N. 180 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 agosto 2021

Ordinanza  del   4   agosto   2021   del   Tribunale   amministrativo
regionale per il Lazio sul ricorso proposto da RD T srl contro Comune
di Civitavecchia. 
 
Edilizia e urbanistica - Titoli edilizi - Norme della Regione Lazio -
  Accertamento di conformita'  delle  opere  realizzate  in  parziale
  difformita' dal titolo abilitativo - Prevista determinazione  della
  misura dell'oblazione nel  doppio  dell'incremento  del  valore  di
  mercato dell'immobile, anziche' in un importo pari a due  volte  il
  contributo di costruzione. 
- Legge  della  Regione  Lazio  11  agosto  2008,  n.  15  (Vigilanza
  sull'attivita' urbanistico-edilizia), art. 22, comma 2, lettera b). 
(GU n.47 del 24-11-2021 )
 
          IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                      (Sezione Seconda Quater) 
 
    ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 1642 del 2019,  proposto  da    ,  in  persona  del
legale   rappresentante   pro   tempore,   rappresentato   e   difeso
dall'avvocato Luca Giusti, con domicilio  digitale  come  da  PEC  da
Registri di Giustizia; 
    contro  Comune  di   Civitavecchia,   in   persona   del   legale
rappresentante pro tempore, rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati
Marina Marino, Domenico Occagna,  Silvio  Sbragaglia,  con  domicilio
digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 
    per l'annullamento previa concessione di  misure  cautelari,  dei
seguenti provvedimenti: 
        A) provvedimento emesso dal Comune di Civitavecchia, servizio
5 - Edilizia ed Urbanistica, Patrimonio e Demanio - Sezione  edilizia
ed urbanistica del    protocollo   (all. 26) comunicato alla Societa'
ricorrente con posta elettronica  certificata  del     (all.  25),  -
nonche' la susseguente e collegata comunicazione, sempre  del  Comune
di Civitavecchia senza data e protocollo (all. 28),  comunicata  alla
societa' ricorrente con posta elettronica certificata del   ; 
        B) la susseguente comunicazione-diffida, sempre del Comune di
Civitavecchia, del   , numero di  protocollo  (all.  31),  comunicata
alla societa' ricorrente a mezzo  posta  elettronica  certificata  in
data 14 dicembre 2018 (all. 30); 
        C) la precedente e collegata comunicazione-diffida  trasmessa
con posta elettronica certificata del 9 agosto 2018 protocollo numero
72217 (all. 22). 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visto  l'atto  di  costituzione  in   giudizio   di   Comune   di
Civitavecchia; 
    Visto l'art. 79, comma 1, cod. proc. amm.; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza  pubblica  del  giorno  9  aprile  2021  la
dott.ssa Floriana Rizzetto; 
    Con il ricorso in esame la  societa'  di  costruzioni  ricorrente
impugna, tra  l'altro,  la  nota  dell'Ufficio  Tecnico  Edilizia  ed
Urbanistica del Comune di Civitavecchia del   prot.   ,  con  cui  e'
stato determinato l'importo di quanto dovuto dalla medesima a seguito
dell'accoglimento dell'istanza di accertamento di conformita' ex art.
36, decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001  delle  opere
in parziale difformita' del permesso di costruire n.   , a titolo  di
oblazione per euro 185.675,00, nonche' a titolo di  oneri  concessori
(euro 2.835,42  per  costo  di  costruzione  ed  euro  1.130,37  come
contributo oneri di urbanizzazione). 
    La   controversia,   in   particolare,   attiene   alla    misura
dell'oblazione dovuta per la regolarizzazione di tale abuso edilizio,
che rientra nella previsione di cui all'art. 18 della legge regionale
Lazio n. 15 del 2008. 
    Una volta definita con sentenza parziale  la  questione  relativa
alla  individuazione  della  norma  da  applicare  al  caso  de  quo,
escludendo che la fattispecie ricada nella previsione di cui all'art.
22, comma 2, lettera c) della legge regionale del  Lazio  n.  15  del
2008,  questo  Tribunale  ha  statuito  che  trova  applicazione   la
precedente lettera b), che, per gli abusi  formali  sanati  ai  sensi
dell'art. 36 del  testo  unico  dell'edilizia  prevedeva,  nel  testo
vigente al tempo di adozione dell'atto impugnato, una  sanzione  pari
al doppio dell'incremento del valore di mercato dell'immobile. 
    Tale disposizione e' stata modificata dalla legge regionale n.  1
del 2020, che e' stata adottata per adeguare l'ordinamento  regionale
alla sentenza n. 2 del 2019 della Corte costituzionale. 
    Con quest'ultima, la Corte ha reputato lesiva  del  principio  di
ragionevolezza la lettera a) dell'art. 22 sopra  citato,  in  quanto,
nel reprimere gli abusi formali indicati  dall'art.  15  della  legge
regionale Lazio n. 15 del  2008,  prevedeva  una  sanzione  uguale  a
quella stabilita' dall'art. 38  del  testo  unico  dell'edilizia  per
abusi sostanziali,  di  cui  non  fosse  materialmente  possibile  la
riduzione  in  pristino,  a  seguito  dell'annullamento  del   titolo
edilizio. 
    Benche' la pronuncia della Corte abbia colpito  solo  la  lettera
a), la legge regionale Lazio n. 1 del 2020  ha  modificato  sia  tale
lettera, sia la lettera b seguente (ovvero, la porzione  della  norma
che e' rilevante nel presente giudizio), sulla base  del  presupposto
che quest'ultima fosse afflitta dal medesimo  vizio  di  legittimita'
costituzionale, poiche' anch'essa  prevedeva  una  sanzione  per  gli
abusi formali di cui gli articoli 16 e 18  commisurata  sul  criterio
del valore venale dell'opera, ovvero al medesimo  criterio  stabilito
per l'abuso sostanziale di cui all'art. 38 testo unico edilizia. 
    In particolare, il legislatore regionale ha modificato le  regole
per la determinazione dell'oblazione con la legge regionale Lazio  27
febbraio 2020, n. 1, che all'art. 2, comma 1, lettera c), punti 1)  e
2 ha riformulato l'art. 22 comma 2 aggiungendovi  la  lettera  a-bis)
che recita: «nei casi previsti dall'art. 15, di un importo pari a tre
volte il contributo di costruzione», e sostituendo la lettera b)  con
la nuova versione che prevede: «b) nei casi previsti  dagli  articoli
16  e  18,  di  un  importo  pari  a  due  volte  il  contributo   di
costruzione». 
    La  nuova  disciplina  trova  applicazione  a  decorrere  dal  28
febbraio 2020, data di entrata in vigore della legge regionale  Lazio
n. 1/2020, come stabilito dall'art. 23, comma 1, della medesima legge
e non e' pertanto applicabile alla fattispecie in esame,  non  avendo
efficacia retroattiva. 
    Percio', nel caso di specie, relativo  ad  abuso  sanzionato  nel
2018, deve applicarsi il testo originario della lettera b),  che  non
e'   stato   oggetto   della    dichiarazione    di    illegittimita'
costituzionale. 
    Posto che il ricorso verte sulla contestazione della misura della
oblazione imposta dal comune in applicazione di tale  previsione,  e'
rilevante la questione di legittimita'  costituzionale  di  essa,  in
riferimento all'art. 3 della Costituzione,  poiche',  se  essa  fosse
accolta, l'atto impugnato andrebbe annullato, e  il  comune  dovrebbe
rideterminare la sanzione. 
    Tale questione e' inoltre non manifestamente infondata, posto che
si dubita della legittimita' costituzionale dell'art.  22,  comma  2,
lettera  b)  della  legge  regionale  n.  15  del  2008,  nel   testo
applicabile alla res controversa - benche' ormai abrogato al fine  di
adeguare il regime delle oblazioni proprio ai principi espressi dalla
Corte costituzionale con la sentenza n. 2 del 2019 - nella  parte  in
cui stabiliva la misura dell'oblazione nel doppio dell'incremento  di
valore di mercato dell'immobile, anziche' in un importo  pari  a  due
volte il contributo di costruzione (criterio che  si  rinviene  ormai
nella  stessa   legislazione   regionale   per   gli   abusi   sanati
successivamente la sua entrata in vigore). 
    In tal modo il metodo per la determinazione dell'oblazione dovuta
per la legalizzazione  dell'illecito  edilizio  passerebbe  dal  piu'
oneroso criterio che fa riferimento al valore venale dell'intervento,
per cui l'importo  dell'oblazione  ammonta  a  euro  185.675  -  come
reclamato dall'amministrazione  facendo  applicazione  dell'art.  22,
comma 2, lettera b) della legge regionale n. 15/2008  nella  versione
applicabile ratione temporis  -  al  piu'  favorevole  parametro  del
(doppio) contributo di costruzione, introdotto dalla legge  regionale
Lazio 27 febbraio 2020, n. 1, che darebbe luogo ad un  importo  molto
piu' basso,  che,  calcolato  secondo  i  dati  forniti  dal  comune,
ammonterebbe a soli euro 3.670,84. 
    Il vizio di costituzionalita' che colpisce la lettera b dell'art.
22 e' analogo a quello gia' ravvisato dalla Corte costituzionale  con
la sentenza n. 2 del 2019. 
    La sezione osserva innanzitutto che l'art. 22, comma  2,  lettera
b) della legge regionale  11  agosto  2008,  n.  15,  nella  versione
applicabile  ratione  temporis,  impone  al  comune  di   determinare
l'oblazione dovuta per l'accertamento di conformita' delle  opere  in
difformita' parziale del permesso  di  costruire  nella  misura  pari
all'«...importo pari al doppio dell'incremento del valore di  mercato
dell'immobile conseguente alla esecuzione  delle  opere,  determinato
con  riferimento   alla   data   di   applicazione   dell'oblazione»,
coincidente con la misura della sanzione pecuniaria da  irrogare  per
gli interventi in parziale  difformita'  dal  titolo  abilitativo  ai
sensi dell'art. 18, comma 3, della legge regionale 11 agosto 2008  n.
15, che  cosi'  recita:  «3.  Qualora,  sulla  base  di  un  motivato
accertamento dell'ufficio  tecnico  comunale,  la  demolizione  e  il
ripristino  dello  stato  dei  luoghi  non   possa   avvenire   senza
pregiudizio della parte dell'immobile  eseguita  in  conformita',  il
dirigente o  il  responsabile  della  struttura  comunale  competente
applica una sanzione pecuniaria pari al  doppio  dell'incremento  del
valore di mercato dell'immobile  conseguente  alla  esecuzione  delle
opere abusive, determinato con riferimento alla data di  applicazione
della sanzione.». 
    In  tal  modo  il  legislatore  regionale  ha   irragionevolmente
equiparato il «costo» della sanatoria di un abuso  solo  formale,  in
quanto  le  opere  realizzate  in  difformita'  del  titolo  edilizio
risultano «sostanzialmente» legittime -  soddisfacendo  il  requisito
della  «doppia  conformita'»  prescritto  dall'art.  36  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  n.  380/2001  e  dall'art.  22   legge
regionale n. 15/2008 - alle opere  del  medesimo  tipo  che  tuttavia
costituiscono abusi sostanziali, in quanto non sono solo parzialmente
difformi  rispetto  al  titolo  abilitativo,  ma  risultano  difformi
rispetto  alle  previsioni  della   normativa   o   degli   strumenti
urbanistici e quindi sono insanabili (per cui il loro mantenimento in
loco non dipende dalla  sostanziale  conformita'  dell'opera  a  tali
previsioni, ma al mero dato di fatto dell'impossibilita' materiale di
eseguire la demolizione della parte abusivamente realizzata). 
    In conclusione, l'art.  22,  comma  2,  lettera  b)  della  legge
regionale 11 agosto 2008 n. 15, nella  versione  applicabile  ratione
temporis, ha irragionevolmente equiparato il «costo» della  sanatoria
di un intervento in parziale difformita' ove  costituisce  un  «abuso
formale» alla sanzione irrogata per la realizzazione  delle  medesime
opere che non siano  sanabili,  in  quanto  costituiscono  un  «abuso
sostanziale»,  nonostante   la   differente   gravita'   del   vulnus
dell'ordinamento giuridico, che nel primo caso e' solo potenziale, in
quanto incide sulla possibilita' di previa verifica della conformita'
dell'intervento edilizio alle previsioni normative e dello  strumento
urbanistico,  mentre  nel  secondo  caso   lede   direttamente   tali
previsioni ed i valori dalle stesse protetti. 
    Si tratta di  fattispecie  diverse  per  natura  e  gravita',  ma
disciplinate a livello regionale in maniera uguale, nonostante  anche
il legislatore statale abbia stabilito, coerentemente, un  differente
regime.  L'art.  36,  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
380/2001 prevede, infatti, che l'importo dell'oblazione dovuta per la
sanatoria dell'abuso formale a seguito di accertamento di conformita'
sia commisurato al costo di costruzione  raddoppiato,  sancendo  che:
«2.  Il  rilascio  del  permesso  in  sanatoria  e'  subordinato   al
pagamento, a titolo di oblazione, del contributo  di  costruzione  in
misura doppia, ovvero, in caso di gratuita'  a  norma  di  legge,  in
misura  pari  a  quella  prevista  dall'art.  16.   Nell'ipotesi   di
intervento  realizzato  in  parziale  difformita',   l'oblazione   e'
calcolata  con  riferimento  alla  parte  di   opera   difforme   dal
permesso.». 
    In sostanza, nella legislazione statale l'oblazione  per  l'abuso
meramente formale va commisurata al costo di  costruzione,  calcolato
nella misura doppia, sancendo un criterio che e' stato adottato  solo
da ultimo anche  dal  legislatore  regionale,  che,  nel  riformulare
l'art. 22, comma 2, lettera b) della legge regionale 11  agosto  2008
n.  15,  ha  introdotto  una  norma  analoga  per  la  determinazione
dell'oblazione dovuta per sanare le opere in difformita' parziale del
titolo edilizio, abbandonando il parametro dell'incremento del valore
venale. Quest'ultimo, piu' severo criterio, era  riservato  dall'art.
34, decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  380/2001  ai  soli
interventi abusivamente eseguiti in parziale difformita' dal permesso
di costruire ad uso non residenziale. 
    A  maggiore  supporto  della  rilevata  discrasia  normativa   va
rilevato che anche l'art. 20 della legge regionale 11 agosto 2008, n.
15, rubricato «Interventi  eseguiti  in  base  a  titolo  abilitativo
annullato d'ufficio o in via giurisdizionale» prevede che «1. In caso
di permesso di costruire  annullato  d'ufficio,  ai  sensi  dell'art.
21-nonies della legge n.  241/1990,  o  in  via  giurisdizionale,  il
dirigente o il  responsabile  della  struttura  comunale  competente,
qualora non  sia  possibile,  in  base  a  motivata  valutazione,  la
rimozione di vizi delle  procedure  amministrative  o  il  ripristino
dello stato dei luoghi, applica la sanzione pecuniaria pari al valore
di mercato dell'immobile o all'incremento del valore di mercato dello
stesso conseguente all'esecuzione delle opere». 
    Pertanto l'art. 22, comma 2, lettera b) della legge regionale  n.
15 del 2008 finisce per determinare  una  disparita'  di  trattamento
giuridico, stabilendo un regime piu' favorevole per  gli  abusi  piu'
gravi, in quanto sostanziali, rispetto a  quelli  meramente  formali,
con il risultato paradossale di provvedimenti recanti la sanatoria di
opere  eseguite  in  difformita'  del  titolo  edilizio,  in   quanto
costituenti  un   abuso   meramente   formale,   recanti,   tuttavia,
l'imposizione di un'oblazione pari  «al  doppio  dell'incremento  del
valore di mercato dell'immobile  conseguente  alla  esecuzione  delle
opere»,  mentre,  le  stesse  opere,   se   costituivano   un   abuso
sostanziale, ove realizzate in base ad un titolo edilizio che risulti
poi illegittimo e non riconducibile a  legittimita',  possono  essere
comunque mantenute in essere previo pagamento di un importo  pari  al
solo aumento del valore venale. 
    Si puo' affermare, quindi, che l'art. 22,  comma  2,  lettera  b)
della  legge  regionale  Lazio  n.  15   prevede   un   criterio   di
determinazione dell'oblazione dovuta per la  sanatoria  di  un  abuso
formale solo  parziale  (doppio  del  valore  di  mercato  dell'opera
eseguita) che e' irragionevolmente penalizzante, in quanto di importo
significativamente maggiore  (il  doppio)  rispetto  al  costo  della
medesima opera eseguita in base ad un titolo edilizio sostanzialmente
illegittimo ed addirittura rispetto  alla  «sanzione  pecuniaria»  da
irrogare nel caso in cui  la  medesima  opera  costituisca  un  abuso
sostanziale e non possa essere legalizzata a seguito di  accertamento
di conformita'. 
    Cio' in contrasto con il principio di gradualita' ed  adeguatezza
desumibili dagli articoli 34, 36 e 38 decreto  del  Presidente  della
Repubblica  n.  380/2001  intesi  a  «colpire»  diversamente,  e  con
maggiore intensita', gli abusi sostanziali rispetto a quelli formali.
Inoltre,   all'interno    di    quest'ultima    categoria,    aggrava
incomprensibilmente il regime «sanzionatorio» di  quelli  comportanti
difformita' parziale anziche' totale rispetto al titolo abilitativo. 
    In conclusione, l'art.  22,  comma  2,  lettera  b)  della  legge
regionale     Lazio     n.     15     ripropone,      amplificandola,
quell'irragionevolezza riscontrata  dalla  Corte  costituzionale  con
riferimento all'art. 22, comma 2, lettera  a)  della  medesima  legge
regionale  n.   15,   di   cui   ha   riconosciuto   l'illegittimita'
costituzionale per violazione  dell'art.  3  della  Costituzione  con
sentenza 9 gennaio 2019, n. 2, osservando che «3.2. - L'identita'  di
conseguenze - sul piano dei costi - a  carico  di  chi  si  sia  reso
responsabile dell'una o  dell'altra  forma  di  abuso,  comporta  una
evidente irragionevolezza di trattamento. Nel caso di cui all'art. 20
della legge regionale in esame, infatti, l'annullamento del titolo e'
indicativo dell'illegittimita' sostanziale dell'intervento  edilizio,
rispetto al quale si renderebbe necessario il  ricorso  all'ordinario
iter   repressivo   con   la   demolizione   del    manufatto,    cui
l'amministrazione  decide  invece  di  soprassedere  per  ragioni  di
materiale impossibilita'; nel caso di cui  all'art.  22,  invece,  e'
sufficiente  disporre  la   regolarizzazione   dell'aspetto   formale
dell'intervento realizzato, una volta  accertato  che  lo  stesso  e'
comunque  pienamente  conforme  alla  normativa  urbanistico-edilizia
vigente ed a quella pregressa. Significativo, del resto, e' il  fatto
che  la  disciplina  statale  -  agli  articoli  36  e  38   Trattato
sull'Unione europea - preveda costi differenziati per le due forme di
sanatoria dell'abuso, in termini che non si giustificano  se  non  in
ragione dell'evidente minor disvalore della  condotta  di  chi  abbia
realizzato     un     intervento     conforme     alla      normativa
urbanistico-edilizia.». 
    Tali criticita' sono addirittura amplificate dall'art. 22,  comma
2, lettera b) della legge regionale  Lazio  n.  15  dato  che  questo
introduce un regime  addirittura  aggravato  per  gli  abusi  formali
parziali, imponendo un criterio di calcolo dell'oblazione dovuta  per
la loro sanatoria che risulta persino piu' penalizzante rispetto alla
sanzione  pecuniaria  irrogabile  per  gli  abusi   sostanziali   non
rimovibili per ragioni tecniche. 
    Pertanto, risultando rilevante e non manifestamente infondata, va
sollevata la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  22,
comma 2, lettera b) della legge regionale Lazio 11  agosto  2008,  n.
15, in relazione all'art. 3  della  Costituzione  nei  termini  sopra
prospettati. 
    Va percio' disposta la sospensione  del  giudizio  e  l'immediata
trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale  affinche'  si
pronunci sulla questione sopraindicata. 
 
                               P.Q.M. 
 
    a) Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione
di legittimita' costituzionale dell'art.  22,  comma  2,  lettera  b,
della legge regionale Lazio 11  agosto  2008,  n.  15,  in  relazione
all'art. 3 della Costituzione; 
    b)  Dispone  la  sospensione  del  presente  giudizio  fino  alla
definizione dell'incidente di costituzionalita'; 
    c)  Ordina  l'immediata  trasmissione  degli  atti   alla   Corte
costituzionale; 
    c) Ordina che a cura della segreteria della Sezione  la  presente
ordinanza sia notificata alle parti in causa e  al  Presidente  della
Giunta Regionale della  Regione  Lazio,  nonche'  al  Presidente  del
Consiglio regionale della Regione Lazio. 
    Spese al definitivo. 
    Cosi' deciso in Roma nelle  camere  di  consiglio  dei  giorni  9
aprile 2021, 13 luglio 2021, con l'intervento dei magistrati: 
        Donatella Scala, Presidente; 
        Floriana Rizzetto, consigliere, estensore; 
        Marco Bignami, consigliere. 
 
                        Il Presidente: Scala 
 
 
                                                L'estensore: Rizzetto