviso di avvio del procedimento di cui alla legge 7  agosto  1990,
n. 241. 
    Quanto al merito, SOGET ritiene di poter  comprovare,  attraverso
le   proprie   produzioni   documentali,   la    propria    diligenza
nell'attivita'  di  riscossione   deducendo,   in   particolare,   la
ritualita' e tempestivita'  degli  adempimenti  di  legge,  per  ogni
singola cartella esattoriale. 
    La  SOGET  ha  quindi  concluso  per  l'annullamento  degli  atti
impugnati  e  l'accertamento  della  non  debenza,  da  parte   della
societa', degli importi che la stessa sarebbe tenuta a  versare  come
conseguenza del diniego di discarico. 
    4. Il Comune di Teramo si e' costituito in giudizio  con  memoria
del 28 agosto 2017. 
    Deve darsi atto che il  comune,  nella  redazione  delle  proprie
difese, si e' attenuto alle indicazioni fornite da questa  Corte  con
ordinanze n. 26, 27 e 28  del  26  giugno  2017  (relative  ad  altri
giudizi  aventi  contenuto  analogo  a  quello  qui  in  esame).   In
particolare, dopo aver preso atto dell'esistenza di oltre 140 ricorsi
aventi  contenuto  sovrapponibile,   la   Sezione   aveva   ravvisato
l'opportunita' che tutti i giudizi della specie fossero  discussi  e,
possibilmente,  trattenuti  in   decisione   contestualmente,   cosi'
favorendo la piu' completa cognizione di  causa  ed  assicurando  che
tutti  i  profili  in   fatto   e   in   diritto   fossero   trattati
esaustivamente, secondo una visione per  quanto  possibile  unitaria,
anziche' parcellizzata, della fattispecie e dei rapporti tra SOGET  e
Comune di Teramo, evitando altresi'  che  nuovi  argomenti  difensivi
fossero proposti e presi in considerazione solo successivamente  alla
decisione dei primi ricorsi e che, quindi, non fossero  adeguatamente
valorizzati; cio' anche con  specifico  riguardo  alle  questioni  di
costituzionalita' solo accennate, e non adeguatamente sviluppate,  in
sede di discussione dei  primi  giudizi  della  specie.  Il  collegio
giudicante, quindi, per ragioni di ordinata trattazione  dell'insieme
dei giudizi in discorso, visto anche il principio di  sinteticita'  e
chiarezza degli atti di cui all'art. 5  del  codice  della  giustizia
contabile, aveva ritenuto necessario che le  parti  articolassero  le
proprie difese in un unico  documento  di  inquadramento  in  diritto
della vicenda, valido  per  tutti  i  ricorsi,  specificando  poi  in
apposite schede analitiche i principali dati e  le  peculiarita'  nel
merito di ciascuna quota oggetto di contestazione. 
    Cio' posto, il comune ha quindi depositato  un'unica  memoria  di
costituzione (per i ricorsi da n. 19527/Q.I. a n. 19551/Q.I.;  da  n.
19553/Q.I. a n. 19580/Q.I.; da n. 19582/Q.I. a n. 19594/Q.I.;  da  n.
19596/Q.I. a n. 19600/Q.I.); in essa sono affrontate le questioni  di
carattere generale, comuni a tutti i giudizi; ad essa  sono  allegate
singole schede di dettaglio,  concentrate  sulle  specificita'  della
singola quota non ammessa a discarico. 
    In estrema sintesi, per  quanto  qui  rileva,  l'ente  locale  ha
dedotto che: 
        i  provvedimenti   impugnati   rappresentano   l'epilogo   di
un'azione di controllo e verifica dell'attivita' della SOGET, avviata
dal Comune di Teramo da oltre un quinquennio  e  resa  indispensabile
dalla quantita' di residui attivi  e  dalla  loro  «stagnazione»  nel
tempo; 
        l'esistenza di crediti insoluti, per diversi milioni di euro,
molti dei quali risalenti a piu' lustri, determinava  per  il  comune
non solo una consistente limitazione della liquidita' finanziaria, ma
pure incertezza circa la possibilita' di  qualificare  detti  crediti
come residui attivi, negli atti di programmazione  e  rendicontazione
finanziaria; 
        in  disparte  le  rilevanti   esigenze   contabili   connesse
all'iscrizione  dei  crediti  di  incerta  esigibilita'   nel   Fondo
svalutazione crediti e agli effetti di cui ai decreti legislativi  n.
267/2000 e n. 118/2011, neppure  possono  ignorarsi  le  disposizioni
contenute nell'art. 1, comma 654-bis, della legge 27  dicembre  2013,
n. 147 (introdotto dall'art. 7, comma 9, del decreto-legge 19  giugno
2015, n. 78, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  6  agosto
2015, n. 125), secondo cui tra le componenti del costo  del  servizio
di raccolta e smaltimento dei rifiuti «vanno  considerati  anche  gli
eventuali mancati ricavi relativi a crediti risultati inesigibili con
riferimento alla tariffa di igiene ambientale, alla tariffa integrata
ambientale, nonche' al tributo comunale sui  rifiuti  e  sui  servizi
(TARES)»; 
        il differimento del termine ultimo per la presentazione della
domanda di discarico, previsto dal citato comma 684  della  legge  n.
190 del 2014, non  impedisce  all'ente  creditore  di  esercitare  il
controllo sull'attivita' del concessionario e, quindi, di  accertare,
in contraddittorio, l'intervenuta estinzione del  credito  per  causa
diversa  dal  pagamento,  oppure  l'impossibilita'  di  ottenerlo,  e
l'eventuale sussistenza della perdita del diritto al  discarico,  con
l'adozione dei provvedimenti consequenziali di cui  all'art.  20  del
decreto   legislativo   n.   112/1999;   in    tal    senso    depone
l'interpretazione letterale delle disposizioni in  commento,  nonche'
quella logico-sistematica; 
        con riguardo all'annualita' che avevano gia' formato  oggetto
di comunicazione di inesigibilita', le nuove disposizioni  introdotte
o riformulate dalla legge n. 190 del 2014 sono  applicabili  soltanto
nel  caso  in  cui  il  concessionario  provveda  ad   integrare   le
comunicazioni d'inesigibilita' gia' presentate; 
        a voler condividere l'assunto della SOGET circa  l'estensione
della ravvisata preclusione del controllo di cui  all'art.  1,  comma
687, a tutte le quote  affidate  ai  concessionari,  si  giunge  alla
conclusione  che  detto  differimento  varrebbe  solo   laddove   una
comunicazione di  inesigibilita'  fosse  stata  emessa  entro  il  31
dicembre 2014, con impossibilita' di integrare le  comunicazioni  mai
presentate e con perdita del diritto ai discarico ex art.  19,  comma
2, lettera c), del citato decreto legislativo n. 112 del 1999, almeno
per i ruoli affidati fino al 2011; 
        peraltro, la  previsione  della  facolta'  di  «integrazione»
della comunicazione d'inesigibilita', entro i termini previsti  dalla
novella  legislativa,  sottende  necessariamente  l'efficacia  e   la
vigenza del credito, poiche' per un credito estinto o  per  il  quale
non e' piu' possibile ottenere, lecitamente,  il  pagamento,  non  vi
puo' essere alcun fatto o atto nuovo  che  possa  costituire  oggetto
d'integrazione della comunicazione d'inesigibilita' gia' presentata; 
        il  controllo  (di  cui  allo  schema  procedimentale   degli
articoli 19 e 20 del citato decreto legislativo n. 112 del 1999) puo'
quindi essere attivato d'ufficio, a prescindere  dalla  presentazione
di una richiesta al discarico da parte del concessionario  o  di  una
comunicazione  d'inesigibilita',  pur  nella  pendenza  dei   termini
previsti dal citato comma 684, laddove sia ragionevole  ritenere  che
non  e'  piu'  possibile  alcuna  integrazione  della   comunicazione
d'inesigibilita'  a  suo  tempo  presentata,  o  che   sono   decorsi
inutilmente i termini di legge per la sua presentazione; in tal caso,
infatti,  l'agente  della  riscossione  non  ha  alcun  interesse   a
presentare tempestivamente una comunicazione d'inesigibilita', da cui
possano emergere sue responsabilita'; 
        quanto alla non assoggettabilita' al  «controllo  di  cui  al
citato art. 19» delle  quote  pari  o  inferiori  a  300  euro,  deve
privilegiarsi un'interpretazione costituzionalmente  orientata  dalla
disposizione, da intendersi non come divieto per l'ente creditore  di
attivare   la   procedura   di   controllo,   quanto   invece    come
giustificazione,         esenzione         da         responsabilita'
amministrativa-contabile, laddove non la attivi (come confermato  dal
fatto che la disposizione non fa  riferimento  all'art.  20,  che  si
occupa del procedimento del controllo, bensi' all'art. 19,  comma  3,
del decreto legislativo n. 112 del 1999, che si occupa del  discarico
automatico, previsto proprio per le ipotesi  di  mancata  attivazione
del controllo); 
        ulteriore  conferma  di   cio'   si   rinviene   pure   nella
disposizione contenuta nel novellato art. 20, comma 2,  dello  stesso
decreto n. 112 del 1999 che prevede per l'ente creditore la facolta',
e non l'obbligo, di ridurre i controlli  al  5%  delle  comunicazioni
d'inesigibilita' pervenute annualmente, nell'ottica  di  non  gravare
l'ente  stesso  di  adempimenti  complessi  che  la   sua   struttura
organizzativa potrebbe non essere in grado di sostenere o,  comunque,
che potrebbero rilevarsi del tutto inutili a fronte  di  un  contegno
assolutamente  corretto   e   puntuale   del   concessionario   della
riscossione; 
        l'indubbia gravosita' dell'attivita' di  controllo  e'  stata
infatti al centro dell'attenzione del legislatore,  atteso  che  gia'
con l'art. 1, commi 531 e seguenti, della legge 24 dicembre 2012,  n.
228 (legge di stabilita' 2013) e successive modificazioni,  e'  stata
prevista  l'istituzione  di  un  Comitato  di  indirizzo  e  verifica
dell'attivita' di riscossione mediante ruolo, cui e' stato  demandato
di elaborare annualmente  i  criteri  per  il  suo  esercizio  e  nel
contempo di vigilare sulla loro osservanza; 
        va ricordato che la stessa legge di  stabilita'  n.  228  del
2012, all'art. 1, commi 527, 528 e 529, aveva disposto  espressamente
l'azzeramento dei ruoli ante 1999, relativamente  a  crediti  fino  a
euro 2.000, con discarico automatico del concessionario, salvo i casi
di dolo; dunque laddove la legge ha inteso escludere il controllo  su
alcune partite, lo ha  fatto  con  chiare  disposizioni;  inoltre,  i
successivi commi 537 e 538 del medesimo articolo hanno  previsto  una
specifica procedura volta ad acclarare in contraddittorio con  l'ente
creditore la sussistenza del credito alla data  di  esecutivita'  del
ruolo, sicche' sarebbe illogico ritenere che l'ente creditore  perda,
successivamente,   la   possibilita'   di   verificare    l'andamento
dell'attivita' di riscossione e la permanenza della  possibilita'  di
far valere il proprio credito, costringendo il debitore ad introdurre
inutili  contenziosi  per  far  valere   l'irritualita'   dell'azione
esecutiva; 
        le disposizioni invocate alla SOGET,  per  come  interpretate
dalla societa'  stessa,  presentano  profili  di  contrasto  con  gli
articoli 53, 81 e 97 della Costituzione, risolvendosi di fatto in una
esenzione tributaria, per il debitore, a prescindere dalla  capacita'
contributiva, nell'impossibilita' per l'amministrazione creditrice di
avere il pieno controllo delle proprie entrate e  di  assicurare  gli
equilibri di bilancio e  il  proprio  buon  andamento;  violerebbero,
inoltre, l'art. 119 della  Costituzione,  essendo  impedito  all'ente
creditore, per lungo tempo, di avere conoscenza delle  reali  risorse
finanziarie di cui puo' disporre per  l'espletamento  delle  funzioni
pubbliche   e,   nel   contempo,   di   conseguire   dette   risorse;
l'impossibilita' dell'esercizio del controllo sulle quote  di  valore
pari o inferiore a euro 300,00 e, piu' in generale, la limitazione ad
un massimo del 5%  delle  comunicazioni  d'inesigibilita'  presentate
annualmente  dal  concessionario,  risolvendosi  in  sostanza   nella
mancata definitiva riscossione di propri crediti, si traducono in una
grave limitazione dell'autonomia finanziaria  dell'ente,  comportando
la  perdita   di   tributi   ed   entrate   propri,   a   prescindere
dall'accertamento del verificarsi dei casi di estinzione del credito,
diversi dal pagamento, o della definitiva insolvenza del debitore; 
        la violazione delle norme sul procedimento amministrativo non
rileverebbe dinanzi a questa giurisdizione contabile, trattandosi  di
giudizio sulla fondatezza del diritto  (cioe'  sul  rapporto)  e  non
sulla mera legittimita' degli atti, peraltro a contenuto vincolato; 
        la perdita del diritto  di  credito  del  comune,  imputabile
all'agente  della  riscossione   per   decorso   della   prescrizione
quinquennale o per decorso  dei  termini  (di  undici  e  nove  mesi)
previsti dall'art. 19,  comma  2,  lettera  a),  del  citato  decreto
legislativo n. 112 del 1999, sarebbe resa palese dalla  insussistenza
o  dalla  irritualita'  degli  asseriti   atti   interruttivi,   come
rappresentato  nella  scheda  analitica  allegata  alla  comparsa  di
costituzione. 
