N. 40 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 27 luglio 2021

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 27 luglio  2021  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri) . 
 
Impiego pubblico - Norme della Regione Lombardia  -  Disposizioni  in
  materia di contratti di lavoro subordinato a tempo determinato  del
  personale con qualifica dirigenziale presso  la  Giunta  regionale,
  stipulati ai sensi dell'art. 19, comma 6, del  d.lgs.  n.  165  del
  2001 - Proroga di dodici mesi, rispetto  alla  scadenza  stabilita,
  dei contratti in essere alla data di entrata in vigore della  legge
  regionale n. 7 del 2021. 
- Legge della Regione Lombardia  19  maggio  2021,  n.  7  (Legge  di
  semplificazione 2021), art. 3. 
(GU n.38 del 22-9-2021 )
     Ricorso ai sensi dell'art. 127 della Costituzione del Presidente
del   Consiglio   dei   ministri   (codice   fiscale    80188230587),
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato  (codice
fiscale 80224030587), presso i cui uffici domicilia in Roma, alla Via
dei    Portoghesi     n.     12     (fax     0696514000     -     PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it  )  contro  la  Regione  Lombardia
(codice fiscale 80050050154), in persona del Presidente della Regione
in  carica  pro  tempore  per  la  dichiarazione  di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 3 (Disposizioni in materia di  contratti  di
lavoro subordinato a tempo determinato del  personale  con  qualifica
dirigenziale presso la Giunta regionale) della  legge  della  Regione
Lombardia 19 maggio 2021, n. 7, recante:  «Legge  di  semplificazione
2021» pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Lombardia  n.
20, del 21 maggio 2021, Supplemento. 
    1. - L'art. 3 della legge della Regione Lombardia 19 maggio 2021,
n.  7,  recante:  «Legge  di  semplificazione  2021»  pubblicata  nel
Bollettino ufficiale della Regione Lombardia n.  20,  del  21  maggio
2021, Supplemento, dispone quanto segue al comma 1: 
      «1. In considerazione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19
e della necessita' di assicurare  la  funzionalita'  operativa  delle
strutture  della  Giunta  regionale,  tenuto  altresi'  conto   delle
specifiche  competenze  ed  esperienze  professionali  acquisite,   i
contratti di lavoro subordinato a tempo determinato del personale con
qualifica dirigenziale presso la Giunta, stipulati ai sensi dell'art.
19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo  2001,  n.  165  (Norme
generali  sull'ordinamento   del   lavoro   alle   dipendenze   delle
amministrazioni pubbliche), previa selezione pubblica, in essere alla
data di entrata in vigore della presente  legge,  sono  prorogati  di
dodici mesi rispetto alla loro attuale scadenza.» 
    2. - Il citato art. 3, con particolare  riguardo  alla  riportata
previsione contenuta nel comma 1, presenta profili di  illegittimita'
costituzionale, eccedendo dai  limiti  della  competenza  legislativa
regionale  e,  comunque,  violando  gli  articoli  97  e  117,  della
Costituzione e, pertanto, viene impugnato dinanzi  a  codesta  Ecc.ma
Corte, ai sensi dell'art. 127 Cost.  e  dell'art.  33,  primo  comma,
della legge 11 marzo 1953, n. 87,  giusta  deliberazione  assunta  in
data 13 luglio 2021 dal Consiglio dei ministri, per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
    I - Violazione dell'art. 117, secondo comma,  lettera  l),  della
costituzione, anche in  relazione  all'art.  19,  commi  6  e  6-ter,
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e all'art.  40,  comma  1,
lettera f), decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. 
    3.- L'art. 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
165, reca la disciplina  degli  incarichi  di  funzioni  dirigenziali
delle pubbliche  amministrazioni  che  possono  essere  conferiti  «a
persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non
rinvenibile nei ruoli  dell'Amministrazione»,  muniti  dei  requisiti
previsti dalla norma, stabilendo, tra l'altro, la percentuale massima
della dotazione organica entro la quale i suddetti incarichi  possono
essere conferiti, e fissando la  durata  massima  di  questi  ultimi,
rispettivamente, in tre anni, per gli incarichi di cui ai commi 3 e 4
dello stesso art. 19 (incarichi apicali o di funzione dirigenziale di
livello generale), e in cinque  anni,  per  gli  altri  incarichi  di
funzione dirigenziale. 
    L'art. 40, comma  1,  lettera  f),  del  decreto  legislativo  27
ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15,  in
materia di ottimizzazione della produttivita' del lavoro  pubblico  e
di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni) ha,  tra
l'altro, aggiunto al citato art. 19 il comma 6-ter, il quale  dispone
che «il comma 6 e il comma 6-bis si applicano alle amministrazioni di
cui all'art. 1, comma 2» del medesimo decreto. 
    Quest'ultima  norma,   a   sua   volta,   stabilisce   che   «Per
amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello
Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le
istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello  Stato  ad
ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunita'
montane,   e   loro   consorzi   e   associazioni,   le   istituzioni
universitarie, gli Istituti autonomi  case  popolari,  le  Camere  di
commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro  associazioni,
tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e  locali,
le amministrazioni, le aziende e  gli  enti  del  Servizio  sanitario
nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle  pubbliche
amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo  30
luglio 1999, n. 300» (sottolineatura aggiunta). 
    Nell'interpretare le suddette disposizioni, la giurisprudenza  di
codesta Corte costituzionale, ribadendo espressamente che  il  citato
comma 6 dell'art. 19 si  applica  anche  alle  Regioni  (sentenza  n.
310/2011), ha altresi' chiarito  che  «si  tratta  di  una  normativa
riconducibile alla materia dell'ordinamento civile  di  cui  all'art.
117, secondo comma, lettera l), Cost.,  poiche'  il  conferimento  di
incarichi  dirigenziali  a  soggetti  esterni,   disciplinato   dalla
normativa  citata,  si  realizza  mediante  la  stipulazione  di   un
contratto di lavoro di diritto privato. 
    Conseguentemente, la disciplina della fase  costitutiva  di  tale
contratto, cosi' come quella del rapporto che sorge per effetto della
conclusione di quel  negozio  giuridico,  appartengono  alla  materia
dell'ordinamento civile. In particolare, l'art. 19, comma 6,  decreto
legislativo n. 165 del  2001  contiene  una  pluralita'  di  precetti
relativi  alla  qualificazione  professionale  ed   alle   precedenti
esperienze lavorative  del  soggetto  esterno,  alla  durata  massima
dell'incarico (e, dunque, anche del relativo  contratto  di  lavoro),
all'indennita' che - a integrazione del trattamento economico -  puo'
essere attribuita  al  privato,  alle  conseguenze  del  conferimento
dell'incarico  su  un  eventuale  preesistente  rapporto  di  impiego
pubblico e, infine, alla percentuale massima di incarichi conferibili
a soggetti esterni ... Essa [disciplina, N.d.E.],  valutata  nel  suo
complesso,  attiene  ai  requisiti  soggettivi  che  debbono   essere
posseduti dal contraente privato, alla durata massima  del  rapporto,
ad alcuni aspetti del regime economico e  giuridico  ed  e'  pertanto
riconducibile alla regolamentazione  del  particolare  contratto  che
l'amministrazione  stipula  con  il  soggetto  ad  essa  esterno  cui
conferisce   l'incarico   dirigenziale»   (sentenza   n.    324/2010,
sottolineature aggiunte). 
    4.- Pertanto l'art. 3, comma 1, della L.R. 7/2001, prevedendo  la
proroga  di  dodici  mesi,  rispetto  alla  scadenza  stabilita,  dei
contratti di lavoro subordinato a tempo determinato del personale con
qualifica dirigenziale presso la Giunta, stipulati ai sensi dell'art.
19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001,  n.  165,  eccede
dalla competenza legislativa regionale e  viola,  in  ogni  caso,  le
disposizioni contenute nella citata  disposizione  di  legge  statale
(nonche' nell'art. 40, lettera f), decreto legislativo n.  150/2009),
che, statuendo in materia di ordinamento civile, ai  sensi  dell'art.
117,  secondo  comma,  lettera  1),  Cost.,  stabiliscono  precisi  e
inderogabili limiti di durata massima  dei  suddetti  contratti,  nel
rispetto dei quali, oltre che  degli  altri  limiti  individuati  dal
citato comma 6, deve anche avvenire la loro proroga. 
    E' appena il caso di precisare che dal tenore della  disposizione
regionale oggetto del presente ricorso non si evince  che  la  durata
degli incarichi conferiti a soggetti esterni, comprensiva di proroga,
rispetti i  predetti  limiti.  A  cio'  si  aggiunga  che  la  stessa
disposizione accorda la suddetta  proroga  in  maniera  indistinta  a
tutti i contratti in vigore al momento dell'entrata in  vigore  della
legge regionale. 
    Essa presenta, percio',  profili  di  illegittimita'  analoghi  a
quelli gia' esaminati dalla Corte nella citata sentenza n.  310/2011,
con la quale e' stata dichiarata l'illegittimita'  costituzionale  di
una norma della L.R. Calabria n. 34/2010, che prorogava la durata  di
incarichi dirigenziali conferiti da quella Regione. 
    II - Violazione degli articoli 97 e 117 della costituzione, anche
in relazione agli articoli 1, 4, 14  e  27,  decreto  legislativo  30
marzo 2001, n. 165. 
    5.- L'art. 3 della L.R. Lombardia in esame viola, inoltre,  anche
l'art. 97 e, sotto altro profilo, l'art. 117 della Costituzione. 
    Invero gli atti inerenti  all'instaurazione  e  la  gestione  dei
rapporti di lavoro,  tra  i  quali  anche  l'eventuale  provvedimento
amministrativo di rinnovo di un incarico di livello  dirigenziale  in
essere, sono da ricondursi alle attribuzioni proprie delle figure  di
vertice  dirigenziale  degli  Enti  e,  come  tali,  sottratti   alle
competenze degli organi di indirizzo politico. 
    La separazione tra funzioni di indirizzo  politico-amministrativo
e  funzioni  di  gestione  amministrativa  costituisce,  infatti,  un
principio  di  carattere  generale,  che  trova  il  suo   fondamento
nell'art. 97 della Costituzione (Corte  costituzionale,  sentenza  n.
81/2013) al quale le Regioni, pur nel rispetto della loro  autonomia,
non possono sottrarsi. 
    Nell'affermare il suddetto canone ermeneutico, la  giurisprudenza
della Corte (sent. ult. cit.), pur dando  atto  che  l'individuazione
dell'esatta linea di demarcazione tra gli  atti  da  ricondurre  alle
funzioni dell'organo politico e quelli di competenza della  dirigenza
amministrativa spetta al legislatore, ha anche chiarito  che,  a  sua
volta, tale potere incontra un limite proprio nello  stesso  art.  97
Cost.,  precisando  che,  nell'identificare  gli  atti  di  indirizzo
politico  amministrativo  e  quelli  a   carattere   gestionale,   il
legislatore non  puo'  compiere  scelte  che,  contrastando  in  modo
irragionevole  con  il  principio  di  separazione  tra  politica   e
amministrazione,    ledano     l'imparzialita'     della     pubblica
amministrazione. 
    Esercitando egli stesso, con la norma  in  esame,  il  potere  di
rinnovo degli incarichi in questione, e  cosi'  sovrapponendosi  alle
funzioni  di  gestione  amministrativa  tipiche  dei  dirigenti,   il
legislatore  regionale  ha,   percio',   violato   palesemente   tale
principio, incorrendo  nell'ulteriore  censura  di  violazione  della
citata norma costituzionale. 
    D'altra parte, proprio in materia di impiego presso le  pubbliche
amministrazioni, l'art. 1 del decreto  legislativo  165/2001  afferma
esplicitamente la natura di principi fondamentali ai sensi  dell'art.
117 Cost. delle disposizioni contenute nel predetto testo unico,  tra
le quali vengono in considerazione gli articoli 4 e 14  dello  stesso
decreto legislativo, che riaffermano esplicitamente il  principio  di
separazione  tra  funzioni  di  indirizzo  politico-amministrativo  e
funzioni di gestione amministrativa, definendo in  modo  specifico  i
limiti delle prime. A sua volta  l'art.  27,  comma  1,  del  decreto
legislativo  citato,  in  coerenza  con  la  suddetta   affermazione,
prescrive che «Le regioni a statuto ordinario,  nell'esercizio  della
propria  potesta'  statutaria,  legislativa  e   regolamentare,   ...
adeguano ai principi  dell'art.  4  e  del  presente  capo  i  propri
ordinamenti» (sottolineatura aggiunta). Ne consegue che, nel  violare
lo stesso principio di separazione, l'art. 3 L.R. Lombardia 7/2021 si
pone in contrasto con l'art. 117 Cost. anche sotto tale profilo. 
 
                                P.Q.M. 
 
    Pertanto, sulla base degli esposti motivi, si  conclude  perche',
in accoglimento del presente ricorso,  codesta  Ecc.ma  Corte  voglia
dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3  (Disposizioni
in materia di contratti di lavoro subordinato a tempo determinato del
personale con qualifica  dirigenziale  presso  la  Giunta  regionale)
della legge della Regione Lombardia 19 maggio 2021,  n.  7,  recante:
«Legge di semplificazione 2021». 
    Unitamente all'originale del presente  ricorso  notificato  sara'
depositata copia autentica  della  deliberazione  del  Consiglio  dei
ministri del 13 luglio 2021, con l'allegata relazione. 
        Roma, 20 luglio 2021 
 
          Il Vice Avvocato Generale dello Stato: Del Gaizo