N. 189 SENTENZA 24 giugno - 7 ottobre 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Ambiente  -  Norme  della  Regione   Lazio   -   Delega   ai   Comuni
  dell'approvazione dei progetti per la realizzazione e  gestione  di
  impianti di smaltimento e  recupero  dei  rifiuti  derivanti  dalla
  demolizione  di  veicoli  e  dalla  rottamazione  di  macchinari  e
  apparecchiature  deteriorati  e   obsoleti   -   Violazione   della
  competenza   esclusiva   dello   Stato   in   materia   di   tutela
  dell'ambiente, come introdotta  dalla  riforma  costituzionale  del
  2001 - Illegittimita' costituzionale a  far  data  dall'entrata  in
  vigore del codice dell'ambiente (29 aprile 2006). 
- Legge della Regione Lazio 9 luglio 1998, n. 27, art.  6,  comma  2,
  lettere b) e c). 
- Costituzione, art.117, secondo comma, lettera s). 
(GU n.41 del 13-10-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO,  Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni
  AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano  PETITTI,  Maria
  Rosaria SAN GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma  2,
lettere b) e c), della legge della Regione Lazio 9 luglio 1998, n. 27
(Disciplina regionale  della  gestione  dei  rifiuti),  promossi  dal
Tribunale amministrativo regionale per  il  Lazio,  nei  procedimenti
vertenti  tra  Eurodemolizioni  2  srl  e   Roma   Capitale   e   tra
Autodemolizioni Efrati sas di Efrati Alessandro e Roma Capitale,  con
ordinanze dell'8 luglio 2020,  iscritte  ai  numeri  181  e  185  del
registro ordinanze del 2020 e  pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica numeri 52 e  53,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2020. 
    Udito il Giudice relatore Maria Rosaria San Giorgio nella  camera
di consiglio del 23 giugno 2021; 
    deliberato nella camera di consiglio del 24 giugno 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con due ordinanze dell'8 luglio 2020, iscritte al n. 181 e al
n. 185 del registro ordinanze del 2020, il  Tribunale  amministrativo
regionale  per  il  Lazio  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 6, comma 2, lettere b)  e  c),  della  legge
della Regione Lazio 9 luglio 1998, n. 27 (Disciplina regionale  della
gestione dei rifiuti) nella parte in cui dispone che «[s]ono delegate
ai comuni: [...] b) l'approvazione dei progetti degli impianti per lo
smaltimento ed il recupero dei rifiuti provenienti dalla  demolizione
degli  autoveicoli  a  motore  e  rimorchi,  dalla  rottamazione  dei
macchinari e delle  apparecchiature  deteriorati  ed  obsoleti  e  la
relativa autorizzazione alla realizzazione  degli  impianti,  nonche'
l'approvazione dei progetti  di  varianti  sostanziali  in  corso  di
esercizio  e  la  relativa  autorizzazione  alla  realizzazione;   c)
l'autorizzazione  all'esercizio  delle  attivita'  di  smaltimento  e
recupero dei rifiuti di cui alle lettere a)  e  b)»,  in  riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. 
    1.1.- Il giudice a quo riferisce che nei  giudizi  principali  le
ricorrenti hanno impugnato  la  determinazione  dirigenziale  con  la
quale Roma  Capitale  ha  concluso  negativamente  la  conferenza  di
servizi decisoria indetta ai fini  del  rilascio  dell'autorizzazione
all'esercizio delle attivita' di smaltimento e  recupero  di  rifiuti
pericolosi, ai sensi dell'art. 208 del decreto legislativo  3  aprile
2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), dalle stesse avanzata  in
relazione ai rispettivi impianti di autodemolizione gestiti in  forza
di autorizzazioni provvisorie. 
    Il rimettente espone che a sostegno  dei  ricorsi,  formulati  in
termini pressoche' coincidenti, le societa' ricorrenti hanno chiesto,
in  via  principale,   di   sollevare   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 6 della legge reg. Lazio  n.  27  del  1998,
nella parte in cui stabilisce che l'approvazione dei progetti per gli
impianti di smaltimento e  recupero  dei  rifiuti  provenienti  dalla
demolizione degli autoveicoli a motore e rimorchi, dalla rottamazione
dei macchinari e  delle  apparecchiature  deteriorati  e  obsoleti  e
l'autorizzazione alla realizzazione e gestione di detti impianti sono
delegate ai Comuni, perche' in  contrasto  con  l'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost., come sostituito  dall'art.  3  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte  seconda  della  Costituzione),  che  assegna  allo  Stato   la
competenza legislativa esclusiva in materia di tutela  dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali, in relazione  agli  artt.  196,
comma 1, lettere d) ed e), e 208 del d.lgs.  n.  152  del  2006,  che
attribuiscono tali competenze alle Regioni. 
    Il  TAR  riferisce  che  le   ricorrenti   hanno   censurato   la
determinazione  gravata  anche  sotto  altri  profili,  deducendo  in
particolare: a) l'incompetenza assoluta di Roma Capitale al  rilascio
dell'autorizzazione richiesta, in relazione agli artt. 196 e 208  del
d.lgs. n. 152 del 2006, sul  presupposto  che  il  contrasto  tra  la
delega ai Comuni stabilita all'art. 6, comma  1,  lettere  b)  e  c),
della legge regionale n.  27  del  1998  e  la  successiva  normativa
nazionale di cui agli artt. 196, comma 1, lettere d) ed e), e 208 del
d.lgs. n. 152 del 2006,  attributivi  delle  medesime  funzioni  alle
Regioni,  sarebbe  risolvibile  in  favore  di  queste  ultime,   con
conseguente  nullita'  di  tutti  i   provvedimenti   impugnati;   b)
l'illogicita' e contraddittorieta' della determinazione  dirigenziale
di «conclusione negativa» del procedimento autorizzativo,  in  quanto
la   rilevata   illegittimita'   delle   preesistenze,   cosi'   come
l'incompatibilita' urbanistica, poste a fondamento del  diniego,  non
sarebbero ostative al rilascio dell'autorizzazione richiesta, potendo
l'amministrazione condizionare l'emissione di tale  provvedimento  al
rispetto  di  determinate  prescrizioni  edilizie  o  all'esito   del
procedimento di condono, nonche' procedere alla  necessaria  variante
urbanistica;  c)   la   violazione   dell'art.   14-bis   (Conferenza
semplificata) della legge 7 agosto  1990,  n.  241  (Nuove  norme  in
materia di procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai
documenti amministrativi),  in  relazione  ai  termini  perentori  di
durata  massima  ivi  previsti  e  al  termine  entro  il  quale   le
amministrazioni  partecipanti  avrebbero  dovuto  rendere   le   loro
valutazioni, con conseguente  formazione  del  silenzio  assenso  con
riferimento al parere del Dipartimento  programmazione  e  attuazione
urbanistica, al  parere  dell'Agenzia  regionale  per  la  protezione
ambientale del Lazio (ARPA  Lazio)  e  al  parere  espresso  da  Roma
Capitale, in quanto reso successivamente alla riunione simultanea del
4 febbraio 2019; d) la violazione dell'art. 10-bis della legge n. 241
del 1990  per  mancato  preavviso  di  conclusione  negativa;  e)  la
violazione degli artt. 14-bis e 14-ter della legge n. 241  del  1990,
per avere l'amministrazione procedente  prorogato,  pur  non  essendo
titolare di un siffatto potere, i termini  per  la  trasmissione  dei
pareri di competenza mediante l'assegnazione di un termine  superiore
a quello  previsto  dall'art.  14-bis;  f)  in  via  subordinata,  la
violazione dell'art. 208 del d.lgs. n. 152 del  2006,  per  avere  la
stessa  amministrazione  omesso  di  designare  il  responsabile  del
procedimento e per il mancato rispetto dei termini previsti  sia  per
la convocazione della conferenza di servizi, sia per  la  conclusione
dell'istruttoria, nonche' per difetto di motivazione. 
    2.- In punto di rilevanza, il giudice a quo  ritiene,  anzitutto,
che la questione di legittimita' costituzionale meriti considerazione
prioritaria,  rispetto  alle  altre  censure  formulate  dalle  parti
private,  in  ragione  del  carattere  pregiudiziale  del  vizio   di
incompetenza  ad  essa  sotteso,  in  forza  del  quale  il  positivo
scrutinio, da parte di questa Corte, delle  censure  di  legittimita'
costituzionale  condurrebbe  necessariamente   all'accoglimento   del
ricorso con assorbimento degli altri motivi. 
    Esclude, in  particolare,  il  rimettente  che  la  questione  di
legittimita' costituzionale sia  logicamente  recessiva  rispetto  al
secondo motivo di ricorso, con  il  quale  le  ricorrenti  denunciano
un'antinomia tra la disposizione regionale censurata e la  successiva
disciplina statale dettata dagli artt. 196, comma 1,  lettere  d)  ed
e),  e  208  del  d.lgs.  n.  152  del  2006,  idonea  a  determinare
l'abrogazione tacita della prima. 
    Secondo il TAR, la persistente  vigenza  della  norma  indubbiata
deriverebbe dalla sua implicita «convalida» operata dalla legge della
Regione Lazio 5 dicembre 2006, n. 23, recante «Modifiche  alla  legge
regionale 9 luglio 1998, n. 27 (Disciplina regionale  della  gestione
dei rifiuti  e  successive  modifiche)»,  con  la  quale  sono  state
apportate specifiche modifiche alla disciplina introdotta dalla legge
regionale n. 27 del  1998  finalizzate  all'adeguamento  dell'assetto
organizzativo  delle  funzioni  in  materia  di  bonifica  dei   siti
contaminati alle nuove procedure previste dal codice dell'ambiente. 
    3.-  Quanto  alla  non  manifesta  infondatezza,  il   rimettente
sostiene,  anzitutto,   che   la   normativa   regionale   censurata,
nell'attribuire ai Comuni le  funzioni  amministrative  dalla  stessa
specificate, introduce un modello di distribuzione  delle  competenze
decisionali che violerebbe la riserva  allo  Stato  della  competenza
legislativa  esclusiva  in  materia   di   tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema, per contrasto con l'art. 208 del d.lgs. n.  152  del
2006, il quale, nel disciplinare il  procedimento  di  autorizzazione
unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei  rifiuti,
assegna alla Regione territorialmente  competente  -  quella  in  cui
ricade l'impianto -  il  compito  di  approvarne  il  progetto  e  di
autorizzarne la realizzazione e la gestione. 
    Secondo il giudice a quo,  l'attribuzione  di  tali  funzioni  ai
Comuni pregiudicherebbe l'esigenza di fissazione di livelli di tutela
uniformi  «proprio  in  considerazione  dei  valori  della  salute  e
dell'ambiente che si intendono tutelare in modo omogeneo  sull'intero
territorio nazionale» (e' citata, al riguardo, la sentenza di  questa
Corte n. 249 del 2009). Di conseguenza, il conferimento, da parte del
legislatore statale, della competenza alle Regioni non  consentirebbe
l'allocazione della stessa a un  livello  amministrativo  diverso  e,
quindi, la delega di tali funzioni ai Comuni presenti nei  rispettivi
territori. 
    Deporrebbe in tal senso la lettura combinata  delle  disposizioni
del Titolo V della Parte II della  Costituzione  e,  in  particolare,
dell'art. 118 Cost., secondo il quale le funzioni amministrative sono
attribuite  ai  Comuni,  a  meno  che  le  stesse,  per   assicurarne
l'esercizio   unitario,   siano   conferite   a   Province,    Citta'
metropolitane,  Regioni  e  Stato  sulla   base   dei   principi   di
sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza. 
    In questo modo, soggiunge il TAR, il  legislatore  costituzionale
«ha inteso introdurre un elemento  di  elasticita'  nell'attribuzione
delle funzioni amministrative correlate  alle  esigenze  unitarie  di
esercizio   "sovraterritoriale"   delle   medesime,   attraverso   la
valorizzazione    dei    canoni    di    sussidiarieta'    verticale,
differenziazione e adeguatezza, quali  criteri  guida  della  diversa
distribuzione delle competenze». Ne  deriverebbe  che  nella  materia
della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema - alla quale si  ascrive
anche quella dei rifiuti - il legislatore regionale non potrebbe, nel
proprio ambito territoriale, introdurre  una  regolamentazione  delle
funzioni amministrative modificativa  dell'assetto  delle  competenze
delineato dalla legge statale,  ponendosi  quest'ultima  come  limite
insuscettibile di deroga (si citano,  al  riguardo,  le  sentenze  di
questa Corte n. 314 del 2009 e n. 62 del 2008). Da qui il  dubbio  di
illegittimita' costituzionale della disciplina di cui si tratta. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con due ordinanze dell'8 luglio 2020 (reg. ord. n. 181  e  n.
185  del  2020),  di  analogo  tenore,  il  Tribunale  amministrativo
regionale per  il  Lazio  dubita  della  legittimita'  costituzionale
dell'art. 6, comma 2, lettere b) e  c),  della  legge  della  Regione
Lazio 9 luglio 1998, n. 27 (Disciplina regionale della  gestione  dei
rifiuti), nella parte in cui dispone che «[S]ono delegate ai  comuni:
[...]  b)  l'approvazione  dei  progetti  degli   impianti   per   lo
smaltimento ed il recupero dei rifiuti provenienti dalla  demolizione
degli  autoveicoli  a  motore  e  rimorchi,  dalla  rottamazione  dei
macchinari e delle  apparecchiature  deteriorati  ed  obsoleti  e  la
relativa autorizzazione alla realizzazione  degli  impianti,  nonche'
l'approvazione dei progetti  di  varianti  sostanziali  in  corso  di
esercizio  e  la  relativa  autorizzazione  alla  realizzazione;   c)
l'autorizzazione  all'esercizio  delle  attivita'  di  smaltimento  e
recupero dei rifiuti di cui alle lettere a)  e  b)»,  in  riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. 
    Secondo il rimettente,  la  disciplina  censurata,  delegando  ai
Comuni  il  rilascio  dell'autorizzazione  per  la  realizzazione   e
gestione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti  derivanti
dalla demolizione di veicoli e dalla  rottamazione  di  macchinari  e
apparecchiature deteriorati e obsoleti, introdurrebbe un  modello  di
attribuzione delle competenze che viola la riserva allo  Stato  della
potesta' legislativa esclusiva in materia di tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema perche' in  contrasto  con  l'art.  208  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia  ambientale),  il
quale assegna le funzioni amministrative in  questione  alla  Regione
senza, tuttavia, legittimarla all'ulteriore allocazione delle  stesse
presso un diverso ambito di autonomia. 
    2.- In considerazione dell'identita' delle disposizioni censurate
e della coincidenza delle ragioni svolte dal  rimettente  a  sostegno
della sollevata questione di legittimita' costituzionale,  i  giudizi
devono essere riuniti per essere decisi con un'unica sentenza. 
    3.- Preliminarmente, in stretta correlazione con  le  fattispecie
oggetto dei giudizi a quibus, le censure devono  intendersi  limitate
al riferimento alla sola lettera b), e non  anche  alla  lettera  a),
operato dall'art. 6, comma 2, lettera c), della  legge  regionale  in
esame, essendo solo questa la norma di  cui  i  giudici  devono  fare
applicazione. I processi principali, infatti,  hanno  ad  oggetto  il
diniego  di  autorizzazione  alla  realizzazione  e  gestione   degli
impianti per lo smaltimento ed il recupero  dei  rifiuti  provenienti
dalla demolizione di autoveicoli. 
    3.1.- Sempre in via preliminare, in  ordine  al  requisito  della
rilevanza, si osserva che la valutazione prognostica  del  giudice  a
quo  circa  l'applicabilita'   delle   disposizioni   sospettate   di
illegittimita' costituzionale  alle  fattispecie  sottoposte  al  suo
esame e'  adeguatamente  motivata  e  quindi  idonea  a  superare  lo
scrutinio "esterno" demandato a questa Corte (tra le molte,  sentenze
n. 59 e n. 32 del 2021). 
    In particolare, nelle ordinanze di rimessione si  sottolinea  che
la  normativa  denunciata  disciplina  la  competenza  a  emettere  i
provvedimenti autorizzatori ex art. 208 cod. ambiente, nel cui novero
si ascrivono le determinazioni dirigenziali impugnate nei  giudizi  a
quibus.  In  tali  giudizi  la  legittimita'  di  queste  ultime   e'
contestata anche per il vizio di incompetenza, la cui deduzione  deve
ritenersi   sottesa   alla   stessa   eccezione   di   illegittimita'
costituzionale. Ne deriva che lo  scrutinio  positivo,  da  parte  di
questa  Corte,  della  questione   di   legittimita'   costituzionale
condurrebbe senz'altro all'accoglimento dei ricorsi, con assorbimento
delle altre censure articolate dalle ricorrenti. 
    Ne' la plausibilita' della valutazione  compiuta  dal  rimettente
puo' ritenersi scalfita dalla formulazione,  in  entrambi  i  giudizi
principali, di un motivo  di  ricorso  con  il  quale  e'  denunciata
un'antinomia - tra la legge reg. Lazio n. 27 del 1998 e la successiva
disciplina dettata dagli artt. 196, comma 1, lettere d) ed e), e  208
cod. ambiente -  in  forza  della  quale  la  sopravvenuta  normativa
statale avrebbe determinato l'abrogazione tacita  delle  norme  della
legge regionale qui censurata. 
    Il   rimettente   giustifica   la   persistente   vigenza   delle
disposizioni censurate assumendone l'implicita "convalida"  ad  opera
della legge della Regione Lazio  5  dicembre  2006,  n.  23,  recante
«Modifiche alla legge regionale 9  luglio  1998,  n.  27  (Disciplina
regionale della gestione dei rifiuti  e  successive  modifiche)»,  la
quale, pur non  essendo  intervenuta  sulle  competenze  in  tema  di
autorizzazione  degli  impianti  di  trattamento  dei   rifiuti,   ha
apportato specifiche  rettifiche  alla  disciplina  introdotta  dalla
legge regionale  n.  27  del  1998  al  fine  di  adeguare  l'assetto
organizzativo  delle  funzioni  in  materia  di  bonifica  dei   siti
contaminati alle nuove procedure previste dal codice dell'ambiente. 
    Tale argomentazione appare idonea a suffragare la  rilevanza  del
dubbio di legittimita' costituzionale,  giacche',  come  chiarito  da
questa  Corte,  il  controllo  sull'attuale   vigenza   della   norma
sospettata di illegittimita' costituzionale «spetta istituzionalmente
al  giudice  comune  e  precede  ogni  possibile  valutazione   sulla
legittimita' costituzionale della medesima norma»  (sentenze  n.  272
del 2010 e  n.  222  del  2007),  con  la  conseguenza  che,  ove  il
rimettente escluda espressamente, con  affermazione  non  palesemente
infondata, la ricorrenza di un fenomeno abrogativo, la Corte non puo'
che rilevare come  «"ragioni  essenziali  di  certezza  del  diritto"
impongano di scrutinare  nel  merito  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale proposte» (sentenza n. 33 del 2015). 
    3.2.- Poiche' le ordinanze di rimessione sono sorrette  da  ampia
motivazione anche in ordine alla ritenuta non manifesta  infondatezza
del dubbio di legittimita'  costituzionale,  la  questione  con  esse
sollevata e' ammissibile. 
    4.- Lo scrutinio nel merito impone  una  preliminare  descrizione
della disciplina normativa statale sopravvenuta alla norma  regionale
denunciata. 
    4.1.- L'art. 196, comma 1, lettere d) ed  e),  cod.  ambiente  ha
assegnato, senza  altra  precisazione,  alle  Regioni  la  competenza
all'approvazione dei progetti di nuovi impianti per  la  gestione  di
rifiuti,  anche  pericolosi,  al  rilascio  dell'autorizzazione  alle
modifiche degli  impianti  esistenti  -  fatte  salve  le  competenze
statali di cui al precedente art. 195, comma 1, lettera f)  (relative
alla definizione dei metodi, delle procedure e degli standard per  il
campionamento e l'analisi dei rifiuti), e di cui  all'art.  7,  comma
4-bis  del  medesimo  codice  (relative  ai  progetti  sottoposti  ad
autorizzazione   integrata    ambientale    statale)    -,    nonche'
dell'autorizzazione all'esercizio delle operazioni di  smaltimento  e
recupero di rifiuti, anche  pericolosi,  fatte  salve  le  competenze
statali di cui al richiamato articolo 7, comma 4-bis,  mentre  l'art.
208 del medesimo codice ha confermato  la  competenza  regionale  con
specifico riferimento al procedimento di rilascio dell'autorizzazione
unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti. 
    4.2.- La scelta allocativa compiuta dal legislatore statale trova
fondamento nell'assetto istituzionale configurato dalla  riforma  del
Titolo V della Parte II della Costituzione,  nel  quale  la  potesta'
legislativa in materia di tutela dell'ambiente  e  dell'ecosistema  -
cui  la  costante  giurisprudenza  di  questa  Corte   riconduce   la
disciplina della gestione dei rifiuti (tra le tante, sentenze  n.  86
del 2021 e n. 227 del 2020) - e'  riservata  dall'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost. in via esclusiva allo Stato. 
    La legislazione  statale,  anche  in  attuazione  degli  obblighi
comunitari, rappresenta, infatti, «un livello di tutela uniforme e si
impone  sull'intero  territorio  nazionale,  come  un   limite   alla
disciplina che le Regioni e le Province  autonome  dettano  in  altre
materie di loro competenza, per evitare che esse deroghino al livello
di tutela ambientale stabilito dallo  Stato,  ovvero  lo  peggiorino»
(sentenza n. 58 del 2015). 
    Questa Corte ha anche precisato che si  tratta  di  una  «materia
naturalmente trasversale, idonea percio' a incidere sulle  competenze
regionali» (sentenza n. 289 del 2019 che richiama le sentenze n.  215
e n. 151 del 2018, n. 54 del 2012, n. 380 del 2007 e n. 259 del 2004;
piu' recentemente, la  sentenza  n.  86  del  2021),  nel  senso  che
interseca materie di competenza concorrente o residuale delle Regioni
e, in particolare, quelle del governo del  territorio,  della  tutela
della salute, della protezione civile e dell'agricoltura e foreste. 
    Non di meno, ferma restando la riserva allo Stato del  potere  di
fissare livelli di tutela uniforme sull'intero territorio  nazionale,
le Regioni possono esercitare competenze legislative proprie  per  la
cura di interessi funzionalmente collegati  con  quelli  propriamente
ambientali, purche' l'incidenza nella materia di competenza esclusiva
statale sia solo in  termini  di  maggiore  e  piu'  rigorosa  tutela
dell'ambiente (ex multis, sentenze n. 86 del 2021, n. 227, n. 214, n.
88 del 2020 e n. 289 del 2019). 
    5.- Tanto premesso, la questione di  legittimita'  costituzionale
e' fondata. 
    5.1.- La potesta' legislativa esclusiva  nelle  materie  indicate
nell'art. 117, secondo comma, Cost. comporta  la  legittimazione  del
solo  legislatore  nazionale  a   definire   l'organizzazione   delle
corrispondenti funzioni amministrative anche attraverso l'allocazione
di competenze presso enti  diversi  dai  Comuni  -  ai  quali  devono
ritenersi  generalmente  attribuite  secondo  il  criterio   espresso
dall'art. 118, primo comma, Cost. - tutte le volte in cui  l'esigenza
di  esercizio  unitario  della   funzione   trascenda   tale   ambito
territoriale di governo. 
    Il principio di legalita', quale canone fondante dello  Stato  di
diritto, impone che le funzioni amministrative  siano  organizzate  e
regolate mediante un atto legislativo, la cui adozione non  puo'  che
spettare  all'ente  -  Stato  o  Regione,  «secondo   le   rispettive
competenze»  (art.  118,  secondo  comma,  Cost.)  -  che  ha  inteso
dislocare la funzione amministrativa in deroga al  criterio  generale
che ne predilige l'assegnazione al livello comunale. 
    Tanto  conduce  logicamente   a   escludere   che   le   funzioni
amministrative  riconducibili  alle  materie  di  cui  all'art.  117,
secondo comma, Cost. - che, sulla base di una  valutazione  orientata
dai principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza, siano
state  conferite  dallo  Stato  alla  Regione  -  possano  essere  da
quest'ultima riallocate presso altro ente infraregionale, comportando
un'iniziativa siffatta una modifica,  mediante  un  atto  legislativo
regionale,  dell'assetto  di  competenze  inderogabilmente  stabilito
dalla legge nazionale. Tale  deve  ritenersi  quello  in  materia  di
autorizzazione alla gestione e al trattamento dei  rifiuti  delineato
dagli artt. 196, comma 1, lettere d) ed e), e 208 cod. ambiente sulla
base  di  una  ragionevole  valutazione  di  congruita'   dell'ambito
regionale rispetto alla dimensione degli interessi implicati. 
    5.2.- La potesta' legislativa  esclusiva  statale  ex  art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost. risponde, del resto,  a  ineludibili
esigenze di protezione di un bene, quale l'ambiente,  unitario  e  di
valore primario (sentenze n. 246 del 2017,  n.  641  del  1987),  che
risulterebbero  vanificate  ove  si  riconoscesse  alla  Regione   la
facolta'  di  rimetterne  indiscriminatamente  la  cura  a  un   ente
territoriale di dimensioni minori,  in  deroga  alla  valutazione  di
adeguatezza compiuta dal legislatore statale con l'individuazione del
livello regionale. 
    5.3.- In linea con  tale  esegesi,  questa  Corte  ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 42, comma  7,  della  legge
della Regione Marche  15  novembre  2010,  n.  16  (Assestamento  del
Bilancio 2010), in quanto, nel modificare l'art. 4 della legge  della
Regione Marche 12  ottobre  2009,  n.  24  (Disciplina  regionale  in
materia di  gestione  integrata  dei  rifiuti  e  bonifica  dei  siti
inquinati), aveva previsto che il compito di curare le procedure  per
l'affidamento del servizio di gestione dei rifiuti di cui al  decreto
legislativo 24  giugno  2003,  n.  182  (Attuazione  delle  direttiva
2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per i  rifiuti
prodotti dalle navi ed i residui  del  carico),  fosse  assegnato  ai
Comuni territorialmente competenti, pur a  fronte  di  una  normativa
statale - l'art. 5, comma 4, del medesimo d.lgs. n. 182  del  2003  -
che  aveva  conferito  tale  funzione  amministrativa  alla   Regione
(sentenza n. 187 del 2011). 
    Questa Corte ha ritenuto che  l'evidenziata  discrasia  normativa
giustificasse   di   per   se'   la   pronuncia   di   illegittimita'
costituzionale, senza che la facolta'  della  Regione  di  riallocare
presso il Comune,  con  un  proprio  atto  legislativo,  la  funzione
amministrativa di cui all'art. 5, comma 4, del d.lgs. n. 182 del 2003
potesse ricavarsi dal riconoscimento,  ad  opera  della  legislazione
statale, della sua legittimazione «ad  intervenire  sulla  disciplina
relativa all'affidamento del servizio  di  gestione  dei  rifiuti  in
questione, col potere di  arrecarvi  modifiche  rispetto  al  modello
fornito dal legislatore statale, sul contenuto degli artt. 196 e  199
del decreto legislativo n. 152 del 2006». 
    5.4.- Sempre  in  materia  di  rifiuti  portuali,  questa  Corte,
ribadendo che il legislatore nazionale, nel dettare, all'art.  5  del
d.lgs. n. 182 del 2003, la disciplina relativa ai piani di raccolta e
di gestione dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico,
ha previsto che le funzioni relative all'affidamento del servizio  di
gestione di tale tipo di rifiuti siano  allocate  presso  le  singole
Regioni ove sono ubicati  i  porti,  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 2 della legge della Regione Toscana 5 agosto
2011, n. 41, recante «Modifiche alla legge regionale 18 maggio  1998,
n. 25 (Norme per la gestione dei  rifiuti  e  la  bonifica  dei  siti
inquinati)», nella parte in  cui  aveva  stabilito  che  la  predetta
funzione fosse svolta dalla Comunita' d'ambito in «avvalimento e  per
conto della stessa Autorita' marittima» (sentenza n. 159 del 2012). 
    Nell' occasione questa Corte ha sottolineato che «[p]oiche' [...]
la legge regionale -  invece  di  limitarsi  a  disciplinare  materie
rientranti nelle sue  competenze  legislative  -  ha  provveduto,  al
contrario, ad attribuire nuovi compiti alla Autorita` marittima, essa
ha,  in  tal  modo,  illegittimamente  modificato   l'assetto   delle
competenze delineato sul punto dalla legge  dello  Stato  (che  [...]
attribuisce il compito di curare  le  procedure  di  affidamento  del
servizio di gestione dei rifiuti prodotti dalle navi  e  dei  rifiuti
del carico alla Regione)». 
    6.- Cio' premesso,  con  la  disposizione  ora  in  scrutinio  la
Regione Lazio, delegando  ai  Comuni  la  funzione  amministrativa  -
attinente  alla  cura  del  procedimento   di   autorizzazione   alla
realizzazione e gestione degli impianti di smaltimento e recupero  di
rifiuti derivanti dall'autodemolizione e rottamazione di macchinari e
apparecchiature deteriorati e obsoleti - ad essa conferita con  legge
nazionale,  ha  inciso,  senza  esservi  abilitata  da   tale   fonte
normativa, su una competenza  istituita  dallo  Stato  nell'esercizio
della sua potesta' legislativa  esclusiva  ai  sensi  dell'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost. 
    6.1.- Infatti,  con  la  delega  di  funzioni  amministrative  il
soggetto titolare del potere di provvedere su  determinati  interessi
conferisce ad altro soggetto la legittimazione ad adottare  atti  che
rientrano nella propria sfera di attribuzione, cosi'  dando  luogo  a
una competenza di carattere  derivato,  ancorche'  limitata  al  solo
esercizio della funzione e non incidente sulla sua titolarita'. 
    Posto che la predeterminazione normativa della distribuzione  dei
compiti costituisce una proiezione del principio di  legalita',  che,
ai  sensi  dell'art.  97  Cost.,   regola   l'agire   amministrativo,
l'attitudine della delega a modificare la competenza ne giustifica il
condizionamento al duplice presupposto della titolarita'  originaria,
in  capo  al  conferente,  del  potere  che  ne   forma   oggetto   e
dell'espressa previsione e delimitazione ad opera della stessa  fonte
normativa che attribuisce la competenza  a  delegare  (si  veda,  sul
tema, Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 29  novembre  2012,
n. 6042). 
    6.2.- La modifica della competenza  regionale  fissata  dall'art.
196 cod. ambiente, operata dall'art. 6, comma 2,  lettere  b)  e  c),
della legge reg. Lazio n. 27 del 1998, attraverso la delega ai Comuni
della  funzione  autorizzatoria  ivi  indicata,  contrasta   con   il
parametro evocato  perche'  introduce  una  deroga  all'ordine  delle
competenze stabilito dalla legge  statale  ai  sensi  dell'art.  117,
secondo comma, lettera  s),  Cost.,  in  assenza  -  sia  nell'ordito
costituzionale, sia nel codice dell'ambiente -  di  una  disposizione
che abiliti alla descritta riallocazione. 
    6.2.1.- La mancata riproduzione, nel testo  dell'art.  118  Cost.
introdotto  dalla  legge  costituzionale  18  ottobre  2001,   n.   3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della  Costituzione),  del
riferimento, presente nella formulazione originaria dello stesso art.
118, alla delega come strumento di "normale" esercizio delle funzioni
amministrative  regionali  induce,  infatti,  a  ritenere  che   tale
istituto non sia  piu'  configurabile  come  ordinario  strumento  di
allocazione di competenze da  parte  del  legislatore  regionale,  in
assenza di una specifica abilitazione da parte  della  fonte  a  cio'
competente. 
    Nel previgente assetto  ordinamentale,  in  cui  la  ripartizione
delle competenze tra Stato e Regioni,  improntata  al  principio  del
parallelismo tra funzioni legislative e amministrative, era assistita
da  una  presunzione  di  adeguatezza,  la  delega,  comportando   la
scissione tra titolarita' ed esercizio della funzione,  rispondeva  a
un'essenziale esigenza di flessibilita', sicche'  si  prevedeva  che,
ove  l'ente  individuato  dalla  Costituzione   si   fosse   rivelato
inadeguato rispetto alle concrete  esigenze  della  collettivita'  di
riferimento, lo svolgimento  delle  funzioni  amministrative  sarebbe
stato  demandato  all'ente  ritenuto  piu'  idoneo  a  garantirne  il
soddisfacimento. 
    Per contro, nel modello delineato  dalla  riforma  costituzionale
del 2001, in linea con il principio di sussidiarieta', la valutazione
di  adeguatezza  informa  di  se'  l'individuazione,  ad  opera   del
legislatore statale o regionale, dell'ente presso il quale  allocare,
in termini di titolarita', la  competenza.  Infatti,  muovendo  dalla
preferenza accordata ai Comuni, cui sono attribuite, in via generale,
le funzioni amministrative, la Costituzione  demanda  al  legislatore
statale e regionale,  nell'ambito  delle  rispettive  competenze,  la
facolta' di diversa allocazione di dette  funzioni,  per  assicurarne
l'esercizio unitario, sulla  base  dei  principi  di  sussidiarieta',
differenziazione ed adeguatezza (art. 118, primo comma, Cost.). 
    7.-  In  conclusione,  l'art.  6,  comma  2,  lettere  b)  e  c),
quest'ultima limitatamente al  riferimento  alla  lettera  b),  della
legge reg. Lazio n.  27  del  1998,  confliggendo  con  l'assetto  di
competenze delineato dal codice dell'ambiente, da' corpo alla dedotta
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Per questo
deve esserne dichiarata l'illegittimita' costituzionale. 
    7.1.- Va, peraltro, evidenziato che le disposizioni in  esame  si
pongono in contrasto con i parametri costituzionali, e relative norme
interposte,  sopravvenuti  alla  loro  entrata  in  vigore,  con   la
conseguenza che la declaratoria di illegittimita' costituzionale  non
puo' investirne l'intero  arco  di  vigenza.  Come  questa  Corte  ha
chiarito, «"la modifica  del  titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione  non  [ha]   determinato   l'automatica   illegittimita'
costituzionale delle norme emanate nel vigore  dei  vecchi  parametri
costituzionali", cosicche' "tali norme [...] adottate in  conformita'
al preesistente quadro costituzionale,  mantengono,  in  applicazione
del principio di continuita', la loro validita' fino  al  momento  in
cui non vengano sostituite  da  nuove  norme  dettate  dall'autorita'
dotata di competenza nel nuovo sistema" (sentenza n.  401  del  2007;
nello stesso senso sentenza n. 376 del 2002)» (sentenza  n.  244  del
2020). 
    Con specifico riferimento alla materia di cui si tratta, soltanto
con il codice dell'ambiente i nuovi  principi  regolatori  risultanti
dalla riforma  costituzionale  del  2001  si  sono  tradotti  in  una
specifica disciplina del riparto delle funzioni amministrative, cosi'
rendendo  attuale  la  discrasia,  rispetto  a  tale  assetto,  della
distribuzione delle competenze  disposta  dalla  normativa  regionale
anteriore qui denunciata. 
    L'illegittimita'  costituzionale   della   disciplina   censurata
decorre, pertanto, dal 29 aprile 2006,  data  di  entrata  in  vigore
degli artt. 196 e 208 cod. ambiente. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    dichiara l'illegittimita'  costituzionale,  a  far  data  dal  29
aprile 2006, dell'art. 6, comma 2,  lettere  b)  e  c),  quest'ultima
limitatamente al riferimento  alla  lettera  b),  della  legge  della
Regione Lazio 9  luglio  1998,  n.  27  (Disciplina  regionale  della
gestione dei rifiuti). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 giugno 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 7 ottobre 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA