N. 43 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 10 agosto 2021

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 10 agosto  2021  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Partecipazioni  pubbliche  -  Enti  locali  -  Norme  della   Regione
  Siciliana - Promozione e tutela delle aree montane e delle relative
  aree sciabili - Previsione che i Comuni, singolarmente o  in  forma
  associata, possono costituire o partecipare a societa' che  abbiano
  come oggetto sociale il perseguimento delle finalita' di promozione
  e tutela delle localita' montane e delle  relative  aree  sciabili,
  nonche' di  sostegno  alla  pratica  dello  sci  e  di  ogni  altra
  attivita' ludico-sportiva e ricreativa,  invernale  o  estiva,  che
  utilizzi impianti e tracciati destinati all'attivita' sciistica, di
  cui all'art. 1 della legge regionale n. 12 del 2021,  o,  comunque,
  lo sviluppo delle attivita' con attrezzi, quali lo sci  alpino,  lo
  snowboard, lo sci di fondo, lo slittino, di cui  all'art.  2  della
  medesima legge regionale. 
Amministrazione  pubblica  -  Norme   della   Regione   Siciliana   -
  Commissione di coordinamento per  le  aree  sciabili  -  Previsione
  della possibilita' di invitare tecnici ed esperti ai  lavori  della
  Commissione. 
- Legge della Regione Siciliana 26  maggio  2021,  n.  12  (Norme  in
  materia di aree sciabili e di sviluppo  montano),  artt.  3  e  10,
  comma 3. 
(GU n.39 del 29-9-2021 )
    Ricorso ex art. 127 della  costituzione  per  il  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   ex    lege
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  presso  i  cui   uffici   e'
domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi,  12  contro  la  Regione
Siciliana, in persona  del  Presidente  della  Giunta  regionale  pro
tempore, per la declaratoria di illegittimita'  costituzionale  degli
articoli 3 e 10, comma 3, della legge Regionale Siciliana n.  12/2021
del 26 maggio 2021, recante «Norme in materia di aree sciabili  e  di
sviluppo montano», come da delibera del  Consiglio  dei  ministri  in
data 22 luglio 2021. 
    Sul B.U.R. della Regione Siciliana n. 24 del 4  giugno  2021,  e'
stata pubblicata la legge Regionale n. 12/2021 del  26  maggio  2021,
recante «Norme in materia di aree sciabili e di sviluppo montano». 
    L'art. 3 della predetta legge recita: 
      «Associazioni fra comuni e partecipazione a societa'. 
      1. I comuni possono accordarsi o associarsi  secondo  le  forme
previste dalla normativa vigente al fine di programmare e  perseguire
le finalita' di cui alla presente legge. 
      2. I  comuni,  singolarmente  o  in  forma  associata,  possono
costituire o partecipare a societa', anche con altri enti pubblici  o
con privati, che abbiano come oggetto sociale il perseguimento  delle
finalita' di cui  all'articolo  1  o,  comunque,  lo  sviluppo  delle
attivita' di cui all'art. 2» 
      
