N. 61 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 12 ottobre 2021
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 12 ottobre 2021 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Sanita' pubblica - Servizio sanitario regionale - Norme della Regione Siciliana - Attribuzione al personale dipendente della societa' Servizi ausiliari Sicilia s.c.p.a. impegnato in servizi sanitari ausiliari presso le aziende sanitarie in attivita' afferenti a pazienti COVID-19 del riconoscimento economico previsto per gli operatori del Servizio sanitario regionale. Sanita' pubblica - Impiego pubblico - Norme della Regione Siciliana - Disposizioni in materia di direttore amministrativo delle aziende sanitarie - Requisiti per l'accesso all'elenco degli idonei alla direzione amministrativa delle aziende sanitarie. Sanita' pubblica - Impiego pubblico - Norme della Regione Siciliana - Norme in materia di personale precario degli enti locali - Previsione che i titolari di contratto di lavoro subordinato in servizio presso gli enti locali che godono dei trasferimenti a carico dell'Assessorato regionale delle autonomie locali e della funzione pubblica, dipartimento regionale delle autonomie locali, possono esercitare l'opzione per la fuoriuscita a fronte della corresponsione di un'indennita' omnicomprensiva. - Legge della Regione Siciliana 3 agosto 2021, n. 22 (Disposizioni urgenti in materia di concessioni demaniali marittime, gestione del servizio idrico integrato nell'ambito territoriale ottimale di Agrigento e di personale di Sicilia Digitale S.p.A. Disposizioni varie), artt. 7, 11 e 12.(GU n.45 del 10-11-2021 )
Ricorso ex art. 127 della Costituzione per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi n. 12, ricorrente; Contro la Regione Sicilia, in persona del Presidente della regione pro tempore, con sede legale in Palermo alla piazza Indipendenza n. 21, Palazzo Orleans, intimata; Per la declaratoria di illegittimita' costituzionale degli articoli 7, 11 e 12 della legge della Regione Sicilia 3 agosto 2021, n. 22, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 29 settembre 2021. Sul B.U.R. della Regione Sicilia n. 34 del 6 agosto 2021 e' stata pubblicata la legge regionale n. 22 del 3 agosto 2021, recante «Disposizioni urgenti in materia di concessioni demaniali marittime, gestione del servizio idrico integrato nell'ambito territoriale ottimale di Agrigento e di personale di Sicilia digitale S.p.a. disposizioni varie». Il Governo ritiene che le previsioni contenute negli articoli 7, 11 e 12 della suddetta legge eccedano le competenze attribuite alla Regione siciliana dallo statuto speciale di autonomia, regio decreto-legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, e si pongano in contrasto con gli articoli 97, 117, secondo comma, lettera l), terzo comma (tutela della salute), nonche' con l'art. 81, terzo comma, della Costituzione. Si propone, pertanto, questione di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 127, comma 1, della Costituzione per i seguenti Motivi 1. Illegittimita' dell'art. 7 della legge della Regione Sicilia n. 22/2021, per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione. La norma contenuta nell'art. 7 della L.R. n. 22/2021, al comma 1 prevede che le disposizioni di cui al comma 8 dell'art. 5 della legge regionale 12 maggio 2020, n. 9 - finalizzate ad attribuire, in aggiunta al sistema premiante ordinario, un riconoscimento economico agli operatori del servizio sanitario regionale - trovano applicazione anche nei confronti del personale dipendente della societa' Servizi ausiliari Sicilia S.c.p.a. impegnato in servizi sanitari ausiliari presso le aziende sanitarie in attivita' afferenti a pazienti Covid, nel limite del pagamento dell'importo una tantum di 1.000 euro. Il comma 2 dell'art. 7 quantifica gli oneri derivanti dalla suddetta previsione nell'importo massimo di «300 migliaia di euro», cui si provvede a valere sulle risorse del Fondo sanitario regionale di cui al comma 9 del medesimo art. 5 della legge regionale n. 9/2020. La Servizi ausiliari Sicilia e' una societa' consortile per azioni costituita ai sensi degli articoli 2615-ter e 2325 del codice civile, risultante dal piano di riordino delle societa' a totale e maggioritaria partecipazione della Regione siciliana di cui all'art. 20 della legge regionale 12 maggio 2010, n. 11. Alla compagine societaria partecipa la Regione siciliana per 1'82,72% delle azioni; il rimanente capitale sociale e' ripartito tra l'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia e le aziende sanitarie regionali. Il rapporto di lavoro