    In  definitiva,  il  comune  conclude  per  la   condanna   della
controparte al pagamento «dell'importo di euro 18.970,00  pari  a  un
terzo degli importi iscritti  a  ruolo,  maggiorati  di  interessi  e
spese, o di altra somma maggiore o minore ritenuta di giustizia». 
    5. Il pubblico ministero ha rassegnato le proprie conclusioni con
memoria depositata il 29 agosto 2017,  ai  sensi  dell'art.  175  del
codice della giustizia contabile. 
    In  estrema   sintesi,   il   pubblico   ministero   ha   aderito
all'impostazione della societa'  SOGET,  richiamandosi  alla  recente
pronuncia della Sezione terza giurisdizionale centrale  d'appello  n.
662 del  20  dicembre  2016  (confermativa  di  Sez.  Emilia-Romagna,
sentenza n. 108 del 9 giugno 2014). 
    Risolutivo, ad avviso della procura, il fatto «che il  Comune  di
Teramo, ai sensi  della  citata  disciplina,  non  poteva  esercitare
un'attivita'  di  controllo  con  gli  specifici   effetti   previsti
esclusivamente nell'ambito del procedimento iniziato a seguito  della
presentazione della comunicazione di inesigibilita'»; i  procedimenti
in  esame,  invece,  «sono  iniziati  prima  della  comunicazione  di
inesigibilita o se questa e' esistente e' intervenuta  prima  del  1°
gennaio 2015, data di entrata in vigore del  comma  687  dell'art.  1
della legge 23 dicembre 2014, n. 190». Ne discende che, alla luce del
vigente  quadro  normativo,  gli  atti  di  diniego  in  esame   sono
palesemente illegittimi. 
    Il pubblico ministero ha altresi' osservato  che  «la  conoscenza
sulla situazione dei crediti in riscossione doveva essere  assicurata
e  rivendicata  dal  Comune  di  Teramo,  in  quanto   l'informazione
sull'effettiva esigibilita' dei residui  attivi  vetusti  ha  effetti
diretti sulla costruzione  di  una  veridica  contabilita'  dell'ente
locale (v. C.d.c., Sezione  regionale  di  controllo  per  il  Lazio,
delib. n. 30 del 2015), poiche'  le  poste  di  incerta  esigibilita'
devono essere stralciate dal conto del bilancio per l'iscrizione  nel
conto del patrimonio, sino alla richiesta  di  formale  discarico  da
parte dell'agente  contabile  (v.,  tra  le  tante,  C.d.c.,  Sezione
regionale di controllo per la Campania, delib. n. 282 del 2016)». 
    Di qui «l'esigenza dell'ente  locale  di  acquisire  i  necessari
elementi di valutazione sulla  situazione  dei  crediti  affidati  in
riscossione, e l'eventuale violazione  di  tale  diritto  (...)  puo'
comportare  l'irrogazione  di  sanzioni  (capo  IV  della  legge   n.
112/1999), mentre non  puo'  sostenere  la  perdita  del  diritto  al
discarico» dopo l'abrogazione (dal 1° gennaio 2015) della lettera  b)
del citato art. 19 del decreto legislativo n. 112 del 1999. 
    In  definitiva,  la   pretesa   del   comune   di   ottenere   la
documentazione  giustificativa  dell'attivita'  di  riscossione,   in
assenza  della  comunicazione  di  inesigibilita',   non   troverebbe
giustificazione  normativa;  in  presenza   di   comunicazioni   gia'
prodotte, invece, il controllo non  avrebbe  potuto  essere  avviato,
ostandovi la previsione del citato comma 687. 
    La procura regionale si e' peraltro riservata di  attivare  («per
le situazioni di cui ha avuto conoscenza con i ricorsi in discussione
e  in  dipendenza  di  ulteriori  eventuali  denunce   del   comune»)
procedimenti  di  responsabilita'  amministrativa,  indipendentemente
dalla procedura amministrativa di discarico. 
    6. In esito all'udienza  pubblica  del  3  ottobre  2017,  questa
Sezione  sospendeva  il  giudizio  rimettendo  gli  atti  alla  Corte
costituzionale, reputando che fossero rilevanti e non  manifestamente
infondate le seguenti questioni di legittimita'  costituzionale,  con
riferimento agli articoli 3, 24, 53, 97, 81,  103,  111  e 119  della
Costituzione: 
        a) dell'art. 1, comma 687, secondo periodo,  della  legge  23
dicembre 2014, n. 190, nella parte in cui prevede che  «il  controllo
di cui all'art. 20 del decreto legislativo 13 aprile  1999,  n.  112,
come da ultimo sostituito dal comma 683 del presente  articolo,  puo'
essere avviato solo decorsi i termini previsti dal citato comma 684»; 
        b) dell'art. 1, comma 688, secondo periodo,  della  legge  23
dicembre 2014, n. 190, secondo cui «le quote inesigibili,  di  valore
inferiore o pari a 300 euro (...) non sono assoggettate al  controllo
di cui al citato art. 19». 
    7. La Corte  costituzionale,  come  ricordato  in  premessa,  con
sentenza  n.  51  depositata  il  15   marzo   2019   ha   dichiarato
inammissibili le  questioni,  nel  presupposto  che  le  disposizioni
sospettate di incostituzionalita' non fossero applicabili alla SOGET,
che e' «una cessionaria del ramo di azienda relativo  alle  attivita'
svolte in regime di concessione per conto  degli  enti  locali;  essa
pertanto non puo' annoverarsi fra gli "agenti della riscossione", cui
unicamente  il  legislatore  ha   inteso   riferire   la   disciplina
censurata». 
    La Corte costituzionale ha motivato questa  conclusione  sia  con
argomenti  sistematici  (che  emergono   ripercorrendo   l'evoluzione
normativa), sia con argomenti ermeneutici di carattere testuale,  sia
mediante  l'analisi  dell'evoluzione   delle   proroghe   «generiche»
(applicabili anche  alle  societa'  «scorporate»,  cioe'  ai  privati
cessionari di attivita' gia'  svolte  dagli  ex-concessionari)  e  di
quelle «specifiche» (applicabili alle sole  societa'  partecipate  da
Riscossione S.p.a. e poi dal Gruppo Equitalia,  cioe'  alle  societa'
ricondotte nell'ambito del pubblico erario). 
    In particolare, e' stata posta in evidenza la diversita' di ratio
che ha animato i distinti processi di  discarico  per  inesigibilita'
delle quote iscritte a  ruolo:  mentre  l'ultima  proroga  «generica»
delle comunicazione di inesigibilita' di cui all'art. 59 del  decreto
legislativo n. 112 del 1999 e' una misura ordinaria che  tiene  conto
della continuita' della gestione dell'attivita' da parte di  soggetti
direttamente consegnatari dei ruoli, invece la proroga  («specifica»)
di cui al comma 12 dell'art. 3 del decreto-legge n. 203 del  2005  e'
una misura straordinaria, assunta nel contesto di una riforma che  ha
posto al centro la nascita di un nuovo soggetto e che ha tenuto conto
del  passaggio  di  tutti  i  ruoli  alle  societa'  partecipate   da
Riscossione S.p.a., poi Gruppo Equitalia (salvo quelli delle societa'
«scorporate», ai sensi del comma 24,  lettera  b),  dell'art.  3  del
decreto-legge n. 203 del 2005, che appunto restano in capo a esse). 
    Ad avviso dei giudici delle leggi, risultava chiaro  il  rapporto
di  genere  a  specie  tra  i  due  commi  del  citato  art.  3   del
decreto-legge n. 203 del 2005: il  comma  12,  infatti,  e'  riferito
esclusivamente alle societa' partecipate da Riscossione  S.p.a.  (poi
Gruppo Equitalia), come peraltro e' stato in seguito  confermato,  in
maniera definitiva, con norma di interpretazione autentica, dall'art.
36, comma 4-quinquies, del decreto-legge 31  dicembre  2007,  n.  248
(Proroga  di  termini  previsti   da   disposizioni   legislative   e
disposizioni  urgenti  in  materia  finanziaria),   convertito,   con
modificazioni, nella legge 28 febbraio 2008, n. 31. 
    Cio' posto, nella stessa sentenza n. 51 del 2019 si e'  osservato
che i termini previsti dal citato  comma  12  sono  stati  nel  tempo
oggetto  di  continue  proroghe,  ma  senza   alcuna   soluzione   di
continuita',  e   dalla   versione   originaria,   nella   quale   le
comunicazioni di inesigibilita' dovevano essere presentate  entro  il
31 ottobre 2008, si e' giunti all'ultima  versione,  nella  quale  le
medesime  comunicazioni  dovevano  essere  presentate  entro  il   31
dicembre 2014, in forza della modifica introdotta dall'art. 1,  comma
530, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, recante «Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (Legge
di stabilita' 2013)». 
    A ridosso della scadenza del 31 dicembre 2014 il  legislatore  e'
quindi intervenuto con la normativa di cui all'art. 1, commi da 682 a
689, della legge n. 190 del 2014, introducendo, per il controllo  nel
tempo  delle  quote  dichiarate  inesigibili,  un  nuovo  meccanismo,
definito «scalare inverso», che, se da un lato e' innovativo rispetto
al sistema delle precedenti proroghe, dall'altro, e'  intrinsecamente
finalizzato alla soluzione  della  specifica  situazione  determinata
proprio dalla concatenazione delle proroghe e dall'accumularsi di una
ingente quantita' di  arretrati  e  di  un'imponente  stratificazione
delle partite creditorie da trattare (come conferma la  deliberazione
della Corte dei conti - Sezione centrale di controllo sulla  gestione
delle amministrazioni dello Stato, 20 ottobre 2016, n. 11/2016/G). 
