N. 131 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 giugno 2021

Ordinanza  del  18  giugno  2021  della  Corte  di   cassazione   nel
procedimento penale a carico di B. A. e L.S. A.. 
 
Processo penale - Impugnazioni - Giudizio di cassazione  -  Cause  di
  non punibilita', di improcedibilita', di  estinzione  del  reato  o
  della pena - Concorso  di  causa  di  estinzione  del  reato  e  di
  nullita' assoluta e insanabile - Giudizio di appello  definito  con
  sentenza di non doversi  procedere  per  intervenuta  prescrizione,
  illegittimamente emessa in fase predibattimentale  senza  citazioni
  delle parti e comunque senza  alcuna  forma  di  contraddittorio  -
  Interpretazione delle Sezioni  unite  della  Corte  di  cassazione,
  considerata diritto vivente, che consente alla Corte di cassazione,
  investita  da  rituale   ricorso   dell'imputato,   di   dichiarare
  l'inammissibilita' del ricorso per carenza di interesse  -  Mancata
  previsione  della  declaratoria  di  annullamento  della   sentenza
  impugnata, con trasmissione degli atti alla Corte di appello per il
  giudizio di appello nel contraddittorio delle parti. 
- Codice di procedura penale, artt. 129, 568, comma 4, 591, comma  1,
  lettera a), 601, 605 e 620, in combinato disposto. 
(GU n.37 del 15-9-2021 )
 
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                        Prima sezione penale 
 
    Composta da: 
        Mariastefania Di Tomassi - Presidente; 
        Filippo Casa; 
        Palma Talerico; 
        Giuseppe Santalucia - relatore; 
        Francesco Centofanti; 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi proposti da: 
        B. A. nato a ... il ...; 
        L.S. A. nato a ... il ...; 
    Avverso la sentenza del 24 settembre 2019 della Corte di  appello
di Milano; 
    Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; 
    Udita la relazione svolta dal consigliere Giuseppe Santalucia; 
    Udito il pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Luigi Orsi, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi; 
    Udito il difensore: 
        preliminarmente l'avv. Di Pietro in nome  del  suo  assistito
L.S. A. rappresenta l'interesse al ricorso ai fini della  domanda  di
riparazione ingiusta detenzione e ne chiede l'accoglimento; 
        l'avv. Lottini Riccardo del Foro di Grosseto in difesa di  B.
A. e anche in qualita' di sostituto  processuale  dell'avv.  Germana'
Tascona  Nadia  Giacomina  del  Foro  di  Milano,  nomina  dichiarata
oralmente l'odierna  udienza,  conclude  riportandosi  ai  motivi  di
ricorso e ne chiede l'accoglimento. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. La Corte di appello di Milano, in accoglimento della richiesta
scritta  del  Procuratore  generale,  ha  dichiarato,  con   sentenza
predibattimentale e senza  la  partecipazione  delle  parti,  il  non
doversi procedere nei confronti di A. B.  e  A.L.  S.  in  ordine  al
delitto a loro ascritto al capo A) - in concorso con, tra gli  altri,
H. B. - di associazione a delinquere, con il  ruolo  di  promotori  e
organizzatori,  finalizzata  alla  commissione  di  piu'  delitti  di
illegale esportazione di materiali di armamento e  comunque  di  piu'
delitti contrattazione finalizzata alla suddetta esportazione nonche'
di esportazione non autorizzata di materiale a duplice uso, civile  e
militare, verso la Repubblica islamica dell'Iran, perche' estinto per
prescrizione. Ha in  particolare  osservato  che,  nelle  more  della
celebrazione del processo in appello,  era  maturato  il  termine  di
prescrizione. 
    2. Gia' in esito all'udienza preliminare  era  stata  pronunciata
sentenza di non luogo a procedere, nei confronti  dei  due  imputati,
con la formula piena della insussistenza dei fatti in ordine ai  capi
B), C) e D) relativi a distinti episodi di esportazione di  materiali
di armamento. 
    3. Successivamente, con la sentenza conclusiva  del  giudizio  di
primo grado, il Tribunale di Como assolve i  due  imputati,  per  non
aver  commesso  il  fatto,  dal  delitto-fine  di  cui  al  capo  F),
riqualificato come episodio di concorso nel tentativo di esportazione
di materiali di armamento verso la Repubblica islamica  dell'Iran,  e
dichiaro' l'estinzione per prescrizione del delitto-fine  di  cui  al
capo E), relativo ad un episodio di concorso  nell'esportazione,  con
destinazione finale nella Repubblica islamica dell'Iran,  di  beni  a
duplice uso, civile e militare, in particolare respiratori  subacquei
e  relativi  accessori,  in  violazione  dell'embargo  internazionale
esistente verso il Paese destinatario e comunque senza la  prescritta
autorizzazione. 
    4. Avverso la  sentenza  del  Corte  di  appello  hanno  proposto
ricorso i difensori di A. B. e di A.L. S. 
    5. Il difensore di A.L. S. ha  dedotto  vizio  di  violazione  di
legge. La sentenza e' viziata da nullita' assoluta e  insanabile  per
essere  stata  pronunciata  all'esito  di  una  Camera  di  consiglio
svoltasi senza dare avviso alle parti e quindi in loro assenza. 
    Dagli atti del processo emergono comunque le cause che  escludono
la sussistenza del fatto e la sua rilevanza penale, in modo da  dover
essere soltanto constatate, sicche' non puo' trovare applicazione  il
principio per il quale, nel caso  della  contestuale  ricorrenza  nel
giudizio di legittimita' di una causa estintiva del reato  e  di  una
nullita' assoluta, occorre dare prevalenza alla prima. 
    Dalle due sentenze di merito si rileva che  i  tre  imputati  del
delitto associativo non concordarono  la  commissione  di  un  numero
indeterminato  di  reati  ma,  eventualmente,  soltanto   una   unica
esportazione verso l'Iran di materiale a duplice uso, effettuata l'11
agosto 2009. Per questa ragione non si puo' attribuire al  ricorrente
e agli imputati B. e B. 10. la qualita'  di  associati:  costoro,  al
piu', possono essere ritenuti concorrenti nel reato di  contestazione
al capo E). Lo  stesso  pubblico  ministero  chiese  in  primo  grado
l'assoluzione degli imputati dal fatto associativo, per la  mancanza,
venuti  meno  gli  episodi  di   cui   ai   capi   B),   C)   e   D),
dell'estrinsecazione operativa della supposta associazione. 
