N. 46 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 31 agosto 2021
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 31 agosto 2021 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Ambiente - Parchi e riserve naturali - Norme della Regione Lazio - Modifica della perimetrazione del Parco naturale regionale dell'Appennino "Monti Simbruini", istituito con la legge regionale n. 8 del 1983. - Legge della Regione Lazio 1° luglio 2021, n. 8 (Modifica della perimetrazione del Parco naturale regionale dell'Appennino "Monti Simbruini"), art. 1.(GU n.40 del 6-10-2021 )
Ricorso (ex. Art. 127, comma 1, Cost.) per il Presidente del Consiglio dei Ministri - (codice fiscale 80188230587), rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato (codice fiscale 80224030587) presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, telefax n. 06.96.51.40.00; indirizzo PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it giusta delibera del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 5 agosto 2021, ricorrente; Contro la Regione Lazio, in persona del Presidente della Giunta regionale in carica intimata; Per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge Regione Lazio 1° luglio 2021, n. 8, pubblicata nel Bollettino Ufficiale Lazio 6 luglio 2021, n. 67, recante «Modifica della perimetrazione del Parco naturale regionale dell'Appennino «Monti Simbruini»; Per violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., in relazione agli artt. 22 e 23 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, all'art. 6, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, alla direttiva 42/2001/CE, all'art. 6, comma 3, della direttiva 43/92/CE, recepito dall'art. 6, del decreto del Presidente della Repubblica del 12 marzo 2003, n. 120. Con la legge n. 8 del 1° luglio 2021 la Regione Lazio ha effettuato la «modifica della perimetrazione del Parco naturale regionale dell'Appennino «Monti Simbruini». L'art. 1 (ed unico) della predetta legge sotto la rubrica, «Modifica della perimetrazione del Parco naturale regionale dell'Appennino «Monti Simbruini», prevede che: «1. La perimetrazione del Parco naturale regionale dell'Appennino «Monti Simbruini», istituito con la legge regionale 29 gennaio 1983, n. 8, e' modificata secondo la planimetria in scala 1:10.000 e la relazione descrittiva di cui, rispettivamente, agli allegati A e B che costituiscono parte integrante della presente legge. 2. Nelle more dell'adeguamento, ai sensi dell'art. 26, comma 5-bis, della legge regionale 6 ottobre 1997, n. 29 (Norme in materia di aree naturali protette regionali) e successive modifiche, del Piano del Parco naturale regionale dell'Appennino «Monti Simbruini», approvato con deliberazione del Consiglio regionale 27 ottobre 1999, n. 587, alla disposizione di cui al comma 1, continua ad applicarsi la disciplina prevista nel medesimo Piano. 3. Limitatamente al territorio oggetto di modifica ai sensi del comma 1, non ricompreso nella perimetrazione prevista nel Piano di cui al comma 2, si applicano le disposizioni previste dall'art. 8, commi 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 della legge regionale n. 29/1997 e successive modifiche»; La predetta legge, in relazione ad alcune disposizioni, appare costituzionalmente illegittima in quanto contrasta con gli standard di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema posti dal legislatore statale nell'esercizio della competenza esclusiva ex art 117, secondo comma, Cost., nel cui ambito rientra la disciplina ambientale dei parchi (Corte Cost., sentenze n. 290 del 2019; n. 121 del 2018). Il Presidente del Consiglio dei ministri propone, pertanto, il presente ricorso, affidato al seguente motivo di Diritto 1. Illegittimita' dell'art. 1, della legge Regione Lazio 1° luglio 2021, n. 8, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione, in relazione agli artt. 22 e 23 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, all'art. 6, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, alla direttiva 42/2001/CE, all'art. 6, comma 3, della direttiva 43/92/CE, recepito dall'art. 6, del decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120. L'art. 1 dell'impugnata legge regionale che modifica la perimetrazione del Parco naturale regionale dell'Appennino «Monti Simbruini» e' costituzionalmente illegittimo perche', ai fini della modifica della perimetrazione del Parco, il legislatore ha utilizzato lo strumento della legge in luogo del necessario procedimento amministrativo prescritto dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), ricondotta dalla giurisprudenza costituzionale alla materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» di competenza esclusiva dello Stato (Corte Cost., sentenze n. 74 e n. 36 del 2017), ai cui principi fondamentali la legislazione regionale e' tenuta ad adeguarsi, e che assume anche i connotati di normativa interposta. Disponendo con legge la «modifica della perimetrazione del Parco naturale regionale dell'Appennino «Monti Simbruini» la Regione Lazio ha eluso la necessaria partecipazione delle province, dei comuni e delle comunita' montane al relativo procedimento prescritta dalla suddetta legge n. 394/91, ed ha altresi' violato le disposizioni del decreto legislativo n. 152/2006 che, in relazione ai piani (ai quali va ricondotta la perimetrazione del Parco regionale) prescrivono la valutazione ambientale strategica ovvero la verifica di assoggettabilita' a tale valutazione, nonche' la valutazione di incidenza. Con l'impugnata legge la Regione Lazio ha, quindi, sostanzialmente abusato dello strumento normativo, svuotando di contenuto e rendendo praticamente inutile lo svolgimento del procedimento prescritto per la modifica dei confini del Parco regionale - il cui esito finale e' stato predeterminato dalla legge regionale impugnata -, anche in contrasto con le disposizioni in materia di VAS e di VINCA. Invero, l'art. 23 della legge n. 394 del 1991 stabilisce che: «1. La legge regionale istitutiva del parco naturale regionale, tenuto conto del documento di indirizzo di cui all'art. 22, comma 1, lettera a), definisce la perimetrazione provvisoria e le misure di salvaguardia, individua il soggetto per la gestione del parco e indica gli elementi del piano per il parco, di cui all'art. 25, comma 1, nonche' i principi del regolamento del parco.» L'art. 22, comma 1, lett. a) della legge n. 394 del 1991 a sua volta stabilisce che «Costituiscono principi fondamentali per la disciplina delle aree naturali protette regionali: a) la partecipazione delle province, delle comunita' montane e dei comuni al procedimento di istituzione dell'area protetta, fatta salva l'attribuzione delle funzioni amministrative alle province, ai sensi dell'art. 14 della legge 8 giugno 1990, n. 142. Tale partecipazione si realizza, tenuto conto dell'art. 3 della stessa legge n. 142 del 1990, attraverso conferenze per la redazione di un documento di indirizzo relativo all'analisi territoriale dell'area da destinare a protezione, alla perimetrazione provvisoria, all'individuazione degli obiettivi da perseguire, alla valutazione degli effetti dell'istituzione dell'area protetta sul territorio». Lo stesso art. 22, comma 1, della legge quadro alla lettera c), garantisce, altresi', agli enti locali la partecipazione alla gestione dell'area protetta, sicche' essi non possono essere estromessi dal procedimento con cui si compie un atto di evidente rilievo gestionale strictu sensu considerato, qual e' la variazione dei confini del parco. In una visione complessiva e di sistema degli impatti della norma e nella ipotizzabile riconducibilita' della intervenuta riperimetrazione del Parco regionale alla nozione di «Piano» si rilevano potenziali riflessi, in termini di contrasto dell'impugnata norma anche con l'art. 6, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 «in considerazione dei possibili impatti sulle finalita' di conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli Habitat naturali e della flora e della fauna selvatica». (comma, 2, lett. b). Quanto sopra, tenuto conto, per l'appunto, della ampia nozione di «piano» stessa recata dalla direttiva 42/2001/CE sulla valutazione ambientale strategica come recepita dal legislatore nazionale, in relazione alla quale la Commissione Europea e' intervenuta piu' volte chiarendo, sulla base di una uniforme giurisprudenza della Corte di Giustizia, che «[...] in considerazione della finalita' della direttiva 2001/42, consistente nel garantire un livello elevato di protezione dell'ambiente, le disposizioni che delimitano l'ambito di applicazione di tale direttiva, ed in special modo quelle che enunciano le definizioni degli atti ivi previsti, devono essere interpretate in senso ampio» (sentenza C-567/10, punti 24-43). La valutazione ambientale strategica deve, dunque, essere prevista per tutte quelle decisioni che determinano effetti sulle modalita' di uso di una determinata area, provocandone un sostanziale cambiamento. Sul concetto di «piano», si richiama anche il documento della Commissione Europea «Attuazione della direttiva 2001/42/ce concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente», in cui si chiarisce in maniera inequivocabile che «uno dei possibili parametri di valutazione puo' essere la misura in cui e' probabile che un atto abbia effetti significativi sull'ambiente. Una possibile interpretazione e' che i termini includano qualsiasi dichiarazione ufficiale che vada oltre le aspirazioni e stabilisca un corso di azione per il futuro ..... Cio' potrebbe includere, ad esempio, piani per la destinazione dei suoli che stabiliscano le modalita' di riassetto del territorio o che fissino delle regole o un orientamento sul tipo di sviluppo che potrebbe essere appropriato o consentito in determinate aree o ancora che propongano i criteri da tenere in considerazione nel concepimento del nuovo progetto» (paragrafi 3.3, 3.4, 3.5 e 3.6); Tra l'altro, nel caso di specie, poiche' la riperimetrazione sancita dalla norma impugnata interessa «piccole aree a livello locale» e si sostanzia in una «modifica minore» al piano previgente, ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006, art. 6, comma 3, dovrebbe essere l'autorita' competente a valutare se la riperimetrazione stessa possa produrre «impatti significativi sull'ambiente, secondo le disposizioni di cui all'art. 12 e tenuto conto del diverso livello di sensibilita' ambientale dell'area oggetto di intervento.», da cio' derivandone l'eventuale necessita' di un suo assoggettamento a verifica di assoggettabilita' a VAS, ovvero - nella rilevata insussistenza dei presupposti - il relativo esonero da siffatta verifica. Sempre in tale ottica, a tale violazione si accompagna, in maniera conseguenziale, quella ad essa correlata, relativa alla mancata sottoposizione del provvedimento a valutazione di incidenza ambientale ai sensi dell'art. 6, comma 3, della direttiva 43/92/CE, come recepito dall'art. 6, del decreto del Presidente della Repubblica del 12 marzo 2003, n. 120, che ha sostituito l'art. 5, del Presidente della Repubblica dell' 8 settembre 1997, n. 357, applicabile anche ai piani e ai programmi (anche in questo caso la Commissione Europea, a pag. 41 del documento «Gestione dei siti Natura 2000 - Guida all'interpretazione dell'art. 6 della direttiva 92/43/CEE (direttiva Habitat)» rileva che «di ovvia rilevanza a norma della direttiva Habitat sono i piani territoriali o di destinazione dei suoli. Alcuni di essi hanno effetti legali diretti per la destinazione d'uso dei terreni, altri invece soltanto indiretti. A titolo di esempio, i piani territoriali regionali o aventi un'ampia estensione geografica spesso non sono applicati direttamente, bensi' costituiscono la base per piani piu' dettagliati o fungono da quadro generale per consensi allo sviluppo con effetti legali diretti. Entrambi i tipi di piani di destinazione dei suoli si dovrebbero considerare coperti dall'art. 6, paragrafo 3, nella misura in cui possono avere effetti significativi su un sito Natura 2000.») Sul punto va, quindi, ribadito quanto gia' affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 38 del 2015, per cui «la disciplina della valutazione di incidenza ambientale (VINCA) sulle aree protette ai sensi di «Natura 2000», contenuta nell'art. 5 del regolamento di cui al Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, deve ritenersi ricompresa nella «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», rientrante nella competenza esclusiva statale, e si impone a pieno titolo, anche nei suoi decreti attuativi, nei confronti delle Regioni ordinarie». Si evidenzia, inoltre, che la stessa legge regionale Lazio 6 ottobre 1997, n. 29, recante «Norme in materia di aree naturali protette regionali» non prevede che la modifica della perimetrazione di un parco naturale regionale possa effettuarsi attraverso una legge. L'art. 26, comma 5-bis della predetta legge, infatti, - in coerenza con la legge quadro di riferimento 394/1991 - , prevede che «il piano dell'area naturale protetta e' aggiornato almeno ogni dieci anni, secondo le procedure previste dal presente art. per la sua adozione ed approvazione»; i precedenti commi stabiliscono che: «2. Il piano dell'area naturale protetta e' redatto a cura dell'ente di gestione, con l'assistenza dell'Agenzia regionale per i parchi, ed e' adottato e trasmesso alla Regione entro nove mesi dall'insediamento degli organi dell'ente di gestione. 3. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 2, la Giunta regionale si sostituisce all'ente di gestione per l'adozione del piano, affidandone la redazione alle proprie strutture competenti in materia o all'Agenzia regionale per i Parchi, che debbono provvedere nel termine di un anno. 4. Il piano adottato ai sensi dei commi precedenti e' depositato per quaranta giorni presso le sedi degli enti locali interessati e della Regione. L'ente di gestione provvede, con apposito avviso da pubblicare su un quotidiano a diffusione regionale, a dare notizia dell'avvenuto deposito e del relativo periodo. Durante questo periodo chiunque puo' prenderne visione e presentare osservazioni scritte all'ente di gestione, il quale esprime il proprio parere entro i successivi trenta giorni e trasmette il parere e le osservazioni alla Giunta regionale. La Giunta regionale, previo esame della struttura regionale competente in materia di aree naturali protette, apporta eventuali modifiche ed integrazioni, pronunciandosi contestualmente sulle osservazioni pervenute e ne propone al Consiglio regionale l'approvazione. Trascorsi tre mesi dall'assegnazione della proposta di piano alla commissione consiliare competente, la proposta e' iscritta all'ordine del giorno dell'Aula ai sensi dell'art. 63, comma 3, del regolamento dei lavori del Consiglio regionale. Il Consiglio regionale si esprime sulla proposta di piano entro i successivi centoventi giorni, decorsi i quali il piano si intende approvato. 5. Il piano approvato dal Consiglio regionale e' pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione ed e' immediatamente vincolante nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei privati.». Risulta, dunque, chiaro che la disposta riperimetrazione del Parco naturale regionale «Monti Simbruini» avrebbe dovuto seguire l'iter previsto dalla legge n. 394 del 1991 per la sua istituzione, ovvero l'iter previsto dalla legge regionale Lazio 29/1997 per l'aggiornamento al piano del parco che, ai sensi del relativo art. 26, comma 1, lett. a), include «la perimetrazione definitiva dell'area naturale protetta». L'illegittimita' dell'impugnata norma appare confermata dal carattere incongruente della previsione di cui al comma 2, che mentre da un lato prevede che il piano dovra' essere modificato attraverso le procedure di cui all'art. 26 della legge regionale n. 29/1997, dall'altro statuisce che alla modifica della perimetrazione del parco regionale fissata al comma 1 continui ad applicarsi la disciplina prevista dal Piano del parco vigente. Parimenti illegittimo risulta, poi, comma 3 del medesimo art. 1, che stabilisce che si applichino le norme di salvaguardia, di cui all'art. 8 della legge regionale n. 29/1997, al «territorio oggetto di modifica ai sensi del comma 1» (ossia ai sensi della legge in esame), ma «non ricompreso nella perimetrazione prevista nel Piano di cui al comma 2» (ossia del Piano che dovrebbe essere oggetto di adeguamento). In sintesi, la legge regionale in esame, nella sua non chiara formulazione, di fatto impone l'effettivita' della riperimetrazione del Parco naturale regionale «Monti Simbruini», ma sembra poi rimandare ad un successivo adeguamento del Piano del Parco, che non potra' che avvenire (quello si'), nel rispetto delle previsioni dell'art. 26 della legge regionale n. 29/1997. In fattispecie analoga a quella in esame, la Corte Costituzionale con sentenza n. 134 del 2020 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 8 della legge della Regione Liguria n. 3 del 2019, nella parte in cui modificava con legge regionale i confini dei parchi naturali regionali delle Alpi Liguri, dell'Antola, dell'Aveto e del Beigua. A giudizio della Consulta, «l'art. 22, comma 1, lettera c), della legge quadro garantisce agli enti locali la partecipazione alla gestione dell'area protetta, sicche' essi non possono essere estromessi dal procedimento con cui si compie un atto di evidente rilievo gestionale, ovvero la variazione dei confini del parco. Del resto, tale variazione non e' stata affidata a modifiche del piano del parco, alle quali avrebbero potuto partecipare i rappresentanti degli enti locali, ma e' avvenuta direttamente con legge, e deve percio' osservare il medesimo procedimento seguito dal legislatore ai fini della perimetrazione provvisoria dei confini, ai sensi dell'art. 22 della legge quadro, compresa la interlocuzione con le autonomie locali». Attraverso, dunque, le censurate disposizioni recate dalla impugnata legge, la Regione modifica d'imperio i confini del Parco naturale regionale «Monti Simbruini», eludendo le previste procedure di revisione del piano del parco, attraendo cosi' a se' interamente il governo delle aree protette, che viene sottratto agli Enti Parco previsti dalla legge statale n. 394/1991. Considerata la riconducibilita' della disciplina delle aree protette nella competenza esclusiva dello Stato in materia di «tutela dell'ambiente» ex art. 117, secondo comma, lettera s) e alla possibilita', in tale ambito, da parte delle Regioni, di determinare maggiori livelli di tutela, ma non di derogare alla legislazione statale (Corte Cost. sentenze n. 44 del 2011, n. 193 del 2010, n. 61 del 2009 e n. 232 del 2008), va ulteriormente affermato (come chiarito da parte del Giudice delle leggi) che «il territorio dei parchi, siano essi nazionali o regionali, ben (possa) essere oggetto di regolamentazione da parte della Regione, in materie riconducibili ai commi terzo e quarto dell'art. 117 Cost., purche' in linea con il nucleo minimo di salvaguardia del patrimonio naturale, da ritenere vincolante per le Regioni» (Corte Cost., sentenze nn.rr. 232 del 2008, punto 5. del Considerato in diritto e 44 del 2011, gia' citata). Nell'ambito, quindi, delle materie di loro competenza, le Regioni trovano un limite negli standard di tutela fissati a livello statale. Questi, tuttavia, non impediscono al legislatore regionale di adottare discipline normative che prescrivano livelli di tutela dell'ambiente piu' elevati (di recente, Corte Cost., sentenze n. 66 del 2018, n. 74 del 2017, n. 267 del 2016 e n. 149 del 2015), i quali «implicano logicamente il rispetto degli standard adeguati e uniformi fissati nelle leggi statali» (Corte Cost., sentenza n. 315 del 2010), che rappresentano, ex se, limiti invalicabili per l'attivita' legislativa della Regione, in quanto statuenti norme imperative che devono essere rispettate sull'intero territorio nazionale per primarie esigenze di tutela ambientale. E la piu' volte menzionata legge n. 394 del 1991 non si limita, per l'appunto, a dettare standard minimi uniformi finalizzati a tutelare soltanto i parchi e le riserve naturali nazionali e regionali - istituiti ai sensi dell'art. 8 della legge quadro (rispettivamente, con decreto del Presidente della Repubblica e con decreto del Ministro dell'ambiente) - ma impone anche un nucleo minimo di tutela del patrimonio ambientale rappresentato dai parchi e dalle riserve naturali regionali, che vincola il legislatore regionale nell'ambito delle proprie competenze (sentenze n. 74 e n. 36 del 2017, n. 212 del 2014, n. 171 del 2012, n. 325, n. 70 e n. 44 del 2011).
P.Q.M. Per questi motivi il Presidente del Consiglio dei ministri propone il presente ricorso e confida nell'accoglimento delle seguenti conclusioni: «Voglia l'Ecc.ma Corte Costituzionale dichiarare costituzionalmente illegittimo l'art. 1 della legge Regione Lazio 1° luglio 2021, n. 8, pubblicata nel Bollettino Ufficiali Lazio 6 luglio 2021, n. 67, recante Modifica della perimetrazione del Parco naturale regionale dell'Appennino «Monti Simbruini», per violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. s) Cost. Si producono: 1. copia della legge regionale impugnata; 2. copia conforme della delibera del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 5 agosto 2021, recante la determinazione di proposizione del presente ricorso, con allegata relazione illustrativa. Roma, 10 agosto 2021 L'Avvocato dello Stato: Guida