    In  altre  parole,  la  scadenza  contemporanea   di   tutte   le
comunicazioni di debito/credito tra agenti della riscossione  e  enti
creditori aveva giustificato un intervento innovativo e straordinario
del legislatore, prevedendosi in un'unica riforma,  inscindibile  nei
suoi  aspetti:  a)  la  parziale  revisione  della  disciplina  delle
comunicazioni di inesigibilita' e del relativo controllo (articoli 19
e 20 del decreto legislativo  n.  112  del  1999),  con  applicazione
retroattiva della nuova disciplina alle quote  affidate  agli  agenti
della riscossione dal 2000  (comma  688);  b)  lo  scaglionamento  in
ordine cronologico, inverso a quello dell'affidamento in carico,  dei
termini  di  presentazione  e  controllo   delle   comunicazioni   di
inesigibilita' (comma 684); c) l'allineamento a queste  nuove  regole
di tutti i rapporti in essere, a tal fine prevedendone l'applicazione
anche alle comunicazioni  gia'  presentate  per  le  quali  e'  stata
prevista l'integrazione (comma 687); d) la diluizione, per un periodo
pressoche' corrispondente al cronoprogramma, dell'anticipazione - con
onere a carico del bilancio dello Stato - del rimborso a favore degli
agenti della riscossione, delle spese maturate negli  anni  2000-2013
per le procedure cautelari  ed  esecutive  esperite  per  tentare  il
recupero dei medesimi crediti  (comma  685);  e)  la  sottrazione  al
controllo delle comunicazioni di importo pari o inferiore a 300  euro
(comma 688); f) la previsione ex lege (fino  alla  medesima  scadenza
del  cronoprogramma  di  cui  al  comma  684)  della   legittimazione
dell'agente della riscossione a effettuare la riscossione delle somme
iscritte a ruolo «anche per le quote relative ai  soggetti  creditori
che hanno cessato o cessano di avvalersi delle  societa'  del  Gruppo
Equitalia» (comma 686). 
    Era quindi errato, secondo la Corte costituzionale, ritenere  che
la normativa in questione  potesse  applicarsi  anche  alla  societa'
SOGET, poiche' una disciplina di  straordinaria  eccezionalita'  come
quella introdotta con l'art. 1, commi da 682 a 689,  della  legge  n.
190 del 2014 poteva trovare applicazione,  nell'ambito  della  stessa
complessiva ratio legis desumibile  dalla  riforma  sopra  ricordata,
solo relativamente a quelle  fattispecie  ricomprese  nelle  proroghe
«specifiche» disposte dal comma 12 dell'art. 3 del  decreto-legge  n.
203 del 2005, per le quali i termini risultavano ancora pendenti alla
data di entrata  in  vigore  della  riforma  e,  quindi,  non  poteva
applicarsi alle societa' private «scorporate». 
    Conclusivamente, la  Corte  costituzionale  ha  affermato  che  i
giudizi  di  impugnazione  instaurati  da  SOGET  S.p.a.  avverso   i
provvedimenti di  rifiuto  del  discarico  per  inesigibilita'  erano
regolati a norma dell'art. 3, comma 24, lettera b), del decreto-legge
n. 203 del  2005,  come  convertito  nella  legge  n.  248  del  2005
(riguardando «ruoli consegnati fino alla data del trasferimento»  del
ramo  d'azienda  effettuato  dal   concessionario   nazionale),   non
dall'art. 1, commi 687, secondo  periodo,  e  688,  secondo  periodo,
della legge  23  dicembre  2014,  n.  190,  bensi'  dalla  disciplina
ordinariamente  prevista  negli  articoli  19  e   20   del   decreto
legislativo n. 112 del 1999,  salva,  in  quanto  ancora  applicabile
ratione temporis, la deroga disposta dall'art. 59, commi  4-quater  e
4-quinquies, del medesimo decreto. 
    Ne discendeva che, essendo la riforma recata dalla  citata  legge
n. 190 del 2014 «unica e inscindibile nei suoi aspetti», in linea  di
principio l'intera disciplina «introdotta con l'art. 1, commi da  682
a 689, della legge n. 190 del 2014 (...) non poteva  applicarsi  alle
societa' private scorporate». 
    8.  A  distanza  di  pochi  mesi  dalla  sentenza   della   Corte
costituzionale, peraltro, e' intervenuto l'art. 1, comma  815,  della
legge 27 dicembre 2019, n. 160, in forza del quale «i contenuti delle
norme vigenti riferite agli agenti  della  riscossione  si  intendono
applicabili, sin dalla data di entrata in vigore delle stesse  norme,
anche alle attivita' svolte in regime di concessione per conto  degli
enti locali, il cui ramo  d'azienda  e'  stato  trasferito  ai  sensi
dell'art. 3, comma 24, lettera b),  del  decreto-legge  30  settembre
2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge  2  dicembre
2005, n. 248». 
    9. Dopo la  riassunzione  della  causa  ad  opera  di  SOGET,  in
conseguenza della decisione della Corte costituzionale, nelle udienze
del 14 gennaio e del 15 dicembre 2020 le  parti  hanno  ulteriormente
sviluppato le proprie difese in relazione allo ius  superveniens.  In
particolare, oltre  alla  citata  legge  n.  160  del  2019,  recante
interpretazione autentica delle «norme vigenti riferite  agli  agenti
della riscossione» con effetto «sin dalla data di entrata  in  vigore
delle  stesse»,  le  parti  hanno  affrontato  anche  il  tema  dello
«stralcio dei debiti fino a mille euro  affidati  agli  agenti  della
riscossione dal 2000 al 2010», di cui all'art. 4 del decreto-legge 23
ottobre 2018, n. 119 (convertito, con modificazioni, dalla  legge  17
dicembre 2018, n. 136). 
    9.1. Quanto alla SOGET, dopo l'atto di riassunzione, con  memoria
autorizzata del 24 novembre 2020 essa ha precisato le proprie  difese
e conclusioni nel senso che (per quanto qui precipuamente rileva): 
        l'interpretazione   autentica   risolve   i    dubbi    circa
l'applicabilita' a SOGET della riforma di cui alla  citata  legge  n.
190 del 2014, con la quale e' stato raggiunto un soddisfacente  punto
di equilibrio; 
        il meccanismo dello «scalare inverso» non presenta profili di
incostituzionalita', in  ragione  del  fatto  che  vi  e'  un  sicuro
vantaggio economico  per  l'ente  creditore  che  puo'  continuare  a
beneficiare, secondo il cronoprogramma di cui al  citato  comma  687,
dei  proventi  derivanti  dalla  prosecuzione  delle   attivita'   di
riscossione; 
        il  sistema  neppure  incide  negativamente   sui   cittadini
debitori,  perche'  assicura  la  prosecuzione  delle  attivita'   di
riscossione in condizioni di parita'; 
        l'assenza di  controlli  sulle  quote  fino  a  300  euro  e'
ragionevole, perche' consente di  concentrare  ed  intensificare  gli
sforzi sulle cartelle di importo maggiore; 
        nel merito, le ragioni poste  a  fondamento  del  diniego  di
discarico sono  comunque  infondate,  essendo  state  documentate  le
attivita' svolte dalla societa' di riscossione. 
    9.2. Quanto  al  comune,  dopo  la  memoria  di  costituzione  in
riassunzione, con note autorizzate  del  23  novembre  2020  esso  ha
precisato le proprie difese e conclusioni nel senso che  (per  quanto
qui precipuamente rileva): 
        la disposizione di interpretazione autentica non fa altro che
rendere riproponibile e rilevante la questione di  legittimita'  gia'
sollevata,   indipendentemente   dall'estensione    dell'ambito    di
applicazione  dell'interpretazione  autentica:  ove  la   si   voglia
riferire  soggettivamente  alla  societa'   «agente»,   infatti,   la
questione riguarderebbe indistintamente tutti  i  ruoli;  ove  la  si
voglia riferire  oggettivamente  alle  sole  attivita'  «scorporate»,
riguarderebbe i soli ruoli consegnati fino allo  scorporo  (avvenuto,
in fattispecie, il 25 settembre 2006); 
        le disposizioni sullo stralcio di cui al citato  art.  4  del
decreto-legge n. 119 del 2018, intervenuto nelle more  del  giudizio,
non sarebbero applicabili  alla  fattispecie  concreta,  laddove  gli
effetti del diniego di discarico si erano gia' prodotti (ed erano sub
iudice) antecedentemente  all'entrata  in  vigore  del  decreto-legge
medesimo; 
        peraltro, accedendo all'interpretazione restrittiva volta  ad
individuare     oggettivamente     l'ambito      di      applicazione
dell'interpretazione autentica, lo stralcio non potrebbe riguardare i
crediti affidati dopo la data dello scorporo (per i quali  SOGET  non
potrebbe essere considerata «agente della riscossione»); 
        diversamente  ragionando,  alle   originarie   questioni   di
legittimita' costituzionale si aggiungerebbero quelle  relative  allo
«stralcio» in questione, in forza del quale SOGET  ha  effettivamente
annullato  crediti  del  Comune  di  Teramo  per   complessivi   euro
2.053.290,72,  compresi  anche  in  cartelle  oggetto  del   presente
giudizio; 
        in  particolare,  oltre   alle   gia'   sollevate   questioni
concernenti le quote fino a 300 euro, sussisterebbe la lesione  delle
prerogative di autonomia - non solo finanziaria - dell'ente locale  e
la violazione degli articoli  114,  117  e  118  della  Costituzione,
verificandosi  ex  lege  l'annullamento,  disposto  dallo  Stato  con
legislazione  d'urgenza,  di  ingenti   crediti   dell'ente   locale,
prevedendosi perfino la restituzione  di  quanto  eventualmente  gia'
pagato e ponendo cosi' a rischio gli  equilibri  stessi  di  bilancio
dell'ente interessato (salvo consentire di adeguarne i bilanci  entro
il 2019, per registrarne gli «effetti negativi»); 
        sarebbero, altresi', violati l'art. 3  (per  la  mancanza  di
forme compensativi  a  ristoro  dei  crediti  annullati),  l'art.  24
(privandosi  il  comune  del  diritto  alla  difesa)  e   l'art.   53
(risolvendosi l'annullamento in  una  indebita  esenzione  d'imposta,
addirittura retroattiva). 
    9.3. Quanto al  pubblico  ministero,  ha  rassegnato  le  proprie
conclusioni scritte per le udienze del 14 gennaio  e  del  21  aprile
2020 (quest'ultima udienza poi posticipata al 15 dicembre  2020,  per
l'emergenza sanitaria da COVID-l9), osservando che  (per  quanto  qui
precipuamente rileva): 
        l'effetto della disposizione introdotta a  decorrere  dal  1°
gennaio 2020 e' quello di far venire meno le  ragioni  in  base  alle
quali la Corte costituzionale fondo' la  sentenza  d'inammissibilita'
n. 51 del 2019; 
        riprendono cosi' vigore tutte le censure che la Sezione aveva
portato all'attenzione della Consulta  con  le  ordinanze  del  marzo
2018; 
        alle  censure  anzidette  possono  aggiungersi  anche  quelle
relative alla violazione dell'art. 118,  comma  1,  e  dell'art.  119
anche con riferimento al sesto comma; 
        si e' determinata, infatti, una vera e  propria  interferenza
nell'autonomia degli enti  locali  (in  violazione  dei  principi  di
sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza tra i vari livelli  di
governo); in particolare, lo Stato si sarebbe ingerito nella gestione
dei  rapporti  convenzionali  tra  ente  locale  e   societa'   della
riscossione, penalizzando con una regola tanto  irragionevole  quanto
indifferenziata i comuni operosi rispetto  a  quelli  che  non  hanno
manifestato  la  stessa  cura  nel  coltivare  i  propri  crediti  da
riscuotere; 
        inoltre, si compromette la capacita' di spesa corrente  degli
enti medesimi, mal colando un virtuale  «condono»  dei  crediti  piu'
risalenti e di quelli di importo minore (che, sovente,  costituiscono
la maggior parte del portafoglio comunale). 
    La procura ha quindi concluso per la non  manifesta  infondatezza
delle  segnalate  questioni  di  legittimita'  costituzionale  e,  in
subordine, per raccoglimento del ricorso di SOGET. 
