N. 190 SENTENZA 23 settembre - 7 ottobre 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Documentazione amministrativa - False  dichiarazioni  sostitutive  di
  atto  notorio  o  di  certificazioni  -  Decadenza  automatica  dai
  benefici conseguenti al provvedimento rilasciato in base ad esse  -
  Denunciata   violazione   dei   principi   di   ragionevolezza    e
  proporzionalita' - Inammissibilita' della questione. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000,  n.  445,
  art. 75. 
- Costituzione, art. 3. 
(GU n.41 del 13-10-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela  NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN
  GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  75  del
decreto del Presidente della Repubblica 28  dicembre  2000,  n.  445,
recante «Testo unico delle disposizioni legislative  e  regolamentari
in materia di documentazione amministrativa (Testo A)», promosso  dal
Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di
Lecce, nel procedimento vertente tra Naxos srl e Agenzia delle dogane
e dei monopoli - Ufficio dei monopoli per la Puglia, la Basilicata  e
il Molise, con ordinanza del 30 gennaio 2020, iscritta al n.  92  del
registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 22 settembre 2021 il  Giudice
relatore Giuliano Amato; 
    deliberato nella camera di consiglio del 23 settembre 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza depositata il 30  gennaio  2020,  il  Tribunale
amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, ha
sollevato,  in  riferimento  all'art.   3,   secondo   comma,   della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  75
del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445,
recante «Testo unico delle disposizioni legislative  e  regolamentari
in materia di documentazione amministrativa (Testo A)». 
    La disposizione censurata disciplina le conseguenze  delle  false
dichiarazioni sostitutive di atto notorio o  di  certificazioni.  Nel
testo vigente ratione temporis, essa prevede  che  «[f]ermo  restando
quanto previsto  dall'articolo  76,  qualora  dal  controllo  di  cui
all'articolo  71  emerga  la  non  veridicita'  del  contenuto  della
dichiarazione,  il  dichiarante  decade  dai  benefici  eventualmente
conseguenti al provvedimento emanato sulla base  della  dichiarazione
non veritiera». 
    E'  denunciata  la  violazione   dell'art.   3   Cost.,   poiche'
l'automatica decadenza dal beneficio e l'impedimento a conseguire  lo
stesso, quali «conseguenze  [...]  lato  sensu  sanzionatorie»  della
dichiarazione  mendace,  colpirebbero   in   maniera   indiscriminata
condotte di rilievo differente e si porrebbero  in  contrasto  con  i
principi  di  ragionevolezza  e  proporzionalita',  essendo  preclusa
qualsiasi valutazione circa la gravita' del fatto, il suo disvalore e
l'elemento soggettivo del dolo o della colpa del dichiarante. 
    2.- Nel giudizio a quo e' impugnato il provvedimento  di  diniego
di un'istanza di rinnovo del patentino per la vendita di prodotti  da
fumo. Riferisce il giudice  rimettente  che  tale  diniego  e'  stato
determinato dalla non veridicita' della dichiarazione sostitutiva  di
atto notorio che la accompagnava. In particolare, risulta  omessa  la
dichiarazione,  da  parte  dell'istante,  di  alcuni   debiti   verso
l'erario,  rappresentati   da   due   cartelle   esattoriali   emesse
dall'Agenzia delle entrate per il mancato pagamento  del  canone  RAI
per gli anni 2016 e 2017, per complessivi euro 897,92. 
    Ad avviso del rimettente, la  pretesa  tributaria  avrebbe  ormai
carattere definitivo, in considerazione della mancata  interposizione
di alcun gravame e dell'acquiescenza prestata dalla parte ricorrente,
che - dopo l'autodichiarazione, ma prima del diniego di rinnovo -  ha
provveduto all'integrale pagamento del debito. 
    Il giudice a quo riferisce, inoltre, di avere  accolto  l'istanza
cautelare di sospensione del provvedimento impugnato. 
    Ad avviso  del  giudice  rimettente,  la  non  veridicita'  della
dichiarazione costituirebbe l'unico presupposto del provvedimento  di
diniego.  Pertanto,   non   sarebbe   possibile   prescindere   dalla
definizione della questione di legittimita' costituzionale  dell'art.
75 del d.P.R. n. 445 del  2000  che,  in  presenza  di  dichiarazioni
mendaci, prevede la decadenza «dai benefici eventualmente conseguenti
al  provvedimento  emanato  sulla  base   della   dichiarazione   non
veritiera». 
