N. 181 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 luglio 2021

Ordinanza del 21 luglio 2021 della Commissione tributaria provinciale
di Latina sul ricorso proposto da  Criscuoli  Michele  Franco  contro
Agenzia delle entrate - Direzione provinciale Latina. 
 
Imposte e tasse -  Impiego  pubblico  -  Previdenza  complementare  -
  Previsione che, nel disporre un diverso trattamento tributario  tra
  dipendenti pubblici e privati, in particolare, per  le  prestazioni
  pensionistiche complementari corrisposte a dipendenti pubblici, non
  prevede  l'applicazione  dell'art.  11,  comma   6,   del   decreto
  legislativo n. 252 del 2005, a far data dal 1° gennaio  2007,  come
  per i dipendenti privati. 
- Decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252 (Disciplina delle forme
  pensionistiche complementari), art. 23, comma 6. 
(GU n.47 del 24-11-2021 )
 
           LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI LATINA 
                              Sezione 5 
 
    Riunita con l'intervento dei signori: 
        Gagliardi Vania, presidente; 
        De Nictolis Rosanna, relatore; 
        Bonanni Roberto, giudice; 
    Ha  emesso  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  1045/2020,
depositato il 4 dicembre 2020, avverso diniego rimborso IRPEF -  lav.
dip. 2017 contro:  Agenzia  delle  entrate  -  Direzione  provinciale
Latina, viale Le Corbusier angolo via Vespu - 04100 Latina. 
    Proposto  dai  ricorrenti:  Criscuoli  Michele,  0773696011,  via
Sabaudia n. 35 -  04100  Latina  (LT),  difeso  da:  Criscuoli  Maria
Antonietta, via Verdi n.  40  A  -  04100  Latina  (LT),  difeso  da:
Proietti Paolo, 0773696011, viale P.  Luigi  Nervi  n.  252  -  04100
Latina (LT). 
    Ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale. 
 
                           Fatto e diritto 
 
    1. Con il ricorso n.  1045/2020,  avente  anche  gli  effetti  di
reclamo ex art.  17-bis,  decreto  legislativo  n.  546/1992,  e  con
istanza  di  pubblica  udienza,  il  sig.  Criscuoli  Michele  Franco
contesta il silenzio rifiuto dell'Agenzia delle entrate  -  Direzione
provinciale  di  Latina,  in  relazione   all'istanza   di   rimborso
presentata con lettera raccomandata del 26  marzo  2019,  relativa  a
IRPEF 2015-2016-2017 (valore della lite euro 5.795,82). 
    1.1. Espone il ricorrente di essere, in qualita' di ex dipendente
INPS, titolare di pensione integrativa dal 1°  agosto  2010,  erogata
dall'apposito Fondo. 
    Si duole che tale pensione integrativa ai fini fiscali  e'  stata
cumulata con il trattamento pensionistico ordinario con  applicazione
dello stesso regime fiscale degli altri  redditi.  Per  contro,  tale
trattamento  integrativo,  a  suo   dire,   doveva   essere   tassato
separatamente sulla base dei criteri di cui all'articoli 11, comma 6,
decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252. 
    Pertanto con lettera raccomandata del 25 febbraio  2019,  spedita
in pari data sia all'Agenzia delle entrate  -  Direzione  provinciale
che per conoscenza all'Inps, e ricevuta da entrambi  il  27  febbraio
2019, faceva richiesta di applicazione  del  citato  regime  fiscale,
interponendo contestuale istanza di  rimborso  anche  al  fine  della
interruzione dei termini di prescrizione. 
    L'Agenzia  delle  entrate  -  Direzione  provinciale  di   Latina
chiedeva  di  integrare  l'istanza   facendo   conoscere   per   ogni
annualita',  la  somma   da   rimborsare,   con   allegazione   della
documentazione relativa  ai  redditi  per  cui  il  ricorrente  aveva
richiesto l'applicazione del regime indicato in oggetto. 
    1.2. Il  sig.  Criscuoli  affida  il  ricorso  ad  un  unico  non
rubricato motivo con cui sostiene che nel caso di specie,  troverebbe
applicazione l'art. 11, comma 6, decreto legislativo n.  252/2005,  e
di conseguenza la tassazione delle  prestazioni  a  lui  erogate  con
ritenuta a titolo d'imposta, compresa tra il 9% ed il  15%,  anziche'
l'applicazione del regime di tassazione ordinaria. 
    Tale  trattamento  fiscale  agevolato  sarebbe   previsto   dalla
normativa in parola per  ogni  pensione  complementare  erogata,  non
avendo  alcun  rilievo  ne'  la  modalita'  con  cui  la  stessa   e'
corrisposta, ne' la fisionomia  del  soggetto  erogante,  pubblico  o
privato. 
    Non sarebbe corretta  la  tesi  dell'amministrazione  finanziaria
secondo cui in base all'art. 23,  comma  6,  decreto  legislativo  n.
252/2005, nell'ambito del pubblico impiego si dovrebbe continuare  ad
applicare la normativa precedente fino all'attuazione della delega di
cui all'art. 1, comma 2, lettera p), legge n. 243/2004. 
    Secondo  la  disciplina  previgente,  le  prestazioni  in   forma
periodica, gia' in corso di erogazione alla data del 1° gennaio 2001,
continuano a essere assoggettate al regime fiscale  della  tassazione
nei limiti dell'87,50% del trattamento) (art. 12, decreto legislativo
n. 47/2000). 
    Il ricorrente conclude che  la  normativa  agevolativa,  con  una
esegesi costituzionalmente orientata, si  applica  indistintamente  a
tutti i lavoratori iscritti  alle  gestioni  inerenti  alle  pensioni
complementari integrative. Invoca in tal senso alcune sentenze  delle
commissioni tributarie. 
    2.  Si  e'  costituita  l'Agenzia  delle  entrate   -   Direzione
provinciale di  Latina,  opponendosi  all'accoglimento  del  ricorso.
Espone che la disciplina  fiscale  delle  pensioni  complementari  ha
subito  diverse  modifiche  nel  tempo,  e  il  regime   fiscale   e'
determinato dalla data di maturazione dei relativi  montanti,  e  che
solo a decorrere dal  1°  gennaio  2018  il  decreto  legislativo  n.
252/2005 si applica anche alle pensioni  integrative  dei  dipendenti
pubblici, tuttavia solo con riguardo alle  prestazioni  previdenziali
maturate dopo tale data. Evidenzia che tutte le  sentenze  di  merito
citate  dal  ricorrente  sono  state  impugnate  dall'amministrazione
finanziaria. 
    3. Il ricorrente  ha  replicato  alla  tesi  dell'amministrazione
finanziaria con memorie illustrative in cui si riporta alla decisione
della Corte costituzionale n. 218/2019. 
    4. La causa e' stata chiamata all'udienza  del  13  luglio  2021,
previo avviso alle parti di trattazione scritta  ai  sensi  dell'art.
27, decreto-legge n. 137/2020 e del decreto del presidente di  questa
CTP del 2 novembre 2020. 
    I difensori delle parti costituite sono  considerati  presenti  a
tutti gli effetti ai sensi dell'art. 27, comma  2,  decreto-legge  n.
137/2020. 
    4.1.  Preliminarmente  va  respinta  l'istanza  di   rinvio   per
discussione orale.  L'art.  27  del  decreto-legge  n.  137/2020  non
contempla tale possibilita' in via ordinaria, ma solo la possibilita'
di un ulteriore scambio di note scritte dopo le memorie illustrative,
se la udienza pubblica non puo' svolgersi per  ragioni  di  carattere
tecnico. Il collegio, a sua volta, non ritiene che la  causa  sia  di
complessita' e valore tali da esigere la discussione orale, dovendosi
risolvere solo questioni di puro diritto. Pertanto, avendo  le  parti
avuto la possibilita' della trattazione scritta grazie all'avviso  di
segreteria, non vi e' luogo a disporre rinvio. 
    5. Passando all'esame  del  merito  il  collegio  osserva  quanto
segue. 
    5.1.  In  relazione  al  trattamento   fiscale   delle   pensioni
integrative,  si  sono  succeduti  nel  tempo  diversi  regimi.   Per
l'effetto: 
        il  decreto  legislativo  n.   124/1993   si   applica   alle
prestazioni previdenziali integrative fino al 31 dicembre 2000; 
        il decreto legislativo n. 47/2000 si applica alle prestazioni
previdenziali integrative dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2006; 
        il decreto legislativo n. 252/2005  (art.  11,  comma  6)  si
applica,  nel   settore   dell'impiego   privato   alle   prestazioni
previdenziali integrative maturate a  partire  dal  1°  gennaio  2007
(art. 23, comma 5, decreto legislativo n. 252/2005); per i dipendenti
pubblici e' previsto un difforme regime  transitorio,  in  quanto  il
successivo comma 6  del  medesimo  art.  23  decreto  legislativo  n.
252/2005, ha differito tale regola, per i dipendenti  pubblici,  fino
all'entrata in vigore del previsto decreto  delegato,  lasciando  nel
frattempo in vigore il regime fiscale previgente (art. 23,  comma  6,
decreto legislativo n. 252/2005). 
    Poiche'  la  delega  non  e'  stata  esercitata,  le  prestazioni
previdenziali dei dipendenti pubblici sono  rimaste  assoggettate  al
regime anteriore al decreto legislativo n.  252/2005,  ben  oltre  la
scadenza  del  termine  per  l'esercizio  della  delega,  in   virtu'
dell'art. 23, comma 6, del medesimo decreto legislativo, e  tanto  e'
accaduto fino al 31 dicembre 2017. 
    Invero, solo con l'art. 1,  comma  156,  legge  n.  205/2017,  il
regime fiscale del decreto legislativo n. 252/2005  e'  stato  esteso
anche alla previdenza complementare dei dipendenti pubblici, ma  solo
con effetto dal 1° gennaio 2018. Per  le  prestazioni  anteriori,  e'
stata espressamente fatta salva la disciplina previgente. 
    5.2. La Corte costituzionale, con decisione 3  ottobre  2019,  n.
218,  ha  statuito  che  «E'   costituzionalmente   illegittimo,   in
riferimento all'art. 3 della Costituzione, l'art.  23,  comma  6  del
decreto legislativo n.  252/2005,  nella  parte  in  cui  prevede  un
diverso trattamento tributario tra dipendenti pubblici e privati  per
il riscatto di una posizione individuale maturata tra il  2007  e  il
2017  nei  fondi  pensione  negoziali,  a   fronte   di   fattispecie
sostanzialmente omogenee» e, in particolare, la Corte  ha  dichiarato
«l'illegittimita' costituzionale dell'art. 23, comma  6  del  decreto
legislativo  5  dicembre  2005,  n.  252  (Disciplina   delle   forme
pensionistiche complementari), nella parte  in  cui  prevede  che  il
riscatto della posizione individuale sia assoggettato  a  imposta  ai
sensi  dell'art.  52,  comma  1,  lettera  d-ter)  del  decreto   del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986,  n.  917  (Approvazione
del testo  unico  delle  imposte  sui  redditi),  anziche'  ai  sensi
dell'art. 14, commi 4 e 5, dello stesso decreto  legislativo  n.  252
del 2005». 
    Tale  declaratoria  di   incostituzionalita'   si   fonda   sulla
disparita' di trattamento tra dipendenti privati e pubblici a  fronte
di forme di previdenza complementare aventi identita' di ratio. 
    5.3.  Tuttavia,  tale  pronuncia  di  incostituzionalita'  ha  un
effetto limitato alla estensione ai dipendenti  pubblici  del  regime
fiscale  del  riscatto,  recato  dagli  articoli  14  e  15,  decreto
legislativo n. 252/2005, e non ha  riguardato  l'art.  11,  comma  6,
medesimo, decreto legislativo che riguarda invece il  regime  fiscale
delle prestazioni pensionistiche. 
    A fronte di una disposizione fiscale di chiara esegesi, non ne e'
possibile una interpretazione  costituzionalmente  orientata  che  ne
tragga, con opera creativa, una diversa norma giuridica, perche' tale
operazione si tradurrebbe in una non consentita disapplicazione della
legge (v. Cons. St., sez. IV, 2 marzo 2021,  n.  1765  ord.,  secondo
cui, nonostante la Corte costituzionale, con  sentenza  n.  522/2002,
abbia  dichiarato  illegittimo  l'art.  66,  comma  2,  decreto   del
Presidente della Repubblica n.  131/1986,  nella  parte  in  cui  non
esclude dalla imposta di registro il rilascio dell'originale o  della
copia della sentenza o di  altro  provvedimento  giurisdizionale  che
debba essere utilizzato per procedere  all'esecuzione  forzata,  tale
pronuncia non puo'  estendersi  in  via  analogica  al  rilascio  del
provvedimento  giurisdizionale  che  debba  essere   utilizzato   per
promuovere il giudizio di ottemperanza; e ha pertanto sollevato nuova
q.l.c. dell'art. 66, comma 2, decreto del Presidente della Repubblica
n. 131/1986, «in relazione agli articoli 3 e 24 della Costituzione  -
nella parte in cui non prevede che la disposizione di cui al comma  1
non si  applica  al  rilascio  dell'originale  o  della  copia  della
sentenza o di altro provvedimento giurisdizionale, che  debba  essere
utilizzato per proporre l'azione di ottemperanza innanzi  al  giudice
amministrativo»). 
    Sicche' non puo' aderirsi alla richiesta di parte ricorrente,  di
adottare una interpretazione «costituzionalmente orientata» dell'art.
11, comma 6 in combinato disposto con l'art. 23, comma 5 e  comma  6,
decreto legislativo n. 252/2005. 
    Si tratterebbe infatti di una non consentita  disapplicazione  di
una norma di chiara portata. 
    5.4. Indubbiamente pero'  si  manifestano  gli  stessi  dubbi  di
compatibilita'  costituzionale  che  hanno   gia'   portato   a   una
declaratoria di incostituzionalita'  dell'art.  23,  comma  6,  sotto
altro profilo. 
    Occorre  pertanto  dichiarare  rilevante  e  non   manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  23,
comma 6,  decreto  legislativo  n.  252/2005,  per  violazione  degli
articoli 3 e 53 della Costituzione, nella parte  in  cui  prevede  un
diverso trattamento tributario tra dipendenti pubblici e privati,  e,
in  particolare,  per  le  prestazioni  pensionistiche  complementari
corrisposte  a  dipendenti  pubblici,  non   prevede   l'applicazione
dell'art. 11, comma 6, medesimo decreto, dal  1°  luglio  2007,  come
disposto invece per i dipendenti privati dall'art. 23, comma 5 citato
decreto. 
    Invece, anche ai dipendenti pubblici si sarebbe dovuto  applicare
l'art. 23, comma  5,  secondo  cui  «Per  i  soggetti  che  risultino
iscritti a forme pensionistiche complementari alla data di entrata in
vigore del presente decreto legislativo le  disposizioni  concernenti
la deducibilita' dei premi  e  contributi  versati  e  il  regime  di
tassazione delle prestazioni si rendono applicabili a  decorrere  dal
1° gennaio 2007». 
    In subordine, tale  equiparazione  si  sarebbe  dovuta  applicare
quanto meno a far data dalla scadenza  del  termine  per  l'esercizio
della delega richiamata dall'art. 23, comma 6. 
    6. Quanto alla rilevanza della  questione,  valgono  le  seguenti
considerazioni. 
    6.1. Non e' possibile, per le ragioni sopra esposte, una  esegesi
costituzionalmente  orientata  dell'art.   23,   comma   5,   decreto
legislativo n. 252/2005, dato il suo chiaro tenore letterale. 
    6.2. Per le ragioni gia' sopra esposte, il  caso  di  specie  non
ricade  nell'ambito  demolitorio  dell'art.  23,  comma  6,   decreto
legislativo  n.  252/2005  operato  dalla   decisione   della   Corte
costituzionale  n.  218/2019,  che  ha  eliminato   solo   la   norma
discriminatoria relativa al regime fiscale del riscatto  delle  somme
versate a fondi di previdenza complementare, ma non  si  e'  occupata
del regime fiscale delle  prestazioni  pensionistiche.  La  pronuncia
della Corte ha riguardato l'art. 23, comma 6, decreto legislativo  n.
252/2005 solo in correlazione con l'art. 14, commi 4 e 5 del medesimo
decreto, mentre nel caso di specie la questione riguarda  l'art.  23,
comma 6, in correlazione con l'art. 11, comma 6, decreto  legislativo
n. 252/2005. 
    6.3. Ancora in punto di rilevanza, si premette che la  disparita'
di trattamento sopra denunciata e' durata dal 1° luglio  2007  al  31
dicembre 2017, quindi per undici anni, ed e' stata eliminata solo dal
1° gennaio 2018: infatti l'art. 11, comma 6, citato e'  stato  esteso
anche ai dipendenti pubblici solo con l'art. 1, comma 156,  legge  n.
205/2017. 
    Lo ius superveniens costituito dall'art. 1, comma 156,  legge  n.
205/2017 non priva di rilevanza  la  q.l.c.  nel  presente  giudizio,
perche' il nuovo regime fiscale si applica, dal 1° gennaio 2018, solo
ai ratei di pensione maturati successivamente, e non anche  a  quelli
precedenti, non avendo portata retroattiva (in tal senso, su  analoga
questione  di  costituzionalita'  dell'art.  23,  comma  6,   decreto
legislativo n. 252/2005, v. Corte costituzionale n. 218/2019). 
    Nel  caso  di  specie,  il  ricorrente  rivendica  l'applicazione
dell'art. 11, comma 6, decreto legislativo n. 252/2005  anche  per  i
periodi di  imposta  2015,  2016,  2017,  e  a  tale  fine  si  rende
indispensabile dichiarare la incostituzionalita' dell'art. 23,  comma
5, citato. 
    6.4. Infine, e sempre in punto di rilevanza,  la  stessa  non  e'
esclusa dalla regola. transitoria, dettata sia dall'art. 23, comma 5,
decreto legislativo n. 252/2005, sia dall'art. 1, comma 156, legge n.
205/2017, secondo cui «Per  i  medesimi  soggetti,  relativamente  ai
montanti delle prestazioni accumulate fino a tale data, continuano ad
applicarsi le disposizioni previgenti»; non si puo' fare  leva  sulla
circostanza  che  i  montanti  della   pensione   complementare   del
ricorrente sono maturati entro il 31  dicembre  2000,  in  quanto  il
relativo fondo e' cessato in data 1° ottobre 1999. 
    Infatti tale  regola  transitoria  riguarda  «i  montanti»  delle
prestazioni previdenziali complementari, vale  a  dire  i  contributi
versati:  la  disciplina  previgente   fatta   salva   dalle   citate
disposizioni riguarda dunque tali contributi, e non il regime fiscale
delle prestazioni previdenziali, che e' qui oggetto del contendere. 
    7.  In  punto  di  non  manifesta  infondatezza,  si  ravvisa  un
contrasto con  l'art.  3  della  Costituzione  in  quanto  situazioni
sostanzialmente identiche, ossia le pensioni  complementari,  vengono
trattate in modo diverso e deteriore nel  pubblico  impiego  rispetto
all'impiego privato. 
    Viene violato anche  l'art.  53  della  Costituzione,  perche'  a
fronte di una capacita' contributiva omogenea che  viene  manifestata
attraverso la percezione di pensioni  complementari,  si  prevede  un
trattamento  fiscale  difforme  e  deteriore  nell'impiego   pubblico
rispetto all'impiego privato. 
    Giova richiamare quanto affermato dalla  citata  decisione  della
Corte  costituzionale  n.  218/2019,  ni  cui  si  afferma   che   si
discriminano: «due  fattispecie  caratterizzate  da  una  sostanziale
omogeneita', con violazione del principio dell'eguaglianza tributaria
e  una  conseguente  incidenza  sul  contesto  sociale.   7.   -   La
ricostruzione del quadro normativo evidenzia, infatti, che  non  sono
individuabili  elementi   che   giustifichino   ragionevolmente   una
disomogeneita' del trattamento fiscale agevolativo. Tale  conclusione
trova; peraltro, conferma nella stessa evoluzione legislativa che  ha
sempre mantenuto equiparate le due  posizioni,  salva  l'eccezione  -
concretizzatasi nella normativa del decreto legislativo  n.  252  del
2005 - derivante dalla parentesi dovuta alla  mancata  attuazione  di
una  parte  della  legge  delega  n.  243  del   2004.   E'   inoltre
significativo che lo stesso legislatore,  con  l'art.  1,  comma  156
della legge n. 205 del 2017, abbia successivamente provveduto  -  pur
con l'eccezione dei montanti delle prestazioni accumulate fino al  1°
gennaio 2018  -  a  ristabilire  una  situazione  di  omogeneita'  di
trattamento. (...) non sono conferenti il  richiamo  alla  stabilita'
del rapporto di lavoro pubblico e al maggiore importo dei trattamenti
pensionistici obbligatori percepiti dai dipendenti pubblici;  e  cio'
in  disparte  l'assenza  di  un'adeguata  dimostrazione   di   questa
specifica affermazione. Ne' l'uno ne' l'altro dei due caratteri sono,
in ogni caso, in grado di offrire una valida ragione a sostegno della
ragionevolezza della duplice disciplina  del  trattamento  tributario
del riscatto, quale prestazione pensionistica complementare: sia  che
venga percepita da un dipendente privato, sia che venga percepita  da
un dipendente pubblico. In entrambi i casi, infatti,  la  prestazione
sottoposta a tassazione  e'  composta  da  contributi  a  carico  del
lavoratore, del datore di lavoro e dal TFR maturato  nel  periodo  di
adesione al fondo. A fronte di tale dato, se si puo' affermare che la
durata  del  rapporto   di   lavoro   (specialmente   ove   a   tempo
indeterminato)  e  le  garanzie   di   stabilita'   influiscono   sul
complessivo  funzionamento  della  previdenza  complementare  per   i
lavoratori dipendenti, basato sulla continuita'  dei  conferimenti  e
sulla  durata  della  gestione  a  capitalizzazione,  quegli   stessi
elementi  sono  inidonei  a   integrare   un   valido   criterio   di
differenziazione dei lavoratori quali soggetti passivi  del  rapporto
tributario. Cio' in quanto la stabilita' del rapporto di  lavoro  non
e'  carattere  indefettibile  ed  esclusivo  del  settore   pubblico;
peraltro  la  disciplina  tributaria  rimane  diversa  anche   quando
l'aderente sia un dipendente pubblico assunto  a  tempo  determinato.
Quanto all'entita' del  trattamento  pensionistico  riconosciuto  dal
sistema  di  previdenza  obbligatorio,  l'argomento   dell'avvocatura
sembra fare riferimento al piu' favorevole criterio di determinazione
della pensione secondo il sistema retributivo; si tratta,  pero',  di
una prospettiva fallace perche' i  dipendenti  pubblici  che  possono
aderire a un fondo pensione sono coloro ai quali fin dall'inizio  del
loro rapporto di lavoro si applicano sia il regime  di  TFR,  sia  il
nuovo sistema di  calcolo  contributivo  delle  pensioni,  introdotto
dalla legge n. 335 del 1995, al pari dei dipendenti privati.  Venendo
in rilievo per  entrambe  le  categorie  di  lavoratori  il  medesimo
criterio   di   quantificazione   del    trattamento    pensionistico
obbligatorio, cade  il  presupposto  su  cui  dovrebbe  poggiarsi  la
giustificazione   del   differente   trattamento   tributario   delle
prestazioni di  previdenza  complementare  in  ragione  della  natura
pubblica o privata del rapporto di lavoro dell'aderente». 
    8. In conclusione, il giudizio  va  sospeso  e  la  questione  di
costituzionalita' va rimessa alla Corte costituzionale. 
    A  cura  della  segreteria,  alla  Corte  costituzionale   andra'
trasmessa la presente ordinanza unitamente  agli  atti  di  causa,  e
segnatamente atti difensivi e documenti depositati dalle parti. 
 
                              P. Q. M. 
 
    La commissione, non definitivamente pronunciando sul  ricorso  in
epigrafe, visti gli articoli 134 della Costituzione;  1  della  legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1; 23 della legge 11  marzo  1953,
n. 87. 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  23,  comma  6  del   decreto
legislativo n. 252/2005, in relazione agli  articoli  3  e  53  della
Costituzione, nei sensi di cui in motivazione. 
    Dispone la sospensione del presente giudizio. 
    Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale. 
    Ordina che a cura della  segreteria  della  sezione  la  presente
ordinanza sia notificata alle parti in  causa  e  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti del Senato e
della Camera dei deputati. 
    Riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore  statuizione  in
rito, in merito e in ordine alle spese. 
    Cosi' deciso  il  13  luglio  2021,  nella  camera  di  consiglio
svoltasi mediante collegamento da remoto dei magistrati del collegio,
ai sensi dell'art. 27, comma  1,  decreto-legge  n.  137/2020  e  del
decreto del presidente della CTP di Latina del 2 novembre 2020. 
 
                      Il Presidente: Gagliardi 
 
 
                                             Il relatore: De Nictolis