    10. All'udienza pubblica del 15 dicembre 2020, uditi  gli  avv.ti
Della Rocca (per SOGET) e Cafforio (per il Comune di Teramo), nonche'
il pubblico  ministero  in  persona  del  vice  procuratore  generale
Roberto  Leoni,  la   Sezione   si   e'   riservata   i   conseguenti
provvedimenti. 
 
                               Diritto 
 
    I. Il presente giudizio si incentra sulla possibilita',  o  meno,
per  il   Comune   di   Teramo   di   sottoporre   a   controllo   e,
conseguentemente, di adottare provvedimenti di diniego  di  discarico
relativamente  a  «quote»  affidate  all'agente   della   riscossione
(societa'  c.d.  «scorporata»),  in  pendenza  dei  termini  per   la
presentazione  o  l'integrazione  delle  relative  comunicazioni   di
inesigibilita'; ulteriore questione  risiede  nella  possibilita'  di
svolgere  i  controlli  in  parola,  e  di  adottare  i   conseguenti
provvedimenti, relativamente alle quote di valore inferiore o pari  a
300 euro. 
    Entrambe le questioni: 
        sono rilevanti  nel  presente  giudizio,  che  riguarda,  tra
l'altro, sia quote di importo fino a 300 euro, sia  quote  ricomprese
in ruoli risalenti, tra gli altri,  all'anno  2000,  per  i  quali  i
termini  di  presentazione  o  integrazione  delle  comunicazioni  di
inesigibilita' verranno a scadenza, a normativa vigente, nel 2042; 
        rivestono, all'evidenza, carattere di pregiudizialita' logica
e   giuridica   rispetto   all'esame   di    merito    sull'effettiva
inesigibilita' delle singole quote e sulle relative cause. 
    II. La rilevanza delle questioni non e'  intaccata  dall'art.  1,
comma 815, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, in forza  del  quale
«i  contenuti  delle  norme  vigenti  riferite  agli   agenti   della
riscossione si intendono applicabili, sin dalla data  di  entrata  in
vigore delle stesse norme, anche alle attivita' svolte in  regime  di
concessione per conto degli enti locali, il  cui  ramo  d'azienda  e'
stato trasferito ai sensi dell'art. 3,  comma  24,  lettera  b),  del
decreto-legge  30   settembre   2005,   n.   203,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248». 
    Con  la  riportata  norma   di   interpretazione   autentica   il
legislatore ha infatti chiarito che la ricorrente SOGET, nei rapporti
con il Comune  di  Teramo,  puo'  essere  considerata  «agente  della
riscossione»;  cio',  quanto  meno,  per  le  attivita'  oggetto   di
scorporo, che costituiscono comunque una parte delle quote sottoposte
al giudizio di questa Corte. 
    III. Ne' la  rilevanza  delle  questioni  e'  pregiudicata  dalle
disposizioni concernenti lo  «stralcio»  (o  «rottamazione»)  di  cui
all'art. 4 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 (convertito, con
modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136). 
    Invero, pur ritenendosi che la rottamazione sia applicabile anche
ai rapporti in giudizio (per i quali il diniego di discarico era gia'
stato  emesso  e  impugnato  alla   data   di   entrata   in   vigore
dell'intervento normativo), residuano  comunque  partite  di  importo
superiore a mille euro, non soggette a  stralcio,  come  incontestato
tra le parti. 
    Si noti ancora che,  per  i  carichi  affidati  all'agente  della
riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, lo «stralcio» in
questione (relativo ai debiti di importo residuo fino  a  1000  euro)
puo' essere considerato assorbente rispetto alla  questione  relativa
alle quote di importo fino a 300 euro.  Tuttavia,  essendo  sollevata
nel  presente   giudizio   anche   la   questione   di   legittimita'
costituzionale del predetto stralcio fino a 1.000 euro, per  il  caso
di declaratoria di incostituzionalita' si ritiene di  dover  comunque
argomentare,  in  via  consequenziale,   anche   la   non   manifesta
infondatezza della questione concernente i controlli delle quote fino
a 300 euro. 
    Lo  stesso  discorso  puo'  farsi  per   l'ulteriore   intervento
d'urgenza di «annullamento dei carichi» cui all'art. 4, comma 4,  del
decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41  (convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 21 maggio 2021, n. 69). 
    Al riguardo, va anzi tutto rilevato che  alla  data  di  deposito
della  presente  ordinanza  non  sono  state  stabilite  con  decreto
ministeriale le modalita' e le date dell'annullamento dei  debiti  in
parola (art. 4, comma  5,  cit.)  e  che  quindi  non  si  e'  ancora
perfezionato ne', tantomeno,  e'  stato  formalizzato  l'annullamento
parziale dei carichi qui in discussione. 
    Cio' precisato, e' sufficiente rilevare  in  ogni  caso  come  il
nuovo intervento riguardi esclusivamente  i  debiti:  a)  di  importo
residuo fino a 5.000 euro; b) risultanti dai singoli carichi affidati
negli anni dal 2000 al 2010;  c)  riguardanti  soggetti  con  reddito
imponibile fino a 30.000 euro nel 2019. Ne  discende  che,  comunque,
neppure questo nuovo  provvedimento  legislativo  fa  venir  meno  la
rilevanza  delle  questioni  di   legittimita'   costituzionali   qui
affrontate, siccome concernenti, tra l'altro, carichi non  ricompresi
nell'annullamento, e segnatamente quelli (ancorche' ricompresi  nelle
annualita' dal 2000 al 2010): a) di importo superiore ai 5.000  euro;
b) riguardanti soggetti con reddito imponibile al 2019  non  compreso
nel tetto di 30.000 euro. 
    E' significativo, piuttosto, che nell'occasione si sia dato  atto
dell'esigenza di una «ridefinizione della disciplina legislativa  dei
crediti di difficile esazione e  per  l'efficientamento  del  sistema
della riscossione»; a tal fine, il  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze  e'  chiamato  a  trasmettere  alle  Camere  «una   relazione
contenente i criteri per procedere alla revisione del  meccanismo  di
controllo e di discarico dei crediti non riscossi per le  conseguenti
deliberazioni parlamentari» (art. 4, comma 10, cit.). 
    IV.  Venendo  alle  questioni  qui  in  esame,  la  normativa  di
riferimento e' pacificamente rinvenibile nell'art. 1 della  legge  23
dicembre 2014, n. 190 («Disposizioni per la formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato» - legge di  stabilita'  2015),  in
particolare ai commi 684 e seguenti, nonche' negli articoli 19  e  20
del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 (come modificati dalla
stessa legge n. 190 del 2014, art. 1, commi 682 e 683), salvo  quanto
specificato con riferimento allo «stralcio» dei debiti, di cui si  e'
fatto cenno e su cui si tornera' nel prosieguo. 
    IV.1. Il citato comma 684 stabilisce, in  particolare,  che:  «Le
comunicazioni di inesigibilita' relative  alle  quote  affidate  agli
agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000  al  31  dicembre  2017,
anche da soggetti creditori che hanno cessato o cessano di  avvalersi
delle societa' del Gruppo Equitalia ovvero dell'Agenzia delle entrate
- Riscossione, sono presentate, per i  ruoli  consegnati  negli  anni
2016 e 2017, entro il 31 dicembre 2026 e, per quelli consegnati  fino
al 31 dicembre 2015, per  singole  annualita'  di  consegna  partendo
dalla piu' recente, entro il 31 dicembre di ciascun  anno  successivo
al 2026». 
    Il testo della disposizione, vigente alla data  di  pubblicazione
della presente ordinanza, e' quello modificato dapprima con legge  1°
dicembre  2016,  n.  225   (recante   conversione   in   legge,   con
modificazioni, del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193), in  vigore
dal 3 dicembre 2016, e poi (in corso di causa) con legge  4  dicembre
2017, n. 172 (recante conversione in legge,  con  modificazioni,  del
decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148),  in  vigore  dal  6  dicembre
2017, nonche' con l'art. 3, comma 20, del  decreto-legge  23  ottobre
2018, n. 119 (convertito, con modificazioni, dalla legge 17  dicembre
2018, n. 136), in vigore dal 24 ottobre 2018. 
    E' appena il caso di precisare  che  gli  ultimi  due  interventi
legislativi, sopravvenuti in corso di giudizio, non  hanno  intaccato
l'impianto   normativo   in   contestazione,   se   non    allungando
ulteriormente i termini  gia'  precedentemente  previsti  e,  quindi,
accentuando i  profili  di  (il)legittimita'  costituzionale  qui  in
esame. 
    L'effetto del comma  684  (a  normativa  vigente)  e'  quello  di
rinviare fino al 2042 la definizione delle quote  relative  ai  ruoli
affidati nell'anno 2000, fino al 2041 la definizione dei ruoli  2001,
fino al  2040  la  definizione  dei  ruoli  2002,  fino  al  2039  la
definizione dei ruoli 2003, fino al 2038  la  definizione  dei  ruoli
2004, e cosi' proseguendo fino ai ruoli 2015, da  definire  entro  il
2027. Per i ruoli del  2016  e  2017,  invece,  le  comunicazioni  di
inesigibilita' possono essere presentate entro il 2026. 
    Per completezza, puo' segnalarsi che, da ultimo, l'art. 68, comma
4,  del  decreto-legge  17  marzo  2020,  n.   18,   convertito   con
modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, aveva  previsto  che
(in considerazione  all'emergenza  epidemiologica  da  COVID-19)  «le
comunicazioni di inesigibilita' relative  alle  quote  affidate  agli
agenti della riscossione nell'anno 2018, nell'anno 2019  e  nell'anno
2020 sono presentate, rispettivamente, entro  il  31  dicembre  2023,
entro il 31 dicembre 2024 e entro il 31 dicembre 2025». 
    La disposizione e' stata ulteriormente modificata con  l'art.  4,
comma  1,  lettera  c)  del  decreto-legge  22  marzo  2021,  n.   41
(convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2021,  n.  69),
di guisa che «le comunicazioni di inesigibilita' relative alle  quote
affidate agli agenti  della  riscossione  nell'anno  2018,  nell'anno
2019,   nell'anno   2020   e   nell'anno   2021   sono    presentate,
rispettivamente, entro il 31 dicembre  2023,  entro  il  31  dicembre
2024, entro il 31 dicembre 2025 e entro il 31 dicembre 2026». 
    Queste ultime  proroghe,  peraltro,  non  impattano  sull'odierno
contendere, concernente carichi delle annualita' dal 2000 al 2008. 
    Infine, altre norme emergenziali sono  intervenute  negli  ultimi
mesi a rimodulare i termini di versamento  delle  riscossioni,  senza
pero' incidere sulle scadenze delle comunicazioni  di  inesigibilita'
che qui interessano. 
    IV.2. Il successivo comma 687, a  sua  volta,  prevede  al  primo
periodo che «le comunicazioni di inesigibilita' relative  alle  quote
di cui al comma 684, presentate anteriormente alla data di entrata in
vigore della presente legge, possono essere integrate entro i termini
previsti dallo stesso comma 684»;  si  riaprono,  quindi,  i  termini
anche per le  quote  ricomprese  in  comunicazioni  gia'  presentate,
prevedendone  la  possibile  integrazione  fino  alle  date   dinanzi
indicate (2042 per i ruoli del 2000; 2041 per i ruoli del 2001;  2040
per i ruoli del 2002; ecc.). 
    La regola, dunque, e' quella  della  definizione  per  specifiche
annualita', scaglionate tra il 2026 e il 2042, delle quote ricomprese
in tutti i ruoli affidati tra il 2000 e  il  2017,  indipendentemente
dalla circostanza che, per alcune delle quote stesse, sia gia'  stata
presentata una comunicazione di inesigibilita'. 
    Al  fine  di  rendere  coerente   l'impianto   normativo,   cosi'
strutturato, il secondo periodo del comma 687 prevede  che  «in  tale
caso» (vale a dire a fronte di  comunicazioni  gia'  presentate)  «il
controllo di cui all'art. 20 del decreto legislativo 13 aprile  1999,
n. 112,  come  da  ultimo  sostituito  dal  comma  683  del  presente
articolo, puo' essere avviato solo decorsi  i  termini  previsti  dal
citato comma 684». 
    Si intende, cosi', impedire  all'ente  creditore  di  svolgere  i
controlli sull'operato dell'agente della riscossione (o,  meglio,  di
pronunciarsi sul conseguente diniego di discarico) fino allo  spirare
del termine finale per la eventuale integrazione delle  comunicazioni
di inesigibilita' gia' presentate (ad esempio, fino  al  31  dicembre
2042 per i ruoli risalenti al 2000). 
    La disposizione rende palese che, nella  logica  legislativa,  il
controllo sulle quote inesigibili (cioe' a dire il controllo  di  cui
agli articoli 19, comma 6, e 20 del decreto legislativo  n.  112  del
1999,  come  riscritti  dalla  stessa  legge  n.  190  del  2014   ed
applicabili nel nuovo testo anche alle quote degli anni dal  2000  in
poi, ai sensi del successivo comma  688)  presuppone  necessariamente
una previa comunicazione di inesigibilita' da parte dell'agente della
riscossione; ma poiche' le comunicazioni possono essere presentate  o
comunque integrate, per i ruoli affidati negli anni dal 2000 al 2015,
in annualita' comprese tra il 2027 e il 2042, e' giocoforza  ritenere
che i  conseguenti  controlli,  da  parte  dell'ente  creditore,  non
possano essere svolti se non prima dell'anno: 
        2043 (per i ruoli 2000, le cui comunicazioni potranno  essere
presentate o comunque integrate entro il 31 dicembre 2042); 
        2042 (per i ruoli 2001, le cui comunicazioni potranno  essere
presentate o comunque integrate entro il 31 dicembre 2041); 
        2041 (per i ruoli 2002, le cui comunicazioni potranno  essere
presentate o comunque integrate entro il 31 dicembre 2040); 
        e cosi' proseguendo. 
    Ad avviso di questa Sezione appare,  quindi,  corretta  l'esegesi
propugnata dalla societa' ricorrente, condivisa  anche  dal  pubblico
ministero, alla luce della piu' recente giurisprudenza delle  Sezioni
d'appello di questa Corte dei conti (Sez. prima, sentenza n.  79  del
17 marzo 2017; Sez. terza, sentenza n. 662 del 20 dicembre 2016).  La
lettura costituzionalmente orientata prospettata dal Comune di Teramo
si scontra, invece, con la chiara lettera del comma 687, secondo cui,
a chiusura del sistema, «il controllo (...) puo' essere avviato  solo
decorsi i termini previsti dal citato comma 684». 
    Non  v'e'  spazio,  insomma,  per   una   interpretazione   delle
disposizioni che  consenta  di  superare  il  vincolo  temporale  ivi
stabilito. 
    IV.3. Il successivo comma 688, al secondo periodo, prevede  sotto
altro profilo che «le quote inesigibili, di valore inferiore o pari a
300 euro (...) non sono assoggettate al controllo di  cui  al  citato
art. 19». Fanno eccezione le quote «afferenti  alle  risorse  proprie
tradizionali di cui  all'art.  2,  paragrafo  1,  lettera  a),  delle
decisioni n. 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e
n. 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014». 
    Anche quest'ultima disposizione e' chiara nel senso di  sottrarre
a qualsiasi forma di controllo, da parte dell'ente creditore, in sede
amministrativa, le quote di valore unitario fino  a  300  euro  delle
quali e' (recte, sara', nel corso degli anni a venire)  richiesto  il
discarico  per  inesigibilita';  cio'  indipendentemente  dal  valore
complessivo delle stesse. 
    La ratio legislativa si evince agevolmente anche  dal  comma  683
(nella parte in cui esso  ha  modificato  l'art.  20,  comma  2,  del
decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112) con cui  si  e'  previsto
che «il controllo (...) e'  effettuato  dall'ente  creditore,  tenuto
conto del principio  di  economicita'  dell'azione  amministrativa  e
della capacita' operativa della struttura di controllo e,  di  norma,
in misura non superiore al 5 per cento  delle  quote  comprese  nelle
comunicazioni di  inesigibilita'  presentate  in  ciascun  anno».  Si
fissa, cosi',  la  misura  «massima»  dei  controlli  da  effettuare,
anziche'  la  misura  «minima»  dei   controlli   stessi,   lasciando
trasparire una visione nella quale sarebbe l'eccesso di  controlli  a
togliere efficienza ed economicita' alla macchina della riscossione. 
    V. Cosi' delineato, per quanto qui interessa, il quadro normativo
di  riferimento,  merita   anzi   tutto   richiamare   alcune   delle
considerazioni gia' a suo tempo svolte da questa Corte dei conti,  in
funzione di controllo, con deliberazione n. 11/2016/G del 20  ottobre
2016  della  Sezione  centrale  di  controllo  sulla  gestione  delle
amministrazioni dello Stato (in tema di sistema della riscossione dei
tributi erariali al 2015). In particolare: 
        «l'esistenza di una consistente mole di arretrati ha  indotto
a disporre ripetutamente il differimento dei termini di presentazione
delle  comunicazioni,  rimodulando,  in  parallelo,  quelli  per   il
controllo da parte degli enti  creditori»;  «la  soluzione  e'  stata
cosi' rinviata di anno in anno, con  il  risultato  di  aggravare  il
problema»; 
        «si e', pertanto, determinata  una  lievitazione  negli  anni
delle   quote   inesigibili,   con    una    conseguente    imponente
stratificazione delle partite creditorie da trattare (per gli  agenti
della riscossione) e da controllare (per  gli  enti  impositori).  In
particolare, gli enti impositori dovrebbero sottoporre a controllo le
procedure eseguite dall'agente della riscossione tutte le  volte  che
viene presentata la comunicazione di inesigibilita' e, nel frattempo,
procedere ogni anno alla determinazione  dei  residui  attivi  (somme
accertate e non ancora riscosse), ai fini  della  corretta  redazione
dei rispettivi bilanci. E' accaduto, invece, che il  legislatore  sia
intervenuto piu' volte con provvedimenti di definizione delle domande
di rimborso e di  discarico  (ora  comunicazioni  di  inesigibilita')
delle somme iscritte a ruolo,  prescindendo  da  forme  di  controllo
analitico delle attivita' poste in essere»; 
        «per gli  arretrati,  con  una  soluzione  che  da'  adito  a
indubbie perplessita', e' stato introdotto un particolare calendario,
prevedendo  che  le  comunicazioni  di  inesigibilita'  per  i  ruoli
consegnati nel  2013  debbano  essere  presentate  nel  2018,  quelle
relative ai ruoli del 2012 nel 2019 e cosi' via,  risalendo  fino  ai
ruoli del 2000 per i quali  le  comunicazioni  avverranno  nel  2031»
(termine poi ulteriormente prorogato prima al 2033,  poi  al  2037  e
infine al 2042, come dinanzi ricordato); 
        «l'obiettivo  e'  quello  di  permettere  agli  agenti  della
riscossione di concentrarsi  sulla  lavorazione  delle  partite  piu'
recenti,  trascurando  quelle  piu'  risalenti  per   le   quali   le
possibilita' di incassare il credito  sono  diventate  oggettivamente
modeste (...)»; «e' evidente, peraltro, che, considerata la  massa  e
la vetusta' delle quote inesigibili accumulatesi nel tempo, non  solo
la possibilita'  di  riscossione  delle  partite  piu'  risalenti  e'
assolutamente modesta, ma e' anche improbabile un controllo effettivo
delle procedure poste in  essere  dall'agente  della  riscossione  da
parte degli uffici degli enti impositori»; 
        andrebbe, piuttosto, valutata  l'opportunita'  di  concordare
«la possibilita' di presentare  le  comunicazioni  di  inesigibilita'
delle quote di importo rilevante - per le quali l'inesigibilita'  sia
gia' stata  definitivamente  accertata  -  secondo  una  progressione
diversa   da   quella   attualmente   prevista»   e,    segnatamente,
raggruppandole possibilmente «per codice fiscale, a prescindere dalla
annualita' di riferimento» ad «evitare  che,  per  lo  stesso  codice
fiscale, il controllo debba essere ripetuto tante volte  quante  sono
le singole partite di debito ad esso riferite nei diversi anni»; 
        «debole e', comunque, l'efficacia deterrente  dell'azione  di
recupero: restano alti i livelli dell'evasione, comunque  influenzati
anche dalla scarsa intensita' ed efficacia dei controlli»; 
        «e' singolare che, per il controllo, venga disposto un limite
massimo, "non superiore"  anziche'  un  piu'  congruo  limite  minimo
"almeno del 5 per cento". Un generale rafforzamento del  processo  di
verifica della correttezza, efficacia ed efficienza dell'attivita' di
riscossione appare, infatti, esigenza ineludibile». 
    Significative, in argomento, sono anche le  constatazioni  svolte
nella recente deliberazione 31 marzo 2021, n. 7/2021/G della medesima
Corte dei conti (Sezione centrale di controllo sulla  gestione  delle
amministrazioni dello Stato), concernente la «gestione dei residui di
riscossione nel bilancio dello Stato». 
    Si e' osservato che la percentuale  di  verosimile  realizzo  dei
crediti  da  riscuotere  e'  pari,  per  lo  Stato,  al  3,43%   (cui
corrisponderebbe  una  svalutazione  del  96,57%).  L'elevato  valore
complessivo del «magazzino» (come  illustrato  in  recenti  audizioni
parlamentari) «e' essenzialmente dovuto alle  ripetute  proroghe  dei
termini  di  presentazione  delle  comunicazioni  di  inesigibilita',
intervenute sin dai primi anni 2000». «Tali  proroghe  hanno  infatti
determinato l'accumulo  di  crediti  nelle  contabilita'  degli  enti
creditori e,  per  l'agente  della  riscossione,  un  incremento  del
"magazzino" dei  carichi  da  riscuotere.  Peraltro,  sempre  secondo
quanto  riferito  nel   corso   dell'audizione,   anche   le   misure
straordinarie  di  definizione  agevolata  e  di  annullamento  delle
posizioni inferiori ai 1000 euro affidate dal 2000 al 2010 non  hanno
significativamente  intaccato  il  volume  complessivo  dei   crediti
residui ancora da riscuotere» (pagg. 69 e 70). 
    Dopo aver osservato che «indubbiamente la scelta normativa non e'
risolutiva delle gravi criticita' di gestione  del  c.d.  "magazzino"
crediti ancora da riscuotere», la Sezione ha formulato, tra le altre,
le seguenti raccomandazioni: 
        «3. Occorre adottare urgentemente misure  che  consentano  di
meglio governare i fenomeni gestionali sottesi al trend  di  crescita
macroscopica dei resti da riscuotere»; 
        «4. E' necessario provvedere adeguatamente e  tempestivamente
alla definizione delle posizioni  oramai  certamente  irrecuperabili,
salvaguardando  comunque  le  esigenze  dell'Erario   attraverso   la
verifica delle situazioni giuridiche sottese alle ragioni creditorie;
si raccomanda inoltre di attuare prassi ordinarie e  sistematiche  di
cancellazione dei crediti arretrati ritenuti inesigibili». 
