N. 131 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 giugno 2021
Ordinanza del 18 giugno 2021 della Corte di cassazione nel procedimento penale a carico di B. A. e L.S. A.. Processo penale - Impugnazioni - Giudizio di cassazione - Cause di non punibilita', di improcedibilita', di estinzione del reato o della pena - Concorso di causa di estinzione del reato e di nullita' assoluta e insanabile - Giudizio di appello definito con sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, illegittimamente emessa in fase predibattimentale senza citazioni delle parti e comunque senza alcuna forma di contraddittorio - Interpretazione delle Sezioni unite della Corte di cassazione, considerata diritto vivente, che consente alla Corte di cassazione, investita da rituale ricorso dell'imputato, di dichiarare l'inammissibilita' del ricorso per carenza di interesse - Mancata previsione della declaratoria di annullamento della sentenza impugnata, con trasmissione degli atti alla Corte di appello per il giudizio di appello nel contraddittorio delle parti. - Codice di procedura penale, artt. 129, 568, comma 4, 591, comma 1, lettera a), 601, 605 e 620, in combinato disposto.(GU n.37 del 15-9-2021 )
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Prima sezione penale Composta da: Mariastefania Di Tomassi - Presidente; Filippo Casa; Palma Talerico; Giuseppe Santalucia - relatore; Francesco Centofanti; Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi proposti da: B. A. nato a ... il ...; L.S. A. nato a ... il ...; Avverso la sentenza del 24 settembre 2019 della Corte di appello di Milano; Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; Udita la relazione svolta dal consigliere Giuseppe Santalucia; Udito il pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore Luigi Orsi, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi; Udito il difensore: preliminarmente l'avv. Di Pietro in nome del suo assistito L.S. A. rappresenta l'interesse al ricorso ai fini della domanda di riparazione ingiusta detenzione e ne chiede l'accoglimento; l'avv. Lottini Riccardo del Foro di Grosseto in difesa di B. A. e anche in qualita' di sostituto processuale dell'avv. Germana' Tascona Nadia Giacomina del Foro di Milano, nomina dichiarata oralmente l'odierna udienza, conclude riportandosi ai motivi di ricorso e ne chiede l'accoglimento. Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Milano, in accoglimento della richiesta scritta del Procuratore generale, ha dichiarato, con sentenza predibattimentale e senza la partecipazione delle parti, il non doversi procedere nei confronti di A. B. e A.L. S. in ordine al delitto a loro ascritto al capo A) - in concorso con, tra gli altri, H. B. - di associazione a delinquere, con il ruolo di promotori e organizzatori, finalizzata alla commissione di piu' delitti di illegale esportazione di materiali di armamento e comunque di piu' delitti contrattazione finalizzata alla suddetta esportazione nonche' di esportazione non autorizzata di materiale a duplice uso, civile e militare, verso la Repubblica islamica dell'Iran, perche' estinto per prescrizione. Ha in particolare osservato che, nelle more della celebrazione del processo in appello, era maturato il termine di prescrizione. 2. Gia' in esito all'udienza preliminare era stata pronunciata sentenza di non luogo a procedere, nei confronti dei due imputati, con la formula piena della insussistenza dei fatti in ordine ai capi B), C) e D) relativi a distinti episodi di esportazione di materiali di armamento. 3. Successivamente, con la sentenza conclusiva del giudizio di primo grado, il Tribunale di Como assolve i due imputati, per non aver commesso il fatto, dal delitto-fine di cui al capo F), riqualificato come episodio di concorso nel tentativo di esportazione di materiali di armamento verso la Repubblica islamica dell'Iran, e dichiaro' l'estinzione per prescrizione del delitto-fine di cui al capo E), relativo ad un episodio di concorso nell'esportazione, con destinazione finale nella Repubblica islamica dell'Iran, di beni a duplice uso, civile e militare, in particolare respiratori subacquei e relativi accessori, in violazione dell'embargo internazionale esistente verso il Paese destinatario e comunque senza la prescritta autorizzazione. 4. Avverso la sentenza del Corte di appello hanno proposto ricorso i difensori di A. B. e di A.L. S. 5. Il difensore di A.L. S. ha dedotto vizio di violazione di legge. La sentenza e' viziata da nullita' assoluta e insanabile per essere stata pronunciata all'esito di una Camera di consiglio svoltasi senza dare avviso alle parti e quindi in loro assenza. Dagli atti del processo emergono comunque le cause che escludono la sussistenza del fatto e la sua rilevanza penale, in modo da dover essere soltanto constatate, sicche' non puo' trovare applicazione il principio per il quale, nel caso della contestuale ricorrenza nel giudizio di legittimita' di una causa estintiva del reato e di una nullita' assoluta, occorre dare prevalenza alla prima. Dalle due sentenze di merito si rileva che i tre imputati del delitto associativo non concordarono la commissione di un numero indeterminato di reati ma, eventualmente, soltanto una unica esportazione verso l'Iran di materiale a duplice uso, effettuata l'11 agosto 2009. Per questa ragione non si puo' attribuire al ricorrente e agli imputati B. e B. 10. la qualita' di associati: costoro, al piu', possono essere ritenuti concorrenti nel reato di contestazione al capo E). Lo stesso pubblico ministero chiese in primo grado l'assoluzione degli imputati dal fatto associativo, per la mancanza, venuti meno gli episodi di cui ai capi B), C) e D), dell'estrinsecazione operativa della supposta associazione. Per i giudici di merio, invece, la sussistenza del delitto associativo si ricaverebbe dalla finalizzazione alla commissione di un numero indeterminato di operazioni, come quelle di cui ai capi B), C) e D), la cui liceita' era stata gia' affermata con la sentenza di non luogo a procedere emessa all'esito dell'udienza preliminare. 6. Il difensore di A. B. ha dedotto vizio di violazione di legge nella parte in cui, con una sentenza viziata da nullita' assoluta, e' stata dichiarata l'estinzione del reato nonostante l'evidenza della insussistenza del reato associativo; ha quindi svolto argomentazioni sovrapponibili a quelle del ricorso proposto nell'interesse di A.L. S. e appena prima riassunte. 7. L'esame dei ricorsi, inizialmente fissato per l'udienza camerale ex art. 611 del codice di procedura penale del 10 luglio 2020, e' stata poi rinviata, con provvedimento presidenziale del 25 giugno 2020, all'odierna pubblica udienza. Si e' cosi' disposto sia perche' con trattazione in pubblica udienza hanno proceduto le Sezioni unite in una vicenda del tutto simile - v. Sez. U, n. 28954 del 17 aprile 2017, Iannelli, Rv. 269809/10 -, sia per restituire le parti al contraddittorio orale, di cui sono state private in grado di appello. 8. All'esito della pubblica udienza del 30 ottobre 2020 la Corte di cassazione ha pronunciato ordinanza con cui ha rimesso i ricorsi alle Sezioni unite, dissentendo dai principi di diritto espressi dal Supremo Collegio con la sentenza appena prima richiamata, ove si e' stabilito che, fermo il divieto di pronunciare in appello sentenza predibattimentale di proscioglimento ai sensi dell'art. 469 del codice di procedura penale, non puo' riconoscersi in capo all'imputato l'interesse al ricorso per cassazione ove con detta sentenza, emessa de plano, sia dichiarata, in riforma della condanna di primo grado, l'estinzione del reato per prescrizione; e cio' per la prevalenza della causa estintiva del reato sulla nullita' assoluta ed insanabile della sentenza pronunciata in violazione del contraddittorio, sempre che non risulti evidente la prova dell'innocenza, spettando in tal caso alla Corte di cassazione di adottare la formula di merito di cui all'art. 129, comma 2 del codice di procedura penale. Nell'ordinanza di rimessione per dissenso dal pronunciamento delle Sezioni unite si e' opposto che non puo' essere disconosciuto l'interesse dell'imputato al ricorso per cassazione nei confronti della sentenza che abbia rilevato l'estinzione del reato per prescrizione senza dare luogo al giudizio di appello. Si e' anzitutto rilevato che la sentenza, piu' che affetta da nullita' assoluta e insanabile, si palesa abnorme per esser pronunciata in difetto di potere in concreto, atteso che la legge processuale non consente che il giudizio di appello possa essere inibito da una sentenza predibattimentale; con la conseguente inapplicabilita' della regola di elaborazione giurisprudenziale della prevalenza della causa estintiva su eventuali patologie, pur gravi, occorse nei gradi di merito, sul presupposto che, rimosso l'atto viziato, il giudice del rinvio non potrebbe che ribadire la sussistenza della causa estintiva gia' dichiarata sia pure al di fuori di un corretto schema procedimentale. Si e' poi aggiunto che, a voler ritenere la nullita' e non l'abnormita' della sentenza, il mantenimento della regola della prevalenza della causa estintiva nel caso della sentenza predibattimentale di appello adottata de plano, connotata quindi dall'assenza del confronto dialettico anche sulla sussistenza della causa di estinzione, stabilizza un fenomeno, della sentenza emessa in assenza di giudizio, che pone il sistema processuale in tensione col principio costituzionale del contraddittorio e quindi del giusto processo. 9. Il Presidente aggiunto, con provvedimento del 10 dicembre 2020 adottato ai sensi dell'art. 172 disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, ha restituito gli atti al Presidente titolare della Prima sezione, «per una nuova valutazione sulla effettiva sussistenza dell'interesse all'impugnazione, profilo preliminare alla trattazione del merito del ricorso», rilevando che «l'assenza di interesse, ove esistente, preclude l'esame del potenziale contrasto ...». Ha sul punto osservato che nessuno dei due ricorrenti, nel denunciare la violazione dell'art. 129, comma 2 del codice di procedura penale per non avere il giudice di appello valutato le ragioni dell'evidenza della insussistenza del reato, ha manifestato la volonta' di rinunciare alla prescrizione maturata e dichiarata dal giudice. Da qui l'avvertita esigenza di una preliminare valutazione sulla esistenza o meno di un interesse concreto e attuale, in capo ai ricorrenti, all'annullamento della sentenza in vista dello svolgimento in forma partecipata dell'udienza, «astrattamente funzionale alla manifestazione della rinuncia alla prescrizione rispetto alla quale e' desumibile chiaramente la volonta' di avvalersene». 