N. 45 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 27 agosto 2021
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 27 agosto 2021 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Commercio - Norme della Regione Campania - Modifiche alla legge regionale n. 7 del 2020 - Strumento comunale d'intervento per l'apparato distributivo (SIAD) - Previsione che il SIAD nel disporre vincoli di carattere dimensionale o tipologico agli insediamenti delle attivita' commerciali in aree o edifici di valore storico, archeologico, artistico e ambientale, deve osservare la disciplina vigente. Commercio - Norme della Regione Campania - Modifiche alla legge regionale n. 7 del 2020 - Grandi strutture di vendita - Attribuzione al SIAD delle corrispondenti scelte di localizzazione e rilocalizzazione nei Comuni dell'intero territorio regionale, subordinatamente all'autorizzazione comunale e nel rispetto delle procedure di autorizzazione paesaggistica se l'immobile ricade in area sottoposta a vincolo. Paesaggio - Norme della Regione Campania - Modifiche alla legge regionale n. 7 del 2020 - Nuove concessioni - Installazione di un nuovo impianto di distribuzione di carburanti lungo le autostrade, le tangenziali ed i raccordi autostradali - Rilascio condizionato, tra l'altro, alla verifica della conformita' alle disposizioni per la tutela dei beni storici ed artistici e del paesaggio. Volontariato - Terzo settore - Norme della Regione Campania - Misure di semplificazione in materia di concessioni del demanio marittimo - Previsione che le societa' e associazioni sportive dilettantistiche, affiliate ad un organismo sportivo, federazioni sportive nazionali, sono riconosciute come esercitanti attivita' di interesse generale, quali enti del terzo settore. - Legge della Regione Campania 29 giugno 2021, n. 5 (Misure per l'efficientamento dell'azione amministrativa e l'attuazione degli obiettivi fissati dal DEFR 2021-2023 - Collegato alla stabilita' regionale per il 2021), artt. 11, comma 1, lettera a), punto 2, lettera c), punto 2, e lettera i); e 57, comma 2.(GU n.40 del 6-10-2021 )
Ricorso per la Presidenza del Consiglio dei ministri (c.f. 80188230587), in persona del Presidente del Consiglio attualmente in carica, rappresentata e difesa per mandato ex-lege dall'Avvocatura generale dello Stato dall'Avvocatura generale dello Stato (codice fiscale n. 80224030587), presso i cui uffici ha domicilio in Roma, via dei Portoghesi 12 (fax 0696514000 - PEC ags.rm@mailcertavvocaturastato.it) Ricorrente contro Regione Campania, in persona del Presidente della Giunta Regionale attualmente in carica resistente per l'impugnazione e la dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 11, comma 1, lettere a), c), e i), e dell'art. 57, comma 2, della legge regionale 20 giugno 2021 n. 5, avente ad oggetto «Misure per l'efficientamento dell'azione amministrativa e l'attuazione degli obiettivi fissati dal DEFR 2021-2023 - Collegato alla stabilita' regionale per il 2021», pubblicata sul BUR n. 63 del 29 giugno 2021. Il Consiglio Regionale della Calabria ha approvato il 29 giugno 2021 la legge n. 5 recante «Misure per l'efficientamento dell'azione amministrativa e l'attuazione degli obiettivi fissati dal DEFR 20212-2023 - Collegato alla stabilita' regionale 2021», suddivisa in sessantasei articoli con i quali intende incrementare i livelli di efficienza dell'azione amministrativa nel conseguimento degli obiettivi fissati nei propri documenti di programmazione in svariati campi, dettando misure nei settori della protezione civile e dell'ambiente, del commercio, del Turismo, della cultura e dello sport„ dell'agricoltura, della mobilita' e dei trasporti, della sicurezza urbana e della fiscalita'. Ad avviso della Presidenza del Consiglio, tuttavia, in alcuni punti questa normativa viola la competenza legislativa esclusiva dello Stato, e deve pertanto essere impugnata per i seguenti Motivi 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 1, lettera a), punto 2, della legge regionale n. 5/2021 per violazione degli articoli 9 e 117, comma 2, lettera s), della Costituzione in relazione agli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, nonche' per violazione del principio di leale collaborazione. La norma in epigrafe menzionata ha modificato l'art. 19, comma 6, della precedente legge regionale n. 7/2020 (Testo unico sul commercio), avverso il quale e' tutt'ora pendente giudizio di impugnazione avanti la Corte costituzionale. La modifica, oltre a sopprimere alcune parole eliminando uno dei compiti del SIAD, si sostanzia nella precisazione per cui lo strumento comunale che interviene nel disporre i vincoli dimensionali e tipologici agli insediamenti commerciali in aree o edifici di valore storico artistico ambientale, deve rispettare la disciplina vigente. Piu' precisamente, la norma modificata cosi' ora recita: «Il SIAD dispone vincoli di carattere dimensionale o tipologico agli insediamenti delle attivita' commerciali in aree o edifici che hanno valore storico, archeologi-co, artistico e ambientale, ai sensi della disciplina vigente, nei limiti necessari alle esigenze di tutela e nel rispetto dei motivi imperativi di interesse generale previsti dall'art. 2, comma 1, lettera e)». Le censure di incostituzionalita' dirette contro la norrna prima della modifica fanno leve sul mancato rispetto degli obblighi di intesa con lo Stato nella fissazione dei contenuti della pianificazione paesaggistica, e la modifica ora apportata - probabilmente ispirata dall'intento di superare quelle censure - in realta' non le supera affatto. Anche cosi' modificata, la norma regionale non stabilisce im chiaro rap-porto di subordinazione dello strumento di pianificazione comunale (il SIAD) al piano paesaggistico, come impongono gli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, soprattutto tenendo conto che la legislazione regionale continua ad attribuire al SIAD poteri propri della pianificazione paesaggistica, laddove gli consente di fissare vincoli dimensionali e tipologici agli insediamenti nelle aree o negli edifici tutelati. Mentre e' noto che per pacifico principio costituzionalmente garantito i poteri di pianificazione paesaggistica si esercitano dalle regio-ni solo con l'intesa dello Stato. Spetta in altri termini esclusivamente al piano paesaggistico predeterminare gli usi del territorio compatibili con i valori tutelati, e questo compi-to non puo' assolutamente essere conferito a strumenti diversi, per di piu' solo comunali e soprattutto in un territorio - quello campano - nel quale non vi e' un piano paesaggistico concordato con lo Stato, cui subordinare eventuali diversi atti di pianificazione. Per la precisione, e' tuttora in itinere un percorso di co pianificazione tra lo Stato e la Regione Campania avviato gia' dal 2016 per l'elaborazione congiunta di un Piano Paesaggistico Regionale, ma tale percorso ancora non si e' concluso; e in tale situazione non e' ammmissibile una azione regionale autonoma che unilateralmente abbia contenuti incidenti sul paesaggio e sui beni tutelati. Dire, come fa la nuova legge, che una disciplina incompatibile con la Costituzione deve avvenire «ai sensi della disciplina vigente» non significa nulla di apprezzabile: il SIAD comunale continua a pianificare da solo senza obbedire ad alcuna intesa con lo Stato, ne' ad essere sotto ordinato ad atti adottati di intesa con lo Stato. La norma in questione dimque, come del resto gia' la norma precedente, persegue nel violare l'art. 9 della Costituzione che assegna allo Stato la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della nazione, e nel violare anche l'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione che attribuisce allo Stato la competenza esclusiva nella legislazione in materia della tutela dell'ambiente e dei beni culturali. Competenza che nello specifico e' stata esercitata con le norme del decreto legislativo n. 42/2004, le quali - in vigore ormai da diversi anni - impongono l'esigenza di una pianificazione concordata tra Stato e regioni; e questo obbligo e' sistematicamente violato dalla regione Campania, che si sottrae pure all'impegno assunto con il Ministero di pervenire ad una definizione concordata del Piano Paesaggistico Regionale. Peraltro, anche a prescindere dall'esistenza di impatto di pianificazione regionale cui sottomettere il SIAD, comunque e' pretermessa ogni previ-sione di concertazione con lo Stato. E questa pretermissione e' gia' stata censurata dalla Corte costituzionale in occasione di norme della Regione Basilicata volte ad introdurre una disciplina incidente su ambiti sottoposti a vincolo paesaggistico «senza alcuna concertazione con gli organi ministeriali competenti» (Corte Cost. sentenza n. 86/2019). Atteggiamento che di tutta evidenza contrasta pure con il dovere di leale collaborazione che, come grava sullo Stato nei con-fronti delle regioni (Corte Cost. sentenza n. 140/2015), cosi' grava sulle regioni nei riguardi dello Stato (Corte Cost. sentenza n. 240/2020). 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 1, lettera c), punto 2, della legge regionale n. 5/2021 per violazione degli articoli 9 e 117, comma 2, lettera s), della Costituzione in relazione agli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni Culturali e del Paesaggio, nonche' per violazione del principio di leale collaborazione. La norma qui censurata modifica l'art. 28, comma 10, della prece-dente legge regionale n. 7/2020, sempre attinente alla disciplina generale del commercio regionale, prevedendo che in caso di rilocalizzazione di una grande struttura di vendita, se l'immobile ricade in area sottoposta a vincolo resta fermo il rispetto delle procedure di autorizzazione paesaggistica. Anche in questo caso si tratta di modifica di norma gia' sottoposta a cen-sura di incostituzionalita', ed anche in questo caso l'intervenuta modifica non e' idonea a risolvere la criticita' denunziata. In sostanza, la norma risultante dalla novella attribuisce al SIAD le scelte di localizzazione e rilocalizzazione delle grandi strutture di vendita nei comuni dell'intero territorio regionale, subordinatamente alla autorizzazione comunale relativamente agli impatti ambientali, di traffico e di rispetto delle regole edilizie, ed ora anche nel «rispetto delle procedure di autorizzazione paesaggistica se l'immobile ricade in area sottoposta a vincolo». Ora, precisare la necessita' del rispetto delle procedure di autorizzazione paesaggistica e' dizione in se' perfettamente inutile, perche' e' indubbio che tale rispetto fosse dovuto anche prima dell'intervento della novella, e quindi anche a prescindere da questa. Il vizio dedotto nei confronti della norma prima della modifica - e che quindi non e' superato da essa - e' nell'attribuire ad uno strumento di pianificazione (esclusivamente) comunale il potere di adottare scelte di localizzazione e rilocalizzazione che incidono sul territorio e sulla sua pianificazione paesaggistica, al di fuori da ogni intesa con lo Stato, stabilendo autonomamente e senza alcun coinvolgimento dell'Amministrazione preposta alla tutela se determinate aree siano o meno in grado di ospitare - in via di primo insediamento o di nuova localizzazione - grandi strutture di vendita, ossia organismi di rilevante impatto dimensionale. Anche in questo caso risultano disattesi gli obblighi di necessaria previa intesa con lo Stato nel definire i contenuti della pianificazione del territorio regionale e la predeteminazione degli usi del territorio compatibili con i valori tutelati, obblighi imposti dalle corrispondenti norme del Codice dei beni culturali e del Paesaggio (articoli 135 e 143 del decreto legislativo n. 42/2004). Ma anche in questo caso, oltre alla violazione delle norme della Costituzione che attribuiscono allo Stato la tutela esclusiva del paesaggio (art. 9) e la competenza legislativa esclusiva nella stessa materia (art. 117, comma 2, lettera s) esercitata mediante i citati parametri normativi interposti, si palesa la violazione del principio di leale collaborazione, in quanto non e' minimamente previsto neppure un momento di concertazione con i competenti organi ministeriali, in totale elusione del percorso collaborativo pure in essere. 3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 1, lettera i), della legge regionale n. 5/2021 per violazione degli articoli 9 e 117, comma 2, lettera s), della Costituzione in relazione agli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e del Paesaggio, nonche' per violazione del principio di leale collaborazione. La norma qui censurata modifica l'art. 130 della precedente legge regionale n. 7/2020 (Testo unico sul commercio), aggiungendo alla lettera b) del primo comma le parole «e del paesaggio». Per effetto della novella, la nuova disciplina regionale in materia di concessioni prevede che la concessione per l'installazione di nuovi impianti di distribuzione di carburante lungo le autostrade, le tangenziali ed i raccordi autostradali rilasciata dalla regione e' subordinata alla verifica della conformita' alle prescrizioni urbanistiche e fiscali, alle prescrizioni con-cementi la sicurezza sanitaria, ambientale e stradale, alle disposizioni per la tutela dei beni storici, artistici e del paesaggio. Il riferimento alle disposizioni per la tutela del paesaggio e' del tutto generico e, nella ricordata assenza di un Piano Paesaggistico sul territorio campano, appare vuota di apprezzabile significato. Cio' significa che, mancando pure un qualsivoglia accordo tra la regione e il Ministero preposto alla tutela, la tutela paesaggistica nel caso di concessioni per l'installazione di nuovi impianti di distribuzione di carburanti lungo le strade continua ad essere illegittimamente sottratta alla pianificazione obbligatoria e alla disciplina del Piano Paesaggistico, e ad essere rimessa a valutazioni adottate caso per caso senza un quadro di insieme al quale obbedire. Anche in questa occasione quindi, come nelle altre due precedenti, la norma regionale perpetra una violazione dei precetti costituzionali garanti della competenza dello Stato in materia di tutela del paesaggio, quali l'art. 9 della Costituzione e l'art. 117, comma 2, lettera s) della stessa Carta Costituzionale; ed e' inoltre anche qui violato il principio di leale collaborazione tra Stato e regioni, laddove si disciplinano e si effettuano unilateralmente scelte idonee ad incidere sulla pianificazione territoriale, al di fuori delle necessarie concordate intese. 4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 57, comma 2, della legge regionale n. 5/2021 per violazione dell'art. 3 e dell'art. 117, comma 2, lettera 1), della Costituzione. La norma in rubrica prevede che: «Per gli effetti della disciplina delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, le societa' e associazioni sportive dilettantistiche, costituite in conformita' all'art. 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato finanziaria 2003), affiliate ad un organismo sportivo, federazioni sportive nazionali, sono riconosciute come esercitanti attivita' di interesse generale, quali enti del terzo settore, ai sensi dell'art. 5, comma 1, lettera t) del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo settore, a norma dell'art. 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106)». In sostanza, l'art. 57, comma 2, estende la qualifica di enti del Terzo settore alle societa' e associazioni sportive dilettantistiche in assenza dei requisiti di legge. Si tratta di un riconoscimento ex-lege, quindi automatico, laddove nella disciplina statale la qualifica di ente del terzo settore deriva innanzitutto dalla volonta' dell'ente, che desidera assumerla iscrivendosi nel registro unico del terzo settore ai sensi dell'art. 4 del Codice del Terzo settore di cui al decreto legislativo 117//2017. Si tratta inoltre di un riconoscimento che prescinde dall'assolvimento da parte dell'ente di una serie di obblighi, come ad esempio i relativi adeguarnenti statutari, e che e' conseguibile anche dagli enti costituiti in forma di societa', laddove la legge nazionale lo preclude, fatte salve le ipotesi in cui le societa' abbiano la qualifica di impresa sociale. Ora, la disciplina degli enti del terzo settore e' regolata dallo Stato in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, perche' dal conseguimento della relativa qualifica discendono una serie di diritti e di obblighi rilevanti per l'interesse generale. Si pensi, ad esempio, al diritto ad ottenere la concessione o la locazione di beni pubblici (non solo del demanio marittimo) a canone agevolato. Onde, l'individuazione e fissazione da parte della legge statale dei presupposti soggettivi per assumere la natura di enti del terzo settore, nonche' le conseguenze giuridiche che ne derivano sul piano dei diritti e degli obblighi, inducono a ritenere che la relativa qualifica conferisca all'ente un vero e proprio status, con la conseguenza che la disciplina degli enti in questione attiene necessariamente alla materia del diritto civile. Tesi peraltro gia' affermata dalla giurispmdenza costituzionale, per cui «i soggetti del Terzo settore, in quanta soggetti di diritto privato, per quanto attiene alla loro conformazione specifica, alla loro organizzazione e alle regole essenziali di correlazione con le autorita' pubbliche, ricadono tipicamente nell'ordinamento civile» (Corte Cost. sentenza n. 185/2018). Ovvia considerazione e' quella per cui l'appartenenza di una data disciplina al diritto civile comporta la necessita' - garantita dalla Costituzione - che essa spetti in via esclusiva alla legge dello Stato, in modo da assicurarne uniformita' di applicazione sull'intero territorio nazionale, in ossequio al principio costituzionale di eguaglianza. Anche se un'agevolazione delle societa' e delle associazioni sportive dilettantistiche nell'ambito delle concessioni demaniali rientra nei poteri del legislatore regionale, per la competenza che comunque le regioni hanno in materia di funzioni amministrative sul demanio marittimo, tale finalita' non puo' essere raggiunta manipolando a livello legislativo la figura degli enti del terzo settore, creandone una versione «allargata». Si fa d'altro canto presente, in che nel caso di associazioni sportive dilettantistiche, l'opzione di essere riconosciute come ente del terzo settore non e' priva di conseguenza, in quanto comporta la rinuncia al regime forfettario di cui alla legge n. 398/1991. Sotto altro profilo, poi, la norma qui censurata equipara, sempre agli effetti della disciplina delle concessioni demaniali, le societa' e associazioni sportive dilettantistiche agli enti privati che esercitano attivita' di interesse generale. Ai sensi dell'art. 37 del regolamento al Codice della Navigazione, che richiama l'art. 39 del Codice della Navigazione, tali enti - definiti come quelli che perseguono fini di pubblico interesse diversi dalla beneficienza - hanno diritto a pagare un canone meramente ricognitivo per il godimento dei beni del demanio marittimo, fluviale o lacustre. La norma regionale, quindi, estendendo alle societa' ed associazioni sportive dilettantistiche il beneficio di cui sopra, determina una inammissibile riduzione delle entrate dello Stato. L'art. 03, comma 1, lettera c) del decreto-legge n. 400/1993, convertito con legge n. 494/1993 prevede infatti per le societa' ed associazioni sportive dilettantistiche una riduzione del canone demaniale nella misura del 50% (cinquanta per cento), mentre l'art. 03, comma 1, lettera d) del decreto-legge n. 43/2000 per gli enti esercenti attivita' di interesse generale di cui alle citate norme del Codice della Navigazione e del suo regolamento prevede una riduzione del 90% (novanta per dento) del canone demaniale. In altri termini, le societa' ed associazioni sportive dilettantistiche operanti sul demanio marittimo in Campania vengono a pagare un canone demaniale del 10% del dovuto, invece del 50% che dovrebbero pagare e che in realta' pagano gli stessi enti nel resto d'Italia. Il che, ad avviso del Governo, si traduce in un'inammissibile disparita' di trattamento, ispirata da mere ragioni di appartenenza territoriale e pertanto irragionevole, tra enti che invece si trovano nella medesima situazione soggettiva ed oggettiva, con conseguente evidente violazione dell'art. 3 della Costituzione. Ma si traduce anche, per gli stessi motivi, in una violazione dell'art. 117, comma 2, lettera 1) della Costituzione, perche' la misura del canone dovuto per il godimento di un bene dello Stato attiene alla disciplina del contratto, o in generale del rapporto di diritto civile, e appartiene allo Stato (che peraltro ne e' il beneficiario) perche' deve essere fissata in modo necessariamente unitario su tutto il territorio nazionale.
P.Q.M. Per tutte le esposte ragioni, la Presidenza del Consiglio dei ministri come sopra rappresentata e difesa Conclude Affinche' la Corte costituzionale voglia accogliere il presente ricorso e per l'effetto dichiarare l'illegittimita' costituzionale delle norme della legge della Regione Campania n. 5/2021 censurate con il presente ricorso. Roma, 21 agosto 2024 L'Avvocato dello Stato: Corsini