    L'art. 10 comma 3 della predetta legge recita: 
      «Commissione di coordinamento per le aree sciabili. 
      1. [..] 
      2. [..] 
      3. La Commissione dura in carica cinque anni. Ai  lavori  della
Commissione possono essere invitati tecnici ed esperti, il cui parere
sia ritenuto utile e necessario per l'esame di singole questioni.  La
Commissione si riunisce ordinariamente almeno due volte l'anno presso
l'Assessorato regionale del Turismo, dello sport e dello spettacolo». 
    Il Presidente del Consiglio  ritiene  che  dette  disposizioni  m
materia di aree sciabili e di sviluppo montano siano censurabili,  in
quanto eccedono dalle competenze attribuite  alla  Regione  Siciliana
dallo Statuto Speciale di autonomia, R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455,
convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, e  violano
la Costituzione, specificamente l'art. 117, terzo comma, in relazione
alla materia del coordinamento della finanza pubblica, l'art. 97,  in
relazione al principio di  buon  andamento,  nonche'  l'art.  81,  in
relazione alla mancata indicazione della copertura finanziaria. 
    Pertanto, si propone questione di legittimita' costituzionale  ai
sensi dell'art. 127 comma 1 cost. per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
    1) Illegittimita' dell'art. 3 della legge Regionale Siciliana  n.
1212021 per contrasto con l'art. 4 del «Testo  unico  in  materia  di
societa'  a  partecipazione  pubblica»  (TUSP)  di  cui  al   decreto
legislativo 19 agosto 2016, n.  175  (norma  interposta)  e  con  gli
articoli 117 terzo comma e 97 della Costituzione,  nonche'  14  e  17
dello Statuto Speciale di autonomia, R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455,
convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. 
    1. L'art. 3, rubricato Associazioni fra comuni e partecipazione a
societa', prevede, al comma 2, che i comuni, singolarmente o in forma
associata, possano costituire o partecipare  a  societa',  anche  con
altri enti pubblici o con privati, che abbiano come  oggetto  sociale
il  perseguimento  delle  finalita'  di  promozione  e  tutela  delle
«localita' montane e le relative aree sciabili in ragione della  loro
valenza in termini di sviluppo economico  e  culturale,  di  coesione
sociale e territoriale», nonche' di sostegno «alla pratica dello  sci
e di ogni altra attivita' ludico-sportiva e ricreativa,  invernale  o
estiva, che utilizzi impianti  e  tracciati  destinati  all'attivita'
sciistica», di cui all'articolo 1 della stessa L.R. o,  comunque,  lo
sviluppo «delle attivita' con  attrezzi,  quali  lo  sci  alpino,  lo
snowboard lo sci da fondo, lo  slittino»  di  cui  all'art.  2  della
medesima legge. 
    La disposizione in argomento si pone in contrasto  con  l'art.  4
del «Testo unico in materia di societa'  a  partecipazione  pubblica»
(TUSP) di  cui  al  decreto  legislativo  19  agosto  2016,  n.  175,
concernente le finalita' perseguibili mediante  l'acquisizione  e  la
gestione di partecipazioni pubbliche. 
    L'art. 4 del decreto  legislativo  n.  175/2016,  nel  riprendere
quanto gia' prescritto dall'art. 3, comma 27, della legge n. 244  del
2007, al comma 1, stabilisce che «Le  amministrazioni  pubbliche  non
possono, direttamente o indirettamente,  costituire  societa'  aventi
per  oggetto  attivita'  di  produzione  di  beni   e   servizi   non
strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie  finalita'
istituzionali, ne' acquisire o  mantenere  partecipazioni,  anche  di
minoranza, in tali societa'». 
    Il successivo comma 2 cosi' dispone: 
      «2. Nei limiti di cui al comma 1, le amministrazioni  pubbliche
possono,  direttamente  o  indirettamente,  costituire   societa'   e
acquisire o mantenere partecipazioni in societa'  esclusivamente  per
lo svolgimento delle attivita' sotto indicate: 
        a) produzione di  un  servizio  di  interesse  generale,  ivi
inclusa la realizzazione e la gestione delle reti  e  degli  impianti
funzionali ai servizi medesimi; 
        b) progettazione e realizzazione di un'opera  pubblica  sulla
base di un accordo di programma  fra  amministrazioni  pubbliche,  ai
sensi dell'art. 193 del decreto legislativo n. 50 del 2016; 
        c) realizzazione  e  gestione  di  un'opera  pubblica  ovvero
organizzazione  e  gestione  di  un  servizio  d'interesse   generale
attraverso un contratto di  partenariato  di  cui  all'art.  180  del
decreto legislativo n. 50 del 2016, con un  imprenditore  selezionato
con le modalita' di cui all'art. 17, commi 1 e 2; 
        d) autoproduzione di beni o servizi  strumentali  all'ente  o
agli  enti  pubblici  partecipanti  o  allo  svolgimento  delle  loro
funzioni, nel rispetto delle  condizioni  stabilite  dalle  direttive
europee in materia di contratti pubblici e della relativa  disciplina
nazionale di recepimento; 
        e) servizi  di  committenza,  ivi  incluse  le  attivita'  di
committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo  di
lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'art. 3, comma 1,
lettera a), del decreto legislativo n. 50 del 2016». 
      