10. All'odierna udienza, fissata in seguito al provvedimento di restituzione degli atti, il Procuratore generale ha richiesto il rigetto dei ricorsi e i difensori hanno insistito per l'annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Ambedue i ricorrenti si sono doluti della violazione del contraddittorio consumata in grado di appello, e della conseguente nullita' assoluta della sentenza che, senza alcuna formalita' di procedura, ha dichiarato il non luogo a procedere per estinzione del reato conseguente alla maturazione del periodo di prescrizione. Il profilo e' regolato alla stregua di una ricostruzione interpretativa fatta propria dalle Sezioni unite - Sez. U, n. 28954 del 27 aprile 2017, Iannelli, Rv. 269809/10 - che, da un lato, hanno affermato l'esistenza di una nullita' assoluta ed insanabile della sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato per prescrizione emessa dalla Corte di appello de plano e quindi senza fissazione di udienza con avviso alle parti, in specie all'imputato appellante avverso la pronuncia di condanna in primo grado; e, dall'altro, hanno escluso che la Corte di cassazione, investita del ricorso contro la sentenza affetta da nullita', ne possa decretare l'annullamento con rinvio, perche' il giudice del rinvio - questo l'assunto - altro non potrebbe fare che reiterare la dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, gia' rilevata, sia pure con procedura illegittima, dal giudice di appello. Per le ragioni che di seguito si espongono, questa regola di elaborazione giurisprudenziale, che costituisce diritto vivente, si pone in contrasto con i principi costituzionali di ragionevolezza, di inviolabilita' del diritto di difesa e di giusto processo. Si solleva pertanto la questione di costituzionalita' della interpretazione a cui la giurisprudenza e' pervenuta in ordine al combinato disposto delle disposizioni codicistiche in punto di immediata declaratoria delle cause di non punibilita', di interesse attuale e concreto come requisito di ammissibilita' delle impugnazioni, di predibattimento di appello che non conosce la possibilita' di definizione anticipata e di poteri di annullamento della Corte di cassazione. 2. L'impostazione accolta dalle Sezioni unite impone di ritenere che il ricorso avverso una sentenza adottata de plano sia inammissibile per difetto di un interesse concreto ed attuale perche' l'eventuale provvedimento favorevole - l'annullamento della sentenza impugnata - non potrebbe arrecare alcun vantaggio alla posizione del ricorrente. Si tratterebbe di fare applicazione di un principio da tempo stabilito, secondo cui «in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimita' vizi della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (in motivazione, la sentenza Iannelli citata ha affermato che detto principio trova applicazione anche in presenza di una nullita' d'ordine generale)» - come gia' sostenuto da Sez. U, n. 35490 del 28 maggio 2009, Tettamanti, Rv. 244275 -. Resta fermo, pero', l'obbligo della Corte di cassazione - e qui la possibilita' di un'alternativa decisoria - di far prevalere, ove ricorra la condizione di evidenza, la pronuncia di assoluzione piu' favorevole, ancora una volta secondo un principio di diritto gia' da tempo affermato, per il quale «in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice e' legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'art. 129, comma secondo del codice di procedura penale soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, cosi' che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga piu' al concetto di constatazione, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di apprezzamento e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessita' di accertamento o di approfondimento» - Sez. U, n. 35490 del 28 maggio 2009, Tettamanti, Rv. 244274 -. 3. Il provvedimento di restituzione degli atti emesso ai sensi dell'art. 172 disposizioni di attuazione del codice di procedura penale dal Presidente aggiunto ha contribuito a consolidare l'indirizzo interpretativo della sentenza Iannelli delle Sezioni unite - Sez. U, n. 28954 del 27 aprile 2017, Iannelli, Rv. 269809/10 -. Si e' di fronte ad una interpretazione costitutiva di un diritto vivente, suscettibile di scrutinio di costituzionalita', non soltanto perche' fatta propria dalle Sezioni unite, e in seguito adottata dalla giurisprudenza delle Sezioni semplici - v. Sez. 2, n. 46776 del 26 settembre 2018, Rv. 274465; Sez. 3, n. 52834 del 31 maggio 2018, Rv. 274562; Sez. 3, n. 15758 del 30 gennaio 2020, Rv. 279272 -, ma anche per l'infruttuosita' del tentativo preliminarmente operato da questa Sezione di sollecitare alle stesse Sezioni unite una revisione interpretativa. 4. La Corte costituzionale ha da tempo riconosciuto che l'intervento delle Sezioni unite determina l'esistenza di un diritto vivente. Si possono ora ricordare, tra le altre, Corte costituzionale n. 350 del 1985, che individuo' il diritto vivente nell'interpretazione offerta da due ordinanze delle Sezioni unite; Corte costituzionale n. 260 del 1992, che rilevo' il contrasto dell'interpretazione prospettata dal giudice a quo con il diritto vivente formatosi per effetto della soluzione adottata dalle Sezioni unite; Corte costituzionale (ord.) n. 32 del 1998, che parimenti censuro' l'interpretazione proposta dal giudice remittente perche' in contrasto con il diritto vivente formatosi a seguito della pronuncia delle Sezioni unite; Corte costituzionale n. 290 del 2005, che qualifico' l'indirizzo consolidato delle Sezioni unite come diritto vivente, rispetto al quale non erano piu' proponibili decisioni interpretative. Piu' recentemente Corte costituzionale n. 117 del 2012, ha sottolineato che l'interpretazione proposta dal giudice remittente costituiva regola di diritto vivente, in quanto enunciata dalle Sezioni unite nell'esercizio della funzione nomofilattica. E da ultimo Corte costituzionale n. 17 del 2021 ha rinvenuto un diritto vivente nello stabile orientamento della giurisprudenza di legittimita' formatosi grazie ad una pronuncia delle Sezioni unite poi seguita da una decisione di una Sezione semplice. 