N. 193 ORDINANZA 23 settembre - 11 ottobre 2021

Giudizio sull'ammissibilita' di ricorso per conflitto di attribuzione
tra poteri dello Stato. 
 
Parlamento - Nuovi criteri  di  redazione  degli  atti  di  sindacato
  ispettivo - Interrogazioni presentate dal senatore Elio Lannutti  -
  Asserita omessa o infedele pubblicazione - Ricorso per conflitto di
  attribuzione tra poteri dello  Stato  promosso  dal  senatore  Elio
  Lannutti nei confronti del Senato della Repubblica, in persona  del
  Presidente in carica - Inammissibilita' del ricorso. 
- Direttive della Presidenza del Senato della Repubblica, di  cui  al
  resoconto stenografico  della  34^  seduta  dell'Assemblea  dell'11
  settembre 2018. 
- Costituzione, artt. 1, 67 e 94. 
(GU n.41 del 13-10-2021 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Stefano  PETITTI,   Angelo
  BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, 
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto a seguito delle nuove direttive disposte dalla  Presidenza  del
Senato della Repubblica circa i criteri di redazione  degli  atti  di
sindacato ispettivo basati sull'applicazione degli artt.  145  e  154
del regolamento del Senato, promosso da Elio Lannutti, nella qualita'
di senatore, con ricorso depositato in cancelleria il 27 maggio  2021
ed iscritto al n. 3 del registro conflitti  tra  poteri  dello  Stato
2021, fase di ammissibilita'. 
    Udita nella camera di consiglio del 22 settembre 2021 la  Giudice
relatrice Daria de Pretis; 
    deliberato nella camera di consiglio del 23 settembre 2021. 
    Ritenuto che, con  ricorso  depositato  il  27  maggio  2021,  il
senatore Elio Lannutti ha  promosso  conflitto  di  attribuzione  tra
poteri dello Stato contro il Senato della Repubblica, in persona  del
Presidente in carica; 
    che il conflitto presenta  tre  diversi  oggetti:  a)  le  «nuove
direttive disposte dalla Presidenza  circa  i  criteri  di  redazione
degli atti di sindacato ispettivo», di  cui  da'  atto  il  resoconto
stenografico della 34a seduta  pubblica  dell'Assemblea  del  Senato,
tenutasi l'11 settembre 2018; b) l'omessa pubblicazione, da parte del
Presidente  del  Senato,  di  alcune  interrogazioni  presentate  dal
ricorrente nel 2021; c)  la  pubblicazione  di  altre  interrogazioni
dello stesso ricorrente in un testo diverso da quello presentato; 
    che il ricorrente riporta il contenuto delle direttive  (definite
nel ricorso «circolare bavaglio») adottate nel 2018 circa  i  criteri
di redazione delle interrogazioni e delle interpellanze; in  esse  in
particolare il Presidente, affermando di  basarsi  «su  una  rigorosa
applicazione degli articoli 145 e 154 del  Regolamento  del  Senato»,
precisa  di  ritenere  «improponibili  le  interrogazioni  contenenti
elementi estranei rispetto alla "semplice domanda rivolta al Ministro
competente  per  avere  informazioni  o  spiegazioni  su  un  oggetto
determinato o  per  sapere  se  e  quali  provvedimenti  siano  stati
adottati o si intendano adottare in relazione all'oggetto  medesimo",
secondo la definizione del ricordato articolo 145 del Regolamento», e
che, «[c]onseguentemente, l'eventuale parte premissiva dovra'  essere
strettamente  collegata  alla  formulazione   del   quesito»;   nelle
direttive si afferma  che  le  disposizioni  regolamentari  «appaiono
inequivoche  nel  collegare  la  funzione  degli  atti  di  sindacato
ispettivo  alla  concreta  sfera   di   competenza   dell'Esecutivo»:
pertanto,  «interrogazioni   e   interpellanze   volte   a   chiedere
l'intervento  del  Governo  in  ambiti  ad  esso  preclusi  (come  le
competenze guarentigiate di organi  costituzionali,  attribuzioni  di
altri poteri  dello  Stato,  autorita'  indipendenti,  ovvero  organi
territoriali o sovranazionali, attivita' di partiti politici) saranno
