N. 56 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 ottobre 2021
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 6 ottobre 2021 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Siciliana - Interpretazione autentica dell'art. 24 della legge regionale n. 15 del 2004 - Interpretazione nel senso che sono recepiti i termini e le forme di presentazione delle istanze presentate ai sensi dell'art. 32 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, nella legge n. 326 del 2003, e che resta ferma l'ammissibilita' delle istanze presentate per la regolarizzazione delle opere realizzate nelle aree soggette a vincoli che non comportino inedificabilita' assoluta. - Legge della Regione Siciliana 29 luglio 2021, n. 19 (Modifiche alla legge regionale 10 agosto 2016, n. 16 in materia di compatibilita' delle costruzioni realizzate in aree sottoposte a vincolo), art. 1, comma 1.(GU n.43 del 27-10-2021 )
Ricorso per la Presidenza del Consiglio dei ministri, (C.F. 80188230587), in persona del Presidente del Consiglio attualmente in carica, rappresentata e difesa per mandato ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, (C.F. 80224030587), fax 06/96514000 - p.e.c. ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it presso i cui uffici ha domicilio in Roma, via dei Portoghesi n. 12 - ricorrente Contro Regione Sicilia, in persona del Presidente della giunta regionale pro tempore resistente per la dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 1, comma 1, della legge 29 luglio 2021, n. 19, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della regione n. 34 in data 6 agosto 2021. Come noto, l'art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (convertito con legge n. 326/2003) consentiva, al fine di regolarizzare il settore edilizio, il condono delle opere abusive esistenti mediante il rilascio del titolo abilitativo alle condizioni stabilite dalla stessa norma statale e delle normative regionali, facendo comunque salve le competenze delle regioni a statuto speciale. Il condono avrebbe dovuto riguardare le opere ultimate entro il 31 marzo 2003, che non avessero comportato un ampliamento dell'esistente in misura superiore al 30 per cento della relativa volumetria, o agli altri limiti in alternativa previsti dal comma 25 della norma statale, e che presentassero le caratteristiche stabilite dal successivo comma 26. Tutte queste disposizioni erano dettate come estensione della disciplina del condono gia' introdotta dalle leggi del 1985 e del 1994, con la esplicita previsione che i termini decorrenti dalla legge del 1994 sono da intendersi come riferiti alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 269/2003. Il termine di presentazione delle domande di condono era fissato a pena di decadenza entro il 10 dicembre 2004, previo pagamento dell'oblazione e degli oneri concessori, e alle regioni sarebbe spettato il compito di dettare le norme per il procedimento di rilascio del titolo edilizio. Con l'art. 24 della legge n. 15 del 5 novembre 2004 la Regione Sicilia ha disciplinato il procedimento in questione stabilendo che le domande di condono avrebbero potuto essere presentate a decorrere dalla sua entrata in vigore, con salvezza delle istanze gia' presentate, e che il pagamento degli oneri concessori dovuti per la sanatoria avrebbe potuto avvenire con versamento di anticipazione pari al 50 per cento contestualmente alla presentazione della domanda e del saldo entro il 30 dicembre 2008. Ora, con la legge in epigrafe menzionata - emanata nel luglio 2021 - la Regione Sicilia ha introdotto, dopo l'art. 25 della legge regionale n. 15/2004, un art. 25-bis con il quale ha in sede di interpretazione autentica ha disciplinato la materia dei termini. La norma tuttavia, ad avviso del Governo, lede i precetti costituzionali a presidio delle competenze legislative statali, e deve pertanto essere impugnata per il seguente Motivo Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge 29 luglio 2021, n. 19 per violazione dell'art. 3, dell'art. 117, comma 2, lettere l) e s), nonche' dell'art. 123 della Costituzione, nonche' per violazione degli articoli 14 e 27 dello statuto speciale della Regione Sicilia. Come detto, la legge regionale qui impugnata detta modifiche alla precedente legge regionale 10 agosto 2016, n. 16 in materia di compatibilita' delle costruzioni realizzate in aree sottoposte a vincolo. Essa, ad avviso della Presidenza del Consiglio, introduce sostanzialmente con una norma di interpretazione autentica un'estensione dei limiti di applicazione del c.d. «terzo condono», consentendo il rilascio del titolo in sanatoria anche in presenza di vincoli relativi, in contrasto con quanto stabilito dall'art. 32, comma 27, del citato decreto n. 269 del 2003, le cui previsioni non sono derogabili da parte delle regioni, anche ad autonomia speciale. Si tratta quindi di esercizio di potere legislativo che eccede dalle competenze statutarie della Regione siciliana. La norma autenticamente interpretata con la censurata disposizione prevedeva che la presentazione dell'istanza di condono era consentita dalla data di sua entrata in vigore, con salvezza delle istanze di sanatoria gia' presentate e delle anticipazioni gia' versate. Prevedeva inoltre che gli oneri di concessione dovuti per il rilascio della concessione edilizia in sanatoria fossero quelli vigenti in ciascun comune alla data di entrata in vigore della stessa legge, che la misura dell'anticipazione da versarsi obbligatoriamente al momento della presentazione dell'istanza fosse ridotta della meta' con la fissazione comunque del minimo di euro 250,00 e che il saldo degli oneri concessori fosse da erogarsi entro il 30 dicembre 2008. Tutto cio' la legge regionale aveva legittimamente disposto in attuazione della norma statale che aveva demandato alle regioni la disciplina del procedimento di concessione della sanatoria edilizia. Ora, il nuovo art. 25-bis introdotto alla legge regionale n. 16/2016 dall'art. 1 della legge regionale n. 19/2021 cosi' recita: «I. L'art. 24 della legge regionale 5 novembre 2004, n. 15, si interpreta nel senso che sono recepiti i termini e le forme di presentazione delle istanze presentate ai sensi dell'art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e pertanto resta ferma l'ammissibilita' delle istanze presentate per la regolarizzazione delle opere realizzate nelle aree soggette a vincoli che non comportino inedificabilita' assoluta nel rispetto di tutte le altre condizioni prescritte dalla legge vigente. L'art. 24 della legge regionale n. 15 del 2004, oggi autenticamente interpretato, ha integralmente recepito la disciplina statale del condono come contenuta nell'art. 32 del decreto-legge n. 269 del 2003, con la conseguente inammissibilita' delle domande di condono relative ad abusi commessi in zona soggetta a vincolo di inedificabilita' relativa. In tal senso, si e' espressa la costante giurisprudenza della Corte di cassazione che, anche recentemente, dopo aver effettuato un'esaustiva ricostruzione della peculiare tecnica legislativa adottata in Sicilia ai fini dell'adeguamento dell'ordinamento regionale alla disciplina di cui al citato decreto-legge n. 269 del 2003 (Cassazione penale, sez. III, 5 agosto 2021, n. 30693, Cassazione sez. III n. 7400 del 16 febbraio 2017). Ha letteralmente affermato la Suprema Corte: «Il legislatore regionale, a differenza di quanto accaduto con la legge regionale n. 37 del 1975, ha recepito nell'ambito territoriale della Regione Sicilia, la legge n. 326 del 2003, art. 32 direttamente e integralmente e cioe' sia con riguardo alle forme che ai limiti ivi previsti tra cui, anche, la previsione di cui al comma 27, lettera d), per la quale la concessione edilizia in sanatoria non puo' essere rilasciata per interventi di nuova costruzione in aree sottoposte ai vincoli ivi citati.». Si deve quindi ritenere che anche sul territorio siciliano la sanatoria non puo' essere concessa ne' sulle aree soggette a vincolo di inedificabilita' assoluta, ne' su quelle soggette a vincoli di inedificabilita' relativa. Esiste, per il vero anche altra opzione interpretativa, per cui - continuandosi ad applicare in Sicilia l'art. 23 della legge regionale 10 agosto 1987, che consente il condono anche delle opere realizzate in zona vincolata dietro nulla osta dell'autorita' competente per il vincolo - il divieto di sanatoria sussisterebbe solo in relazione alla inedificabilita' assoluta. Ma tale interpretazione non puo' condividersi perche', come ha chiaramente e categoricamente affermato la Corte di cassazione, la legge regionale n. 37 del 1985 non puo' prevalere sulla normativa statale che disciplina in ogni suo aspetto il condono edilizio, anche tenuto conto della posteriorita' temporale di quest'ultima rispetto alla prima (Cassazione pen. sez. 3 n. 45977/2011). La norma qui censurata, nel prevedere la perdurante ammissibilita' delle istanze di sanatoria per opere realizzate in aree soggette a vincoli di inedificabilita' relativa (o, per usare la terminologia della legge, «nelle aree soggette a vincoli che non comportano inedificabilita' assoluta») e' illegittima perche': a) interviene in un ambito - quello del condono edilizio - che e' riservato in via assoluta allo Stato e sul quale, pertanto, la regione e' sfornita di potesta' legislativa, estendendo l'ambito degli abusi suscettibili di sanatoria; b) si definisce norma di interpretazione autentica, ma in realta' ha carattere innovativo intervenendo sul procedimento di definizione di domande di condono presentate da circa diciassette anni, prevedendo persino la riapertura dei procedimenti gia' conclusi, anche in presenza di un giudicato sfavorevole, determinando esiti gravemente irragionevoli e lesivi del principio di stabilita' dei rapporti giuridici; c) incide di conseguenza sulla punibilita' di fatti penalmente illeciti, cosi' invadendo anche la sfera di competenza statale inerente l'ordinamento penale. Sotto il primo profilo, e' chiaro che la legge in esame estende indebitamente, per la sola Regione siciliana, i limiti applicativi del c.d. terzo condono di cui al decreto-legge n. 269/2003. Questa normativa poneva limiti precisi, non superabili da parte delle regioni, incluse quelle ad autonomia speciale, e tantomeno con norma retroattiva approvata a distanza di diciassette anni. In particolare, per quanto qui rileva, era espressamente esclusa dal comma 27 dell'art. 32, la possibilita' di condonare gli abusi su immobili vincolati, qualora il vincolo preesistesse all'abuso, e cio' indipendentemente dalla natura assoluta o relativa del vincolo stesso. La giurisprudenza non solo costituzionale ha infatti costantemente riconosciuto come il decreto-legge n. 269/2003 abbia chiaramente circoscritto l'ambito degli abusi condonabili rispetto a quanto precedentemente previsto, perche' il legislatore, se da un lato ha riaperto i termini del condono per ragioni dichiaratamente «di cassa», ha d'altro lato inteso circoscriverne con maggior rigore i presupposti di applicabilita' (Corte costituzionale, 28 giugno 2004, n. 196; Cons. Stato sez. IV, 7 dicembre 2016, n. 5157 e n. 5158). Il maggior rigore nella delimitazione oggettiva del condono costituisce elemento fondamentale della manovra, operando come contrappeso all'allargamento dei termini; vanificandone la portata in qualche ambito locale, si finisce per alterare in modo inammissibile la stessa strategia generale di fondo perseguita dal legislatore statale. E questo e' proprio l'effetto della norma qui censurata, che estende irragionevolmente le fattispecie che possono essere oggetto di condono, limitandone l'esclusione alle opere in contrasto con vincoli che comportano l'inedificabilita' assoluta, ma includendovi alcune delle opere abusive elencate al comma 27 dell'art. 32 citato, ovvero quelle realizzate in presenza di vincoli c.d. relativi. Come detto, costituisce approdo consolidato l'affermazione secondo la quale «La legge n. 326/2003, pur collocandosi sull'impianto generale della legge n. 47, norma (col cennato art. 27) in maniera piu' restrittiva le fattispecie di cui si tratta, poiche' con riguardo ai vincoli ivi indicati (tra cui quelli a protezione dei beni paesistici) preclude la sanatoria sulla base della anteriorita' del vincolo senza la previsione procedimentale di alcun parere dell'autorita' ad esso preposta, con cio' collocando l'abuso nella categoria delle opere non suscettibili di sanatoria (ex art. 33 della legge n. 47/1985)» (Cons. Stato sez. IV, 28 novembre 2013, n. 5701). La Corte costituzionale ha chiaramente affermato che «solo alla legge statale compete l'individuazione della portata massima del condono edilizio straordinario» (sentenza n. 70 del 2005, sentenza n. 196 del 2004), sicche' la legge regionale che abbia per effetto di ampliare i limiti applicativi della sanatoria eccede la competenza concorrente della regione in tema di governo del territorio. Tale orientamento e' stato ribadito con espressione di concetti i quali, ancorche' resi in giudizi che vedevano coinvolte regioni a statuto ordinario, mantengono comunque fortissimo il loro valore di principio pienamente applicabile anche alle regioni a statuto speciale. Emblematico, per i punti di contatto con il presente ricorso, il caso della Regione Marche, la quale pure essa con norma di asserita interpretazione autentica, l'art. 11 della legge regionale n. 11/2008, aveva legiferato in tema di condono edilizio e stabilito che solo i vincoli di inedificabilita' assoluta avrebbero impedito la sanatoria. In quella occasione la Corte costituzionale, richiamando peraltro propria giurisprudenza precedente, ha dichiarato illegittima la norma in quanto violativa della regola per cui anche il vincolo di inedificabilita' relativa e' causa ostativa al rilascio del condono, stante l'assoluta cogenza sul punto della legge statale (Corte costituzionale - sentenza n. 290/2009). Ma analogo principio trovasi affermato nei confronti della legge n. 5/2004 Regione Liguria (Corte costituzionale - sentenza n. 225/2012) in un giudizio di legittimita' costituzionalita' sollevato in via incidentale. Sotto il secondo profilo, e' evidente il carattere innovativo e non meramente interpretativo della norma qui censurata. Essa infatti ha l'effetto di rendere legittimabili interventi pacificamente non sanabili in base alla disciplina statale, e peraltro su beni vincolati di interesse culturale e paesaggistico. Disciplina statale che e' successiva alla legge regionale che si intende interpretare autenticamente ed antecedente a quella qui censurata. Va immediatamente disattesa la facile e prevedibile obiezione tesa a far valere le prerogative legislative proprie dell'autonomia statutaria della Regione Sicilia. Vero e' che l'art. 14 dello statuto attribuisce alla Regione siciliana potesta' legislativa esclusiva, tra l'altro, in materia urbanistica e nelle materie della tutela del paesaggio e della conservazione delle antichita' e delle opere artistiche, ma e' altrettanto vero che tale potesta' va tuttavia esercitata nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato e nel rispetto delle c.d. norme di grande riforma economico-sociale. Ed e' pacifico che tra queste ultime siano da annoverare sia le norme in tema di condono edilizio, che quelle in materia di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio (cfr. tra le molte sentenze CGARS 14 giugno 2021, n. 532). In particolare, i limiti al condono edilizio posti dall'art. 32, comma 27, lettera d), del decreto-legge n. 269 del 2003 rientrano a pieno titolo nell'ambito delle norme di grande riforma economico-sociali, in quanto sono dettati a salvaguardia, tra l'altro, delle esigenze di tutela dei beni culturali e del paesaggio (art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione) e della necessaria uniformita' delle prestazioni essenziali che devono essere assicurate sull'intero territorio nazionale (art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione). Ne discende che la disciplina censurata si pone in contrasto con i limiti alla potesta' legislativa regionale sanciti dall'art. 14 dello statuto speciale e invade la sfera di competenza statale. Come ricordato dalla Corte costituzionale in una pronuncia resa su una norma analoga a quella in esame approvata dalla Regione Sardegna, «Il legislatore statale conserva il potere di vincolare la potesta' legislativa primaria della regione speciale attraverso l'emanazione di leggi qualificabili come "riforme economico-sociali". Cio' anche sulla base del titolo di competenza legislativa nella materia "tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali", di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione comprensiva tanto della tutela del paesaggio quanto della tutela dei beni ambientali o culturali; "con la conseguenza che le norme fondamentali contenute negli atti legislativi statali emanati in tale materia potranno continuare ad imporsi al necessario rispetto del legislatore della Regione Sardegna che eserciti la propria competenza statutaria nella materia edilizia ed urbanistica"» (Corte costituzionale - sentenza n. 308/2013). Analogamente la Corte costituzionale ha pronunciato nei confronti della Regione Valle d'Aosta (Corte costituzionale - sentenza n. 118/2009) e della stessa Regione Sicilia (Corte costituzionale - sentenza n. 172/2018) quando si e' trattato di ribadire la prevalenza del potere legislativo statale nel vincolare la competenza regionale anche esclusiva allorquando le leggi nazionali dettino norma di riforma economico-sociale nella materia della tutela dell'ambiente, dei beni culturali e del paesaggio, onde evitare una «lesione diretta» dei beni culturali e paesaggistici tutelati, con la conseguente grave diminuzione del livello di tutela garantito nell'intero territorio nazionale. Acclarato quindi che nessun rilievo ha qui la specialita' dello statuto regionale, e' altresi' evidente l'uso distorto, e pertanto costituzionalmente illegittimo, del potere di interpretazione autentica. La disposizione qui censurata non fornisce una interpretazione di una precedente previsione legislativa, ma introduce surrettiziamente una prescrizione nuova e retroattiva, che estende l'ambito di applicabilita' del condono edilizio, dopo diciassette anni dalla entrata in vigore della disciplina che lo regolava. La giurisprudenza costituzionale ha ritenuto estensibili alla legislazione regionale i principi e i limiti elaborati in tema di interpretazione autentica della legge. Inoltre - anche se non costituzionalizzato al di fuori della previsione contenuta nell'art. 25 della Costituzione - il principio di irretroattivita' della legge, e' da ritenersi rivesta valore di principio generale ai sensi dell'art. 11, primo comma, delle disposizioni preliminari del codice civile, cui il legislatore deve in via preferenziale attenersi. L'interpretazione autentica e' costituzionalmente legittima solo a patto che non venga utilizzata per attribuire a norme innovative una surrettizia efficacia retroattiva, in quanto in tal modo la legge interpretativa verrebbe meno alla sua funzione peculiare, che e' quella di chiarire il senso di norme preesistenti, ovvero di imporre una delle possibili varianti di senso compatibili col tenore letterale. Il carattere interpretativo di una norma non puo' quindi desumersi dalla sua auto qualificazione, ma deve risultare dalla struttura della fattispecie normativa, sicche' andrebbe riconosciuto carattere interpretativo soltanto a una legge che, fermo il tenore testuale della norma interpretata, ne chiarisca il significato ovvero privilegi una tra le diverse interpretazioni possibili. Qualora, poi, possa effettivamente riconoscersi a una legge valenza interpretativa, questa soggiace comunque a una serie di limiti, tra i quali, oltre alla ragionevolezza della scelta operata, vi e' anche il divieto di ingiustificata disparita' di trattamento, la coerenza e certezza del diritto, il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario, nonche' la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti destinatari della previsione, quale principio connaturato allo stato di diritto. Nel caso in esame, la previsione normativa non e' qualificabile come norma di interpretazione autentica, in quanto non dirime un dubbio sulla portata della disposizione asseritamente interpretata, ma introduce retroattivamente una norma innovativa, che estende la portata del condono a casi che pacificamente non vi rientrano in base alla disciplina statale. La conseguenza di tale estensione e' l'irragionevole modifica dell'esito delle pratiche di condono, a distanza di circa diciassette anni dalla relativa presentazione, riaprendo persino procedimenti gia' definiti con provvedimento inoppugnabile e su cui eventualmente potrebbe essersi formato un giudicato negativo, secondo quanto previsto dal comma 2 dell'art. 1 della legge regionale in esame. Pertanto, la norma qui censurata sotto questo aspetto contrasta con i parametri costituzionali che regolano la formazione delle leggi (articoli 14 e 27 dello statuto di autonomia; articoli 117, 123 e 127 della Costituzione, relativi all'attivita' legislativa regionale), nonche' con l'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della ragionevolezza (cfr. Corte costituzionale - sentenze n. 39 del 2006 e n. 308 del 2013). Si tratta di una conseguenza che determina una grave instabilita' dei rapporti giuridici e che appare del tutto arbitraria, con conseguente violazione dei parametri sopra richiamati. Sotto il terzo profilo, l'estensione con efficacia retroattiva dell'area degli illeciti condonabili ha una evidente ricaduta infine sul piano dell'ordinamento penale, parimenti riservato alla potesta' legislativa statale, con conseguente violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione e dell'art. 14 dello statuto speciale. La disposizione regionale consente infatti di dare legittimamente corso a una domanda di sanatoria edilizia (amministrativa), per gli effetti di cui all'art. 23 della legge regionale n. 37 del 1985 e dell'art. 32 della legge n. 326 del 2003, quando per lo stesso abuso si configurano ipotesi di illecito penale sanzionate, ai sensi dell'art. 181 del codice dei beni culturali. Come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 196 del 2004, quanto alle regioni ad autonomia speciale, opera il limite della «materia penale» (comprensivo delle connesse fasi procedimentali) e quanto e' immediatamente riferibile ai principi di questo intervento eccezionale di «grande riforma», quali il titolo abilitativo edilizio in sanatoria e la determinazione massima dei fenomeni condonabili (nello stesso senso le sentenze n. 70 e n. 71 del 2005; cfr. anche le sentenze n. 54 del 2009 e n. 290 del 2009). Oltre a violare i principi in tema di corretto esercizio della funzione legislativa declinata come espressione della interpretazione autentica delle disposizioni in vigore, la norma in esame finisce per invadere la sfera riservata al legislatore statale in materia penale, con un inammissibile e ingiustificato trattamento di favore per illeciti eventualmente commessi nel territorio siciliano, a danno del paesaggio e del patrimonio culturale.
P.Q.M. Per tutte le esposte ragioni, la Presidenza del Consiglio dei ministri, come sopra rappresentata e difesa conclude Affinche' la Corte costituzionale voglia accogliere il presente ricorso e per l'effetto dichiarare costituzionalmente illegittima la norma regionale con esso censurata. Roma, 29 settembre 2021 L'Avvocato dello Stato: Corsini