5. Come e' noto, plurime sono le conseguenze connesse all'esistenza di un diritto vivente, e in specie di quello formatosi per intervento delle Sezioni unite. 5.1. Una prima e' che il giudice comune viene sollevato dall'onere di interpretazione costituzionalmente orientata quale requisito di ammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale secondo quel principio espresso dalla Corte costituzionale, sin dalla sentenza n. 356 del 1966 e poi costantemente ribadito, secondo cui «le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perche' e' possibile darne interpretazioni incostituzionali ..., ma perche' e' impossibile darne interpretazioni costituzionali». Il giudice remittente viene pero' gravato dell'onere di dare atto dell'esistenza di un univoco indirizzo giurisprudenziale costitutivo, appunto, di un diritto vivente, e di ricostruirne correttamente i contorni, non potendo essere sufficiente il richiamo generico alla giurisprudenza assolutamente prevalente - Corte costituzionale n. 217 del 2010 -. 5.2. Una seconda, che attiene specificamente alle sezioni della Corte di cassazione, e' l'impossibilita' di ricercare altre soluzioni interpretative ove quella cristallizzata in diritto vivente appaia di dubbia costituzionalita', posto che hanno l'obbligo, in ogni caso in cui dissentano dall'orientamento consolidatosi in virtu' di un intervento delle Sezioni unite, di rimettere nuovamente ad esse la questione - art. 618, comma 1-bis del codice di procedura penale -. Quanto osservato da Corte costituzionale n. 350 del 1997 circa l'inesistenza di un obbligo di conformazione agli orientamenti della Corte di cassazione, con l'eccezione del giudizio di rinvio, vale, come in quel contesto affermato, per il giudice di merito, e non gia' per le Sezioni della Corte stessa in riferimento ai principi di diritto espressi dalle Sezioni unite. Soltanto per il giudice di merito puo' valere quell'alternativa decisoria descritta dalla Corte costituzionale nella menzionata sentenza, secondo cui «in presenza di un diritto vivente non condiviso ... perche' ritenuto costituzionalmente illegittimo» il giudice a quo ha «la facolta' di optare tra l'adozione ... di una diversa interpretazione, oppure - adeguandosi al diritto vivente - la proposizione della questione davanti a questa Corte». 5.3. Una terza, relativa ai limiti del potere interpretativo della Corte costituzionale che, secondo quanto elaborato dalla sua stessa giurisprudenza, ha imposto a se' stessa dei limiti nell'attivita' interpretativa, escludendo di poter opporre una propria lettura della disposizione censurata qualora il significato normativo a quest'ultima attribuibile risulti gia' elaborato da un costante orientamento della giurisprudenza comune. Corte costituzionale n. 299 del 2005 ha chiaramente affermato che rispetto al diritto vivente non sono piu' proponibili decisioni interpretative e, appena dopo Corte costituzionale n. 266 del 2006 ha ribadito che in presenza di un diritto vivente non ha possibilita' di proporre differenti soluzioni interpretative ma deve limitarsi a verificare se lo stesso sia o meno conforme ai principi costituzionali. 6. Il diritto vivente e' tale se costituito da una interpretazione giurisprudenziale che assuma i caratteri di costanza e ripetizione - Corte costituzionale n. 242 del 2008 -, sicche' vanno indagati gli orientamenti della giurisprudenza di legittimita' successivi alla decisione delle Sezioni unite, per valutare se l'interpretazione ritenuta non conforme a Costituzione possa dirsi indebolita o incrinata e se, di conseguenza, risulti infirmato il presupposto necessario alla rilevazione della questione di costituzionalita'. Le sentenze successive hanno disatteso il principio di diritto delle Sezioni unite ma cio' hanno fatto in situazioni significativamente diverse da quella presa in esame dal Supremo Collegio, sicche' e' da escludersi che abbiano dato vita ad un orientamento dissenziente. 6.1. L'interesse al ricorso per cassazione e' stato riconosciuto in un caso tutt'affatto particolare, di una sentenza predibattimentale d'appello dichiarativa dell'estinzione del reato per prescrizione che ha, pero', confermato la confisca disposta in primo grado. Si e' affermato che l'imputato «ha diritto allo svolgimento dell'udienza dibattimentale di appello al fine di poter espletare compiutamente la propria attivita' difensiva anche su tale punto» - Sez. 2, n. 11042 del 15 gennaio 2020, Rv. 278524; v., anche, Sez. 3, n. 40522 del 20 giugno 2019, Rv. 277050 -. Allo stesso modo, e in via speculare, si e' riconosciuto l'interesse al ricorso del pubblico ministero avverso la sentenza predibattimentale del giudice di appello dichiarativa de plano dell'estinzione del reato con il contestuale ordine di restituzione delle cose sequestrate a seguito della revoca della confisca disposta in primo grado, e cio' perche' la parte pubblica ha «diritto allo svolgimento dell'udienza dibattimentale di appello al fine di poter spiegare compiutamente il diritto di azione anche su tale punto» - Sez. 3, n. 10376 del 19 dicembre 2019, dep. 2020, Rv. 278539 -. E' agevole rilevare che non si e' di fronte a posizioni contrarie al pronunciamento delle Sezioni unite, quanto ad una significativa diversita' della vicenda per il fatto che ora la conferma ora la revoca della confisca disposta in primo grado costituiscono statuizioni accessorie alla sentenza di proscioglimento per prescrizione, rispetto alle quali l'interesse alla impugnazione delle parti merita di essere apprezzato secondo gli ordinari criteri. A nulla rileva, in riguardo ad esse, l'osservazione che, pur annullata la sentenza emessa in difetto di contraddittorio, il giudice del rinvio altro non potrebbe fare se non confermare la dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, per l'ovvia ragione che l'esito del giudizio di rinvio per questa parte non e' per nulla scontato. 6.2. Lo stesso ragionamento vale per le eventuali statuizioni civili, e quindi per la condanna al risarcimento dei danni da reato pronunciata in primo grado. E infatti, coerentemente si e' detto che «e' affetta da nullita' insanabile la sentenza predibattimentale con la quale il giudice di appello dichiari l'estinzione del reato per prescrizione, qualora in primo grado la parte civile abbia proposto richiesta di condanna dell'imputato al risarcimento dei danni, in quanto solo nel risarcimento puo' procedersi alla delibazione di merito relativamente ai capi della sentenza che concernono gli interessi civili, nel contraddittorio delle parti» - Sez. 2, n. 32477 del 25 settembre 2020, Rv. 280066 -. La condanna civile, accessoria a quella penale, puo' resistere, come e' noto, alla riforma di quest'ultima nei gradi di impugnazione, ma occorre che la sua fondatezza, se richiesto dall'imputato impugnante, sia opportunamente verificata dal giudice superiore, sicche' non puo' avere incidenza, ai fini dell'apprezzamento di un interesse concreto ed attuale al ricorso, il fatto che manchi l'evidenza della prova di innocenza necessaria a far si' che la pronuncia di proscioglimento dell'estinzione del reato per prescrizione ceda ad una assoluzione nel merito. 6.3. E' infine privo di incidenza l'altro principio di diritto, pronunciato successivamente alla decisione delle Sezioni unite che ha strutturato un diritto vivente in punto di inammissibilita' del ricorso, secondo cui va annullata senza rinvio, in accoglimento di un ricorso evidentemente ammissibile perche' sostenuto da interesse concreto ed attuale, la sentenza «d'appello pronunciata de plano in violazione del contradditorio tra le parti, che, in riforma della decisione di condanna di primo grado, dichiari l'estinzione del reato per prescrizione ... allorche' l'imputato rinunci alla prescrizione ... allegando, cosi', un interesse concreto ed attuale alla celebrazione del giudizio di appello da lui promosso» - Sez. 3, n. 15758 del 30 gennaio 2020, Rv. 279272 -. La soluzione da ultimo prospettata, e' appena il caso di precisare, non e' coerente al sistema delineato dalla stessa giurisprudenza di legittimita', secondo cui l'imputato puo' rinunciare alla prescrizione soltanto dopo che essa sia maturata ma non ancora dichiarata. L'anomalia e' conseguente alla necessita' di misurarsi con la peculiarita' della vicenda, dato che prima della sentenza predibattimentale d'appello l'imputato non avrebbe avuto modo di rinunciare alla prescrizione, in quanto ancora non maturata, e dopo invece si trova con una estinzione gia' dichiarata e quindi, a rigore, nell'impossibilita' di rinunciare a cio' che e' stato gia' deciso. Da qui l'inevitabilita' di una deroga a consolidati principi, introdotta - ed e' cio' che ora interessa - proprio al fine di stabilizzare l'orientamento avallato dalle Sezioni unite. Si tratta, infatti, di una soluzione di mero adattamento alla ricostruzione interpretativa incentrata sul disconoscimento dell'interesse al ricorso in capo all'imputato che intenda dolersi della dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione operata de plano ma per motivi diversi dalla nullita' assoluta della sentenza predibattimentale d'appello per violazione del contraddittorio. 7. La questione di costituzionalita' e' rilevante, per la semplice ragione che il Collegio e' chiamato a fare applicazione della soluzione interpretativa, ritenuta di dubbia legittimita', senza che gli sia consentito cimentarsi in opzioni interpretative diverse. Si e' prima detto della infruttuosita' del tentativo, opportunamente esperito, di sollecitare una rinnovata riflessione delle Sezioni unite, dato che i ricorsi, rimessi alla loro valutazione con ordinanza del 30 ottobre 2020, sono stati restituiti. Il Presidente aggiunto ha fatto esercizio dei poteri di cui all'art. 172 disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, ritenendo che le considerazioni poste a base della richiesta di riesame non fossero «adeguatamente calibrate al caso concreto». Occorre allora preliminarmente saggiare se le caratteristiche dei casi oggetto dei ricorsi siano tali, come adombrato dal provvedimento di restituzione ex art. 172 disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, da non imporre l'applicazione del principio di diritto fissato dalla sentenza delle Sezioni unite. Se cosi' fosse - ma non lo e' -, la questione risulterebbe privata del carattere della rilevanza perche' il giudizio dovrebbe essere definito con l'applicazione di altro e diverso apparato regolativo. 8. Non e' dubbio che nessuno dei due ricorrenti abbia, in uno con la proposizione dei ricorsi, rinunciato alla prescrizione. Cio', pero', non fa perdere di centralita' alla regola di derivazione giurisprudenziale, della prevalenza in ogni caso della causa estintiva sulla nullita' anche assoluta consumatasi nel giudizio di merito, ed anzi la rafforza come parametro normativo di immediata valutazione della vicenda. Ammesso che si possa rinunciare ad una prescrizione gia' dichiarata con una sentenza a cui la giurisprudenza, pur valutandone i profili di nullita', assicura stabilita' e resistenza all'impugnazione, non va ignorato che, ove la rinuncia fosse stata fatta, la situazione sarebbe significativamente mutata e si sarebbe sottratta all'ambito operativo della regola di invenzione giurisprudenziale della prevalenza della causa estintiva sulla eventuale nullita', anche assoluta. E' ovvio che una valida rinuncia avrebbe sgombrato il campo dalla causa di estinzione del reato e avrebbe inibito il ricorso al criterio della prevalenza, premessa dell'apprezzamento della carenza di interesse al ricorso. E invece, e' proprio l'assenza di rinuncia alla prescrizione ad accordare rilevanza alla regola plasmata dalle Sezioni unite e a dare centralita' alla loro ricostruzione interpretativa. 9. Alla declaratoria di inammissibilita' dei ricorsi non puo' giungersi per altra via che non sia quella imposta dalla soluzione accolta da S.U. Iannelli e ribadita nel provvedimento di restituzione alla Sezione semplice del presente ricorso, che il Collegio pero' non condivide, perche' confliggente con il principio di effettivita' del contraddittorio nell'esercizio della giurisdizione e con la nozione stessa di «giudizio di impugnazione». Non persuade l'affermazione per la quale l'annullamento della sentenza emessa de plano, e quindi in assenza di giudizio, sarebbe del tutto inutile perche' sarebbe funzionale soltanto alla possibilita' per gli imputati ricorrenti di rinunciare alla prescrizione nel corso di una udienza partecipata dinnanzi al giudice del rinvio quando costoro, che pure invocano questa soluzione, hanno chiaramente dimostrato la volonta' di volersi avvalere della causa estintiva. Il rinvio, per il vero, sarebbe naturalmente finalizzato allo svolgimento del giudizio di appello nel cui ambito, seppure non siano state avanzate con l'atto di appello richieste di rinnovazione istruttoria, potrebbe svolgersi con la dovuta ampiezza quel controllo sulla prevalenza di una eventuale causa di proscioglimento nel merito sulla causa di estinzione del reato, a cui rimanda in termini di doverosita' legata all'evidenza della prova di innocenza l'art. 129, comma 2 del codice di procedura penale. E' appena il caso di osservare che la regola da ultimo richiamata opera diversamente nel giudizio di merito e in quello di legittimita' in conseguenza della diversa ampiezza dei poteri del giudice. Il giudice di legittimita' e' vincolato, nel suo sindacato, al testo del provvedimento impugnato e non ha la possibilita' di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni del giudice del merito o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali - tra le molte, Sez. U, n. 6402 del 30 aprile 1997, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24 novembre 1999, Rv. 214794 -. E' logica conseguenza che il suo potere di apprezzamento della evidenza di innocenza sia giocoforza meno incisivo in ragione del minor ambito della cognizione. 10. Merita di essere considerato, ai fini dell'apprezzamento dell'interesse all'impugnazione finalizzata allo svolgimento del giudizio di merito imprevedibilmente negato, che il difensore di A.L. S. ha prospettato all'odierna udienza l'interesse ad una verifica nel merito anche ai fini della futura domanda di riparazione per ingiusta detenzione e che la legge di bilancio 2021 - legge n. 178 del 2020 - all'art. 1, comma 1015, ha previsto per gli imputati assolti con formule in fatto - il fatto non sussiste, l'imputato non lo ha commesso, il fatto non costituisce reato o non e' previsto dalla legge come reato - il diritto al rimborso delle spese legali. 11. Insomma, la questione e' rilevante perche' la vicenda prospettata dai ricorsi coincide pienamente con quella a fondamento della pronuncia con cui le Sezioni unite hanno negato al ricorrente l'interesse all'impugnazione sulla base di un ragionamento che si pone in contrasto con alcuni principi costituzionali. E non v'e' modo, per quanto sino ad ora argomentato, di definire il giudizio di legittimita' senza fare applicazione del combinato disposto della cui costituzionalita' si dubita. 12. La questione non e' manifestamente infondata. La prevalenza della causa estintiva sulla eventuale nullita', anche assoluta, incorsa nel giudizio di merito fu affermata dalla giurisprudenza di legittimita' molti anni addietro. Nella vigenza del codice di rito del '30 le Sezioni unite stabilirono la prevalenza della causa estintiva (in specie dell'amnistia) sulla nullita' a condizione che non si trattasse di nullita' assoluta ed insanabile capace di invalidare l'intero procedimento ed afferente ad un atto non suscettibile di rinnovazione. La prevalenza dell'amnistia fu cosi' negata in riguardo a nullita' di tali dimensioni e gravita' da invalidare la costituzione dell'intero rapporto processuale - Sez. U, n. 1785 del 27 novembre 1982, dep. 1983, Rv. 157662 -. Successivamente, lo stesso principio fu affermato da Sez. U, n. 2407 del 31 gennaio 1987, Rv. 175210, che ribadi' che la declaratoria di estinzione del reato, «in caso di impugnazione di una sentenza dopo la cui pronuncia sia intervenuta amnistia per il reato ascritto all'impugnante», dovesse prevalere sulle nullita' non incidenti sull'inizio dell'azione penale ma relative a momenti successivi, si' da non refluire ne' sulla validita' di costituzione del rapporto processuale, ne' sul corretto esercizio dei diritti di difesa dell'imputato. 13. Ancora dopo, entrato in vigore il codice del 1988, altra importante pronuncia delle Sezioni unite affronto', in linea con i precedenti arresti, il tema dell'interesse all'impugnazione a fronte di una causa estintiva venuta in essere al momento della decisione sul gravame. In senso significativamente difforme da quanto ora forma diritto vivente, le Sezioni unite statuirono che il fatto che il reato risultasse prescritto all'atto della pronuncia del giudice di legittimita' non avrebbe escluso - qualora si fosse accertato che l'impugnazione esperibile non era il ricorso per cassazione, ma l'appello - la qualificazione dell'atto in termini di appello, «restando cosi' rimessa al giudice di merito competente la valutazione dell'eventuale sussistenza di taluna delle ipotesi, prevalenti sull'estinzione del reato, previste dall'art. 129 stesso codice» - Sez. U, n. 7902 del 3 febbraio 1995, Rv. 201547 -. Il ragionamento sotteso, benche' non esplicitato in motivazione, sembra facilmente comprensibile. La prevalenza delle condizioni per la pronuncia di una assoluzione nel merito puo' essere meglio valutata dal giudice di appello, nell'esercizio di poteri di cognizione della vicenda processuale fisiologicamente piu' ampi, e pertanto, ove il giudizio di appello non si sia svolto, il giudice di legittimita', anche se ricorre una causa estintiva del reato, non puo' ritenere superfluo l'annullamento con rinvio sul presupposto che la regola di prevalenza di cui all'art. 129, comma 2 del codice di procedura penale operi in ogni stato e grado del processo, e quindi anche nel giudizio di legittimita'. 14. In tempi meno distanti la questione della prevalenza della causa estintiva sulla nullita', anche assoluta, e' stata affrontata nuovamente dalle Sezioni unite. Sez. U, n. 1021 del 28 novembre 2001, dep. 2002, Cremonese, Rv. 220511, statui' che, «qualora gia' risulti una causa di estinzione del reato, la sussistenza di una nullita' di ordine generale non e' rilevabile nel giudizio di legittimita', in quanto l'inevitabile rinvio al giudice del merito e' incompatibile con il principio dell'immediata applicabilita' della causa estintiva». Qualche mese dopo, Sez. U, n. 17179 del 27 febbraio 2002, Conti, Rv. 221403, con argomentazioni diffuse, ribadi' che «il principio di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilita' sancito dall'art. 129 del codice di procedura penale impone che nel giudizio di cassazione, qualora ricorrano contestualmente una causa estintiva del reato e una nullita' processuale assoluta e insanabile, sia data prevalenza alla prima, salvo che l'operativita' della causa estintiva non presupponga specifici accertamenti e valutazioni riservati al giudice di merito, nel qual caso assume rilievo pregiudiziale la nullita', in quanto funzionale alla necessaria rinnovazione del relativo giudizio». Da ultimo, come gia' ricordato, Sez. U, n. 35490 del 28 maggio 2009, Tettamanti, Rv. 2442750, ha riaffermato il principio per cui «in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimita' vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva. (In motivazione, la S. C. ha affermato che detto principio trova applicazione anche in presenza di una nullita' di ordine generale)». 15. Tra questi precedenti, tutti richiamati dalla sentenza Iannelli, la pronuncia che piu' diffusamente ha dato conto della prevalenza della causa estintiva e' pero' la sentenza delle S. U. Conti. La sentenza Conti si occupo' di una vicenda caratterizzata dalla nullita' assoluta per omessa citazione dell'imputato per il giudizio di primo grado a cui era poi seguita, dopo la conferma in appello della condanna, la prescrizione del reato maturata in forza del riconoscimento delle attenuanti generiche ad opera del giudice di appello. E si interrogo' sul se - accertata la nullita' assoluta della vocatio in iudicium per il giudizio di primo grado - dovesse prevalere la declaratoria della causa estintiva nel frattempo maturata. Affermo' quindi, in discontinuita' con l'orientamento precedente favorevole alla prevalenza della nullita', se assoluta e insanabile - cfr. Sez. U, n. 2407 del 31 gennaio 1987, Tanzi, Rv. 175210 -, che dovesse prevalere la causa estintiva, avendo pero' cura di apportare due importanti precisazioni di contenimento del principio, fatto salvo ovviamente il limite dell'evidenza di innocenza. La prima precisazione, ribadita anche dalla sentenza Iannelli, e' che la rilevazione della nullita' non abbia carattere pregiudiziale rispetto alla causa estintiva, ossia che non si ponga, nella specifica vicenda, «come antecedente logico, legato in modo strumentalmente necessario, alla declaratoria della causa estintiva, nel senso che l'accertamento di questa presuppone il regolare svolgimento del giudizio di merito, per l'acquisizione di dati fattuali funzionali all'applicabilita' della prescrizione». L'altra precisazione, che forse piu' che un limite esterno e' una precondizione perche' operi la prevalenza, e' che l'immediata applicabilita' della causa estintiva, pur nell'anomalia della situazione processuale, non risulti in contrasto «con le linee essenziali del sistema»; cio' e' possibile affermare dal momento che «comunque sul punto specifico e' assicurato il contraddittorio tra le parti...». 