N. 179 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 luglio 2021

Ordinanza  del  20  luglio  2021  del  Tribunale   di   Firenze   nel
procedimento civile promosso da Papi Andrea c/Banca Intesa San  Paolo
e Banca Popolare di Vicenza in liquidazione coatta amministrativa. 
 
Banche  e  istituti  di  credito  -  Disciplina  dell'avvio  e  dello
  svolgimento  della  liquidazione  coatta  amministrativa  di  Banca
  popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A. -  Cessione  di
  azienda,  nonche'   di   beni,   diritti   e   rapporti   giuridici
  individuabili in blocco - Esclusione di alcune classi  di  rapporti
  dall'ambito della cessione al cessionario (Banca Intesa  San  Paolo
  S.p.A.) -  Interventi  dello  Stato  -  Omessa  previsione  di  una
  possibilita' di ristoro anche per gli azionisti. 
- Decreto-legge 25 giugno  2017,  n.  99  (Disposizioni  urgenti  per
  assicurare la parita' di trattamento dei creditori nel contesto  di
  una ricapitalizzazione precauzionale nel settore creditizio nonche'
  per la liquidazione coatta  amministrativa  di  Banca  Popolare  di
  Vicenza  S.p.A.  e  di  Veneto  Banca   S.p.A),   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 31 luglio 2017, n. 121, intero testo,  e
  art. 2, commi 1, lettera c), e 2; art. 3, commi 1 [, lettere a), b)
  e c)], 2, 3 e 4; art. 4, commi [1, lettere b) e d), 3,] 4  e  5;  e
  art. 6. 
(GU n.47 del 24-11-2021 )
 
                    TRIBUNALE ORDINARIO DI FIRENZE 
                        Terza sezione civile 
 
    Il Tribunale, nella persona del giudice dott.ssa  Giovanna  Mazza
ha pronunciato nella causa civile di I  grado  iscritta  al  n.  r.g.
2469/2019 promossa da: 
      Andrea  Papi  (C.F.  PPANDR47B22D612Z),   con   il   patrocinio
dell'avv.  Calabrese  Ioppolo  Emanuele  e  dell'avv.,  elettivamente
domiciliato  in.....  presso  il  difensore  avv.  Calabrese  Ioppolo
Emanuele attore/i contro 
      Banca Intesa San Paolo  S.p.a.  (C.F....),  con  il  patrocinio
dell'avv. Iozzelli Elena e dell'avv. , elettivamente  domiciliato  in
piazza Dell'Indipendenza n. 21 - 50129 Firenze  presso  il  difensore
avv.  Iozzelli  Elena  convenuto/i  Banca  Popolare  di  Vicenza  «in
liquidazione coatta  amministrativa»  (C.F....),  con  il  patrocinio
dell'avv.  Zitiello  Luca  e  dell'avv.  Musco  Carbonaro   Benedetta
(MSCBDT74D64D612F)  corso  Porta  Vittoria  n.  9  -  20122   Milano;
elettivamente domiciliato in  corso  Porta  Vittoria  n.  9  -  20122
Milano; presso il difensore avv. Zitiello Luca intervenuto; 
    Ha pronunciato la seguente  ordinanza  di  rimessione  sul  ruolo
nella causa civile cautelare iscritta al n. 2469/2019  R.G.  promossa
da: Papi Andrea (C.F. PPANDR47B22D612Z) con il patrocinio degli  avv.
Calabrese Ioppolo Emanuele e , con elezione di  domicilio  in  presso
avv. Calabrese  Ioppolo  Emanuele;  attore  opponente  contro:  Banca
Intesa San Paolo S.p.a. (C.F. con il patrocinio degli  avv.  Iozzelli
Elena e , con elezione di domicilio in piazza Dell'Indipendenza n. 21
- 50129 Firenze presso avv. Iozzelli Elena; 
 
                          Convenuta opposta 
 
    Con atto di citazione ritualmente notificato in data 13  febbraio
2019 il sig. Papi Andrea conveniva in giudizio innanzi  al  Tribunale
di Firenze la Banca Intesa San Paolo S.p.a per sentir  accogliere  le
seguenti conclusioni: «nel merito, cosi' giudicare: 
      1. accertare e dichiarare la nullita' e\o annullabilita' e  e\o
inefficacia per  violazione  dell'art.  21  T.U.F  e  dell'  art.  26
regolamento Consob n. 11522/1998, anche ai sensi dell'art.  1322  del
codice civile, ed altresi' per la mancata  verifica  dell'adeguatezza
delle operazioni di acquisto azioni BPVI e per  l'effetto  condannare
la  banca  convenuta,  in  base  al  titolo  dedotto  in   atti,   al
risarcimento del danno in favore del sig. Papi Andrea quantificato in
euro  39.163,64  avendo  detratto  dall'importo  investito  di   euro
55.948,06 il rimborso ricevuto  pari  ad  euro  16.784,42,  o  quella
maggiore o minore somma che sara' accertata  in  corso  di  causa,  o
quella maggiore o minore somma che sara' accertata in corso di  causa
oltre interessi legali e rivalutazione  monetaria  dalla  domanda  al
saldo effettivo; 
      2. In ipotesi, riconoscere e dichiarare il grave  inadempimento
della Banca convenuta, per tutti  i  comportamenti  posti  in  essere
all'atto della sollecitazione di sottoscrizione  delle  azioni  della
Banca Popolare di Vicenza per cui e' causa, e risolvere  i  contratti
de quo, nonche' per l'effetto, condannare  la  convenuta  Banca  alla
restituzione  della  somma  di  euro   39.163,64,   avendo   detratto
dall'importo investito di euro 55.948,06 il rimborso ricevuto pari ad
euro 16.784,42, o quella maggiore o minore somma che sara'  accertata
in corso di causa e comunque al risarcimento dei  danni  patrimoniali
consistenti nella suddetta somma o quella maggiore o minore che sara'
accertata in corso di causa, oltre interessi legali  e  rivalutazione
monetaria. In ogni caso  con  vittoria  di  spese  e  competenze  del
giudizio» 
    Si costituiva in giudizio la Banca  Intesa  San  Paolo  eccependo
preliminarmente il difetto di titolarita'  del  rapporto  dedotto  in
giudizio e\o il difetto di  legittimazione  passiva,  in  particolare
chiedeva l'accoglimento delle seguenti conclusioni: «Voglia  l'Ill.mo
Tribunale  di  Firenze  contrariis  reiectis:  in  via   preliminare:
accertata l'estraneita' della  comparente  all'oggetto  del  presente
processo, dichiarare il difetto di titolarita' del  rapporto  dedotto
in giudizio in capo ad Intesa, Sanpaolo  S.p.a.  e/o  il  difetto  di
legittimazione passiva quest'ultima, e pertanto dichiarare che  nulla
e'  dovuto  da  Intesa  Sanpaolo  S.p.a.  al  sig.  Papi   Andrea   a
qualsivoglia   titolo   dedotto   in    giudizio;    subordinatamente
all'intervento volontario di BPVI  nel  presente  giudizio,  disporre
l'estromissione  di  Banca  Intesa  San  Paolo  S.p.a.  nel   merito:
respingere integralmente le domande proposte dal sig. Papi Andrea nei
confronti di Intesa San Paolo in quanto, infondate  in  fatto  ed  in
diritto, per tutti i motivi esposti in narrativa. Vinte le spese.» 
    In data 30  luglio  2019  interveniva  volontariamente  la  Banca
Popolare  di  Vicenza  in   liquidazione   coatta,   insistendo   per
l'estromissione  della  Banca  Intesa  San   Paolo   S.p.a.   e   per
l'accoglimento delle seguenti conclusioni: «Voglia l'Ill.mo Tribunale
adito, contrariis rejectis,  previa  ogni  piu'  ampia  ed  opportuna
declaratoria, cosi  giudicare:  in  via  preliminare  -  rilevato  il
difetto di legittimazione passiva di Intesa Sanpaolo S.p.a.  rispetto
a tutte le domande svolte dall'attore,  accogliere  la  richiesta  di
estromissione  della  stessa  dal  presente   giudizio; accertare   e
dichiarare l'inammissibilita' improcedibilita' e/o  improseguibilita'
ovvero comunque improponibilita' di tutte le domande  avversarie  nei
confronti di BPV  in  LCA,  ai  sensi  dell'art.  83  T.U.B.  in  via
subordinata nel merito -  respingere  le  domande  tutte  ex  adverso
formulate perche' e\o infondate, sia in fatto che in diritto, per  le
ragioni esposte in atti. Con ogni riserva di  merito  e  istruttoria.
Con vittoria di spese di lite, oltre spese generali, IVA e CPA.». 
    Concessi i termini per deposito delle memorie  ex  art.  183,  VI
comma c.p.c, la causa veniva rinviata all'udienza del 20 ottobre 2020
per la precisazione delle conclusioni, stante la  natura  documentale
della causa e l'assenza di richieste istruttorie orali. 
    La causa veniva quindi istruita  con  l'acquisizione  della  sola
documentazione prodotta dalle parti costituite. 
    Parte attrice nell'introdurre il presente giudizio,  contesta  la
violazione, da parte di Banca Popolare di Vicenza S.p.a. (di  seguito
«BPV»), degli obblighi informativi gravanti sulla medesima cosi  come
previsti dalla normativa di riferimento di cui al regolamento  Consob
n. 16190/2007 («Nuovo  regolamento  intermediari»),  con  riferimento
agli investimenti effettuati tra il 2010 e il 2014 in o azioni emesse
da BPV. 
    La Banca Intesa San Paolo S.p.a. e la Banca Popolare  di  Vivenza
in  LCA  eccepiscono  entrambe  in  via  preliminare  il  difetto  di
legittimazione  passiva  della  Banca  cessionaria  per  difetto   di
titolarita'  del  rapporto  dedotto  in  giudizio,  con   conseguente
richiesta  di  estromissione  della  Banca  Intesa   San   Paolo   ed
improcedibilita' del giudizio azionato, dovendo le pretese  di  parte
attrice essere fatte valere in sede concorsuale nei  confronti  della
BPV in liquidazione coatta amministrativa. 
    In data 25 giugno 2017, in conformita' con il decreto-legge n. 99
del 25 giugno 2017 pubblicato in Gazzetta  Ufficiale  in  pari  data,
convertito  con  legge  31  luglio  2017,  n.   121,   il   Ministero
dell'economia e delle finanze, su proposta della Banca  d'Italia,  ha
sottoposto Banca Popolare di Vicenza  S.p.a.  a  liquidazione  coatta
amministrativa ed  i  commissari  liquidatori,  in  attuazione  delle
indicazioni ministeriali, hanno provveduto alla cessione di attivita'
e passivita' aziendali a Intesa Sanpaolo (come risulta dai  documenti
1, 2, 3, 4). I diritti degli azionisti e  le  passivita'  subordinate
sarebbero invece rimasti in capo  alla  liquidazione.  L'art.  3  del
decreto, cosi' come convertito, prevede infatti che «Restano in  ogni
caso esclusi dalla cessione anche in deroga all'art. 2741 del  codice
civile: 
      a) le passivita' indicate all'art. 52,  comma  1,  lettera  a),
punti i), ii), iii) e iv), del decreto legislativo 16 novembre  2015,
n. 180; 
      b) i debiti delle Banche nei confronti dei propri  azionisti  e
obbligazionisti   subordinati   derivanti   dalle    operazioni    di
commercializzazione di azioni o obbligazioni subordinate delle Banche
o dalle violazioni della normativa sulla prestazione dei  servizi  di
investimento   riferite   alle   medesime   azioni   o   obbligazioni
subordinate, ivi compresi i debiti in detti ambiti verso  i  soggetti
destinatari di offerte di transazione presentate dalle banche stesse; 
      c) le controversie relative ad atti o fatti occorsi prima della
cessione, sorte successivamente ad essa, e le  relative  passivita'».
Il contratto di cessione indica espressamente, in conformita' con  il
decreto, che le predette passivita' sono  escluse  dall'ambito  della
cessione. 
    Parte  attrice,  pero',  sollevava  l'eccezione  di  legittimita'
costituzionale della legge di conversione n. 121 del 27 luglio  2017,
con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2017  n.  99,  recante
disposizioni urgenti per la  liquidazione  coatta  amministrativa  di
Banca Popolare di Vicenza S.p.a. e  di  Veneto  Banca  S.p.a.  (legge
pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  dell'8   agosto   2017)   per
violazione degli artt. 2, 3, 24, 42, 45, 47 e 111 della  Costituzione
italiana, oltre il contrasto con l'art. l del Protocollo  addizionale
della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e degli artt. 17 e 47
diritto di difesa della Carta fondamentale dell'Unione europea. 
    Il decreto-legge n. 99 del 2017, convertito nella  legge  n.  121
del 31 luglio 2017 e' stato adottato a  seguito  della  dichiarazione
della Banca Centrale Europea dello stato di  dissesto  o  rischio  di
dissesto di Veneto Banca S.p.a. e di Banca Popolare di Vicenza S.p.a.
Lo stesso giorno il Comitato di Risoluzione  Unico  (CRU),  Autorita'
europea per la gestione della crisi delle Banche, oltre a  confermare
la valutazione della BCE, ha deciso che l'avvio di una  procedura  di
risoluzione  non  fosse  nell'interesse  pubblico,  ai  sensi   della
normativa europea; con cio' ha dichiarato che la gestione  dei  passi
successivi della crisi delle due Banche  sarebbe  passata  a  livello
nazionale (Banca d'Italia, Informazioni sulla soluzione  della  crisi
di veneto Banca S.p.a e Banca Popolare di  Vicenza  S.p.a. -  memoria
per la VI Commissione Finanze della Camera dei deputati-all.2).  «Nel
caso delle Banche venete il CRU ha  ritenuto  che  non  vi  fosse  un
interesse pubblico  considerando,  tra  l'altro,  che  l'operativita'
delle due banche era limitata solo  ad  alcune  aree  del  territorio
nazionale; il CRU ha pertanto deciso che la crisi  delle  due  banche
dovesse essere gestita a livello nazionale. 
    «Preso atto di tali decisioni, il Governo e la Banca d'Italia, in
stretta  collaborazione  e  in  costante  dialogo  con  le  autorita'
europee, hanno deciso l'avvio della procedura di liquidazione  coatta
amministrativa prevista dal testo unico Bancario e dal decreto-legge»
(Banca d'Italia, Informazioni, cit.) II decreto-legge ha  avviato  la
liquidazione coatta: 
      a) per preservare la  continuita'  dei  rapporti  di  clientela
esistenti; 
      b) per evitare gravi ricadute della crisi sul tessuto economico
di insediamento delle due banche; 
      c) per attenuare gli effetti sulla compagine dei dipendenti; 
      d) per minimizzare il  costo  complessivo  di  soluzione  della
crisi (Banca d'Italia, Informazioni cit). 
    Queste finalita' sono state perseguite  imponendo  ai  commissari
liquidatori di cedere «l'azienda, suoi singoli  rami,  nonche'  beni,
diritti  e  rapporti  giuridici  individuabili  in   blocco,   ovvero
attivita' e passivita', anche parziali o per una quota di ciascuna di
esse, di uno dei soggetti in liquidazione o  di  entrambi»  (art.  3,
comma 1)» a Banca Intesa San  Paolo  S.p.a.,  in  base  a  un'offerta
vincolante dalla  stessa  presentata  nell'ambito  di  una  procedura
svolta  prima  dell'entrata  in  vigore  del  decreto-legge,  il  cui
contenuto, con gli obblighi connessi, e' stato integralmente recepito
dal decreto-legge. Dalla cessione sono esplicitamente esclusi, «anche
in deroga all'art. 2741 del codice civile», che specifica e attua nel
concorso dei creditori il principio costituzionale di uguaglianza: 
      a) le passivita' indicate all'art. 52,  comma  1,  lettera  i),
ii), iii), iv) del decreto  legislativo  n.  180  del  2015:  azioni,
obbligazioni subordinate e  altri  strumenti  finanziari,  che  «sono
ridotti fino alla concorrenza delle perdite»; 
      b) «i debiti delle Banche nei confronti dei propri azionisti  e
obbligazionisti   subordinati   derivanti   dalle    operazioni    di
commercializzazione di azioni e obbligazioni subordinate delle banche
dalle violazioni della normativa sulla  prestazione  dei  servizi  di
investimento   riferite   alle   medesime   azioni   o   obbligazioni
subordinate...»; 
      c) «le controversie relative ad  atti  o  fatti  occorsi  prima
della cessione, successivamente ad essa, e le relative passivita'». 
    Ritenuto che con la proposta d'acquisto vincolante, accettata dal
Governo e recepita con il decreto-legge, Banca Intesa acquisisce: 
      1) la Banca Popolare di Vicenza S.p.a. e Veneto  Banca  S.p.a.,
depurate da ogni criticita',  ad  un  presumibile  prezzo  simbolico:
acquisto  comprensivo  dei  rispettivi  avviamenti,  dato  che  viene
mantenuta la continuita' operativa delle due banche; 
      2)  la  somma  di  4,785  miliardi  circa  a  titolo  di  aiuti
provenienti dagli stessi soggetti sottoposti a liquidazione, dato che
l'importo e' solo anticipato dallo Stato, che si  rivale  in  maniera
preferenziale sull'attivo della liquidazione. In  definitiva  l'aiuto
di Stato" concesso a  Banca  Intesa  potrebbe  essere  stato  attuato
mediante l'azzeramento del capitale azionario  e  delle  obbligazioni
subordinate delle Banche acquisite. 
    Ritenuto che il decreto-legge n. 99 del  2017,  convertito  nella
legge n. 121 del  2017  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica italiana n. 184 dell'8 agosto 2017, disciplina «l'avvio  e
lo svolgimento della liquidazione coatta amministrativa» della  Banca
Popolare di Vicenza S.p.a., disposta con decreto del 25  giugno  2017
del Ministro dell'economia e delle finanze e che dalla  pubblicazione
del decreto ministeriale che dispone la liquidazione «contro la Banca
in liquidazione  non  puo'  essere  promossa  ne'  proseguita  alcuna
azione...». 
    Ritenuto che l'eccezione  di  legittimita'  costituzionale  della
legge di conversione del decreto-legge  nella  sua  interezza  appare
immediatamente rilevante ai fini del  decidere,  in  quanto  tende  a
sopprimere  il  suddetto  impedimento,  consentendo  al  Giudice   di
pronunziarsi sulle domande presentate. Altrettanto rilevanti sono  le
altre eccezioni sopra sollevate  dalla  parte  attrice,  sia  perche'
consentono  di  valutare  la  legittimita'  della  prosecuzione   del
giudizio nei confronti  di  Banca  Intesa,  nonche'  evitare  che  il
capitale  azionario  della  Banca  Popolare  di  Vicenza  S.p.a.  sia
incostituzionalmente sottratto  a  favore  di  un  soggetto  privato,
diverso dai creditori della stessa Banca. 
    Per tali motivi questo giudice solleva eccezione di  legittimita'
costituzionale della legge di conversione n. 121 del 27 luglio  2017,
con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2017  n.  99,  recante
disposizioni urgenti per la  liquidazione  coatta  amministrativa  di
Banca Popolare di Vicenza S.p.a. e di  Veneto  Banca  S.p.a  e  legge
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana  dell'8
agosto 2017) per la violazione delle seguenti disposizioni: 
      A/1) nei confronti dell'art. 4, comma 1, lettera  b)  e  d),  e
comma 3, nelle parti in cui stabiliscono un aiuto di Stato per  4,785
miliardi complessivi posto a carico dei soggetti in liquidazione. 
    Sulla non manifesta infondatezza: 
      a) Irragionevolezza delle disposizioni  normative  (eccesso  di
potere legislativo). La Banca d'Italia,  informazioni,  cit.,  rileva
che «il Governo italiano ha deciso di affiancare un  aiuto  di  Stato
alla procedura di  liquidazione  coatta.  Tale  scelta  e'  risultata
indispensabile per individuare un acquirente e preservare per  questa
via la continuita' operativa delle due aziende,  che  sarebbe  venuta
meno in caso di liquidazione  «atomistica».  Il  fine  perseguito  ha
quindi rilievo prettamente pubblicistico, tale  cioe'  da  consentire
l'attivazione  dei  dovere  di   solidarieta'   economica   stabilito
dall'art. 2, cosi' nei confronti della generalita' dei cittadini.  Il
relativo debito deve quindi gravare sul bilancio dello  Stato  e  non
puo' essere trasferito su una  categoria  estremamente  ristretta  di
soggetti, il cui risparmio, integralmente annullato,  e'  oggetto  di
esplicita tutela costituzionale. 
      b) Violazione della normativa europea sugli aiuti di  Stato  ed
eccesso di potere legislativo. 
    La Banca d'Italia ha espressamente affermato che  «In  base  agli
orientamenti  della  Commissione  europea   sull'applicazione   della
disciplina  sugli  aiuti  di  Stato...,  gli  stati  membri   possono
intervenire a sostegno di liquidazioni bancarie solo a condizione che
ad azionisti e creditori subordinati  sia  stato  imposto  il  burden
sharin, vale a dire l'assorbimento delle perdite nella massima misura
necessaria. Pertanto, nel caso specifico, le  azioni  e  obbligazioni
subordinate delle due banche non  vengono  trasferite  a  intesa,  ma
rimangono nella liquidazione». Il risparmio  degli  azionisti  e  dei
creditori subordinati deve pero' essere utilizzato in via prioritaria
per l'assorbimento delle perdite maturate dagli enti creditizi  (come
riconosciuto dalla Banca d'Italia e  ribadito  dall'art.  52  decreto
legislativo n. 180/2015, che recepisce la normativa europea). Con  il
decreto-legge, invece, queste poste sono rimaste  nella  liquidazione
non per ripianare  le  perdite,  ma  al  solo  scopo  di  trasferirle
coattivamente a Banca Intesa sotto la  voce  fittizia  di  «aiuti  di
Stato».  Questo  fatto  costituisce  una  palese   violazione   della
normativa europea; conferma  nello  stesso  tempo  sia  il  vizio  di
eccesso di  potere  legislativo  sia  l'illogicita'  della  soluzione
scelta dal Governo nella crisi  delle  due  banche  venete,  la  loro
liquidazione coatta amministrativa,  che  ha  prodotto  una  pesante,
eccessiva e non motivata distruzione  del  risparmio  dei  cittadini,
alla quale si sarebbe potuto fare fronte con soluzioni diverse. 
      c) violazione dell'art. 42 cost.  dell'art.  1  del  Protocollo
addizionale convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali  sulla  protezione  della
proprieta', dell'art.  17  della  Carta  fondamentale  della  UE.  Il
sostanziale azzeramento del capitale azionario e  delle  obbligazioni
subordinate, con il loro trasferimento a Banca Intesa, si risolve  in
una sostanziale espropriazione, senza  indennizzo,  a  favore  di  un
soggetto  privato  per  il  suo  esclusivo   interesse,   consistente
nell'adeguamento    al    fabbisogno    di    capitale    determinato
dall'acquisizione   gratuita   delle   due   aziende    bancarie    e
nell'attivazione  di  misure   di   ristrutturazione   aziendale   in
conformita' degli impegni assunti dal cessionario, necessari ai  fini
del rispetto della disciplina europea sugli aiuti  di  Stato.  Queste
disposizioni comportano una violazione del  principio  di  legalita',
inteso, come fa la CEDU, nel senso dell'esistenza  di  una  norma  di
legge sufficientemente accessibile, precisa e prevedibile  alla  base
dell'intervento,  che  finisce  per  avere   natura   sostanzialmente
espropriativa; 
      d) violazione degli artt. 45 e 47 cost.  L'aiuto  di  Stato  si
realizza mediante  l'annullamento  del  capitale  azionario  e  delle
obbligazioni subordinate delle due banche, con palese  lesione  della
norma costituzionale, che  «tutela  il  risparmio  in  tutte  le  sue
forme». Questa lesione appare ancora piu' grave sia perche'  disposta
a vantaggio del piu' grande gruppo bancario italiano, nell'ambito  di
un'acquisizione estremamente vantaggiosa delle due banche venete, e a
danno dei diritti dei  cittadini  risparmiatori:  singoli  cittadini,
famiglie, piccoli imprenditori, ecc.; sia perche' la  Banca  Popolare
di Vicenza S.p.a. e la Banca Veneto S.p.a.  sono  banche  di  credito
cooperativo,  senza  fini  di  lucro,  che  perseguono  una  funzione
sociale. 
    Alla luce di tale funzione, che  potenzialmente  giustificherebbe
l'attivazione  a   loro   favore   dell'obbligo   costituzionale   di
solidarieta'  economica  (art.  2  cost.),  appare   illegittima   la
normativa con la quale «il costo della crisi aziendale e' stato fatto
ricadere  in  primo  luogo  sugli  azionisti  e  sui   detentori   di
obbligazioni subordinate  delle  due  banche.  I  diritti  di  questi
soggetti, infatti, sono stati mantenuti nella liquidazione e potranno
essere soddisfatti solo nell'eventualita' in cui  lo  Stato  recuperi
integralmente quanto versato a supporto dell'intervento e siano stati
soddisfatti gli altri creditori» (Banca d'Italia, Informazioni); 
      e) violazione dell'art. 23 cost. La lesione della  disposizione
costituzionale  secondo  cui   «nessuna   prestazione   personale   o
patrimoniale puo' essere imposta  se  non  in  base  alla  legge»  si
ricollega alla finalizzazione della prestazione patrimoniale  imposta
agli azionisti e obbligazionisti subordinati all'interesse privato di
una societa' privata con fini di lucro; 
      f) violazione degli articoli 3  e  41  e  45  Costituzione  per
disparita' di trattamento tra gli azionisti delle banche venete poste
in liquidazione coatta amministrativa cui diritti sono regolati dalla
legge di conversione del decreto-legge n. 99/2017 e quelli  di  altre
Banche, in particolare del Monte dei Paschi di  Siena  che  e'  stata
ricapitalizzata (vedi decreto ministeriale del 27 luglio 2017-all.4).
salvando gli azionisti. Si contesta nello specifico la differenza  di
trattamento prevista dal capo II, del decreto-legge 23 dicembre 2016,
n. 237 che ha autorizzato il Ministero dell'Economia «a sottoscrivere
o acquistare, entro il 31 dicembre 2017, anche in deroga  alle  norme
di contabilita' di Stato, azioni emesse da banche  italiane»,  mentre
nel caso di specie cio' non e' stato previsto: con  decreto-legge  n.
99/2017 l'aiuto di stato e' solo fittizio e  con  il  sacrificio  di'
azionisti e obbligazionisti subordinati si e' attuato un  sostanziale
vantaggio per un soggetto privato estraneo  alle  due  Banche  venete
che, tra l'altro, essendo cooperative avrebbero dovuto perseguire una
funzione sociale . 
      A/2) nei confronti del decreto-legge n. 99 del 2017, convertito
nella legge n. 121 del 2017 nella sua interezza. 
    Sulla non manifesta infondatezza 
    Il contenuto economico-normativo del decreto-legge  recepisce  la
proposta vincolante di acquisto delle due Banche venete presentata da
Banca Intesa. Delle condizioni per l'acquisto fa parte integrante  la
concessione del c.d. «aiuto di  stato»  per  l'importo,  come  si  e'
visto,  di  4,785  miliardi.  Come  confermato  dalla  stessa   Banca
d'Italia,  Informazioni,  cit.,  che  nella  sua  memoria   alla   VI
Commissione permanente della Camera dei deputati ha rilevato che: «Il
Governo italiano ha deciso di  affiancare  un  aiuto  di  Stato  alla
procedura  di  liquidazione  coatta.   Tale   scelta   e'   risultata
indispensabile per individuare un acquirente e preservare per  questa
via la continuita' operativa delle due aziende,  che  sarebbe  venuta
meno  in  caso  di  liquidazione  «atomistica»  ».   La   caducazione
dell'aiuto di Stato fa quindi cadere la proposta  di  acquisto  nella
sua interezza e con  essa  le  stesse  finalita'  della  liquidazione
coatta amministrativa disposta con decreto del Ministro dell'economia
e  delle  finanze,  consistenti  nell'esigenza   di   preservare   la
continuita' dei rapporti di clientela  esistenti,  di  evitare  gravi
ricadute della crisi sul tessuto economico di insediamento delle  due
banche, di attenuare gli effetti sulla compagine dei dipendenti e  di
minimizzare infine il costo complessivo di soluzione della crisi.  La
persistenza    della    dichiarazione    di    liquidazione    coatta
amministrativa,  avulsa  dal  complesso  di   misure   di   carattere
economico-finanziario contenute nella proposta vincolante di acquisto
presentata da Banca Intesa e recepite dal  decreto-legge,  sfocerebbe
nell'avvio di quella «liquidazione atomistica» che, a giudizio  dello
stesso Governo, «avrebbe comportato forti ripercussioni negative  sul
tessuto   produttivo,   di   carattere   sociale   e   occupazionale,
determinando  un  grave   turbamento   dell'economia   nell'area   di
operativita' delle due banche» (Banca d'Italia, La  crisi  di  Veneto
Banca, pag. 9): conseguenze, queste,  che  il  Governo  aveva  voluto
accuratamente  evitare.  Ne  consegue  quindi  la   caducazione   del
decreto-legge nella sua interezza,  in  modo  che  il  Governo  possa
nuovamente valutare la soluzione piu' conforme all'interesse pubblico
perseguito . 
      A/3) in  violazione  dell'art.  3,  lettera  a)  b)  e  c)  del
decreto-legge. 
    Sulla non manifesta infondatezza 
    L'art.   2,   comma   2,   del   decreto-legge   stabilisce   che
l'accertamento del passivo della Banca popolare di Vicenza S.p.a.  in
liquidazione e' effettuato  «con  riferimento  ai  soli  crediti  non
ceduti ai sensi dell'art. 3, retrocessi ai sensi dell'art. 4 o  sorti
dopo l'avvio della procedura». Non sono pertanto trasferiti,  perche'
espressamente esclusi dalla cessione: 
      a) le passivita' indicate dall'art. 52,  comma  1,  lettera  a,
punti i, ii, iii e iv, del decreto legislativo n.  180  del  2015,  e
cioe' le riserve, le azioni  e  gli  altri  strumenti  finanziari  di
classe 1 e 2 e il valore nominale  dei  debiti  subordinati  (art  3,
comma 1, lettera a) del decreto-legge. Si tratta quindi di  strumenti
finanziari  che  secondo  la  stessa  disposizione  richiamata  «sono
ridotti fino alla  concorrenza  delle  perdite».  Tale  riduzione  e'
disposta (comma 2, lettera a) «in  modo  uniforme  nei  confronti  di
tutti gli azionisti e i creditori dell'ente appartenenti alla  stessa
categoria,  proporzionalmente  al  valore  nominale  dei   rispettivi
strumenti finanziari o crediti, secondo la gerarchia  applicabile  in
sede concorsuale e tenuto conto delle clausole di subordinazione». Il
decreto-legge non richiama, consentendone quindi la cessione a  Banca
Intesa, il punto V  della  suddetta  lettera  a),  cioe'  «il  valore
nominale delle restanti  passivita'  ammissibili»,  che  sono  quindi
«tutte  cedute»  ad  eccezione  di  due  categorie   di   passivita',
espressamente indicate: 
      b) «i debiti delle Banche nei confronti dei propri azionisti  e
obbligazionisti   subordinati   derivanti   dalle    operazioni    di
commercializzazione di azioni o obbligazioni subordinate delle Banche
o dalle violazioni della normativa sulla prestazione dei  servizi  di
investimento   riferite   alle   medesime   azioni   o   obbligazioni
subordinate» (art. 3, comma 1 , lettera b) del decreto-legge), quindi
proprio i debiti oggetto del presente giudizio; 
      c) «le controversie relative ad atti fatti occorsi prima  della
cessione, sorte successivamente ad essa, e  le  relative  passivita'»
(art.  3,  comma  1  ,   lettera   c).   Queste   disposizioni   sono
costituzionalmente illegittime per eccesso di  potere  legislativo  e
per violazione degli articoli 3, 24, 42, 45, 47 e 111 l)  Eccesso  di
potere legislativo. Questa disciplina  e'  palesemente  irragionevole
per  la  sua  contraddittorieta'  intrinseca   (eccesso   di   potere
legislativo). Il titolo del decreto-legge, nei testo risultante dalla
legge  di  conversione,  reca  infatti:  «Disposizioni  urgenti   per
assicurare la parita' di trattamento dei ereditari  nel  contesto  di
una ricapitalizzazione precauzionale nel settore  creditizio  nonche'
per la liquidazione coatta amministrativa di Banca  Popolare  Vicenza
S.p.a. e di  Veneto  Banca  S.p.a.».  E'  infatti  evidente  che,  in
contrasto con l'esplicita volonta' del  legislatore  costituente,  la
normativa introdotta viola pesantemente la parita' di trattamento tra
i creditori, i cui crediti sono «in via generale» trasferiti a  Banca
Intesa,  e  quindi  possono  ottenere  una  soddisfazione  integrale,
mentre - per quanto attiene al presente  giudizio -  quelli  indicati
dall'art. 3, e, l, lettera a), b) e  c)  del  decreto-legge,  vengono
interamente  sacrificati.  La  deroga  al  principio  di  parita'  di
trattamento dei creditori  e'  d'altronde  esplicitamente  dichiarata
dallo stesso art. 3, comma 1, del decreto-legge,  che  esclude  dalla
cessione le lettere a), b) e c) «anche in deroga  all'art.  2741  del
codice civile». 
    2) Violazione dell'art.  3  cost.  Il  principio  di  uguaglianza
formale e' violato sotto diversi profili: 2/a) Uguale trattamento  di
situazioni diverse: illegittima assimilazione dei creditori ex ad. 3,
comma 1, lettera b) del  decreto-legge  ai  possessori  di  azioni  e
obbligazioni subordinate  (lettera  a)  della  stessa  disposizione).
L'attivo della liquidazione, pari a 11,6  miliardi,  e'  destinato  a
coprire le somme erogate dallo Stato a Banca  Intesa  e  le  garanzie
dallo stesso prestate alla stessa banca. La Banca d'Italia ha inoltre
riconosciuto che «per effetto delle ingenti perdite accumulate  dalle
due banche e del fatto che Io Stato, a fronte dell'esborso per  cassa
e delle  garanzie  verso  Intesa,  si  inserisce  nel  passivo  della
liquidazione  e  viene  soddisfatto  prima  degli  azionisti  e   dei
creditori subordinati, le  liquidazioni  non  disporranno  con  tutta
probabilita' di  risorse  sufficienti  a  soddisfare  le  pretese  di
azionisti e ereditari subordinati». Non diversa e' la condizione  dei
crediti non ceduti indicati nelle lettera b) e c) del cometa  1,  del
decreto-legge,  dato  che  l'attivo  di  11,6  miliardi   e'   appena
sufficiente  a  fare  fronte  allo  sbilancio  della  cessione   (5,4
miliardi), agli «aiuti di Stato», e ai crediti  retrocessi  da  Banca
Intesa con le conseguenti garanzie per lo  Stato.  La  condizione  di
questi  ereditari  e'  stata   quindi   di   fatto   assimilata   dal
decreto-legge  a  quella  dei  titolari  di  azioni  e   obbligazioni
subordinate, pur essendo radicalmente diversa la situazione di chi ha
effettuato  un  investimento  con  la  consapevolezza   di   assumere
determinati rischi e quella invece di chi vanta un  credito  nascente
dalla illegittimita' nella  specie  del  comportamento  della  Banca.
Questa considerazione e' stata recepita, nei confronti dei possessori
di azioni e obbligazioni subordinate, dallo  stesso  legislatore.  Ha
infatti rilevato la Banca d'Italia (La crisi,  cit.,  pag.  10),  che
«Secondo alcuni osservatori la decisione di  attivare  un  intervento
pubblico a favore delle due banche verrete non  e'  coerente  con  lo
spirito della regolamentazione europea che avrebbe richiesto l'uso di
risorse  interne  (il  bail-in)  e  non  di  fondi   pubblici.   Tale
considerazione trascura il fatto che i rischi di una  crisi  bancaria
dovrebbero ricadere su creditori che hanno assunto consapevolmente il
rischio mentre il modo e i tempi con cui la direttiva BRRD  e'  stata
implementata, hanno de fatto impedito che cio' accadesse». A  maggior
ragione questa argomentazione avrebbe dovuto  essere  utilizzata  nei
confronti dei creditori di cui alla lettera b), il  cui  investimento
in azioni e obbligazioni subordinate e' stato effettuato  sulla  base
di informazioni non corrette  da  parte  delle  rispettive  banche  o
subordinando  la  concessione  di  mutui  al  loro  acquisto  o   con
violazione in generale della normativa sulla prestazione dei  servizi
di investimento come nel caso di specie. Invece il  decreto-legge  ha
illegittimamente assimilato questi crediti alle azioni e obbligazioni
subordinate, determinandone il totale annullamento. 
      2/b)  Disparita'   di   trattamento   di   situazioni   uguali:
discriminazione dei crediti di cui all'art. 3, comma 1,  lettera  b),
del  decreto-legge  rispetto  a  quelli  cedute.  Eccesso  di  potere
legislativo. 
    Il decreto-legge prevede il trasferimento ai cessionario di tutti
i crediti, ad eccezione di quelli di cui all'art. 3, comma 1, lettere
b) e c). Il testo normativo non contiene alcuna motivazione di questa
evidente disparita'  di  trattamento,  che  rimane  quindi  priva  di
giustificazioni. I primi  creditori  pertanto  saranno  integralmente
soddisfatti, mentre le pretese di  questi  ultimi  saranno  di  fatto
integralmente disattese. Nella  Relazione  del  Governo  allegata  al
disegno di legge n. 4565 di conversione del decreto-legge  presentato
alla Camera dei deputati, si rileva la necessita' di «individuare una
soluzione che consenta di gestire la crisi dei due  gruppi  [bancari]
con strumenti aggiuntivi rispetto a quelli previsti dal  testo  unico
bancario. Infatti, in assenza di misure  pubbliche  di  sostegno,  la
sottoposizione delle  Banche  a  liquidazione  coatta  amministrativa
potrebbe comportare una distruzione del valore delle aziende bancarie
coinvolte  con  conseguenti  gravi  perdite  per  gli  operatori  non
professionali creditori  chirografari,  che  non  sono  protetti  ne'
preferiti». E'  stridente  la  contraddizione,  valutabile  sotto  il
profilo  della  irragionevolezza  e  quindi  dell'eccesso  di  potere
legislativo,  tra  l'intento  del  Governo   di   proteggere,   senza
distinzione alcuna, i ereditari chirografari, e le  disposizioni  del
decreto-legge che di fatto sacrificano in modo totale quei  creditori
chirografari che vantano  nei  confronti  dell'ente  in  liquidazione
crediti  derivanti  dalla  illegittimita'  del   suo   comportamento.
Un'ulteriore discriminazione si ricollega agli articoli 3, comma 5, e
4 e. 2, del decreto-legge rispettivamente le «spese per la  procedura
selettiva» per la scelta del cessionario; e quelle della liquidazione
stessa. In tal  modo  si  crea  un'ulteriore  disparita'  fra  questi
creditori e quelli dei crediti ceduti a banca Intesa,  che  non  sono
tenuti a sopportare queste spese. 
      2/c) Disparita' di trattamento  di  situazioni  uguali:  tutela
generalizzata dei correntisti, con la sola eccezione di quelli di cui
all'art. 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge. Lesione dell'art.
47 cost. L'attore, nel caso di specie, ha promosso un'azione per  far
valere in tesi la nullita' del  contratto  quadro  e  dell'ordine  di
acquisto  delle  azioni  della  Banca  Popolare  di  Vicenza  S.p.a..
L'accoglimento di detta domanda determinerebbe l'invalidita' ex  tunc
delle operazioni contestate, cui  conseguirebbe  il  riaccredito  sul
conto corrente di un importo pari a  quello  indebitamente  prelevato
per il corrispettivo delle  azioni.  Il  decreto-legge,  al  fine  di
tutelare i depositi, dispone la cessione a Banca Intesa dei  rapporti
relativi ai conti correnti. Questa cessione si estende  anche,  entro
il  termine  di  prescrizione,  all'ammontare  di   qualsiasi   somma
illegittimamente prelevata dai conti  correnti.  Conseguentemente  il
diritto fatto valere dall'attore e' implicito nella  disposizione  di
carattere generale contenuta nella prima parte del suddetto  art.  3,
che delimita il perimetro  dei  beni  oggetto  di  cessione  a  Banca
Intesa. La lettera b)  dello  stesso  articolo  esclude  pero'  dalla
cessione, con palese contraddittorieta', i debiti della banca cedente
derivanti dalla  nullita'  delle  operazioni  di  commercializzazione
delle  azioni  e  obbligazioni  subordinate,   creando   una   palese
discriminazione tra questi rapporti di conto corrente, cui  di  fatto
e' negata ogni tutela, e  la  tutela  di  tutti  gli  altri  depositi
derivante dalla cessione del rapporto a Banca Intesa.  La  disciplina
prevista da questa disposizione si pone al contempo in contrasto  con
la tutela costituzione del risparmio (art. 47 cost.). 
      3) Violazione del principio di uguaglianza  e  del  diritto  di
difesa (artt. 3 e 24  cost.  e  art.  47  Carta  fondamentale  Unione
europea). 
    La mancata cessione a Banca Intesa  dei  debiti  derivanti  dalle
operazioni  di  commercializzazione  delle  azioni   e   obbligazioni
subordinate,  disposta  dall'art.  1,  comma  1,   lettera   b)   del
decreto-legge, comporta che ogni azione giudiziaria degli azionisti e
degli obbligazionisti potra' essere  intrapresa  solo  nei  confronti
della  societa'  posta  in  liquidazione  coatta  amministrativa.  Ne
consegue la violazione degli articoli 24 e 3 della  Costituzione.  In
base all'interpretazione del combinato disposto di cui  alla  lettera
b) e alla lettera e)  dell'art.  3  del  decreto-legge  si  verrebbe,
infatti,  a  creare  una  situazione  abnorme   per   le   cosiddette
«operazioni baciate» con conseguente lesione del diritto  di  difesa.
In questo caso, infatti, in  base  al  testo  del  decreto-legge,  il
debito di cui al finanziamento contratto per l'acquisto delle  azioni
rimane in capo alla cessionaria Banca  Intesa  (in  altre  parole  il
cliente,  a  decorrere  dalla  cessione,   paghera'   le   rate   del
finanziamento a Banca  Intesa)  mentre  il  debito  della  banca  nei
confronti dell'azionista rimane in capo alla cedente, anche se i  due
rapporti  sono  tra  loro  indissolubilmente  connessi.   In   questa
situazione se il cliente-azionista non pagasse il  finanziamento,  la
banca  cessionaria  potrebbe  risolvere  il  contratto,  chiedere  al
cliente  l'intero  pagamento  e,  in  mancanza,  ottenere  nei   suoi
confronti l'emissione di un decreto ingiuntivo. Questi, a sua  volta,
potrebbe proporre opposizione e chiedere in  via  riconvenzionale  di
accertarsi   il   grave   inadempimento   da   parte   della    banca
nell'esecuzione del contratto relativo alla vendita delle azioni,  di
condannarsi la banca a risarcire il  danno  e,  conseguentemente,  di
compensarsi detto credito con il controcredito  vantato  dalla  banca
relativamente al  finanziamento.  Con  il  combinato  disposto  delle
lettera b) e c)  dell'art.  3,  comma  1,  del  decreto-legge  questo
meccanismo e'  stato  spezzato,  perche'  i  debiti  derivanti  dalle
operazioni di negoziazione delle azioni e  obbligazioni  subordinate,
non essendo oggetto di cessione, rimangono in capo alla  cedente.  Da
cio' la conseguenza da un lato che ogni  eventuale  doglianza  potra'
essere avanzata solo nei confronti  della  cedente,  che  non  ha  le
disponibilita' finanziarie per fare fronte ai propri obblighi, mentre
la  pretesa  di  Banca  Intesa  non  potra'  essere  opposta.  Questa
situazione determina  una  evidente  lesione  sia  del  principio  di
uguaglianza (art. 3 cost.), perche' ai creditori di cui  all'art.  1,
comma 1, lettera b) non e' consentito l'esercizio di un'azione di cui
godono tutti gli altri in situazioni analoghe,  sia  del  diritto  di
difesa (art. 24 cost.). 
 
                                P.Q.M. 
 
    Rimette la causa sul ruolo. 
    Rimette alla Corte costituzionale la  questione  di  legittimita'
del decreto-legge 25 giugno 2017 n. 99, coordinato con  la  legge  di
conversione 31 luglio 2017, n. 121, recante «Disposizioni urgenti per
assicurare la parita' di trattamento dei creditori  nel  contesto  di
una ricapitalizzazione precauzionale nel settore  creditizio  nonche'
per la  liquidazione  coatta  amministrativa  di  Banca  Popolare  di
Vicenza S.p.a. e di Veneto Banca S.p.a.» nella sua  interezza  per  i
motivi esposti e, comunque, dell'art. 2, comma 1, lettera c) e  comma
2, dell'art. 3 comma 1, comma 2, comma 3 e comma  4,  dell'art.  4  e
comma 4 e comma 5, dell'art. 6 nella parte  in  cui  non  prevede  la
possibilita' di ristoro anche per gli azionisti. 
    Sospende il giudizio di merito in attesa  della  definizione  del
giudizio rimesso alla Corte costituzionale per quanto di competenza 
    Manda la cancelleria per gli incombenti di rito e la trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale. 
      Firenze, 12 luglio 2021 
 
                          Il Giudice: Mazza