    Per i giudici  di  merio,  invece,  la  sussistenza  del  delitto
associativo si ricaverebbe dalla finalizzazione alla  commissione  di
un numero indeterminato di operazioni, come quelle di cui ai capi B),
C) e D), la cui liceita' era stata gia' affermata con la sentenza  di
non luogo a procedere emessa all'esito dell'udienza preliminare. 
    6. Il difensore di A. B. ha dedotto vizio di violazione di  legge
nella parte in cui, con una sentenza viziata da nullita' assoluta, e'
stata dichiarata l'estinzione del reato nonostante  l'evidenza  della
insussistenza del reato associativo; ha quindi svolto  argomentazioni
sovrapponibili a quelle del ricorso proposto nell'interesse  di  A.L.
S. e appena prima riassunte. 
    7.  L'esame  dei  ricorsi,  inizialmente  fissato  per  l'udienza
camerale ex art. 611 del codice di procedura  penale  del  10  luglio
2020, e' stata poi rinviata, con provvedimento presidenziale  del  25
giugno 2020, all'odierna pubblica udienza. Si e' cosi'  disposto  sia
perche' con  trattazione  in  pubblica  udienza  hanno  proceduto  le
Sezioni unite in una vicenda del tutto simile - v. Sez. U,  n.  28954
del 17 aprile 2017, Iannelli, Rv. 269809/10 -, sia per restituire  le
parti al contraddittorio orale, di cui sono state private in grado di
appello. 
    8. All'esito della pubblica udienza del 30 ottobre 2020 la  Corte
di cassazione ha pronunciato ordinanza con cui ha rimesso  i  ricorsi
alle Sezioni unite, dissentendo dai principi di diritto espressi  dal
Supremo Collegio con la sentenza appena prima richiamata, ove  si  e'
stabilito che, fermo il divieto di pronunciare  in  appello  sentenza
predibattimentale di  proscioglimento  ai  sensi  dell'art.  469  del
codice  di  procedura  penale,  non   puo'   riconoscersi   in   capo
all'imputato l'interesse al ricorso  per  cassazione  ove  con  detta
sentenza, emessa de plano, sia dichiarata, in riforma della  condanna
di primo grado, l'estinzione del reato per prescrizione; e  cio'  per
la prevalenza della causa estintiva del reato sulla nullita' assoluta
ed  insanabile  della  sentenza   pronunciata   in   violazione   del
contraddittorio,  sempre  che   non   risulti   evidente   la   prova
dell'innocenza, spettando in tal caso alla  Corte  di  cassazione  di
adottare la formula di merito di cui all'art. 129, comma 2 del codice
di procedura penale. 
    Nell'ordinanza di  rimessione  per  dissenso  dal  pronunciamento
delle Sezioni unite si e' opposto che non puo'  essere  disconosciuto
l'interesse dell'imputato al ricorso  per  cassazione  nei  confronti
della  sentenza  che  abbia  rilevato  l'estinzione  del  reato   per
prescrizione senza dare luogo al giudizio di appello. 
    Si e' anzitutto rilevato che la sentenza,  piu'  che  affetta  da
nullita'  assoluta  e  insanabile,  si  palesa  abnorme   per   esser
pronunciata in difetto di potere in concreto,  atteso  che  la  legge
processuale non consente che il  giudizio  di  appello  possa  essere
inibito  da  una  sentenza  predibattimentale;  con  la   conseguente
inapplicabilita' della regola di elaborazione giurisprudenziale della
prevalenza della causa estintiva su eventuali patologie,  pur  gravi,
occorse nei gradi di merito,  sul  presupposto  che,  rimosso  l'atto
viziato,  il  giudice  del  rinvio  non  potrebbe  che  ribadire   la
sussistenza della causa estintiva gia'  dichiarata  sia  pure  al  di
fuori di un corretto schema procedimentale. 
    Si e' poi aggiunto che,  a  voler  ritenere  la  nullita'  e  non
l'abnormita' della  sentenza,  il  mantenimento  della  regola  della
prevalenza  della   causa   estintiva   nel   caso   della   sentenza
predibattimentale di appello  adottata  de  plano,  connotata  quindi
dall'assenza del confronto dialettico anche sulla  sussistenza  della
causa di estinzione, stabilizza un fenomeno, della sentenza emessa in
assenza di giudizio, che pone il sistema processuale in tensione  col
principio costituzionale del  contraddittorio  e  quindi  del  giusto
processo. 
    9. Il Presidente aggiunto, con provvedimento del 10 dicembre 2020
adottato ai sensi dell'art. 172 disposizioni di attuazione del codice
di procedura penale, ha restituito gli atti  al  Presidente  titolare
della Prima sezione,  «per  una  nuova  valutazione  sulla  effettiva
sussistenza dell'interesse all'impugnazione, profilo preliminare alla
trattazione del merito del  ricorso»,  rilevando  che  «l'assenza  di
interesse, ove esistente, preclude l'esame del  potenziale  contrasto
...». Ha sul punto osservato che  nessuno  dei  due  ricorrenti,  nel
denunciare la  violazione  dell'art.  129,  comma  2  del  codice  di
procedura penale per non avere il  giudice  di  appello  valutato  le
ragioni dell'evidenza della insussistenza del reato,  ha  manifestato
la volonta' di rinunciare alla prescrizione maturata e dichiarata dal
giudice. Da qui l'avvertita esigenza di una  preliminare  valutazione
sulla esistenza o meno di un interesse concreto e attuale, in capo ai
ricorrenti,  all'annullamento   della   sentenza   in   vista   dello
svolgimento  in  forma   partecipata   dell'udienza,   «astrattamente
funzionale  alla  manifestazione  della  rinuncia  alla  prescrizione
rispetto  alla  quale  e'  desumibile  chiaramente  la  volonta'   di
avvalersene». 
    10. All'odierna udienza, fissata in seguito al  provvedimento  di
restituzione degli atti, il  Procuratore  generale  ha  richiesto  il
rigetto dei ricorsi e i difensori hanno insistito per  l'annullamento
della sentenza impugnata. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. Ambedue i ricorrenti  si  sono  doluti  della  violazione  del
contraddittorio consumata in grado di appello,  e  della  conseguente
nullita' assoluta della sentenza  che,  senza  alcuna  formalita'  di
procedura, ha dichiarato il non luogo a procedere per estinzione  del
reato conseguente alla maturazione del periodo di prescrizione. 
