N. 168 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 giugno 2021
Ordinanza del 25 giugno 2021 del Tribunale di Firenze nel procedimento penale a carico di D. M. L.. Processo penale - Interrogatorio della persona sottoposta alle indagini - Avvisi all'indagato prima che abbia inizio l'interrogatorio - Mancata previsione che gli avvisi previsti debbano essere rivolti anche alla persona cui sia contestato l'illecito amministrativo di cui all'art. 75, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990 o che sia stata gia' raggiunta da elementi indizianti di tale illecito, allorche' la stessa sia sentita in relazione a un reato collegato ai sensi dell'art. 371, comma 2, lettera b), cod. proc. pen. - Codice di procedura penale, art. 64, comma 3.(GU n.44 del 3-11-2021 )
TRIBUNALE DI FIRENZE Prima sezione penale Il Giudice, dott. Franco Attina', nel procedimento sopra indicato a carico di D. M. L. , nato in , sedicente, identificato con rilievi fotodattiloscopici (C.U.I. ); elettiv. domiciliato presso l'avv. Massimo Goti del Foro di Prato; difeso di fiducia dall'avv. Massimo Goti del Foro di Prato (nomina a seguito dell'arresto del ); parla e comprende solo parzialmente la lingua italiana (accertamento all'udienza di convalida del 25 giugno 2021); arrestato in flagranza di reato in data e oggetto del decreto di presentazione diretta in giudizio per il rito direttissimo con la seguente imputazione 1) art. 73, comma 5^, decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (T.U.L.Stup.) come modificato dal decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, convertito con modificazioni dalla legge 20 maggio 2014, n. 79 (nella Gazzetta Ufficiale 20 maggio 2014, n. 115) perche', senza l'autorizzazione di cui all'art. 17 e fuori dalle ipotesi previste dall'art. 75 stessa legge, cedeva a R. F. , per la somma di euro 40,00, complessivi gr. 0,44 lordi cocaina (crack) sostanza stupefacente di cui alla tab. I-III prevista dall'art. 14 della legge medesima. 2) art. 73, comma 5^, decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (T.U.L.Stup.) come modificato dal decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, convertito con modificazioni dalla legge 20 maggio 2014, n. 79 (nella Gazzetta Ufficiale 20 maggio 2014, n. 115) perche', senza l'autorizzazione di cui all'art. 17 e fuori dalle ipotesi previste dall'art. 75 stessa legge, deteneva per finalita' di spaccio complessivi gr. 4,80 lordi di sostanza stupefacente del tipo crack/cocaina (suddivisi in 8 dosi pronte per lo spaccio) sostanza stupefacente di cui alla tab. I-III prevista dall'art. 14 della legge medesima. Accertati in , il premesso che: D. M. L. era tratto in arresto in data , alle ore circa, per i reati di cessione e detenzione a fine di spaccio di stupefacenti, qualificati dal pubblico ministero ex art. 73 comma 5 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990; il pubblico ministero con decreto del 24 giugno 2021 disponeva la presentazione diretta dell'arrestato per la convalida dell'arresto ed il successivo giudizio direttissimo; all'udienza odierna, dopo la relazione orale dell'operante di P.G., si svolgeva l'interrogatorio dell'arrestato; le parti illustravano quindi le proprie richieste: il pubblico ministero chiedeva convalidarsi l'arresto e applicarsi la misura cautelare del divieto di dimora nel Comune e nella Provincia di ; il difensore si opponeva alla convalida dell'arresto e all'applicazione di misure cautelari, chiedendo in subordine l'applicazione di una misura cautelare gradata quale l'obbligo di presentazione alla P.G.; rilevato che: A) in base agli atti d'indagine alle ore circa del i poliziotti del Commissariato , nel corso di un servizio in strada in abiti civili finalizzato al contrasto dello spaccio di stupefacenti nei pressi del , notavano l'attuale arrestato (che gia' conoscevano perche' in data 8 giugno 2021 lo avevano trovato in possesso di un computer di origine furtiva) parlare con altro soggetto, successivamente identificato in R. F. , nato il a . Gli operanti notavano che il D. si avvicinava ad una fioriera, ove dall'interno di un fazzoletto prelevava un involucro che cedeva a R. in cambio di alcune banconote. Gli operanti a questo punto intervenivano, fermando entrambi i soggetti. Sequestravano cosi' a R. un involucro contenente 0,44 grammi di sostanza che alla vista individuavano come crack e che poi effettivamente al narcotest risultava positivo come cocaina (di cui il crack e' un derivato); addosso a D. rinvenivano la somma di euro 220 (tra cui due banconote da 20 euro oggetto delle successive dichiarazioni di R. ); nella gia' citata fioriera recuperavano il fazzoletto sopra menzionato al cui interno rinvenivano ulteriori otto involucri, sei dei quali di colore giallo identici a quello sequestrato a R. , che avrebbero poi reagito positivamente al narcotest come cocaina (crack), per complessivi gr. 4,80; B) R. F. , sentito poi a s.i.t., confermava l'acquisto appena effettuato della sostanza di tipo crack da un soggetto, da lui conosciuto come «Matteo» che riconosceva