16. L'ultima affermazione rimanda alla peculiarita' della vicenda che la sentenza Conti si trovo' a regolare, ossia di una nullita', seppure assoluta, che non aveva pero' compresso il contraddittorio preliminare alla pronuncia sulla causa estintiva. Nel diritto vivente inaugurato dalla sentenza Iannelli, invece, e' proprio il contraddittorio a venir meno, in modo radicale ed assoluto e con preclusione quindi anche al suo strutturarsi in ordine alla ricorrenza o meno della causa estintiva. 17. Nel caso della sentenza predibattimentale di appello adottata de plano manca del tutto il giudizio, la cui assenza genera la nullita' assoluta. Non si tratta di nullita' che afferisce, come nei precedenti arresti delle Sezioni unite, ad un atto del processo che, nonostante l'atto invalido, abbia avuto modo di svolgersi, ma proprio all'assenza del processo di appello. 18. Il diritto vivente che ora si e' strutturato e' allora solo in apparenza in linea di continuita' con l'elaborazione precedente che, pur con le soluzioni piu' avanzate, ha giustificato la prevalenza della causa estintiva sulla nullita' anche assoluta in contesti processuali che comunque non avevano negato nella sua materialita' il giudizio. Si e' in tal modo stabilizzata una soluzione che, ad avviso del Collegio, si pone in radicale contrasto con i principi costituzionali di ragionevolezza, di inviolabilita' del diritto di difesa e di indefettibilita' del giusto processo. Il contraddittorio tra le parti, valore di rango costituzionale (art. 111, secondo comma della Costituzione), ampiamente valorizzato anche dalla giurisprudenza della Corte EDU, non solo e' posto a presidio dell'effettivita' del diritto di difesa, ma rappresenta, oggettivamente, il postulato indefettibile (la Grundnorm) di ogni pronuncia terminativa del processo che abbia forma di sentenza. «Giudizio» e «contraddittorio» esprimono, in altri termini, un binomio indissolubile; sicche' la regola della prevalenza della formula terminativa del procedimento per una delle ipotesi previste dall'art. 129, comma 1 del codice di procedura penale su una causa di nullita', persino assoluta, non sembra al Collegio potersi esplicare qualora la nullita' non si collochi nell'ambito di un giudizio, ma derivi, piu' radicalmente, dall'assenza di questo: pena la collisione con i richiamati parametri costituzionali. E non pare contestabile che una sentenza sul merito dell'azione penale pronunziata de plano, senza alcuna forma di interlocuzione, neppure cartolare, con la difesa dell'imputato, equivalga a una decisione emessa «al di fuori di un giudizio». 19. E' dunque rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione - e va pertanto sollevata d'ufficio - la questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 129; 568, comma 4; 591, comma 1, lettera a); 601; 605 e 620 del codice di procedura penale in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, nella parte in cui, in caso di giudizio di appello definito con sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, illegittimamente emessa in fase predibattimentale senza citazione delle parti e comunque senza alcuna forma di contraddittorio, consente alla Corte di cassazione, investita da rituale ricorso dell'imputato, di dichiarare l'inammissibilita' del ricorso per carenza d'interesse, e non prevede invece la declaratoria di annullamento della sentenza impugnata, con trasmissione degli atti alla Corte di appello per il giudizio di appello nel contraddittorio delle parti. A norma dell'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, deve essere dichiarata la sospensione del presente procedimento, con l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. La cancelleria provvedera' alla notifica di copia della presente ordinanza alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri; e alla comunicazione ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.
P. Q. M. Solleva d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 129; 568, comma 4; 591, comma 1, lettera a); 601; 605 e 620 del codice di procedura penale in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, nella parte in cui, in caso di giudizio di appello definito con sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, illegittimamente emessa in fase predibattimentale senza citazione delle parti e comunque senza alcuna forma di contraddittorio, consente alla Corte di cassazione, investita da rituale ricorso dell'imputato, di dichiarare l'inammissibilita' del ricorso per carenza d'interesse, e non prevede invece la declaratoria di annullamento della sentenza impugnata, con trasmissione degli atti alla Corte di appello per il giudizio di appello nel contraddittorio delle parti. Sospende il giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata ai ricorrenti, al Procuratore generale presso la Corte di cassazione, al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti della due Camere del Parlamento. Cosi' deciso il 27 aprile 2021. Il Presidente: Di Tomassi Il consigliere-estensore: Santalucia