    Il  profilo  e'  regolato  alla  stregua  di  una   ricostruzione
interpretativa fatta propria dalle Sezioni unite - Sez. U,  n.  28954
del 27 aprile 2017, Iannelli, Rv. 269809/10 - che, da un lato,  hanno
affermato l'esistenza di una nullita' assoluta  ed  insanabile  della
sentenza dichiarativa  dell'estinzione  del  reato  per  prescrizione
emessa dalla Corte di appello de plano e quindi senza  fissazione  di
udienza con avviso alle  parti,  in  specie  all'imputato  appellante
avverso la pronuncia di condanna in primo grado; e, dall'altro, hanno
escluso che la Corte di cassazione, investita del ricorso  contro  la
sentenza affetta da nullita', ne possa decretare  l'annullamento  con
rinvio, perche' il giudice del rinvio - questo l'assunto - altro  non
potrebbe fare che reiterare la dichiarazione di estinzione del  reato
per prescrizione, gia' rilevata, sia pure con procedura  illegittima,
dal giudice di appello. 
    Per le ragioni che di seguito  si  espongono,  questa  regola  di
elaborazione giurisprudenziale, che costituisce diritto  vivente,  si
pone in contrasto con i principi costituzionali di ragionevolezza, di
inviolabilita' del diritto di difesa e di giusto processo. 
    Si solleva  pertanto  la  questione  di  costituzionalita'  della
interpretazione a cui la giurisprudenza e'  pervenuta  in  ordine  al
combinato  disposto  delle  disposizioni  codicistiche  in  punto  di
immediata declaratoria delle cause di non punibilita',  di  interesse
attuale  e  concreto   come   requisito   di   ammissibilita'   delle
impugnazioni, di  predibattimento  di  appello  che  non  conosce  la
possibilita' di definizione anticipata e di  poteri  di  annullamento
della Corte di cassazione. 
    2. L'impostazione accolta dalle Sezioni unite impone di  ritenere
che  il  ricorso  avverso  una  sentenza  adottata   de   plano   sia
inammissibile per difetto di un interesse concreto ed attuale perche'
l'eventuale provvedimento favorevole - l'annullamento della  sentenza
impugnata - non potrebbe arrecare alcun vantaggio alla posizione  del
ricorrente. 
    Si tratterebbe di fare applicazione  di  un  principio  da  tempo
stabilito, secondo cui «in presenza di una causa  di  estinzione  del
reato, non  sono  rilevabili  in  sede  di  legittimita'  vizi  della
sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio  avrebbe  comunque
l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria  della  causa
estintiva (in motivazione, la sentenza Iannelli citata  ha  affermato
che detto principio trova  applicazione  anche  in  presenza  di  una
nullita' d'ordine generale)» - come gia'  sostenuto  da  Sez.  U,  n.
35490 del 28 maggio 2009, Tettamanti, Rv. 244275 -. 
    Resta fermo, pero', l'obbligo della Corte di cassazione -  e  qui
la possibilita' di un'alternativa decisoria - di far  prevalere,  ove
ricorra la condizione di evidenza, la pronuncia di  assoluzione  piu'
favorevole, ancora una volta secondo un principio di diritto gia'  da
tempo affermato, per il quale «in presenza di una causa di estinzione
del reato  il  giudice  e'  legittimato  a  pronunciare  sentenza  di
assoluzione a norma  dell'art.  129,  comma  secondo  del  codice  di
procedura penale soltanto nei casi in cui le  circostanze  idonee  ad
escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte
dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti  in  modo
assolutamente non contestabile,  cosi'  che  la  valutazione  che  il
giudice deve compiere al riguardo  appartenga  piu'  al  concetto  di
constatazione, ossia di  percezione  ictu  oculi,  che  a  quello  di
apprezzamento e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessita'  di
accertamento o di approfondimento» - Sez. U, n. 35490 del  28  maggio
2009, Tettamanti, Rv. 244274 -. 
    3. Il provvedimento di restituzione degli atti  emesso  ai  sensi
dell'art. 172 disposizioni di  attuazione  del  codice  di  procedura
penale  dal  Presidente  aggiunto  ha   contribuito   a   consolidare
l'indirizzo interpretativo  della  sentenza  Iannelli  delle  Sezioni
unite - Sez. U, n. 28954 del 27 aprile 2017, Iannelli, Rv.  269809/10
-. 
    Si e' di fronte ad una interpretazione costitutiva di un  diritto
vivente, suscettibile di scrutinio di costituzionalita', non soltanto
perche' fatta propria dalle Sezioni  unite,  e  in  seguito  adottata
dalla giurisprudenza delle Sezioni semplici - v. Sez. 2, n. 46776 del
26 settembre 2018, Rv. 274465; Sez. 3, n. 52834 del 31  maggio  2018,
Rv. 274562; Sez. 3, n. 15758 del 30 gennaio 2020, Rv.  279272  -,  ma
anche per l'infruttuosita' del tentativo preliminarmente  operato  da
questa Sezione di sollecitare alle stesse Sezioni unite una revisione
interpretativa. 
    4.  La  Corte  costituzionale  ha  da  tempo   riconosciuto   che
l'intervento delle Sezioni unite determina l'esistenza di un  diritto
vivente. Si possono ora ricordare, tra le altre, Corte costituzionale
n.   350   del   1985,   che   individuo'    il    diritto    vivente
nell'interpretazione offerta da due ordinanze  delle  Sezioni  unite;
Corte costituzionale n.  260  del  1992,  che  rilevo'  il  contrasto
dell'interpretazione prospettata dal giudice a  quo  con  il  diritto
vivente formatosi per effetto della soluzione adottata dalle  Sezioni
unite; Corte costituzionale (ord.) n.  32  del  1998,  che  parimenti
censuro' l'interpretazione proposta dal giudice remittente perche' in
contrasto con il diritto vivente formatosi a seguito della  pronuncia
delle Sezioni unite;  Corte  costituzionale  n.  290  del  2005,  che
qualifico' l'indirizzo consolidato delle Sezioni unite  come  diritto
vivente, rispetto al  quale  non  erano  piu'  proponibili  decisioni
interpretative. Piu' recentemente Corte  costituzionale  n.  117  del
2012, ha sottolineato  che  l'interpretazione  proposta  dal  giudice
remittente costituiva regola di diritto vivente, in quanto  enunciata
dalle Sezioni unite nell'esercizio della funzione nomofilattica. E da
ultimo Corte costituzionale n. 17 del 2021 ha  rinvenuto  un  diritto
vivente  nello   stabile   orientamento   della   giurisprudenza   di
legittimita' formatosi grazie ad una pronuncia  delle  Sezioni  unite
poi seguita da una decisione di una Sezione semplice. 
    5.  Come  e'  noto,  plurime   sono   le   conseguenze   connesse
all'esistenza di un diritto vivente, e in specie di quello  formatosi
per intervento delle Sezioni unite. 
    5.1.  Una  prima  e'  che  il  giudice  comune  viene   sollevato
dall'onere  di  interpretazione  costituzionalmente  orientata  quale
requisito  di  ammissibilita'   della   questione   di   legittimita'
costituzionale  secondo   quel   principio   espresso   dalla   Corte
costituzionale,  sin  dalla  sentenza  n.  356   del   1966   e   poi
costantemente ribadito, secondo  cui  «le  leggi  non  si  dichiarano
costituzionalmente   illegittime   perche'   e'    possibile    darne
interpretazioni incostituzionali ..., ma perche' e' impossibile darne
interpretazioni costituzionali». Il giudice  remittente  viene  pero'
gravato  dell'onere  di  dare  atto  dell'esistenza  di  un   univoco
indirizzo  giurisprudenziale  costitutivo,  appunto,  di  un  diritto
vivente, e di ricostruirne  correttamente  i  contorni,  non  potendo
essere  sufficiente  il   richiamo   generico   alla   giurisprudenza
assolutamente prevalente - Corte costituzionale n. 217 del 2010 -. 
    5.2. Una seconda, che attiene specificamente alle  sezioni  della
Corte di cassazione, e' l'impossibilita' di ricercare altre soluzioni
interpretative ove quella cristallizzata in diritto vivente appaia di
dubbia costituzionalita', posto che hanno l'obbligo, in ogni caso  in
cui  dissentano  dall'orientamento  consolidatosi  in  virtu'  di  un
intervento delle Sezioni unite, di rimettere nuovamente  ad  esse  la
questione - art. 618, comma 1-bis del codice di procedura  penale  -.
Quanto osservato da  Corte  costituzionale  n.  350  del  1997  circa
l'inesistenza di un obbligo di conformazione agli orientamenti  della
Corte di cassazione, con l'eccezione del giudizio  di  rinvio,  vale,
come in quel contesto affermato, per il giudice di merito, e non gia'
per le Sezioni della Corte  stessa  in  riferimento  ai  principi  di
diritto espressi dalle Sezioni unite.  Soltanto  per  il  giudice  di
merito puo' valere quell'alternativa decisoria descritta dalla  Corte
costituzionale nella menzionata sentenza, secondo cui «in presenza di
un   diritto   vivente   non   condiviso   ...    perche'    ritenuto
costituzionalmente illegittimo» il giudice a quo ha «la  facolta'  di
optare tra l'adozione ... di una diversa  interpretazione,  oppure  -
adeguandosi al diritto vivente  -  la  proposizione  della  questione
davanti a questa Corte». 
    5.3. Una terza, relativa  ai  limiti  del  potere  interpretativo
della Corte costituzionale che, secondo quanto  elaborato  dalla  sua
stessa  giurisprudenza,  ha  imposto  a   se'   stessa   dei   limiti
nell'attivita'  interpretativa,  escludendo  di  poter  opporre   una
propria lettura della disposizione censurata qualora  il  significato
normativo a quest'ultima attribuibile risulti gia'  elaborato  da  un
costante   orientamento   della    giurisprudenza    comune.    Corte
costituzionale n. 299 del 2005 ha chiaramente affermato che  rispetto
al diritto vivente non sono piu' proponibili decisioni interpretative
e, appena dopo Corte costituzionale n. 266 del 2006 ha  ribadito  che
in presenza di un diritto vivente non  ha  possibilita'  di  proporre
differenti soluzioni interpretative ma deve limitarsi a verificare se
lo stesso sia o meno conforme ai principi costituzionali. 
    6.  Il  diritto  vivente   e'   tale   se   costituito   da   una
interpretazione giurisprudenziale che assuma i caratteri di  costanza
e ripetizione - Corte costituzionale n. 242 del 2008 -, sicche' vanno
indagati  gli  orientamenti  della  giurisprudenza  di   legittimita'
successivi alla  decisione  delle  Sezioni  unite,  per  valutare  se
l'interpretazione ritenuta non conforme a  Costituzione  possa  dirsi
indebolita o incrinata e se, di  conseguenza,  risulti  infirmato  il
presupposto  necessario   alla   rilevazione   della   questione   di
costituzionalita'. 
    Le sentenze successive hanno disatteso il  principio  di  diritto
delle   Sezioni   unite   ma   cio'   hanno   fatto   in   situazioni
significativamente diverse da  quella  presa  in  esame  dal  Supremo
Collegio, sicche' e' da  escludersi  che  abbiano  dato  vita  ad  un
orientamento dissenziente. 
    6.1. L'interesse al ricorso per cassazione e' stato  riconosciuto
in   un   caso   tutt'affatto   particolare,    di    una    sentenza
predibattimentale d'appello dichiarativa  dell'estinzione  del  reato
per prescrizione che ha, pero', confermato la  confisca  disposta  in
primo  grado.  Si  e'  affermato  che  l'imputato  «ha  diritto  allo
svolgimento dell'udienza dibattimentale di appello al fine  di  poter
espletare compiutamente la propria attivita' difensiva anche su  tale
punto» - Sez. 2, n. 11042 del 15 gennaio 2020, Rv. 278524; v., anche,
Sez. 3, n. 40522 del 20 giugno 2019, Rv. 277050 -. Allo stesso  modo,
e in via speculare, si e' riconosciuto  l'interesse  al  ricorso  del
pubblico ministero avverso la sentenza predibattimentale del  giudice
di appello dichiarativa de plano dell'estinzione  del  reato  con  il
contestuale ordine di restituzione delle cose sequestrate  a  seguito
della revoca della confisca disposta in primo grado, e  cio'  perche'
la  parte  pubblica  ha  «diritto   allo   svolgimento   dell'udienza
dibattimentale di appello al fine di poter spiegare compiutamente  il
diritto di azione anche su tale punto» - Sez.  3,  n.  10376  del  19
dicembre 2019, dep. 2020, Rv. 278539 -. 
    E' agevole rilevare che non si e' di fronte a posizioni contrarie
al pronunciamento delle Sezioni unite, quanto  ad  una  significativa
diversita' della vicenda per il fatto che  ora  la  conferma  ora  la
revoca  della  confisca  disposta  in   primo   grado   costituiscono
statuizioni  accessorie  alla   sentenza   di   proscioglimento   per
prescrizione, rispetto alle quali l'interesse alla impugnazione delle
parti merita di essere apprezzato secondo  gli  ordinari  criteri.  A
nulla rileva, in riguardo ad esse, l'osservazione che, pur  annullata
la sentenza emessa in difetto  di  contraddittorio,  il  giudice  del
rinvio altro non potrebbe fare se non confermare la dichiarazione  di
estinzione del  reato  per  prescrizione,  per  l'ovvia  ragione  che
l'esito del giudizio di rinvio per questa  parte  non  e'  per  nulla
scontato. 
    6.2. Lo stesso ragionamento vale  per  le  eventuali  statuizioni
civili, e quindi per la condanna al risarcimento dei danni  da  reato
pronunciata in primo grado. E infatti, coerentemente si e' detto  che
«e' affetta da nullita' insanabile la sentenza predibattimentale  con
la quale il giudice di appello dichiari l'estinzione  del  reato  per
prescrizione, qualora in primo grado la parte civile  abbia  proposto
richiesta di condanna dell'imputato al  risarcimento  dei  danni,  in
quanto solo nel risarcimento  puo'  procedersi  alla  delibazione  di
merito relativamente  ai  capi  della  sentenza  che  concernono  gli
interessi civili, nel contraddittorio delle parti» - Sez. 2, n. 32477
del 25 settembre 2020, Rv. 280066 -. La condanna civile, accessoria a
quella  penale,  puo'  resistere,  come  e'  noto,  alla  riforma  di
quest'ultima nei  gradi  di  impugnazione,  ma  occorre  che  la  sua
fondatezza, se richiesto dall'imputato impugnante, sia opportunamente
verificata dal giudice superiore, sicche' non puo'  avere  incidenza,
ai fini dell'apprezzamento di un interesse  concreto  ed  attuale  al
ricorso, il fatto che manchi  l'evidenza  della  prova  di  innocenza
necessaria  a  far  si'   che   la   pronuncia   di   proscioglimento
dell'estinzione del reato per prescrizione ceda  ad  una  assoluzione
nel merito. 
    6.3. E' infine privo di incidenza l'altro principio  di  diritto,
pronunciato successivamente alla decisione delle Sezioni unite che ha
strutturato un diritto  vivente  in  punto  di  inammissibilita'  del
ricorso, secondo cui va annullata senza rinvio, in accoglimento di un
ricorso evidentemente  ammissibile  perche'  sostenuto  da  interesse
concreto ed attuale, la sentenza «d'appello pronunciata de  plano  in
violazione del contradditorio tra le parti,  che,  in  riforma  della
decisione di condanna di primo grado, dichiari l'estinzione del reato
per prescrizione ... allorche' l'imputato rinunci  alla  prescrizione
...  allegando,  cosi',  un  interesse  concreto  ed   attuale   alla
celebrazione del giudizio di appello da lui promosso» -  Sez.  3,  n.
15758 del 30 gennaio 2020, Rv. 279272 -. 
    La  soluzione  da  ultimo  prospettata,  e'  appena  il  caso  di
precisare,  non  e'  coerente  al  sistema  delineato  dalla   stessa
giurisprudenza  di  legittimita',   secondo   cui   l'imputato   puo'
rinunciare alla prescrizione soltanto dopo che essa sia  maturata  ma
non ancora dichiarata. L'anomalia e' conseguente alla  necessita'  di
misurarsi con la peculiarita' della vicenda,  dato  che  prima  della
sentenza predibattimentale d'appello  l'imputato  non  avrebbe  avuto
modo di rinunciare alla prescrizione, in quanto ancora non  maturata,
e dopo invece si trova con una estinzione gia' dichiarata e quindi, a
rigore, nell'impossibilita' di rinunciare a cio' che  e'  stato  gia'
deciso. 
    Da qui l'inevitabilita' di una  deroga  a  consolidati  principi,
introdotta - ed e' cio' che  ora  interessa  -  proprio  al  fine  di
stabilizzare l'orientamento avallato dalle Sezioni unite. Si  tratta,
infatti, di una soluzione  di  mero  adattamento  alla  ricostruzione
interpretativa  incentrata  sul  disconoscimento  dell'interesse   al
ricorso in capo all'imputato che intenda dolersi della  dichiarazione
di estinzione del reato per prescrizione  operata  de  plano  ma  per
motivi   diversi   dalla    nullita'    assoluta    della    sentenza
predibattimentale d'appello per violazione del contraddittorio. 
    7.  La  questione  di  costituzionalita'  e'  rilevante,  per  la
semplice ragione che il Collegio  e'  chiamato  a  fare  applicazione
della soluzione  interpretativa,  ritenuta  di  dubbia  legittimita',
senza che gli sia consentito  cimentarsi  in  opzioni  interpretative
diverse. 
    Si  e'  prima   detto   della   infruttuosita'   del   tentativo,
opportunamente esperito, di  sollecitare  una  rinnovata  riflessione
delle  Sezioni  unite,  dato  che  i  ricorsi,  rimessi   alla   loro
valutazione con ordinanza del 30 ottobre 2020, sono stati restituiti. 
    Il Presidente aggiunto ha  fatto  esercizio  dei  poteri  di  cui
all'art. 172 disposizioni  di  attuazione  del  codice  di  procedura
penale, ritenendo che le considerazioni poste a base della  richiesta
di riesame non fossero «adeguatamente calibrate al caso concreto». 
    Occorre allora preliminarmente saggiare se le caratteristiche dei
casi oggetto dei ricorsi siano tali, come adombrato dal provvedimento
di restituzione ex art. 172 disposizioni di attuazione del codice  di
procedura penale, da non  imporre  l'applicazione  del  principio  di
diritto fissato dalla sentenza delle Sezioni unite. Se cosi' fosse  -
ma non lo e' -, la questione risulterebbe privata del carattere della
rilevanza  perche'  il  giudizio   dovrebbe   essere   definito   con
l'applicazione di altro e diverso apparato regolativo. 
    8. Non e' dubbio che nessuno dei due ricorrenti abbia, in uno con
la proposizione dei  ricorsi,  rinunciato  alla  prescrizione.  Cio',
pero', non fa perdere  di  centralita'  alla  regola  di  derivazione
giurisprudenziale,  della  prevalenza  in  ogni  caso   della   causa
estintiva sulla nullita' anche assoluta consumatasi nel  giudizio  di
merito, ed anzi la rafforza come  parametro  normativo  di  immediata
valutazione della vicenda. 
    Ammesso  che  si  possa  rinunciare  ad  una  prescrizione   gia'
dichiarata con una sentenza a cui la giurisprudenza, pur  valutandone
i   profili   di   nullita',   assicura   stabilita'   e   resistenza
all'impugnazione, non va ignorato che, ove la  rinuncia  fosse  stata
fatta, la situazione sarebbe significativamente mutata e  si  sarebbe
sottratta   all'ambito   operativo   della   regola   di   invenzione
giurisprudenziale  della  prevalenza  della  causa  estintiva   sulla
eventuale nullita', anche assoluta. E' ovvio che una valida  rinuncia
avrebbe sgombrato il campo dalla causa  di  estinzione  del  reato  e
avrebbe inibito il ricorso al  criterio  della  prevalenza,  premessa
dell'apprezzamento della carenza di interesse al ricorso.  E  invece,
e' proprio l'assenza  di  rinuncia  alla  prescrizione  ad  accordare
rilevanza  alla  regola  plasmata  dalle  Sezioni  unite  e  a   dare
centralita' alla loro ricostruzione interpretativa. 
    9. Alla declaratoria di inammissibilita'  dei  ricorsi  non  puo'
giungersi per altra via che non sia quella  imposta  dalla  soluzione
accolta da S.U. Iannelli e ribadita nel provvedimento di restituzione
alla Sezione semplice del presente ricorso, che il Collegio pero' non
condivide, perche' confliggente con il principio di effettivita'  del
contraddittorio nell'esercizio della giurisdizione e con  la  nozione
stessa di «giudizio di impugnazione». 
    Non persuade l'affermazione per  la  quale  l'annullamento  della
sentenza emessa de plano, e quindi in assenza  di  giudizio,  sarebbe
del  tutto  inutile  perche'   sarebbe   funzionale   soltanto   alla
possibilita'  per  gli  imputati  ricorrenti   di   rinunciare   alla
prescrizione nel corso di una udienza partecipata dinnanzi al giudice
del rinvio quando costoro, che pure invocano questa soluzione,  hanno
chiaramente dimostrato la volonta' di volersi  avvalere  della  causa
estintiva. 
    Il rinvio, per il vero,  sarebbe  naturalmente  finalizzato  allo
svolgimento del giudizio di appello nel cui ambito, seppure non siano
state avanzate  con  l'atto  di  appello  richieste  di  rinnovazione
istruttoria, potrebbe svolgersi con la dovuta ampiezza quel controllo
sulla prevalenza di una eventuale causa di proscioglimento nel merito
sulla causa di estinzione del reato, a  cui  rimanda  in  termini  di
doverosita' legata all'evidenza della prova di innocenza l'art.  129,
comma 2 del codice di procedura penale. 
    E' appena il caso di osservare che la regola da ultimo richiamata
opera diversamente nel giudizio di merito e in quello di legittimita'
in conseguenza della diversa ampiezza  dei  poteri  del  giudice.  Il
giudice di legittimita' e' vincolato, nel suo sindacato, al testo del
provvedimento impugnato  e  non  ha  la  possibilita'  di  verificare
l'adeguatezza delle argomentazioni del giudice del merito o  la  loro
rispondenza alle acquisizioni processuali - tra le molte, Sez. U,  n.
6402 del 30 aprile 1997, Rv. 207944; Sez. U, n. 24  del  24  novembre
1999, Rv. 214794 -. E'  logica  conseguenza  che  il  suo  potere  di
apprezzamento  della  evidenza  di  innocenza  sia  giocoforza   meno
incisivo in ragione del minor ambito della cognizione. 
    10. Merita di  essere  considerato,  ai  fini  dell'apprezzamento
dell'interesse  all'impugnazione  finalizzata  allo  svolgimento  del
giudizio di merito imprevedibilmente negato, che il difensore di A.L.
S. ha prospettato all'odierna udienza l'interesse ad una verifica nel
merito anche ai fini della futura domanda di riparazione per ingiusta
detenzione e che la legge di bilancio 2021 - legge n. 178 del 2020  -
all'art. 1, comma 1015, ha previsto  per  gli  imputati  assolti  con
formule in fatto - il  fatto  non  sussiste,  l'imputato  non  lo  ha
commesso, il fatto non costituisce reato  o  non  e'  previsto  dalla
legge come reato - il diritto al rimborso delle spese legali. 
    11.  Insomma,  la  questione  e'  rilevante  perche'  la  vicenda
prospettata dai ricorsi coincide pienamente con quella  a  fondamento
della pronuncia con cui le Sezioni unite hanno negato  al  ricorrente
l'interesse all'impugnazione sulla base di  un  ragionamento  che  si
pone in contrasto con alcuni  principi  costituzionali.  E  non  v'e'
modo, per quanto sino ad ora argomentato, di definire il giudizio  di
legittimita' senza fare applicazione del combinato disposto della cui
costituzionalita' si dubita. 
    12. La questione non e' manifestamente infondata.  La  prevalenza
della causa  estintiva  sulla  eventuale  nullita',  anche  assoluta,
incorsa nel giudizio di merito fu affermata dalla  giurisprudenza  di
legittimita' molti anni addietro. Nella vigenza del  codice  di  rito
del '30 le  Sezioni  unite  stabilirono  la  prevalenza  della  causa
estintiva (in specie dell'amnistia) sulla nullita' a  condizione  che
non si  trattasse  di  nullita'  assoluta  ed  insanabile  capace  di
invalidare  l'intero  procedimento  ed  afferente  ad  un  atto   non
suscettibile di rinnovazione. La prevalenza  dell'amnistia  fu  cosi'
negata in riguardo a  nullita'  di  tali  dimensioni  e  gravita'  da
invalidare la costituzione dell'intero rapporto processuale - Sez. U,
n.  1785  del  27  novembre  1982,   dep.   1983,   Rv.   157662   -.
