N. 167 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 aprile 2021
Ordinanza del 29 aprile 2021 del Tribunale di Firenze nel procedimento penale a carico di S. A.. Processo penale - Interrogatorio della persona sottoposta alle indagini - Avvisi all'indagato prima che abbia inizio l'interrogatorio - Mancata previsione che gli avvisi previsti debbano essere rivolti anche alla persona alla quale sia contestato l'illecito amministrativo di cui all'art. 75, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990 o che sia stata gia' raggiunta da elementi indizianti di tale illecito, allorche' la stessa sia sentita in relazione a un reato collegato ai sensi dell'art. 371, comma 2, lettera b), cod. proc. pen. - Codice di procedura penale, art. 64, comma 3.(GU n.44 del 3-11-2021 )
TRIBUNALE DI FIRENZE Prima Sezione Penale Il giudice, dott. Franco Attina', nel procedimento sopra indicato a carico di S. A.; nato in................, sedicente, identificato con rilievi fotodattiloscopici (CUI..............) elettiv. domiciliato presso la propria abitazione in.............. ; difeso di fiducia dall'avv. Elisa Marino del Foro di Firenze (nomina a seguito dell'arresto del................); parla e comprende adeguatamente la lingua italiana (accertamento all'udienza di convalida del 29 aprile 2021); arrestato in flagranza di reato in data...................e oggetto del decreto di presentazione diretta in giudizio per il rito direttissimo con la seguente imputazione: 1) art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309 (TU.L.Stup.) come modificato dal decreto-legge 20 marzo 2014 n. 36, convertito con modificazioni dalla legge 20 maggio 2014, n. 79 (in Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 20 maggio 2014, n. 115) perche', senza l'autorizzazione di cui all'art. 17 e fuori dalle ipotesi previste dall'art. 75 stessa legge, cedeva a titolo oneroso a P. D M. una dose (gr. 1,57 lordi) di hashish sostanza stupefacente di cui alla tab. II-IV prevista dall'art. 14 della legge medesima. 2) art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309 (T.U.L.Stup.) come modificato dal decreto-legge 20 marzo 2014 n. 36, convertito con modificazioni dalla legge 20 maggio 2014, n. 79 (in Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 20 maggio 2014, n. 115) perche', senza l'autorizzazione di cui all'art. 17 e fuori dalle ipotesi previste dall'art. 75 stessa legge, deteneva per finalita' di spaccio complessivi gr. 11,13 lordi (in due dosi distinte rispettivamente di gr. 10,81 e gr 0,32) di hashish sostanza stupefacente di cui alla tab. II-IV prevista dall'art. 14 della legge medesima. in..................il....................... . premesso che: S. A. era tratto in arresto in data....................... per i reati di cessione e detenzione a fine di spaccio di stupefacenti, qualificati dal pubblico ministero ex art. 73 comma 5 decreto del Presidente ella Repubblica n. 309/1990; il pubblico ministero con decreto del 29 aprile 2021 disponeva la presentazione diretta dell'arrestato per la convalida dell'arresto ed il successivo giudizio direttissimo; all'udienza odierna, dopo la relazione orale dell'operante di P.G., si svolgeva l'interrogatorio dell'arrestato; le parti illustravano quindi le proprie richieste: il pubblico ministero chiedeva convalidarsi l'arresto e applicarsi la misura cautelare del divieto di dimora nel Comune e nella Provincia di...........................; il difensore si rimetteva a giustizia quanto alla convalida dell'arresto e chiedeva applicarsi una misura cautelare gradata quale l'obbligo di presentazione alla P.G.; rilevato che: A) in base agli atti d'indagine alle ore 11,30 circa del........................i Carabinieri, nel corso di un servizio in abiti civili finalizzato al contrasto dello spaccio di stupefacenti nei pressi della stazione ferroviaria di ............., notavamo transitare nei giardini antistanti la suddetta stazione tale P. D. M., nato il..................in...................., a loro noto come assuntore di stupefacenti; notavano che il medeismo alle successive ore 11,35 veniva avvicinato da altro soggetto, poi identificato nell'attuale arrestato S. A. I militari si posizionavano quindi a debita distanza, sempre avendo a vista i due soggetti, ripresi oltretutto in diretta dalle telecamere del Comune di......................che altro Carabiniere monitorava dalla centrale operativa. Pochi istanti dopo gli operanti notavano il passaggio di qualcosa (probabilmente un involucro in cellophane) da parte del S. a P. , che a sua volta cedeva qualcosa. Notando S. allontanarsi e P. prepararsi una sigaretta artigianale, i Carabinieri intervenivano, fermando entrambi i soggetti. Sequestravano cosi a P. un frammento di sostanza stupefacente del tipo hashish (come da successivo narcotest) del peso di circa 1,5 grammi; addosso a S. rinvenivano ulteriori due frammenti di sostanza stupefacente sempre del tipo hashish (come da successivo narcotest), del peso rispettivamente di 10,8 grammi e di 0,3 grammi, oltre alla somma di euro 14,00 custodita nel portafogli; B) P. D. M. sentito poi a s.i.t., confermava l'acquisto appena effettuato della sostanza e descriveva le relative modalita'; in particolare, affermava che giunto nei pressi della stazione riconosceva l'attuale arrestato come un venditore di stupefacenti e affermava che lo stesso era solito vendere caffe' e gliene versava un bicchiere per dissimulare la contestuale cessione dello stupefacente; C) Il prevenuto in sede d'interrogatorio ha negato la cessione di stupefacente, affermando di avere detenuto la sostanza sequestratagli per il proprio consumo personale; ha dichiarato inoltre di avere tratto la provvista per acquistare detta sostanza e altra gia' consumata dai proventi del piccolo commercio di sigarette, caffe' e simili. D) per provvedere in ordine alle richieste di convalida dell'arresto e di applicazione della misura cautelare, occorre dapprima individuare quali siano gli atti utilizzabili a tale scopo; E) per poter addivenire ad una corretta decisione a questo riguardo ed in particolare per valutare l'utilizzabilita' del verbale delle sommarie informazioni rese dal P. , appare necessario il pronunciamento della Corte costituzionale in ordine alla legittimita' costituzionale delle norma di cui all'art. 64 comma 3 codice di procedura penale nella parte in cui non prevede che gli avvisi ivi indicati debbano essere rivolti alla persona cui sia contestato l'illecito amministrativo di cui all'art. 75, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, o che sia gia' raggiunta da elementi indizianti di tale illecito, allorche' la stessa sia sentita in relazione ad un reato collegato ai sensi dell'art 371, comma 2, lettera b) c.p.p.; cio' premesso; Osserva: 1. Rilevanza della questione 1.1) D. M. P. era gia' raggiunto da gravi elementi indizianti in ordine all'illecito amministrativo di cui all'art. 75, comma 1, decrreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 allorche' e' stato sentito dalla polizia giudiziaria in ordine ai fatti oggetto del procedimento: i militari, sapendo che lo stesso era assuntore di stupefacenti, lo monitoravano e avevano modo di vedere uno scambio di qualcosa tra il predetto e S. , con modalita' e in un contesto altamente sospetti; 1.2) P. e' stato sentito dalla Polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 351 comma 1, codice procedura penale, senza che allo stesso siano stati forniti gli avvisi di cui all'art. 64, comma 3, codice di procedura penale. Al contrario il verbale riporta espressamente l'obbligo per la persona sentita di rispondere dicendo la verita' e l'ammonimento circa la possibilita' che la reticenza o le false risposte possano integrare vari reati, tra cui il favoreggiamento ex art. 378 c.p.; 1.3) L'art. 64, comma 3, codice di procedura penale elenca gli avvisi che devono essere effettuati nei confronti della persona sottoposta alle indagini prima dell'inizio dell'interrogatorio; 1.4) Il disposto dell'art. 64 codice di procedura penale e' richiamato, in tutto o in parte, oltre che dalle norme che disciplinano le varie ipotesi di interrogatorio previste dall'ordinamento (a seguito dell'applicazione di misure cautelari, in udienza preliminare, ecc.), anche da altre norme processuali che ne estendono l'ambito applicativo: l'art. 210 codice di procedura penale relativamente all'esame dibattimentale delle persone imputate in un procedimento connesso a norma dell'art. 12 codice di procedura penale o di un reato collegato a norma dell'art. 371, comma 2, lettera b) codice di procedura penale; l'art. 350 codice di procedura penale relativamente alle sommarie informazioni utili per le investigazioni assunte dalla polizia giudiziaria dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini; l'art. 363 codice di procedura penale - tramite il richiamo all'art. 210 codice di procedura penale - relativamente all'interrogatorio da parte del Pubblico ministero delle persone imputate in un procedimento connesso a norma dell'art. 12 codice di procedura penale o di un reato collegato a norma dell'art. 371, comma 2, lettera b) codice di procedura penale; l'art. 374 codice di procedura penale relativamente alla presentazione spontanea al Pubblico ministero. Varie pronunce di legittimita', sulla base di ragioni di carattere sistematico, hanno poi riconosciuto la doverosita' degli avvisi di cui all'art. 64 codice di procedura penale anche in relazione ad ipotesi per le quali gli stessi non sono espressamente previsti: cosi' Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 22643 del 10 maggio 2012 (dep. 11 giugno 2012) Rv. 252741 - 01 e Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 15849 del 18 dicembre 2017 (dep. 10 aprile 2018) hanno affermato che i citati avvisi devono essere formulati dalla polizia giudiziaria anche allorche' proceda ai sensi dell'art. 351 comma 1-bis all'assunzione di informazioni da persone imputate in un procedimento connesso a norma dell'art. 12 codice di procedura penale o di un reato collegato a norma dell'art. 371, comma 2, lettera b) codice procedura penale. Ai sensi dell'art. 61 codice di procedura penale i diritti e le garanzie previste per l'imputato si estendono alla persona sottoposta alle indagini; salvo sia diversamente previsto, inoltre, le disposizioni dettate per l'imputato si estendono alla persona sottoposta alle indagini. 1.5) Ai sensi del comma 3-bis dell'art. 64 codice di procedura penale «l'inosservanza delle disposizioni di cui al comma 3, lettere a) e b) rende inutilizzabili le dichiarazioni rese dalla persona interrogata. In mancanza dell'avvertimento di cui al comma 3, lettera c), le dichiarazioni eventualmente rese dalla persona interrogata su fatti che concernono la responsabilita' di altri non sono utilizzabili nei loro confronti e la persona interrogata non potra' assumere, in ordine a detti fatti, l'ufficio di testimone». L'art. 63, comma l, codice di procedura penale prevede poi - in caso di dichiarazioni autoincriminanti rese nel corso dell'audizione da un soggetto non imputato e non sottoposto alle indagini - l'inutilizzabilita' contro il predetto soggetto delle dichiarazioni rilasciate prima dell'interruzione dell'esame. Il comma successivo sancisce l'inutilizzabilita' anche nei confronti dei terzi delle dichiarazioni rese, qualora la persona dovesse essere sentita sin dall'inizio in qualita' di imputato o di persona sottoposta alle indagini; 1.6) Si ritiene poi di dover condividere l'orientamento giurisprudenziale secondo cui - nel caso in cui i citati avvisi di cui all'art. 64 comma 3 codice di procedura penale (ed in particolare quello di cui alla lettera e) siano stati indebitamente omessi - le dichiarazioni in questione, anche ove rese nel corso delle indagini preliminari, sono inutilizzabili nei confronti dei terzi (oltre alle gia' citate Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 22643 del 10 maggio 2012 Rv. 252741 - 01 e Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 15849 del 18 dicembre 2017, afferenti alla materia cautelare, si veda anche Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 30922 del 18 settembre 2020 Rv. 280277 - 01, relativa all'inutilizzabilita' nel giudizio abbreviato). 1.7) A fronte di tale quadro di garanzie e di correlate sanzioni, nessuna garanzia e' prevista in ordine all'audizione del soggetto cui sia gia' stato contestato un illecito per il quale sia prevista una sanzione formalmente non penale ma sostanzialmente punitiva (o nei cui confronti siano gia' emersi indizi di un tale illecito), allorche' lo stesso sia sentito in relazione ad un fatto collegato ai sensi dell'art. 371, comma 2, lettera b) codice di procedura penale; con riguardo specifico al caso di specie, nessuna garanzia e' prevista in relazione all'audizione della persona cui sia gia' stata contestato l'illecito di cui all'art. 75 comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 o nei cui confronti siano comunque gia' emersi elementi indizianti di tale illecito, con riguardo alla relativa audizione in merito alla cessione di sostanza stupefacente avvenuta nei suoi confronti; 1.8) In proposito, risulta evidente il collegamento probatorio tra l'illecito amministrativo di cui all'art. 75 comma 1 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, posto in essere da chi abbia acquistato o ricevuto sostanza stupefacente per farne uso personale, ed il reato di cui all'art. 73 comma 5 decreto del Presidente della Repubblica 309/1990 ora contestato a S. in relazione alla cessione dello stupefacente allo stesso P. 1.9) Ove la norma di cui all'art. 64 comma 3 codice di procedura penale fosse dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede che gli avvisi in questione siano rivolti anche a tali soggetti, ne deriverebbe ai sensi degli articoli 63 e 64 comma 3-bis l'inutilizzabilita' delle dichiarazioni rese nei confronti dell'attuale imputato. A tale riguardo, ad avviso di questo giudice - una volta intervenuta la suggerita dichiarazione d'incostituzionalita' dell'art. 64, comma 3, codice di procedura penale - l'inutilizzabilita' (conseguente alla mancata formulazione degli avvisi) potrebbe essere affermata gia' alla stregua delle disposizioni di legge esistenti senza la necessita' di un intervento manipolativo anche rispetto alle disposizioni che prevedono la sanzione dell'inutilizzabilita'. 1.10) Le dichiarazioni rese da P. costituiscono uno dei principali elementi a carico di S. (e l'unico con riguardo a taluni profili, quali precedenti cessioni ad opera dello stesso S. a P. , cui quest'ultimo fa implicitamente riferimento allorche' afferma di avere riconosciuto il predetto come uno spacciatore e che il medesimo e' solito vendere altresi' caffe'); 1.11) La dichiarazione d'incostituzionalita' che qui si suggerisce inciderebbe dunque significativamente sul materiale probatorio valutabile ai fini della decisione in ordine alla convalida dell'arresto e alla richiesta di applicazione di misura cautelare; 2. Non manifesta infondatezza 2.1) Si dubita della legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 64 comma 3 codice di procedura penale nella parte in cui non prevede che gli avvisi ivi indicati siano rivolti alla persona cui sia contestato l'illecito amministrativo di cui all'art. 75 comma 1 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, o che sia gia' raggiunta da elementi indizianti di tale illecito, allorche' la stessa sia sentita in relazione ad un reato collegato ai sensi dell'art. 371, comma 2, lettera b) codice di procedura penale; 2.2) Tale disciplina normativa pare violare i precetti di cui agli articoli 3, 24, 111 e 117 della Costituzione (l'art. 117 in relazione all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e all'art. 14, comma 3, lettera g), del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici di New York). 2.3) L'art. 75 comma 1 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 (come risultante a seguito delle modifiche apportate dall'art. 1 comma 24-quater decreto-legge n. 36/2014, convertito con modifiche dalla legge n. 79/2014) prevede: «Chiunque, per farne uso personale, illecitamente importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene sostanze stupefacenti o psicotrope e' sottoposto, per un periodo da due mesi a un anno, se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle I e III previste dall'art. 14, e per un periodo da uno a tre mesi, se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle II e IV previste dallo stesso articolo, a una o piu' delle seguenti sanzioni amministrative: a) sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneita' alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni; b) sospensione della licenza di porto d'armi o divieto di conseguirla; e) sospensione del passaporto e di ogni altro documento equipollente o divieto di conseguirli; d) sospensione del permesso di soggiorno per motivi di turismo o divieto di conseguirlo se cittadino extracomunitario». I commi successivi dell'art. 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 disciplinano la procedura applicativa delle sanzioni, il regime d'impugnazione, l'eventuale revoca. Pare significativo in particolare il disposto del terzo comma: «Accertati i fatti di cui al comma 1, gli organi di polizia procedono alla contestazione immediata, se possibile, e riferiscono senza ritardo e comunque entro dieci giorni, con gli esiti degli esami tossicologici sulle sostanze sequestrate effettuati presso le strutture pubbliche di cui al comma 10, al prefetto competente ai sensi del comma 13. Ove, al momento dell'accertamento, l'interessato abbia la diretta e immediata disponibilita' di veicoli a motore, gli organi di polizia procedono altresi' all'immediato ritiro della patente di guida. Qualora la disponibilita' sia riferita ad un ciclomotore, gli organi accertatori ritirano anche il certificato di idoneita' tecnica, sottoponendo il veicolo a fermo amministrativo. Il ritiro della patente di guida, nonche' del certificato di idoneita' tecnica e il fermo amministrativo del ciclomotore hanno durata di trenta giorni e ad essi si estendono gli effetti di quanto previsto al comma 4». 2.4) Alla luce di tali previsioni normative l'illecito di cui all'art. 75 comma 1 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, pur formalmente amministrativo, pare connotato da sanzioni sostanzialmente penali. In proposito, richiamando i c.d. criteri Engel elaborati dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (i quali non necessariamente devono essere simultaneamente soddisfatti), si deve rilevare che la natura e finalita' della misura non e' meramente preventiva, ma assume uno spiccato connotato punitivo, e che le sanzioni potenzialmente applicabili sono plurime e significativamente afflittive. Sotto il primo profilo si consideri ad esempio che il ritiro immediato della patente o del certificato di idoneita' alla guida di ciclomotori, nel caso in cui al momento dell'accertamento il trasgressore abbia la diretta e immediata disponibilita' di veicoli a motore, prescinde dal dato dell'intervenuta assunzione dello stupefacente e dunque dalla sussistenza di un pericolo immediato per la pubblica incolumita' (essendo previsto anche in caso di mera detenzione dello stupefacente in funzione di un consumo personale che potrebbe avvenire anche a distanza di tempo presso l'abitazione privata) e prescinde anche dall'accertamento di infrazioni connesse alla circolazione stradale; in caso di ciclomotore e' previsto anche che il veicolo sia sottoposto a fermo amministrativo. Del resto la giurisprudenza della Corte di cassazione, sia pur pronunciandosi prima delle modifiche apportate all'art. 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 nel 2014, ha espressamente riconosciuto la finalita' anche punitiva dell'illecito in questione (secondo Cassazione Civ. Sez. 2, Ordinanza n. 21236 del 14 ottobre 2010 (Rv. 615467 - 01) tale disciplina normativa non ha «uno scopo meramente punitivo», e quindi anche punitivo). Sotto il secondo profilo, occorre considerare che le sanzioni previste dall'art. 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 sono plurime, variegate e irrogabili anche cumulativamente. In proposito, si deve sottolineare che secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo per valutare la gravita' della sanzione (allo scopo di identificare la stessa come pena o meno ai fini della Convenzione), la stessa deve essere valutata prendendo come punto di riferimento la pena massima edittale, non rilevando la sanzione concretamente inflitta al termine del giudizio (si veda ad es. Corte europea dei diritti dell'uomo sentenza 13 giugno 2017, Šimkus contro Lituania, par. 44). Nel caso dell'illecito di cui all'art. 75 decreto del Presidente della Repubblica 309/1990, occorre dunque avere riguardo alla pluralita' delle sanzioni nell'entita' massima potenzialmente applicabile. In particolare, gia' la sola sospensione della patente di guida per un periodo apprezzabile di tempo o il divieto di conseguirla per un notevole periodo di tempo costituisce una sanzione che, per la sua severita', assume un carattere punitivo e dissuasivo. In proposito, recentemente la stessa Corte costituzionale ha riconosciuto il carattere sostanzialmente penale della sanzione della revoca della patente di guida (con il divieto di conseguirla nuovamente per un certo periodo di tempo) applicata con la sentenza di condanna o di patteggiamento per il reato di omicidio stradale o di lesioni stradali (sentenza n. 68/2021). In tale occasione la Corte costituzionale ha altresi' ricordato i numerosi casi in cui la Corte europea dei diritti dell'uomo ha ritenuto che misure come il ritiro e la sospensione della patente, o il divieto di condurre veicoli a motore, o anche solo la decurtazione dei punti della patente - in ragione della elevata rilevanza del diritto di condurre un veicolo a motore per la vita quotidiana e l'esercizio di una attivita' professionale - si debbano considerare sanzioni di natura penale. Non pare doversi trascurare un ulteriore dato: l'illecito di cui all'art. 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e' sempre correlato ad un delitto di cessione di stupefacenti, per il quale l'ordinamento prevede pene severe e anche sul piano procedurale appronta una serie di misure (arresto in flagranza, intercettazioni, misure cautelari), anche in deroga al regime ordinario (ad es. in materia di perquisizioni domiciliari), che rendono evidente l'attenzione e lo sforzo che il Legislatore vuole dedicare alla repressione del traffico di stupefacenti. In tale quadro anche la previsione dell'illecito di cui all'art. 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 per il mero consumatore vale ad assumere una forte connotazione dissuasiva. 2.5) Una volta riconosciuta la natura sostanzialmente penale dell'illecito di cui all'art. 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, il mancato riconoscimento del c.d. diritto al silenzio al soggetto cui tale illecito sia contestato o che comunque sia raggiunto da indizi di responsabilita' per tale illecito pare violare le citate norme costituzionali. Occorre premettere che il nostro ordinamento penale riconosce all'imputato e all'imputato di reato connesso o collegato una serie di garanzie, tra cui il diritto al silenzio, ma anche il non assoggettamento all'obbligo di dire la verita' e in certi casi il diritto a non presentarsi dinanzi all'autorita' giudiziaria o alla polizia giudiziaria (che pure costituiscono declinazioni del principio del nemo tenetur se detegere), nonche' l'assistenza difensiva. Si intende qui proporre l'estensione al soggetto cui sia contestato l'illecito ex art. 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 soltanto della facolta' di non rispondere, in quanto il diritto al silenzio costituisce il nucleo essenziale del diritto a non collaborare alla propria incolpazione. 2.6) L'omesso riconoscimento del diritto al silenzio pare violare in primo luogo l'art. 24 della Costituzione. Come ribadito con l'ordinanza 117/2019, la giurisprudenza della Corte costituzionale ritiene che «il "diritto al silenzio" dell'imputato - pur non godendo di espresso riconoscimento costituzionale - costituisca un «corollario essenziale dell'inviolabilita' del diritto di difesa», riconosciuto dall'art. 24 Cost. (ordinanze n. 202 del 2004, n. 485 e n. 291 del 2002). Tale diritto garantisce all'imputato la possibilita' di rifiutare di sottoporsi all'esame testimoniale e, piu' in generale, di avvalersi della facolta' di non rispondere alle domande del giudice o dell'autorita' competente per le indagini.» Per quanto la Corte non abbia finora affermato espressamente l'applicabilita' del diritto al silenzio anche nell'ambito di procedimenti amministrativi funzionali all'irrogazione di sanzioni di natura «punitiva» secondo i criteri Engel, pare potersi giungere a tale conclusione. Da un lato infatti il diritto al silenzio appartiene «al novero dei diritti inalienabili della persona umana» (ordinanza n. 117/2019); dall'altro, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha negli anni via via riconosciuto l'applicabilita' di singole garanzie proprie del processo penale anche agli illeciti connotati da una sanzione, pur formalmente qualificata diversamente, ma di fatto di natura «punitiva». Da ultimo con la sentenza n. 68/2021 la Corte ha sottolineato di avere «ormai esteso alle sanzioni amministrative a carattere punitivo - in quanto tali (indipendentemente, cioe', dalla caratura dei beni incisi) - larga parte dello «statuto costituzionale» sostanziale delle sanzioni penali: sia quello basato sull'art. 25 Cost. irretroattivita' della norma sfavorevole (sentenze n. 96 del 2020, n. 223 del 2018 e n. 68 del 2017; nonche', a livello argomentativo, sentenze n. 112 del 2019 e n. 121 del 2018; ordinanza n. 117 del 2019), determinatezza dell'illecito e delle sanzioni (sentenze n. 134 del 2019 e n. 121 del 2018) - sia quello basato su altri parametri, e in particolare sull'art. 3 Cost. - retroattivita' della lex mitior (sentenza n. 63 del 2019), proporzionalita' della sanzione alla gravita' del fatto (sentenza n. 112 del 2019)». In tale quadro il diritto al silenzio, nocciolo essenziale del diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost., pare doversi estendere anche agli illeciti per i quali siano previste sanzioni amministrative a carattere punitivo. D'altro canto, nel citato contesto il mancato riconoscimento di tale diritto parrebbe irragionevole e quindi contrastante con l'art. 3 Cost. 2.7) La norma censurata sembra violare anche l'art. 111 Cost. nella misura in cui non consente il rispetto del principio del giusto processo. Il diritto al silenzio e' riconosciuto non solo per salvaguardare la liberta' e dignita' del soggetto cui le domande siano rivolte, ma anche per assicurare la genuinita' delle dichiarazioni rese, che potrebbe essere messa in pericolo dall'esercizio di pressioni da parte dell'autorita' nei confronti del soggetto esaminato. Il mancato riconoscimento del diritto al silenzio sulla base della mera distinzione formale tra illecito penale e illecito amministrativo contestato al soggetto non imputato da esaminare pare non rispondere ad un criterio di ragionevolezza (e dunque viene di nuovo in rilievo l'art. 3 Cost.) ai fini della genuinita' degli elementi di prova forniti dal soggetto costretto a rendere dichiarazioni. Costringere un soggetto a rendere dichiarazioni contra se potrebbe poi costituire una violazione dell'art. 111 Cost. anche sotto il profilo della c.d. parita' delle armi nell'eventuale successivo giudizio di impugnazione della sanzione amministrativa punitiva. 2.8) La norma qui censurata pare contrastare anche con Part. 117 Cost. (che prescrive che la potesta' legislativa e' esercitata nel rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali) in relazione all'art. 6 CEDU. La stessa Corte costituzionale con l'ordinanza n. 117/2019 ha rilevato che la Corte europea dei diritti dell'uomo infatti, pur in assenza di un riconoscimento esplicito del diritto al silenzio nella Convenzione, ha reiteratamente affermato che «il «diritto a restare in silenzio e a non contribuire in alcun modo alla propria incriminazione» (Corte EDU, sentenza 25 febbraio 1993, Funke contro Francia, paragrafo 44) si colloca al cuore della nozione di «equo processo» proclamata dall'art. 6, paragrafo 1, Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (ex multis, Corte europea dei diritti dell'uomo, sentenza 5 aprile 2012, Chambaz contro Svizzera, paragrafo 52). Tale diritto e', infatti, finalizzato a proteggere l'accusato da indebite pressioni dell'autorita' volte a provocarne la confessione (sentenza 8 febbraio 1996, John Murray contro Regno Unito, paragrafo 45). Nella valutazione della Corte europea dei diritti dell'uomo, inoltre, il diritto in questione e' strettamente connesso alla presunzione di innocenza di cui all'art. 6, paragrafo 2, Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (sentenze 21 dicembre 2000, Heaney e McGuinnes contro Irlanda, paragrafo 40; 17 dicembre 1996, Saunders contro Regno Unito, paragrafo 68)». La Corte europea dei diritti dell'uomo ha ritenuto decisiva ai fini del riconoscimento del diritto al silenzio la natura «punitiva» della sanzione applicabile, che postulava il rispetto dell'intero spettro delle garanzie assicurate dalla Convenzione in materia penale, compresa quella del «diritto al silenzio» da parte di chi sia incolpato di avere commesso un illecito. «Pare pertanto che, anche secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo, il diritto a non cooperare alla propria incolpazione e a non essere costretto a rendere dichiarazioni di natura confessoria, riconducibile all'art. 6 CEDU, comprenda il diritto di chiunque sia sottoposto a un procedimento amministrativo, che potrebbe sfociare nella irrogazione di sanzioni di carattere «punitivo» nei propri confronti, a non essere obbligato a fornire all'autorita' risposte dalle quali potrebbe emergere la propria responsabilita', sotto minaccia di una sanzione in caso di inottemperanza» (Corte costituzinale ordinanza n. 117/2019). Tale argomento vale a maggior ragione con riguardo all'illecito di cui all'art. 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 posto che, secondo la giurisprudenza costante della Corte di cassazione, l'acquirente di sostanza stupefacente per uso personale che si rifiuti di fornire alla polizia giudiziaria informazioni sulle persone da cui ha ricevuto la droga puo' essere chiamato a rispondere del delitto di favoreggiamento personale. Se e' vero che la giurisprudenza di legittimita' ha riconosciuto in astratto l'applicabilita' in tali casi dell'esimente di cui all'art. 384 c.p., in concreto poi ha fissato per detta applicabilita' requisiti, limiti e condizioni tanto stringenti da escluderne di fatto l'operativita', giungendo con le motivazioni piu' varie a confermare la condanna per favoreggiamento dell'acquirente consumatore che aveva serbato il silenzio (Cassazione Sez. 6, Sentenza n. 12934 dell'11 marzo 2015 Rv. 262910 01, Cassazione Sez. 6, Sentenza n. 23324 dell'8 marzo 2013 Rv. 256624 - 01, Cassazione Sez. 6, Sentenza n. 30535 del 13 luglio 2007 Rv. 237244 - 01). 2.9) Da ultimo viene in rilievo la violazione dell'art. 117 Cast. in relazione all'art. 14, comma 3, lettera g), del Patto internazionale sui diritti civili e politici di New York. Detto articolo del Patto adottato a New York il 16 dicembre 1966 (reso esecutivo in Italia con la legge 25 ottobre 1977, n. 881), prevede che «Ogni individuo accusato di un reato ha diritto, in posizione di piena eguaglianza, come minimo alle seguenti garanzie: [...] g) a non essere costretto a deporre contro se stesso od a confessarsi colpevole». Considerata la natura internazionale del Patto, con cui dunque si volevano porre dei vincoli alle condotte dei singoli Stati, pare necessario fare riferimento alla natura penale delle sanzioni anche ove queste siano qualificate diversamente dall'ordinamento nazionale; diversamente i singoli Stati potrebbero aggirare l'impegno assunto a livello internazionale semplicemente qualificando le sanzioni pur pesantemente afflittive (eventualmente anche detentive) come non penali, cosi sottraendo di fatto alla persona interessata le speciali garanzie previste dal Patto. 2.10) Pare necessario precisare che il riconoscimento anche rispetto all'illecito ex art. 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 del diritto al silenzio richiede necessariamente, perche' tale diritto sia effettivo e salvaguardato compiutamente (come la natura di diritto inviolabile dell'individuo postula), che lo stesso sia garantito attraverso la formulazione espressa degli avvisi di cui all'art. 64 codice di procedura penale. Diversamente, ove si riconoscesse il diritto al silenzio, ma non si imponesse all'autorita' che procede all'audizione di avvisare l'interessato in ordine a tale diritto, lo si priverebbe in sostanza di effettivita': si consideri da un lato lo stato di soggezione in cui si puo' venire a trovare l'interessato (consumatore di sostanze) di fronte all'organo inquirente e dall'altro il fatto che egli non sarebbe neppure assistito da un difensore che potrebbe renderlo edotto delle sue facolta'. Perche' il diritto al silenzio non sia meramente «tollerato», ma «protetto» dall'ordinamento, i citati avvisi (e le connesse sanzioni in caso di omissione) paiono essenziali. 2.11) Infine, la richiesta di dichiarare l'illegittimita' della norma di cui all'art. 64 comma 3 codice di procedura penale nella parte in cui non prevede che gli avvisi ivi indicati debbano essere rivolti alla persona cui sia contestato l'illecito amministrativo di cui all'art. 75 comma 1 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, o che sia gia' raggiunta da elementi indizianti di tale illecito, allorche' la stessa sia sentita in relazione ad un reato collegato ai sensi dell'art. 371, comma 2, lettera b) codice di procedura penale, va intesa evidentemente avendo riguardo ai criteri di collegamento fattuali previsti dall' art. 371, comma 2, lettera b) codice di procedura penale, a prescindere dal dato formale della non qualificazione come reato dell'illecito ex art. 75 comma 1 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. 3. Possibilita' di un'interpretazione conforme Non risultano percorribili interpretazioni conformi della norma ora censurata alle citate disposizioni della Costituzione, chiaro e univoco essendo il dato letterale, che fa riferimento univoco all'illecito anche formalmente penale. Detta disposizione e' peraltro interpretata in modo costante dalla giurisprudenza in conformita' al citato dato letterale. Si veda ad es. Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 2441 del 9 ottobre 2014 Rv. 261953 - 01 («L'acquirente di modiche quantita' di sostanza stupefacente, nei cui confronti non siano emersi elementi indizianti di uso non personale, deve essere sentito nel corso delle indagini preliminari come persona informata dei fatti e come testimone in dibattimento, essendo irrilevante, a tal fine, che egli possa essere soggetto a sanzione amministrativa per l'uso personale, derivando da cio' la utilizzabilita' delle dichiarazioni rese nelle rispettive qualita'») e in precedenza Cassazione Sez. U, Sentenza n. 21832 del 22 febbraio 2007 Rv. 236370 - 01 e Cassazione Sez. 6, Sentenza n. 40586 del 10 ottobre 2008 Rv. 241358 - 01 e Cassazione Sez. 6, Sentenza n. 39981 del 19 settembre 2013 Rv. 256274-01. 4. Essendo la norma della cui legittimita' si dubita rilevante per l'individuazione del materiale probatorio utilizzabile ai fini della decisione sulla richiesta di convalida e sulla richiesta di applicazione della misura cautelare, si deve sospendere il giudizio in ordine a tali richieste in attesa della decisione della Corte costituzionale; posto che, elevando la questione, e' automaticamente impossibile il rispetto del termine di legge - decorso il quale senza che l'ordinanza di convalida dell'arresto sia pronunciata occorre disporre la liberazione del prevenuto (a prescindere dalla ragione per cui entro il suddetto termine l'ordinanza non sia pronunciata) - si deve fin da ora disporre la liberazione del predetto (Corte costituzioale sentenza n. 54/1993);
P. Q. M. Visti gli articoli 391 e 558 codice di procedura penale. Sospende la decisione in ordine alla richiesta di convalida dell'arresto e di applicazione di misure cautelari. Dispone l'immediata liberazione dell'imputato. Visti gli articoli 134 Cost., 23 ss. legge n. 87/1953, ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata. Solleva questione di legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 64 comma 3 codice di procedura penale nella parte in cui non prevede che gli avvisi ivi indicati debbano essere rivolti alla persona cui sia contestato l'illecito amministrativo di cui all'art. 75 comma 1 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, o che sia gia' raggiunta da elementi indizianti di tale illecito, allorche' la stessa sia sentita in relazione ad un reato collegato ai sensi dell'art. 371, comma 2, lettera b) codice di procedura penale; per violazione degli articoli 3, 24, 111 e 117 Cost. (l'art. 117 Cost. in relazione all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e all'art. 14, comma 3, lettera g), del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici di New York). Sospende il giudizio in corso, ed i relativi termini di prescrizione, fino alla definizione del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale. Dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale della presente ordinanza e degli atti del procedimento, comprensivi della documentazione attentante il perfezionamento delle prescritte comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso. Manda alla cncelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo processuale alla Corte costituzionale. Da' atto, anche ai fini di cui all'art. 23 comma 4 legge n. 87/1953, che la presente ordinanza e' stata letta in udienza e che, pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro che sono o devono considerarsi presenti, ex art. 148 comma 5 c.p.p. Firenze, 29 aprile 2021 Il Giudice: Attina'