      
    In sostanza, il citato art. 4 introduce un doppio vincolo: 
      - cd. «vincolo di scopo pubblico» (comma 1) e 
      - un «vincolo di attivita'» (comma 2), 
    consentendo la costituzione di societa' ovvero l'acquisizione  di
partecipazioni societarie solo se cio' permette, o favorisce, la cura
di almeno uno dei fini istituzionali  attribuiti  all'amministrazione
socia dal medesimo art. 4. 
    Tale circostanza viene evidenziata nel  parere  n.  968/2016  del
Consiglio di Stato (reso sullo «Schema di decreto legislativo recante
testo unico in materia di  societa'  a  partecipazione  pubblica,  in
attuazione dell'art. 2 della legge  7  agosto  2015,  n.  124  (1)  ,
recante "Deleghe al Governo  in  materia  di  riorganizzazione  delle
amministrazioni pubbliche"»): 
      «L'importante novita' dello schema di  decreto  e'  rappresenta
dal secondo comma che aggiunge a tale limite un ulteriore vincolo  di
attivita' - non presente nella disciplina vigente (cfr. retro,  parte
I,  par.  6)  -  ammettendo  soltanto  le   societa'   che   svolgono
«esclusivamente» le attivita' indicate alle lettere a), b), c), d) ed
e)». 
    Sull'argomento  la  giurisprudenza  contabile   e'   piu'   volte
intervenuta, in particolare con riguardo alle questioni afferenti  le
modalita'  di  applicazione  degli  articoli  20  e  24   del   TUSP,
riguardanti il processo di'  razionalizzazione  delle  partecipazioni
pubbliche. 
    La Corte dei conti  -  Sezione  regionale  di  controllo  per  la
Lombardia, con la deliberazione 348/2017/PAR, ha sottolineato che «Il
legislatore .... presuppone, che, in sede di revisione straordinaria,
ex art. 24, gli enti pubblici provvedano a dismettere le societa' non
riconducibili alle missioni istituzionali attribuite dalla legge agli
enti pubblici» e ancora che «tale forma  di  revisione  straordinaria
[...] non  puo'  non  condurre  all'adozione  di   provvedimenti   di
alienazione/scioglimento». 
    In tale contesto appare utile richiamare la nozione di  «servizio
di interesse generale» resa dal TUSP all'art. 2, comma 1, lettera h),
(che rileva anche ai fini dell'art. 4,  comma  2,  lettera  a)  dello
stesso decreto legislativo) secondo cui sono  tali «le  attivita'  di
produzione e fornitura di beni o servizi che non sarebbero svolte dal
mercato senza un intervento pubblico o sarebbero svolte a  condizioni
differenti  in  termini  di  accessibilita'  fisica   ed   economica,
continuita',  non  discriminazione,  qualita'  e  sicurezza,  che  le
amministrazioni pubbliche, nell'ambito delle  rispettive  competenze,
assumono come necessarie per assicurare la soddisfazione dei  bisogni
della collettivita' di riferimento, cosi' da garantire  l'omogeneita'
dello sviluppo e la  coesione  sociale,  ivi  inclusi  i  servizi  di
interesse economico generale». 
    Alla luce della definizione di servizio generale  introdotta  dal
citato decreto legislativo, che replica  proposizioni  gia'  espresse
dalla normativa comunitaria, la Corte dei conti (Sezione regionale di
controllo per la Lombardia, deliberazione 398/PAR/2016)  ha  chiarito
che il servizio puo' essere svolto dall'ente locale  se  l'intervento
dell'ente  stesso  sia  necessario  per  garantire  l'erogazione  del
servizio,  alle  condizioni  stabilite  nella   disposizione   appena
richiamata,  ossia  se,  senza   l'intervento   pubblico,   sarebbero
differenti le  condizioni  di  accessibilita'  fisica  ed  economica,
continuita', non discriminazione qualita'  e  sicurezza  al  servizio
oggetto di attenzione. 
    La disposizione  in  esame,  inoltre,  prevedendo  che  i  comuni
possano partecipare a organismi societari in cui siano presenti altri
enti pubblici o soggetti privati, senza tuttavia precisare  che  tale
partecipazione  dovra'  comunque  essere  acquisita  e  gestita   nel
rispetto dei principi e limiti previsti dal TUSP consentirebbe  anche
l'acquisizione di partecipazioni di minoranza. 
    Sul punto, sempre per il diritto vivente, la Corte dei conti, con
la citata deliberazione 398/PAR/2016, precisa che «nel caso in cui la
partecipazione dell'ente sia minoritaria (ed in assenza di altri soci
pubblici, che consentano il controllo della  societa'),  il  servizio
espletato non e' da ritenere «servizio di Interesse  generale»  posto
che,  a  prescindere  da  ogni  altra  considerazione  relativa  alle
finalita' istituzionali dell'ente, l'intervento pubblico  (stante  la
partecipazione minoritaria) non puo' garantire l'accesso al  servizio
cosi' come declinato nell'art. 4: l'accesso al servizio  non  sarebbe
svolto dal mercato  o  sarebbe  svolto  a  condizioni  differenti  in
termini  di  accessibilita'  fisica,  economica,   continuita',   non
discriminazione. Infatti, una partecipazione poco  significativa  non
sarebbe in grado di determinare le condizioni di accesso al  servizio
che potrebbero legittimare il mantenimento della quota». 
    Del medesimo tenore quanto affermato  dalla  Corte  dei  conti  -
Sezione  regionale  di  controllo  per  il  Piemonte,  che   con   la
deliberazione   9/2016/SRCPIE/VSG,    ha    sottolineato    che    le
partecipazioni c.d, «polvere», non  consentendo  un  controllo  sulla
partecipata da parte del socio pubblico, non  sembrerebbero  coerenti
con  una   valutazione   di   strategicita'   della   partecipazione,
riducendosi al rango di mero investimento  in  capitale  di  rischio,
oggi non piu' ammesso, per tutto quanto sopra riportato, dall'attuale
quadro normativo. 
    Pertanto,   il   possesso   di   una   eventuale   partecipazione
minoritaria, la cui acquisizione appare legittimata dalla  previsione
della norma regionale, non consentirebbe certamente di realizzare  le
condizioni affinche' la pubblica amministrazione possa determinare le
condizioni di accesso al servizio pubblico e, per esso, perseguire le
proprie finalita' istituzionali come richiesto dall'art. 4, comma  1,
del TUSP. 
    Come si e' visto, il comma  2  del  richiamato  art.  4  il  TUSP
specifica, in  positivo,  le  categorie  di  societa'  legittimamente
costituibili  o  detenibili  da  enti  pubblici,  le  quali   possono
espletare esclusivamente le seguenti attivita': 
      a) produzione di un servizio di interesse generale, inclusa  la
realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti strumentali; 
      b) progettazione e realizzazione  di  un'opera  pubblica  sulla
base di un  accordo  di  programma  fra  PA  (art.  193  del  decreto
legislativo 50/2016); 
      c) realizzazione e  gestione  di  un'opera  pubblica  o  di  un
servizio d'interesse generale attraverso un contratto di partenariato
(art. 180 del decreto legislativo 50/2016); 
      d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all'ente o agli
enti pubblici partecipanti, o allo svolgimento delle loro funzioni; 
      
      
      e) servizi di committenza, incluse le attivita' di  committenza
ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro  e  di
amministrazioni aggiudicatrici. 
    Tutto cio'  premesso,  tenuto  conto  che  le  attivita'  che  si
intendono realizzare attraverso la  partecipazione  societaria  degli
enti  locali  prevista  dalla  norma,   non   appaiono   strettamente
necessarie per il perseguimento delle finalita'  istituzionali,  deve
concludersi che la norma recata dall'art. 3, comma 2, della  L.R.  in
esame, in ragione del contrasto con l'art. 4 del  TUSP,  si  pone  in
contrasto con gli articoli 3, comma 1, e 4 del TUSP di cui al decreto
legislativo 19 agosto 2016, n. 175, in relazione agli articoli  14  e
17 dello Statuto Speciale di autonomia, R.D.Lgs. 15 maggio  1946,  n.
455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.  2  (che
disciplinano la potesta' legislativa della  Regione  Siciliana),  con
diretto riferimento sia alla materia del coordinamento della  finanza
pubblica, di cui all'art. 117, comma 3, Cost., sia  al  principio  di
buon  andamento  di  cui  all'art.  97,  comma  2,  Cost.  che  viene
chiaramente leso dalla norma impugnata. 
    2) Illegittimita' dell'art. 10, comma 3 L.R. Siciliana n. 12/2021
per contrasto con l'art. 19 legge 31 dicembre  2009,  n.  196  (norma
interposta) e l'art. 81 della Costituzione. 
    La disposizione di  cui  all'articolo  10,  comma  3  prevede  la
possibile partecipazione  di  tecnici  ed  esperti  ai  lavori  della
Commissione di coordinamento per le aree sciabili. 
    In base al comma 1 dell'art.  10,  la  Commissione  opera  «quale
organo consultivo della Regione in materia di  gestione  e  fruizione
delle aree sciabili» ed al comma 2 e'  stabilito  che  «i  componenti
della Commissione svolgono i loro compiti a titolo gratuito  e  senza
rimborso spese». 
    Tale previsione tuttavia,  da  un  lato  non  e'  sufficiente  ad
escludere la  sussistenza  di  spese  di  funzionamento  diverse  dai
compensi dei componenti; dall'altro il  comma  3  della  disposizione
prevede che «Ai lavori  della  Commissione  possono  essere  invitati
tecnici ed esperti, il cui parere sia ritenuto utile e necessario per
l'esame di singole questioni»; la norma appare quindi suscettibile di
comportare oneri non quantificati, per i quali  non  e'  indicata  la
copertura finanziaria, in contrasto con l'art. 81, terzo comma, della
Costituzione. 
    La disposizione e' pertanto illegittima sia a causa della mancata
previsione circa la quantificazione della spesa derivante  dalla  sua
applicazione, sia per l'omessa  previsione  delle  risorse  per  dare
copertura all'intervento (se tramite un  fondo  speciale  o  mediante
riduzione di spesa o per mezzo di  nuove  o  maggiori  entrate),  con
conseguente violazione dell'art. 81 Cost. (sentenza n. 181/2013). 
    Si richiama al riguardo quanto gia' affermato dalla Corte: 
      «Quanto al giudizio di idoneita' delle modalita'  di  copertura
delle diverse tipologie di spesa, questa Corte ha gia' avuto modo  di
affermare  che  il  principio  dell'equilibrio  di  bilancio  di  cui
all'art. 81, quarto comma, Cost., opera direttamente,  a  prescindere
dall'esistenza di norme interposte. Con riguardo al caso in esame, il
carattere precettivo generale dell'art. 81, quarto comma, Cost. e' in
grado di vincolare la disciplina delle fonti di  spesa  di  carattere
pluriennale, aventi componenti variabili e complesse (sentenze n.  70
del 2012, n. 25 del 1993, n. 384 del  1991,  n.  19  del  1970).  Gli
articoli 17 e 19 della legge n. 196 del 2009 costituiscono  una  mera
specificazione del  principio  in  questione  con  riguardo  a  detta
categoria di spese: l'art. 17 inerisce alle  modalita'  di  copertura
finanziaria delle leggi statali; l'art. 19  le  estende  a  tutte  le
Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano. In sostanza  le
due disposizioni non comportano  un'innovazione  al  principio  della
copertura,  bensi'  una  semplice  puntualizzazione   tecnica   (come
confermato, tra l'altro, dall'incipit dell'art.  17:  «in  attuazione
dell'art. 81, quarto comma, della  Costituzione...»)  ispirata  dalla
crescente  complessita'  della  finanza  pubblica.  Questa  Corte  ha
costantemente affermato che: 
        a) le leggi istitutive di nuove spese debbono  contenere  una
«esplicita indicazione» del relativo mezzo di copertura (ex plurimis,
sentenze n. 386 e n. 213 del 2008, n. 359 del 2007 e n. 9 del 1958); 
        b) che a tale obbligo non sfuggono  le  norme  regionali  (ex
plurimis, sentenze n. 213 del 2008 e n. 16 del 1961); 
        c) che  solo  per  le  spese  continuative  e  ricorrenti  e'
consentita  l'individuazione  dei  relativi  mezzi  di  copertura  al
momento della redazione e dell'approvazione del bilancio annuale,  in
coerenza con quanto previsto - tra l'altro - dall'art.  3,  comma  1,
del decreto legislativo n. 76 del 2000 (sentenze n. 446 del 1994,  n.
26 del 1991 e n. 331 del 1988)» (sentenza n. 26/2013). 
      
    Tenuto conto  che  il  tipo  di  previsione  di  spesa  in  esame
appartiene alla categoria degli oneri pluriennali con  carattere  non
uniforme   e   temporalmente   circoscrivibile,   il    difetto    di
quantificazione della relativa spesa, nonche' l'omessa previsione dei
mezzi  di  finanziamento  dimostrano  la  fondatezza  della   censura
formulata. 

(1) L'art. 18, comma 1, lettera b) delle legge delega 124/2015, fissa
    il seguente principio: «b)  ai  fini  della  razionalizzazione  e
    riduzione  delle  partecipazioni  pubbliche  secondo  criteri  di
    efficienza,  efficacia  ed  economicita',   ridefinizione   della
    disciplina, delle condizioni e dei limiti per la costituzione  di
    societa',  l'assunzione  e  il  mantenimento  di   partecipazioni
    societarie  da  parte  di  amministrazioni  pubbliche  entro   il
    perimetro dei compiti istituzionali o di ambiti strategici per la
    tutela di interessi pubblici  rilevanti,  quale  la  gestione  di
    servizi  di  interesse  economico  generale;   applicazione   dei
    principi  della  presente  lettera  anche   alle   partecipazioni
    pubbliche gia' in essere; 
 
                                P.Q.M. 
 
    Si chiede che l'ecc.ma  Corte  costituzionale  voglia  dichiarare
costituzionalmente illegittima e conseguentemente annullare la  legge
Regionale Siciliana 26 maggio 2021 n. 12, per i motivi illustrati nel
presente ricorso. 
    Con l'originale notificato del ricorso si depositera': 
      1. estratto della delibera del Consiglio dei ministri 22 luglio
2021. 
      
        Roma, 3 agosto 2021 
 
            Vice avvocato generale dello Stato: De Bellis