Successivamente, lo stesso principio fu affermato da Sez. U, n.  2407
del 31 gennaio 1987, Rv. 175210, che ribadi' che la  declaratoria  di
estinzione del reato, «in caso di impugnazione di una  sentenza  dopo
la cui pronuncia sia  intervenuta  amnistia  per  il  reato  ascritto
all'impugnante»,  dovesse  prevalere  sulle  nullita'  non  incidenti
sull'inizio dell'azione penale ma relative a momenti successivi,  si'
da non refluire ne' sulla  validita'  di  costituzione  del  rapporto
processuale,  ne'  sul  corretto  esercizio  dei  diritti  di  difesa
dell'imputato. 
    13. Ancora dopo, entrato in vigore  il  codice  del  1988,  altra
importante pronuncia delle Sezioni unite affronto', in  linea  con  i
precedenti arresti, il tema dell'interesse all'impugnazione a  fronte
di una causa estintiva venuta in essere al  momento  della  decisione
sul gravame. In senso significativamente difforme da quanto ora forma
diritto vivente, le Sezioni unite statuirono  che  il  fatto  che  il
reato risultasse prescritto all'atto della pronuncia del  giudice  di
legittimita' non avrebbe escluso - qualora  si  fosse  accertato  che
l'impugnazione esperibile non  era  il  ricorso  per  cassazione,  ma
l'appello -  la  qualificazione  dell'atto  in  termini  di  appello,
«restando  cosi'  rimessa  al  giudice  di   merito   competente   la
valutazione  dell'eventuale  sussistenza  di  taluna  delle  ipotesi,
prevalenti sull'estinzione del reato, previste dall'art.  129  stesso
codice» - Sez. U, n. 7902 del 3  febbraio  1995,  Rv.  201547  -.  Il
ragionamento sotteso, benche' non esplicitato in motivazione,  sembra
facilmente comprensibile.  La  prevalenza  delle  condizioni  per  la
pronuncia di una assoluzione nel merito puo' essere  meglio  valutata
dal giudice di appello, nell'esercizio di poteri di cognizione  della
vicenda processuale fisiologicamente piu' ampi, e  pertanto,  ove  il
giudizio di appello non si sia svolto, il  giudice  di  legittimita',
anche se ricorre una causa estintiva del  reato,  non  puo'  ritenere
superfluo l'annullamento con rinvio sul presupposto che la regola  di
prevalenza di cui all'art. 129,  comma  2  del  codice  di  procedura
penale operi in ogni stato e grado del processo, e quindi  anche  nel
giudizio di legittimita'. 
    14. In tempi meno distanti la questione  della  prevalenza  della
causa estintiva sulla nullita', anche assoluta, e'  stata  affrontata
nuovamente dalle Sezioni unite. 
    Sez. U, n. 1021 del 28 novembre 2001, dep. 2002,  Cremonese,  Rv.
220511, statui' che, «qualora gia' risulti una  causa  di  estinzione
del reato, la sussistenza di una nullita' di ordine generale  non  e'
rilevabile nel giudizio  di  legittimita',  in  quanto  l'inevitabile
rinvio al giudice  del  merito  e'  incompatibile  con  il  principio
dell'immediata applicabilita' della causa  estintiva».  Qualche  mese
dopo, Sez. U, n. 17179 del 27 febbraio 2002, Conti, Rv.  221403,  con
argomentazioni  diffuse,  ribadi'  che  «il  principio  di  immediata
declaratoria  di  determinate  cause  di  non   punibilita'   sancito
dall'art. 129 del codice di procedura penale impone che nel  giudizio
di cassazione, qualora ricorrano contestualmente una causa  estintiva
del reato e una nullita' processuale assoluta e insanabile, sia  data
prevalenza alla prima, salvo che l'operativita' della causa estintiva
non presupponga specifici accertamenti  e  valutazioni  riservati  al
giudice di merito, nel qual  caso  assume  rilievo  pregiudiziale  la
nullita', in  quanto  funzionale  alla  necessaria  rinnovazione  del
relativo giudizio». 
    Da ultimo, come gia' ricordato, Sez. U, n. 35490  del  28  maggio
2009, Tettamanti, Rv. 2442750, ha riaffermato il  principio  per  cui
«in  presenza  di  una  causa  di  estinzione  del  reato,  non  sono
rilevabili in sede di legittimita' vizi di motivazione della sentenza
impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque  l'obbligo
di procedere immediatamente alla declaratoria della causa  estintiva.
(In motivazione, la S. C. ha  affermato  che  detto  principio  trova
applicazione anche in presenza di una nullita' di ordine generale)». 
    15.  Tra  questi  precedenti,  tutti  richiamati  dalla  sentenza
Iannelli, la pronuncia che piu'  diffusamente  ha  dato  conto  della
prevalenza della causa estintiva e' pero' la  sentenza  delle  S.  U.
Conti. 
    La sentenza Conti si occupo' di una vicenda caratterizzata  dalla
nullita' assoluta per omessa citazione dell'imputato per il  giudizio
di primo grado a cui era poi seguita, dopo  la  conferma  in  appello
della condanna, la prescrizione  del  reato  maturata  in  forza  del
riconoscimento delle attenuanti generiche ad  opera  del  giudice  di
appello. E si interrogo' sul se  -  accertata  la  nullita'  assoluta
della vocatio in iudicium per il giudizio di primo  grado  -  dovesse
prevalere  la  declaratoria  della  causa  estintiva  nel   frattempo
maturata. 
    Affermo' quindi, in discontinuita' con l'orientamento  precedente
favorevole alla prevalenza della nullita', se assoluta e insanabile -
cfr. Sez. U, n. 2407 del 31 gennaio 1987, Tanzi, Rv.  175210  -,  che
dovesse prevalere la causa estintiva, avendo pero' cura di  apportare
due importanti precisazioni  di  contenimento  del  principio,  fatto
salvo ovviamente il limite dell'evidenza di innocenza. 
    La prima precisazione, ribadita anche dalla sentenza Iannelli, e'
che la rilevazione della nullita' non abbia  carattere  pregiudiziale
rispetto  alla  causa  estintiva,  ossia  che  non  si  ponga,  nella
specifica  vicenda,  «come  antecedente  logico,   legato   in   modo
strumentalmente necessario, alla declaratoria della causa  estintiva,
nel  senso  che  l'accertamento  di  questa  presuppone  il  regolare
svolgimento del  giudizio  di  merito,  per  l'acquisizione  di  dati
fattuali funzionali all'applicabilita' della prescrizione». 
