N. 141 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 aprile 2021

Ordinanza del 15 aprile 2021 del Tribunale  di  Reggio  Calabria  nel
procedimento penale a carico di A. M.. 
 
Reati e pene - Misure di  contenimento  della  diffusione  del  virus
  COVID-19 - Divieto di mobilita' dalla propria abitazione  o  dimora
  alle  persone  sottoposte  alla   misura   della   quarantena   per
  provvedimento dell'autorita' sanitaria in quanto risultate positive
  al virus COVID-19, fino  all'accertamento  della  guarigione  o  al
  ricovero in una struttura sanitaria o altra  struttura  allo  scopo
  destinata - Sanzione, in caso di violazione, ai sensi dell'art. 260
  del regio decreto n. 1265 del 1934. 
- Decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33 (Ulteriori misure  urgenti  per
  fronteggiare l'emergenza epidemiologica da  COVID-19),  convertito,
  con modificazioni, nella legge 14 luglio  2020,  n.  74,  artt.  1,
  comma 6, e 2, comma 3. 
(GU n.39 del 29-9-2021 )
 
                    TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA 
                     Sezione dibattimento penale 
 
    Il giudice, dott. Flavio Tovani, all'udienza del 15 aprile  2021,
nell'ambito del processo in epigrafe, a carico di: A. M. , nato a ...
l' ... , residente a ... , via ... , imputato 
        1. dei reati di cui agli artt. 61, n. 2  del  codice  penale,
47-ter, comma ottavo, legge n. 354/1975  e  385  del  codice  penale,
perche'  essendo  in   stato   di   detenzione   domiciliare   presso
l'abitazione sita in via ... in forza dell'ordinanza nr.  ...  e  nr.
... del ... emessa dal Tribunale di sorveglianza di Catanzaro, se  ne
allontanava, rendendosi irreperibile  e  venendo  rintracciato  dalla
polizia giudiziaria presso la via ... , alle ore ... ; 
        aggravato per essere stato commesso al fine di realizzare  il
reato di cui al capo 2); 
        2. del reato di cui agli artt. 624 e 625, commi primo, nn.  2
e 7, e secondo del codice penale, perche', al fine di trarne profitto
per se' o per altri, si impossessava del veicolo ... , di colore  blu
scuro, targata ... , in uso a L. F. , sottraendola a quest'ultimo; 
        con l'aggravante di  aver  utilizzato  violenza  sulle  cose,
segnatamente forzava il cilindretto portiera anteriore lato sinistro,
danneggiava  la  cruscotteria  sotto  sterzo  e  tagliava   il   filo
dell'alimentatore GPS; 
        con l'aggravante di aver commesso il fatto su cose  destinate
per necessita' alla pubblica fede; 
        3. del reato di cui all'art. 260, regio decreto n. 1265/1934,
in riferimento agli artt. 1, comma  sesto,  e  2,  comma  terzo,  del
decreto-legge n. 33 del 2020, convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge n. 74/2020, perche' non osservava un ordine legalmente dato per
impedire  la  diffusione  di  una   malattia   infettiva   dell'uomo;
segnatamente, contravvenendo alla prescrizione  di  cui  all'art.  1,
comma sesto, decreto-legge n.  33/2020,  convertito  dalla  legge  n.
74/2020 (disposizioni  per  fronteggiare  l'emergenza  epidemiologica
COVID-19), in quanto  positivo  al  virus  COVID-19  (come  attestato
dall'esame del tampone  eseguito  il  7  marzo  2021),  usciva  dalla
propria abitazione e veniva fermato in ... , via ... dagli  operatori
della Questura di ... ; 
        con la recidiva di cui all'art.  99,  comma  quarto,  seconda
parte del codice penale; 
        in ... , il ... ; 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza per sollevare  la  questione
di  legittimita'  costituzionale,   in   quanto   rilevante   e   non
manifestamente   infondata,   in   relazione   all'art.   13    della
Costituzione,  dell'art.  1,  comma  6,  decreto-legge   n.   33/2020
(convertito, con modificazioni, dalla legge n. 74/2020)  nella  parte
in cui prevede il divieto di mobilita'  dalla  propria  abitazione  o
dimora alle persone  sottoposte  alla  misura  della  quarantena  per
provvedimento dell'autorita' sanitaria in quanto  risultate  positive
al virus  COVID-19,  fino  all'accertamento  della  guarigione  o  al
ricovero in una struttura sanitaria  o  altra  struttura  allo  scopo
destinata, e dell'art. 2, comma 3,  decreto-legge  n.  33/2020  nella
parte in cui prevede che la violazione della misura di  cui  all'art.
1, comma 6 sia punita  ai  sensi  dell'art.  260,  regio  decreto  n.
1265/1934. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    In seguito ad arresto, eseguito il ... , A. M. e' stato condotto,
il ... ,  dinanzi  al  Tribunale  di  ...  per  la  convalida  ed  il
contestuale giudizio con il rito direttissimo in ordine ai  reati  di
cui in epigrafe. 
    Convalidato l'arresto ed  instaurato  il  giudizio  con  il  rito
direttissimo con il consenso delle  parti  anche  in  relazione  alla
contravvenzione di cui al capo 3, il giudice, rilevato  il  legittimo
impedimento  dell'imputato,  ha  disposto  un  rinvio  del   processo
all'odierna  udienza,  in  cui  le  parti  hanno  interloquito  sugli
eventuali  profili  di  illegittimita'  della  disciplina   normativa
applicabile al capo 3. Si ritiene, pertanto, di  dover  sollevare  la
questione di legittimita' costituzionale descritta in  premessa,  non
potendosi  definire   il   giudizio   indipendentemente   dalla   sua
risoluzione e non risultando la stessa manifestamente infondata,  con
le motivazioni che di seguito si esporranno. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    A) Quanto alla rilevanza della  questione,  questo  Tribunale  e'
chiamato a pronunciarsi in ordine al capo 3 dell'imputazione e,  piu'
precisamente, alla responsabilita' di A.  M.  per  il  reato  di  cui
all'art. 260, regio decreto n. 1265/1934, in riferimento  agli  artt.
1, comma 6, e 2, comma 3, decreto-legge n. 33/2020,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge n. 74/2020, perche' lo stesso non  avrebbe
osservato un ordine legalmente dato per impedire la diffusione di una
malattia infettiva dell'uomo; segnatamente,  come  risulta  dal  capo
d'imputazione, contravvenendo alla prescrizione di  cui  all'art.  1,
comma 6, decreto-legge n.  33/2020,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge n. 74/2020, risultato, all'esito del tampone eseguito  il
7 marzo 2021,  positivo  al  virus  COVID-19,  sarebbe  uscito  dalla
propria abitazione e sarebbe stato fermato in via ... , a ... , dagli
operatori della locale questura. Conseguentemente,  per  definire  il
giudizio in corso, in relazione al succitato capo 3 dell'imputazione,
questo giudice dovra' certamente fare  applicazione  degli  artt.  1,
comma  6,  e  2,  comma  3,  decreto-legge  n.  33/2020,   dato   che
un'eventuale pronuncia di accoglimento della  questione  nei  termini
sopra indicati comporterebbe la non rilevanza penale  della  condotta
ascritta all'imputato e dunque la sua assoluzione  perche'  il  fatto
non e' previsto dalla legge come reato. 
    B) Sotto  il  profilo  della  non  manifesta  infondatezza  delle
questioni di costituzionalita' sollevate dalla normativa  denunziata,
occorre rilevare che l'art. 1,  comma  6,  decreto-legge  n.  33/2020
impone il divieto di mobilita' dalla propria abitazione o dimora alle
persone sottoposte alla misura  della  quarantena  per  provvedimento
dell'autorita'  sanitaria  in  quanto  risultate  positive  al  virus
COVID-19, fino all'accertamento della guarigione o al ricovero in una
struttura sanitaria o altra struttura allo scopo destinata, e  l'art.
2,  comma  3,  decreto-legge  n.  33/2020   sanziona   penalmente   i
trasgressori,  prevedendo  l'applicabilita'   della   pena   prevista
dall'art. 260, regio decreto n. 1265/1934. 
    Deve in primo luogo rilevarsi che, a  dispetto  del  nomen  juris
utilizzato, il «divieto  di  mobilita'  dalla  propria  abitazione  o
dimora» previsto dall'art. 1, comma 6, decreto-legge n. 33/2020 ha un
contenuto assolutamente identico  a  quello  della  misura  cautelare
degli arresti domiciliari, che l'art. 284,  comma  1  del  codice  di
procedura penale sostanzia nella prescrizione,  per  l'imputato,  «di
non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata
dimora ovvero da un luogo pubblico di cura o  di  assistenza  ovvero,
ove istituita, da una casa famiglia protetta»: divieto di muoversi  e
divieto di allontanarsi dall'abitazione o dalla dimora, infatti, sono
sinonimi e hanno il medesimo contenuto precettivo, dato dall'obbligo,
tanto per chi sia sottoposto  alla  quarantena  quanto  per  chi  sia
sottoposto  agli  arresti  domiciliari,  di  non  allontanarsi  dalla
propria abitazione o dimora. 
    Il suddetto divieto di cui all'art. 1, comma 6, decreto-legge  n.
33/2020 ha inoltre un contenuto assolutamente identico a quello della
detenzione domiciliare: l'art.  47-ter,  legge  n.  354/1975  prevede
infatti che la pena della reclusione possa, in  certi  casi,  «essere
espiata nella propria abitazione o in altro luogo pubblico  di  cura,
assistenza ed accoglienza», ed  anche  in  questo  caso  la  pena  si
sostanzia nell'obbligo  di  permanere  nei  (id  est  il  divieto  di
muoversi dai) luoghi sopra indicati. 
    Non vi e' dubbio alcuno che la misura degli  arresti  domiciliari
comporti la privazione della  liberta'  personale,  dal  momento  che
l'art.  284,  comma  5  del  codice  di  procedura   penale   prevede
espressamente che «l'imputato agli arresti domiciliari  si  considera
in stato di custodia cautelare»; allo stesso modo, non vi  e'  dubbio
alcuno che si abbia privazione della  liberta'  personale  anche  nel
caso di sottoposizione alla detenzione domiciliare, trattandosi, come
si desume dalla lettera del succitato art. 47-ter, legge n. 354/1975,
di una modalita' di espiazione  della  pena  detentiva  che  avviene,
anziche' in carcere, in uno dei luoghi indicati. 
    Il regime di cui all'art. 1, comma 6,  decreto-legge  n.  33/2020
puo' essere addirittura piu'  restrittivo  rispetto  a  quello  degli
arresti domiciliari e a quello della detenzione domiciliare: infatti,
al contrario di chi, positivo al COVID-19, venga posto in quarantena,
chi si trova agli arresti domiciliari, ai sensi dell'art. 284,  comma
3 del codice di  procedura  penale,  e  chi  si  trova  in  stato  di
detenzione domiciliare, in virtu' del richiamo che l'art. 47-ter  fa,
quanto alle modalita' di  esecuzione,  all'art.  284  del  codice  di
procedura  penale,  puo'  essere  autorizzato,  «se  [...]  non  puo'
altrimenti provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita ovvero
versa in situazione di assoluta indigenza, [...]  ad  assentarsi  dal
luogo di arresto per il tempo strettamente necessario per  provvedere
alle suddette esigenze ovvero ad esercitare un'attivita' lavorativa». 
    Da  quanto  sopra  detto  deve  desumersi  che  la  misura  della
quarantena di cui all'art.  1,  comma  6,  decreto-legge  n.  33/2020
comporta la privazione (o, perlomeno, la limitazione) della  liberta'
personale del soggetto che vi e' sottoposto. 
    Che la quarantena per  coloro  che  sono  risultati  positivi  al
COVID-19 attenga alla liberta' personale e non alla mobilita' e  alla
liberta' di circolazione risulta peraltro sia qualora si  accolga  la
tesi secondo cui la prima concerne le limitazioni legate alla persona
e  la  seconda  quelle  legate  al  luogo  (Corte  costituzionale  n.
68/1964), sia qualora  si  accolga  la  tesi  secondo  cui  la  prima
riguarderebbe le limitazioni positive e la seconda  quelle  negative:
infatti, l'art. 1, comma 6, decreto-legge n. 33/2020  non  impone  un
divieto di recarsi in determinati luoghi (limitazioni negative legate
ai  luoghi),  ma  un  divieto  di  muoversi  a  determinati  soggetti
(limitazioni positive legate alla persona). 
    Tuttavia, mentre la misura di cui  all'art.  284  del  codice  di
procedura penale e la modalita'  di  esecuzione  della  pena  di  cui
all'art. 47-ter (nonche', ovviamente,  la  primigenia  condanna  alla
pena detentiva) vengono stabilite da un giudice, l'art. 1,  comma  6,
decreto-legge n. 33/2020 prevede che la misura in esso prevista venga
stabilita dall'autorita' sanitaria. 
    Ora, l'art. 13 della Costituzione stabilisce che «non e'  ammessa
alcuna forma di detenzione [...],  ne'  qualsiasi  altra  restrizione
della liberta' personale, se non  per  atto  motivato  dell'autorita'
giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge» (comma 2), e
che  «in  casi  eccezionali  di  necessita'  ed,  urgenza,   indicati
tassativamente dalla legge, l'autorita' di  pubblica  sicurezza  puo'
adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro
quarantotto  ore  all'autorita'  giudiziaria  e,  se  questa  non  li
convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono  revocati  e
restano privi di ogni effetto» (comma 3). Dal momento che, come si e'
visto sopra, la misura della quarantena per il soggetto  positivo  al
COVID-19 comporta la privazione (o  comunque  la  limitazione)  della
liberta'  personale  in  maniera  assolutamente  identica  (e,  anzi,
talvolta in maniera piu' gravosa) rispetto agli arresti domiciliari o
alla detenzione domiciliare, l'art. 13 della Costituzione  imporrebbe
che  il  relativo  provvedimento   di   adozione   venisse   adottato
dall'autorita' giudiziaria o, in alternativa, in caso  di  necessita'
ed urgenza, dall'autorita' di pubblica sicurezza  e  poi  convalidato
dall'autorita' giudiziaria: invece, non e' previsto alcun  intervento
di quest'ultima. 
    Giova precisare che la misura della quarantena  non  puo'  essere
assimilata ad un  trattamento  sanitario  obbligatorio.  Infatti,  il
t.s.o.  consiste  in  un'attivita'   di   carattere   diagnostico   o
terapeutico  volta  a  prevenire  o  a  curare  una  malattia,   resa
obbligatoria  da  una  legge:  piu'  precisamente,  rientrano   nelle
attivita' diagnostiche quegli accertamenti volti alla formulazione di
una  diagnosi  e  all'individuazione  di  un'idonea  terapia,  mentre
costituiscono attivita' terapeutiche i trattamenti sanitari in  senso
stretto, che l'esercente  una  professione  sanitaria  compie  su  un
soggetto allo scopo di tutelarne direttamente  la  salute.  Nel  caso
della quarantena, invece, un soggetto viene sottoposto ad  un  regime
di divieto di mobilita' da un determinato luogo,  a  prescindere  dal
fatto di essere sottoposto a trattamenti diagnostici  o  terapeutici:
egli, infatti, e' tenuto a non allontanarsi dalla propria  abitazione
o dimora, fino  all'accertamento  della  guarigione  o  all'eventuale
ricovero  in  una  struttura  sanitaria,  ma  non  e'  tenuto  ne'  a
sottoporsi ad attivita' diagnostiche (non vi e' infatti alcun obbligo
di sottoposizione ad un test molecolare per SARS-CoV-2 - o  ad  altra
forma di  accertamento  -,  ben  potendo  il  soggetto  scegliere  di
continuare a rimanere in quarantena pur di non sottoporvisi, e, anzi,
nel caso dei cd. «positivi a lungo termine», cioe' di coloro che, pur
non presentando sintomi, continuano  a  risultare  positivi  al  test
molecolare, la circolare del Ministero della salute  del  12  ottobre
2020  prevede  la  possibilita'  di  interrompere  l'isolamento  dopo
ventuno giorni dalla comparsa dei sintomi e almeno una  settimana  in
assenza di sintomatologia) ne' tantomeno a trattamenti terapeutici (e
cio' sia nel caso in cui compaiano i sintomi  sia,  a  fortiori,  nel
caso di assenza di sintomi). 
    Conseguentemente,  l'obbligo  di  quarantena  non  puo'   trovare
copertura  costituzionale  nemmeno  nell'art.  32,  comma   2   della
Costituzione. Oltretutto, se per il t.s.o. gli artt. 33 ss., legge n.
833/1978 individuano nel sindaco  l'autorita'  sanitaria  preposta  a
disporli, nel caso della quarantena la fonte primaria stabilisce  che
il provvedimento deve essere adottato  dall'autorita'  sanitaria,  ma
non precisa quale essa sia. 
    Bisogna  aggiungere  che  non  e'  possibile   un'interpretazione
costituzionalmente  conforme  delle  norme  della  cui   legittimita'
costituzionale in questa sede si dubita: infatti, non  vi  e'  alcuno
spazio, nel decreto-legge n. 33/2020 o  in  altra  fonte,  per  poter
desumere che, nel quadro normativo vigente,  la  sottoposizione  alla
quarantena di cui all'art.  1,  comma  6,  decreto-legge  n.  33/2020
richieda un provvedimento di qualsivoglia autorita' giudiziaria. 
    E' opportuno precisare, altresi',  come  dalla  dichiarazione  di
incostituzionalita'  delle  norme  non  deriverebbe  alcun  vuoto  di
tutela: infatti, l'ordinamento gia' prevede, a  tutela  della  salute
pubblica, il reato di epidemia colposa (art. 452 del codice penale). 
    In definitiva, si ritiene che la norma che stabilisce il  divieto
di mobilita' dalla propria abitazione o dimora, per il soggetto posto
in quarantena per positivita' al COVID-19, e quella che  punisce  con
sanzione  penale  la  violazione  di  tale  divieto,  si  pongano  in
violazione della riserva di  giurisdizione  in  materia  di  liberta'
personale (art. 13 della Costituzione). 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visto l'art. 23, legge n. 87/1953; 
    Solleva  in  quanto  rilevante  nel  presente  giudizio   e   non
manifestamente    infondata,    la    questione    di    legittimita'
costituzionale,  in  relazione  all'art.   13   della   Costituzione,
dell'art. 1, comma  6,  decreto-legge  n.  33/2020  (convertito,  con
modificazioni, dalla legge n. 74/2020) nella parte in cui prevede  il
divieto di mobilita' dalla propria abitazione o dimora  alle  persone
sottoposte   alla   misura   della   quarantena   per   provvedimento
dell'autorita'  sanitaria  in  quanto  risultate  positive  al  virus
COVID-19, fino all'accertamento della guarigione o al ricovero in una
struttura  sanitaria  o  altra  struttura  allo  scopo  destinata,  e
dell'art. 2, comma 3, decreto-legge n. 33/2020  nella  parte  in  cui
prevede che la violazione della misura di cui all'art.  1,  comma  6,
sia punita ai sensi dell'art. 260, regio decreto n. 1265/1934. 
    Sospende il giudizio in corso. 
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
    Dispone che la presente ordinanza sia  notificata  al  Presidente
del Consiglio dei ministri e comunicata ai  Presidenti  delle  Camere
del Parlamento. 
      Reggio Calabria, 15 aprile 2021 
 
                         Il giudice: Tovani