N. 167 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 aprile 2021

Ordinanza  del  29  aprile  2021  del  Tribunale   di   Firenze   nel
procedimento penale a carico di S. A.. 
 
Processo  penale  -  Interrogatorio  della  persona  sottoposta  alle
  indagini   -   Avvisi   all'indagato   prima   che   abbia   inizio
  l'interrogatorio -  Mancata  previsione  che  gli  avvisi  previsti
  debbano essere rivolti anche alla persona alla quale sia contestato
  l'illecito amministrativo di cui all'art. 75, comma 1,  del  d.P.R.
  n. 309 del  1990  o  che  sia  stata  gia'  raggiunta  da  elementi
  indizianti di tale illecito, allorche' la  stessa  sia  sentita  in
  relazione a un reato collegato ai sensi  dell'art.  371,  comma  2,
  lettera b), cod. proc. pen. 
- Codice di procedura penale, art. 64, comma 3. 
(GU n.44 del 3-11-2021 )
 
                        TRIBUNALE DI FIRENZE 
                        Prima Sezione Penale 
 
    Il giudice, dott. Franco Attina', nel procedimento sopra indicato
a carico di S. A.; nato in................,  sedicente,  identificato
con   rilievi   fotodattiloscopici    (CUI..............)    elettiv.
domiciliato presso la propria abitazione in.............. ; 
      difeso di fiducia dall'avv. Elisa Marino del  Foro  di  Firenze
(nomina a seguito dell'arresto del................); 
      parla   e   comprende   adeguatamente   la   lingua    italiana
(accertamento all'udienza di convalida del 29 aprile 2021); 
      arrestato in flagranza  di  reato  in  data...................e
oggetto del decreto di presentazione diretta in giudizio per il  rito
direttissimo con la seguente imputazione: 
        1) art. 73, comma 5, decreto del Presidente della  Repubblica
9 ottobre 1990 n. 309 (TU.L.Stup.) come modificato dal  decreto-legge
20 marzo 2014 n. 36, convertito  con  modificazioni  dalla  legge  20
maggio 2014, n. 79 (in Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  italiana
20 maggio 2014,  n.  115)  perche',  senza  l'autorizzazione  di  cui
all'art. 17 e fuori dalle ipotesi previste dall'art. 75 stessa legge,
cedeva a titolo oneroso a P. D  M.  una  dose  (gr.  1,57  lordi)  di
hashish  sostanza  stupefacente  di  cui  alla  tab.  II-IV  prevista
dall'art. 14 della legge medesima. 
        2) art. 73, comma 5, decreto del Presidente della  Repubblica
9 ottobre 1990 n. 309 (T.U.L.Stup.) come modificato dal decreto-legge
20 marzo 2014 n. 36, convertito  con  modificazioni  dalla  legge  20
maggio 2014, n. 79 (in Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  italiana
20 maggio 2014,  n.  115)  perche',  senza  l'autorizzazione  di  cui
all'art. 17 e fuori dalle ipotesi previste dall'art. 75 stessa legge,
deteneva per finalita' di spaccio complessivi gr. 11,13 lordi (in due
dosi distinte rispettivamente di gr. 10,81  e  gr  0,32)  di  hashish
sostanza stupefacente di cui alla tab. II-IV  prevista  dall'art.  14
della legge medesima. 
    in..................il.......................        . 
    premesso che: 
      S. A. era tratto in arresto in data.......................  per
i reati di cessione e detenzione a fine di spaccio  di  stupefacenti,
qualificati dal pubblico ministero ex art. 73  comma  5  decreto  del
Presidente ella Repubblica n. 309/1990; 
      il pubblico ministero con decreto del 29 aprile 2021  disponeva
la presentazione diretta dell'arrestato per la convalida dell'arresto
ed il successivo giudizio direttissimo; 
      all'udienza odierna, dopo la relazione orale  dell'operante  di
P.G.,  si  svolgeva   l'interrogatorio   dell'arrestato;   le   parti
illustravano quindi  le  proprie  richieste:  il  pubblico  ministero
chiedeva convalidarsi l'arresto e applicarsi la misura cautelare  del
divieto    di    dimora    nel    Comune    e     nella     Provincia
di...........................; il difensore si rimetteva a  giustizia
quanto alla convalida dell'arresto e chiedeva applicarsi  una  misura
cautelare gradata quale l'obbligo di presentazione alla P.G.; 
    rilevato che: 
      A)  in  base  agli  atti  d'indagine  alle  ore   11,30   circa
del........................i Carabinieri, nel corso di un servizio in
abiti civili finalizzato al contrasto dello spaccio  di  stupefacenti
nei pressi  della  stazione  ferroviaria  di .............,  notavamo
transitare nei giardini antistanti la suddetta stazione  tale  P.  D.