    L'altra precisazione, che forse piu' che un limite esterno e' una
precondizione  perche'  operi  la  prevalenza,  e'  che   l'immediata
applicabilita'  della  causa  estintiva,  pur   nell'anomalia   della
situazione processuale,  non  risulti  in  contrasto  «con  le  linee
essenziali del sistema»; cio' e' possibile affermare dal momento  che
«comunque sul punto specifico e' assicurato il contraddittorio tra le
parti...». 
    16. L'ultima affermazione rimanda alla peculiarita' della vicenda
che la sentenza Conti si trovo' a regolare, ossia  di  una  nullita',
seppure assoluta, che non aveva pero'  compresso  il  contraddittorio
preliminare alla pronuncia sulla causa estintiva. 
    Nel diritto vivente inaugurato dalla sentenza  Iannelli,  invece,
e' proprio il contraddittorio a  venir  meno,  in  modo  radicale  ed
assoluto e con preclusione quindi anche al suo strutturarsi in ordine
alla ricorrenza o meno della causa estintiva. 
    17. Nel caso della sentenza predibattimentale di appello adottata
de plano manca del tutto  il  giudizio,  la  cui  assenza  genera  la
nullita' assoluta. Non si tratta di nullita' che afferisce, come  nei
precedenti arresti delle Sezioni unite, ad un atto del processo  che,
nonostante l'atto invalido, abbia avuto modo di svolgersi, ma proprio
all'assenza del processo di appello. 
    18. Il diritto vivente che ora si e' strutturato e'  allora  solo
in apparenza in linea di continuita'  con  l'elaborazione  precedente
che,  pur  con  le  soluzioni  piu'  avanzate,  ha  giustificato   la
prevalenza della causa estintiva sulla  nullita'  anche  assoluta  in
contesti processuali  che  comunque  non  avevano  negato  nella  sua
materialita' il giudizio. 
    Si e' in tal modo stabilizzata una soluzione che, ad  avviso  del
Collegio, si pone in radicale contrasto con i principi costituzionali
di ragionevolezza, di inviolabilita'  del  diritto  di  difesa  e  di
indefettibilita' del giusto processo. 
    Il contraddittorio tra le parti, valore di  rango  costituzionale
(art. 111, secondo comma della Costituzione), ampiamente  valorizzato
anche dalla giurisprudenza della Corte  EDU,  non  solo  e'  posto  a
presidio dell'effettivita' del diritto  di  difesa,  ma  rappresenta,
oggettivamente, il postulato indefettibile  (la  Grundnorm)  di  ogni
pronuncia terminativa del processo che abbia forma di sentenza. 
    «Giudizio» e «contraddittorio» esprimono, in  altri  termini,  un
binomio indissolubile;  sicche'  la  regola  della  prevalenza  della
formula terminativa del procedimento per una delle  ipotesi  previste
dall'art. 129, comma 1 del codice di procedura penale su una causa di
nullita', persino assoluta, non sembra al Collegio potersi  esplicare
qualora la nullita' non si collochi nell'ambito di  un  giudizio,  ma
derivi, piu' radicalmente, dall'assenza di questo: pena la collisione
con i richiamati parametri costituzionali. E  non  pare  contestabile
che una sentenza sul merito dell'azione penale pronunziata de  plano,
senza alcuna forma  di  interlocuzione,  neppure  cartolare,  con  la
difesa dell'imputato, equivalga a una decisione emessa «al  di  fuori
di un giudizio». 
    19. E' dunque  rilevante  e  non  manifestamente  infondata,  con
riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione - e va pertanto
sollevata d'ufficio - la questione di legittimita' costituzionale del
combinato disposto degli artt. 129;  568,  comma  4;  591,  comma  1,
lettera a); 601;  605  e  620  del  codice  di  procedura  penale  in
riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, nella parte in
cui, in caso di giudizio di appello  definito  con  sentenza  di  non
doversi  procedere  per  intervenuta  prescrizione,  illegittimamente
emessa in  fase  predibattimentale  senza  citazione  delle  parti  e
comunque senza alcuna forma di contraddittorio, consente  alla  Corte
di  cassazione,  investita  da  rituale  ricorso  dell'imputato,   di
dichiarare l'inammissibilita' del ricorso per carenza d'interesse,  e
non prevede invece la declaratoria  di  annullamento  della  sentenza
impugnata, con trasmissione degli atti alla Corte di appello  per  il
giudizio di appello nel contraddittorio delle parti. 
    A norma dell'art. 23, legge 11 marzo 1953,  n.  87,  deve  essere
dichiarata la sospensione del presente procedimento, con  l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
    La cancelleria provvedera' alla notifica di copia della  presente
ordinanza alle parti e al Presidente del Consiglio  dei  ministri;  e
alla comunicazione ai Presidenti del Senato della Repubblica e  della
Camera dei deputati. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Solleva d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale del
combinato disposto degli artt. 129;  568,  comma  4;  591,  comma  1,
lettera a); 601;  605  e  620  del  codice  di  procedura  penale  in
riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, nella parte in
cui, in caso di giudizio di appello  definito  con  sentenza  di  non
doversi  procedere  per  intervenuta  prescrizione,  illegittimamente
emessa in  fase  predibattimentale  senza  citazione  delle  parti  e
comunque senza alcuna forma di contraddittorio, consente  alla  Corte
di  cassazione,  investita  da  rituale  ricorso  dell'imputato,   di
dichiarare l'inammissibilita' del ricorso per carenza d'interesse,  e
non prevede invece la declaratoria  di  annullamento  della  sentenza
impugnata, con trasmissione degli atti alla Corte di appello  per  il
giudizio di appello nel contraddittorio delle parti. 
    Sospende il giudizio e  dispone  l'immediata  trasmissione  degli
atti alla Corte costituzionale. 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata ai ricorrenti, al Procuratore generale presso la Corte  di
cassazione, al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata
ai Presidenti della due Camere del Parlamento. 
      Cosi' deciso il 27 aprile 2021. 
 
                      Il Presidente: Di Tomassi 
 
                                 Il consigliere-estensore: Santalucia