N. 179 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 luglio 2021
Ordinanza del 20 luglio 2021 del Tribunale di Firenze nel procedimento civile promosso da Papi Andrea c/Banca Intesa San Paolo e Banca Popolare di Vicenza in liquidazione coatta amministrativa. Banche e istituti di credito - Disciplina dell'avvio e dello svolgimento della liquidazione coatta amministrativa di Banca popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A. - Cessione di azienda, nonche' di beni, diritti e rapporti giuridici individuabili in blocco - Esclusione di alcune classi di rapporti dall'ambito della cessione al cessionario (Banca Intesa San Paolo S.p.A.) - Interventi dello Stato - Omessa previsione di una possibilita' di ristoro anche per gli azionisti. - Decreto-legge 25 giugno 2017, n. 99 (Disposizioni urgenti per assicurare la parita' di trattamento dei creditori nel contesto di una ricapitalizzazione precauzionale nel settore creditizio nonche' per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A), convertito, con modificazioni, nella legge 31 luglio 2017, n. 121, intero testo, e art. 2, commi 1, lettera c), e 2; art. 3, commi 1 [, lettere a), b) e c)], 2, 3 e 4; art. 4, commi [1, lettere b) e d), 3,] 4 e 5; e art. 6.(GU n.47 del 24-11-2021 )
TRIBUNALE ORDINARIO DI FIRENZE
Terza sezione civile
Il Tribunale, nella persona del giudice dott.ssa Giovanna Mazza
ha pronunciato nella causa civile di I grado iscritta al n. r.g.
2469/2019 promossa da:
Andrea Papi (C.F. PPANDR47B22D612Z), con il patrocinio
dell'avv. Calabrese Ioppolo Emanuele e dell'avv., elettivamente
domiciliato in..... presso il difensore avv. Calabrese Ioppolo
Emanuele attore/i contro
Banca Intesa San Paolo S.p.a. (C.F....), con il patrocinio
dell'avv. Iozzelli Elena e dell'avv. , elettivamente domiciliato in
piazza Dell'Indipendenza n. 21 - 50129 Firenze presso il difensore
avv. Iozzelli Elena convenuto/i Banca Popolare di Vicenza «in
liquidazione coatta amministrativa» (C.F....), con il patrocinio
dell'avv. Zitiello Luca e dell'avv. Musco Carbonaro Benedetta
(MSCBDT74D64D612F) corso Porta Vittoria n. 9 - 20122 Milano;
elettivamente domiciliato in corso Porta Vittoria n. 9 - 20122
Milano; presso il difensore avv. Zitiello Luca intervenuto;
Ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione sul ruolo
nella causa civile cautelare iscritta al n. 2469/2019 R.G. promossa
da: Papi Andrea (C.F. PPANDR47B22D612Z) con il patrocinio degli avv.
Calabrese Ioppolo Emanuele e , con elezione di domicilio in presso
avv. Calabrese Ioppolo Emanuele; attore opponente contro: Banca
Intesa San Paolo S.p.a. (C.F. con il patrocinio degli avv. Iozzelli
Elena e , con elezione di domicilio in piazza Dell'Indipendenza n. 21
- 50129 Firenze presso avv. Iozzelli Elena;
Convenuta opposta
Con atto di citazione ritualmente notificato in data 13 febbraio
2019 il sig. Papi Andrea conveniva in giudizio innanzi al Tribunale
di Firenze la Banca Intesa San Paolo S.p.a per sentir accogliere le
seguenti conclusioni: «nel merito, cosi' giudicare:
1. accertare e dichiarare la nullita' e\o annullabilita' e e\o
inefficacia per violazione dell'art. 21 T.U.F e dell' art. 26
regolamento Consob n. 11522/1998, anche ai sensi dell'art. 1322 del
codice civile, ed altresi' per la mancata verifica dell'adeguatezza
delle operazioni di acquisto azioni BPVI e per l'effetto condannare
la banca convenuta, in base al titolo dedotto in atti, al
risarcimento del danno in favore del sig. Papi Andrea quantificato in
euro 39.163,64 avendo detratto dall'importo investito di euro
55.948,06 il rimborso ricevuto pari ad euro 16.784,42, o quella
maggiore o minore somma che sara' accertata in corso di causa, o
quella maggiore o minore somma che sara' accertata in corso di causa
oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla domanda al
saldo effettivo;
2. In ipotesi, riconoscere e dichiarare il grave inadempimento
della Banca convenuta, per tutti i comportamenti posti in essere
all'atto della sollecitazione di sottoscrizione delle azioni della
Banca Popolare di Vicenza per cui e' causa, e risolvere i contratti
de quo, nonche' per l'effetto, condannare la convenuta Banca alla
restituzione della somma di euro 39.163,64, avendo detratto
dall'importo investito di euro 55.948,06 il rimborso ricevuto pari ad
euro 16.784,42, o quella maggiore o minore somma che sara' accertata
in corso di causa e comunque al risarcimento dei danni patrimoniali
consistenti nella suddetta somma o quella maggiore o minore che sara'
accertata in corso di causa, oltre interessi legali e rivalutazione
monetaria. In ogni caso con vittoria di spese e competenze del
giudizio»
Si costituiva in giudizio la Banca Intesa San Paolo eccependo
preliminarmente il difetto di titolarita' del rapporto dedotto in
giudizio e\o il difetto di legittimazione passiva, in particolare
chiedeva l'accoglimento delle seguenti conclusioni: «Voglia l'Ill.mo
Tribunale di Firenze contrariis reiectis: in via preliminare:
accertata l'estraneita' della comparente all'oggetto del presente
processo, dichiarare il difetto di titolarita' del rapporto dedotto
in giudizio in capo ad Intesa, Sanpaolo S.p.a. e/o il difetto di
legittimazione passiva quest'ultima, e pertanto dichiarare che nulla
e' dovuto da Intesa Sanpaolo S.p.a. al sig. Papi Andrea a
qualsivoglia titolo dedotto in giudizio; subordinatamente
all'intervento volontario di BPVI nel presente giudizio, disporre
l'estromissione di Banca Intesa San Paolo S.p.a. nel merito:
respingere integralmente le domande proposte dal sig. Papi Andrea nei
confronti di Intesa San Paolo in quanto, infondate in fatto ed in
diritto, per tutti i motivi esposti in narrativa. Vinte le spese.»
In data 30 luglio 2019 interveniva volontariamente la Banca
Popolare di Vicenza in liquidazione coatta, insistendo per
l'estromissione della Banca Intesa San Paolo S.p.a. e per
l'accoglimento delle seguenti conclusioni: «Voglia l'Ill.mo Tribunale
adito, contrariis rejectis, previa ogni piu' ampia ed opportuna
declaratoria, cosi giudicare: in via preliminare - rilevato il
difetto di legittimazione passiva di Intesa Sanpaolo S.p.a. rispetto
a tutte le domande svolte dall'attore, accogliere la richiesta di
estromissione della stessa dal presente giudizio; accertare e
dichiarare l'inammissibilita' improcedibilita' e/o improseguibilita'
ovvero comunque improponibilita' di tutte le domande avversarie nei
confronti di BPV in LCA, ai sensi dell'art. 83 T.U.B. in via
subordinata nel merito - respingere le domande tutte ex adverso
formulate perche' e\o infondate, sia in fatto che in diritto, per le
ragioni esposte in atti. Con ogni riserva di merito e istruttoria.
Con vittoria di spese di lite, oltre spese generali, IVA e CPA.».
Concessi i termini per deposito delle memorie ex art. 183, VI
comma c.p.c, la causa veniva rinviata all'udienza del 20 ottobre 2020
per la precisazione delle conclusioni, stante la natura documentale
della causa e l'assenza di richieste istruttorie orali.
La causa veniva quindi istruita con l'acquisizione della sola
documentazione prodotta dalle parti costituite.
Parte attrice nell'introdurre il presente giudizio, contesta la
violazione, da parte di Banca Popolare di Vicenza S.p.a. (di seguito
«BPV»), degli obblighi informativi gravanti sulla medesima cosi come
previsti dalla normativa di riferimento di cui al regolamento Consob
n. 16190/2007 («Nuovo regolamento intermediari»), con riferimento
agli investimenti effettuati tra il 2010 e il 2014 in o azioni emesse
da BPV.
La Banca Intesa San Paolo S.p.a. e la Banca Popolare di Vivenza
in LCA eccepiscono entrambe in via preliminare il difetto di
legittimazione passiva della Banca cessionaria per difetto di
titolarita' del rapporto dedotto in giudizio, con conseguente
richiesta di estromissione della Banca Intesa San Paolo ed
improcedibilita' del giudizio azionato, dovendo le pretese di parte
attrice essere fatte valere in sede concorsuale nei confronti della
BPV in liquidazione coatta amministrativa.
In data 25 giugno 2017, in conformita' con il decreto-legge n. 99
del 25 giugno 2017 pubblicato in Gazzetta Ufficiale in pari data,
convertito con legge 31 luglio 2017, n. 121, il Ministero
dell'economia e delle finanze, su proposta della Banca d'Italia, ha
sottoposto Banca Popolare di Vicenza S.p.a. a liquidazione coatta
amministrativa ed i commissari liquidatori, in attuazione delle
indicazioni ministeriali, hanno provveduto alla cessione di attivita'
e passivita' aziendali a Intesa Sanpaolo (come risulta dai documenti
1, 2, 3, 4). I diritti degli azionisti e le passivita' subordinate
sarebbero invece rimasti in capo alla liquidazione. L'art. 3 del
decreto, cosi' come convertito, prevede infatti che «Restano in ogni
caso esclusi dalla cessione anche in deroga all'art. 2741 del codice
civile:
a) le passivita' indicate all'art. 52, comma 1, lettera a),
punti i), ii), iii) e iv), del decreto legislativo 16 novembre 2015,
n. 180;
b) i debiti delle Banche nei confronti dei propri azionisti e
obbligazionisti subordinati derivanti dalle operazioni di
commercializzazione di azioni o obbligazioni subordinate delle Banche
o dalle violazioni della normativa sulla prestazione dei servizi di
investimento riferite alle medesime azioni o obbligazioni
subordinate, ivi compresi i debiti in detti ambiti verso i soggetti
destinatari di offerte di transazione presentate dalle banche stesse;
c) le controversie relative ad atti o fatti occorsi prima della
cessione, sorte successivamente ad essa, e le relative passivita'».
Il contratto di cessione indica espressamente, in conformita' con il
decreto, che le predette passivita' sono escluse dall'ambito della
cessione.
Parte attrice, pero', sollevava l'eccezione di legittimita'
costituzionale della legge di conversione n. 121 del 27 luglio 2017,
con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2017 n. 99, recante
disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di
Banca Popolare di Vicenza S.p.a. e di Veneto Banca S.p.a. (legge
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'8 agosto 2017) per
violazione degli artt. 2, 3, 24, 42, 45, 47 e 111 della Costituzione
italiana, oltre il contrasto con l'art. l del Protocollo addizionale
della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e degli artt. 17 e 47
diritto di difesa della Carta fondamentale dell'Unione europea.
Il decreto-legge n. 99 del 2017, convertito nella legge n. 121
del 31 luglio 2017 e' stato adottato a seguito della dichiarazione
della Banca Centrale Europea dello stato di dissesto o rischio di
dissesto di Veneto Banca S.p.a. e di Banca Popolare di Vicenza S.p.a.
Lo stesso giorno il Comitato di Risoluzione Unico (CRU), Autorita'
europea per la gestione della crisi delle Banche, oltre a confermare
la valutazione della BCE, ha deciso che l'avvio di una procedura di
risoluzione non fosse nell'interesse pubblico, ai sensi della
normativa europea; con cio' ha dichiarato che la gestione dei passi
successivi della crisi delle due Banche sarebbe passata a livello
nazionale (Banca d'Italia, Informazioni sulla soluzione della crisi
di veneto Banca S.p.a e Banca Popolare di Vicenza S.p.a. - memoria
per la VI Commissione Finanze della Camera dei deputati-all.2). «Nel
caso delle Banche venete il CRU ha ritenuto che non vi fosse un
interesse pubblico considerando, tra l'altro, che l'operativita'
delle due banche era limitata solo ad alcune aree del territorio
nazionale; il CRU ha pertanto deciso che la crisi delle due banche
dovesse essere gestita a livello nazionale.
«Preso atto di tali decisioni, il Governo e la Banca d'Italia, in
stretta collaborazione e in costante dialogo con le autorita'
europee, hanno deciso l'avvio della procedura di liquidazione coatta
amministrativa prevista dal testo unico Bancario e dal decreto-legge»
(Banca d'Italia, Informazioni, cit.) II decreto-legge ha avviato la
liquidazione coatta:
a) per preservare la continuita' dei rapporti di clientela
esistenti;
b) per evitare gravi ricadute della crisi sul tessuto economico
di insediamento delle due banche;
c) per attenuare gli effetti sulla compagine dei dipendenti;
d) per minimizzare il costo complessivo di soluzione della
crisi (Banca d'Italia, Informazioni cit).
Queste finalita' sono state perseguite imponendo ai commissari
liquidatori di cedere «l'azienda, suoi singoli rami, nonche' beni,
diritti e rapporti giuridici individuabili in blocco, ovvero
attivita' e passivita', anche parziali o per una quota di ciascuna di
esse, di uno dei soggetti in liquidazione o di entrambi» (art. 3,
comma 1)» a Banca Intesa San Paolo S.p.a., in base a un'offerta
vincolante dalla stessa presentata nell'ambito di una procedura
svolta prima dell'entrata in vigore del decreto-legge, il cui
contenuto, con gli obblighi connessi, e' stato integralmente recepito
dal decreto-legge. Dalla cessione sono esplicitamente esclusi, «anche
in deroga all'art. 2741 del codice civile», che specifica e attua nel
concorso dei creditori il principio costituzionale di uguaglianza:
a) le passivita' indicate all'art. 52, comma 1, lettera i),
ii), iii), iv) del decreto legislativo n. 180 del 2015: azioni,
obbligazioni subordinate e altri strumenti finanziari, che «sono
ridotti fino alla concorrenza delle perdite»;
b) «i debiti delle Banche nei confronti dei propri azionisti e
obbligazionisti subordinati derivanti dalle operazioni di
commercializzazione di azioni e obbligazioni subordinate delle banche
dalle violazioni della normativa sulla prestazione dei servizi di
investimento riferite alle medesime azioni o obbligazioni
subordinate...»;
c) «le controversie relative ad atti o fatti occorsi prima
della cessione, successivamente ad essa, e le relative passivita'».
Ritenuto che con la proposta d'acquisto vincolante, accettata dal
Governo e recepita con il decreto-legge, Banca Intesa acquisisce:
1) la Banca Popolare di Vicenza S.p.a. e Veneto Banca S.p.a.,
depurate da ogni criticita', ad un presumibile prezzo simbolico:
acquisto comprensivo dei rispettivi avviamenti, dato che viene
mantenuta la continuita' operativa delle due banche;
2) la somma di 4,785 miliardi circa a titolo di aiuti
provenienti dagli stessi soggetti sottoposti a liquidazione, dato che
l'importo e' solo anticipato dallo Stato, che si rivale in maniera
preferenziale sull'attivo della liquidazione. In definitiva l'aiuto
di Stato" concesso a Banca Intesa potrebbe essere stato attuato
mediante l'azzeramento del capitale azionario e delle obbligazioni
subordinate delle Banche acquisite.
Ritenuto che il decreto-legge n. 99 del 2017, convertito nella
legge n. 121 del 2017 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana n. 184 dell'8 agosto 2017, disciplina «l'avvio e
lo svolgimento della liquidazione coatta amministrativa» della Banca
Popolare di Vicenza S.p.a., disposta con decreto del 25 giugno 2017
del Ministro dell'economia e delle finanze e che dalla pubblicazione
del decreto ministeriale che dispone la liquidazione «contro la Banca
in liquidazione non puo' essere promossa ne' proseguita alcuna
azione...».
Ritenuto che l'eccezione di legittimita' costituzionale della
legge di conversione del decreto-legge nella sua interezza appare
immediatamente rilevante ai fini del decidere, in quanto tende a
sopprimere il suddetto impedimento, consentendo al Giudice di
pronunziarsi sulle domande presentate. Altrettanto rilevanti sono le
altre eccezioni sopra sollevate dalla parte attrice, sia perche'
consentono di valutare la legittimita' della prosecuzione del
giudizio nei confronti di Banca Intesa, nonche' evitare che il
capitale azionario della Banca Popolare di Vicenza S.p.a. sia
incostituzionalmente sottratto a favore di un soggetto privato,
diverso dai creditori della stessa Banca.
Per tali motivi questo giudice solleva eccezione di legittimita'
costituzionale della legge di conversione n. 121 del 27 luglio 2017,
con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2017 n. 99, recante
disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di
Banca Popolare di Vicenza S.p.a. e di Veneto Banca S.p.a e legge
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dell'8
agosto 2017) per la violazione delle seguenti disposizioni:
A/1) nei confronti dell'art. 4, comma 1, lettera b) e d), e
comma 3, nelle parti in cui stabiliscono un aiuto di Stato per 4,785
miliardi complessivi posto a carico dei soggetti in liquidazione.
Sulla non manifesta infondatezza:
a) Irragionevolezza delle disposizioni normative (eccesso di
potere legislativo). La Banca d'Italia, informazioni, cit., rileva
che «il Governo italiano ha deciso di affiancare un aiuto di Stato
alla procedura di liquidazione coatta. Tale scelta e' risultata
indispensabile per individuare un acquirente e preservare per questa
via la continuita' operativa delle due aziende, che sarebbe venuta
meno in caso di liquidazione «atomistica». Il fine perseguito ha
quindi rilievo prettamente pubblicistico, tale cioe' da consentire
l'attivazione dei dovere di solidarieta' economica stabilito
dall'art. 2, cosi' nei confronti della generalita' dei cittadini. Il
relativo debito deve quindi gravare sul bilancio dello Stato e non
puo' essere trasferito su una categoria estremamente ristretta di
soggetti, il cui risparmio, integralmente annullato, e' oggetto di
esplicita tutela costituzionale.
b) Violazione della normativa europea sugli aiuti di Stato ed
eccesso di potere legislativo.
La Banca d'Italia ha espressamente affermato che «In base agli
orientamenti della Commissione europea sull'applicazione della
disciplina sugli aiuti di Stato..., gli stati membri possono
intervenire a sostegno di liquidazioni bancarie solo a condizione che
ad azionisti e creditori subordinati sia stato imposto il burden
sharin, vale a dire l'assorbimento delle perdite nella massima misura
necessaria. Pertanto, nel caso specifico, le azioni e obbligazioni
subordinate delle due banche non vengono trasferite a intesa, ma
rimangono nella liquidazione». Il risparmio degli azionisti e dei
creditori subordinati deve pero' essere utilizzato in via prioritaria
per l'assorbimento delle perdite maturate dagli enti creditizi (come
riconosciuto dalla Banca d'Italia e ribadito dall'art. 52 decreto
legislativo n. 180/2015, che recepisce la normativa europea). Con il
decreto-legge, invece, queste poste sono rimaste nella liquidazione
non per ripianare le perdite, ma al solo scopo di trasferirle
coattivamente a Banca Intesa sotto la voce fittizia di «aiuti di
Stato». Questo fatto costituisce una palese violazione della
normativa europea; conferma nello stesso tempo sia il vizio di
eccesso di potere legislativo sia l'illogicita' della soluzione
scelta dal Governo nella crisi delle due banche venete, la loro
liquidazione coatta amministrativa, che ha prodotto una pesante,
eccessiva e non motivata distruzione del risparmio dei cittadini,
alla quale si sarebbe potuto fare fronte con soluzioni diverse.
c) violazione dell'art. 42 cost. dell'art. 1 del Protocollo
addizionale convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali sulla protezione della
proprieta', dell'art. 17 della Carta fondamentale della UE. Il
sostanziale azzeramento del capitale azionario e delle obbligazioni
subordinate, con il loro trasferimento a Banca Intesa, si risolve in
una sostanziale espropriazione, senza indennizzo, a favore di un
soggetto privato per il suo esclusivo interesse, consistente
nell'adeguamento al fabbisogno di capitale determinato
dall'acquisizione gratuita delle due aziende bancarie e
nell'attivazione di misure di ristrutturazione aziendale in
conformita' degli impegni assunti dal cessionario, necessari ai fini
del rispetto della disciplina europea sugli aiuti di Stato. Queste
disposizioni comportano una violazione del principio di legalita',
inteso, come fa la CEDU, nel senso dell'esistenza di una norma di
legge sufficientemente accessibile, precisa e prevedibile alla base
dell'intervento, che finisce per avere natura sostanzialmente
espropriativa;
d) violazione degli artt. 45 e 47 cost. L'aiuto di Stato si
realizza mediante l'annullamento del capitale azionario e delle
obbligazioni subordinate delle due banche, con palese lesione della
norma costituzionale, che «tutela il risparmio in tutte le sue
forme». Questa lesione appare ancora piu' grave sia perche' disposta
a vantaggio del piu' grande gruppo bancario italiano, nell'ambito di
un'acquisizione estremamente vantaggiosa delle due banche venete, e a
danno dei diritti dei cittadini risparmiatori: singoli cittadini,
famiglie, piccoli imprenditori, ecc.; sia perche' la Banca Popolare
di Vicenza S.p.a. e la Banca Veneto S.p.a. sono banche di credito
cooperativo, senza fini di lucro, che perseguono una funzione
sociale.
Alla luce di tale funzione, che potenzialmente giustificherebbe
l'attivazione a loro favore dell'obbligo costituzionale di
solidarieta' economica (art. 2 cost.), appare illegittima la
normativa con la quale «il costo della crisi aziendale e' stato fatto
ricadere in primo luogo sugli azionisti e sui detentori di
obbligazioni subordinate delle due banche. I diritti di questi
soggetti, infatti, sono stati mantenuti nella liquidazione e potranno
essere soddisfatti solo nell'eventualita' in cui lo Stato recuperi
integralmente quanto versato a supporto dell'intervento e siano stati
soddisfatti gli altri creditori» (Banca d'Italia, Informazioni);
e) violazione dell'art. 23 cost. La lesione della disposizione
costituzionale secondo cui «nessuna prestazione personale o
patrimoniale puo' essere imposta se non in base alla legge» si
ricollega alla finalizzazione della prestazione patrimoniale imposta
agli azionisti e obbligazionisti subordinati all'interesse privato di
una societa' privata con fini di lucro;
f) violazione degli articoli 3 e 41 e 45 Costituzione per
disparita' di trattamento tra gli azionisti delle banche venete poste
in liquidazione coatta amministrativa cui diritti sono regolati dalla
legge di conversione del decreto-legge n. 99/2017 e quelli di altre
Banche, in particolare del Monte dei Paschi di Siena che e' stata
ricapitalizzata (vedi decreto ministeriale del 27 luglio 2017-all.4).
salvando gli azionisti. Si contesta nello specifico la differenza di
trattamento prevista dal capo II, del decreto-legge 23 dicembre 2016,
n. 237 che ha autorizzato il Ministero dell'Economia «a sottoscrivere
o acquistare, entro il 31 dicembre 2017, anche in deroga alle norme
di contabilita' di Stato, azioni emesse da banche italiane», mentre
nel caso di specie cio' non e' stato previsto: con decreto-legge n.
99/2017 l'aiuto di stato e' solo fittizio e con il sacrificio di'
azionisti e obbligazionisti subordinati si e' attuato un sostanziale
vantaggio per un soggetto privato estraneo alle due Banche venete
che, tra l'altro, essendo cooperative avrebbero dovuto perseguire una
funzione sociale .
A/2) nei confronti del decreto-legge n. 99 del 2017, convertito
nella legge n. 121 del 2017 nella sua interezza.
Sulla non manifesta infondatezza
Il contenuto economico-normativo del decreto-legge recepisce la
proposta vincolante di acquisto delle due Banche venete presentata da
Banca Intesa. Delle condizioni per l'acquisto fa parte integrante la
concessione del c.d. «aiuto di stato» per l'importo, come si e'
visto, di 4,785 miliardi. Come confermato dalla stessa Banca
d'Italia, Informazioni, cit., che nella sua memoria alla VI
Commissione permanente della Camera dei deputati ha rilevato che: «Il
Governo italiano ha deciso di affiancare un aiuto di Stato alla
procedura di liquidazione coatta. Tale scelta e' risultata
indispensabile per individuare un acquirente e preservare per questa
via la continuita' operativa delle due aziende, che sarebbe venuta
meno in caso di liquidazione «atomistica» ». La caducazione
dell'aiuto di Stato fa quindi cadere la proposta di acquisto nella
sua interezza e con essa le stesse finalita' della liquidazione
coatta amministrativa disposta con decreto del Ministro dell'economia
e delle finanze, consistenti nell'esigenza di preservare la
continuita' dei rapporti di clientela esistenti, di evitare gravi
ricadute della crisi sul tessuto economico di insediamento delle due
banche, di attenuare gli effetti sulla compagine dei dipendenti e di
minimizzare infine il costo complessivo di soluzione della crisi. La
persistenza della dichiarazione di liquidazione coatta
amministrativa, avulsa dal complesso di misure di carattere
economico-finanziario contenute nella proposta vincolante di acquisto
presentata da Banca Intesa e recepite dal decreto-legge, sfocerebbe
nell'avvio di quella «liquidazione atomistica» che, a giudizio dello
stesso Governo, «avrebbe comportato forti ripercussioni negative sul
tessuto produttivo, di carattere sociale e occupazionale,
determinando un grave turbamento dell'economia nell'area di
operativita' delle due banche» (Banca d'Italia, La crisi di Veneto
Banca, pag. 9): conseguenze, queste, che il Governo aveva voluto
accuratamente evitare. Ne consegue quindi la caducazione del
decreto-legge nella sua interezza, in modo che il Governo possa
nuovamente valutare la soluzione piu' conforme all'interesse pubblico
perseguito .
A/3) in violazione dell'art. 3, lettera a) b) e c) del
decreto-legge.
Sulla non manifesta infondatezza
L'art. 2, comma 2, del decreto-legge stabilisce che
l'accertamento del passivo della Banca popolare di Vicenza S.p.a. in
liquidazione e' effettuato «con riferimento ai soli crediti non
ceduti ai sensi dell'art. 3, retrocessi ai sensi dell'art. 4 o sorti
dopo l'avvio della procedura». Non sono pertanto trasferiti, perche'
espressamente esclusi dalla cessione:
a) le passivita' indicate dall'art. 52, comma 1, lettera a,
punti i, ii, iii e iv, del decreto legislativo n. 180 del 2015, e
cioe' le riserve, le azioni e gli altri strumenti finanziari di
classe 1 e 2 e il valore nominale dei debiti subordinati (art 3,
comma 1, lettera a) del decreto-legge. Si tratta quindi di strumenti
finanziari che secondo la stessa disposizione richiamata «sono
ridotti fino alla concorrenza delle perdite». Tale riduzione e'
disposta (comma 2, lettera a) «in modo uniforme nei confronti di
tutti gli azionisti e i creditori dell'ente appartenenti alla stessa
categoria, proporzionalmente al valore nominale dei rispettivi
strumenti finanziari o crediti, secondo la gerarchia applicabile in
sede concorsuale e tenuto conto delle clausole di subordinazione». Il
decreto-legge non richiama, consentendone quindi la cessione a Banca
Intesa, il punto V della suddetta lettera a), cioe' «il valore
nominale delle restanti passivita' ammissibili», che sono quindi
«tutte cedute» ad eccezione di due categorie di passivita',
espressamente indicate:
b) «i debiti delle Banche nei confronti dei propri azionisti e
obbligazionisti subordinati derivanti dalle operazioni di
commercializzazione di azioni o obbligazioni subordinate delle Banche
o dalle violazioni della normativa sulla prestazione dei servizi di
investimento riferite alle medesime azioni o obbligazioni
subordinate» (art. 3, comma 1 , lettera b) del decreto-legge), quindi
proprio i debiti oggetto del presente giudizio;
c) «le controversie relative ad atti fatti occorsi prima della
cessione, sorte successivamente ad essa, e le relative passivita'»
(art. 3, comma 1 , lettera c). Queste disposizioni sono
costituzionalmente illegittime per eccesso di potere legislativo e
per violazione degli articoli 3, 24, 42, 45, 47 e 111 l) Eccesso di
potere legislativo. Questa disciplina e' palesemente irragionevole
per la sua contraddittorieta' intrinseca (eccesso di potere
legislativo). Il titolo del decreto-legge, nei testo risultante dalla
legge di conversione, reca infatti: «Disposizioni urgenti per
assicurare la parita' di trattamento dei ereditari nel contesto di
una ricapitalizzazione precauzionale nel settore creditizio nonche'
per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare Vicenza
S.p.a. e di Veneto Banca S.p.a.». E' infatti evidente che, in
contrasto con l'esplicita volonta' del legislatore costituente, la
normativa introdotta viola pesantemente la parita' di trattamento tra
i creditori, i cui crediti sono «in via generale» trasferiti a Banca
Intesa, e quindi possono ottenere una soddisfazione integrale,
mentre - per quanto attiene al presente giudizio - quelli indicati
dall'art. 3, e, l, lettera a), b) e c) del decreto-legge, vengono
interamente sacrificati. La deroga al principio di parita' di
trattamento dei creditori e' d'altronde esplicitamente dichiarata
dallo stesso art. 3, comma 1, del decreto-legge, che esclude dalla
cessione le lettere a), b) e c) «anche in deroga all'art. 2741 del
codice civile».
2) Violazione dell'art. 3 cost. Il principio di uguaglianza
formale e' violato sotto diversi profili: 2/a) Uguale trattamento di
situazioni diverse: illegittima assimilazione dei creditori ex ad. 3,
comma 1, lettera b) del decreto-legge ai possessori di azioni e
obbligazioni subordinate (lettera a) della stessa disposizione).
L'attivo della liquidazione, pari a 11,6 miliardi, e' destinato a
coprire le somme erogate dallo Stato a Banca Intesa e le garanzie
dallo stesso prestate alla stessa banca. La Banca d'Italia ha inoltre
riconosciuto che «per effetto delle ingenti perdite accumulate dalle
due banche e del fatto che Io Stato, a fronte dell'esborso per cassa
e delle garanzie verso Intesa, si inserisce nel passivo della
liquidazione e viene soddisfatto prima degli azionisti e dei
creditori subordinati, le liquidazioni non disporranno con tutta
probabilita' di risorse sufficienti a soddisfare le pretese di
azionisti e ereditari subordinati». Non diversa e' la condizione dei
crediti non ceduti indicati nelle lettera b) e c) del cometa 1, del
decreto-legge, dato che l'attivo di 11,6 miliardi e' appena
sufficiente a fare fronte allo sbilancio della cessione (5,4
miliardi), agli «aiuti di Stato», e ai crediti retrocessi da Banca
Intesa con le conseguenti garanzie per lo Stato. La condizione di
questi ereditari e' stata quindi di fatto assimilata dal
decreto-legge a quella dei titolari di azioni e obbligazioni
subordinate, pur essendo radicalmente diversa la situazione di chi ha
effettuato un investimento con la consapevolezza di assumere
determinati rischi e quella invece di chi vanta un credito nascente
dalla illegittimita' nella specie del comportamento della Banca.
Questa considerazione e' stata recepita, nei confronti dei possessori
di azioni e obbligazioni subordinate, dallo stesso legislatore. Ha
infatti rilevato la Banca d'Italia (La crisi, cit., pag. 10), che
«Secondo alcuni osservatori la decisione di attivare un intervento
pubblico a favore delle due banche verrete non e' coerente con lo
spirito della regolamentazione europea che avrebbe richiesto l'uso di
risorse interne (il bail-in) e non di fondi pubblici. Tale
considerazione trascura il fatto che i rischi di una crisi bancaria
dovrebbero ricadere su creditori che hanno assunto consapevolmente il
rischio mentre il modo e i tempi con cui la direttiva BRRD e' stata
implementata, hanno de fatto impedito che cio' accadesse». A maggior
ragione questa argomentazione avrebbe dovuto essere utilizzata nei
confronti dei creditori di cui alla lettera b), il cui investimento
in azioni e obbligazioni subordinate e' stato effettuato sulla base
di informazioni non corrette da parte delle rispettive banche o
subordinando la concessione di mutui al loro acquisto o con
violazione in generale della normativa sulla prestazione dei servizi
di investimento come nel caso di specie. Invece il decreto-legge ha
illegittimamente assimilato questi crediti alle azioni e obbligazioni
subordinate, determinandone il totale annullamento.
2/b) Disparita' di trattamento di situazioni uguali:
discriminazione dei crediti di cui all'art. 3, comma 1, lettera b),
del decreto-legge rispetto a quelli cedute. Eccesso di potere
legislativo.
Il decreto-legge prevede il trasferimento ai cessionario di tutti
i crediti, ad eccezione di quelli di cui all'art. 3, comma 1, lettere
b) e c). Il testo normativo non contiene alcuna motivazione di questa
evidente disparita' di trattamento, che rimane quindi priva di
giustificazioni. I primi creditori pertanto saranno integralmente
soddisfatti, mentre le pretese di questi ultimi saranno di fatto
integralmente disattese. Nella Relazione del Governo allegata al
disegno di legge n. 4565 di conversione del decreto-legge presentato
alla Camera dei deputati, si rileva la necessita' di «individuare una
soluzione che consenta di gestire la crisi dei due gruppi [bancari]
con strumenti aggiuntivi rispetto a quelli previsti dal testo unico
bancario. Infatti, in assenza di misure pubbliche di sostegno, la
sottoposizione delle Banche a liquidazione coatta amministrativa
potrebbe comportare una distruzione del valore delle aziende bancarie
coinvolte con conseguenti gravi perdite per gli operatori non
professionali creditori chirografari, che non sono protetti ne'
preferiti». E' stridente la contraddizione, valutabile sotto il
profilo della irragionevolezza e quindi dell'eccesso di potere
legislativo, tra l'intento del Governo di proteggere, senza
distinzione alcuna, i ereditari chirografari, e le disposizioni del
decreto-legge che di fatto sacrificano in modo totale quei creditori
chirografari che vantano nei confronti dell'ente in liquidazione
crediti derivanti dalla illegittimita' del suo comportamento.
Un'ulteriore discriminazione si ricollega agli articoli 3, comma 5, e
4 e. 2, del decreto-legge rispettivamente le «spese per la procedura
selettiva» per la scelta del cessionario; e quelle della liquidazione
stessa. In tal modo si crea un'ulteriore disparita' fra questi
creditori e quelli dei crediti ceduti a banca Intesa, che non sono
tenuti a sopportare queste spese.
2/c) Disparita' di trattamento di situazioni uguali: tutela
generalizzata dei correntisti, con la sola eccezione di quelli di cui
all'art. 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge. Lesione dell'art.
47 cost. L'attore, nel caso di specie, ha promosso un'azione per far
valere in tesi la nullita' del contratto quadro e dell'ordine di
acquisto delle azioni della Banca Popolare di Vicenza S.p.a..
L'accoglimento di detta domanda determinerebbe l'invalidita' ex tunc
delle operazioni contestate, cui conseguirebbe il riaccredito sul
conto corrente di un importo pari a quello indebitamente prelevato
per il corrispettivo delle azioni. Il decreto-legge, al fine di
tutelare i depositi, dispone la cessione a Banca Intesa dei rapporti
relativi ai conti correnti. Questa cessione si estende anche, entro
il termine di prescrizione, all'ammontare di qualsiasi somma
illegittimamente prelevata dai conti correnti. Conseguentemente il
diritto fatto valere dall'attore e' implicito nella disposizione di
carattere generale contenuta nella prima parte del suddetto art. 3,
che delimita il perimetro dei beni oggetto di cessione a Banca
Intesa. La lettera b) dello stesso articolo esclude pero' dalla
cessione, con palese contraddittorieta', i debiti della banca cedente
derivanti dalla nullita' delle operazioni di commercializzazione
delle azioni e obbligazioni subordinate, creando una palese
discriminazione tra questi rapporti di conto corrente, cui di fatto
e' negata ogni tutela, e la tutela di tutti gli altri depositi
derivante dalla cessione del rapporto a Banca Intesa. La disciplina
prevista da questa disposizione si pone al contempo in contrasto con
la tutela costituzione del risparmio (art. 47 cost.).
3) Violazione del principio di uguaglianza e del diritto di
difesa (artt. 3 e 24 cost. e art. 47 Carta fondamentale Unione
europea).
La mancata cessione a Banca Intesa dei debiti derivanti dalle
operazioni di commercializzazione delle azioni e obbligazioni
subordinate, disposta dall'art. 1, comma 1, lettera b) del
decreto-legge, comporta che ogni azione giudiziaria degli azionisti e
degli obbligazionisti potra' essere intrapresa solo nei confronti
della societa' posta in liquidazione coatta amministrativa. Ne
consegue la violazione degli articoli 24 e 3 della Costituzione. In
base all'interpretazione del combinato disposto di cui alla lettera
b) e alla lettera e) dell'art. 3 del decreto-legge si verrebbe,
infatti, a creare una situazione abnorme per le cosiddette
«operazioni baciate» con conseguente lesione del diritto di difesa.
In questo caso, infatti, in base al testo del decreto-legge, il
debito di cui al finanziamento contratto per l'acquisto delle azioni
rimane in capo alla cessionaria Banca Intesa (in altre parole il
cliente, a decorrere dalla cessione, paghera' le rate del
finanziamento a Banca Intesa) mentre il debito della banca nei
confronti dell'azionista rimane in capo alla cedente, anche se i due
rapporti sono tra loro indissolubilmente connessi. In questa
situazione se il cliente-azionista non pagasse il finanziamento, la
banca cessionaria potrebbe risolvere il contratto, chiedere al
cliente l'intero pagamento e, in mancanza, ottenere nei suoi
confronti l'emissione di un decreto ingiuntivo. Questi, a sua volta,
potrebbe proporre opposizione e chiedere in via riconvenzionale di
accertarsi il grave inadempimento da parte della banca
nell'esecuzione del contratto relativo alla vendita delle azioni, di
condannarsi la banca a risarcire il danno e, conseguentemente, di
compensarsi detto credito con il controcredito vantato dalla banca
relativamente al finanziamento. Con il combinato disposto delle
lettera b) e c) dell'art. 3, comma 1, del decreto-legge questo
meccanismo e' stato spezzato, perche' i debiti derivanti dalle
operazioni di negoziazione delle azioni e obbligazioni subordinate,
non essendo oggetto di cessione, rimangono in capo alla cedente. Da
cio' la conseguenza da un lato che ogni eventuale doglianza potra'
essere avanzata solo nei confronti della cedente, che non ha le
disponibilita' finanziarie per fare fronte ai propri obblighi, mentre
la pretesa di Banca Intesa non potra' essere opposta. Questa
situazione determina una evidente lesione sia del principio di
uguaglianza (art. 3 cost.), perche' ai creditori di cui all'art. 1,
comma 1, lettera b) non e' consentito l'esercizio di un'azione di cui
godono tutti gli altri in situazioni analoghe, sia del diritto di
difesa (art. 24 cost.).
P.Q.M.
Rimette la causa sul ruolo.
Rimette alla Corte costituzionale la questione di legittimita'
del decreto-legge 25 giugno 2017 n. 99, coordinato con la legge di
conversione 31 luglio 2017, n. 121, recante «Disposizioni urgenti per
assicurare la parita' di trattamento dei creditori nel contesto di
una ricapitalizzazione precauzionale nel settore creditizio nonche'
per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di
Vicenza S.p.a. e di Veneto Banca S.p.a.» nella sua interezza per i
motivi esposti e, comunque, dell'art. 2, comma 1, lettera c) e comma
2, dell'art. 3 comma 1, comma 2, comma 3 e comma 4, dell'art. 4 e
comma 4 e comma 5, dell'art. 6 nella parte in cui non prevede la
possibilita' di ristoro anche per gli azionisti.
Sospende il giudizio di merito in attesa della definizione del
giudizio rimesso alla Corte costituzionale per quanto di competenza
Manda la cancelleria per gli incombenti di rito e la trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale.
Firenze, 12 luglio 2021
Il Giudice: Mazza