    La stessa Corte costituzionale, in  anni  recenti,  con  riguardo
alla dilazione trentennale dei piani di  rientro  dai  disavanzi,  ha
avuto modo di osservare che, ferma restando la  discrezionalita'  del
legislatore nello scegliere i criteri e le modalita' per porre riparo
a situazioni  di  emergenza  finanziaria  (...),  non  puo'  tuttavia
disconoscersi la problematicita' di soluzioni normative continuamente
mutevoli (...), le quali prescrivono il riassorbimento dei  disavanzi
in archi temporali molto  vasti,  ben  oltre  il  ciclo  di  bilancio
ordinario, con  possibili  ricadute  negative  anche  in  termini  di
equita'  intergenerazionale;  probabilmente   una   piu'   tempestiva
vigilanza nei  confronti  delle  consolidate  prassi  patologiche  di
alcuni enti territoriali avrebbe evitato le situazioni  di  obiettiva
emergenza  che  il  legislatore  nazionale  e'  stato   costretto   a
fronteggiare con mezzi eccezionali (sentenza n. 107/2016). 
    Queste ultime  considerazioni  paiono  ben  attagliarsi,  mutatis
mutandis, anche alla fattispecie qui in esame, laddove il legislatore
sembra aver abdicato, per i prossimi anni, alla tempestiva  vigilanza
sull'andamento delle riscossioni  di  crediti  risalenti  nel  tempo,
optando, ancora una volta, per una duplice via di fuga: da  un  lato,
il  rinvio  della  «resa  dei  conti»;  dall'altro  lato,  l'ennesimo
annullamento tout court dei carichi di importo contenuto. 
    Ne' il legislatore ha tenuto in attenta considerazione il  chiaro
monito contenuto a chiusura  dell'ordinanza  n.  51  del  2019:  «una
riscossione ordinata e tempestivamente controllabile delle entrate e'
elemento indefettibile di una corretta elaborazione  e  gestione  del
bilancio, inteso come "bene pubblico" funzionale "alla valorizzazione
della democrazia rappresentativa" (sentenza n. 184  del  2016;  nello
stesso senso, sentenze n. 247 e n. 80 del  2017),  mentre  meccanismi
comportanti una "lunghissima dilazione temporale" (sentenza n. 18 del
2019)  sono  difficilmente  compatibili  con   la   sua   fisiologica
dinamica». «In tale prospettiva» - ha aggiunto la  Consulta  -  «deve
essere sottolineata l'esigenza che per i crediti di minore dimensione
il legislatore predisponga  sistemi  di  riscossione  piu'  efficaci,
proporzionati e tempestivi di quelli fin qui adottati». 
    Cio' nella consapevolezza che l'aspetto dell'entrata pubblica  e,
indissolubilmente, quello della sua  effettiva  riscossione  e  della
connessa rappresentazione contabile, rappresentano  la  base  su  cui
poggia, in concreto, la vita delle istituzioni. 
    VI. Nel descritto contesto, pare a questa Sezione giurisdizionale
«non  manifestamente  infondata»   la   questione   di   legittimita'
costituzionale delle disposizioni in parola, tra  loro  in  combinato
disposto, nella parte in cui non si  limitano  soltanto  a  prorogare
fino al 2042 il termine per la presentazione o  l'integrazione  delle
comunicazioni di inesigibilita' dei crediti affidati alla riscossione
nel 2000 (compresi, tra di essi, alcuni di quelli all'odierno  vaglio
giurisdizionale) ma prevedono anche: a) l'impossibilita', per  l'ente
creditore, di esercitare il controllo sulle quote  iscritte  a  ruolo
fino alla scadenza dei termini in parola (rinviando, cosi',  l'azione
di controllo fino al biennio 2043/2044 per i ruoli del 2000);  b)  in
ogni caso, il divieto di sottoporre a controllo le  quote  di  valore
inferiore o pari a 300 euro (peraltro, «annullate» ex lege  in  corso
di giudizio, con norma anch'essa sospetta di incostituzionalita'). 
    Al riguardo, valgano le seguenti considerazioni. 
    VI.1. E' ravvisabile, in primo luogo, la violazione del principio
di ragionevolezza, di cui e' espressione l'art. 3 della Costituzione,
in quanto la definizione dei rapporti tra  ente  creditore  e  agente
della riscossione  resta  legislativamente  sospesa  per  un  termine
oggettivamente abnorme, che (avuto  riguardo  ai  ruoli  che  formano
oggetto del presente giudizio) supera abbondantemente i quaranta anni
(per i ruoli 2000) e i venti anni (ruoli 2008). 
    L'irragionevolezza     risiede,     inoltre,      nell'immotivato
sbilanciamento di posizioni tra l'ente creditore e l'agente,  essendo
rimessa esclusivamente all'agente la scelta del «se» e  del  «quando»
presentare le comunicazioni di inesigibilita',  durante  il  suddetto
amplissimo arco temporale,  mentre  l'ente  creditore  resta  in  una
posizione di mera soggezione,  non  potendo  nel  frattempo  svolgere
controlli finalizzati al diniego  di  discarico  e  alla  tutela  del
proprio diritto. 
    Il profilo di irragionevolezza  si  manifesta  in  tutta  la  sua
evidenza laddove si consideri che l'agente della riscossione non  ha,
ovviamente,  alcun  interesse  a  presentare  la   comunicazione   di
inesigibilita' per le cartelle di pagamento che,  ad  esempio,  abbia
omesso di notificare nel termine  decadenziale  prescritto  dall'art.
19, comma 2, lettera a) del  decreto  legislativo  n.  112  del  1999
(termine oggi fissato in nove mesi dalla consegna del ruolo);  l'ente
creditore, dunque, e'  di  fatto  costretto  ad  aspettare  anni  (e,
segnatamente, lo scadere del  termine  ultimo  per  la  presentazione
delle dichiarazioni di inesigibilita')  prima  di  poter  formalmente
avviare l'iter di controllo su quest'ultima circostanza (cioe'  sulla
omessa tempestiva  notifica)  e  di  poter  adottare  il  conseguente
diniego  di  discarico.  Cio'  significa  che  una  omessa   notifica
risalente ai ruoli del 2000 non potra' essere contestata  e  regolata
prima del 2043. 
    L'assetto normativo che ne risulta pare,  quindi,  caratterizzato
da una  intrinseca  incoerenza,  contraddittorieta'  ed  illogicita',
esorbitando  dall'esigenza  di  disciplinare   discrezionalmente   lo
svolgimento del procedimento amministrativo (prima) e del conseguente
processo  (poi),  attraverso  scansioni   temporali   finalizzate   a
salvaguardarne le esigenze di certezza  (cfr.  Corte  costituzionale,
ord. n. 174/2013); si configura, anzi, una indeterminatezza oggettiva
dei tempi dell'iter procedimentale, posto che i differimenti di volta
in  volta  operati  hanno  indicato  termini  finali  successivamente
prorogati, da ultimo, per ben due volte, addirittura  nel  corso  del
presente giudizio (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 102/2013). 
    Merita   ricordare   che,   in   altra   fattispecie,   afferente
l'effettuazione dei conguagli di legge tra amministrazione e soggetto
gestore  di  servizi  pubblici,   pure   nell'ottica   generale   del
perseguimento dell'efficienza dei servizi pubblici stessi,  e'  stato
ritenuto irragionevole e  costituzionalmente  illegittimo  il  rinvio
della comunicazione e della conseguente elaborazione dei  dati  utili
allo scopo in maniera affastellata e distanziata anche di una  decina
d'anni dal periodo cui i dati stessi si riferivano,  laddove  i  dati
stessi avrebbero dovuto evidentemente essere acquisiti ed  utilizzati
nell'immediatezza (cfr. Corte costituzionale, sentenza n.  156/2007);
cio' appare tanto piu' vero, e a maggior ragione, per la  riscossione
di crediti pubblici e a fronte di una dilazione temporale che  eccede
non il decennio, bensi' il quarantennio. 
    Quanto alle quote di valore unitario inferiore o pari a 300 euro,
appare contrario a logica  sottrarle  a  controllo  in  quanto  tali,
indipendentemente dal valore cumulativo di esse, avuto  riguardo  non
solo alla posizione del singolo debitore, ma  anche  al  coacervo  di
crediti dell'ente creditore (sicche', laddove un ente creditore debba
riscuotere un portafoglio formato da  un  fascio  di  crediti,  tutti
singolarmente di importo minimo, ma assai elevati nel numero e quindi
nell'importo complessivo, non  potrebbe  effettuare  alcun  sindacato
sull'operato del proprio agente). 
    VI.2. Sotto un secondo profilo, la disciplina  in  parola  sembra
contrastare con gli articoli 24 e 103 della  Costituzione,  impedendo
di fatto ad una sola ovvero ad entrambe le parti del rapporto, per un
tempo palesemente incongruo (ed incompatibile anche  con  l'esercizio
effettivo delle eventuali conseguenti azioni di responsabilita'),  di
accedere alla tutela giurisdizionale dinanzi al giudice contabile per
vedere definita la propria posizione  patrimoniale;  cio'  tanto  nel
giudizio di conto, quanto nel giudizio ad istanza  di  parte  per  il
discarico di quote inesigibili. 
    La violazione delle  stesse  norme  di  rango  costituzionale  e'
ravvisabile,  a  maggior  ragione,  nella  impossibilita'  non   solo
temporanea, ma addirittura definitiva, con  riguardo  alle  quote  di
valore unitario fino a 300 euro, di avviare le procedure di controllo
propedeutiche all'eventuale provvedimento di discarico, giustiziabile
dinanzi alla Corte dei conti, comportando l'impossibilita' per l'ente
creditore di ottenere tutela in  tal  senso  anche  in  un  ipotetico
giudizio di conto (non essendo pensabile che possa o debba provvedere
la magistratura contabile, in sede giurisdizionale, a svolgere  sulla
riscossione  dei  crediti  quei   controlli   che   l'amministrazione
creditrice stessa non potrebbe compiere in sede amministrativa). 
    In argomento, e' noto che l'esigenza di agevolare  operativamente
l'attivita' di una  parte,  fissando  termini  di  favore,  non  puo'
spingersi fino a ledere l'effettivita' del diritto  di  difesa  della
controparte (arg. Corte costituzionale sentenza n. 360 del 2003; Id.,
sentenza n. 346/1988); si e'  anche  affermato  che  il  differimento
dell'accesso alla  giurisdizione  non  vulnera  irragionevolmente  il
diritto di difesa a condizione che la tutela non  sia  rinviata  sine
die, ma per un termine «breve»  (Corte  costituzionale,  sentenza  n.
162/2016), e che sia comunque  giustificata  da  esigenze  di  ordine
generale o da superiori finalita' di giustizia (Corte costituzionale,
sentenza n. 62/1988; sentenza  n.  81/1988;  sentenza  n.  132/1988),
fermo  restando  che,  pur  nel  concorso  di  tali  circostanze,  il
legislatore  deve  contenere  l'onere  nella  misura   meno   gravosa
possibile,  in  quanto  l'ampiezza  della   copertura   offerta   dai
richiamati parametri costituzionali  e'  tale  da  colpire  non  solo
l'esclusione della tutela giurisdizionale, soggettiva e oggettiva, ma
anche  qualsiasi  limitazione  che  ne  renda  impossibile  o   anche
difficile l'esercizio (Corte costituzionale,  sentenza  n.  233/1996;
sentenza n. 56/1995). 
    Sotto  quest'ultimo  profilo,  puo'  rilevarsi  che  anche  nella
materia processuale il  riscontro  di  ragionevolezza  va  senz'altro
operato attraverso la verifica «che il bilanciamento degli  interessi
costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato  con  modalita'
tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in
misura  eccessiva   e   pertanto   incompatibile   con   il   dettato
costituzionale. Tale giudizio deve svolgersi attraverso  ponderazioni
relative alla proporzionalita' dei mezzi  prescelti  dal  legislatore
nella  sua  insindacabile  discrezionalita'  rispetto  alle  esigenze
obiettive da soddisfare o  alle  finalita'  che  intende  perseguire,
tenuto conto delle  circostanze  e  delle  limitazioni  concretamente
sussistenti» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 1130 del 1988;  n.
71 del 2015; n. 241 del 20 novembre 2017). 