M., nato il..................in...................., a loro noto come
assuntore di stupefacenti; notavano che il medeismo  alle  successive
ore 11,35 veniva  avvicinato  da  altro  soggetto,  poi  identificato
nell'attuale arrestato S. A. I militari  si  posizionavano  quindi  a
debita distanza, sempre  avendo  a  vista  i  due  soggetti,  ripresi
oltretutto    in    diretta    dalle    telecamere     del     Comune
di......................che  altro   Carabiniere   monitorava   dalla
centrale operativa. Pochi  istanti  dopo  gli  operanti  notavano  il
passaggio di qualcosa (probabilmente un involucro in  cellophane)  da
parte del S. a P. , che a  sua  volta  cedeva  qualcosa.  Notando  S.
allontanarsi e P. prepararsi una sigaretta artigianale, i Carabinieri
intervenivano, fermando entrambi i soggetti. Sequestravano cosi a  P.
un frammento di sostanza  stupefacente  del  tipo  hashish  (come  da
successivo narcotest) del peso di circa  1,5  grammi;  addosso  a  S.
rinvenivano ulteriori due frammenti di sostanza  stupefacente  sempre
del  tipo  hashish  (come  da   successivo   narcotest),   del   peso
rispettivamente di 10,8 grammi e di 0,3 grammi, oltre alla  somma  di
euro 14,00 custodita nel portafogli; 
      B) P. D. M. sentito poi a s.i.t., confermava l'acquisto  appena
effettuato della sostanza e  descriveva  le  relative  modalita';  in
particolare,  affermava  che  giunto  nei   pressi   della   stazione
riconosceva l'attuale arrestato come un venditore di  stupefacenti  e
affermava che lo stesso era solito vendere caffe' e gliene versava un
bicchiere per dissimulare la contestuale cessione dello stupefacente; 
      C) Il prevenuto in sede d'interrogatorio ha negato la  cessione
di  stupefacente,  affermando   di   avere   detenuto   la   sostanza
sequestratagli  per  il  proprio  consumo  personale;  ha  dichiarato
inoltre di avere tratto la provvista per acquistare detta sostanza  e
altra gia' consumata dai proventi del piccolo commercio di sigarette,
caffe' e simili. 
      D)  per  provvedere  in  ordine  alle  richieste  di  convalida
dell'arresto  e  di  applicazione  della  misura  cautelare,  occorre
dapprima individuare quali siano gli atti utilizzabili a tale scopo; 
      E) per poter addivenire ad  una  corretta  decisione  a  questo
riguardo ed in particolare per valutare l'utilizzabilita' del verbale
delle sommarie informazioni  rese  dal  P.  ,  appare  necessario  il
pronunciamento della Corte costituzionale in ordine alla legittimita'
costituzionale delle norma di cui  all'art.  64  comma  3  codice  di
procedura penale nella parte in cui non prevede che  gli  avvisi  ivi
indicati debbano essere  rivolti  alla  persona  cui  sia  contestato
l'illecito amministrativo di cui all'art. 75, comma  1,  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990, o che sia gia' raggiunta  da
elementi indizianti di tale illecito, allorche' la stessa sia sentita
in relazione ad un reato collegato ai sensi dell'art  371,  comma  2,
lettera b) c.p.p.; 
    cio' premesso; 
 
                              Osserva: 
 
1. Rilevanza della questione 
    1.1) D. M. P. era gia' raggiunto da gravi elementi indizianti  in
ordine all'illecito amministrativo  di  cui  all'art.  75,  comma  1,
decrreto del Presidente della Repubblica  n.  309/1990  allorche'  e'
stato sentito dalla polizia giudiziaria in ordine  ai  fatti  oggetto
del procedimento: i militari, sapendo che lo stesso era assuntore  di
stupefacenti, lo monitoravano e avevano modo di vedere uno scambio di
qualcosa tra il predetto e S.  ,  con  modalita'  e  in  un  contesto
altamente sospetti; 
    1.2) P. e' stato  sentito  dalla  Polizia  giudiziaria  ai  sensi
dell'art. 351 comma 1, codice procedura penale, senza che allo stesso
siano stati forniti gli avvisi di cui all'art. 64, comma 3, codice di
procedura penale.  Al  contrario  il  verbale  riporta  espressamente
l'obbligo per la persona sentita di rispondere dicendo la  verita'  e
l'ammonimento circa la possibilita'  che  la  reticenza  o  le  false
risposte possano integrare vari reati, tra cui il favoreggiamento  ex
art. 378 c.p.; 
    1.3) L'art. 64, comma 3, codice di procedura  penale  elenca  gli
avvisi che devono  essere  effettuati  nei  confronti  della  persona
sottoposta alle indagini prima dell'inizio dell'interrogatorio; 
    1.4) Il disposto dell'art.  64  codice  di  procedura  penale  e'
richiamato,  in  tutto  o  in  parte,  oltre  che  dalle  norme   che
disciplinano   le   varie   ipotesi   di   interrogatorio    previste
dall'ordinamento (a seguito dell'applicazione di misure cautelari, in
udienza preliminare, ecc.), anche da altre norme processuali  che  ne
estendono l'ambito applicativo: l'art. 210 codice di procedura penale
relativamente all'esame dibattimentale delle persone imputate  in  un
procedimento connesso a norma dell'art. 12 codice di procedura penale
o di un reato collegato a norma dell'art. 371, comma  2,  lettera  b)
codice di procedura penale; l'art. 350  codice  di  procedura  penale
relativamente alle sommarie informazioni utili per le  investigazioni
assunte dalla polizia giudiziaria dalla  persona  nei  cui  confronti
vengono svolte le indagini; l'art. 363 codice di  procedura  penale -
tramite  il  richiamo  all'art.  210  codice  di  procedura  penale -
relativamente all'interrogatorio  da  parte  del  Pubblico  ministero
delle persone imputate in un procedimento connesso a norma  dell'art.
12 codice di procedura  penale  o  di  un  reato  collegato  a  norma
dell'art. 371, comma 2, lettera b) codice di procedura penale; l'art.
374 codice  di  procedura  penale  relativamente  alla  presentazione
spontanea al Pubblico ministero. 
    Varie  pronunce  di  legittimita',  sulla  base  di  ragioni   di
carattere sistematico, hanno poi riconosciuto  la  doverosita'  degli
avvisi di cui  all'art.  64  codice  di  procedura  penale  anche  in
relazione ad ipotesi per le quali gli stessi non  sono  espressamente
previsti: cosi' Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 22643  del  10  maggio
2012 (dep. 11 giugno 2012) Rv.  252741 -  01  e  Cassazione  Sez.  1,
Sentenza n. 15849 del 18 dicembre 2017 (dep. 10  aprile  2018)  hanno
affermato che i citati avvisi devono essere formulati  dalla  polizia
giudiziaria anche allorche' proceda  ai  sensi  dell'art.  351  comma
1-bis all'assunzione  di  informazioni  da  persone  imputate  in  un
procedimento connesso a norma dell'art. 12 codice di procedura penale
o di un reato collegato a norma dell'art. 371, comma  2,  lettera  b)
codice procedura penale. 
    Ai sensi dell'art. 61 codice di procedura penale i diritti  e  le
garanzie previste per l'imputato si estendono alla persona sottoposta
alle  indagini;  salvo  sia  diversamente   previsto,   inoltre,   le
disposizioni  dettate  per  l'imputato  si  estendono  alla   persona
sottoposta alle indagini. 
    1.5) Ai sensi del comma 3-bis dell'art. 64  codice  di  procedura
penale «l'inosservanza delle disposizioni di cui al comma 3,  lettere
a) e b) rende inutilizzabili  le  dichiarazioni  rese  dalla  persona
interrogata. In mancanza dell'avvertimento di cui al comma 3, lettera
c), le dichiarazioni eventualmente rese dalla persona interrogata  su
fatti  che  concernono  la  responsabilita'   di   altri   non   sono
utilizzabili nei loro confronti e la persona interrogata  non  potra'
assumere, in ordine a detti fatti, l'ufficio di testimone». 
    L'art. 63, comma l, codice di procedura penale prevede  poi -  in
caso di dichiarazioni autoincriminanti rese nel corso  dell'audizione
da un  soggetto  non  imputato  e  non  sottoposto  alle  indagini  -
l'inutilizzabilita' contro il predetto soggetto  delle  dichiarazioni
rilasciate prima dell'interruzione dell'esame.  Il  comma  successivo
sancisce l'inutilizzabilita' anche  nei  confronti  dei  terzi  delle
dichiarazioni rese, qualora la persona  dovesse  essere  sentita  sin
dall'inizio in qualita' di imputato  o  di  persona  sottoposta  alle
indagini; 
    1.6)  Si  ritiene  poi  di   dover   condividere   l'orientamento
giurisprudenziale secondo cui - nel caso in cui i  citati  avvisi  di
cui all'art. 64 comma 3 codice di procedura penale (ed in particolare
quello di cui alla lettera e) siano stati indebitamente  omessi -  le
dichiarazioni in questione, anche ove rese nel corso  delle  indagini
preliminari, sono inutilizzabili nei confronti dei terzi (oltre  alle
gia' citate Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 22643 del 10  maggio  2012
Rv. 252741 - 01 e  Cassazione  Sez.  1,  Sentenza  n.  15849  del  18
dicembre 2017,  afferenti  alla  materia  cautelare,  si  veda  anche
Cassazione Sez. 3, Sentenza  n.  30922  del  18  settembre  2020  Rv.
280277 - 01, relativa all'inutilizzabilita' nel giudizio abbreviato). 
    1.7) A fronte di tale quadro di garanzie e di correlate sanzioni,
nessuna garanzia e' prevista in ordine all'audizione del soggetto cui
sia gia' stato contestato un illecito per il quale sia  prevista  una
sanzione formalmente non penale ma sostanzialmente  punitiva  (o  nei
cui  confronti  siano  gia'  emersi  indizi  di  un  tale  illecito),
allorche' lo stesso sia sentito in relazione ad un fatto collegato ai
sensi dell'art. 371, comma 2, lettera b) codice di procedura  penale;
con riguardo  specifico  al  caso  di  specie,  nessuna  garanzia  e'
prevista in relazione all'audizione della persona cui sia gia'  stata
contestato l'illecito  di  cui  all'art.  75  comma  1,  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990 o  nei  cui  confronti  siano
comunque gia'  emersi  elementi  indizianti  di  tale  illecito,  con
riguardo alla relativa audizione in merito alla cessione di  sostanza
stupefacente avvenuta nei suoi confronti; 
    1.8) In proposito, risulta evidente  il  collegamento  probatorio
tra l'illecito amministrativo di cui all'art. 75 comma 1 decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990, posto in essere da chi abbia
acquistato o ricevuto sostanza stupefacente per farne uso  personale,
ed il reato di cui all'art. 73 comma 5 decreto del  Presidente  della
Repubblica 309/1990 ora contestato a S. in  relazione  alla  cessione
dello stupefacente allo stesso P. 
    1.9) Ove la norma di cui all'art. 64 comma 3 codice di  procedura
penale fosse dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in
cui non prevede che gli avvisi in questione  siano  rivolti  anche  a
tali soggetti, ne deriverebbe ai sensi degli articoli 63 e  64  comma
3-bis l'inutilizzabilita'  delle  dichiarazioni  rese  nei  confronti
dell'attuale imputato. 
    A  tale  riguardo,  ad  avviso  di  questo  giudice -  una  volta
intervenuta   la   suggerita   dichiarazione    d'incostituzionalita'
dell'art.   64,   comma   3,    codice    di    procedura    penale -
l'inutilizzabilita'  (conseguente  alla  mancata  formulazione  degli
avvisi)  potrebbe  essere   affermata   gia'   alla   stregua   delle
disposizioni di legge esistenti senza la necessita' di un  intervento
manipolativo  anche  rispetto  alle  disposizioni  che  prevedono  la
sanzione dell'inutilizzabilita'. 
    1.10)  Le  dichiarazioni  rese  da  P.  costituiscono   uno   dei
principali elementi a carico di S. (e l'unico con riguardo  a  taluni
profili, quali precedenti cessioni ad opera dello stesso S.  a  P.  ,
cui quest'ultimo fa implicitamente riferimento allorche'  afferma  di
avere riconosciuto il predetto come uno spacciatore e che il medesimo
e' solito vendere altresi' caffe'); 
    1.11)  La  dichiarazione   d'incostituzionalita'   che   qui   si
suggerisce  inciderebbe  dunque  significativamente   sul   materiale
probatorio  valutabile  ai  fini  della  decisione  in  ordine   alla
convalida dell'arresto e alla richiesta  di  applicazione  di  misura
cautelare; 
2. Non manifesta infondatezza 
    2.1) Si dubita della legittimita' costituzionale della  norma  di
cui all'art. 64 comma 3 codice di procedura penale nella parte in cui
non prevede che gli avvisi ivi indicati siano  rivolti  alla  persona
cui sia contestato l'illecito amministrativo di cui all'art. 75 comma
1 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, o che sia gia'
raggiunta da elementi  indizianti  di  tale  illecito,  allorche'  la
stessa sia sentita in  relazione  ad  un  reato  collegato  ai  sensi
dell'art. 371, comma 2, lettera b) codice di procedura penale; 
    2.2) Tale disciplina normativa pare violare  i  precetti  di  cui
agli articoli 3, 24, 111 e 117  della  Costituzione  (l'art.  117  in
relazione all'art.  6  della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e all'art. 14,  comma
3, lettera g), del Patto internazionale relativo ai diritti civili  e
politici di New York). 
    2.3) L'art. 75 comma 1 decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990  (come  risultante  a  seguito  delle  modifiche   apportate
dall'art. 1 comma 24-quater decreto-legge n. 36/2014, convertito  con
modifiche dalla legge n. 79/2014) prevede: «Chiunque, per  farne  uso
personale,  illecitamente  importa,  esporta,  acquista,   riceve   a
qualsiasi  titolo  o  comunque  detiene   sostanze   stupefacenti   o
psicotrope e' sottoposto, per un periodo da due mesi a un anno, se si
tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle I
e III previste dall'art. 14, e per un periodo da uno a tre  mesi,  se
si tratta  di  sostanze  stupefacenti  o  psicotrope  comprese  nelle
tabelle II e IV previste dallo stesso articolo, a una  o  piu'  delle
seguenti sanzioni amministrative: 
      a) sospensione della  patente  di  guida,  del  certificato  di
abilitazione  professionale  per  la  guida  di  motoveicoli  e   del
certificato di idoneita' alla  guida  di  ciclomotori  o  divieto  di
conseguirli per un periodo fino a tre anni; 
      b) sospensione della licenza  di  porto  d'armi  o  divieto  di
conseguirla; 
      e)  sospensione  del  passaporto  e  di  ogni  altro  documento
equipollente o divieto di conseguirli; 
      d) sospensione del permesso di soggiorno per motivi di  turismo
o divieto di conseguirlo se cittadino extracomunitario». 
    I commi successivi dell'art.  75  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990 disciplinano la  procedura  applicativa  delle
sanzioni, il regime d'impugnazione, l'eventuale revoca. 
    Pare significativo in particolare il disposto  del  terzo  comma:
«Accertati i fatti di cui al comma 1, gli organi di polizia procedono
alla contestazione  immediata,  se  possibile,  e  riferiscono  senza
ritardo e comunque entro dieci giorni,  con  gli  esiti  degli  esami
tossicologici  sulle  sostanze  sequestrate  effettuati   presso   le
strutture pubbliche di cui al comma 10,  al  prefetto  competente  ai
sensi del comma 13. Ove, al momento dell'accertamento,  l'interessato
abbia la diretta e immediata disponibilita' di veicoli a motore,  gli
organi di  polizia  procedono  altresi'  all'immediato  ritiro  della
patente di guida.  Qualora  la  disponibilita'  sia  riferita  ad  un
ciclomotore, gli organi accertatori ritirano anche il certificato  di
idoneita' tecnica, sottoponendo il veicolo a fermo amministrativo. Il
ritiro della patente di guida, nonche' del certificato  di  idoneita'
tecnica e il fermo amministrativo del  ciclomotore  hanno  durata  di
trenta giorni e ad essi si estendono gli effetti di  quanto  previsto
al comma 4». 
    2.4) Alla luce di tali previsioni  normative  l'illecito  di  cui
all'art. 75 comma  1  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990, pur formalmente amministrativo, pare connotato da  sanzioni
sostanzialmente penali. 
    In proposito, richiamando i c.d. criteri  Engel  elaborati  dalla
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (i quali non
necessariamente devono essere simultaneamente soddisfatti),  si  deve
rilevare che la natura e finalita'  della  misura  non  e'  meramente
preventiva, ma assume uno  spiccato  connotato  punitivo,  e  che  le
sanzioni potenzialmente applicabili sono plurime e significativamente
afflittive. 
    Sotto il primo profilo si consideri  ad  esempio  che  il  ritiro
immediato della patente o del certificato di idoneita' alla guida  di
ciclomotori,  nel  caso  in  cui  al  momento  dell'accertamento   il
trasgressore abbia la diretta e immediata disponibilita' di veicoli a
motore,  prescinde  dal  dato   dell'intervenuta   assunzione   dello
stupefacente e dunque dalla sussistenza di un pericolo immediato  per
la pubblica incolumita' (essendo  previsto  anche  in  caso  di  mera
detenzione dello stupefacente in funzione di un consumo personale che
potrebbe avvenire anche  a  distanza  di  tempo  presso  l'abitazione
privata) e prescinde anche dall'accertamento di  infrazioni  connesse
alla circolazione stradale; in caso di ciclomotore e' previsto  anche
che il veicolo sia sottoposto a fermo amministrativo. 
    Del resto la giurisprudenza della Corte di  cassazione,  sia  pur
pronunciandosi prima delle modifiche apportate  all'art.  75  decreto
del  Presidente  della  Repubblica   n.   309/1990   nel   2014,   ha
espressamente riconosciuto la finalita' anche punitiva  dell'illecito
in questione (secondo Cassazione Civ. Sez. 2, Ordinanza n. 21236  del
14 ottobre 2010 (Rv. 615467 - 01) tale disciplina  normativa  non  ha
«uno scopo meramente punitivo», e quindi anche punitivo). 
    Sotto il secondo profilo, occorre  considerare  che  le  sanzioni
previste dall'art. 75 decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990 sono plurime, variegate e irrogabili anche  cumulativamente.
In proposito, si deve  sottolineare  che  secondo  la  giurisprudenza
della Corte europea dei diritti dell'uomo per  valutare  la  gravita'
della sanzione (allo scopo di identificare la stessa come pena o meno
ai fini della Convenzione), la stessa deve essere valutata  prendendo
come punto di riferimento la pena massima edittale, non rilevando  la
sanzione concretamente inflitta al termine del giudizio (si  veda  ad
es. Corte europea dei diritti  dell'uomo  sentenza  13  giugno  2017,
Šimkus contro Lituania, par.  44).  Nel  caso  dell'illecito  di  cui
all'art. 75 decreto del Presidente della Repubblica 309/1990, occorre
dunque avere riguardo alla  pluralita'  delle  sanzioni  nell'entita'
massima potenzialmente applicabile. 
    In particolare, gia' la sola sospensione della patente  di  guida
per un periodo apprezzabile di tempo o il divieto di conseguirla  per
un notevole periodo di tempo costituisce una sanzione che, per la sua
severita', assume un carattere punitivo e dissuasivo.  In  proposito,
recentemente  la  stessa  Corte  costituzionale  ha  riconosciuto  il
carattere sostanzialmente penale della sanzione  della  revoca  della
patente di guida (con il divieto di  conseguirla  nuovamente  per  un
certo periodo di tempo) applicata con la sentenza di  condanna  o  di
patteggiamento per  il  reato  di  omicidio  stradale  o  di  lesioni
stradali  (sentenza  n.  68/2021).  In  tale   occasione   la   Corte
costituzionale ha altresi' ricordato i numerosi casi in cui la  Corte
europea dei diritti dell'uomo ha ritenuto che misure come il ritiro e
la sospensione della patente, o il  divieto  di  condurre  veicoli  a
motore, o anche solo la decurtazione dei punti  della  patente  -  in
ragione della elevata rilevanza del diritto di condurre un veicolo  a
motore  per  la  vita  quotidiana  e  l'esercizio  di  una  attivita'
professionale - si debbano considerare sanzioni di natura penale. 
    Non pare doversi trascurare un ulteriore dato: l'illecito di  cui
all'art. 75 decreto del Presidente della Repubblica  n.  309/1990  e'
sempre correlato ad un delitto di cessione di  stupefacenti,  per  il
quale l'ordinamento prevede pene severe e anche sul piano procedurale
appronta una serie di misure (arresto in flagranza,  intercettazioni,
misure cautelari), anche in deroga al regime  ordinario  (ad  es.  in
materia  di  perquisizioni   domiciliari),   che   rendono   evidente
l'attenzione e lo sforzo  che  il  Legislatore  vuole  dedicare  alla
repressione del traffico di stupefacenti. In  tale  quadro  anche  la
previsione dell'illecito di cui all'art. 75  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 309/1990 per il mero consumatore vale ad assumere
una forte connotazione dissuasiva. 
    2.5) Una volta  riconosciuta  la  natura  sostanzialmente  penale
dell'illecito  di  cui  all'art.  75  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990, il mancato riconoscimento del c.d. diritto al
silenzio al soggetto cui tale illecito sia contestato o che  comunque
sia raggiunto da indizi di responsabilita'  per  tale  illecito  pare
violare le citate norme costituzionali. 
    Occorre premettere che il  nostro  ordinamento  penale  riconosce
all'imputato e all'imputato di reato connesso o collegato  una  serie
di garanzie, tra  cui  il  diritto  al  silenzio,  ma  anche  il  non
assoggettamento all'obbligo di dire la verita' e  in  certi  casi  il
diritto a non presentarsi dinanzi all'autorita'  giudiziaria  o  alla
polizia  giudiziaria  (che  pure   costituiscono   declinazioni   del
principio  del  nemo  tenetur  se  detegere),  nonche'   l'assistenza
difensiva. 
    Si  intende  qui  proporre  l'estensione  al  soggetto  cui   sia
contestato l'illecito ex art. 75 del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990 soltanto della facolta' di non rispondere,  in
quanto il diritto al silenzio costituisce il  nucleo  essenziale  del
diritto a non collaborare alla propria incolpazione. 
    2.6) L'omesso riconoscimento del diritto al silenzio pare violare
in primo luogo l'art. 24 della Costituzione. 
    Come ribadito con l'ordinanza 117/2019, la  giurisprudenza  della
Corte  costituzionale  ritiene  che   «il   "diritto   al   silenzio"
dell'imputato  -  pur  non   godendo   di   espresso   riconoscimento
costituzionale    -    costituisca    un    «corollario    essenziale
dell'inviolabilita' del diritto di difesa», riconosciuto dall'art. 24
Cost. (ordinanze n. 202 del 2004, n. 485 e n.  291  del  2002).  Tale
diritto garantisce  all'imputato  la  possibilita'  di  rifiutare  di
sottoporsi all'esame testimoniale e, piu' in generale,  di  avvalersi
della  facolta'  di  non  rispondere  alle  domande  del  giudice   o
dell'autorita' competente per le indagini.» 
    Per quanto la Corte  non  abbia  finora  affermato  espressamente
l'applicabilita'  del  diritto  al  silenzio  anche  nell'ambito   di
procedimenti amministrativi funzionali all'irrogazione di sanzioni di
natura «punitiva» secondo i criteri Engel, pare  potersi  giungere  a
tale conclusione. 
    Da un lato infatti il diritto al silenzio appartiene  «al  novero
dei  diritti  inalienabili  della  persona   umana»   (ordinanza   n.
117/2019); dall'altro, la giurisprudenza della  Corte  costituzionale
ha negli  anni  via  via  riconosciuto  l'applicabilita'  di  singole
garanzie proprie del processo penale anche agli illeciti connotati da
una sanzione, pur formalmente qualificata diversamente, ma  di  fatto
di natura «punitiva». 
    Da ultimo con la sentenza n. 68/2021 la Corte ha sottolineato  di
avere «ormai esteso alle sanzioni amministrative a carattere punitivo
- in quanto tali (indipendentemente, cioe', dalla caratura  dei  beni
incisi) - larga  parte  dello  «statuto  costituzionale»  sostanziale
delle  sanzioni  penali:  sia  quello  basato  sull'art.   25   Cost.
irretroattivita' della norma sfavorevole (sentenze n. 96 del 2020, n.
223 del 2018 e n. 68 del  2017;  nonche',  a  livello  argomentativo,
sentenze n. 112 del 2019 e n. 121 del  2018;  ordinanza  n.  117  del
2019), determinatezza dell'illecito e delle sanzioni (sentenze n. 134
del 2019 e n. 121 del 2018) - sia quello basato su altri parametri, e
in particolare sull'art. 3 Cost. - retroattivita'  della  lex  mitior
(sentenza n. 63  del  2019),  proporzionalita'  della  sanzione  alla
gravita' del fatto (sentenza n. 112 del 2019)». 
    In tale quadro il diritto al silenzio,  nocciolo  essenziale  del
diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost.,  pare  doversi  estendere
anche  agli  illeciti   per   i   quali   siano   previste   sanzioni
amministrative a carattere punitivo. 
    D'altro canto, nel citato contesto il mancato  riconoscimento  di
tale diritto parrebbe irragionevole e quindi contrastante con  l'art.
3 Cost. 
    2.7) La norma censurata sembra violare  anche  l'art.  111  Cost.
nella misura in cui non consente il rispetto del principio del giusto
processo. 
    Il diritto al silenzio e' riconosciuto non solo per salvaguardare
la liberta' e dignita' del soggetto cui le domande siano rivolte,  ma
anche per assicurare la  genuinita'  delle  dichiarazioni  rese,  che
potrebbe essere messa in  pericolo  dall'esercizio  di  pressioni  da
parte dell'autorita' nei confronti del soggetto esaminato. 
    Il mancato riconoscimento del  diritto  al  silenzio  sulla  base
della  mera  distinzione  formale  tra  illecito  penale  e  illecito
amministrativo contestato al soggetto non imputato da esaminare  pare
non rispondere ad un criterio di ragionevolezza (e  dunque  viene  di
nuovo in rilievo l'art. 3  Cost.)  ai  fini  della  genuinita'  degli
elementi  di  prova  forniti  dal  soggetto   costretto   a   rendere
dichiarazioni. 
    Costringere  un  soggetto  a  rendere  dichiarazioni  contra   se
potrebbe poi costituire una  violazione  dell'art.  111  Cost.  anche
sotto  il  profilo  della  c.d.  parita'  delle  armi  nell'eventuale
successivo giudizio di  impugnazione  della  sanzione  amministrativa
punitiva. 
    2.8) La norma qui censurata pare contrastare anche con Part.  117
Cost. (che prescrive che la potesta' legislativa  e'  esercitata  nel
rispetto dei vincoli  derivanti  dagli  obblighi  internazionali)  in
relazione  all'art.  6  CEDU.  La  stessa  Corte  costituzionale  con
l'ordinanza n. 117/2019 ha rilevato che la Corte europea dei  diritti
dell'uomo infatti, pur in assenza di un riconoscimento esplicito  del
diritto al silenzio nella Convenzione,  ha  reiteratamente  affermato
che «il «diritto a restare in silenzio e a non contribuire  in  alcun
modo alla propria incriminazione» (Corte EDU,  sentenza  25  febbraio
1993, Funke contro Francia, paragrafo 44) si colloca al  cuore  della
nozione di «equo  processo»  proclamata  dall'art.  6,  paragrafo  1,
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta'  fondamentali  (ex  multis,  Corte   europea   dei   diritti
dell'uomo, sentenza 5 aprile 2012, Chambaz contro Svizzera, paragrafo
52). Tale diritto e', infatti, finalizzato a proteggere l'accusato da
indebite pressioni dell'autorita' volte a provocarne  la  confessione
(sentenza 8 febbraio 1996, John Murray contro Regno Unito,  paragrafo
45). Nella valutazione della Corte  europea  dei  diritti  dell'uomo,
inoltre, il  diritto  in  questione  e'  strettamente  connesso  alla
presunzione di innocenza di cui all'art. 6, paragrafo 2,  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali (sentenze 21 dicembre 2000, Heaney  e  McGuinnes  contro
Irlanda, paragrafo 40; 17 dicembre 1996, Saunders contro Regno Unito,
paragrafo 68)». La Corte europea dei diritti  dell'uomo  ha  ritenuto
decisiva ai fini del riconoscimento del diritto al silenzio la natura
«punitiva» della sanzione  applicabile,  che  postulava  il  rispetto
dell'intero spettro delle garanzie assicurate  dalla  Convenzione  in
materia penale, compresa quella del «diritto al silenzio» da parte di
chi sia incolpato di avere commesso un illecito. «Pare pertanto  che,
anche secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo,  il  diritto  a
non cooperare alla propria incolpazione e a non  essere  costretto  a
rendere dichiarazioni di natura confessoria, riconducibile all'art. 6
CEDU,  comprenda  il  diritto  di  chiunque  sia  sottoposto   a   un
procedimento amministrativo, che potrebbe sfociare nella  irrogazione
di sanzioni di carattere  «punitivo»  nei  propri  confronti,  a  non
essere  obbligato  a  fornire  all'autorita'  risposte  dalle   quali
potrebbe emergere la propria responsabilita', sotto minaccia  di  una
sanzione in caso di inottemperanza» (Corte costituzinale ordinanza n.
117/2019). 
    Tale argomento vale a maggior ragione con  riguardo  all'illecito
di cui  all'art.  75  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990 posto che, secondo la giurisprudenza costante della Corte di
cassazione, l'acquirente di sostanza stupefacente per  uso  personale
che si rifiuti di fornire alla polizia giudiziaria informazioni sulle
persone da cui ha ricevuto la droga puo' essere chiamato a rispondere
del  delitto  di  favoreggiamento  personale.  Se  e'  vero  che   la
giurisprudenza  di   legittimita'   ha   riconosciuto   in   astratto
l'applicabilita' in tali casi dell'esimente di cui all'art. 384 c.p.,
in concreto poi ha fissato per detta applicabilita' requisiti, limiti
e condizioni tanto stringenti da escluderne di fatto  l'operativita',
giungendo con le motivazioni piu' varie a confermare la condanna  per
favoreggiamento dell'acquirente  consumatore  che  aveva  serbato  il
silenzio 
    (Cassazione Sez. 6, Sentenza n.  12934  dell'11  marzo  2015  Rv.
262910 01, Cassazione Sez. 6, Sentenza n. 23324 dell'8 marzo 2013 Rv.
256624 - 01, Cassazione Sez. 6, Sentenza n. 30535 del 13 luglio  2007
Rv. 237244 - 01). 
    2.9) Da ultimo viene in rilievo la violazione dell'art. 117 Cast.
in  relazione  all'art.  14,  comma  3,   lettera   g),   del   Patto
internazionale sui diritti civili e politici di New York. 
    Detto articolo del Patto adottato a New York il 16 dicembre  1966
(reso esecutivo in Italia con la legge  25  ottobre  1977,  n.  881),
prevede che «Ogni individuo accusato  di  un  reato  ha  diritto,  in
posizione di piena eguaglianza, come minimo alle  seguenti  garanzie:
[...] g) a non essere costretto a  deporre  contro  se  stesso  od  a
confessarsi colpevole». 
    Considerata la natura internazionale del Patto, con cui dunque si
volevano porre dei vincoli alle  condotte  dei  singoli  Stati,  pare
necessario fare riferimento alla natura penale delle  sanzioni  anche
ove queste siano qualificate diversamente dall'ordinamento nazionale;
diversamente i singoli Stati potrebbero aggirare l'impegno assunto  a
livello internazionale semplicemente  qualificando  le  sanzioni  pur
pesantemente afflittive  (eventualmente  anche  detentive)  come  non
penali, cosi sottraendo di fatto alla persona interessata le speciali
garanzie previste dal Patto. 
    2.10) Pare  necessario  precisare  che  il  riconoscimento  anche
rispetto  all'illecito  ex  art.  75  decreto  del  Presidente  della
Repubblica   n.   309/1990   del   diritto   al   silenzio   richiede
necessariamente, perche' tale diritto sia effettivo  e  salvaguardato
compiutamente (come la natura di diritto  inviolabile  dell'individuo
postula), che lo stesso  sia  garantito  attraverso  la  formulazione
espressa degli avvisi di cui all'art. 64 codice di procedura penale. 
    Diversamente, ove si riconoscesse il diritto al silenzio, ma  non
si imponesse all'autorita'  che  procede  all'audizione  di  avvisare
l'interessato in ordine a tale diritto, lo si priverebbe in  sostanza
di effettivita': si consideri da un lato lo stato  di  soggezione  in
cui si puo' venire a trovare l'interessato (consumatore di  sostanze)
di fronte all'organo inquirente e dall'altro il fatto  che  egli  non
sarebbe neppure assistito  da  un  difensore  che  potrebbe  renderlo
edotto delle sue facolta'. 
    Perche' il diritto al silenzio non sia meramente «tollerato»,  ma
«protetto» dall'ordinamento, i citati avvisi (e le connesse  sanzioni
in caso di omissione) paiono essenziali. 
    2.11) Infine, la richiesta di dichiarare  l'illegittimita'  della
norma di cui all'art. 64 comma 3 codice  di  procedura  penale  nella
parte in cui non prevede che gli avvisi ivi indicati  debbano  essere
rivolti alla persona cui sia contestato l'illecito amministrativo  di
cui all'art. 75 comma 1 decreto del Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990, o che sia gia' raggiunta da  elementi  indizianti  di  tale
illecito, allorche' la stessa sia sentita in relazione  ad  un  reato
collegato ai sensi dell'art. 371,  comma  2,  lettera  b)  codice  di
procedura penale, va intesa evidentemente avendo riguardo ai  criteri
di collegamento fattuali previsti dall' art. 371, comma 2, lettera b)
codice di procedura penale, a prescindere dal dato formale della  non
qualificazione come reato dell'illecito ex art. 75  comma  1  decreto
del Presidente della Repubblica n. 309/1990. 
3. Possibilita' di un'interpretazione conforme 
    Non risultano percorribili interpretazioni conformi  della  norma
ora censurata alle citate disposizioni della Costituzione,  chiaro  e
univoco  essendo  il  dato  letterale,  che  fa  riferimento  univoco
all'illecito anche formalmente penale. 
    Detta disposizione e'  peraltro  interpretata  in  modo  costante
dalla giurisprudenza in conformita' al citato dato letterale. Si veda
ad es. Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 2441 del  9  ottobre  2014  Rv.
261953  -  01  («L'acquirente  di  modiche  quantita'   di   sostanza
stupefacente, nei cui confronti non siano emersi elementi  indizianti
di uso non personale, deve essere sentito nel  corso  delle  indagini
preliminari come persona informata dei  fatti  e  come  testimone  in
dibattimento, essendo irrilevante, a tal fine, che egli possa  essere
soggetto a sanzione amministrativa per l'uso personale, derivando  da
cio' la utilizzabilita' delle  dichiarazioni  rese  nelle  rispettive
qualita'») e in precedenza Cassazione Sez. U, Sentenza n.  21832  del
22 febbraio 2007 Rv. 236370 - 01 e Cassazione  Sez.  6,  Sentenza  n.
40586 del 10 ottobre 2008  Rv.  241358 -  01  e  Cassazione  Sez.  6,
Sentenza n. 39981 del 19 settembre 2013 Rv. 256274-01. 
4. Essendo la norma della cui legittimita' si  dubita  rilevante  per
l'individuazione del materiale probatorio utilizzabile ai fini  della
decisione  sulla  richiesta  di  convalida  e  sulla   richiesta   di
applicazione della misura cautelare, si deve sospendere  il  giudizio
in ordine a tali richieste in  attesa  della  decisione  della  Corte
costituzionale; posto che, elevando la questione, e'  automaticamente
impossibile il rispetto del termine di legge - decorso il quale senza
che l'ordinanza di convalida  dell'arresto  sia  pronunciata  occorre
disporre la liberazione del prevenuto (a  prescindere  dalla  ragione
per cui entro il suddetto termine l'ordinanza non sia  pronunciata) -
si deve fin da  ora  disporre  la  liberazione  del  predetto  (Corte
costituzioale sentenza n. 54/1993); 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli articoli 391 e 558 codice di procedura penale. 
    Sospende la decisione  in  ordine  alla  richiesta  di  convalida
dell'arresto e di applicazione di misure cautelari. 
    Dispone l'immediata liberazione dell'imputato. 
    Visti gli articoli 134 Cost., 23 ss. legge n.  87/1953,  ritenuta
la questione rilevante e non manifestamente infondata. 
    Solleva questione di legittimita' costituzionale della  norma  di
cui all'art. 64 comma 3 codice di procedura penale nella parte in cui
non prevede che gli avvisi ivi indicati debbano essere  rivolti  alla
persona cui sia contestato l'illecito amministrativo di cui  all'art.
75 comma 1 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, o che
sia gia' raggiunta da elementi indizianti di tale illecito, allorche'
la stessa sia sentita in relazione ad un  reato  collegato  ai  sensi
dell'art. 371, comma 2, lettera b) codice di procedura penale; 
    per violazione degli articoli 3, 24, 111 e 117 Cost. (l'art.  117
Cost. in relazione all'art. 6 della Convenzione per  la  salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali  e  all'art.  14,
comma 3, lettera g), del Patto  internazionale  relativo  ai  diritti
civili e politici di New York). 
    Sospende  il  giudizio  in  corso,  ed  i  relativi  termini   di
prescrizione, fino  alla  definizione  del  giudizio  incidentale  di
legittimita' costituzionale. 
    Dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale  della
presente ordinanza e degli atti del procedimento,  comprensivi  della
documentazione  attentante  il   perfezionamento   delle   prescritte
comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso. 
    Manda  alla  cncelleria  per  la  notificazione  della   presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri,  nonche'  per  la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati  e  del  Senato
della Repubblica e  per  la  successiva  trasmissione  del  fascicolo
processuale alla Corte costituzionale. 
    Da' atto, anche ai fini di cui  all'art.  23  comma  4  legge  n.
87/1953, che la presente ordinanza e' stata letta in udienza  e  che,
pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro che sono o  devono
considerarsi presenti, ex art. 148 comma 5 c.p.p. 
      Firenze, 29 aprile 2021 
 
                         Il Giudice: Attina'