N. 61 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 12 ottobre 2021

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 12 ottobre 2021  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Sanita' pubblica - Servizio sanitario regionale - Norme della Regione
  Siciliana - Attribuzione al  personale  dipendente  della  societa'
  Servizi ausiliari Sicilia s.c.p.a. impegnato  in  servizi  sanitari
  ausiliari presso le aziende  sanitarie  in  attivita'  afferenti  a
  pazienti COVID-19 del riconoscimento  economico  previsto  per  gli
  operatori del Servizio sanitario regionale. 
Sanita' pubblica - Impiego pubblico - Norme della Regione Siciliana -
  Disposizioni in materia di direttore amministrativo  delle  aziende
  sanitarie - Requisiti per l'accesso all'elenco  degli  idonei  alla
  direzione amministrativa delle aziende sanitarie. 
Sanita' pubblica - Impiego pubblico - Norme della Regione Siciliana -
  Norme  in  materia  di  personale  precario  degli  enti  locali  -
  Previsione che i titolari di contratto  di  lavoro  subordinato  in
  servizio presso gli enti locali  che  godono  dei  trasferimenti  a
  carico dell'Assessorato regionale delle autonomie  locali  e  della
  funzione pubblica, dipartimento regionale delle  autonomie  locali,
  possono esercitare l'opzione per  la  fuoriuscita  a  fronte  della
  corresponsione di un'indennita' omnicomprensiva. 
- Legge della Regione Siciliana 3 agosto 2021,  n.  22  (Disposizioni
  urgenti in materia di concessioni demaniali marittime, gestione del
  servizio idrico  integrato  nell'ambito  territoriale  ottimale  di
  Agrigento e di personale di Sicilia  Digitale  S.p.A.  Disposizioni
  varie), artt. 7, 11 e 12. 
(GU n.45 del 10-11-2021 )
     Ricorso ex art. 127 della Costituzione  per  il  Presidente  del
Consiglio  dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   per   legge
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  presso  i  cui   uffici   e'
domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi n. 12, ricorrente; 
    Contro la  Regione  Sicilia,  in  persona  del  Presidente  della
regione  pro  tempore,  con  sede  legale  in  Palermo  alla   piazza
Indipendenza n. 21, Palazzo Orleans, intimata; 
    Per  la  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale   degli
articoli 7, 11 e 12 della legge della Regione Sicilia 3 agosto  2021,
n. 22, come da  delibera  del  Consiglio  dei  ministri  in  data  29
settembre 2021. 
    Sul B.U.R. della Regione Sicilia n. 34 del 6 agosto 2021 e' stata
pubblicata la legge regionale  n.  22  del  3  agosto  2021,  recante
«Disposizioni urgenti in materia di concessioni demaniali  marittime,
gestione  del  servizio  idrico  integrato  nell'ambito  territoriale
ottimale di Agrigento e  di  personale  di  Sicilia  digitale  S.p.a.
disposizioni varie». 
    Il Governo ritiene che le previsioni contenute negli articoli  7,
11 e 12 della suddetta legge eccedano le competenze  attribuite  alla
Regione  siciliana  dallo  statuto  speciale  di   autonomia,   regio
decreto-legislativo 15 maggio  1946,  n.  455,  convertito  in  legge
costituzionale 26 febbraio 1948, e si pongano in  contrasto  con  gli
articoli 97, 117, secondo comma,  lettera  l),  terzo  comma  (tutela
della  salute),  nonche'  con   l'art.   81,   terzo   comma,   della
Costituzione. 
    Si propone, pertanto, questione di legittimita' costituzionale ai
sensi dell'art. 127, comma 1, della Costituzione per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
1. Illegittimita' dell'art. 7 della legge della  Regione  Sicilia  n.
22/2021, per violazione dell'art. 117, comma  2,  lettera  l),  della
Costituzione. 
    La norma contenuta nell'art. 7 della L.R. n. 22/2021, al comma  1
prevede che le disposizioni di cui al comma 8 dell'art. 5 della legge
regionale 12 maggio 2020,  n.  9  -  finalizzate  ad  attribuire,  in
aggiunta al sistema premiante ordinario, un riconoscimento  economico
agli  operatori  del   servizio   sanitario   regionale   -   trovano
applicazione anche  nei  confronti  del  personale  dipendente  della
societa' Servizi ausiliari  Sicilia  S.c.p.a.  impegnato  in  servizi
sanitari ausiliari presso le aziende sanitarie in attivita' afferenti
a pazienti Covid, nel limite del pagamento dell'importo una tantum di
1.000 euro. 
    Il comma 2 dell'art.  7  quantifica  gli  oneri  derivanti  dalla
suddetta previsione nell'importo massimo di «300 migliaia  di  euro»,
cui si provvede a valere sulle risorse del Fondo sanitario  regionale
di cui al comma 9 del  medesimo  art.  5  della  legge  regionale  n.
9/2020. 
    La Servizi ausiliari  Sicilia  e'  una  societa'  consortile  per
azioni costituita ai sensi degli articoli 2615-ter e 2325 del  codice
civile, risultante dal piano di riordino delle societa'  a  totale  e
maggioritaria partecipazione della Regione siciliana di cui  all'art.
20 della legge regionale 12 maggio 2010, n. 11. 
    Alla compagine societaria  partecipa  la  Regione  siciliana  per
1'82,72% delle azioni; il rimanente capitale sociale e' ripartito tra
l'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia  e  le  aziende
sanitarie regionali. 
    Il  rapporto  di  lavoro  del  personale  alle  dipendenze  delle
societa' a partecipazione pubblica e' disciplinato dall'art.  19  del
decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di
societa'  a  partecipazione  pubblica),  che  e'  espressione   della
potesta' legislativa esclusiva  dello  Stato  di  cui  all'art.  117,
secondo  comma,  lettera  l),  della  Costituzione,  in  materia   di
ordinamento civile. 
    L'art. 19 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n.  175  (Testo
unico in materia di societa' a partecipazione  pubblica)  stabilisce,
in generale, che ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle  societa'
a controllo pubblico si applicano le disposizioni del codice  civile,
delle leggi sui rapporti di lavoro  subordinato  nell'impresa  e  dei
contratti collettivi. 
    Sono  inequivocabili  in  tal  senso   -   e   avvalorati   dalla
giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte - i richiami  all'esigenza  di
una disciplina uniforme delle regole fondamentali  che  attengono  ai
contratti di lavoro. 
    La giurisprudenza costituzionale ha  ricondotto  le  disposizioni
inerenti all'attivita' di societa' partecipate dalle regioni e  dagli
enti locali alla materia dell'«ordinamento civile», in quanto volte a
definire il regime giuridico di soggetti di  diritto  privato  (Corte
costituzionale, sentenza, 30 ottobre 2020, n. 227, n. 251 del 2016). 
    La norma regionale impugnata attiene ad un istituto, quale e'  il
trattamento retributivo del personale delle societa' a partecipazione
pubblica, disciplinato dai  contratti  individuali  e  collettivi  di
lavoro, che afferisce alla sfera di competenza legislativa  riservata
dall'art.  117,  secondo  comma,  lettera  I),  della   Costituzione,
esclusivamente allo Stato. 
    Vertendosi, pertanto, nella disciplina dei «rapporti  di  diritto
privato», ascrivibili alla materia dell'ordinamento civile  (sentenza
n.   324   del   2010),   la   regolamentazione    del    trattamento
economico-retributivo  del  personale   delle   societa'   pubbliche,
discendente dal decreto legislativo n. 175 del 2016, si impone  anche
alle autonomie speciali. 
    Tale conclusione, ribadita in piu' occasioni  da  codesta  ecc.ma
Corte con riferimento a  fattispecie  inerenti  all'impiego  pubblico
privatizzato (sentenza n. 17 del 2014; nello stesso  senso,  sentenza
n. 68 del 2011), vale, a maggior ragione, con riguardo ai rapporti di
lavoro privato, quali sono, pur con profili  di  specialita',  quelli
intercorrenti con le societa' a partecipazione  pubblica,  come  oggi
confermato dal combinato disposto degli articoli 1, comma  3,  e  19,
comma 1, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo  unico
in materia di societa' a partecipazione pubblica). 
    L'attrazione  della  disciplina  del  rapporto  di  lavoro   alle
dipendenze     delle     pubbliche     amministrazioni     nell'alveo
dell'ordinamento civile trova, del resto,  fondamento  proprio  nella
sua privatizzazione, in conseguenza della quale esso «e' retto  dalla
disciplina generale  dei  rapporti  di  lavoro  tra  privati  ed  e',
percio', soggetto alle regole che garantiscono l'uniformita' di  tale
tipo di rapporti» (ex plurimis, Corte costituzionale, sentenza n. 186
del 2016). 
    L'esigenza di garantire l'uniformita', nel territorio  nazionale,
delle regole  che  presiedono  alla  determinazione  del  trattamento
economico dei dipendenti delle pubbliche  amministrazioni  giustifica
l'inerenza  della  relativa  disciplina  alla  materia   «ordinamento
civile» (Corte costituzionale, sentenza, 12 febbraio 2021, n. 20). 
    Codesta ecc.ma Corte riconduce alla competenza esclusiva  statale
in materia di ordinamento civile «gli interventi legislativi che  ...
dettano misure relative a rapporti  lavorativi  gia'  in  essere  (ex
multis, sentenze n. 251 e 186 del 2016 e n.  180  del  2015)»  (Corte
costituzionale, sentenza, 21 dicembre 2018, n. 241;  sentenza  n.  32
del 2017). 
    La legge statale fissa  dei  principi  fondati  sull'esigenza  di
garantire  l'uniformita',  nel  territorio  nazionale,  delle  regole
fondamentali che disciplinano i rapporti tra privati, ivi compresi  i
lavoratori delle regioni autonome (Corte costituzionale  sentenza  n.
81/2019). 
    Le medesime considerazioni si impongono per  il  personale  delle
regioni. La disciplina del trattamento economico e  giuridico,  anche
con riguardo al pubblico impiego  regionale,  e'  riconducibile  alla
materia «ordinamento civile», riservata alla  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato  (Corte  costituzionale,  sentenza,  15  luglio
2021, n. 153; sentenza n. 273 del 2020). 
    E' dunque precluso alle regioni adottare una normativa che incida
su un rapporto di lavoro gia' sorto e, nel regolarne  il  trattamento
giuridico  ed   economico,   si   sostituisca   alla   contrattazione
individuale  e  collettiva,  fonte  imprescindibile   di   disciplina
(sentenze n. 20 del 2021 e n. 199 del 2020). 
    In questa prospettiva appare  evidente  che  la  norma  regionale
impugnata, relativa a rapporti lavorativi  gia'  in  essere,  non  ha
nulla a vedere con la competenza statutaria regionale in  materia  di
ordinamento degli uffici e degli enti regionali e di stato  giuridico
ed economico degli impiegati e funzionari  della  regione  (art.  14,
comma 1, lettera p] e q]) ed invade la sfera  di  competenza  statale
esclusiva  in  materia  di  «ordinamento  civile»,  sostituendosi  al
legislatore statale e alla contrattazione  individuale  e  collettiva
quanto alla disciplina del trattamento economico del personale  delle
societa' a partecipazione pubblica (Corte  costituzionale,  sentenza,
23 luglio 2020, n. 159). 
    La  norma  introdotta  dall'art.  7  della  L.R.  n.  22/2021  e'
riconducibile  alla  competenza  esclusiva  statale  in  materia   di
ordinamento  civile,  con  riferimento  all'art.   19   del   decreto
legislativo n. 175 del 2016 il  quale  prevede  che  si  applichi  ai
rapporti di lavoro dei dipendenti  delle  societa'  a  partecipazione
pubblica la disciplina del codice civile e delle leggi  sui  rapporti
di lavoro subordinato nell'impresa,  secondo  quanto  previsto  dalla
normativa vigente e dai contratti collettivi. 
    Infine, non si puo' non evidenziare che il contenuto della  norma
regionale censurata, eminentemente privatistico,  nonche'  la  natura
del parametro evocato «ordinamento civile»  escludono,  di  per  se',
l'utilita' di uno scrutinio alla luce delle disposizioni  statutarie,
atteso che lo statuto speciale per la Regione siciliana nulla dispone
sulla competenza legislativa  regionale  nella  materia  «ordinamento
civile» (in termini,  Corte  costituzionale,  sentenza,  20  febbraio
2020, n. 25; sentenze n. 103 del 2017, n. 252 e n. 58 del 2016). 
    Pertanto, la norma in argomento si pone in contrasto  con  l'art.
117, secondo comma, lettera l), della  Costituzione,  considerata  la
riserva esclusiva dello Stato sull'ordinamento civile e, quindi,  sui
rapporti di diritto privato regolati  dal  codice  civile  (contratti
individuali e contratti collettivi). 
2. Illegittimita' dell'art. 11 della legge della Regione  Sicilia  n.
22/2021, per violazione degli articoli 97, 117, comma 2, lettera  l),
117,  comma  3,  della  Costituzione,  in   relazione   ai   principi
fondamentali in materia di tutela della salute, nonche' dell'art. 17,
lettere b) e c), del regio decreto-legislativo 15 maggio 1946, n. 455
(Approvazione dello statuto della Regione siciliana),  convertito  in
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. 
    La norma contenuta nell'art. 11 della L.R.  n.  22/2021  aggiunge
all'art. 122 della legge regionale 26 marzo 2002, n. 2  e  successive
modificazioni, il comma 1-bis  recante  disposizioni  in  materia  di
requisiti  necessari  per  l'accesso  all'elenco  degli  idonei  alla
direzione amministrativa delle aziende sanitarie. 
    Nello specifico la norma dispone  che  «Per  accedere  all'elenco
degli idonei  alla  direzione  amministrativa  i  candidati  dovranno
essere  in  possesso  di  diploma  di  laurea  magistrale  o  diploma
equipollente o equivalente in  discipline  giuridiche  o  economiche,
avere  un'eta'  inferiore  a  sessantacinque   anni   e   un'adeguata
esperienza di direzione tecnica  amministrativa  almeno  quinquennale
nel campo  delle  strutture  sanitarie,  sociosanitarie  o  in  altri
settori,   caratterizzata   da   autonomia   gestionale   e   diretta
responsabilita'  delle  risorse  umane,   tecniche   o   finanziarie,
strutture di media o grande dimensione». 
    Per la nomina a  direttore  amministrativo  e  sanitario  e,  ove
previsto dalle leggi regionali,  a  direttore  dei  servizi  socio  -
sanitari, l'art. 3 del decreto legislativo n. 171  del  2016  prevede
che il direttore  generale  deve  attingere  obbligatoriamente  dagli
elenchi regionali di idonei, anche di  altre  regioni,  appositamente
costituiti,  previo  avviso  pubblico  e  selezione  per   titoli   e
colloquio, effettuati da una commissione nominata dalla regione. 
    Il citato articolo, nel regolamentare  i  lavori  della  predetta
commissione, ribadisce che restano fermi i requisiti previsti, per il
direttore amministrativo e il direttore sanitario, dall'art. 3, comma
7, e dall'art. 3-bis, comma 9, del decreto  legislativo  30  dicembre
1992, n. 502. 
    Cio' premesso, si rileva la non coerenza dei requisiti  specifici
delineati dall'art. 11, comma 1, L.R. 22/2022, in esame,  con  quelli
previsti dall'art. 3, comma 7, del decreto legislativo  n.  502/1992,
in particolare per quanto concerne l'acquisizione dell'esperienza  di
direzione, considerato che  il  citato  disposto  normativo  richiede
espressamente «una  qualificata  attivita'  di  direzione  tecnica  o
amministrativa» e non «un'adeguata esperienza  di  direzione  tecnica
amministrativa» e che la stessa debba essere  acquisita  «in  enti  o
strutture sanitarie pubbliche o private di media o grande dimensione»
e non «nel campo delle strutture sanitarie, sociosanitarie o in altri
settori» come previsto nella norma qui impugnata. 
    La disposizione regionale impugnata  viola  l'art.  117,  secondo
comma, lettera l), della Costituzione 'che  riserva  alla  competenza
esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi, i  rapporti  di
diritto privato regolati dal codice civile (contratti collettivi). 
    La norma regionale disciplina i requisiti di idoneita' soggettiva
che sono richiesti  agli  aspiranti  direttori  amministrativi  delle
aziende sanitarie per  «esser  parte»  di  un  contratto  di  diritto
privato (di affidamento dell'incarico dirigenziale) e, in  tal  modo,
invade la potesta' legislativa esclusiva dello Stato  in  materia  di
«ordinamento civile», in violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera l), della Costituzione 
    La  giurisprudenza  della  Cassazione  insegna,  infatti,  che  i
requisiti di idoneita'  richiesti  dalla  normativa  statale  per  il
conferimento  dell'incarico  di  direttore   di   azienda   sanitaria
attengono alla validita' del contratto  stipulato  con  il  direttore
amministrativo, «in ossequio alla natura  imperativa  della  norma  -
volta ad assicurare che la struttura sanitaria pubblica  si  doti  di
dirigenti di  vertice  di  comprovata  capacita'  -  con  conseguente
nullita' del contratto eventualmente concluso con un  soggetto  privo
dei requisiti indicati» dall'art. 3, comma 7, del decreto legislativo
n. 502 del 1992 (come riformulato dall'art. 4 del decreto legislativo
n. 517 del 1993), laddove la norma richiede che il soggetto  chiamato
a ricoprire l'incarico di direttore amministrativo della  ASL  «abbia
svolto per almeno cinque anni una qualificata attivita' di  direzione
tecnica o amministrativa in enti o strutture  sanitarie  pubbliche  o
private di media o grande dimensione»  (cfr.  Cassazione  civ.,  sez.
lavoro, sentenza, 6 maggio 2021, n. 12030). 
    E' stato precisato, al riguardo, che la disposizione persegue  la
finalita' di assicurare alla struttura sanitaria  pubblica  dirigenti
di vertice di comprovata esperienza e capacita' e, pertanto, solo  la
sanzione della nullita' del contratto puo' essere ritenuta idonea  ad
assicurare  effettivita'  alla  prescrizione  legale  (Cassazione  n.
16281/2005). 
    Appare evidente, quindi, che l'art. 7, L.R.  22/2021,  prevedendo
requisiti di qualificazione meno  rigorosi  e  selettivi  rispetto  a
quanto richiesto dal decreto legislativo n. 502  del  1992,  art.  3.
comma 7, invade la potesta'  legislativa  esclusiva  dello  Stato  in
materia  di  «ordinamento  civile»,  trattandosi  di  requisiti   che
attengono alla validita' del contratto di incarico dirigenziale. 
    Quanto alla natura di «principi fondamentali della materia» delle
disposizioni richiamate come  parametri  interposti  -  accanto  alla
considerazione   che   molte   delle   stesse   sono    espressamente
autoqualificate come tali (in particolare, i criteri di cui  all'art.
11, comma 1, lettera p), legge n.  124  del  2015,  e  le  norme  del
decreto legislativo n. 502 del  1992,  indicate  dall'art.  19  dello
stesso decreto) - occorre osservare che l'intervento del  legislatore
statale e' stato caratterizzato, sin dal decreto-legge  13  settembre
2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per  promuovere  lo  sviluppo  del
Paese  mediante  un  piu'  alto  livello  di  tutela  della  salute),
convertito, con modificazioni, in legge  8  novembre  2012,  n.  189,
dall'intento di circoscrivere la scelta dei dirigenti - rimessa  alle
regioni -  tra  i  candidati  in  possesso  di  comprovati  titoli  e
capacita' professionali, iscritti in appositi elenchi, allo scopo  di
affrancare la dirigenza sanitaria  da  condizionamenti  di  carattere
politico e  di  privilegiare  criteri  di  selezione  che  assicurino
effettive capacita' gestionali e un'elevata qualita' manageriale. 
    In tale ottica, la previsione di un elenco in cui  devono  essere
iscritti i soggetti che intendono partecipare alle singole  selezioni
regionali e' da ricondursi all'esigenza di garantire un alto  livello
di  professionalita'  dei  candidati,  i  quali   debbono   possedere
requisiti curriculari  unitari.  Tale  esigenza  e'  espressione  del
principio  di  buon  andamento  dell'azione  amministrativa  di   cui
all'art.   97   della   Costituzione,   data   l'incidenza   che   la
professionalita'  delle   persone   che   ricoprono   gli   incarichi
dirigenziali apicali esplica sul funzionamento  delle  strutture  cui
sono  preposte,  con  inevitabili  riflessi  sulla   qualita'   delle
prestazioni sanitarie rese. 
    Le disposizioni sopra richiamate - e, in particolare,  l'art.  3,
comma 7, del decreto  legislativo  n.  502/1992  -  debbono  pertanto
ritenersi espressione di un  principio  fondamentale  in  materia  di
tutela della salute (cfr. Corte costituzionale, 17  luglio  2018,  n.
159). 
    Cosi' ricostruita la cornice normativa  statale  di  riferimento,
deve ritenersi che, con la  norma  impugnata,  la  Regione  siciliana
abbia oltrepassato i limiti  della  competenza  legislativa  ad  essa
riconosciuta. 
    La norma impugata consente, infatti, alla  regione  di  conferire
gli incarichi di direttore amministrativo delle aziende sanitarie  in
maniera  ampiamente  discrezionale  sulla  base  di  requisiti   meno
rigorosi e selettivi rispetto al sistema  delineato  dal  legislatore
statale,  mettendo  quindi  a  rischio  le  finalita'  perseguite  da
quest'ultimo. 
    Tra i parametri violati, oltre all'art. 117, comma 2, lettera  l)
e all'art. 117, terzo comma della Costituzione (tutela della salute),
vi e' anche l'art.  17,  lettere  b)  e  c),  statuto  della  Regione
siciliana, il quale circoscrive la potesta' legislativa regionale  in
materia di sanita' pubblica e assistenza sanitaria  «entro  i  limiti
dei principi ed interessi generali cui  si  informa  la  legislazione
dello Stato». 
    Codesta ecc.ma  Corte  ha  gia'  ritenuto  che  l'ampiezza  della
potesta' legislativa della Regione siciliana in  materia  di  sanita'
pubblica coincide con  quella  di  tipo  concorrente,  delineata  dal
titolo V della Costituzione per le regioni ordinarie  in  materia  di
«tutela della salute» (art. 117, terzo  comma,  della  Costituzione),
«con la conseguenza che i "principi generali" della materia ai  quali
deve attenersi la legislazione siciliana corrispondono  ai  "principi
fondamentali" che, nella  stessa  materia,  vincolano  le  regioni  a
statuto ordinario» (Corte costituzionale,  n.  159  del  2018,  cit.,
sentenza n. 430 del 2007; nello stesso senso,  sentenza  n.  448  del
2006). 
    Per i motivi sopra illustrati  si  chiede  che  venga  dichiarata
l'illegittimita'   costituzionale   della   censurata    disposizione
regionale. 
3. Illegittimita' dell'art. 12  della  L.R.  22/2021  per  violazione
dell'art. 81, comma 3, della Costituzione. 
    La norma contenuta nell'art. 12 della L.R.  22/2021  concerne  il
personale precario degli enti locali; in  particolare,  introduce  il
comma 19-bis all'art. 3 della legge regionale 29  dicembre  2016,  n.
27,  il  quale  prevede  che  i  titolari  di  contratto  di   lavoro
subordinato a tempo determinato in servizio presso  gli  enti  locali
che godono dei  trasferimenti  a  carico  dell'Assessorato  regionale
delle  autonomie  locali  e  della  funzione  pubblica,  Dipartimento
regionale delle autonomie locali, per  i  quali  il  numero  di  anni
necessari al raggiungimento  dei  requisiti  di  pensionabilita'  non
risulta inferiore a cinque anni  e  non  siano  stati  soggetti  alla
stabilizzazione  presso  l'ente  locale  di   appartenenza,   possono
esercitare l'opzione per la fuoriuscita a fronte della corresponsione
di un'indennita' omnicomprensiva. 
    La disposizione determina oneri non quantificati  e  privi  della
relativa copertura sui  saldi  di  finanza  pubblica,  in  violazione
dell'art.  81,  terzo   comma,   della   Costituzione   (cfr.   Corte
costituzionale, sentenza 21 maggio 2021, n. 106). 
    La norma impugnata, infatti, prevede oneri finanziari a carattere
obbligatorio; si tratta di nuove e maggiori spese che  discendono  da
una modifica a regime dei casi di cessazione del rapporto di lavoro a
tempo determinato, in alternativa alla stabilizzazione, del personale
degli enti locali. 
    Risulta, quindi, violato l'obbligo di copertura finanziaria cosi'
come declinato dall'art. 38, comma 1, del decreto legislativo n.  118
del 2011 che richiede al legislatore regionale  di  assicurare,  alle
spese a carattere obbligatorio e ripetitivo, immediata copertura  per
tutti e tre gli  esercizi  considerati  dal  bilancio  di  previsione
pluriennale: «le leggi regionali  che  prevedono  spese  a  carattere
continuativo quantificano l'onere annuale previsto per ciascuno degli
esercizi compresi nel bilancio di previsione  e  indicano  l'onere  a
regime ovvero, nel caso in cui non si tratti di  spese  obbligatorie,
possono rinviare le quantificazioni dell'onere annuo  alla  legge  di
bilancio». 
    Va dunque dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.
12, L.R. Sicilia 3 agosto 2021, n. 22, in  riferimento  all'art.  81,
terzo comma, della Costituzione, nella parte  in  cui  prevede  oneri
finanziari obbligatori e continuativi  senza  quantificarli  e  senza
assicurare agli stessi l'immediata copertura finanziaria. 
    Per i motivi suesposti, si  promuove  questione  di  legittimita'
costituzionale relativamente articoli 7, 11 e 12  della  legge  della
Regione Sicilia 3 agosto 2021, n. 22. 
 
                                P.Q.M. 
 
    Si  chiede  che  codesta  ecc.ma  Corte   costituzionale   voglia
dichiarare costituzionalmente illegittimi gli articoli  7,  11  e  12
della legge della Regione Sicilia  3  agosto  2021,  n.  22,  per  le
motivazioni indicate nel ricorso, con le conseguenti statuizioni. 
    Con l'originale notificato del ricorso  si  depositera'  estratto
della delibera del Consiglio dei ministri in data 29  settembre  2021
con l'allegata relazione illustrativa. 
    Roma, 4 ottobre 2021 
 
                   L'Avvocato dello Stato: Fedeli