    VI.3. Inoltre, il  rinvio  della  tutela  giurisdizionale  ad  un
momento  eccessivamente  distante  nel  tempo  e'   suscettibile   di
configurare una lesione del principio del giusto processo, perche' un
processo obbligatoriamente posticipato da venti a quaranta  anni  (ed
oltre), rispetto ai fatti storici cui si riferisce  la  controversia,
non puo' essere considerato ne' «giusto» ne' «ragionevole», meno  che
mai  garantire  l'effettivita'  della  tutela  (v.  art.  111   della
Costituzione  nonche'  art.  6  della  Convenzione  europea  per   la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali come
ripreso dall'art. 47 della Carta UE). 
    Si eluderebbero infatti, vanificandoli del tutto, gli  stringenti
parametri di ragionevolezza  delineati  dalla  stessa  giurisprudenza
europea (cfr. Corte costituzionale, sentenza n.  36/2016),  dovendosi
accedere a una nozione ampia e sostanziale di durata ragionevole  del
processo  (v.,  ad  esempio,  Corte   costituzionale,   sentenza   n.
184/2015), coerente con la finalita' della normativa de qua. 
    Per di piu', nel caso di specie e' rilevabile l'asimmetria  nella
posizione delle parti,  essendo  l'ente  pubblico  creditore  in  una
situazione di prolungata e mera soggezione rispetto  alle  iniziative
dell'agente della riscossione (non potendosi avviare i controlli e  i
conguagli prima delle comunicazioni di  inesigibilita'  ovvero  delle
relative integrazioni). 
    D'altronde,  allorche'  nel  2042  scadranno  i  termini  per  le
comunicazioni relative ai  ruoli  del  2000,  e  dunque  nel  biennio
2043/2044 potranno iniziare a definirsi  i  conseguenti  rapporti  di
debito/credito tra il Comune di  Teramo  e  la  societa'  SOGET,  una
eventuale  (tardiva)  pronuncia  giurisdizionale  potrebbe  risultare
inutiliter data,  non  solo  perche'  la  soddisfazione  del  credito
avverrebbe a distanza  di  oltre  quaranta  anni  dall'insorgere  dei
presupposti del credito stesso, ma anche perche' e'  lecito  dubitare
che l'agente della riscossione e le garanzie  rilasciate  saranno,  a
quella data, ancora utilmente escutibili. 
    VI.4. Non manifestamente infondata  appare  anche  la  violazione
dell'art. 81 della Costituzione,  sotto  il  profilo  della  certa  e
sollecita definizione delle  entrate  e  della  cognizione  del  loro
effettivo stato, ai fini del perseguimento degli equilibri di finanza
pubblica,  non  sembrando  compatibile  con  la  suddetta   finalita'
costituzionale il rinvio del definitivo accertamento sulla  effettiva
riscuotibilita' di un credito ad  un  momento  futuro  eccessivamente
lontano, collocato al di  la'  di  qualsivoglia  orizzonte  temporale
accettabile sul piano della disciplina contabile e finanziaria. 
    Ne'  puo'  ignorarsi  che  nell'ordinamento   finanziario   delle
amministrazioni pubbliche i principi del pareggio  e  dell'equilibrio
tendenziale fissati nell'art. 81, quarto comma, della Costituzione si
realizzano, tra l'altro,  nella  parificazione  delle  previsioni  di
entrata  e  spesa  (...)  a  condizione  che  le  pertinenti  risorse
correlate  siano  effettive  e  congruenti   (Corte   costituzionale,
sentenza n. 70 del 2012); ma  dette  effettivita'  e  congruenza  non
potranno essere acclarate se non a distanza  di  decenni,  ben  oltre
qualsiasi accettabile orizzonte temporale. 
    VI.5.  Con  riferimento  all'art.  97  della   Costituzione,   le
disposizioni   in   parola   rappresentano   un   ostacolo   a    che
l'amministrazione pubblica possa bene organizzarsi per assicurare una
sana gestione finanziaria  e  per  dar  corso  ai  dovuti  controlli,
conservando  il  pieno  dominio  sull'effettiva   correttezza   della
gestione, da  parte  dell'agente,  della  riscossione  delle  proprie
entrate; al contrario, la normativa e'  giunta  a  prevedere,  per  i
crediti oggetto di giudizio, la sospensione del controllo sullo stato
della riscossione per un periodo compreso all'incirca tra i venti e i
quaranta anni, vietando  per  di  piu'  l'esame  delle  posizioni  di
importo fino a 300 euro (sempre che sopravvissute all'annullamento ex
lege) ed introducendo perfino un limite massimo (anziche' minimo) sul
totale delle posizioni suscettibili di verifica. 
    Il divieto (e non la  mera  facolta')  di  effettuare  controlli,
lungi  dal   contribuire   al   perseguimento   dell'economicita'   e
dell'efficienza dell'azione amministrativa,  sembra  a  questa  Corte
insanabilmente in contrasto con il principio di buon andamento  e  di
corretta organizzazione amministrativo-contabile, sol  che  si  pensi
all'importanza del  sistema  dei  controlli  per  il  corretto  agire
amministrativo. 
    Non  solo.  Essendo  doveroso  per  l'ente   creditore   stimare,
nell'oggi, il  valore  aggiornato  di  realizzo  del  «magazzino»  (o
portafoglio) dei propri crediti, per le  note  ragioni  efficacemente
richiamate anche dal Comune di Teramo e dal  pubblico  ministero,  si
viene a  creare  una  irragionevole  duplicazione  di  analisi  e  di
controlli sugli stessi crediti: una prima  volta,  a  fini  meramente
valutativi dell'attendibilita' delle poste  creditorie;  una  seconda
volta, a distanza di decenni,  ai  fini  dell'accertamento  giuridico
della definitiva inesigibilita' delle poste stesse,  con  regolazione
del rapporto con l'agente incaricato. 
    VI.6.  Sullo  sfondo,  un  ulteriore  profilo   di   lesione   e'
prospettabile anche con  riguardo  all'art.  53  della  Costituzione,
sotto il profilo della mancanza  di  effettivita'  del  principio  di
capacita' contributiva,  che  dalla  previsione  legislativa  di  una
sospensione sine die dei controlli (e dall'abdicazione  completa  per
quelli su partite fino a 300  euro)  risulta  fortemente  indebolito,
laddove non si possa in concreto assicurare,  mediante  le  opportune
verifiche da parte  dell'amministrazione  creditrice,  viepiu'  nelle
comunita' locali, che l'attivita'  di  riscossione  sia  condotta  in
condizioni di effettiva parita' nei confronti di tutti i contribuenti
e che non  siano  tollerate  situazioni  di  sottrazione  all'obbligo
tributario;  in  definitiva,  si  impedisce  all'amministrazione   di
controllare  il  regolare  funzionamento  di  uno  dei  servizi   che
condizionano l'esistenza stessa della vita della comunita'. 
    Al  riguardo,  ravvisata  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione,   e'   doveroso   rimetterne   il   vaglio   alla    Corte
costituzionale, in uno con tutte le altre, nella  considerazione  che
l'art.  53  della  Costituzione  e'  posto  a  tutela  dell'interesse
generale alla riscossione dei tributi,  considerato  quale  interesse
particolarmente   differenziato   che,    attenendo    al    regolare
funzionamento dei servizi necessari alla  vita  della  comunita',  ne
condiziona l'esistenza (v. Corte costituzionale, sentenza n.  32  del
1976; Id., sentenza n. 45 del 1963). 
    VI.7. Ancora, non puo' ignorarsi la lesione dell'art. 119,  commi
1, 2 e 4, lamentata dal Comune di Teramo  e  condivisa  dal  pubblico
ministero (e, a parere di questa Corte, anch'essa non  manifestamente
infondata), laddove la legislazione in analisi impedisce  attualmente
all'ente  locale  di  avere  conoscenza  delle  risorse   finanziarie
effettivamente disponibili e ritarda oltremodo il loro conseguimento,
seppur parziale, in caso di inadempienza dell'agente,  escludendo  in
via di fatto, con norma statale, il coinvolgimento  dell'ente  locale
medesimo nell'iter di soddisfacimento del proprio credito. 
    Si  incide  anche,  per  tal  via,  su  un   aspetto   essenziale
dell'autonomia  finanziaria  degli  enti  locali,  vale  a  dire   la
possibilita' di elaborare correttamente il  bilancio  di  previsione,
attivita' che  richiede  la  previa  e  tempestiva  conoscenza  delle
entrate effettivamente a  disposizione  (cfr.  Corte  costituzionale,
sentenza n. 129 del 2016). 
    VI.8.  In  ultimo,  non  possono  che   richiamarsi   le   lucide
considerazioni svolte dalla stessa Corte costituzionale (sentenza  n.
51/2019, cit., par. 4.3.4),  secondo  la  quale  «una  disciplina  di
straordinaria eccezionalita' come quella  introdotta  con  l'art.  1,
commi da 682 a  689,  della  legge  n.  190  del  2014  puo'  trovare
applicazione,  nell'ambio  della  stessa  complessiva   ratio   legis
desumibile dalla riforma sopra ricordata, solo relativamente a quelle
fattispecie ricomprese nelle proroghe "specifiche" disposte dal comma
12 dell'art. 3 del decreto-legge n. 203 del  2005,  per  le  quali  i
termini risultavano ancora pendenti alla data di  entrata  in  vigore
della riforma e, quindi, non puo' applicarsi  alle  societa'  private
"scorporate"». 
    Ad avviso della  Consulta,  «appare  evidente,  infatti,  che  la
riforma e' stata introdotta nell'intento di rispondere a  particolari
ed eccezionali esigenze derivanti esclusivamente dall'istituzione  di
agenti "pubblici" della riscossione, con conseguente irragionevolezza
di una interpretazione che,  a  dispetto  del  tenore  letterale,  la
estendesse alle suddette societa' private "scorporate"». 
    Ad  ancora:  «la  nuova  disciplina   trova   specifica   ragione
nell'ingresso, disposto a suo tempo ex lege, dei soggetti  "pubblici"
nell'attivita' di riscossione degli enti territoriali, chiamati anche
a  supplire,  piu'   o   meno   obtorto   collo,   alle   disfunzioni
nell'attivita' di  riscossione  risalenti  alle  precedenti  gestioni
private.    Risulterebbe,    pertanto,    senz'altro    irragionevole
l'estensione di tale disciplina a quelle imprese  private  che  (come
detto, non facendo parte del sistema "pubblico" della riscossione)  a
suo tempo liberamente avevano  assunto  l'attivita'  di  riscossione,
concentrata poi nelle societa' scorporate». 
    Ne discende che, se era da considerare «irragionevole» una simile
opzione interpretativa, per le medesime ragioni di ordine sistematico
teste' riportate puo' seriamente dubitarsi della ragionevolezza della
scelta legislativa  di  aver  esteso  (ab  origine,  o  comunque  con
interpretazione autentica)  il  meccanismo  dello  «scalare  inverso»
anche alle societa' private «scorporate», «prorogando  in  un  futuro
abnormemente lontano i termini per il controllo da parte  degli  enti
creditori» (sentenza n. 51, cit.). 
    VII. Con riguardo allo «stralcio» di cui al  citato  art.  4  del
decreto-legge  n.  119  del  2018,  valgano  le  seguenti   ulteriori
considerazioni. 
    VII.1. In punto di rilevanza, deve osservarsi,  anzi  tutto,  che
l'annullamento dei crediti in parola sicuramente travolgerebbe,  come
incontestato, almeno una parte dei carichi in giudizio, vale  a  dire
quelli di importo fino a 1.000 euro affidati tra il 2000 e  il  2008;
anche a voler accedere all'interpretazione restrittiva della norma di
interpretazione   autentica   sulla   nozione   di   «agenti    della
riscossione», limitandola ai soli crediti «ante  scorporo»,  comunque
l'annullamento travolgerebbe i carichi affidati antecedentemente allo
«scorporo» del 2006, qui in contestazione. 