del personale alle dipendenze delle societa' a partecipazione pubblica e' disciplinato dall'art. 19 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di societa' a partecipazione pubblica), che e' espressione della potesta' legislativa esclusiva dello Stato di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, in materia di ordinamento civile. L'art. 19 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di societa' a partecipazione pubblica) stabilisce, in generale, che ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle societa' a controllo pubblico si applicano le disposizioni del codice civile, delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa e dei contratti collettivi. Sono inequivocabili in tal senso - e avvalorati dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte - i richiami all'esigenza di una disciplina uniforme delle regole fondamentali che attengono ai contratti di lavoro. La giurisprudenza costituzionale ha ricondotto le disposizioni inerenti all'attivita' di societa' partecipate dalle regioni e dagli enti locali alla materia dell'«ordinamento civile», in quanto volte a definire il regime giuridico di soggetti di diritto privato (Corte costituzionale, sentenza, 30 ottobre 2020, n. 227, n. 251 del 2016). La norma regionale impugnata attiene ad un istituto, quale e' il trattamento retributivo del personale delle societa' a partecipazione pubblica, disciplinato dai contratti individuali e collettivi di lavoro, che afferisce alla sfera di competenza legislativa riservata dall'art. 117, secondo comma, lettera I), della Costituzione, esclusivamente allo Stato. Vertendosi, pertanto, nella disciplina dei «rapporti di diritto privato», ascrivibili alla materia dell'ordinamento civile (sentenza n. 324 del 2010), la regolamentazione del trattamento economico-retributivo del personale delle societa' pubbliche, discendente dal decreto legislativo n. 175 del 2016, si impone anche alle autonomie speciali. Tale conclusione, ribadita in piu' occasioni da codesta ecc.ma Corte con riferimento a fattispecie inerenti all'impiego pubblico privatizzato (sentenza n. 17 del 2014; nello stesso senso, sentenza n. 68 del 2011), vale, a maggior ragione, con riguardo ai rapporti di lavoro privato, quali sono, pur con profili di specialita', quelli intercorrenti con le societa' a partecipazione pubblica, come oggi confermato dal combinato disposto degli articoli 1, comma 3, e 19, comma 1, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di societa' a partecipazione pubblica). L'attrazione della disciplina del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni nell'alveo dell'ordinamento civile trova, del resto, fondamento proprio nella sua privatizzazione, in conseguenza della quale esso «e' retto dalla disciplina generale dei rapporti di lavoro tra privati ed e', percio', soggetto alle regole che garantiscono l'uniformita' di tale tipo di rapporti» (ex plurimis, Corte costituzionale, sentenza n. 186 del 2016). L'esigenza di garantire l'uniformita', nel territorio nazionale, delle regole che presiedono alla determinazione del trattamento economico dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni giustifica l'inerenza della relativa disciplina alla materia «ordinamento civile» (Corte costituzionale, sentenza, 12 febbraio 2021, n. 20). Codesta ecc.ma Corte riconduce alla competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile «gli interventi legislativi che ... dettano misure relative a rapporti lavorativi gia' in essere (ex multis, sentenze n. 251 e 186 del 2016 e n. 180 del 2015)» (Corte costituzionale, sentenza, 21 dicembre 2018, n. 241; sentenza n. 32 del 2017). La legge statale fissa dei principi fondati sull'esigenza di garantire l'uniformita', nel territorio nazionale, delle regole fondamentali che disciplinano i rapporti tra privati, ivi compresi i lavoratori delle regioni autonome (Corte costituzionale sentenza n. 81/2019). Le medesime considerazioni si impongono per il personale delle regioni. La disciplina del trattamento economico e giuridico, anche con riguardo al pubblico impiego regionale, e' riconducibile alla materia «ordinamento civile», riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (Corte costituzionale, sentenza, 15 luglio 2021, n. 153; sentenza n. 273 del 2020). E' dunque precluso alle regioni adottare una normativa che incida su un rapporto di lavoro gia' sorto e, nel regolarne il trattamento giuridico ed economico, si sostituisca alla contrattazione individuale e collettiva, fonte imprescindibile di disciplina (sentenze n. 20 del 2021 e n. 199 del 2020). In questa prospettiva appare evidente che la norma regionale impugnata, relativa a rapporti lavorativi gia' in essere, non ha nulla a vedere con la competenza statutaria regionale in materia di ordinamento degli uffici e degli enti regionali e di stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della regione (art. 14, comma 1, lettera p] e q]) ed invade la sfera di competenza statale esclusiva in materia di «ordinamento civile», sostituendosi al legislatore statale e alla contrattazione individuale e collettiva quanto alla disciplina del trattamento economico del personale delle societa' a partecipazione pubblica (Corte costituzionale, sentenza, 23 luglio 2020, n. 159). La norma introdotta dall'art. 7 della L.R. n. 22/2021 e' riconducibile alla competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile, con riferimento all'art. 19 del decreto legislativo n. 175 del 2016 il quale prevede che si applichi ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle societa' a partecipazione pubblica la disciplina del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, secondo quanto previsto dalla normativa vigente e dai contratti collettivi. Infine, non si puo' non evidenziare che il contenuto della norma regionale censurata, eminentemente privatistico, nonche' la natura del parametro evocato «ordinamento civile» escludono, di per se', l'utilita' di uno scrutinio alla luce delle disposizioni statutarie, atteso che lo statuto speciale per la Regione siciliana nulla dispone sulla competenza legislativa regionale nella materia «ordinamento civile» (in termini, Corte costituzionale, sentenza, 20 febbraio 2020, n. 25; sentenze n. 103 del 2017, n. 252 e n. 58 del 2016). Pertanto, la norma in argomento si pone in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, considerata la riserva esclusiva dello Stato sull'ordinamento civile e, quindi, sui rapporti di diritto privato regolati dal codice civile (contratti individuali e contratti collettivi). 2. Illegittimita' dell'art. 11 della legge della Regione Sicilia n. 22/2021, per violazione degli articoli 97, 117, comma 2, lettera l), 117, comma 3, della Costituzione, in relazione ai principi fondamentali in materia di tutela della salute, nonche' dell'art. 17, lettere b) e c), del regio decreto-legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. La norma contenuta nell'art. 11 della L.R. n. 22/2021 aggiunge all'art. 122 della legge regionale 26 marzo 2002, n. 2 e successive modificazioni, il comma 1-bis recante disposizioni in materia di requisiti necessari per l'accesso all'elenco degli idonei alla direzione amministrativa delle aziende sanitarie. Nello specifico la norma dispone che «Per accedere all'elenco degli idonei alla direzione amministrativa i candidati dovranno essere in possesso di diploma di laurea magistrale o diploma equipollente o equivalente in discipline giuridiche o economiche, avere un'eta' inferiore a sessantacinque anni e un'adeguata esperienza di direzione tecnica amministrativa almeno quinquennale nel campo delle strutture sanitarie, sociosanitarie o in altri settori, caratterizzata da autonomia gestionale e diretta responsabilita' delle risorse umane, tecniche o finanziarie, strutture di media o grande dimensione». Per la nomina a direttore amministrativo e sanitario e, ove previsto dalle leggi regionali, a direttore dei servizi socio - sanitari, l'art. 3 del decreto legislativo n. 171 del 2016 prevede che il direttore generale deve attingere obbligatoriamente dagli elenchi regionali di idonei, anche di altre regioni, appositamente costituiti, previo avviso pubblico e selezione per titoli e colloquio, effettuati da una commissione nominata dalla regione. Il citato articolo, nel regolamentare i lavori della predetta commissione, ribadisce che restano fermi i requisiti previsti, per il direttore amministrativo e il direttore sanitario, dall'art. 3, comma 7, e dall'art. 3-bis, comma 9, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502. Cio' premesso, si rileva la non coerenza dei requisiti specifici delineati dall'art. 11, comma 1, L.R. 22/2022, in esame, con quelli previsti dall'art. 3, comma 7, del decreto legislativo n. 502/1992, in particolare per quanto concerne l'acquisizione dell'esperienza di direzione, considerato che il citato disposto normativo richiede espressamente «una qualificata attivita' di direzione tecnica o amministrativa» e non «un'adeguata esperienza di direzione tecnica amministrativa» e che la stessa debba essere acquisita «in enti o strutture sanitarie pubbliche o private di media o grande dimensione» e non «nel campo delle strutture sanitarie, sociosanitarie o in altri settori» come previsto nella norma qui impugnata. La disposizione regionale impugnata viola l'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione 'che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolati dal codice civile (contratti collettivi). La norma regionale disciplina i requisiti di idoneita' soggettiva che sono richiesti agli aspiranti direttori amministrativi delle aziende sanitarie per «esser parte» di un contratto di diritto privato (di affidamento dell'incarico dirigenziale) e, in tal modo, invade la potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile», in violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione La giurisprudenza della Cassazione insegna, infatti, che i requisiti di idoneita' richiesti dalla normativa statale per il conferimento dell'incarico di direttore di azienda sanitaria attengono alla validita' del contratto stipulato con il direttore amministrativo, «in ossequio alla natura imperativa della norma - volta ad assicurare che la struttura sanitaria pubblica si doti di dirigenti di vertice di comprovata capacita' - con conseguente nullita' del contratto eventualmente concluso con un soggetto privo dei requisiti indicati» dall'art. 3, comma 7, del decreto legislativo n. 502 del 1992 (come riformulato dall'art. 4 del decreto legislativo n. 517 del 1993), laddove la norma richiede che il soggetto chiamato a ricoprire l'incarico di direttore amministrativo della ASL «abbia svolto per almeno cinque anni una qualificata attivita' di direzione tecnica o amministrativa in enti o strutture sanitarie pubbliche o private di media o grande dimensione» (cfr. Cassazione civ., sez. lavoro, sentenza, 6 maggio 2021, n. 12030). E' stato precisato, al riguardo, che la disposizione persegue la finalita' di assicurare alla struttura sanitaria pubblica dirigenti di vertice di comprovata esperienza e capacita' e, pertanto, solo la sanzione della nullita' del contratto puo' essere ritenuta idonea ad assicurare effettivita' alla prescrizione legale (Cassazione n. 16281/2005). Appare evidente, quindi, che l'art. 7, L.R. 22/2021, prevedendo requisiti di qualificazione meno rigorosi e selettivi rispetto a quanto richiesto dal decreto legislativo n. 502 del 1992, art. 3. comma 7, invade la potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile», trattandosi di requisiti che attengono alla validita' del contratto di incarico dirigenziale. Quanto alla natura di «principi fondamentali della materia» delle disposizioni richiamate come parametri interposti - accanto alla considerazione che molte delle stesse sono espressamente autoqualificate come tali (in particolare, i criteri di cui all'art. 11, comma 1, lettera p), legge n. 124 del 2015, e le norme del decreto legislativo n. 502 del 1992, indicate dall'art. 19 dello stesso decreto) - occorre osservare che l'intervento del legislatore statale e' stato caratterizzato, sin dal decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un piu' alto livello di tutela della salute), convertito, con modificazioni, in legge 8 novembre 2012, n. 189, dall'intento di circoscrivere la scelta dei dirigenti - rimessa alle regioni - tra i candidati in possesso di comprovati titoli e capacita' professionali, iscritti in appositi elenchi, allo scopo di affrancare la dirigenza sanitaria da condizionamenti di carattere politico e di privilegiare criteri di selezione che assicurino effettive capacita' gestionali e un'elevata qualita' manageriale. In tale ottica, la previsione di un elenco in cui devono essere iscritti i soggetti che intendono partecipare alle singole selezioni regionali e' da ricondursi all'esigenza di garantire un alto livello di professionalita' dei candidati, i quali debbono possedere requisiti curriculari unitari. Tale esigenza e' espressione del principio di buon andamento dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 della Costituzione, data l'incidenza che la professionalita' delle persone che ricoprono gli incarichi dirigenziali apicali esplica sul funzionamento delle strutture cui sono preposte, con inevitabili riflessi sulla qualita' delle prestazioni sanitarie rese. Le disposizioni sopra richiamate - e, in particolare, l'art. 3, comma 7, del decreto legislativo n. 502/1992 - debbono pertanto ritenersi espressione di un principio fondamentale in materia di tutela della salute (cfr. Corte costituzionale, 17 luglio 2018, n. 159). Cosi' ricostruita la cornice normativa statale di riferimento, deve ritenersi che, con la norma impugnata, la Regione siciliana abbia oltrepassato i limiti della competenza legislativa ad essa riconosciuta. La norma impugata consente, infatti, alla regione di conferire gli incarichi di direttore amministrativo delle aziende sanitarie in maniera ampiamente discrezionale sulla base di requisiti meno rigorosi e selettivi rispetto al sistema delineato dal legislatore statale, mettendo quindi a rischio le finalita' perseguite da quest'ultimo. Tra i parametri violati, oltre all'art. 117, comma 2, lettera l) e all'art. 117, terzo comma della Costituzione (tutela della salute), vi e' anche l'art. 17, lettere b) e c), statuto della Regione siciliana, il quale circoscrive la potesta' legislativa regionale in materia di sanita' pubblica e assistenza sanitaria «entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato». Codesta ecc.ma Corte ha gia' ritenuto che l'ampiezza della potesta' legislativa della Regione siciliana in materia di sanita' pubblica coincide con quella di tipo concorrente, delineata dal titolo V della Costituzione per le regioni ordinarie in materia di «tutela della salute» (art. 117, terzo comma, della Costituzione), «con la conseguenza che i "principi generali" della materia ai quali deve attenersi la legislazione siciliana corrispondono ai "principi fondamentali" che, nella stessa materia, vincolano le regioni a statuto ordinario» (Corte costituzionale, n. 159 del 2018, cit., sentenza n. 430 del 2007; nello stesso senso, sentenza n. 448 del 2006). Per i motivi sopra illustrati si chiede che venga dichiarata l'illegittimita' costituzionale della censurata disposizione regionale. 3. Illegittimita' dell'art. 12 della L.R. 22/2021 per violazione dell'art. 81, comma 3, della Costituzione. La norma contenuta nell'art. 12 della L.R. 22/2021 concerne il personale precario degli enti locali; in particolare, introduce il comma 19-bis all'art. 3 della legge regionale 29 dicembre 2016, n. 27, il quale prevede che i titolari di contratto di lavoro subordinato a tempo determinato in servizio presso gli enti locali che godono dei trasferimenti a carico dell'Assessorato regionale delle autonomie locali e della funzione pubblica, Dipartimento regionale delle autonomie locali, per i quali il numero di anni necessari al raggiungimento dei requisiti di pensionabilita' non risulta inferiore a cinque anni e non siano stati soggetti alla stabilizzazione presso l'ente locale di appartenenza, possono esercitare l'opzione per la fuoriuscita a fronte della corresponsione di un'indennita' omnicomprensiva. La disposizione determina oneri non quantificati e privi della relativa copertura sui saldi di finanza pubblica, in violazione dell'art. 81, terzo comma, della Costituzione (cfr. Corte costituzionale, sentenza 21 maggio 2021, n. 106). La norma impugnata, infatti, prevede oneri finanziari a carattere obbligatorio; si tratta di nuove e maggiori spese che discendono da una modifica a regime dei casi di cessazione del rapporto di lavoro a tempo determinato, in alternativa alla stabilizzazione, del personale degli enti locali. Risulta, quindi, violato l'obbligo di copertura finanziaria cosi' come declinato dall'art. 38, comma 1, del decreto legislativo n. 118 del 2011 che richiede al legislatore regionale di assicurare, alle spese a carattere obbligatorio e ripetitivo, immediata copertura per tutti e tre gli esercizi considerati dal bilancio di previsione pluriennale: «le leggi regionali che prevedono spese a carattere continuativo quantificano l'onere annuale previsto per ciascuno degli esercizi compresi nel bilancio di previsione e indicano l'onere a regime ovvero, nel caso in cui non si tratti di spese obbligatorie, possono rinviare le quantificazioni dell'onere annuo alla legge di bilancio». Va dunque dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 12, L.R. Sicilia 3 agosto 2021, n. 22, in riferimento all'art. 81, terzo comma, della Costituzione, nella parte in cui prevede oneri finanziari obbligatori e continuativi senza quantificarli e senza assicurare agli stessi l'immediata copertura finanziaria. Per i motivi suesposti, si promuove questione di legittimita' costituzionale relativamente articoli 7, 11 e 12 della legge della Regione Sicilia 3 agosto 2021, n. 22.
P.Q.M. Si chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi gli articoli 7, 11 e 12 della legge della Regione Sicilia 3 agosto 2021, n. 22, per le motivazioni indicate nel ricorso, con le conseguenti statuizioni. Con l'originale notificato del ricorso si depositera' estratto della delibera del Consiglio dei ministri in data 29 settembre 2021 con l'allegata relazione illustrativa. Roma, 4 ottobre 2021 L'Avvocato dello Stato: Fedeli