N. 46 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 31 agosto 2021

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 31 agosto  2021  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Ambiente - Parchi e riserve naturali - Norme della  Regione  Lazio  -
  Modifica  della  perimetrazione  del   Parco   naturale   regionale
  dell'Appennino "Monti Simbruini", istituito con la legge  regionale
  n. 8 del 1983. 
- Legge della Regione Lazio 1° luglio  2021,  n.  8  (Modifica  della
  perimetrazione del Parco naturale regionale  dell'Appennino  "Monti
  Simbruini"), art. 1. 
(GU n.40 del 6-10-2021 )
     Ricorso (ex. Art. 127, comma 1, Cost.)  per  il  Presidente  del
Consiglio dei Ministri - (codice fiscale 80188230587),  rappresentato
e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  (codice   fiscale
80224030587)  presso  i  cui  uffici  domicilia  in  Roma,  via   dei
Portoghesi,  n.  12,  telefax  n.   06.96.51.40.00;   indirizzo   PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it giusta delibera del Consiglio  dei
ministri adottata nella riunione del 5 agosto 2021, ricorrente; 
    Contro la Regione Lazio, in persona del Presidente  della  Giunta
regionale in carica intimata; 
    Per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art.  1
della legge Regione Lazio  1°  luglio  2021,  n.  8,  pubblicata  nel
Bollettino Ufficiale Lazio 6 luglio 2021, n.  67,  recante  «Modifica
della perimetrazione  del  Parco  naturale  regionale  dell'Appennino
«Monti Simbruini»; 
    Per violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.,  in
relazione agli artt. 22 e 23 della legge 6  dicembre  1991,  n.  394,
all'art. 6, del decreto legislativo  3  aprile  2006,  n.  152,  alla
direttiva 42/2001/CE, all'art. 6, comma 3, della direttiva  43/92/CE,
recepito dall'art. 6, del decreto del Presidente della Repubblica del
12 marzo 2003, n. 120. 
    Con la legge n.  8  del  1°  luglio  2021  la  Regione  Lazio  ha
effettuato la  «modifica  della  perimetrazione  del  Parco  naturale
regionale dell'Appennino «Monti Simbruini». 
    L'art. 1 (ed  unico)  della  predetta  legge  sotto  la  rubrica,
«Modifica  della  perimetrazione   del   Parco   naturale   regionale
dell'Appennino «Monti Simbruini», prevede che: 
        «1.  La   perimetrazione   del   Parco   naturale   regionale
dell'Appennino «Monti Simbruini», istituito con la legge regionale 29
gennaio 1983, n. 8, e' modificata secondo  la  planimetria  in  scala
1:10.000 e la relazione descrittiva  di  cui,  rispettivamente,  agli
allegati A e B che  costituiscono  parte  integrante  della  presente
legge. 
    2. Nelle more dell'adeguamento,  ai  sensi  dell'art.  26,  comma
5-bis, della legge regionale 6 ottobre 1997, n. 29 (Norme in  materia
di aree naturali protette  regionali)  e  successive  modifiche,  del
Piano del Parco naturale regionale dell'Appennino «Monti  Simbruini»,
approvato con deliberazione del Consiglio regionale 27 ottobre  1999,
n. 587, alla disposizione di cui al comma 1, continua  ad  applicarsi
la disciplina prevista nel medesimo Piano. 
    3. Limitatamente al territorio oggetto di modifica ai  sensi  del
comma 1, non ricompreso nella perimetrazione prevista  nel  Piano  di
cui al comma 2, si applicano le disposizioni  previste  dall'art.  8,
commi 3, 4, 5, 6, 7, 8  e  9  della  legge  regionale  n.  29/1997  e
successive modifiche»; 
    La predetta legge, in relazione ad  alcune  disposizioni,  appare
costituzionalmente illegittima in quanto contrasta con  gli  standard
di tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema  posti  dal  legislatore
statale nell'esercizio della competenza esclusiva ex art 117, secondo
comma, Cost., nel cui ambito rientra  la  disciplina  ambientale  dei
parchi (Corte Cost., sentenze n. 290 del 2019; n. 121 del 2018). 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri  propone,  pertanto,  il
presente ricorso, affidato al seguente motivo di 
 
                               Diritto 
 
    1. Illegittimita' dell'art.  1,  della  legge  Regione  Lazio  1°
luglio 2021, n. 8, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lett.
s), della Costituzione, in relazione agli artt. 22 e 23 della legge 6
dicembre 1991, n. 394, all'art. 6, del decreto legislativo  3  aprile
2006, n. 152, alla direttiva 42/2001/CE, all'art. 6, comma  3,  della
direttiva 43/92/CE, recepito dall'art. 6, del decreto del  Presidente
della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120. 
    L'art.  1  dell'impugnata  legge  regionale   che   modifica   la
perimetrazione del Parco  naturale  regionale  dell'Appennino  «Monti
Simbruini» e' costituzionalmente illegittimo perche', ai  fini  della
modifica della perimetrazione del Parco, il legislatore ha utilizzato
lo  strumento  della  legge  in  luogo  del  necessario  procedimento
amministrativo prescritto dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394  (Legge
quadro  sulle  aree  protette),   ricondotta   dalla   giurisprudenza
costituzionale   alla   materia   di    «tutela    dell'ambiente    e
dell'ecosistema» di competenza esclusiva dello  Stato  (Corte  Cost.,
sentenze n. 74 e n. 36 del 2017), ai  cui  principi  fondamentali  la
legislazione regionale e' tenuta ad adeguarsi, e che assume  anche  i
connotati di normativa interposta. 
    Disponendo con legge la «modifica della perimetrazione del  Parco
naturale regionale dell'Appennino «Monti Simbruini» la Regione  Lazio
ha eluso la necessaria partecipazione delle province,  dei  comuni  e
delle comunita' montane al  relativo  procedimento  prescritta  dalla
suddetta legge n. 394/91, ed ha altresi' violato le disposizioni  del
decreto legislativo n. 152/2006 che, in relazione ai piani (ai  quali
va ricondotta la perimetrazione del Parco regionale)  prescrivono  la
valutazione   ambientale   strategica   ovvero   la    verifica    di
assoggettabilita' a  tale  valutazione,  nonche'  la  valutazione  di
incidenza. 
    Con   l'impugnata   legge   la   Regione   Lazio   ha,    quindi,
sostanzialmente  abusato  dello  strumento  normativo,  svuotando  di
contenuto  e  rendendo  praticamente  inutile  lo   svolgimento   del
procedimento  prescritto  per  la  modifica  dei  confini  del  Parco
regionale - il cui esito finale e' stato predeterminato  dalla  legge
regionale impugnata -, anche in  contrasto  con  le  disposizioni  in
materia di VAS e di VINCA. 
    Invero, l'art. 23 della legge n. 394 del 1991 stabilisce che: 
        «1.  La  legge  regionale  istitutiva  del   parco   naturale
regionale, tenuto conto del documento di indirizzo  di  cui  all'art.
22, comma 1, lettera a), definisce la perimetrazione provvisoria e le
misure di salvaguardia, individua il soggetto  per  la  gestione  del
parco e indica gli elementi del piano per il parco, di  cui  all'art.
25, comma 1, nonche' i principi del regolamento del parco.» 
    L'art. 22, comma 1, lett. a) della legge n. 394 del  1991  a  sua
volta stabilisce che  «Costituiscono  principi  fondamentali  per  la
disciplina  delle   aree   naturali   protette   regionali:   a)   la
partecipazione delle province, delle comunita' montane e  dei  comuni
al  procedimento  di  istituzione  dell'area  protetta,  fatta  salva
l'attribuzione delle funzioni amministrative alle province, ai  sensi
dell'art. 14 della legge 8 giugno 1990, n. 142.  Tale  partecipazione
si realizza, tenuto conto dell'art. 3 della stessa legge n.  142  del
1990, attraverso conferenze per  la  redazione  di  un  documento  di
indirizzo relativo all'analisi territoriale dell'area da destinare  a
protezione, alla perimetrazione provvisoria, all'individuazione degli
obiettivi   da   perseguire,   alla   valutazione    degli    effetti
dell'istituzione dell'area protetta sul territorio». 
    Lo stesso art. 22, comma 1, della legge quadro alla  lettera  c),
garantisce,  altresi',  agli  enti  locali  la  partecipazione   alla
gestione  dell'area  protetta,  sicche'  essi  non   possono   essere
estromessi dal procedimento con cui si compie  un  atto  di  evidente
rilievo gestionale strictu sensu considerato, qual e'  la  variazione
dei confini del parco. 
    In una visione complessiva e di sistema degli impatti della norma
e   nella    ipotizzabile    riconducibilita'    della    intervenuta
riperimetrazione del Parco  regionale  alla  nozione  di  «Piano»  si
rilevano potenziali riflessi, in termini di contrasto  dell'impugnata
norma anche con l'art. 6, del decreto legislativo 3 aprile  2006,  n.
152 «in considerazione  dei  possibili  impatti  sulle  finalita'  di
conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per
la conservazione degli uccelli selvatici e quelli  classificati  come
siti di  importanza  comunitaria  per  la  protezione  degli  Habitat
naturali e della flora e della fauna selvatica». (comma, 2, lett. b). 
    Quanto sopra, tenuto conto, per l'appunto, della ampia nozione di
«piano» stessa recata dalla direttiva  42/2001/CE  sulla  valutazione
ambientale strategica come recepita  dal  legislatore  nazionale,  in
relazione alla quale la Commissione Europea e' intervenuta piu' volte
chiarendo, sulla base di una uniforme giurisprudenza della  Corte  di
Giustizia,  che  «[...]  in  considerazione  della  finalita'   della
direttiva 2001/42, consistente nel garantire un  livello  elevato  di
protezione dell'ambiente, le disposizioni che delimitano l'ambito  di
applicazione di  tale  direttiva,  ed  in  special  modo  quelle  che
enunciano le definizioni  degli  atti  ivi  previsti,  devono  essere
interpretate in senso ampio» (sentenza C-567/10, punti 24-43). 
    La  valutazione  ambientale  strategica  deve,   dunque,   essere
prevista per tutte quelle decisioni  che  determinano  effetti  sulle
modalita' di uso di una determinata area, provocandone un sostanziale
cambiamento. 
    Sul concetto di «piano», si richiama  anche  il  documento  della
Commissione   Europea   «Attuazione   della   direttiva    2001/42/ce
concernente la valutazione  degli  effetti  di  determinati  piani  e
programmi  sull'ambiente»,   in   cui   si   chiarisce   in   maniera
inequivocabile che «uno dei possibili parametri di  valutazione  puo'
essere la misura in cui  e'  probabile  che  un  atto  abbia  effetti
significativi sull'ambiente. 
    Una  possibile  interpretazione  e'  che  i   termini   includano
qualsiasi dichiarazione ufficiale che vada  oltre  le  aspirazioni  e
stabilisca un corso di azione  per  il  futuro  .....  Cio'  potrebbe
includere, ad esempio,  piani  per  la  destinazione  dei  suoli  che
stabiliscano le modalita' di riassetto del territorio o  che  fissino
delle regole o un orientamento sul  tipo  di  sviluppo  che  potrebbe
essere appropriato o consentito in  determinate  aree  o  ancora  che
propongano i criteri da tenere in considerazione nel concepimento del
nuovo progetto» (paragrafi 3.3, 3.4, 3.5 e 3.6); 
    Tra l'altro, nel caso  di  specie,  poiche'  la  riperimetrazione
sancita dalla norma  impugnata  interessa  «piccole  aree  a  livello
locale» e si sostanzia in una «modifica minore» al piano  previgente,
ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006, art.  6,  comma  3,
dovrebbe   essere   l'autorita'   competente   a   valutare   se   la
riperimetrazione  stessa  possa   produrre   «impatti   significativi
sull'ambiente, secondo le disposizioni di cui all'art.  12  e  tenuto
conto  del  diverso  livello  di  sensibilita'  ambientale  dell'area
oggetto di intervento.», da cio' derivandone  l'eventuale  necessita'
di un suo assoggettamento a  verifica  di  assoggettabilita'  a  VAS,
ovvero - nella rilevata insussistenza dei presupposti -  il  relativo
esonero da siffatta verifica. 
    Sempre in tale  ottica,  a  tale  violazione  si  accompagna,  in
maniera conseguenziale,  quella  ad  essa  correlata,  relativa  alla
mancata sottoposizione del provvedimento a valutazione  di  incidenza
ambientale ai sensi dell'art. 6, comma 3, della  direttiva  43/92/CE,
come  recepito  dall'art.  6,  del  decreto  del   Presidente   della
Repubblica del 12 marzo 2003, n. 120, che ha sostituito l'art. 5, del
Presidente  della  Repubblica  dell'  8  settembre  1997,   n.   357,
applicabile anche ai piani e ai programmi (anche in  questo  caso  la
Commissione Europea, a pag.  41  del  documento  «Gestione  dei  siti
Natura 2000 - Guida all'interpretazione dell'art. 6  della  direttiva
92/43/CEE (direttiva Habitat)» rileva che «di ovvia rilevanza a norma
della direttiva Habitat sono i piani territoriali o  di  destinazione
dei suoli. Alcuni  di  essi  hanno  effetti  legali  diretti  per  la
destinazione d'uso dei terreni, altri invece  soltanto  indiretti.  A
titolo di esempio, i piani territoriali regionali o  aventi  un'ampia
estensione geografica spesso non sono applicati direttamente,  bensi'
costituiscono la base per piani piu' dettagliati o fungono da  quadro
generale per consensi  allo  sviluppo  con  effetti  legali  diretti.
Entrambi i tipi di piani di  destinazione  dei  suoli  si  dovrebbero
considerare coperti dall'art. 6, paragrafo 3,  nella  misura  in  cui
possono avere effetti significativi su un sito Natura 2000.») 
    Sul punto va, quindi, ribadito quanto gia' affermato dalla  Corte
Costituzionale con la sentenza n. 38 del 2015, per cui «la disciplina
della valutazione di incidenza ambientale (VINCA) sulle aree protette
ai sensi di «Natura 2000», contenuta nell'art. 5 del  regolamento  di
cui al Presidente della Repubblica n. 357 del  1997,  deve  ritenersi
ricompresa nella «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», rientrante
nella competenza esclusiva statale, e si impone a pieno titolo, anche
nei suoi decreti attuativi, nei confronti delle Regioni ordinarie». 
    Si evidenzia, inoltre, che la  stessa  legge  regionale  Lazio  6
ottobre 1997, n. 29, recante  «Norme  in  materia  di  aree  naturali
protette regionali» non prevede che la modifica della  perimetrazione
di un parco  naturale  regionale  possa  effettuarsi  attraverso  una
legge. L'art. 26, comma 5-bis della predetta  legge,  infatti,  -  in
coerenza con la legge quadro di riferimento 394/1991 - , prevede  che
«il piano dell'area naturale protetta e' aggiornato almeno ogni dieci
anni, secondo le procedure previste dal  presente  art.  per  la  sua
adozione ed approvazione»; i precedenti commi stabiliscono che: 
        «2. Il piano dell'area naturale protetta e'  redatto  a  cura
dell'ente di gestione, con l'assistenza dell'Agenzia regionale per  i
parchi, ed e' adottato e  trasmesso  alla  Regione  entro  nove  mesi
dall'insediamento degli organi dell'ente di gestione. 
    3. Decorso inutilmente il termine di cui al comma  2,  la  Giunta
regionale si sostituisce all'ente  di  gestione  per  l'adozione  del
piano, affidandone la redazione alle proprie strutture competenti  in
materia o all'Agenzia regionale per i Parchi, che debbono  provvedere
nel termine di un anno. 
    4. Il piano adottato ai sensi dei commi precedenti e'  depositato
per quaranta giorni presso le sedi degli enti  locali  interessati  e
della Regione. L'ente di gestione provvede, con  apposito  avviso  da
pubblicare su un quotidiano a diffusione regionale,  a  dare  notizia
dell'avvenuto deposito e del relativo periodo. Durante questo periodo
chiunque puo' prenderne visione  e  presentare  osservazioni  scritte
all'ente di gestione, il quale esprime  il  proprio  parere  entro  i
successivi trenta giorni e trasmette il parere e le osservazioni alla
Giunta regionale. La Giunta regionale, previo esame  della  struttura
regionale competente in materia di aree  naturali  protette,  apporta
eventuali modifiche ed integrazioni,  pronunciandosi  contestualmente
sulle osservazioni pervenute e  ne  propone  al  Consiglio  regionale
l'approvazione. Trascorsi tre mesi dall'assegnazione  della  proposta
di piano alla  commissione  consiliare  competente,  la  proposta  e'
iscritta all'ordine del giorno dell'Aula ai sensi dell'art. 63, comma
3, del regolamento dei lavori del Consiglio regionale.  Il  Consiglio
regionale si esprime sulla  proposta  di  piano  entro  i  successivi
centoventi giorni, decorsi i quali il piano si intende approvato. 
    5. Il piano approvato dal Consiglio regionale e'  pubblicato  nel
Bollettino Ufficiale della Regione ed  e'  immediatamente  vincolante
nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei privati.». 
    Risulta, dunque, chiaro  che  la  disposta  riperimetrazione  del
Parco naturale regionale «Monti  Simbruini»  avrebbe  dovuto  seguire
l'iter previsto dalla legge n. 394 del 1991 per la  sua  istituzione,
ovvero l'iter  previsto  dalla  legge  regionale  Lazio  29/1997  per
l'aggiornamento al piano del parco che, ai sensi  del  relativo  art.
26,  comma  1,  lett.  a),  include  «la  perimetrazione   definitiva
dell'area naturale protetta». 
    L'illegittimita'  dell'impugnata  norma  appare  confermata   dal
carattere incongruente della previsione di cui al comma 2, che mentre
da un lato prevede che il piano dovra' essere  modificato  attraverso
le procedure di cui all'art. 26 della  legge  regionale  n.  29/1997,
dall'altro statuisce che alla modifica della perimetrazione del parco
regionale fissata al comma 1 continui  ad  applicarsi  la  disciplina
prevista dal Piano del parco vigente. 
    Parimenti illegittimo risulta, poi, comma 3 del medesimo art.  1,
che stabilisce che si applichino le norme  di  salvaguardia,  di  cui
all'art. 8 della legge regionale n. 29/1997, al  «territorio  oggetto
di modifica ai sensi del comma 1» (ossia  ai  sensi  della  legge  in
esame), ma «non ricompreso nella perimetrazione prevista nel Piano di
cui al comma 2» (ossia del  Piano  che  dovrebbe  essere  oggetto  di
adeguamento). 
    In sintesi, la legge regionale in esame,  nella  sua  non  chiara
formulazione, di fatto impone l'effettivita'  della  riperimetrazione
del  Parco  naturale  regionale  «Monti  Simbruini»,  ma  sembra  poi
rimandare ad un successivo adeguamento del Piano del Parco,  che  non
potra' che avvenire  (quello  si'),  nel  rispetto  delle  previsioni
dell'art. 26 della legge regionale n. 29/1997. 
    In fattispecie analoga a quella in esame, la Corte Costituzionale
con  sentenza  n.  134  del  2020  ha   dichiarato   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 8 della legge della Regione Liguria n. 3 del
2019, nella parte in cui modificava con legge regionale i confini dei
parchi naturali regionali delle Alpi Liguri, dell'Antola,  dell'Aveto
e del Beigua. 
    A giudizio della Consulta, «l'art. 22, comma 1, lettera c), della
legge quadro garantisce  agli  enti  locali  la  partecipazione  alla
gestione  dell'area  protetta,  sicche'  essi  non   possono   essere
estromessi dal procedimento con cui si compie  un  atto  di  evidente
rilievo gestionale, ovvero la variazione dei confini del  parco.  Del
resto, tale variazione non e' stata affidata a  modifiche  del  piano
del parco, alle quali avrebbero potuto partecipare  i  rappresentanti
degli enti locali, ma e' avvenuta  direttamente  con  legge,  e  deve
percio' osservare il medesimo procedimento seguito dal legislatore ai
fini della perimetrazione provvisoria dei confini, ai sensi dell'art.
22 della legge quadro, compresa la interlocuzione  con  le  autonomie
locali». 
    Attraverso,  dunque,  le  censurate  disposizioni  recate   dalla
impugnata legge, la Regione modifica d'imperio i  confini  del  Parco
naturale regionale «Monti Simbruini», eludendo le previste  procedure
di revisione del piano del parco, attraendo cosi' a  se'  interamente
il governo delle aree protette, che viene sottratto agli  Enti  Parco
previsti dalla legge statale n. 394/1991. 
    Considerata  la  riconducibilita'  della  disciplina  delle  aree
protette nella competenza esclusiva dello Stato in materia di «tutela
dell'ambiente»  ex  art.  117,  secondo  comma,  lettera  s)  e  alla
possibilita', in tale ambito, da parte delle Regioni, di  determinare
maggiori livelli di tutela, ma  non  di  derogare  alla  legislazione
statale (Corte Cost. sentenze n. 44 del 2011, n. 193 del 2010, n.  61
del 2009 e  n.  232  del  2008),  va  ulteriormente  affermato  (come
chiarito da parte del Giudice delle leggi)  che  «il  territorio  dei
parchi, siano essi nazionali o regionali, ben (possa) essere  oggetto
di regolamentazione da parte della Regione, in materie  riconducibili
ai commi terzo e quarto dell'art. 117 Cost., purche' in linea con  il
nucleo minimo di salvaguardia del patrimonio  naturale,  da  ritenere
vincolante per le Regioni» (Corte  Cost.,  sentenze  nn.rr.  232  del
2008, punto 5. del  Considerato  in  diritto  e  44  del  2011,  gia'
citata). 
    Nell'ambito, quindi, delle materie di loro competenza, le Regioni
trovano un limite negli standard di tutela fissati a livello statale.
Questi,  tuttavia,  non  impediscono  al  legislatore  regionale   di
adottare discipline  normative  che  prescrivano  livelli  di  tutela
dell'ambiente piu' elevati (di recente, Corte Cost., sentenze  n.  66
del 2018, n. 74 del 2017, n. 267 del 2016 e n. 149 del 2015), i quali
«implicano logicamente il rispetto degli standard adeguati e uniformi
fissati nelle leggi statali» (Corte Cost., sentenza n. 315 del 2010),
che  rappresentano,  ex  se,  limiti  invalicabili  per   l'attivita'
legislativa della Regione, in quanto statuenti norme  imperative  che
devono  essere  rispettate  sull'intero  territorio   nazionale   per
primarie esigenze di tutela ambientale. E la  piu'  volte  menzionata
legge n. 394 del  1991  non  si  limita,  per  l'appunto,  a  dettare
standard minimi uniformi finalizzati a tutelare soltanto i  parchi  e
le riserve naturali  nazionali  e  regionali  -  istituiti  ai  sensi
dell'art. 8 della legge  quadro  (rispettivamente,  con  decreto  del
Presidente della Repubblica e con decreto del Ministro dell'ambiente)
-  ma  impone  anche  un  nucleo  minimo  di  tutela  del  patrimonio
ambientale  rappresentato  dai  parchi  e  dalle   riserve   naturali
regionali, che vincola il  legislatore  regionale  nell'ambito  delle
proprie competenze (sentenze n. 74 e n. 36 del 2017, n. 212 del 2014,
n. 171 del 2012, n. 325, n. 70 e n. 44 del 2011). 
 
                               P.Q.M. 
 
    Per  questi  motivi il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
propone  il  presente  ricorso  e  confida  nell'accoglimento   delle
seguenti conclusioni: 
      «Voglia    l'Ecc.ma     Corte     Costituzionale     dichiarare
costituzionalmente illegittimo l'art. 1 della legge Regione Lazio  1°
luglio 2021, n. 8, pubblicata nel Bollettino Ufficiali Lazio 6 luglio
2021, n. 67, recante Modifica della perimetrazione del Parco naturale
regionale dell'Appennino «Monti Simbruini», per violazione  dell'art.
117, secondo comma, lett. s) Cost. 
    Si producono: 
        1. copia della legge regionale impugnata; 
        2. copia conforme della delibera del Consiglio  dei  ministri
adottata nella riunione del 5 agosto 2021, recante la  determinazione
di  proposizione  del  presente  ricorso,  con   allegata   relazione
illustrativa. 
    Roma, 10 agosto 2021 
 
                    L'Avvocato dello Stato: Guida