    Inoltre,  stanti  il  tenore  letterale  della  disposizione   di
«stralcio» e «annullamento», nonche' la sua ratio, e' da ritenere  la
sua applicabilita' anche ai rapporti  pendenti  e  in  particolare  a
quelli sub iudice, tra cui rientrano quelli portati all'attenzione di
questa Corte dei conti. 
    In tal senso depone anche rinvio espresso all'art. 1, comma  529,
della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che vale ad esclude  in  radice
non  solo  l'applicazione  degli  articoli  19  e  20   del   decreto
legislativo 13 aprile 1999, n. 112 (concernenti,  per  l'appunto,  le
procedure di discarico per inesigibilita', i correlati controlli e la
responsabilita'  dell'agente),  ma  addirittura  la   responsabilita'
amministrativa e contabile dei soggetti interessati, fatta  eccezione
per le sole fattispecie dolose. 
    Per tal via, sui carichi in questione  la  legge  intende  porre,
all'evidenza, una pietra tombale, abbuonando non solo il  debito  dei
soggetti obbligati, ma  anche  l'eventuale  responsabilita'  connessa
alla mancata riscossione colposa,  prescindendo  completamente  dalla
situazione specifica del singolo credito o del singolo ente creditore
(salva l'esclusione di  alcune  tipologie  ritenute  «indisponibili»:
cfr.  art.  3,  comma  16,  lettere  a),  b)  e   c)   del   medesimo
decreto-legge). 
    VII.2. Si ripropongono, quindi, con riguardo a questa  operazione
legislativa  d'urgenza,   le   stesse   questioni   di   legittimita'
costituzionale gia' dinanzi illustrate con riferimento alle quote  di
importo fino a trecento euro (v. paragrafi  VI.1.  e  seguenti),  con
l'aggravante per cui, nel caso dello «stralcio»,  l'elisione  non  si
limita ai controlli dell'ente creditore, ma si  riferisce  al  carico
stesso. 
    Secondo quanto riferito dal Comune di Teramo, e  non  contestato,
in forza del citato art.  4  la  SOGET  ha  effettivamente  annullato
crediti del Comune di Teramo per complessivi euro 2.053.290,72. 
    VII.3. In aggiunta, appaiono condivisibili, e non  manifestamente
infondati, anche gli ulteriori profili di legittimita' costituzionale
prospettati dal comune e dalla procura regionale  con  riguardo  alla
disposizione in esame. 
    In riferimento agli articoli 114, 117 e 118  della  Costituzione,
assume rilievo  la  lesione  dell'autonomia  -  anche  finanziaria  -
dell'ente locale interessato, il quale si vede  annullare  con  legge
statale, in  via  di  straordinaria  urgenza  e  necessita',  crediti
«residui»  per  un  ingente   valore   complessivo,   senza   neppure
distinguere tra quelli  affidati  in  riscossione  prima  e  dopo  lo
«scorporo»,  prevedendosi   perfino   la   restituzione   di   quanto
eventualmente gia' pagato dai debitori dopo la  data  di  entrata  in
vigore del decreto-legge. 
    L'operazione, pur comportando inevitabili «effetti negativi»  per
l'ente locale, con effetto sul bilancio  2019,  prescinde  totalmente
non solo dalle valutazioni  ed  ipotetiche  determinazioni  dell'ente
medesimo   (al   quale   resta   pretermessa   qualsiasi   forma   di
compartecipazione alla gestione delle sorti dei propri  crediti),  ma
anche dalle caratteristiche concrete del magazzino di crediti oggetto
di  «stralcio»  (essendovi  intuitive,  rilevanti  differenze  tra  i
crediti statali e quelli degli enti locali), nonche' dallo stato  del
relativo  contenzioso,  senza  peraltro  prevedere  alcun  meccanismo
compensativo. 
    VII.4.  Del  tutto  eccentrico  appare,  inoltre,  il   correlato
meccanismo  di  esenzione   da   responsabilita'   amministrativa   e
contabile, mediante espressa «improcedibilita'» dei relativi giudizi,
che priva l'ente creditore della possibilita' di far valere eventuali
responsabilita'  dell'agente  riferibili  alla  perdita  del  proprio
credito o alla omessa coltivazione delle necessarie azioni  a  tutela
del credito stesso, ricadenti in epoca  anteriore  alla  disposizione
legislativa di «stralcio». 
    Non e' chi non veda,  ad  esempio,  come  la  mancata  originaria
notifica di una cartella di pagamento,  imputabile  all'agente  della
riscossione, o altre circostanze idonee a comportare la  perdita  del
diritto al discarico (di cui all'art. 19, comma 2, del citato decreto
legislativo  n.  112  del  1999),  ricadrebbero  automaticamente   ed
inesorabilmente sull'ente creditore, a distanza di un tempo  compreso
tra i dieci e i venti anni, senza alcuna possibilita' di  tutela  nei
confronti dell'agente inadempiente. 
    Per tal via, appare non manifestamente  infondata  la  violazione
dei principi costituzionali fondamentali di cui: all'art. 3, sotto il
profilo dell'irragionevolezza e dell'arbitrarieta'  dell'annullamento
indiscriminato di crediti, sulla sola base  del  relativo  importo  e
dell'anno di affidamento in riscossione; all'art. 24,  privandosi  il
comune del diritto ad attivare  o  proseguire  la  difesa  giudiziale
delle proprie ragioni e del proprio patrimonio, tanto  nei  confronti
del debitore, quanto nei  confronti  dell'agente,  pur  a  fronte  di
pregressi comportamenti gravemente colposi di quest'ultimo;  all'art.
53, risolvendosi l'annullamento  indiscriminato  del  debito  in  una
impropria esenzione d'imposta, con effetto retroattivo, per i carichi
fino a 1.000 euro. 
    Sotto  altro  profilo,   la   stessa   societa'   «scorporata» e'
arbitrariamente privata della possibilita' di beneficiare  dell'aggio
di riscossione, a fronte di crediti di importo modesto (e, come tale,
di piu' agevole realizzo in linea  di  principio)  ed  a  prescindere
dallo stato della procedura riguardante l'importo  «residuo»  oggetto
di «annullamento» automatico. 
    La  sentenza  n.  51  del  2019,  del  resto,   nel   ricostruire
minuziosamente e sistematicamente il quadro normativo  stratificatosi
nel corso del tempo, aveva tenuto ben distinta -  come  dinanzi  gia'
osservato - la posizione delle societa' pubbliche (subentrate agli ex
concessionari)  rispetto  alla  posizione  delle   societa'   private
«scorporate» operanti per gli enti territoriali; di tal che, puo' ora
seriamente dubitarsi, dopo la  norma  di  interpretazione  autentica,
della ragionevolezza della scelta legislativa nella parte in  cui  ha
automaticamente esteso la «rottamazione» anche ai rapporti  tra  enti
territoriali e societa' private scorporate, includendovi in linea  di
principio anche i carichi  affidati  successivamente  allo  scorporo,
incidendo cosi' nei rapporti convenzionali  tra  soggetti  privati  e
soggetti pubblici dotati di garanzie costituzionali di autonomia. 
    VIII. Per l'insieme delle ragioni fin qui esposte, avuto riguardo
alle sole disposizioni  che,  effettivamente,  assumono  concreta  ed
attuale rilevanza nell'ambito del presente giudizio,  ritiene  questa
Sezione  giurisdizionale  della  Corte  dei  conti  che   siano   non
manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale,
con riferimento agli articoli 3, 24, 53, 97, 81, 103, 111 e 119 della
Costituzione: 
        dell'art. 1, comma  687,  secondo  periodo,  della  legge  23
dicembre 2014, n. 190 (come autenticamente interpretato dall'art.  1,
comma 815, della legge 27 dicembre 2019, n. 160) nella parte  in  cui
prevede (in combinato disposto con il comma 684) che «il controllo di
cui all'art. 20 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112,  come
da ultimo sostituito dal comma 683 del presente articolo, puo' essere
avviato solo decorsi i termini previsti dal citato  comma  684»,  con
effetto anche per le societa' private «scorporate»; 
        dell'art. 1, comma  688,  secondo  periodo,  della  legge  23
dicembre 2014, n. 190, seconde cui «le quote inesigibili,  di  valore
inferiore o pari a 300 euro (...) non sono assoggettate al  controllo
di cui al citato art. 19». 
    Questa Sezione  ritiene,  inoltre,  che  siano  rilevanti  e  non
manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale,
con riferimento agli articoli 3, 24, 53, 97, 81, 103, 111, 114,  117,
118 e 119 della Costituzione: 
        dell'art.  4  del  decreto-legge  23  ottobre  2018,  n.  119
(convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2018, n.  136),
nella parte in cui prevede, anche agli effetti dei rapporti  pendenti
tra enti territoriali e societa' private  «scorporate»  (ex  art.  1,
comma 815, della  legge  27  dicembre  2019,  n.  160),  l'automatico
annullamento dei  debiti  di  importo  residuo  fino  a  mille  euro,
stabilendo altresi', mediante rinvio all'art.  1,  comma  529,  della
legge 24 dicembre 2012, n. 228, l'inapplicabilita' degli articoli  19
e 20 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 e, fatti salvi  i
casi di dolo, l'improcedibilita'  del  «giudizio  di  responsabilita'
amministrativo e contabile». 
    IX. Il presente giudizio deve essere quindi doverosamente sospeso
con  trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale  per   le
conseguenti valutazioni, ai sensi della legge 11 marzo 1953, n. 87. 
    X.  La  statuizione  sulle  spese  va  riservata  all'esito   del
giudizio. 
 
                              P. Q. M. 
 
    La Corte  dei  conti,  Sezione  giurisdizionale  per  la  Regione
Abruzzo, con pronuncia non definitiva, 
    Ravvisata la rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza,  con
riferimento agli articoli 3, 24, 53, 97, 81, 103, 111, 114, 117,  118
e  119  della   Costituzione,   delle   questioni   di   legittimita'
costituzionale: 
        dell'art. 1, commi  687,  secondo  periodo,  e  688,  secondo
periodo, in combinato disposto con  il  comma  684,  della  legge  23
dicembre 2014, n. 190, nonche' 
        dell'art.  4  del  decreto-legge  23  ottobre  2018,  n.  119
(convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2018, n.  136),
in combinato disposto  con  l'art.  1,  comma  529,  della  legge  24
dicembre 2012, n. 228; 
        come interpretati  autenticamente  dall'art.  1,  comma  815,
della legge 27 dicembre 2019, n. 160; 
    Ordina  l'immediata  trasmissione  degli  atti,  a   cura   della
segreteria, alla Corte costituzionale; 
    Sospende il giudizio fino alle conseguenti decisioni della  Corte
costituzionale, con onere di riassunzione a carico  delle  parti  nei
termini di legge; 
    Dispone che, a cura della segreteria, la presente  ordinanza  sia
notificata al Presidente del Consiglio dei ministri,  alle  parti  in
causa ed al pubblico ministero, e sia comunicata ai Presidenti  della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica ai sensi  dell'art.
23, ultimo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Riserva all'esito del giudizio la statuizione sulle spese; 
    Il Collegio, ravvisati gli estremi per  l'applicazione  dell'art.
52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante il «Codice
in  materia  di  protezione  dei  dati  personali»,  a  tutela  della
riservatezza del terzo indicato nella presente ordinanza, dispone che
a cura della segreteria venga apposta l'annotazione di cui al comma 3
di detto  art.  52  nei  riguardi  del  contribuente  indicato  nella
presente ordinanza; 
    Manda alla segreteria per gli adempimenti di competenza; 
        Cosi' deciso in L'Aquila nelle camere  di  consiglio  del  15
dicembre 2020 e del 25 maggio 2021. 
 
                     Il Presidente: Nispi Landi 
 
                                       Il giudice estensore: de Marco