senza ombra di dubbio nel soggetto tratto in arresto dai poliziotti; descriveva le modalita' dell'acquisto (corrispondenti a quelle osservate dagli operanti di P.G.); affermava di avere pagato la dose di crack 40 euro; dichiarava che gia' in altre due occasioni - nell'arco dei precedenti due mesi - aveva acquistato dosi di crack dal medesimo spacciatore, con le medesime modalita', nel medesimo luogo e al medesimo prezzo; C) Il prevenuto in sede d'interrogatorio si e' avvalso della facolta' di non rispondere; D) dal verbale di arresto e dall'elenco dei rilievi dattiloscopici emerge che il prevenuto (incensurato) - la cui prima presenza in Italia e' stata rilevata nel - e' stato gia' in due precedenti occasioni denunciato per reati in materia di stupefacenti; si ignorano pero' del tutto i dettagli e quindi l'affidabilita' di detti precedenti di polizia; E) e' possibile senz'altro convalidare l'arresto del prevenuto, gia' solo per il fatto che lo stesso e' stato il trovato dagli operanti in flagranza di reato nella disponibilita' di 4,80 grammi di crack (cocaina), frazionati in piu' involucri e nascosti in un fazzoletto all'interno di una fioriera, in una nota zona di spaccio di stupefacenti; la sostanza era quindi con tutta evidenza destinata alla cessione a terzi; la quantita' e la tipologia di stupefacente detenuto giustificano senz'altro l'arresto; sono stati osservati i termini di legge; F) per provvedere in ordine alla richiesta di applicazione della misura cautelare, piu' rilevante e' viceversa la preliminare individuazione di quali siano gli atti utilizzabili a tale scopo; per poter addivenire ad una corretta decisione a questo riguardo ed in particolare per valutare l'utilizzabilita' del verbale delle sommarie informazioni rese dal R. , appare necessario il pronunciamento della Corte costituzionale in ordine alla legittimita' costituzionale delle norma di cui all'art. 64, comma 3 c.p.p. nella parte in cui non prevede che gli avvisi ivi indicati debbano essere rivolti alla persona cui sia contestato l'illecito amministrativo di cui all' art. 75 comma 1 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, o che sia gia' raggiunta da elementi indizianti di tale illecito, allorche' la stessa sia sentita in relazione ad un reato collegato ai sensi dell'art. 371, comma 2, lettera b) c.p.p.; F) la questione che qui s'intende porre all'attenzione della Corte costituzionale e' analoga a quella gia' sollevata con ordinanza di questo giudice del 29 aprile 2021, da cui si differenzia solo per due aspetti: 1) nella vicenda ora in esame viene in rilievo una cessione/ricezione di crack/cocaina (sostanza compresa nella tabella I e III prevista dall'art. 14) e non di cannabinoidi, per cui la sanzione amministrativa prevista dall'art. 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 risulta essere ancora piu' severa; 2) la presente ordinanza e' pronunciata dopo il deposito in data 30 aprile 2021 della sentenza della Corte costituzionale n. 84/2021, di cui puo' dunque tenere conto; cio' premesso; Osserva: 1. Rilevanza della questione. 1.1 R. F. era gia' raggiunto da gravi elementi indizianti in ordine all'illecito amministrativo di cui all'art. 75, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 allorche' e' stato sentito dalla P.G. in ordine ai fatti oggetto del procedimento: i poliziotti avevano avuto modo di vedere uno scambio di qualcosa tra il predetto e D. , con modalita' e in un contesto altamente sospetti; in suo possesso e' stato poi trovato l'involucro contenente crack; in effetti, in sede di relazione orale, il sovr. ha riferito che al R. e' stato contestato l'illecito amministrativo di cui all'art. 75, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. 1.2 R. e' stato sentito dalla polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 351, comma 1 c.p.p., senza che allo stesso siano stati forniti gli avvisi di cui all'art. 64, comma 3 c.p.p. 1.3 L'art. 64, comma 3 c.p.p. elenca gli avvisi che devono essere effettuati nei confronti della persona sottoposta alle indagini prima dell'inizio dell'interrogatorio. 1.4 Il disposto dell'art. 64 c.p.p. e' richiamato, in tutto o in parte, oltre che dalle norme che disciplinano le varie ipotesi di interrogatorio previste dall'ordinamento (a seguito dell'applicazione di misure cautelari, in udienza preliminare, ecc.), anche da altre norme processuali che ne estendono l'ambito applicativo: l'art. 210 c.p.p. relativamente all'esame dibattimentale delle persone imputate in un procedimento connesso a norma dell'art. 12 c.p.p. o di un reato collegato a norma dell'art. 371, comma 2, lettera b) c.p.p.; l'art. 350 c.p.p. relativamente alle sommarie informazioni utili per le investigazioni assunte dalla polizia giudiziaria dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini; l'art. 363 c.p.p. - tramite il richiamo all'art. 210 c.p.p. - relativamente all'interrogatorio da parte del pubblico ministero delle persone imputate in un procedimento connesso a norma dell'art. 12 c.p.p. o di un reato collegato a norma dell'art. 371, comma 2, lettera b) c.p.p.; l'art. 374 c.p.p. relativamente alla presentazione spontanea al pubblico ministero. Varie pronunce di legittimita', sulla base di ragioni di carattere sistematico, hanno poi riconosciuto la doverosita' degli avvisi di cui all'art. 64 c.p.p. anche in relazione ad ipotesi per le quali gli stessi non sono espressamente previsti: cosi' Cassazione Sez. 1, sentenza n. 22643 del 10 maggio 2012 (dep. 11 giugno 2012) Rv. 252741 - 01 e Cassazione Sez. 1, sentenza n. 15849 del 18 dicembre 2017 (dep. 10 aprile 2018) hanno affermato che i citati avvisi devono essere formulati dalla polizia giudiziaria anche allorche' proceda ai sensi dell'art. 351 comma 1-bis all'assunzione di informazioni da persone imputate in un procedimento connesso a norma dell'art. 12 c.p.p. o di un reato collegato a norma dell'art. 371, comma 2, lettera b) c.p.p. Ai sensi dell'art. 61 c.p.p. i diritti e le garanzie previste per l'imputato si estendono alla persona sottoposta alle indagini; salvo sia diversamente previsto, inoltre, le disposizioni dettate per l'imputato si estendono alla persona sottoposta alle indagini. 1.5 Ai sensi del comma 3-bis dell'art. 64 c.p.p. «l'inosservanza delle disposizioni di cui al comma 3, lettere a) e b) rende inutilizzabili le dichiarazioni rese dalla persona interrogata. In mancanza dell'avvertimento di cui al comma 3, lettera c), le dichiarazioni eventualmente rese dalla persona interrogata su fatti che concernono la responsabilita' di altri non sono utilizzabili nei loro confronti e la persona interrogata non potra' assumere, in ordine a detti fatti, l'ufficio di testimone». L'art. 63 comma 1 c.p.p. prevede poi - in caso di dichiarazioni autoincriminanti rese nel corso dell'audizione da un soggetto non imputato e non sottoposto alle indagini - l'inutilizzabilita' contro il predetto soggetto delle dichiarazioni rilasciate prima dell'interruzione dell'esame. Il comma successivo sancisce l'inutilizzabilita' anche nei confronti dei terzi delle dichiarazioni rese, qualora la persona dovesse essere sentita sin dall'inizio in qualita' di imputato o di persona sottoposta alle indagini. 1.6 Si ritiene poi di dover condividere l'orientamento giurisprudenziale secondo cui - nel caso in cui i citati avvisi di cui all'art. 64, comma 3 c.p.p. (ed in particolare quello di cui alla lettera c) siano stati indebitamente omessi - le dichiarazioni in questione, anche ove rese nel corso delle indagini preliminari, sono inutilizzabili nei confronti dei terzi (oltre alle gia' citate Cassazione Sez. 1, sentenza n. 22643 del 10 maggio 2012 Rv. 252741 - 01 e Cassazione Sez. 1, sentenza n. 15849 del 18 dicembre 2017, afferenti alla materia cautelare, si veda anche Cassazione Sez. 3, sentenza n. 30922 del 18 settembre 2020 Rv. 280277 - 01, relativa all'inutilizzabilita' nel giudizio abbreviato). 1.7 A fronte di tale quadro di garanzie e di correlate sanzioni, nessuna garanzia e' prevista in ordine all'audizione del soggetto cui sia gia' stato contestato un illecito per il quale sia prevista una sanzione formalmente non penale ma sostanzialmente punitiva (o nei cui confronti siano gia' emersi indizi di un tale illecito), allorche' lo stesso sia sentito in relazione ad un fatto collegato ai sensi dell'art. 371, comma 2, lettera b) c.p.p.; con riguardo specifico al caso di specie, nessuna garanzia e' prevista in relazione all'audizione della persona cui sia gia' stata contestato l'illecito di cui all'art. 75 comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 o nei cui confronti siano comunque gia' emersi elementi indizianti di tale illecito, con riguardo alla relativa audizione in merito alla cessione di sostanza stupefacente avvenuta nei suoi confronti. 1.8 In proposito, risulta evidente il collegamento probatorio tra l'illecito amministrativo di cui all'art. 75 comma 1 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, posto in essere da chi abbia acquistato o ricevuto sostanza stupefacente per fame uso personale, ed il reato di cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 ora contestato all'attuale arrestato/imputato in relazione alla cessione dello stupefacente allo stesso R. 1.9 Ove la norma di cui all'art. 64, comma 3 c.p.p. fosse dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede che gli avvisi in questione siano rivolti anche a tali soggetti, ne deriverebbe ai sensi degli articoli 63 e 64 comma 3-bis l'inutilizzabilita' delle dichiarazioni rese nei confronti dell'attuale imputato. A tale riguardo, ad avviso di questo giudice - una volta intervenuta la suggerita dichiarazione d'incostituzionalita' dell'art. 64 comma 3 c.p.p. - l'inutilizzabilita' (conseguente alla mancata formulazione degli avvisi) potrebbe essere affermata gia' alla stregua delle disposizioni di legge esistenti senza la necessita' di un intervento manipolativo anche rispetto alle disposizioni che prevedono la sanzione dell'inutilizzabilita'. 1.10 Le dichiarazioni rese da R. costituiscono uno dei principali elementi a carico di D. per il reato di cessione di cui al capo 1) dell'imputazione e l'unico con riguardo a taluni profili, quali il prezzo a cui e' avvenuta la cessione e - soprattutto - le due precedenti cessioni ad opera dello stesso D. a R. dichiarate da quest'ultimo, dato questo molto rilevante ai fini della sussistenza delle esigenze cautelari e quindi dell'applicabilita' o meno della misura cautelare (si e' visto che D. e' soggetto incensurato e nulla si sa di preciso circa i precedenti di polizia per stupefacenti di cui si da' atto nel verbale di arresto). 1.11 La dichiarazione d'incostituzionalita' che qui si suggerisce inciderebbe dunque significativamente sul materiale probatorio valutabile ai fini della decisione in ordine alla richiesta di applicazione di misura cautelare. 2. Non manifesta infondatezza. 2.1 Si dubita della legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 64 comma 3 c.p.p. nella parte in cui non prevede che gli avvisi ivi indicati siano rivolti alla persona cui sia contestato l'illecito amministrativo di cui all'art. 75 comma 1 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, o che sia gia' raggiunta da elementi indizianti di tale illecito, allorche' la stessa sia sentita in relazione ad un reato collegato ai sensi dell'art. 371, comma 2, lettera b) c.p.p. 2.2 Tale disciplina normativa pare violare i precetti di cui agli articoli 3, 24, 111 e 117 della Costituzione (l'art. 117 in relazione all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e all'art. 14, comma 3, lettera g), del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici di New York). 2.3 L'art. 75 comma 1 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 (come risultante a seguito delle modifiche apportate dall'art. 1 comma 24-quater decreto-legge n. 36/2014, convertito con modifiche dalla legge n. 79/2014) prevede: «Chiunque, per farne uso personale, illecitamente importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene sostanze stupefacenti o psicotrope e' sottoposto, per un periodo da due mesi a un anno, se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle I e III previste dall'art. 14, e per un periodo da uno a tre mesi, se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle II e IV previste dallo stesso articolo, a una o piu' delle seguenti sanzioni amministrative: a) sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneita' alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni; b) sospensione della licenza di porto d'armi o divieto di conseguirla; c) sospensione del passaporto e di ogni altro documento equipollente o divieto di conseguirli; d) sospensione del permesso di soggiorno per motivi di turismo o divieto di conseguirlo se cittadino extracomunitario». I commi successivi dell'art. 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 disciplinano la procedura applicativa delle sanzioni, il regime d'impugnazione, l'eventuale revoca. Pare significativo in particolare il disposto del terzo comma: «Accertati i fatti di cui al comma 1, gli organi di polizia procedono alla contestazione immediata, se possibile, e riferiscono senza ritardo e comunque entro dieci giorni, con gli esiti degli esami tossicologici sulle sostanze sequestrate effettuati presso le strutture pubbliche di cui al comma 10, al prefetto competente ai sensi del comma 13. Ove, al momento dell'accertamento, l'interessato abbia la diretta e immediata disponibilita' di veicoli a motore, gli organi di polizia procedono altresi' all'immediato ritiro della patente di guida. Qualora la disponibilita' sia riferita ad un ciclomotore, gli organi accertatori ritirano anche il certificato di idoneita' tecnica, sottoponendo il veicolo a fermo amministrativo. Il ritiro della patente di guida, nonche' del certificato di idoneita' tecnica e il fermo amministrativo del ciclomotore hanno durata di trenta giorni e ad essi si estendono gli effetti di quanto previsto al comma 4». 2.4 Alla luce di tali previsioni normative l'illecito di cui all'art. 75, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, pur formalmente amministrativo, pare connotato da sanzioni sostanzialmente penali. In proposito, richiamando i c.d. criteri Engel elaborati dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (i quali non necessariamente devono essere simultaneamente soddisfatti), si deve rilevare che la natura e finalita' della misura non e' meramente preventiva, ma assume uno spiccato connotato punitivo, e che le sanzioni potenzialmente applicabili sono plurime e significativamente afflittive. Sotto il primo profilo si consideri ad esempio che il ritiro immediato della patente o del certificato di idoneita' alla guida di ciclomotori, nel caso in cui al momento dell'accertamento il trasgressore abbia la diretta e immediata disponibilita' di veicoli a motore, prescinde dal dato dell'intervenuta assunzione dello stupefacente e dunque dalla sussistenza di un pericolo immediato per la pubblica incolumita' (essendo previsto pure in caso di mera detenzione dello stupefacente in funzione di un consumo personale che potrebbe avvenire anche a distanza di tempo presso l'abitazione privata) e prescinde anche dall'accertamento di infrazioni connesse alla circolazione stradale; in caso di ciclomotore e' previsto anche che il veicolo sia sottoposto a fermo amministrativo. Del resto la giurisprudenza della Corte di cassazione, sia pur pronunciandosi prima delle modifiche apportate all'art. 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 nel 2014, ha espressamente riconosciuto la finalita' anche punitiva dell'illecito in questione (secondo Cassazione Civ. Sez. 2, ordinanza n. 21236 del 14 ottobre 2010 Rv. 615467 - 01 tale disciplina normativa non ha «uno scopo meramente punitivo», e quindi ha anche uno scopo punitivo). Sotto il secondo profilo, occorre considerare che le sanzioni previste dall'art. 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 sono plurime, variegate e irrogabili anche cumulativamente. In proposito, si deve sottolineare che secondo la giurisprudenza della Corte di Strasburgo per valutare la gravita' della sanzione (allo scopo di identificare la stessa come pena o meno ai fini della Convenzione), la stessa deve essere valutata prendendo come punto di riferimento la pena massima edittale, non rilevando la sanzione concretamente inflitta al termine del giudizio (si veda ad es. Corte europea dei diritti dell'uomo sentenza 13 giugno 2017, Šimkus contro Lituania, par. 44). Nel caso dell'illecito di cui all'art. 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, occorre dunque avere riguardo alla pluralita' delle sanzioni nell'entita' massima potenzialmente applicabile. In particolare, gia' la sola sospensione della patente di guida per un periodo apprezzabile di tempo o il divieto di conseguirla per un notevole periodo di tempo costituisce una sanzione che, per la sua severita', assume un carattere punitivo e dissuasivo. In proposito, recentemente la stessa Corte costituzionale ha riconosciuto il carattere sostanzialmente penale della sanzione della revoca della patente di guida (con il divieto di conseguirla nuovamente per un certo periodo di tempo) applicata con la sentenza di condanna o di patteggiamento per il reato di omicidio stradale o di lesioni stradali (sentenza n. 68/2021). In tale occasione la Corte costituzionale ha altresi' ricordato i numerosi casi in cui la Corte europea dei diritti dell'uomo ha ritenuto che misure come il ritiro e la sospensione della patente, o il divieto di condurre veicoli a motore, o anche solo la decurtazione dei punti della patente - in ragione della elevata rilevanza del diritto di condurre un veicolo a motore per la vita quotidiana e l'esercizio di una attivita' professionale - si debbano considerare sanzioni di natura penale. Non pare doversi trascurare un ulteriore dato: l'illecito di cui all'art. 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e' sempre correlato ad un delitto di cessione di stupefacenti, per il quale l'ordinamento prevede pene severe e anche sul piano procedurale appronta una serie di misure (arresto in flagranza, intercettazioni, misure cautelari), anche in deroga al regime ordinario (ad es. in materia di perquisizioni domiciliari), che rendono evidente l'attenzione e lo sforzo che il legislatore vuole dedicare alla repressione del traffico di stupefacenti. In tale quadro anche la previsione dell'illecito di cui all'art. 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 per il mero consumatore vale ad assumere una forte connotazione dissuasiva. 2.5 Una volta riconosciuta la natura sostanzialmente penale dell'illecito di cui all'art. 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, il mancato riconoscimento del c.d. diritto al silenzio al soggetto cui tale illecito sia contestato o che comunque sia raggiunto da indizi di responsabilita' per tale illecito pare violare le citate norme costituzionali. Occorre premettere che il nostro ordinamento penale riconosce all'imputato e all'imputato di reato connesso o collegato una serie di garanzie, tra cui il diritto al silenzio, ma anche il non assoggettamento all'obbligo di dire la verita' e in certi casi il diritto a non presentarsi dinanzi all' autorita' giudiziaria o alla polizia giudiziaria (che pure costituiscono declinazioni del principio del nemo tenetur se detegere), nonche' l'assistenza difensiva. Si intende qui proporre l'estensione al soggetto cui sia contestato l'illecito ex art. 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 soltanto della facolta' di non rispondere, in quanto il diritto al silenzio costituisce il nucleo essenziale del diritto a non collaborare alla propria incolpazione. 2.6 L' omesso riconoscimento del diritto al silenzio pare violare in primo luogo l'art. 24 della Costituzione. Come ribadito con l'ordinanza n. 117/2019, la giurisprudenza della Corte costituzionale ritiene che «il "diritto al silenzio" dell'imputato - pur non godendo di espresso riconoscimento costituzionale - costituisca un "corollario essenziale dell'inviolabilita' del diritto di difesa", riconosciuto dall'art. 24 della Costituzione (ordinanze n. 202 del 2004, n. 485 e n. 291 del 2002). Tale diritto garantisce all'imputato la possibilita' di rifiutare di sottoporsi all'esame testimoniale e, piu' in generale, di avvalersi della facolta' di non rispondere alle domande del giudice o dell'autorita' competente per le indagini.». Per quanto la Corte costituzionale non abbia finora affermato espressamente l'applilcabilita' del diritto al silenzio nel procedimento penale anche dei soggetti cui sia contestato un illecito amministrativo per il quale sia prevista una sanzione di natura «punitiva» secondo i criteri Engel, pare potersi giungere a tale conclusione. Da un lato infatti il diritto al silenzio appartiene «al novero dei diritti inalienabili della persona umana» (ordinanza n. 117/2019); dall'altro, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha negli anni via via riconosciuto l'applicabilita' di singole garanzie proprie del processo penale anche agli illeciti connotati da una sanzione, pur formalmente qualificata diversamente, ma di fatto di natura «punitiva». Con la sentenza n. 68/2021 la Corte ha sottolineato di avere «ormai esteso alle sanzioni amministrative a carattere punitivo - in quanto tali (indipendentemente, cioe', dalla caratura dei beni incisi) - larga parte dello "statuto costituzionale" sostanziale delle sanzioni penali: sia quello basato sull'art. 25 della Costituzione - irretroattivita' della norma sfavorevole (sentenze n. 96 del 2020, n. 223 del 2018 e n. 68 del 2017; nonche', a livello argomentativo, sentenze n. 112 del 2019 e n. 121 del 20 18; ordinanza n. 117 del 2019), determinatezza dell'illecito e delle sanzioni (sentenze n. 134 del 2019 e n. 121 del 2018) - sia quello basato su altri parametri, e in particolare sull'art. 3 della Costituzione - retroattivita' della lex mitior (sentenza n. 63 del 2019), proporzionalita' della sanzione alla gravita' del fatto (sentenza n. 112 del 2019)». Da ultimo, con la sentenza n. 84/2021 la Corte costituzionale ha espressamente riconosciuto il diritto al silenzio al soggetto interessato da procedimenti amministrativi comunque funzionali a scoprire illeciti e a individuarne i responsabili e suscettibili di condurre all'applicazione nei suoi confronti di sanzioni amministrative di carattere punitivo, giungendo cosi' a dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 187-quinquiesdecies decreto legislativo n. 58/1998, nella parte in cui si applica anche alla persona fisica che si sia rifiutata di fornire alla CONSOB risposte che possano far emergere la sua responsabilita' per un illecito passibile di sanzioni amministrative di carattere punitivo (ovvero per un reato). In tale quadro, pare necessario estendere il diritto al silenzio, nocciolo essenziale del diritto di difesa di cui all'art. 24 della Costituzione, anche al soggetto che - interessato da un procedimento amministrativo suscettibile di condurre all'applicazione nei suoi confronti di una sanzione di carattere punitivo - sia sentito nell'ambito di un procedimento penale relativo ad un fatto collegato. Anzi, tale diritto al silenzio pare doversi riconoscere a maggior ragione ove il soggetto - cui sia contestato l'illecito amministrativo contraddistinto da sanzione di natura punitiva - sia sentito nell'ambito di un procedimento penale (per fatto collegato) piuttosto che nel procedimento amministrativo a suo carico: nel procedimento penale infatti maggiori sono le pressioni a carico del soggetto, costretto a rispondere contra se sotto l'incombente minaccia da parte dell'ordinamento di un'incriminazione per favoreggiamento o altro reato. D'altro canto, nel citato contesto il mancato riconoscimento di tale diritto al silenzio parrebbe irragionevole e quindi contrastante con l'art. 3 della Costituzione. 2.7 La norma censurata sembra violare anche l'art. 111 della Costituzione nella misura in cui non consente il rispetto del principio del giusto processo. Il diritto al silenzio e' riconosciuto non solo per salvaguardare la liberta' e dignita' del soggetto cui le domande siano rivolte, ma anche per assicurare la genuinita' delle dichiarazioni rese, che potrebbe essere messa in pericolo dall'esercizio di pressioni da parte dell'autorita' nei confronti del soggetto esaminato. Il mancato riconoscimento del diritto al silenzio sulla base della mera distinzione formale tra illecito penale e illecito amministrativo contestato al soggetto non imputato da esaminare pare non rispondere ad un criterio di ragionevolezza (e dunque viene di nuovo in rilievo l'art. 3 della Costituzione) ai fini della genuinita' degli elementi di prova forniti dal soggetto costretto a rendere dichiarazioni. Costringere un soggetto a rendere dichiarazioni contra se potrebbe poi costituire una violazione dell'art. 111 della Costituzione anche sotto il profilo della c.d. parita' delle armi nell'eventuale successivo giudizio di impugnazione della sanzione amministrativa punitiva. 2.8 La norma qui censurata pare contrastare anche con l'art. 117 della Costituzione (che prescrive che la potesta' legislativa e' esercitata nel rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali) in relazione all'art. 6 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. La stessa Corte costituzionale con l'ordinanza n. 117/2019 ha rilevato che la Corte europea dei diritti dell'uomo infatti, pur in assenza di un riconoscimento esplicito del diritto al silenzio nella Convenzione, ha reiteratamente affermato che «il "diritto a restare in silenzio e a non contribuire in alcun modo alla propria incriminazione" (Corte europea dei diritti dell'uomo, sentenza 25 febbraio 1993, Funke contro Francia, paragrafo 44) si colloca al cuore della nozione di "equo processo" proclamata dall'art. 6, paragrafo 1, Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (ex multis, Corte europea dei diritti dell'uomo, sentenza 5 aprile 2012, Chambaz contro Svizzera, paragrafo 52). Tale diritto e', infatti, finalizzato a proteggere l'accusato da indebite pressioni dell'autorita' volte a provocarne la confessione (sentenza 8 febbraio 1996, John Murray contro Regno Unito, paragrafo 45). Nella valutazione della Corte europea dei diritti dell'uomo, inoltre, il diritto in questione e' strettamente connesso alla presunzione di innocenza di cui all'art. 6, paragrafo 2, Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (sentenze 21 dicembre 2000, Heaney e McGuinnes contro Irlanda, paragrafo 40; 17 dicembre 1996, Saunders contro Regno Unito, paragrafo 68)». La Corte di Strasburgo ha ritenuto decisiva ai fini del riconoscimento del diritto al silenzio la natura «punitiva» della sanzione applicabile, che postulava il rispetto dell'intero spettro delle garanzie assicurate dalla Convenzione in materia penale, compresa quella del «diritto al silenzio» da parte di chi sia incolpato di avere commesso un illecito. «Pare pertanto che, anche secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo, il diritto a non cooperare alla propria incolpazione e a non essere costretto a rendere dichiarazioni di natura confessoria, riconducibile all'art. 6 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, comprenda il diritto di chiunque sia sottoposto a un procedimento amministrativo, che potrebbe sfociare nella irrogazione di sanzioni di carattere "punitivo" nei propri confronti, a non essere obbligato a fornire all'autorita' risposte dalle quali potrebbe emergere la propria responsabilita', sotto minaccia di una sanzione in caso di inottemperanza» (Corte costituzionale ordinanza n. 117/2019). Tale argomento vale a maggior ragione con riguardo all'illecito di cui all'art. 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 posto che, secondo la giurisprudenza costante della Corte di cassazione, l'acquirente di sostanza stupefacente per uso personale che si rifiuti di fornire alla P.G. informazioni sulle persone da cui ha ricevuto la droga puo' essere chiamato a rispondere del delitto di favoreggiamento personale. Se e' vero che la giurisprudenza di legittimita' ha riconosciuto in astratto l'applicabilita' in tali casi dell'esimente di cui all'art. 384 c.p., in concreto poi ha fissato per detta applicabilita' requisiti, limiti e condizioni tanto stringenti da escluderne di fatto l'operativita', giungendo con le motivazioni piu' varie a confermare la condanna per favoreggiamento dell'acquirente consumatore che aveva serbato il silenzio (Cassazione Sez. 6, sentenza n. 12934 dell'11 marzo 2015 Rv. 262910 - 01, Cassazione Sez. 6, sentenza n. 23324 dell'8 marzo 2013 Rv. 256624 - 01, Cassazione Sez. 6, sentenza n. 30535 del 13 luglio 2007 Rv. 237244- 01). 2.9 Da ultimo viene in rilievo la violazione dell'art. 117 della Costituzione in relazione all'art. 14, comma 3, lettera g), del Patto internazionale sui diritti civili e politici di New York. Detto articolo del Patto adottato a New York il 16 dicembre 1966 (reso esecutivo in Italia con la legge 25 ottobre 1977, n. 881), prevede che «Ogni individuo accusato di un reato ha diritto, in posizione di piena eguaglianza, come minimo alle seguenti garanzie: [...] g) a non essere costretto a deporre contro se stesso od a confessarsi colpevole». Considerata la natura internazionale del Patto, con cui dunque si volevano porre dei vincoli alle condotte dei singoli Stati, pare necessario fare riferimento alla natura penale delle sanzioni anche ove queste siano qualificate diversamente dall'ordinamento nazionale; diversamente i singoli Stati potrebbero aggirare l'impegno assunto a livello internazionale semplicemente qualificando le sanzioni pur pesantemente afflittive (eventualmente anche detentive) come non penali, cosi' sottraendo di fatto alla persona interessata le speciali garanzie previste dal Patto. 2.10 Pare necessario precisare che il riconoscimento anche rispetto all'illecito ex art. 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 del diritto al silenzio richiede necessariamente, perche' tale diritto sia effettivo e salvaguardato compiutamente (come la natura di diritto inviolabile dell'individuo postula), che lo stesso sia garantito attraverso la formulazione espressa degli avvisi di cui all' art. 64 c.p.p. Diversamente, ove si riconoscesse il diritto al silenzio, ma non si imponesse all'autorita' che procede all'audizione di avvisare l'interessato in ordine a tale diritto, lo si priverebbe in sostanza di effettivita': si consideri da un lato lo stato di soggezione in cui si puo' venire a trovare l'interessato (in ipotesi consumatore di sostanze) di fronte all'organo inquirente e dall'altro il fatto che egli non sarebbe neppure assistito da un difensore che potrebbe renderlo edotto delle sue facolta'. Perche' il diritto al silenzio non sia meramente «tollerato», ma «protetto» dall'ordinamento, i citati avvisi (e le connesse sanzioni in caso di omissione) paiono essenziali. Del resto gli avvisi sono previsti nei confronti del soggetto imputato di reato connesso o collegato e non vi sarebbe un ragionevole motivo per non prevederli anche nei confronti del soggetto cui sia contestato l'illecito amministrativo (collegato) connotato da sanzione di natura punitiva, una volta che si riconosca anche a quest'ultimo il diritto al silenzio. 2.11 Infine, la richiesta di dichiarare l'illegittimita' della norma di cui all'art. 64, comma 3 c.p.p. nella parte in cui non prevede che gli avvisi ivi indicati debbano essere rivolti alla persona cui sia contestato l'illecito amministrativo di cui all'art. 75 comma 1 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, o che sia gia' raggiunta da elementi indizianti di tale illecito, allorche' la stessa sia sentita in relazione ad un reato collegato ai sensi dell'art. 371, comma 2, lettera b) c.p.p., va intesa evidentemente avendo riguardo ai criteri di collegamento fattuali previsti dall'art. 371, comma 2, lettera b) c.p.p., a prescindere dal dato formale della non qualificazione come reato dell'illecito ex art. 75 comma 1 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. 3. Possibilita' di un'interpretazione conforme. Non risultano percorribili interpretazioni conformi della norma ora censurata alle citate disposizioni della Costituzione, chiaro e univoco essendo il dato letterale, che fa riferimento univoco all'illecito anche formalmente penale. Detta disposizione e' peraltro interpretata in modo costante dalla giurisprudenza in conformita' al citato dato letterale. Si veda ad es. Cassazione Sez. 3, sentenza n. 2441 del 9 ottobre 2014 Rv. 261953 - 01 («L'acquirente di modiche quantita' di sostanza stupefacente, nei cui confronti non siano emersi elementi indizianti di uso non personale, deve essere sentito nel corso delle indagini preliminari come persona informata dei fatti e come testimone in dibattimento, essendo irrilevante, a tal fine, che egli possa essere soggetto a sanzione amministrativa per l'uso personale, derivando da cio' la utilizzabilita' delle dichiarazioni rese nelle rispettive qualita'») e in precedenza Cassazione Sez. U, sentenza n. 21832 del 22 febbraio 2007 Rv. 236370 - 01 e Cassazione Sez. 6, sentenza n. 40586 del 10 ottobre 2008 Rv. 241358 - 01 e Cassazione Sez. 6, sentenza n. 39981 del 19 settembre 2013 Rv. 256274 - 01. 4. Essendo la norma della cui legittimita' si dubita rilevante per l'individuazione del materiale probatorio utilizzabile ai fini della decisione sulla richiesta di applicazione della misura cautelare, si deve sospendere il giudizio in ordine a tale richiesta in attesa della decisione della Corte costituzionale.
P. Q. M. Visti gli articoli 391 e 558 c.p.p. Convalida l'arresto. Sospende la decisione in ordine alla richiesta di misura cautelare personale. Dispone l'immediata liberazione dell'imputato. Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23 ss. legge n. 87/1953, ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata; Solleva questione di legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 64 comma 3 c.p.p. nella parte in cui non prevede che gli avvisi ivi indicati debbano essere rivolti alla persona cui sia contestato l'illecito amministrativo di cui all'art. 75 comma 1 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, o che sia gia' raggiunta da elementi indizianti di tale illecito, allorche' la stessa sia sentita in relazione ad un reato collegato ai sensi dell'art. 371, comma 2, lettera b) c.p.p.; Per violazione degli articoli 3, 24, 111 e 117 della Costituzione (l'art. 117 della Costituzione in relazione all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e all'art. 14, comma 3, lettera g), del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici di New York). Sospende il giudizio in corso, ed i relativi termini di prescrizione, fino alla definizione del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale. Dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale della presente ordinanza e degli atti del procedimento, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso. Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo processuale alla Corte costituzionale. Da' atto, anche ai fini di cui all'art. 23, comma 4, legge n. 87/1953, che la presente ordinanza e' stata letta in udienza e che, pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro che sono o devono considerarsi presenti, ex art. 148 comma 5 c.p.p. Firenze, 25 giugno 2021 Il Giudice: Attina'