considerati improponibili»; 
    che, secondo il ricorrente, sulla base di tali  direttive  alcune
delle interrogazioni da lui presentate non sono mai state  pubblicate
e trasmesse ai destinatari e altre sono state pubblicate in un  testo
differente rispetto a quello presentato; 
    che,  in  particolare,  non  sarebbero  mai  state  pubblicate  e
inoltrate  ai  destinatari  due  interrogazioni  a  risposta  scritta
presentate il 16 marzo 2021 e una presentata il 5 maggio 2021, mentre
due interrogazioni a risposta scritta (una del 29 aprile 2021  e  una
del 5 maggio 2021) sarebbero state pubblicate in un testo diverso  da
quello presentato; 
    che  il  ricorso  sintetizza  il  contenuto  di   queste   cinque
interrogazioni; 
    che, secondo il ricorrente, le  direttive  della  Presidenza  del
Senato, cosi'  come  l'inerzia  del  Senato  nel  trasmettere  alcune
interrogazioni nonche' la pubblicazione di altre con quesiti  diversi
da quelli formulati  costituirebbero  atti  e  omissioni  del  Senato
«concretanti una menomazione del potere costituzionale  di  controllo
spettante all'esponente,  nella  sua  qualita'  di  Parlamentare  uti
singulus»; 
    che il  ricorrente  argomenta  sull'ammissibilita'  del  ricorso,
osservando che la funzione di  controllo  del  singolo  parlamentare,
«ancorche' non espressamente menzionata dalla  Carta  costituzionale,
e'  da  questa  implicitamente  prevista,  in   quanto   direttamente
postulata»  dalla  forma  di  governo  parlamentare,  implicante   un
rapporto di fiducia tra Camere e Governo; 
    che, oltre che nell'art.  94  della  Costituzione,  il  controllo
parlamentare troverebbe la sua base giuridica nell'art. 1 Cost., «che
riconosce al popolo l'appartenenza della  sovranita'»,  la  quale  si
esplicherebbe anche attraverso  il  controllo  delle  Camere,  elette
direttamente dal corpo elettorale, sul  Governo,  «che  non  gode  di
legittimazione democratica diretta»; 
    che  il  potere  di   controllo   costituirebbe   un'attribuzione
costituzionale  del  singolo   parlamentare,   giacche',   ragionando
diversamente,  il  parlamentare  non  sarebbe  nella  condizione   di
esprimere il proprio voto  sulla  fiducia,  in  quanto  «gli  sarebbe
impedita qualsivoglia  attivita'  di  controllo  che  non  provenisse
dall'impulso dell'intera Camera, secondo una logica di maggioranza»; 
    che la titolarita' di tale potere in capo al singolo parlamentare
discenderebbe anche dall'art. 67 Cost., che lo eleverebbe «a soggetto
titolare di tutte le funzioni  costituzionali  connesse  alla  carica
ricoperta, tra cui, indubbiamente, quelle di controllo»; 
    che, nel caso di specie, sarebbero dunque sussistenti entrambi  i
requisiti di ammissibilita' del conflitto previsti dall'art. 37 della
legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme  sulla  costituzione  e   sul
funzionamento della Corte  costituzionale),  ossia  la  capacita'  di
dichiarare definitivamente la volonta' del potere e la titolarita' di
un'attribuzione costituzionale; 
    che il ricorrente ricorda, infine, l'ordinanza n.  17  del  2019,
con la quale questa Corte ha riconosciuto che il singolo parlamentare
e' potenzialmente legittimato a sollevare conflitto  di  attribuzioni
tra poteri dello Stato; 
    che, nel merito, il ricorrente lamenta  la  lesione  del  proprio
potere di controllo, in violazione degli artt. 1, 67 e 94 Cost.; 
    che il ricorrente riporta il contenuto degli artt. 146 e 153  del
regolamento del Senato, osservando che esso stabilisce  la  procedura
per la presentazione delle interrogazioni nonche' i termini entro cui
devono essere evase, e che  tale  procedura  non  sarebbe  mai  stata
seguita per le sue interrogazioni; 
    che  il  ricorrente  precisa  altresi'  che  «la  violazione  del
Regolamento del Senato non rileva nel caso di  specie»,  essendo  non
sindacabile  davanti  a  questa  Corte,  ma   che   tale   violazione
rivelerebbe il carattere ingiustificato della compressione del potere
costituzionale di controllo; 
    che la Presidenza del Senato  avrebbe  impedito  l'esercizio  del
potere di interrogazione non solo non inoltrandone  alcune  ma  anche
modificando i quesiti di altre, perche' la modifica  si  risolverebbe
«nella formulazione di una nuova e diversa interrogazione»; 
    che illegittime sarebbero anche le gia'  citate  direttive  della
Presidenza del Senato, che limiterebbero  in  modo  ingiustificato  e
dunque lederebbero «inammissibilmente la funzione di controllo di cui
e'  titolare  ogni  singolo  parlamentare»;   inoltre,   secondo   il
ricorrente alcuni degli ambiti  che  le  direttive  definiscono  come
«preclusi» per il Governo costituirebbero invece materie in relazione
alle quali lo stesso non sarebbe privo di poteri (il  riferimento  e'
all'esempio degli «organi territoriali o  sovranazionali»,  a  fronte
del quale il ricorrente menziona i poteri  governativi  di  cui  agli
artt. 120 e 127 Cost., la «gestione delle  relazioni  internazionali»
ed il ruolo svolto dall'Esecutivo nell'ordinamento europeo); 
    che infine il ricorrente, ricordata l'ordinanza n. 225  del  2017
di questa Corte, che ha  riconosciuto  la  possibilita'  di  disporre
misure cautelari anche nel conflitto di attribuzioni tra poteri dello
Stato,  chiede  che  vengano  adottate  «misure  cautelari  idonee  a
tutelare le attribuzioni del ricorrente», rinviando, quanto al fumus,
alle considerazioni sopra esposte; 
    che il  periculum  in  mora  discenderebbe  «in  via  diretta  ed
immediata  dalla  totale  inibizione  del   potere   ispettivo»   del
ricorrente; le interrogazioni, riguardando l'azione  del  Governo  in
merito a questioni  determinate,  dovrebbero  essere  tempestivamente
evase onde garantire un controllo parlamentare efficace; 
    che il ricorrente chiede dunque a questa Corte  di  adottare  «le
meglio  ritenute  misure  cautelari»,  al  fine   di   tutelarne   le
prerogative; 
    che  la  stessa  vigenza   delle   direttive   comprimerebbe   le
prerogative del ricorrente, impedendogli di formulare  interrogazioni
all'esecutivo in determinate materie e prevedendo  «un  intollerabile
vaglio di ammissibilita'/proponibilita' delle interrogazioni medesime
da  parte  dell'Ufficio  di  Presidenza   del   Senato»,   cio'   che
giustificherebbe la richiesta di sospendere l'efficacia delle  stesse
direttive, nelle more del conflitto; 
    che, in conclusione,  il  ricorrente  chiede:  a)  l'accertamento
della sua titolarita' del  potere  di  presentare  interrogazioni  al
Presidente del Consiglio o al ministro competente e di  ottenere  una
risposta da  parte  dei  destinatari;  b)  l'accertamento  della  non
titolarita' in capo al Senato, in persona del Presidente, del  potere
di    omettere    gli    adempimenti    consistenti     nell'annuncio
dell'interrogazione  all'Assemblea  e  nella  sua   trasmissione   ai
destinatari, cosi' come  del  potere  di  modificarne  il  testo;  c)
l'accertamento della lesione del potere del ricorrente di  presentare
interrogazioni e di ottenere una risposta da parte  dei  destinatari,
«in ragione del contegno costituzionalmente illegittimo del  Senato»;
d) la condanna del Senato, in persona  del  Presidente,  a  porre  in
essere  gli  adempimenti  necessari   affinche'   le   interrogazioni
presentate siano trasmesse ai  destinatari  nella  loro  formulazione
originaria;  e)  l'accertamento  della  lesione  del  suo  potere  di
controllo a causa dell'adozione delle direttive  del  Presidente  del
Senato sui criteri di redazione degli atti di sindacato ispettivo; f)
l'annullamento delle stesse direttive. 
    Considerato che il senatore Elio Lannutti ha  promosso  conflitto
di attribuzione  tra  poteri  dello  Stato  contro  il  Senato  della
Repubblica, in persona del Presidente in carica; 
    che il conflitto ha ad oggetto: a) le «nuove  direttive  disposte
dalla Presidenza circa i criteri di redazione degli atti di sindacato
ispettivo», di cui da'  atto  il  resoconto  stenografico  della  34a
seduta pubblica dell'Assemblea del Senato,  tenutasi  l'11  settembre
2018; b) l'omessa pubblicazione, da parte del Presidente del  Senato,
di alcune interrogazioni presentate dal ricorrente nel  2021;  c)  la
pubblicazione di altre interrogazioni, proposte dal ricorrente sempre
nel 2021, in un testo diverso da quello presentato; 
    che, in questa fase del  giudizio,  la  Corte  costituzionale  e'
chiamata   a   deliberare,   in   camera   di   consiglio   e   senza
contraddittorio,  sulla  sussistenza  dei  requisiti   soggettivo   e
oggettivo prescritti dall'art. 37, primo comma, della legge 11  marzo
1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale), ossia a decidere se il conflitto insorga tra  organi
competenti a dichiarare definitivamente la volonta'  del  potere  cui
appartengono e per  la  delimitazione  della  sfera  di  attribuzioni
delineata per i vari poteri da norme costituzionali; 
    che l'ordinanza n. 17 del 2019 di questa  Corte  ha  riconosciuto
l'esistenza di una sfera  di  prerogative  che  spettano  al  singolo
parlamentare e ha affermato che - qualora  risultino  lese  da  altri
organi parlamentari - esse possono essere difese con lo strumento del
ricorso per conflitto tra poteri dello Stato; 
    che, nella sentenza n. 379 del 2003, questa Corte ha rilevato che
«[i]l potere di presentare interrogazioni, rivolte al Governo,  [...]
ancorche' non previsto espressamente  dalla  Costituzione,  fa  parte
tradizionalmente delle attribuzioni del singolo membro delle  Camere,
nell'ambito dell'attivita' e  della  funzione  ispettivo-politica  ad
esse spettante»; 
    che la stessa ordinanza n. 17 del 2019  ha  precisato  che  «[l]a
legittimazione attiva del  singolo  parlamentare  deve  [...]  essere
rigorosamente circoscritta quanto al profilo  oggettivo,  ossia  alle
menomazioni censurabili in sede di conflitto»; 
    che «non possono trovare ingresso nei giudizi  per  conflitto  di
attribuzioni  fra  poteri  dello  Stato  le  censure  che  riguardano
esclusivamente violazioni o scorrette  applicazioni  dei  regolamenti
parlamentari e delle prassi di ciascuna Camera» (ordinanza n. 17  del
2019; da ultimo, ordinanza n. 186 del 2021); 
    che,   infatti,   secondo   la   giurisprudenza   costituzionale,
«l'autonomia degli organi  costituzionali  "non  si  esaurisce  nella
normazione, bensi' comprende - coerentemente - il momento applicativo
delle  norme  stesse,  incluse  le  scelte  riguardanti  la  concreta
adozione delle misure atte ad assicurarne l'osservanza"  (da  ultimo,
sentenza n. 262 del 2017)»,  momento  applicativo  che  a  sua  volta
«comprende "i rimedi contro gli atti ed i comportamenti che  incidano
negativamente  sulle  funzioni  dei  singoli   parlamentari   e   che
pregiudichino il corretto svolgimento dei lavori"  (sentenza  n.  379
del 1996)» (cosi' ancora l'ordinanza n. 17 del 2019); 
    che  tale  assunto  va  ribadito  in  questa  sede,  pur  con  la
precisazione che «l'autonomia normativa e funzionale delle Camere non
puo' essere interpretata quale affrancamento da  qualsiasi  forma  di
controllo esterno» (ordinanza n. 188 del 2021); 
    che il «dovuto rispetto all'autonomia del Parlamento esige che il
sindacato di questa Corte debba essere rigorosamente circoscritto  ai
vizi  che  determinano   violazioni   manifeste   delle   prerogative
costituzionali dei parlamentari ed e' necessario che tali  violazioni
siano rilevabili  nella  loro  evidenza  gia'  in  sede  di  sommaria
delibazione» (ordinanza n. 17 del 2019); 
    che tale requisito manca con riferimento alla parte  del  ricorso
avente ad oggetto le nuove direttive del Presidente del Senato; 
    che il ricorrente contesta la possibilita' per la Presidenza  del
Senato di prevedere, con una circolare, un vaglio  di  ammissibilita'
delle interrogazioni, limitando le materie sulle quali  esse  possono
vertere; 
    che le direttive, la' dove  sanciscono  l'improponibilita'  delle
interrogazioni «contenenti elementi estranei» alla  semplice  domanda
rivolta al ministro competente e richiedono che l'eventuale  premessa
sia  «strettamente  collegata  alla  formulazione  del  quesito»,  si
limitano a confermare quanto risulta  espressamente  dal  regolamento
del  Senato  (non  contestato  dal  ricorrente),  che  all'art.   145
individua il contenuto delle interrogazioni e  all'art.  146  prevede
che il Presidente ne valuti la proponibilita'; 
    che, dunque, il ricorso, lungi  dal  dare  conto  di  un'evidente
violazione delle prerogative parlamentari, rivela in questa parte  la
manifesta assenza di una loro lesione; 
    che le stesse direttive, la' dove affermano che  le  disposizioni
regolamentari «appaiono inequivoche nel collegare la  funzione  degli
atti  di  sindacato  ispettivo  alla  concreta  sfera  di  competenza
dell'Esecutivo», e considerano improponibili interrogazioni «volte  a
chiedere l'intervento  del  Governo  in  ambiti  ad  esso  preclusi»,
costituiscono interpretazione degli artt. 145 e 146 del regolamento e
devono, dunque, considerarsi sottratte al sindacato di  questa  Corte
in virtu' dell'autonomia spettante alle  Camere  sull'applicazione  e
sull'interpretazione dei propri  regolamenti  (sentenze  n.  262  del
2017, n. 120 del 2014, n. 246 del 2010, n. 379 del 1996, n.  129  del
1981 e n. 9 del 1959; ordinanze n. 188 e 186  del  2021,  n.  86  del
2020, n. 17 del 2019, n. 149 e n. 91 del 2016); 
    che, di conseguenza, nemmeno sotto questo profilo emergono  dalla
prospettazione del ricorso evidenti violazioni delle prerogative  del
singolo parlamentare, avendo il Presidente del Senato  esercitato  il
proprio potere di  interpretare  il  regolamento  di  quel  ramo  del
Parlamento; 
    che, in definitiva, il ricorso risulta inammissibile nella  parte
concernente le «nuove direttive» del 2018; 
    che allo stesso esito deve giungersi per  la  parte  del  ricorso
riguardante l'omessa pubblicazione di alcune interrogazioni; 
    che, in forza del richiamato principio di autonomia delle Camere,
«l'estensione del potere presidenziale e le  concrete  modalita'  del
suo esercizio possono essere  oggetto  di  valutazione  ad  opera  di
questa  Corte  solo  in  presenza  di  manifesta  menomazione   delle
attribuzioni costituzionali del parlamentare» (ordinanza n.  188  del
2021,  concernente  il  controllo   del   Presidente   della   Camera
sull'ammissibilita' dei progetti di legge); 
    che il ricorrente non contesta l'omessa pubblicazione  di  alcune
sue interrogazioni in quanto, per il loro contenuto, sarebbero  state
da considerare proponibili, ma ne lamenta l'omessa  pubblicazione  in
se', affermando in sostanza il dovere del Presidente  del  Senato  di
pubblicare e trasmettere tutte le interrogazioni ricevute; 
    che l'art. 146 del regolamento del Senato prevede  esplicitamente
il controllo di proponibilita' delle interrogazioni e  il  ricorrente
non contesta tale disposizione; 
    che, dunque, la pretesa che ogni interrogazione  debba  avere  un
seguito e'  palesemente  infondata,  cio'  che  manifesta  l'evidente
assenza di una lesione della prerogativa del singolo  parlamentare  a
causa della condotta omissiva del Presidente del Senato; 
    che,  infine,  il  conflitto  risulta  inammissibile  anche   con
riferimento alla pubblicazione di alcune interrogazioni in  un  testo
non coincidente con quello presentato; 
    che, innanzi tutto, il ricorso contiene in  questa  parte  alcune
imprecisioni, in quanto: a) nelle premesse menziona un'interrogazione
del 5 maggio 2021, rivolta al Presidente del  Consiglio,  definendola
«mai annunciata», ma dall'elenco dei documenti allegati  risulta  che
tale interrogazione e' stata pubblicata in un testo  modificato  come
atto di sindacato ispettivo n. 4-05461 (doc. 7 allegato al  ricorso);
b) nelle premesse si afferma che un'interrogazione del 5 maggio 2021,
rivolta al Presidente del Consiglio e  ai  Ministri  dell'economia  e
della giustizia, sarebbe stata pubblicata in un testo modificato come
atto  di  sindacato  ispettivo  n.  4-05461,  mentre  essa  e'  stata
pubblicata come atto di sindacato ispettivo n.  4-05445  (tale  testo
modificato non risulta tra gli atti allegati al ricorso); 
    che, a prescindere da cio', il  ricorso  risulta  sul  punto  del
tutto carente, in quanto il ricorrente -  dopo  aver  proposto  nelle
premesse una sintesi del contenuto delle interrogazioni presentate  -
si limita ad affermare che alcune delle sue interrogazioni  sarebbero
state «modificate al punto di snaturarle», ma non illustra  in  alcun
modo il testo o anche solo il senso delle  modifiche,  ne'  opera  un
confronto tra i testi presentati e quelli pubblicati, ne'  da'  anche
solo minimamente  conto  della  portata  delle  modifiche  stesse  in
funzione della lamentata manifesta lesione del  potere  di  controllo
tramite esse esercitato; 
    che,  «ai  fini  dell'ammissibilita'  del  conflitto,  [...]   e'
necessario  che  [il  singolo  parlamentare  ricorrente]  alleghi   e
comprovi una sostanziale negazione o  un'evidente  menomazione  della
funzione costituzionalmente attribuita al ricorrente»  (ordinanza  n.
17   del   2019),   individuando   «puntualmente»   i   comportamenti
asseritamente lesivi (ordinanza n. 186 del 2021); 
    che nel caso di  specie  il  ricorrente  non  ha  in  alcun  modo
spiegato le ragioni per le quali le  interrogazioni  sarebbero  state
snaturate; 
    che,  dunque,  anche  in  questa   parte   il   ricorso   risulta
inammissibile; 
    che la dichiarazione di  inammissibilita'  del  ricorso  preclude
l'esame dell'istanza cautelare (ordinanze n. 197, n. 196 e n. 195 del
2020). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara inammissibile il conflitto di  attribuzione  tra  poteri
dello Stato promosso  dal  senatore  Elio  Lannutti  con  il  ricorso
indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 settembre 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                     Daria de PRETIS, Redattrice 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria l'11 ottobre 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA