N. 159 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 febbraio 2021

Ordinanza  del  25  febbraio  2021  del  Tribunale  di  Cassino   nel
procedimento civile promosso da  Comune  di  San  Vittore  del  Lazio
contro Pontina ambiente e altri. 
 
Imposte  e  tasse  -  Norme  della  Regione  Lazio  -  Autorizzazione
  all'esercizio degli impianti di smaltimento e recupero dei  rifiuti
  urbani e delle discariche - Requisiti del provvedimento -  Prevista
  determinazione delle tariffe e  della  relativa  quota  percentuale
  dovuta  dagli  eventuali  Comuni   utenti   al   soggetto   gestore
  dell'impianto  o  della  discarica  a  favore   del   Comune   sede
  dell'impianto o della discarica stessi, compresa tra il dieci e  il
  venti per cento della tariffa. 
- Legge  della  Regione  Lazio  9  luglio  1998,  n.  27  (Disciplina
  regionale della gestione dei rifiuti), art. 29, comma 2. 
(GU n.37 del 15-9-2021 )
 
                         TRIBUNALE DI CASSINO 
 
    Il Tribunale di Cassino, nella persona del giudice dott. Federico
Eramo, ha emesso la  seguente  ordinanza  di  rimessione  alla  Corte
costituzionale nel proc. n. 2251/2013 rg promosso da: 
        Comune di San  Vittore  del  Lazio  contro  Pontina  Ambiente
(convenuta) e ACEA S.p.a. nella veste di Mandataria di Acea risorse e
impianti per l'ambiente S.p.a. (convenuta) e Comune di Rocca di Papa,
Comune di Pomezia; Comune  di  Nemi,  Comune  di  Marino,  Comune  di
Lanuvio, Comune di Genzano di Roma,  Comune  di  Ariccia,  Comune  di
Ardea, Comune di Albano Laziale, Comune di Roma Capitale,  Comune  di
Civitavecchia  (terzi  chiamati  costituitisi)  e  Comune  di  Castel
Gandolfo, Comune di Monterotondo, Comune di Camerata Nuova, Comune di
Pisoniano,  Comune  di  Ciciliano,  Comune  di  Sambuci,  Comune   di
Saracinesca, Comune di Cerreto Laziale, Comune  di  Rocca  Canterano,
Comune di Gerano (terzi chiamati non costituitisi) 
 
                           Fatto e diritto 
 
    Con atto di citazione notificato in data 2 ottobre 2013 il Comune
di San Vittore del Lazio, ha  citato  in  giudizio  Pontina  Ambiente
S.r.l. e Acea risorse e impianti per  l'ambiente  (ARIA)  S.p.a.,  in
persona chiedendo questo Tribunale di: «1) accertare e dichiarare  il
diritto del Comune di  San  Vittore  del  Lazio,  quale  Comune  sede
dell'impianto di termovalorizzazione, a ricevere la somma  di  denaro
corrispondente al 4% della tariffa determinata  dalla  Regione  Lazio
per tutto il quantitativo di CDR e/o di frazione secca do di  rifiuti
e/o di materiale da rifiuto, comunque denominato, trattato presso gli
impianti di T.M.B. di proprieta'  e/o  gestiti  da  Pontina  Ambiente
S.r.l. e successivamente termo valorizzato  presso  l'impianto  della
soc. ARIA, sito nel Comune di San Vittore del Lazio,  dall'anno  2011
alla data di notifica dell'atto di citazione, nonche'  per  tutto  il
suddetto materiale portato e termo valorizzato successivamente a tale
data; 2) per l'effetto, previa acquisizione da parte del  Giudicante,
anche ai sensi dell'art. 210 c.p.c., della  documentazione  utile  in
possesso di Pontina Ambiente S.r.l., Aria S.p.a. e/o  di  altri  enti
e/o societa' terzi, condannare la Pontina Ambiente S.r.l. e l'Aria in
solido tra loro, a corrispondere al Comune di San Vittore  del  Lazio
tutte le somme, dovute  in  base  ai  provvedimenti  normativi  della
Regione Lazio (deliberazione n. 760 del 28 ottobre 2008 della  Giunta
regionale del Lazio; nota prot.  92335/DB04/13  dell'11  maggio  2012
della Regione Lazio a  firma  del  direttore  regionale  dott.  Mario
Marotta, legge regionale n. 27 del 1998) per tutto il quantitativo di
CDR e/o di frazione secca e/o di rifiuti e/o di materiale di rifiuto,
comunque denominato,  trattato  presso  gli  impianti  di  T.M.B.  di
proprieta'  e/o  gestiti   da   Pontina   Ambiente   S.r.l.   e   poi
termovalorizzato presso l'impianto sito nel Comune di San Vittore del
Lazio, dall'anno 2011 alla data di notifica  della  citazione,  oltre
alle ulteriori somme nel frattempo maturate per  lutto  il  materiale
portato e termo valorizzato successivamente a tale data; con vittoria
di spese, diritti ed onorari di causa, da  distrarsi  in  favore  del
procuratore antistatario». 
    Con atto in data 27 gennaio 2014, depositato il 3 febbraio  2014,
si e' costituita nel giudizio Acea S.p.a., nella veste di  mandataria
di Acea risorse e impianti per l'ambiente S.p.a. (ARIA  chiedendo  al
Tribunale: «rigettare le domande tutte  formulate  nei  confronti  di
Acea  risorse  e  impianti  per  l'ambiente  S.r.l.  (ARIA),  siccome
improponibili, inammissibili per le ragioni  spiegate  in  narrativa,
comunque perche' infondate in fatto in diritto e non provate; in  via
subordinata, voglia  dichiarare  Pontina  Ambiente  S.r.l.  tenuta  a
manlevare e tenere indenne detta Societa' nella denegata  ipotesi  di
accoglimento, in tutto e in parte della domanda attorea». 
    Con comparsa con chiamata in causa  del  terzo,  depositata  l'11
luglio 2014, si e' costituita in giudizio  Pontina  Ambiente  S.r.l.,
chiedendo la chiamata in causa dei Comuni conferenti i rifiuti urbani
nel proprio impianto di TMB, oltre la domanda subordinata di  manleva
di Acea S.p.a.; in subordine, nel caso  in  cui  fosse  accertato  il
diritto del Comune di San Vittore del  Lazio  a  godere  del  benefit
ambientale, ai sensi del  decreto  del  Commissario  delegato  n.  15
dell'11 marzo 2005 (come poi  modificato  dalla  deliberazione  della
Giunta regionale del Lazio n. 760 del 28 ottobre 2008), accertare che
i soggetti onerati al pagamento del  benefit  sono  esclusivamente  i
Comuni conferenti i rifiuti e, per l'effetto, condannare  i  suddetti
Comuni al versamento dei benefit nell'importo che sara'  quantificato
in corso di giudizio, direttamente al Comune di San Vittore del Lazio
o alla societa' esponente affinche' lo versi al Comune di San Vittore
del Lazio, tenendo in ogni caso la Pontina  Ambiente  S.r.l.  indenne
dal pagamento di qualunque importo a titolo di benefit ambientale. 
    Con comparsa in  data  14  gennaio  2015  si  e'  costituito  nel
giudizio  il  Comune  di  Lanuvio  chiedendo  al  Tribunale,  in  via
preliminare, di accertare la  nullita'  dell'atto  di  citazione  per
chiamata del terzo; in via pregiudiziale,  di  trasmettere  gli  atti
alla  Corte  costituzionale  e  sospendere  il  giudizio,  dichiarare
l'estromissione del Comune di Lanuvio dal giudizio  perche'  estraneo
ai fatti per  non  aver  mai  conferito  rifiuti  solidi  urbani  nel
territorio del Comune attore e per aver saldato tutte le obbligazioni
nei confronti di Pontina Ambiente S.p.a.; nel  merito,  rigettare  la
domanda del Comune di San Vittore e di Pontina Ambiente e  condannare
gli stessi alla refezione delle spese al Comune di Lanuvio;  ecc.  Si
sono costituiti il Comune di Rocca di Papa, il Comune di Pomezia,  il
Comune di Marino, il Comune di Genzano di Roma,  il  Comune  di  Roma
Capitale, il Comune di Ariccia, il Comune  di  Ardea,  il  Comune  di
Albano Laziale, il  Comune  di  Civitavecchia,  il  Comune  di  Nemi,
formulando,  sostanzialmente,  le  stesse  richieste  del  Comune  di
Lanuvio appena riportate. 
    Nel corso del giudizio sono stati acquisti documenti e il Giudice
ha  disposto  CTU  contabile  con  nomina  del  dott.  commercialista
Francesco Simeone, di Cassino. 
    All'udienza  virtuale  del  28  settembre  2020  le  parti  hanno
rassegnato le conclusioni. 
    Per questo Giudice alla luce delle comparse depositate, della CTU
svolta e  della  successiva  evoluzione  della  materia,  l'eccezione
d'incostituzionalita' sollevata da alcuni comuni riguardo l'art.  29,
comma 2 della legge regionale del Lazio n. 27/1998 e' fondata. 
    Il Comune di San  Vittore  del  Lazio  ha  diritto  ad  avere  il
benefit, sul fondamento della normativa al momento  vigente,  poiche'
le norme citate pongono a carico di tutti comuni  utenti  il  benefit
ambientale da versare all'impianto di preselezione (in questo caso di
Pontina Ambiente): quindi, soggetti passivi del contributo  sono  gli
stessi Comuni e il soggetto titolare  dell'impianto  di  preselezione
(Pontina Ambiente),  che  agisce  quale  mandatario  «ex  lege»  alla
riscossione e al riversamento dei benefit. Il benefit ambientale, che
e'  erogato  ai  Comuni  in  cui   e'   presente   un   impianto   di
termovalorizzazione o discarica, e' indirizzato al ristoro dei disagi
subiti a causa della presenza, sul loro territorio, di tali impianti,
configurando  una  specie   di   prestazione   patrimoniale   imposta
normativamente. La stessa Regione Lazio fin dal 2015 con  nota  prot.
GR/01/18 n. 593004, ha ricordato a tutti i gestori degli impianti  di
trattamento  di  rifiuti   urbani   indifferenziati,   l'obbligo   di
richiedere il pagamento del  benefit  ambientate  e  di  versarlo  ai
comuni destinatari del ristoro. 
    La questione deve, pero', impostarsi diversamente, risalendo alla
fonte delle norme regolamentari e di carattere secondario citate  dal
comune attore, legittime se da sole  considerate,  ossia  alla  legge
regionale. 
    Il benefit ambientale e' previsto in via  generale  dall'art.  29
della legge regionale Lazio 9 luglio 1998, n. 27, per cui «La Regione
o  la  Provincia  ...  autorizzano  l'esercizio  degli  impianti   di
smaltimento e recupero  dei  rifiuti  urbani  e  delle  discariche...
(comma 1). Il provvedimento  di  autorizzazione  all'esercizio  degli
impianti e delle discariche di cui al  comma 1  deve  contenere,  tra
l'altro, la determinazione delle tariffe e  della  quota  percentuale
della tariffa  dovuta  dagli  eventuali  comuni  utenti  al  soggetto
gestore dell'impianto o della discarica  a  favore  del  comune  sede
dell'Impianto o della discarica stessi, che deve essere compresa  tra
il dieci ed il venti per cento della tariffa (comma 2)».  Si  tratta,
quindi, di un ristoro, inteso in  senso  non  tecnico,  che  a  certe
condizioni i Comuni conferenti i rifiuti  versano,  per  tramite  del
gestore, ai Comune nel quale  l'impianto  ha  sede.  La  disposizione
citata e' stata attuata dapprima con decreto del Commissario delegato
per l'emergenza ambientale nel Lazio 11 marzo 2005, n. 15,  avente  a
oggetto "Approvazione metodologia di calcolo delle tariffe di accesso
agli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti  urbani  della
Regione Lazio", decreto poi recepito nella deliberazione della Giunta
regionale 18 luglio 2008, n. 516. Il decreto  prevede  anzitutto,  in
via  generale,  che  tutti  i  titolari  impianti  di  trattamento  e
smaltimento dei rifiuti  urbani  debbano  attivare  la  procedura  di
determinazione della relativa tariffa di accesso.  Prevede  poi,  per
quanto di interesse piu' specifico che il benefit ambientale, secondo
certe percentuali della tariffa, spetti ai "Comuni sede di discarica,
di impianti di preselezione, di impianti di termovalorizzazione e  di
stazioni di trasferenza ... da parte dei comuni conferenti", tenuti a
corrisponderlo  "al  gestore  dell'impianto   di   preselezione   che
provvedera' a restituirlo ai comuni, con cadenza quadrimestrale,  nel
rispetto di quanto di seguito riportato». 
    Cio' premesso, questo Giudice intende accogliere  l'eccezione  di
legittimita' costituzionale, sollevata da alcuni Comuni, della  norma
istitutiva del benefit ambientale di cui si e' detto, ossia dell'art.
29, comma 2 della legge regionale Lazio 9 luglio 1998, n.  27,  nella
parte in cui prevede  che  la  tariffa  per  conferire  rifiuti  agli
impianti di smaltimento e alle discariche vada determinata prevedendo
la «quota percentuale  della  tariffa»  in  questione  «dovuta  dagli
eventuali comuni utenti al soggetto  gestore  dell'impianto  o  della
discarica a favore del comune sede dell'impianto  o  della  discarica
stessi». 
    La questione e' rilevante perche' la norma citata e'  applicabile
alla fattispecie oggetto del  giudizio,  nel  senso  delineato  dalle
sentenze della Corte costituzionale del 29 marzo 1983, n. 77 e del 15
giugno 2016, n. 174: e' evidente che se la  norma  di  legge  che  il
benefit  prevede  fosse  dichiarata  incostituzionale   conseguirebbe
l'accoglimento per intero  delle  domande  di  rigetto  formulate  da
convenuti e terzi chiamati. 
    La questione di legittimita' costituzionale e' non manifestamente
infondata,  in  adesione  alle  argomentazioni  esposte  dalla  Corte
costituzionale nelle sentenze 28 ottobre 2011,  n.  280  e  11  marzo
2015, n. 58, pronunciate su  casi  analoghi.  Questo  Giudice  dubita
anzitutto della conformita'  della  norma  denunciata  all'art.  119,
comma  2  seconda  parte  della  Costituzione,  per  cui  le  regioni
«stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in  armonia  con
la Costituzione e secondo i principi di coordinamento  della  finanza
pubblica  e  del  sistema  tributario».  La  norma  stessa,  infatti,
istituisce un tributo regionale in modo non conforme ai «principi  di
coordinamento della finanza  pubblica»  nell'interpretazione  che  la
Corte costituzionale ha dato di questa formula  con  la  sentenza  26
gennaio 2004, n. 37. In primo luogo, questo Giudice  ritiene  che  il
benefit ambientale abbia natura di tributo sul fondamento dei criteri
fissati dalla Corte per definirlo, in particolare nelle  sentenze  n.
280/2011 e n. 58/2015 sopra citate, nonche' piu' in  generale,  nelle
sentenze 8 maggio 2009, n. 141 e 11 febbraio 2005, n. 73. Il  benefit
in questione non trova la sua fonte in un rapporto sinallagmatico tra
parti, derivante da un  contratto,  da  una  convenzione  o  da  atti
negoziali simili: si potrebbe, in effetti, sostenere che si tratti di
un  corrispettivo,  dovuto  al   Comune   per   il   disagio   dovuto
all'insediamento sul proprio territorio dell'impianto,  ma  la  Corte
costituzionale ha gia' rifiutato tale interpretazione sempre  con  la
sentenza 280/2011, la' dove ha  affermato  che  un  contributo  cosi'
concepito «non costituisce remunerazione ne' dell'uso in generale  di
beni collettivi comunali, come il territorio  e  l'ambiente,  ne'  di
servizi necessari per la gestione o  la  funzionalita'  dell'impianto
forniti dal Comune». La Corte ha osservato che il Comune puo' dispone
dietro corrispettivo di beni compresi nel suo demanio  o  patrimonio,
ma non puo' certo far cio' rispetto al territorio e all'ambiente  nel
loro complesso, perche' si tratta di  beni  collettivi,  rispetto  ai
quali  non  e'  proprietario,  ma  ente  esponenziale  dei   relativi
interessi della cittadinanza, infine, la Corte  ha  osservato  che  a
fronte del contributo il gestore dell'impianto non riceve dal  Comune
alcuno specifico servizio che si debba remunerare. 
    Non e' decisiva  l'opinione  dell'Agenzia  delle  entrate,  nella
risposta a un quesito formulato dalle  amministrazioni  resistenti  e
nella quale si afferma che benefit  sarebbe  un  corrispettivo,  come
tale soggetto a IVA: essa non vincolante e' per il giudice  allorche'
si tratti di stabilire la natura (tributaria o no) della  prestazione
(Cass. civ. sez. un., 2 novembre 2007, n. 23031).  Il  contributo  e'
certamente collegato alla spesa pubblica: sebbene la norma nulla dica
al riguardo, e' evidente che il Comune che lo incassa deve destinarlo
al finanziamento delle attivita' di propria  competenza,  alle  quali
appunto corrisponde la spesa pubblica soggetto passivo  del  benefit,
in primo luogo, e' il gestore dell'impianto, che incassa la tariffa e
deve riversare la percentuale corrispondente al benefit. Si  potrebbe
ritenere il contrario obiettando che secondo la norma il  benefit  e'
dovuto «dagli eventuali comuni utenti», e  quindi,  sembrerebbe,  non
dal gestore, ma l'obiezione non e' fondata. Il fatto che  il  benefit
in questione sia una percentuale  della  tariffa  vuoi  dire  che  e'
commisurato  a  essa,  chiunque  sia  il  soggetto  che  la   tariffa
corrisponde, e che il gestore lo deve riversare per ogni somma che  a
titolo di tariffa egli incassi, sia o no corrisposta da un Comune. In
tal senso e' esplicito anche l'ultimo paragrafo del  §  9.3.6.2.  del
decreto commissariale n. 15/2005, per cui «il suddetto benefit dovra'
essere riconosciuto anche da privali che conferiscono rifiuti  presso
i suddetti impianti» poiche' anche  in  questo  caso  la  tariffa  e'
dovuta. Che  poi  l'onere  economico  corrispondente  sia  sopportato
dall'utilizzatore dell'impianto e' cosa  che  risponde  al  ben  noto
fenomeno della traslazione d'imposta, il quale pero' ha valenza  solo
interna o economica: il gestore rimane obbligato a pagare il  benefit
al Comune anche  nei  casi  in  cui  la  traslazione  non  abbia  per
qualsiasi ragione avuto luogo, ad esempio  perche'  abbia  omesso  di
esigerlo per il passato. Sussistono poi gli  altri  elementi  che  la
Corte costituzionale nella sentenza n. 280/2011  ha  valorizzato  per
parlare di contributo correlato alla capacita' economica del  gestore
dell'impianto: nell'ordine, il soggetto  attivo  del  tributo  e'  il
Comune nei quale l'impianto ha sede,  il  presupposto  economicamente
rilevante e' la gestione dell'impianto stesso e la base imponibile e'
il quantitativo di rifiuti conferiti. 
    Cio' posto, il tributo cosi'  configurato  contrasta  con  l'art.
119, comma 2 seconda  parte  della  Costituzione.  La  giurisprudenza
della Corte costituzionale, in particolare nella sentenza 26  gennaio
2004, n. 37, ha, infatti, affermato  che  pur  dopo  la  riforma  del
titolo V della  parte  II  della  Costituzione,  di  cui  alla  legge
costituzionale  18  ottobre  2001,  n.  3,  gli  enti  locali,  e  in
particolare le regioni, non sono liberi di istituire in via  autonoma
nuovi tributi senza una previa legislazione statale di coordinamento,
la quale ne determini i principi fondamentali. In tal senso, si  puo'
allora richiamare la conclusione alla quale era giunta la sentenza n.
280/2011 riferendosi alla normativa precedente la riforma, ovvero che
«la potesta' legislativa tributaria regionale  ...  non  puo'  essere
legittimamente esercitata in mancanza di una previa  disposizione  di
legge statale che definisca, quanto meno, gli elementi essenziali del
tributo». Infatti, la legislazione  ordinaria  di  coordinamento,  in
particolare il decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, non  prevede
la possibilita' di istituire alcun tributo  ambientale  del  tipo  in
esame. Questo Giudice dubita poi anche della conformita' della  norma
denunciata  all'art.   117,   secondo   comma,   lettera   s)   della
Costituzione,  perche'  interviene  in  una   materia,   la   «tutela
dell'ambiente,  dell'ecosistema  e  dei  beni   culturali»   la   cui
disciplina e' riservata alla legge dello Stato. La  norma  denunciata
concerne la materia dei rifiuti, che secondo quanto  affermato  dalla
Corte costituzionale in particolare nella sentenza n. 58/2015 rientra
appunto nella  «tutela  dell'ambiente»,  e  per  quanto  detto  sopra
istituisce un tributo sul conferimento degli stessi. Cio'  posto,  la
costante giurisprudenza della Corte costituzionale ha ritenuto che la
tutela dell'ambiente  costituisca  materia  di  esclusiva  competenza
statale, anche se interferisca con altri interessi e  competenze,  di
modo che resta riservato allo  Stato  stesso  il  potere  di  fissare
livelli uniformi di tutela su tutto il territorio nazionale:  in  tal
senso la  ricordata  sentenza  n.  58/2015,  nonche'  le  sentenze  4
dicembre 2009, n. 314 e 14 novembre 2007, n.  378,  da  essa  citate,
relative anch'esse al particolare ambito dei rifiuti. 
    In  tali  termini,  anche  ritenendo  che  le  spettasse  in  via
generale, la Regione non potrebbe esercitare in  materia  la  propria
potesta' istitutiva di tributi  propri.  Infatti,  in  casi  come  ii
presente, in  cui  interferiscono  competenze  e  interessi  di  tipo
diverso, si  applica  il  principio  di  prevalenza,  nel  senso  che
predomina l'esigenza di garantire l'azione unitaria dello  Stato  che
assicuri livelli adeguati e non riducibili di tutela, in questo  caso
di  tutela  ambientale,  su  tutto  il   territorio   nazionale.   In
particolare,  si  assicura  che  il  bene  giuridico  «ambiente»  sia
protetto dai possibili effetti distorsivi derivanti  da  incentivi  o
disincentivi imposti in modo  variato  in  ciascuna  Regione,  tenuto
conto che ognuno di loro  influisce  sulle  decisioni  d'investimento
delle imprese del settore dei rifiuti,  scelte  che  si  ripercuotono
sugli equilibri ambientali (v. ordinanza del Consiglio di  Stato  del
24 giugno 2020 - reg. ord. n. 154 del 2020 Corte cost. pubblicata  in
Gazzetta Ufficiale dell'11 novembre 2020, n. 46). 
    Ai sensi dell'art. 23, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,
n. 87, il presente giudizio davanti al Consiglio di Stato e'  sospeso
fino alla definizione dell'incidente di costituzionalita'. 
 
                                P.Q.M. 
 
    visti gli articoli 134 della  Costituzione,  23  della  legge  11
marzo 1953, n. 87 e gli altri articoli di legge; 
    Dichiara rilevante e non  manifestamente  infondata  ai  sensi  e
sotto i profili di cui in motivazione la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 29, comma 2 della legge regionale del  Lazio
9 luglio 1998, n. 27, nella parte in cui prevede che la  tariffa  per
conferire rifiuti agli impianti di smaltimento e alle discariche vada
determinata  prevedendo  la  «quota  percentuale  della  tariffa»  in
questione «dovuta dagli eventuali comuni utenti al  soggetto  gestore
dell'impianto  o  della  discarica   a   favore   del   comune   sede
dell'impianto o della discarica stessi...». 
    Sospende il presente giudizio sino alla decisione sulla  proposta
questione di legittimita' costituzionale; 
    Dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale  della
presente ordinanza, insieme con gli atti del giudizio e con la  prova
delle notificazioni e comunicazioni di seguito disposte; 
    Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza  sia
notificata alle  parti,  nonche'  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e al presidente della Regione Lazio; inoltre, sia comunicata
ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica
e al presidente del Consiglio regionale del Lazio. 
        Cassino, 9 febbraio 2021 
 
                          Il giudice: Eramo