N. 161 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 novembre 2020
Ordinanza del 20 novembre 2020 del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria sul ricorso proposto da Bonfor srl contro Comune di Finale Ligure e Regione Liguria. Impresa e imprenditore - Norme della Regione Liguria - Residenze turistico-alberghiere (R.T.A.) - Previsione che le nuove strutture, costituite da un'unica unita' immobiliare catastale soggetta a specifico vincolo a R.T.A., non possono essere oggetto di successivi mutamenti di destinazione d'uso in residenza, pure in assenza di opere edilizie. - Legge della Regione Liguria 7 febbraio 2008, n. 2 (Testo unico in materia di strutture turistico-ricettive e balneari), art. 7, comma 3, come modificato dall'art. 4, comma 1, della legge regionale 11 maggio 2009, n. 16 (Disposizioni urgenti di adeguamento della normativa regionale).(GU n.43 del 27-10-2021 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LIGURIA (Sezione Prima) Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 494 del 2019, proposto da Bonfor S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Paolo Gaggero, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia; contro Comune di Finale Ligure, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimiliano Rocca, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia; Regione Liguria, non costituita in giudizio; Per l'annullamento del provvedimento di cui alla nota del Comune di Finale Ligure, prot. n. 15808 in data 8 maggio 2019, recante l'esito di una istanza di valutazione preliminare ai sensi dell'art. 35, comma 3, della legge regionale n. 16 del 6 giugno 2008, presentata con riferimento alla modifica di destinazione d'uso da RTA (denominata Bristol) a residenziale dell'immobile sito in via Madonna n. 15, censito al N.C.E.U. al foglio n. 25, mappale 238, con la quale il dirigente dell'ufficio tecnico comunale ha espresso «definitivo parere contrario all'istanza di cui in oggetto per i motivi espressi nelle premesse», e di ogni altro atto presupposto, antecedente, conseguente o comunque connesso con quello impugnato, ivi espressamente comprendendo, in quanto occorra la nota prot. n. 9399 del 12 marzo 2019, di comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento della domanda, ai sensi dell'art. 10-bis della legge n. 241 del 1990; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Finale Ligure; Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2020, il dott. Luca Morbelli e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale; La societa' Bonfor S.r.l., impugnava, chiedendone l'annullamento, la nota del Comune di Finale Ligure, prot. n. 15808 in data 8 maggio 2019, recante l'esito di una istanza di valutazione preliminare ai sensi dell'art. 35, comma 3, della legge regionale n. 16 del 6 giugno 2008, presentata con riferimento alla modifica di destinazione d'uso da RTA, residenza turistico alberghiera (denominata Bristol), a residenziale dell'immobile sito in via Madonna, n. 15, censito al N.C.E.U. al foglio n. 25, mappale 238, con la quale il dirigente dell'ufficio tecnico comunale ha espresso «definitivo parere contrario all'istanza di cui in oggetto per i motivi espressi nelle premesse». Veniva, altresi', impugnato ogni altro atto presupposto, antecedente, conseguente o comunque connesso, ivi espressamente comprendendo, la nota prot. n. 9399 del 12 marzo 2019 di comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento della domanda, ai sensi dell'art. 10-bis della legge n. 241 del 1990. La ricorrente esponeva nella narrativa in fatto quanto segue. A seguito di una procedura esecutiva immobiliare, la societa' Bonfor S.r.l. e' risultata aggiudicataria di un edificio destinato nel titolo edilizio ad R.T.A sito in Finale Ligure - via Madonna, n. 15. Al momento della realizzazione, con atto rep. n. 103396 racc. 37735 del 15 maggio 2009, l'allora proprietaria si impegnava in forza dell'art. 7 della l.r. n. 2/2008 e dell'art. 6 delle norme generali di attuazione del PUC ed ai sensi dell'art. 7 dell'appendice 1 alle NGA, a mantenere l'immobile a destinazione ricettiva-turistica-alberghiera. La ricorrente ha deciso di avviare un procedimento finalizzato alla modifica della destinazione d'uso dell'immobile in questione, per trasformarlo in residenza. A tale scopo, ai sensi dell'art. 35, l.r. n. 16/2008, il 21 dicembre 2018, la societa' chiedeva al comune una formale valutazione preliminare sull'ammissibilita' della modifica di destinazione d'uso, con variante urbanistica, da R.T.A. a residenziale. Successivamente, con nota prot. n. 9399, il comune comunicava un preavviso di diniego all'accoglimento della domanda, ai sensi dell'art. 10-bis della legge n. 241 del 1990. Con nota prot. n. 15808, in data 8 maggio 2019, il Comune di Finale si esprimeva definitivamente sull'istanza avanzata, sostenendo, ai sensi della normativa regionale vigente, l'impossibilita' di effettuare un mutamento di destinazione d'uso. A fondamento del ricorso la parte ricorrente deduceva due motivi: 1) violazione dell'art. 7 della legge regionale n. 32 del 12 novembre 2014 (gia' art. 7 della legge regionale n. 2 del 7 febbraio 2008). Eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti. Eccesso di potere per immotivata contraddittorieta' con la convenzione rep. n. 103396, raccolta n. 37735, del 15 maggio 2009. Il provvedimento impugnato violerebbe l'art. 7, l.r. n. 32/2014. La ratio della norma consisterebbe nell'evitare incontrollati mutamenti di destinazione d'uso delle R.T.A. mediante normali procedimenti edilizi. Tuttavia, non impedirebbe a un comune, con le procedure di legge previste per stabilire in sede di pianificazione la destinazione urbanistica degli immobili, di promuovere appunto una variante che stabilisca la possibile destinazione a residenza di un immobile gia' destinato a R.T.A.; 2) in via subordinata. Invalidita' derivata per illegittimita' costituzionale dell'art. 7 della legge regionale n. 32 del 12 novembre 2014 (gia' art. 7 della legge regionale n. 2 del 7 febbraio 2008). Contrasto con gli articoli 41, 42, 117 e 118 della Costituzione. In primo luogo l'art. 7, l.r. n. 32/2014 contrasterebbe con l'art. 42 della Costituzione, in quanto l'imposizione di un vincolo di natura economica, come quello di destinazione a residenza turistica alberghiera e/o ad altro uso produttivo, lede il diritto del proprietario dell'immobile di decidere dell'utilizzabilita' del bene medesimo. In secondo luogo, violerebbe l'art. 41, comma 1, Costituzione poiche' imporrebbe al privato di svolgere attivita' di impresa, nel senso di dover utilizzare un proprio immobile per esercitarvi obbligatoriamente, o farvi svolgere, appunto una attivita' produttiva. Infine, la sopracitata disposizione sarebbe in contrasto con gli articoli 5, 117 e 118 della Costituzione, nonche' i correlati principi di tutela delle autonomie locali e di sussidiarieta': una volta esclusa la possibilita' di incidere sul vincolo indotto dalla applicazione dell'art. 7, l.r. n. 32/2014 anche tramite una modifica al piano urbanistico comunale, si costituirebbe una categoria di edifici completamente sottratti alla pianificazione urbanistica comunale, con la conseguente violazione delle competenze pianificatorie comunali da parte del legislatore regionale. Si costituiva in giudizio la pubblica amministrazione intimata, contestando l'ammissibilita' e fondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto. Il collegio ritiene di sollevare questione di legittimita' costituzionale della norme di cui all'art. 7, comma 3 della l.r. Liguria 7 febbraio 2008, n. 2 cosi come modificato dall'art. 4, comma 1, l.r. Liguria 11 maggio 2009, n. 16. La disposizione sospetta di illegittimita' costituzionale stabilisce: «Le nuove strutture sono costituite da un'unica unita' immobiliare catastale, anche articolata in piu' edifici, soggetta a specifico vincolo a R.T.A. e non possono essere oggetto di successivi mutamenti di destinazione d'uso in residenza, pure in assenza di opere edilizie». La norma, imponendo una destinazione produttiva perpetua ad un bene immobile, si pone in contrasto con gli articoli 3, 41 e 42 della Costituzione. Rilevanza La questione e' rilevante. In via preliminare il Collegio osserva come, secondo un costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, «l'accertamento della validita' dei presupposti di esistenza del giudizio principale e' prerogativa del giudice rimettente (sentenza n. 61 del 2012), mentre a questa Corte spetta verificare esclusivamente che la valutazione del giudice a quo sia avvalorata da «una motivazione non implausibile» (sentenza n. 270 del 2010; nello stesso senso, sentenza n. 34 del 2010) e che i presupposti di esistenza del giudizio «non risultino manifestamente e incontrovertibilmente carenti» nel momento in cui la questione e' proposta (sentenze n. 262 del 2015 e n. 62 del 1992)» (Corte costituzionale 20 luglio 2018, n. 170). Oggetto del giudizio a quo e' la valutazione preliminare rilasciata ai sensi dell'art. 35, comma 3, l.r. 6 giugno 2008, n. 16. La norma stabilisce: «Il proprietario dell'immobile o chi abbia titolo alla presentazione del permesso di costruire ha facolta' di richiedere allo SUE una valutazione preliminare sull'ammissibilita' dell'intervento, allegando una relazione predisposta da un professionista abilitato, contenente i principali parametri progettuali. La valutazione preventiva e' effettuata mediante parere da rendere entro il termine massimo di quarantacinque giorni dalla presentazione della relativa istanza. I contenuti della valutazione preventiva sono vincolanti ai fini della presentazione del permesso di costruire a condizione che il progetto sia elaborato in conformita' alle risultanze del parere». Nella specie, la ricorrente ha richiesto la valutazione preliminare di cui alla norma trascritta, in relazione ad un intervento edilizio di trasformazione di una residenza turistico alberghiera in una destinazione residenziale. La valutazione preliminare si e' espressa in termini negativi, sul presupposto della valenza ostativa assoluta della norma di cui all'art. 7, comma 3, l.r. 2/08. In particolare l'amministrazione ha evidenziato che: a) «la normativa vigente conferma un divieto di cambio di destinazione d'uso verso la destinazione residenziale», b) «tale vincolo non (sia) suscettibile di modifiche o interpretazioni da parte della scrivente amministrazione comunale derivando dalla sopra citata normativa regionale e che quindi non sia possibile formulare varianti o modifiche del PUC in palese contrasto con una normativa regionale» c) il «vincolo incide solo verso la destinazione residenziale lasciando liberta' al soggetto attuatore di convertire l'immobile in tutte le altre destinazioni ammesse nella zona dal PUC» d) «questo ente non e' legittimato a verificare la costituzionalita' delle normative regionali, peraltro sottoposte a vari controlli in tal senso dagli organi di Stato, dovendosi limitare alla loro applicazione», Alla luce del tenore della valutazione preliminare e della normativa cui ha fatto riferimento l'eccezione di inammissibilita' del ricorso, per non avere il parere impugnato efficacia attualmente lesiva delle posizioni soggettive della ricorrente, deve essere disattesa. Da un primo punto di vista occorre rilevare come la giurisprudenza amministrativa abbia costantemente ammesso la impugnabilita' dei pareri che realizzano un arresto procedimentale. Dal secondo punto di vista la valutazione preliminare ha la funzione di cristallizzare la posizione dell'amministrazione tanto e' vero che i contenuti della valutazione sono vincolanti come espresso dalla norma trascritta. Che tale vincolo sussista anche nel caso di valutazione negativa, peraltro, deriva dall'applicazione dei principi di affidamento, buona fede e leale collaborazione non essendo credibile che l'amministrazione muti il proprio avviso a seconda del tipo di richiesta (di valutazione preliminare ovvero di permesso di costruire) presentata dal privato. Da ultimo, il vincolo derivante dal tenore assoluto della norma di legge regionale invocata dall'amministrazione rende manifesta la immodificabilita' del contenuto della valutazione preliminare. Ne consegue la lesione della posizione soggettiva della ricorrente e la ammissibilita' del ricorso. Cio' posto l'esame della norma trascritta evidenzia la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. Invero, la norma in questione introduce una preclusione assoluta e illimitata alla possibilita' di cambiare la destinazione d'uso della residenze turistico alberghiere in abitazioni. Poiche' la ricorrente ha precisamente chiesto di potere trasformare l'immobile de quo in una struttura abitativa e' evidente che il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale. Ove, infatti, la questione di legittimita' costituzionale fosse accolta nessuno ostacolo si frapporrebbe alla realizzazione dell'intervento edilizio richiesto, atteso che la posizione negativa dell'amministrazione e' fondata esclusivamente sulla disposizione legislativa sospettata di illegittimita' costituzionale. Ove, al contrario, la questione di illegittimita' costituzionale fosse ritenuta inaccoglibile il ricorso dovrebbe essere respinto e l'intervento edilizio ne resterebbe definitivamente precluso. Non manifesta infondatezza La questione e' non manifestamente infondata. Violazione dell'art. 41 della Costituzione. La norma trascritta preclude il mutamento verso la destinazione d'uso residenziale degli immobili aventi la particolare destinazione d'uso a residenze turistico alberghiere (RTA). Tale vincolo ha natura perpetua, non essendo previsto alcun termine di efficacia, ne' alcuna procedura di svincolo. Con il che la norma introduce un vincolo a destinazione d'uso produttivo perpetuo e illimitato. Deve infatti rilavarsi come le destinazioni d'uso contemplate dall'art. 23-ter decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 siano le seguenti: «a) residenziale; a-bis) turistico-ricettiva; b) produttiva e direzionale; c) commerciale; d) rurale». In Liguria l'art. 7 della l.r. 7 aprile 1995, n. 25 contempla le seguenti categorie di destinazioni d'uso: «a) residenza; b) ospitalita' e ricettivita' alberghiera, all'aria aperta, nonche' extralberghiera ai sensi della vigente legislazione in materia; c) distribuzione al dettaglio; d) uffici; e) edifici per l'industria, l'artigianato, la movimentazione e la distribuzione all'ingrosso di merci; f) autorimesse, rimessaggi, depositi e simili; g) servizi di uso privato». Dall'elenco trascritto risulta evidente come, a parte la destinazione rurale, che nel caso di specie non rileva, tutte le altre destinazioni d'uso, diverse dalla residenza, abbiano natura produttiva. Pertanto l'avere precluso agli immobili aventi destinazione d'uso residenza turistico alberghiera la possibilita' di un mutamento verso la destinazione residenziale ha introdotto un vincolo di destinazione produttiva, o comunque commerciale, perpetuo e illimitato. Con cio' si e' introdotto un irragionevole vincolo alla liberta' di iniziativa economica privata. Invero se pure la legge puo' determinare i programmi e i controlli opportuni affinche' l'attivita' economica privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali, tali strumenti non possono risolversi nel sacrificio totale della liberta' di iniziativa economica stessa. La liberta' economica, infatti, deve essere intesa non solo nel senso positivo del suo esplicarsi ma anche in quello negativo del suo non esplicarsi, ovvero cessare di esplicarsi, quando le condizioni siano tali da sconsigliarlo. La valutazione se proseguire o meno una attivita' non puo' che essere rimessa alle scelte dell'imprenditore e costituisce espressione della sua liberta' di impresa. La giurisprudenza della Corte costituzionale ha affermato, fin da tempi risalenti, che l'art. 41 della Costituzione «enuncia sul piano costituzionale la liberta' economica nella sua fondamentale manifestazione di liberta' di iniziativa economica e privata, che si traduce nella possibilita' di indirizzare liberamente, secondo le proprie convenienze, la propria attivita' nel campo economico» (Cort. Costituzionale 26 gennaio 1957, n. 29) e che la garanzia posta dalla norma costituzionale riguarda non solo la fase iniziale dell'attivita' ma anche i successivi momenti del suo svolgimento (Cort. Costituzionale 23 aprile 1965, n. 30). Tale liberta' puo' essere compressa per ragioni di utilita' sociale, ma tale vincolo non puo' che essere determinato e ragionevole nella sua durata non potendosi esprimere, come invece avviene nel caso di specie, senza limiti di tempo. Nel caso in esame, infatti, da un lato le ragioni di utilita' sociale del mantenere una destinazione produttiva diversa da quella della residenza alberghiera in immobili con vocazione ricettiva appaiono di non agevole comprensione e dall'altro lato, aspetto di maggiore conflitto con i valori costituzionali, il vincolo non subisce alcuna limitazione temporale. Violazione dell'art. 3 della Costituzione. Il legislatore regionale ligure con la coeva l.r. 7 febbraio 2008, n. 1 ha imposto un vincolo alle strutture alberghiere analogo a quello oggi sub iudice. In particolare e' stato disposto dall'art. 2, comma 1, l.r. 1/08 «Dalla data di entrata in vigore della presente legge e per il periodo di vigenza dell'elenco di cui al comma 1-ter, sono soggetti a specifico vincolo di destinazione d'uso ad albergo, con divieto di modificare tale destinazione se non alle condizioni previste dal comma 2, gli immobili sedi degli alberghi e le relative aree asservite e di pertinenza». L'art. 2, comma 2. l.r. 1/08 ha, tuttavia, previsto che in alcune ipotesi, il vincolo possa essere rimosso. «I proprietari degli immobili soggetti al vincolo di cui al comma 1 possono, in qualsiasi momento, presentare, in forma individuale e/o aggregata, al comune territorialmente competente, motivata e documentata istanza di svincolo con riferimento alla sopravvenuta inadeguatezza della struttura ricettiva rispetto alle esigenze del mercato, basata su almeno una delle seguenti cause ed accompagnata dalla specificazione della destinazione d'uso che si intende insediare: a) oggettiva impossibilita' a realizzare interventi di adeguamento complessivo dell'immobile, a causa dell'esistenza di vincoli monumentali, paesaggistici, architettonici od urbanistico-edilizi non superabili, al livello di qualita' degli standard alberghieri e/o alla normativa in materia di sicurezza (quali accessi, vie di fuga, scale antincendio e simili) e/o di abbattimento delle barriere architettoniche; b) collocazione della struttura in ambiti territoriali inidonei allo svolgimento dell'attivita' alberghiera, con esclusione comunque di quelli storici, di quelli in ambito urbano a prevalente destinazione residenziale e degli immobili collocati nella fascia entro 300 metri dalla costa». Con riferimento alle RTA, invece, il vincolo risulta imposto senza limiti di tempo e senza alcuna possibilita' di rimozione. Poiche' alberghi e residenze turistico alberghiere hanno una comune natura ricettiva e presentano numerose analogie, la discriminazione attuata dal legislatore regionale ligure confligge con il canone di cui all'art. 3 della Costituzione, non essendo rinvenibile alcuna ragione giustificatrice del diverso trattamento riservato alle due tipologie di strutture. Violazione dell'art. 42, Costituzione. La disciplina in esame confligge con l'art. 42 della Costituzione. L'imposizione di un vincolo di destinazione produttiva su di un bene, senza alcun limite temporale, realizza una espropriazione delle facolta' inerenti alla proprieta', in particolare quella di godimento, senza alcuna previsione di indennizzo. La giurisprudenza costituzionale ha piu' volte affermato il principio del necessario indennizzo nel caso di reiterazione di vincoli urbanistici che comportino l'inedificabilita' (sentenze n. 243 del 2011; n. 314 del 2007; n. 167 del 2009; n. 179 del 1999 e n. 262 del 1997). In materia di vincolo alberghiero poi la Corte costituzionale ha espresso l'avviso secondo il quale una eccessiva durata dello stesso si pone in contrasto con il principio di ragionevolezza e eguaglianza (Corte costituzionale 28 gennaio 1981, n. 4). In generale, ogni soppressione delle facolta' essenziali del diritto di proprieta' per essere costituzionalmente legittima richiede alternativamente una durata temporalmente limitata ovvero la previsione di un indennizzo. Nella specie difettano entrambi i requisiti onde il conflitto con l'art. 42 della Costituzione.
P.Q.M. Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria (Sezione prima) dichiara rilevante ai fini della decisione e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 3, della l.r. Liguria 7 febbraio 2008, n. 2 cosi come modificato dall'art. 4, comma 1, l.r. Liguria 11 maggio 2009, n. 16 per contrasto con gli articoli 3, 41 e 42 della Costituzione nei termini e per le ragioni indicate in motivazione. Sospende il giudizio in corso. Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente della giunta regionale della Liguria e comunicata al Presidente del consiglio regionale della Liguria. Cosi' deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2020 con l'intervento dei magistrati: Giuseppe Caniso, Presidente Luca Morbelli, Consigliere, Estensore Richard Goso, Consigliere Il Presidente: Caruso L'estensore: Morbelli