    2.1.- Il giudice a quo  evidenzia  che,  secondo  la  consolidata
giurisprudenza amministrativa, la dichiarazione non veritiera, al  di
la' dei profili penali, preclude  al  dichiarante  il  raggiungimento
dello scopo cui la stessa era  indirizzata  e  comporta  l'automatica
decadenza dai benefici ottenuti.  Al  riguardo,  sono  richiamate  le
sentenze del Consiglio di Stato, sezione quinta, 9  aprile  2013,  n.
1933, e 27 aprile 2012, n. 2447. Si tratterebbe  di  una  consolidata
interpretazione, tale da assurgere al rango di «diritto vivente». 
    Ad avviso del giudice a quo, queste conseguenze, oltre  ad  avere
valenza  lato  sensu   sanzionatoria,   sarebbero   irragionevoli   e
sproporzionate, in quanto  prescindono  dall'effettiva  gravita'  del
fatto  e  dalla  sua  incidenza   rispetto   all'interesse   pubblico
perseguito  dall'amministrazione.  Verrebbe,  infatti,  riservato  il
medesimo trattamento a  situazioni  oggettivamente  diverse,  con  la
conseguenza che nei casi di non  veridicita'  su  aspetti  di  minima
rilevanza   concreta   possono   aversi   conseguenze    abnormi    e
sproporzionate rispetto al reale disvalore del fatto. 
    D'altra parte, le censure non potrebbero essere superate  facendo
leva sulla ratio della norma censurata, rinvenibile nel principio  di
semplificazione  amministrativa,  cui  si  accompagna  l'affermazione
dell'autoresponsabilita' del dichiarante. Al riguardo, si fa rilevare
che la norma in esame e' volta a  rendere  piu'  efficiente  l'azione
amministrativa, ma e' anche finalizzata a  garantire  i  diritti  dei
singoli di volta in volta coinvolti nel  procedimento  amministrativo
nell'ambito  del  quale  sono  rese  le  dichiarazioni.   Il   rigido
automatismo in esame sarebbe lesivo dell'equilibrio  fra  le  diverse
esigenze in gioco, poiche' pregiudicherebbe i diritti  costituzionali
del singolo. La finalita'  di  semplificazione  si  risolverebbe,  in
definitiva,   nella   diminuzione   degli   adempimenti   a    carico
dell'amministrazione   pubblica,    a    fronte    di    un'eccessiva
autoresponsabilita' del privato. 
    Si fa rilevare, infine, che, in base all'art. 40, comma  01,  del
d.P.R. n. 445 del  2000,  come  modificato  dall'art.  15,  comma  1,
lettera  a),  della  legge  12  novembre  2011,   n.   183,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (Legge di stabilita' 2012)», il privato ha  l'obbligo,  e
non  piu'  la  facolta',  di  presentare  alle   amministrazioni   le
«dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47». La  semplificazione  in
esame si risolverebbe essa stessa, quindi,  nella  diminuzione  degli
adempimenti a  carico  dell'amministrazione  pubblica,  a  fronte  di
un'eccessiva autoresponsabilita' del privato. 
    3.- Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  o
comunque non fondata. 
    3.1.- In via preliminare, e' eccepito il difetto  di  motivazione
in ordine alla rilevanza della questione, poiche' il  giudice  a  quo
avrebbe  omesso  di  considerare  le  disposizioni  del  decreto  del
Ministro dell'economia e  delle  finanze  21  febbraio  2013,  n.  38
(Regolamento recante disciplina della  distribuzione  e  vendita  dei
prodotti da fumo), che all'art. 7 detta i criteri per il rilascio  di
patentini e, in  particolare,  al  comma  3,  dispone  che  «Ai  fini
dell'adozione del provvedimento, gli Uffici competenti  in  relazione
all'esercizio  del  richiedente,  valutano:  [...]  g)  l'assenza  di
eventuali pendenze fiscali e/o di morosita' verso  l'Erario  o  verso
l'Agente della riscossione definitivamente accertate o risultanti  da
sentenze non impugnabili». 
    Nel  caso  in  esame,  il  diniego  del   rinnovo   e'   derivato
dall'assenza del requisito della insussistenza di pendenze fiscali  e
non dalla falsita' della dichiarazione. Infatti, laddove fosse  stata
accertata l'insussistenza del requisito anche  dopo  il  rinnovo  del
patentino, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli  (d'ora  in  avanti:
ADM) ne avrebbe comunque disposto il ritiro. 
    Pertanto, le censure del rimettente avrebbero  dovuto  riguardare
direttamente il regolamento ministeriale, che preclude il rinnovo del
patentino senza prevedere una graduazione circa  la  rilevanza  delle
pendenze fiscali.  Sarebbe  stata  cosi'  omessa  la  verifica  della
rilevanza della questione, con l'effetto di renderla inammissibile. 
    3.1.1.- Inoltre, l'onere di  adeguata  motivazione  in  punto  di
rilevanza  non  sarebbe  stato  assolto  neppure  con  riguardo  alla
descrizione  della  fattispecie  concreta  e,  in   particolare,   al
carattere  definitivo  dell'accertamento  delle  pendenze  fiscali  o
morosita' verso l'erario. 
    Infatti, la sola indicazione dell'anno di riferimento del credito
erariale, senza alcuna  indicazione  del  giorno  di  notifica  della
cartella,  non  dimostrerebbe  che  il  credito  erariale  e'   stato
accertato in via definitiva, non potendosi escludere l'avvio  di  una
procedura esecutiva, ne' la proponibilita' del ricorso ai  sensi  del
decreto  legislativo  26  febbraio  1999,  n.  46   (Riordino   della
disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell'articolo  1
della legge 28 settembre 1998, n. 337), ovvero dell'opposizione  agli
atti esecutivi, di cui all'art. 617 del codice di procedura civile. 
    In effetti, neppure il pagamento da parte del  debitore  potrebbe
far ritenere che -  al  momento  della  dichiarazione  -  il  credito
erariale   fosse   gia'   definitivamente   accertato.   L'incompleta
descrizione della fattispecie si rifletterebbe, quindi,  nel  difetto
di motivazione sulla rilevanza, determinando l'inammissibilita' della
questione. 
    3.1.2.- D'altra parte, secondo l'interveniente,  sarebbe  erroneo
il  presupposto  interpretativo  su  cui  si  fonda  l'ordinanza   di
rimessione.  Infatti,  la  decadenza  prevista   dalla   disposizione
censurata andrebbe riferita ai  benefici  gia'  entrati  nella  sfera
giuridica del dichiarante. Il rimettente non  spiegherebbe  i  motivi
per cui essa debba estendersi anche a benefici non  ancora  ottenuti,
come quello connesso al rinnovo del patentino, che si sostanzia in un
rinnovato rilascio del  provvedimento  ampliativo.  Anche  da  queste
considerazioni discenderebbe il difetto di rilevanza della questione. 
    3.1.3.- L'Avvocatura generale dello Stato eccepisce, inoltre,  il
mancato esperimento del tentativo di interpretazione conforme. 
    L'esegesi del censurato art. 75  del  d.P.R.  n.  445  del  2000,
richiamata dal giudice a quo e considerata alla  stregua  di  diritto
vivente, sarebbe tutt'altro che consolidata. Di recente, infatti,  la
giurisprudenza del Consiglio di Stato  avrebbe  offerto  una  lettura
costituzionalmente orientata dell'autocertificazione,  che  valorizza
la sostanza dell'attestazione e consente  la  regolarizzazione  delle
dichiarazioni sostitutive di atto di  notorieta',  quando  si  e'  in
presenza di vizi meramente formali (sono richiamate le  sentenze  del
Consiglio di Stato, sezione quinta, 17 gennaio  2018,  n.  257  e  23
gennaio 2018, n.  418,  che  hanno,  rispettivamente,  confermato  le
decisioni dello stesso TAR Puglia, sezione staccata di Lecce, sezione
seconda, 21 dicembre 2015, n. 3664, e 18 febbraio 2016, n. 335). 
    Secondo questa interpretazione, per la decadenza o per il diniego
del beneficio non  sarebbe  determinante  il  profilo  formale  della
falsita' della dichiarazione, bensi' quello  sostanziale,  costituito
dalla mancanza del requisito falsamente dichiarato. 
    Tale    rilievo     troverebbe     conferma     nell'orientamento
giurisprudenziale che fonda il diniego o la revoca del  visto  o  del
permesso di soggiorno a cittadini extracomunitari, non sulla falsita'
dell'attestazione allegata all'istanza, bensi' sul difetto  oggettivo
del requisito falsamente attestato (e'  richiamata  la  sentenza  del
Consiglio di Stato, sezione terza, 30  agosto  2018,  n.  5086).  Per
converso,  ove  l'istante  abbia  dimostrato,   anche   per   vicende
sopravvenute, di essere in possesso del requisito, la falsita'  della
dichiarazione non avrebbe effetti  preclusivi  (Consiglio  di  Stato,
sezione terza, sentenza 30 dicembre 2015, n. 5880). 
    D'altra parte, l'interveniente evidenzia che,  laddove  l'istanza
di rinnovo del patentino si presenti  incompleta,  la  giurisprudenza
amministrativa ha ammesso il soccorso istruttorio e ha  riconosciuto,
inoltre, che l'amministrazione e' tenuta a valutare compiutamente  la
portata, il peso e l'attualita' delle pendenze fiscali sussistenti al
momento dell'esame dell'istanza e quindi a tenere conto, ad  esempio,
della rateizzazione del pagamento del debito fiscale  (e'  richiamata
la sentenza del Tribunale amministrativo regionale  per  la  Sicilia,
Palermo, sezione prima, 29 ottobre 2018, n. 2190). 
    Piu' di recente, il  provvedimento  di  rigetto  dell'istanza  di
rinnovo del patentino e' stato annullato sul rilievo che non  sarebbe
qualificabile come pendenza fiscale, ai sensi dell'art. 8 del d.m. n.
38 del  2013,  quella  situazione  di  fatto  che,  alla  luce  della
normativa tributaria, non possiede  i  relativi  caratteri  come,  ad
esempio, il mancato superamento  della  soglia  minima  di  rilevanza
fiscale, fissata dall'art. 3, comma 10,  del  decreto-legge  2  marzo
2012, n. 16  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di  semplificazioni
tributarie, di efficientamento e  potenziamento  delle  procedure  di
accertamento), convertito, con modificazioni, nella legge  26  aprile
2012, n. 44. Ai fini di cui all'art. 75 del d.P.R. n. 445  del  2000,
e'  stata  esclusa  la   non   veridicita'   di   una   dichiarazione
intrinsecamente   corrispondente   a   detta   normativa   (Tribunale
amministrativo regionale per la Basilicata, sezione prima, sentenza 7
gennaio 2019, n. 31; nello  stesso  senso,  e'  richiamata  anche  la
sentenza  del  Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Molise,
sezione prima, 28 dicembre 2019, n. 478). 
    Vi  sarebbero,  quindi,  percorsi  ermeneutici   che   consentono
un'interpretazione adeguatrice della disposizione censurata, idonea a
sottrarla al  contrasto  con  il  parametro  costituzionale  evocato.
Dall'omessa sperimentazione  di  un  tentativo  di  lettura  secundum
Constitutionem conseguirebbe l'inammissibilita' della questione. 
    3.2.- Nel merito, la questione sarebbe comunque non fondata. 
    Non   sarebbero   violati   i   principi    di    ragionevolezza,
proporzionalita' ed imparzialita' di cui all'art. 3 Cost., poiche' la
disciplina in esame non sarebbe volta a sanzionare la falsita'  delle
dichiarazioni, quanto piuttosto a garantire la certezza dei  rapporti
giuridici, facendo applicazione del principio di  autoresponsabilita'
del dichiarante, con evidenti vantaggi per l'amministrazione e per il
cittadino. 
    D'altra parte, la concessione del beneficio anche in presenza  di
false attestazioni porterebbe ad effetti irragionevoli e contrastanti
con l'art. 3  Cost.,  finendo  per  incentivare  comportamenti  volti
all'attestazione del falso, a danno  di  chi,  invece,  operando  con
correttezza e  buona  fede,  si  assume  la  responsabilita'  di  una
dichiarazione,  pur  sfavorevole,  ma  veritiera.   La   scelta   del
legislatore risponde, quindi, ad esigenze  di  efficacia  dell'azione
amministrativa, le quali sarebbero frustrate laddove fosse attribuita
all'amministrazione una valutazione in ordine alla gravita' del fatto
contestato ed all'elemento soggettivo del dichiarante. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia,  sezione
staccata di Lecce, con ordinanza del 30 gennaio 2020,  ha  sollevato,
in  riferimento  all'art.  3   della   Costituzione,   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 75 del decreto  del  Presidente
della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, recante «Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa (Testo A)». 
    La disposizione censurata disciplina le conseguenze  delle  false
dichiarazioni sostitutive di atto notorio o  di  certificazioni.  Nel
testo vigente ratione temporis essa  prevede  che  «[f]ermo  restando
quanto previsto  dall'articolo  76,  qualora  dal  controllo  di  cui
all'articolo  71  emerga  la  non  veridicita'  del  contenuto  della
dichiarazione,  il  dichiarante  decade  dai  benefici  eventualmente
conseguenti al provvedimento emanato sulla base  della  dichiarazione
non veritiera». 
    E'  denunciata  la  violazione   dell'art.   3   Cost.,   poiche'
l'automatica decadenza dal beneficio e l'impedimento a conseguire  lo
stesso, quali «conseguenze  [...]  lato  sensu  sanzionatorie»  della
dichiarazione  mendace,  colpirebbero   in   maniera   indiscriminata
condotte di rilievo differente e si porrebbero  in  contrasto  con  i
principi  di  ragionevolezza  e  proporzionalita',  essendo  preclusa
qualsiasi valutazione circa la gravita' del fatto, il suo disvalore e
l'elemento soggettivo del dolo o della colpa del dichiarante. 
    2.- La questione e' inammissibile. 
    2.1.- Nell'ordinanza di rinvio il giudice  a  quo  riferisce  che
l'impugnato provvedimento di diniego  ha  ad  oggetto  un'istanza  di
rinnovo del patentino per la vendita di prodotti da fumo e  che  tale
diniego  e'   stato   determinato   dalla   non   veridicita'   della
dichiarazione sostitutiva di atto notorio  che  la  accompagnava.  La
falsita'   della   dichiarazione   sarebbe   consistita   nell'omessa
indicazione di pendenze nei confronti dell'erario o  dell'agente  per
la  riscossione.  Dalle  verifiche  effettuate  dall'amministrazione,
sarebbe emerso, infatti, che nei confronti della societa'  ricorrente
erano state emesse alcune cartelle di pagamento,  non  dichiarate  al
momento della presentazione dell'istanza. 
    2.2.- La disciplina del rilascio e del rinnovo dei patentini  per
la vendita di prodotti da fumo e' contenuta nel decreto del  Ministro
dell'economia e delle finanze 21 febbraio 2013,  n.  38  (Regolamento
recante disciplina della distribuzione  e  vendita  dei  prodotti  da
fumo), che agli artt. 7 e 8 stabilisce i requisiti  per  il  rilascio
del titolo. 
    In particolare, l'art. 7 (Criteri per il rilascio  di  patentini)
prevede, al comma 3, che, «[a]i fini dell'adozione del provvedimento,
gli Uffici competenti in  relazione  all'esercizio  del  richiedente,
valutano: [...] g) l'assenza di eventuali  pendenze  fiscali  e/o  di
morosita'  verso  l'Erario  o  verso   l'Agente   della   riscossione
definitivamente accertate o risultanti da sentenze non  impugnabili».
Il successivo art. 8 (Rilascio dei patentini), al  comma  3,  prevede
parimenti che «[l]a dichiarazione sostitutiva di atto notorio indica:
[...]  f)  la  sussistenza  di  eventuali  pendenze  fiscali  e/o  di
morosita' verso l'Erario o verso il concessionario della  riscossione
definitivamente accertate o risultanti da sentenze non impugnabili». 
    2.2.1.-  Entrambe  le   disposizioni   sono   state   modificate,
successivamente all'ordinanza di rimessione, dal decreto del Ministro
dell'economia del  12  febbraio  2021,  n.  51  (Regolamento  recante
modifiche al decreto ministeriale 21 febbraio 2013,  n.  38,  recante
disciplina della distribuzione e vendita dei prodotti da  fumo).  Per
effetto di queste modifiche, la competente amministrazione e'  tenuta
a  valutare  «la  sussistenza  di  eventuali  violazioni  fiscali   e
situazioni  di  morosita'  verso  l'Erario  o  verso  l'Agente  della
riscossione di importo superiore a quello previsto dall'articolo  80,
comma 4, del decreto legislativo  n.  50  del  2016,  definitivamente
accertate o risultanti da sentenze non piu'  impugnabili».  E'  stato
quindi escluso il rilievo - ai fini del rilascio del patentino  -  di
obbligazioni  tributarie,  definitivamente  accertate,   di   importo
inferiore alla soglia indicata. 
    La novella e' entrata in  vigore  in  epoca  successiva  all'atto
impugnato  nel  giudizio  a  quo,  il  quale  rimane  regolato  dalla
precedente disciplina, in applicazione  del  principio  tempus  regit
actum. Essa appare comunque  indicativa  dell'evoluzione  del  quadro
normativo di riferimento, nel senso  della  graduazione  del  rilievo
delle pendenze fiscali. 
    2.3.- Dalla considerazione degli artt. 7 e 8 del d.m. n.  38  del
2013 - nel testo vigente ratione temporis - discende che, nel caso in
esame, la  mancanza  del  requisito  della  regolarita'  fiscale  era
suscettibile  di  precludere  il  rinnovo  del  titolo  anche  se  la
dichiarazione fosse stata veritiera e avesse puntualmente riferito la
sussistenza delle pendenze fiscali e,  quindi,  anche  a  prescindere
dalla falsita' della dichiarazione resa ai sensi del  d.P.R.  n.  445
del 2000. 
    Gli effetti irragionevoli e sproporzionati lamentati dal  giudice
a quo, in quanto vi siano, sarebbero da ricondurre alle  disposizioni
di rango regolamentare che prevedono i criteri  per  il  rilascio  di
patentini. Sono queste ultime, infatti, che,  nel  testo  applicabile
ratione temporis, precludevano il rinnovo del titolo per la  mancanza
del requisito della regolarita' fiscale. 
    D'altra parte, il carattere non veridico della dichiarazione resa
dall'interessato non poteva esimere il rimettente dalla necessita' di
fare applicazione delle disposizioni del d.m. n. 38  del  2013,  alla
cui stregua doveva essere formulato il giudizio di verita' o falsita'
della dichiarazione in esame. 
    L'omessa considerazione di questi argomenti si traduce nel  vizio
di motivazione dell'ordinanza,  in  riferimento  al  requisito  della
rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. 
    2.4.- Peraltro, nell'escludere il rilievo delle disposizioni  del
d.m. n. 38 del  2013,  l'iter  argomentativo  del  rimettente  denota
un'ulteriore carenza. 
    Va infatti posto in evidenza che e' lo stesso art.  7,  comma  3,
del d.m. n. 38 del 2013 a prevedere che, ai  fini  del  rilascio  dei
patentini, «gli  Uffici  competenti  [...]  valutano»  le  specifiche
condizioni di operativita' degli esercizi interessati, tra  le  quali
e' espressamente prevista  anche  la  loro  regolarita'  fiscale.  Lo
spazio     per     l'apprezzamento     discrezionale     da     parte
dell'amministrazione in ordine allo specifico rilievo delle  pendenze
o morosita'  definitivamente  accertate  si  colloca,  quindi,  nella
precedente fase di verifica dei requisiti, anziche' in  quella  delle
conseguenze  delle  false   dichiarazioni,   come   prospettato   dal
rimettente. 
    La    natura    discrezionale     dell'apprezzamento     compiuto
dall'amministrazione in ordine a tali condizioni e' avvalorata  anche
dal raffronto con il tenore del successivo comma 4 dello stesso  art.
7, che stabilisce le  condizioni  assolutamente  («[i]n  ogni  caso»)
ostative al rilascio dei patentini (prossimita' a  una  rivendita  in
cui  risulti  installato  un  distributore  automatico  di   tabacchi
lavorati). 
    Il giudice rimettente,  ritenendo  assorbente  il  rilievo  della
falsita' della dichiarazione, ha  escluso  l'applicazione  di  questa
disciplina di rango regolamentare. Viceversa - come gia' rilevato  da
questa Corte nella sentenza n.  199  del  2019  -  la  stessa  appare
suscettibile di definire il contenzioso instaurato dal ricorrente. 
    2.5.- Il difetto di motivazione sulla rilevanza  della  questione
inficia,    dunque,    l'ordinanza    in    esame,     determinandone
l'inammissibilita' (ex plurimis, sentenze n. 259, n. 41 e n.  30  del
2020; n. 266, n. 199, n. 179 e n. 73 del 2019; n.  204,  n.  194,  n.
114, n. 102 e n. 18 del 2018). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale  dell'art.  75  del  decreto  del   Presidente   della
Repubblica 28 dicembre 2000,  n.  445,  recante  «Testo  unico  delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa (Testo A)», sollevata, in riferimento all'art. 3 della
Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per  la  Puglia,
sezione staccata di Lecce, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 settembre 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 7 ottobre 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA