N. 235 SENTENZA 10 novembre - 7 dicembre 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Ripiano del disavanzo regionale  -
  Norme della Regione Abruzzo - Iscrizione nello stato di  previsione
  della spesa, nel bilancio 2018-2020, di una quota  determinata  del
  disavanzo  di  amministrazione  presunto  per  ciascuna  delle  tre
  annualita'    di    bilancio    (2019-2020-2021)    -    Violazione
  dell'equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio, del
  principio di copertura pluriennale della spesa, di  responsabilita'
  nell'esercizio del mandato elettivo e di equita' intergenerazionale
  - Illegittimita' costituzionale. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Ripiano del disavanzo regionale  -
  Norme della Regione Abruzzo - Iscrizione nello stato di  previsione
  della spesa, nel bilancio 2019-2021, di una quota  determinata  del
  disavanzo  di  amministrazione  presunto  al  31  dicembre  2014  -
  Violazione dell'equilibrio e della sana  gestione  finanziaria  del
  bilancio, del principio di copertura pluriennale  della  spesa,  di
  responsabilita' nell'esercizio del mandato elettivo  e  di  equita'
  intergenerazionale - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, commi 779, 780 e 782; legge
  della Regione Abruzzo 5 febbraio 2018,  n.  7,  art.  8,  comma  1,
  lettera a); legge della Regione Abruzzo 31 gennaio 2019, n. 2, art.
  8, comma 1, lettere a) e c). 
- Costituzione, artt. 1, 2, 3, 41, 81, 97,  primo  e  secondo  comma,
  117, primo comma e 119, primo e sesto comma; Protocollo addizionale
  alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e  delle
  liberta' fondamentali, art. 1. 
(GU n.49 del 9-12-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA,  Daria  de  PRETIS,  Franco
  MODUGNO, Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni
  AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,  Angelo
  BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  commi
779, 780 e 782, della legge 27 dicembre 2017,  n.  205  (Bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2018  e  bilancio
pluriennale per il triennio 2018-2020); dell'art. 8, comma 1, lettera
a), della legge della Regione Abruzzo 5 febbraio 2018, n. 7 (Bilancio
di previsione finanziario 2018-2020), e dell'art. 8, comma 1, lettere
a) e c), della legge della Regione Abruzzo  31  gennaio  2019,  n.  2
(Bilancio di previsione finanziario 2019-2021), promossi dalla  Corte
dei conti, sezione regionale di controllo per l'Abruzzo, nel giudizio
di parificazione dei rendiconti generali della Regione  Abruzzo,  per
gli esercizi finanziari 2018 e 2019, con  ordinanze  del  30  ottobre
2020 e del 28 aprile 2021, iscritte, rispettivamente, ai numeri 20  e
108 del registro ordinanze 2021 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica numeri 24 e  33,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2021. 
    Visti gli atti di costituzione della Regione Abruzzo, nonche' gli
atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  10  novembre  2021  il  Giudice
relatore Angelo Buscema; 
    uditi gli avvocati Dania Andreina Aniceti e Stefania  Valeri  per
la Regione Abruzzo, in collegamento da remoto, ai sensi del punto  1)
del decreto  del  Presidente  della  Corte  del  18  maggio  2021,  e
l'avvocato  dello  Stato  Leonello  Mariani  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 10 novembre 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Corte  dei  conti,  sezione  regionale  di  controllo  per
l'Abruzzo, nell'ambito del giudizio di parificazione  del  rendiconto
della Regione Abruzzo per l'esercizio 2018, con ordinanza iscritta al
n. 20 del reg. ord. 2021,  ha  sollevato  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. l, commi 779, 780  e  782,  della  legge  27
dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020)  e
dell'art 8, comma 1, lettera a), della legge della Regione Abruzzo  5
febbraio 2018, n. 7 (Bilancio di previsione finanziario 2018-2020). 
    In via preliminare, la Sezione regionale di controllo  rimettente
si sofferma  ad  affermare  la  propria  legittimazione  a  sollevare
incidente di legittimita' costituzionale in sede di parificazione dei
rendiconti regionali  richiamando,  al  riguardo,  la  giurisprudenza
costituzionale (sono citate le sentenze n. 196 del 2018,  n.  89  del
2017 e n. 181 del 2015). 
    Quanto  alla  rilevanza  delle  questioni,  la  predetta  Sezione
afferma che le norme censurate inciderebbero in maniera  determinante
sui saldi di bilancio e sul risultato di amministrazione oggetto  del
giudizio di parificazione. 
    Sostiene la rimettente che le norme statali -  censurate  secondo
quanto appresso piu' analiticamente specificato - sarebbero legate da
un rapporto di collegamento-pregiudizialita' con quelle  emanate  dal
legislatore regionale  e  contestualmente  sottoposte  al  vaglio  di
questa   Corte;   rapporto   che   contribuirebbe    a    determinare
l'illegittimita' costituzionale delle suddette norme regionali. 
    1.1.- L'art. l, commi 779, 780 e 782, della legge n. 205 del 2017
e l'art. 8, comma l, lettera a), della legge reg. Abruzzo  n.  7  del
2018  violerebbero  anzitutto  gli  artt.  81,   97   e   119   della
Costituzione, sotto i profili della lesione dell'equilibrio  e  della
sana gestione finanziaria  del  bilancio,  di  copertura  pluriennale
della spesa, di responsabilita' nell'esercizio del mandato elettivo e
di equita' intergenerazionale. 
    Sostiene  la  rimettente   che   le   norme   statali   censurate
stabilirebbero  una  rilevante  estensione  temporale  del  piano  di
rientro dal deficit 2014, che sarebbe portato a venti  anni  rispetto
ai dieci anni previsti dall'art. 9, comma  5,  del  decreto-legge  13
giugno  2015,  n.  78  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di   enti
territoriali.  Disposizioni  per   garantire   la   continuita'   dei
dispositivi   di   sicurezza   e   di   controllo   del   territorio.
Razionalizzazione  delle  spese  del  Servizio  sanitario   nazionale
nonche' norme in materia di  rifiuti  e  di  emissioni  industriali),
convertito, con modificazioni, nella legge 6  agosto  2015,  n.  125.
Tale dilatazione ventennale sarebbe  estesa  anche  al  recupero  del
disavanzo  rinveniente  dalla  gestione  2015,  esercizio   in   cui,
peraltro, la contabilita' armonizzata  aveva  trovato  gia'  compiuta
applicazione. 
    Il comma 779 condiziona l'accesso alla dilatazione temporale  del
piano di  riqualificazione  della  spesa  attraverso  il  progressivo
incremento degli investimenti; il comma 780 stabilisce le percentuali
di incremento della spesa per investimenti.  Il  combinato  del  loro
disposto violerebbe anche il principio di equilibrio di  bilancio  di
cui agli artt. 81, 97 e 117, primo comma, Cost.  La  riqualificazione
prevista dal comma 779, infatti, presupporrebbe l'acquisizione di  un
carattere   qualitativamente   differente   della    spesa,    mentre
l'incremento della spesa per investimenti previsto dal comma  780  si
sostanzierebbe in un incremento della spesa che non terrebbe in alcun
conto l'andamento  della  spesa  corrente,  la  quale  non  subirebbe
nessuna riduzione o sostituzione. Inoltre, ad  avviso  della  Sezione
rimettente, il reale  effetto  di  riqualificazione  della  spesa  in
termini di stanziamenti di competenza per investimenti  sarebbe  solo
eventuale e non quantificabile e misurabile. 
    1.2.- L'art. 8, comma 1, lettera a), della legge reg. Abruzzo  n.
7 del 2018  sarebbe  costituzionalmente  illegittimo  in  quanto  non
prevede risorse idonee a recuperare il  disavanzo  preesistente,  con
cio' determinando una sottostima degli stanziamenti di spesa  che  si
ripercuoterebbe  sul  risultato  dell'esercizio  2018  e  di   quelli
successivi. 
    La sezione ritiene che la  norma  censurata  sarebbe  in  diretto
contrasto con gli artt. 81 e 97 Cost. 
    Essa consentirebbe la costruzione di un  bilancio  con  modalita'
meramente convenzionali in ordine agli accantonamenti  necessari  per
rientrare  dal  disavanzo,  alterando  il  calcolo  algebrico   delle
attivita' e delle passivita' sia degli  esercizi  pregressi,  sia  di
quello corrente ledendo, tra l'altro,  il  principio  di  continuita'
degli esercizi finanziari,  principio  teleologicamente  collegato  a
quello dell'equilibrio pluriennale del bilancio di cui agli artt.  81
e 97 Cost. 
    Modificando artatamente  gli  obiettivi  intermedi  e  finali  da
perseguire, la disposizione indubbiata  consentirebbe  una  rilevante
espansione della capacita' di spesa in assenza di copertura e  quindi
in contrasto con il principio di equilibrio di bilancio. 
    La normativa regionale censurata genererebbe  una  indiscriminata
deresponsabilizzazione nella gestione amministrativo-contabile  della
Regione,  in  quanto  non  verrebbero  separati  i  risultati  e   le
conseguenze imputabili agli amministratori delle gestioni che si sono
succedute nel lungo arco temporale di  latitanza  nella  redazione  e
approvazione dei rendiconti, con  cio'  vulnerando  il  principio  di
rendicontazione, presupposto fondamentale  del  circuito  democratico
rappresentativo. 
    L'inserzione convenzionale nel bilancio  consuntivo  della  somma
fissata dall'art. 8, comma 1, lettera a), della legge reg. Abruzzo n.
7 del 2018, infatti, altererebbe il calcolo algebrico delle attivita'
e delle passivita' degli esercizi pregressi e di quello in esame. 
    La disposizione censurata consentirebbe una rilevante  espansione
della capacita' di spesa  priva  di  copertura,  in  difformita'  dal
principio    di    equilibrio    di    bilancio,    generando     una
deresponsabilizzazione nella gestione amministrativo-contabile  della
Regione. L'applicazione  della  norma  censurata  non  consentirebbe,
infatti, di separare i risultati e  le  conseguenze  imputabili  agli
amministratori delle gestioni che si sono succedute  nel  lungo  arco
temporale di inazione nella redazione e approvazione dei rendiconti. 
    Inoltre,  la  predetta  dilatazione   temporale   finirebbe   per
confliggere con il principio di  equita'  intergenerazionale,  atteso
che sugli amministrati futuri verrebbero a gravare  sia  risalenti  e
importanti  quote  di  deficit,  sia  la  restituzione  dei  prestiti
autorizzati nel  corso  della  procedura  di  rientro  dal  disavanzo
indotto dalle norme censurate. 
    1.2.1.-   Inoltre,   la   norma   regionale   censurata   sarebbe
incompatibile con gli artt. 81, 97 e 117, commi secondo, lettera  e),
e terzo, Cost., in relazione ai parametri interposti degli artt.  42,
comma 12, e 50  del  decreto  legislativo  23  giugno  2011,  n.  118
(Disposizioni in materia di armonizzazione dei  sistemi  contabili  e
degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei  loro
organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n.
42). 
    La norma regionale violerebbe l'art. 117, secondo comma,  lettera
e), Cost., in quanto derogatoria delle norme statali e, segnatamente,
dell'art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011, il quale  prevede
che  il  disavanzo  sia   applicato   al   bilancio   di   previsione
dell'esercizio in corso di gestione ovvero negli esercizi considerati
nel bilancio di previsione, in ogni caso non oltre  la  durata  della
legislatura regionale, contestualmente all'adozione di  una  delibera
consiliare avente ad oggetto il piano di rientro  dal  disavanzo  nel
quale siano individuati  i  provvedimenti  necessari  a  ripristinare
l'equilibrio. 
    La norma regionale si porrebbe altresi' in contrasto  con  l'art.
50 del d.lgs. n. 118 del 2011, il  quale  prescrive  l'obbligo  della
verifica del permanere degli equilibri generali di bilancio in quanto
verrebbero impegnate spese in misura superiore rispetto al  complesso
delle risorse disponibili. 
    Infine, gli incrementi della spesa corrente provocati dalle norme
censurate  violerebbero  le  disposizioni  statali   volte   al   suo
contenimento, finalizzate ad assicurare  il  rispetto  del  parametro
dell'unita' economica della Repubblica e  a  prevenire  squilibri  di
bilancio, in violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. in  materia
di coordinamento della finanza pubblica. 
    1.3.- L'art. l, commi 779, 780 e 782, della legge n. 205 del 2017
e l'art 8, comma 1, lettera a), della legge reg.  Abruzzo  n.  7  del
2018 violerebbero poi gli artt. 3, 41, 81  97  e  117,  primo  comma,
Cost., quest'ultimo in relazione al parametro interposto dell'art.  l
del Protocollo addizionale alla Convenzione per la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  (CEDU),  firmato  a
Parigi il 20 marzo 1952,  rappresentando  l'ennesima  eccezione  alla
regola di recupero del disavanzo che si innesta su una normativa gia'
derogatoria  rispetto  a  principi  di  base,  ampliando  l'orizzonte
temporale del ripiano di deficit rinvenienti dagli  esercizi  2014  e
2015. 
    Sarebbero  lesi  i  principi  di  certezza  del  diritto   e   di
veridicita' dei conti, nonche' i principi di chiarezza  e  univocita'
delle risultanze di amministrazione, in violazione degli  artt.  3  e
117,  primo  comma,  Cost.,  in  relazione  ai  parametri  interposti
dell'art. 1 Prot. addiz. CEDU (diritto al rispetto della  proprieta',
tra cui  rientra  anche  la  tutela  dei  diritti  di  credito),  con
conseguente prevaricazione dei diritti dei creditori (art. 41 Cost.). 
    1.5.- La sezione regionale di controllo solleva, infine e in  via
subordinata, il dubbio di legittimita' costituzionale  nei  confronti
dell'ultimo periodo del comma 779 dell'art. 1 della legge n. 205  del
2017, il quale prevede che  «[l]e  disposizioni  di  cui  ai  periodi
precedenti si applicano anche con  riferimento  al  disavanzo  al  31
dicembre 2015». 
    Tale norma sarebbe in contrasto con gli artt. 81, 97 e 119, primo
e sesto comma, Cost., in combinato disposto con gli artt. 1,  2  e  3
Cost. sia sotto il profilo della lesione dell'equilibrio del bilancio
e della sana gestione finanziaria, sia per contrasto con  i  principi
di   copertura   pluriennale   della   spesa,   di    responsabilita'
nell'esercizio del mandato elettivo e di equita'  intergenerazionale.
La predetta norma violerebbe altresi' gli artt. 3, 41, 81, 97 e  117,
primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 1 Prot. addiz.
CEDU. 
    Nel richiamare le censure gia' esposte nei punti  precedenti,  la
sezione della Corte dei conti aggiunge che tale norma, nel  prevedere
l'estensione temporale del rientro dal deficit  dell'esercizio  2015,
si appaleserebbe  scollegata  dall'introduzione  e  dall'applicazione
della   contabilita'   armonizzata   e   non   sarebbe   giustificata
dall'esigenza    di    contemperamento    con     altro     interesse
costituzionalmente rilevante. Cio' in quanto il disavanzo del 2015 si
sarebbe formato nel corso di tale unico  esercizio  indipendentemente
dall'adeguamento  dei  residui   attivi   e   passivi   alle   regole
dell'armonizzazione e dal disavanzo accumulato fino al 2014, il quale
era stato gia' integralmente sottoposto ad  altro  piano  di  rientro
prima decennale e poi ventennale. 
    2.- La sezione regionale di controllo per l'Abruzzo,  nell'ambito
del giudizio di parificazione del rendiconto  della  Regione  Abruzzo
per l'esercizio 2019, con ordinanza iscritta al n. 108 del reg.  ord.
2021, ha sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art.
l, commi 779, 780 e 782, della legge n. 205 del 2017  e  dell'art  8,
comma 1, lettere a) e  c),  della  legge  della  Regione  Abruzzo  31
gennaio 2019, n. 2 (Bilancio di previsione finanziario 2019-2021), in
riferimento agli artt. 81, 97 e 119, primo e sesto comma,  Cost.,  in
combinato disposto con gli artt. 1, 2 e 3 Cost., sia sotto i  profili
della lesione dell'equilibrio e della sana gestione  finanziaria  del
bilancio, per contrasto con i principi di copertura pluriennale della
spesa, di responsabilita' nell'esercizio del mandato  elettivo  e  di
equita' intergenerazionale, nonche' in riferimento agli artt. 3,  41,
81, 97 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione  all'art.
l Prot. addiz. CEDU. 
    L'ordinanza in esame ricalca  sostanzialmente  tutte  le  censure
gia' formulate nell'ordinanza iscritta al n. 20 del reg. ord. 2021  e
illustrate nei punti precedenti. 
    3.- Si e' costituita in giudizio la Regione Abruzzo, la quale, in
ordine alle censure sollevate nei  confronti  dell'art.  8  comma  l,
lettera a), della legge reg. Abruzzo n. 7 del 2018,  e  dell'art.  8,
comma 1, lettere a) e c), della legge reg. Abruzzo  n.  2  del  2019,
osserva che tali norme si limiterebbero a dare integrale applicazione
delle disposizioni di cui ai commi 779, 780 e 782 dell'art.  1  della
legge n. 205 del 2017. 
    Con riguardo all'art. 8 comma l, lettera  a),  della  legge  reg.
Abruzzo n.  7  del  2018,  precisa  la  Regione  che,  alla  data  di
approvazione del bilancio di previsione 2018, il rendiconto 2015  non
era stato ancora approvato, motivo per cui non sarebbe stata iscritta
in bilancio la relativa quota di disavanzo. 
    La resistente sostiene che i commi 779, 780  e  782  dell'art.  1
della legge n. 205 del 2017, nella misura in cui ridefiniscono l'arco
temporale di recupero del  disavanzo  2014  e  2015,  costituirebbero
esercizio di discrezionalita' politica, nel  solco  delle  precedenti
misure normative  volte  a  fronteggiare  la  situazione  finanziaria
scaturita  dall'applicazione  del  nuovo  sistema   di   contabilita'
armonizzata e dalla  perdurante  crisi  finanziaria  delle  autonomie
territoriali e che  l'estensione  della  dilatazione  ventennale  del
recupero del disavanzo alla  componente  rinveniente  dalla  gestione
2015  consentirebbe  un  riallineamento  contabile   nell'ambito   di
applicazione della nuova contabilita' armonizzata per gli  enti  che,
per ragioni diverse, si trovavano  in  ritardo  con  il  processo  di
introduzione delle nuove regole contabili. 
    Le norme statali censurate,  inoltre,  associando  all'estensione
temporale del piano di rientro del disavanzo 2014 (da dieci  a  venti
anni) l'obbligo  di  incrementare  la  spesa  per  gli  investimenti,
contempererebbero il rischio  di  ricadute  negative  in  termini  di
equita'  intergenerazionale   attraverso   il   beneficio   derivante
dall'incremento progressivo della spesa per investimenti pubblici. 
    4.- E' intervenuto  in  entrambi  i  giudizi  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato. 
    Ad avviso della difesa statale le  censure  rivolte  all'art.  1,
commi 779, 780 e 782 della  legge  n.  205  del  2017,  sollevate  in
riferimento agli artt. 1,  2,  3,  41,  81,  97,  117,  primo  comma,
quest'ultimo in relazione all'art. 1 Prot. addiz. CEDU, e 119,  commi
primo e sesto, Cost., sarebbero inammissibili per grave  carenza  del
percorso argomentativo, in quanto il giudice a  quo  avrebbe  evocato
cumulativamente una pluralita' di  parametri  costituzionali,  aventi
diverso contenuto precettivo, senza fornire una motivazione esaustiva
in ordine al contrasto tra le disposizioni censurate e gli  anzidetti
parametri  costituzionali  di  cui  assumerebbe  apoditticamente   la
violazione. 
    Le  questioni  sollevate  dal   giudice   rimettente   sarebbero,
comunque, infondate con riferimento agli artt.  81  e  97  Cost.,  in
quanto le norme oggetto di censura non precluderebbero  l'azzeramento
del deficit ma consentirebbero alle Regioni di ripianare i  disavanzi
2014 e 2015 in un massimo  di  venti  esercizi  finanziari  in  quote
costanti. 
    Quanto  al  dubbio  di   legittimita'   costituzionale   relativo
all'ultimo  periodo  del  comma  779,  a  norma   del   quale   «[l]e
disposizioni di cui ai periodi  precedenti  si  applicano  anche  con
riferimento al disavanzo al 31  dicembre  2015»,  osserva  la  difesa
statale che la riforma contabile e' entrata  in  vigore  proprio  con
decorrenza dall'esercizio finanziario 2015 (art. 80 del d.lgs. n. 118
del 2011), sicche' sarebbe ragionevole l'estensione legislativa della
disciplina contestata al disavanzo rinveniente dal predetto esercizio
finanziario. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Corte  dei  conti,  sezione  regionale  di  controllo  per
l'Abruzzo, ha sollevato, con due ordinanze  di  rimessione,  iscritte
rispettivamente al n. 20 e n. 108 del reg. ord.  2021,  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. l, commi 779, 780 e 782,  della
legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di  previsione  dello  Stato
per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale  per  il  triennio
2018-2020), dell'art 8,  comma  1,  lettera  a),  della  legge  della
Regione Abruzzo  5  febbraio  2018,  n.  7  (Bilancio  di  previsione
finanziario 2018-2020) e dell'art. 8, comma 1, lettere a) e c), della
legge della Regione Abruzzo  31  gennaio  2019,  n.  2  (Bilancio  di
previsione finanziario 2019-2021). 
    1.1.- In entrambi i giudizi sono censurati i  commi  779,  780  e
782, dell'art. l della legge n. 205 del  2017,  in  quanto  anzitutto
lesivi degli artt.  81  e  97  della  Costituzione  sotto  i  profili
dell'equilibrio e della sana gestione finanziaria  del  bilancio,  di
copertura pluriennale della spesa, di responsabilita'  nell'esercizio
del mandato elettivo e di equita' intergenerazionale. 
    I commi 779, 780 e 782, dell'art. 1 della legge n. 205  del  2017
stabiliscono: 
    «779. Il ripiano del disavanzo al 31 dicembre 2014,  disciplinato
dall'articolo 9, comma 5, del decreto-legge 19 giugno  2015,  n.  78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6  agosto  2015,  n.  125,
puo' essere rideterminato in  quote  costanti,  in  non  oltre  venti
esercizi, per le regioni che si impegnano a riqualificare la  propria
spesa attraverso il progressivo  incremento  degli  investimenti.  Il
disavanzo di cui al  periodo  precedente  e'  quello  risultante  dal
consuntivo o, nelle more dell'approvazione del  rendiconto  da  parte
del consiglio regionale, quello risultante dal  consuntivo  approvato
dalla giunta regionale. Le disposizioni di cui ai periodi  precedenti
si applicano anche con riferimento al disavanzo al 31 dicembre 2015. 
    780. Le regioni di cui al comma 779, per gli  anni  dal  2018  al
2026, incrementano i pagamenti complessivi per investimenti in misura
non inferiore al  valore  dei  medesimi  pagamenti  per  l'anno  2017
rideterminato  annualmente   applicando   all'anno   base   2017   la
percentuale del 2 per cento per l'anno 2018, del 2,5  per  cento  per
l'anno 2019, del 3 per cento per l'anno 2020 e del 4  per  cento  per
ciascuno degli anni dal 2021  al  2026.  Ai  fini  di  cui  al  primo
periodo, non rilevano gli investimenti aggiuntivi di cui all'articolo
1, commi 140-bis e 495-bis, della legge 11 dicembre 2016, n. 232,  e,
per il solo calcolo relativo all'anno 2018, i  pagamenti  complessivi
per investimenti relativi all'anno 2017  da  prendere  a  riferimento
possono essere desunti anche dal preconsuntivo. [...] 
    782. Le regioni di cui al comma 779 adeguano il piano di  rientro
del disavanzo 2014, approvato ai sensi dell'articolo 9, comma 5,  del
decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, in attuazione  del  comma  779,  a
decorrere dal 2018, con riferimento alla quota non  ancora  ripianata
del disavanzo 2014. Il piano di rientro del  disavanzo  2015  decorre
dal 2018, con riferimento alla quota non ancora ripianata.  Nel  caso
in cui i piani di rientro siano definiti sulla  base  dei  consuntivi
approvati dalla giunta regionale, gli stessi sono adeguati a  seguito
dell'approvazione dei rendiconti 2014 e 2015 da parte  del  consiglio
regionale». 
    Sostiene il giudice rimettente che le indicate  norme  statali  -
censurate secondo quanto appresso piu' analiticamente  specificato  -
sarebbero legate da un rapporto di collegamento-pregiudizialita'  con
quelle emanate dal legislatore regionale e contestualmente sottoposte
al vaglio di questa Corte; rapporto che contribuirebbe a  determinare
l'illegittimita' costituzionale delle suddette norme regionali. 
    Le disposizioni statali stabilirebbero una  rilevante  estensione
temporale del piano di rientro dal deficit 2014 che sarebbe portato a
venti anni rispetto ai dieci anni previsti dall'art. 9, comma 5,  del
d.l. n. 78 del 2015, come  convertito.  Tale  dilatazione  ventennale
sarebbe estesa anche al  recupero  del  disavanzo  rinveniente  dalla
gestione  2015,  esercizio  in  cui,  tra  l'altro,  la  contabilita'
armonizzata aveva trovato gia' compiuta applicazione. 
    L'arco temporale per il rientro dal deficit  previsto  dai  commi
779, 780 e 782 dell'art. 1 della legge n. 205 del 2017  consentirebbe
cosi' un'ingiustificata espansione della capacita' di spesa  corrente
coeva a una situazione di squilibrio strutturale in violazione  degli
artt. 81 e 97 Cost. 
    La predetta dilatazione temporale finirebbe per confliggere anche
con il principio di  equita'  intergenerazionale,  atteso  che  sugli
amministrati futuri verrebbero a gravare sia risalenti  e  importanti
quote di deficit, sia la restituzione dei  prestiti  autorizzati  nel
corso della procedura di rientro dalla norma censurata.  Inoltre,  ad
avviso della Sezione rimettente, il reale effetto di riqualificazione
della spesa in termini di stanziamenti  di  competenza  sarebbe  solo
eventuale e non quantificabile e misurabile. 
    I commi 779, 780 e 782 dell'art. 1 della legge n.  205  del  2017
violerebbero poi gli artt. 3, 81, 97, 41 e 117, primo  comma,  Cost.,
quest'ultimo in relazione al parametro  interposto  dell'art.  l  del
Protocollo addizionale  alla  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  (CEDU),  firmato  a
Parigi il 20 marzo 1952. 
    Le norme in esame contrasterebbero con i principi di certezza del
diritto, di veridicita',  di  chiarezza  e  univocita'  di  bilancio,
violando gli  artt.  3,  41,  81,  97  e  117,  primo  comma,  Cost.,
quest'ultimo in relazione al parametro interposto dell'art.  1  Prot.
addiz. (in particolare il diritto al rispetto della  proprieta',  tra
cui rientra anche la tutela dei diritti di  credito).  La  violazione
dei principi  generali  di  certezza  del  diritto  e  del  legittimo
affidamento   determinerebbe,   a   sua   volta,    la    conseguente
prevaricazione dei diritti dei creditori (art. 41 Cost.). 
    La sezione regionale di controllo solleva, inoltre, il dubbio  di
illegittimita' costituzionale del solo ultimo periodo del  comma  779
dell'art. 1 della legge n. 205 del 2017, il quale prevede  che  «[l]e
disposizioni di cui ai periodi  precedenti  si  applicano  anche  con
riferimento al disavanzo al 31 dicembre 2015». 
    Tale norma sarebbe in contrasto con gli artt. 81, 97 e 119, primo
e sesto comma, Cost., in combinato disposto con gli artt. 1,  2  e  3
Cost. sia sotto il profilo della lesione dell'equilibrio del bilancio
e della sana gestione finanziaria, sia per contrasto con  i  principi
di   copertura   pluriennale   della   spesa,   di    responsabilita'
nell'esercizio del mandato elettivo e di equita'  intergenerazionale.
La predetta norma violerebbe altresi' il precetto dell'equilibrio  di
bilancio ai sensi del combinato disposto degli  artt.  41,  81  e  97
Cost, e degli artt. 3 e 117,  primo  comma,  Cost.,  quest'ultimo  in
relazione all'art. 1 Prot. addiz. CEDU. 
    Nel richiamare le censure gia' esposte nei punti  precedenti,  la
Sezione aggiunge che tale norma, nel prevedere l'estensione temporale
del  rientro  dal  deficit  dell'esercizio  2015,  si   appaleserebbe
scollegata dall'introduzione e dall'applicazione  della  contabilita'
armonizzata   e   non   sarebbe   giustificata    dall'esigenza    di
contemperamento con altro interesse costituzionalmente rilevante.  Il
disavanzo del 2015  si  sarebbe  formato  nel  corso  di  tale  unico
esercizio indipendentemente dall'adeguamento  dei  residui  attivi  e
passivi alle regole dell'armonizzazione e  dal  disavanzo  accumulato
fino al 2014. 
    1.2.- Nel giudizio relativo all'ordinanza iscritta al  reg.  ord.
n. 20 del 2021 e' censurato altresi' l'art. 8, comma l,  lettera  a),
della legge reg. Abruzzo n. 7 del 2018. La  norma  in  esame  sarebbe
direttamente in contrasto con gli artt. 81 e 97 Cost. sotto i profili
della lesione dell'equilibrio e della sana gestione  finanziaria  del
bilancio, di copertura pluriennale della  spesa,  di  responsabilita'
nell'esercizio del mandato elettivo e di equita' intergenerazionale. 
    L'art. 8, comma 1, lettera a), della legge reg. Abruzzo n. 7  del
2018 stabilisce: «1. E' iscritta  nello  stato  di  previsione  della
spesa  una  quota  del  disavanzo  di  amministrazione  presunto  per
ciascuna delle tre annualita'  di  bilancio  (2018-2019-2020),  cosi'
determinata: a) euro 25.544.172,01 quale annualita' del disavanzo  di
amministrazione presunto  al  31.12.2014,  in  attuazione  di  quanto
previsto dall'articolo 9, comma 5, del D.L. 19  giugno  2015,  n.  78
(Disposizioni urgenti in materia di enti  territoriali.  Disposizioni
per garantire la  continuita'  dei  dispositivi  di  sicurezza  e  di
controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del  Servizio
sanitario  nazionale  nonche'  norme  in  materia  di  rifiuti  e  di
emissioni industriali), convertito con modificazioni  dalla  legge  6
agosto 2015, n. 125 in deroga all'articolo 42, comma 12, del  decreto
legislativo 118/2011». 
    Tale norma sarebbe costituzionalmente illegittima in  quanto  non
prevederebbe risorse idonee a recuperare il  disavanzo  preesistente,
con cio' determinando una sottostima degli stanziamenti di spesa  che
si ripercuoterebbe sull'esercizio 2018 e seguenti. 
    Riferisce  la  Sezione  rimettente  che  essa  consentirebbe   la
costruzione di un bilancio con modalita' meramente  convenzionali  in
ordine agli accantonamenti necessari  per  rientrare  dal  disavanzo,
alterando il calcolo algebrico delle attivita' e delle passivita' sia
degli  esercizi  pregressi,  sia  di  quello  corrente  ledendo,  tra
l'altro, il  principio  di  continuita'  degli  esercizi  finanziari,
principio  teleologicamente  collegato   a   quello   dell'equilibrio
pluriennale del bilancio di cui agli artt. 81 e 97 Cost. 
    Modificando artatamente  gli  obiettivi  intermedi  e  finali  da
perseguire, le disposizioni indubbiate consentirebbero una  rilevante
espansione della capacita' di spesa in assenza di copertura e  quindi
in contrasto con il principio di equilibrio di bilancio. 
    La  norma  regionale  censurata  genererebbe  una  indiscriminata
deresponsabilizzazione nella gestione amministrativo-contabile  della
Regione,  in  quanto  non  verrebbero  separati  i  risultati  e   le
conseguenze imputabili agli amministratori delle gestioni che si sono
succedute nel lungo arco temporale di  latitanza  nella  redazione  e
approvazione  dei  rendiconti;  cio'  vulnererebbe  il  principio  di
rendicontazione, presupposto fondamentale  del  circuito  democratico
rappresentativo. 
    La predetta dilatazione temporale finirebbe per confliggere anche
con il principio di  equita'  intergenerazionale,  atteso  che  sugli
amministrati futuri verrebbero a gravare sia risalenti  e  importanti
quote di deficit, sia la restituzione dei  prestiti  autorizzati  nel
corso della procedura di rientro dal disavanzo  indotto  dalle  norme
censurate. 
    L'art. 8, comma 1, lettera a), della legge reg.  n.  7  del  2018
disporrebbe il recupero di un disavanzo risalente al lontano 2014  in
un arco temporale ventennale con conseguente sottostima  della  quota
annuale   di   recupero.   Le   conseguenze   di   detta   sottostima
travolgerebbero l'intera programmazione di entrata e di  spesa  nella
misura  in  cui  quest'ultima  non  terrebbe  conto  degli   elementi
sopravvenuti nel lungo arco temporale intercorrente tra il 2014 e  la
data  di  sottoposizione  del  rendiconto   2018   al   giudizio   di
parificazione;  cio'  renderebbe   la   norma   regionale   censurata
costituzionalmente illegittima per contrasto con i principi  posti  a
salvaguardia degli equilibri di bilancio e, in particolare, a  quelli
rinvenibili nell'art. 81 Cost. 
    Viene denunciata, altresi', la violazione degli artt.  81,  97  e
117, secondo comma, lettera e), e terzo comma, Cost., in relazione ai
parametri interposti degli artt. 42,  comma  12,  e  50  del  decreto
legislativo 23 giugno  2011,  n.  118  (Disposizioni  in  materia  di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle
Regioni, degli enti locali  e  dei  loro  organismi,  a  norma  degli
articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42). 
    La norma regionale risulterebbe  in  contrasto  con  l'art.  117,
secondo comma, lettera e), Cost., in quanto derogatoria  della  norma
statale interposta dell'art. 42, comma 12,  del  d.lgs.  n.  118  del
2011, il quale prevede che il disavanzo sia applicato al bilancio  di
previsione dell'esercizio in corso di gestione ovvero  agli  esercizi
considerati nel bilancio di previsione, in ogni  caso  non  oltre  la
durata della legislatura regionale, contestualmente  all'adozione  di
una delibera consiliare avente ad oggetto il  piano  di  rientro  dal
disavanzo nel quale siano individuati  i  provvedimenti  necessari  a
ripristinare l'equilibrio. 
    La norma regionale censurata si porrebbe  altresi'  in  contrasto
con l'art. 50  del  d.lgs.  n.  118  del  2011,  il  quale  prescrive
l'obbligo della verifica del permanere degli  equilibri  generali  di
bilancio.  Tale  contrasto  creerebbe  uno  squilibrio  del  bilancio
poiche' verrebbero impegnate spese in misura  superiore  rispetto  al
complesso delle risorse disponibili. 
    Gli  incrementi  della  spesa  corrente  provocati  dalla   norma
censurata violerebbero inoltre le disposizioni statali volte  al  suo
contenimento, finalizzate ad assicurare  il  rispetto  del  parametro
dell'unita' economica della Repubblica e  a  prevenire  squilibri  di
bilancio, in violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. in  materia
di coordinamento della finanza pubblica. 
    L'art 8, comma 1, lettera a), della legge reg. Abruzzo n.  7  del
2018 violerebbe, infine, gli artt. 41, 81 e 97 Cost, e gli artt. 3  e
117,  primo  comma,  Cost.,  in  relazione  al  parametro  interposto
dell'art. l Prot. addiz. CEDU. 
    La norma censurata, ampliando l'orizzonte temporale  del  ripiano
di deficit rinvenienti dagli  esercizi  2014  e  2015,  violerebbe  i
principi di certezza del diritto,  di  veridicita'  dei  conti  e  di
chiarezza e univocita' delle risultanze di amministrazione, ponendosi
cosi' in contrasto con gli artt. 3 e 117,  primo  comma,  Cost.,  per
violazione del parametro interposto dell'art.  1  Prot.  addiz.  CEDU
(quale il diritto al rispetto della proprieta', tra cui rientra anche
la tutela  dei  diritti  di  credito).  La  violazione  dei  principi
generali di certezza del diritto, del legittimo affidamento  e  della
giustizia effettiva  determinerebbe,  a  sua  volta,  la  conseguente
prevaricazione dei diritti dei creditori (art. 41 Cost.). 
    1.3.- Nel giudizio iscritto al reg. ord. n. 108 del  2021,  oltre
alle censure rivolte alle norme  statali,  la  sezione  regionale  di
controllo solleva questione di legittimita'  costituzionale  dell'art
8, comma 1, lettere a) e c), della legge reg. Abruzzo n. 2  del  2019
direttamente in riferimento agli artt. 81 e 97 Cost., sotto i profili
della lesione dell'equilibrio e della sana gestione  finanziaria  del
bilancio, di copertura pluriennale della  spesa,  di  responsabilita'
nell'esercizio del mandato elettivo e di equita' intergenerazionale. 
    L'art 8, comma 1, lettere a) e c), della legge reg. Abruzzo n.  2
del 2019 stabilisce: «1. E' iscritta nello stato di previsione  della
spesa  una  quota  del  disavanzo  di  amministrazione  presunto  per
ciascuna delle tre annualita'  di  bilancio  (2019-2020-2021),  cosi'
determinata: a) euro 25.544.172,01 quale annualita' del disavanzo  di
amministrazione presunto  al  31.12.2014,  in  attuazione  di  quanto
previsto dall'articolo  1,  comma  779  e  seguenti  della  legge  27
dicembre 2017, n. 205; [...] c) euro  4.404.075,67  quale  annualita'
del disavanzo di amministrazione presunto  al  31.12.2015,  ai  sensi
dell'ultimo periodo del comma 779,  articolo  1,  legge  27  dicembre
2017, n. 205». 
    Ad avviso del  giudice  rimettente,  la  quota  di  disavanzo  da
recuperare iscritta nella parte della spesa del  bilancio  preventivo
si appaleserebbe illegittima in quanto gravemente sottostimata,  «con
la immediata conseguenza della compromissione del principale saldo di
bilancio, ovvero il risultato di  amministrazione  a  fine  esercizio
[...]. Ed anzi le conseguenze della rilevante sottostima  della  rata
annuale  di  rientro  dal  deficit,  a  ben  vedere,  travolgerebbero
l'intera programmazione di entrata e di spesa  nella  misura  in  cui
quest'ultima non tiene conto degli incrementi di  entrata  e/o  delle
riduzioni di spesa altrimenti necessari a garantire  il  pareggio  in
tutte le fasi del ciclo di bilancio». 
    La   predetta   disposizione   genererebbe   una   indiscriminata
deresponsabilizzazione nella gestione amministrativo-contabile  della
Regione,  in  quanto  non  verrebbero  separati  i  risultati  e   le
conseguenze imputabili agli amministratori delle gestioni che si sono
succedute nel lungo arco temporale in cui si e' venuto a produrre  il
deficit da ripianare. In tal modo gli stessi sarebbero  sottratti  al
vaglio  della  loro  responsabilita'  politica  e  amministrativa  in
dispregio al principio di rendicontazione,  presupposto  fondamentale
del circuito democratico rappresentativo. 
    La dilatazione temporale di rientro dal disavanzo  finirebbe  per
confliggere con il principio di  equita'  intergenerazionale,  atteso
che sposterebbe su generazioni  successive  il  peso  finanziario  di
gestioni  prive  di  copertura  senza   alcun   correlato   beneficio
dipendente dall'indebitamento a lungo termine. 
    L'eccessivo  protrarsi  dei  tempi  di   perfezionamento   e   di
definitivo assetto del ripiano del deficit potrebbe innescare ritardi
nei pagamenti e la crisi delle  imprese  che  hanno  fornito  beni  e
servizi. 
    La Sezione rimettente denuncia altresi' il contrasto delle  norme
in esame con gli artt. 3, 41, 81,  97  e  117,  primo  comma,  Cost.,
quest'ultimo in relazione al parametro interposto dell'art.  1  Prot.
addiz. CEDU (quale il diritto al rispetto della proprieta',  tra  cui
rientra anche la tutela dei diritti di credito); cio' in quanto  esse
minerebbero i principi di certezza del diritto,  di  veridicita'  dei
conti, di chiarezza e univocita' delle risultanze di amministrazione. 
    2.- In considerazione dello stretto collegamento tra le questioni
sollevate dal medesimo Collegio rimettente, puo' essere  disposta  la
riunione dei giudizi, al fine di definirli con un'unica pronuncia (ex
multis, sentenze n. 151 e n. 140 del 2021). 
    3.- In via pregiudiziale deve essere ribadita  la  legittimazione
della   Corte    dei    conti,    in    sede    di    controllo    di
legittimità-regolarita' sui conti degli enti territoriali a sollevare
questioni di legittimita' costituzionale dinanzi a questa  Corte.  In
particolare, con riguardo al giudizio di parificazione dei rendiconti
regionali e' stata  riconosciuta  l'ammissibilita'  di  questioni  di
legittimita' costituzionale  sollevate  dalle  sezioni  regionali  di
controllo della Corte dei conti «avverso le disposizioni di legge che
determinano, nell'articolazione e nella gestione del bilancio stesso,
effetti non consentiti dai principi posti a  tutela  degli  equilibri
economico-finanziari  e  dagli  altri  precetti  costituzionali,  che
custodiscono  la  sana  gestione  finanziaria  [...]  giacche'  nella
parifica del rendiconto regionale ricorrono  integralmente  tutte  le
condizioni per le quali  e'  ammessa  la  possibilita'  di  sollevare
questione  di  legittimita'   costituzionale   in   via   incidentale
(elencate, da ultimo, nella sentenza n. 80 del 2021) e la  situazione
e' "analoga a quella in cui si trova un qualsiasi giudice  (ordinario
o speciale), allorche' procede a raffrontare i fatti e gli  atti  dei
quali deve giudicare alle leggi che li concernono"  (sentenza  n.  89
del 2017)» (cosi', ex multis, sentenza n. 215 del 2021). 
    4.- Tanto premesso, devono essere considerate inammissibili tutte
le questioni di legittimita'  costituzionale  sollevate  dal  giudice
rimettente nell'ambito di entrambi i giudizi nei confronti dei  commi
779,  780  e  782,  dell'art.  l  della  legge  n.   205   del   2017
precedentemente riprodotti. 
    Il richiamo fatto dal  giudice  rimettente  al  preteso  rapporto
genetico tra le disposizioni statali e quelle regionali censurate non
viene sostenuto da alcuna attendibile argomentazione poiche'  non  e'
citato alcun documento normativo o amministrativo  dal  quale  emerga
che la Regione Abruzzo si sia impegnata - secondo quanto previsto dai
commi 779, 780 e 782 dell'art. 1 della legge n.  205  del  2017  -  a
riqualificare la propria spesa attraverso il  progressivo  incremento
degli investimenti, aumentando i pagamenti complessivi negli anni dal
2018 al 2026. Le disposizioni statali  richiamano  precisi  requisiti
inerenti all'incremento dei pagamenti per investimenti -  rispetto  a
quelli sostenuti nel 2017 - con riguardo agli  esercizi  2018  (nella
misura non inferiore al 2 per cento); 2019 (nella misura del 2,5  per
cento); 2020 (nella misura del 3 per cento); 2021-2026 (nella  misura
del 4 per cento). 
    In  ordine  a  tali   indefettibili   requisiti   per   sostenere
l'esistenza di un rapporto genetico tra  le  disposizioni  statali  e
quelle regionali, la rimettente non fornisce  alcun  dato  e  neppure
risultano indicazioni dall'articolazione del rendiconto sottoposto  a
parifica. Anzi, la Sezione  regionale  conferma  indirettamente  tale
lacuna lamentando  che  dall'esame  dei  pertinenti  stanziamenti  di
competenza non risulta  quantificabile  ne'  misurabile  la  prevista
riqualificazione della spesa. 
    In definitiva, le questioni di  legittimita'  costituzionale  dei
commi 779, 780 e 782 dell'art. 1 della legge n. 205 del  2017  devono
essere dichiarate inammissibili  per  difetto  di  motivazione  sulla
rilevanza. 
    5.-  Occorre  ora  verificare  in  concreto  la  rilevanza  delle
questioni sollevate dal giudice a  quo  nei  confronti  dell'art.  8,
comma 1, lettera a), della  legge  reg.  Abruzzo  n.  7  del  2018  e
dell'art. 8, comma 1, lettere a) e c), della legge reg. Abruzzo n.  2
del 2019. 
    Con  riguardo  alla  questione  di  legittimita'   costituzionale
dell'art. 8, comma 1, lettera a), della legge reg. Abruzzo n.  7  del
2018, sollevata con l'ordinanza n. 20 del 2021  in  riferimento  agli
artt. 81 e 97 Cost., sotto i profili  della  lesione  dell'equilibrio
del bilancio, della sana gestione finanziaria, della  responsabilita'
di mandato e dell'equita' intergenerazionale, la rimettente argomenta
in modo  ampio  la  pregiudizialita'  della  questione  stessa  sulla
decisione inerente all'accertamento del risultato di  amministrazione
e alla parificazione  del  rendiconto  regionale  sottoposto  al  suo
esame. 
    Il  giudice  a  quo  evidenzia  come,  in  assenza  della   norma
censurata, la posta di disavanzo iscritta in parte spesa del bilancio
preventivo sarebbe illegittima in quanto gravemente sottostimata  con
la immediata conseguenza della compromissione del principale saldo di
bilancio, ovvero il risultato di amministrazione di  fine  esercizio.
La conseguente sottostima della rata annuale di rientro  dal  deficit
travolgerebbe l'intera programmazione di entrata  e  di  spesa  nella
misura in cui comporterebbe di non tener conto  degli  incrementi  di
entrata e/o delle riduzioni di spesa necessari a garantire la ricerca
dell'equilibrio in tutte le fasi  del  ciclo  di  bilancio.  Infatti,
l'iscrizione di  una  posta  passiva  convenzionale,  sottostimata  e
temporalmente riferita a un esercizio lontano nel tempo e non  legato
dalla necessaria continuita' contabile  alle  risultanze  dell'ultimo
esercizio antecedente a quello rendicontato, provocherebbe  un  grave
sbilanciamento  tra  le  risorse  a  disposizione  e   le   correlate
passivita', idoneo a incrementare il deficit gia' maturato  in  epoca
risalente e mai risanato. 
    Sotto il descritto profilo di censura, la questione  deve  essere
dichiarata ammissibile. 
    Anche il percorso argomentativo  della  questione  sollevata  con
l'ordinanza iscritta al n. 108  del  reg.  ord.  2021  nei  confronti
dell'art. 8, comma 1, lettere a) e c), della legge reg. Abruzzo n.  2
del 2019 - direttamente in riferimento agli  artt.  81  e  97  Cost.,
sotto i profili della lesione dell'equilibrio, della  responsabilita'
di mandato e dell'equita' intergenerazionale -  e'  corretto  perche'
evidenzia  un  rapporto  di  pregiudizialita'  con  la  decisione  da
assumere in sede di giudizio di parificazione del rendiconto  2019  e
supera, conseguentemente, il test sulla rilevanza. 
    Alla luce delle esposte considerazioni,  deve  essere  dichiarata
ammissibile  anche  la  questione  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 8, comma 1, lettere a) e c), della legge reg. Abruzzo n.  2
del 2019 posta direttamente in riferimento agli artt. 81 e 97 Cost. 
    6.-  Nel  merito  le  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 8, comma 1, lettera a), della legge reg. Abruzzo n.  7  del
2018 e dell'art. 8, comma 1,  lettere  a)  e  c),  della  legge  reg.
Abruzzo n. 2 del 2019, in riferimento gli artt. 81 e 97 Cost.,  sotto
i  profili  della  lesione  dell'equilibrio  e  della  sana  gestione
finanziaria del bilancio, di copertura pluriennale  della  spesa,  di
responsabilita' nell'esercizio del  mandato  elettivo  e  di  equita'
intergenerazionale, sono fondate. 
    Deve essere condiviso l'assunto  del  giudice  a  quo,  il  quale
ritiene costituzionalmente illegittima l'iscrizione, in  parte  spesa
dei bilanci  preventivi  relativi  agli  esercizi  2018  e  2019,  di
disavanzi convenzionalmente predeterminati e gravemente sottostimati.
Le norme regionali, infatti, non prevedono alcuno stanziamento per il
recupero del deficit rinveniente dagli esercizi finanziari 2015, 2016
e 2017 risultanti dai rendiconti degli anni 2014-2017 gia'  approvati
e  parificati  dalla  Corte  dei  conti.  Con  ogni  evidenza,   cio'
pregiudica il  corretto  calcolo  del  risultato  di  amministrazione
poiche', attraverso tale operazione, viene a  essere  sostituita  una
mera  espressione  matematica  alla  corretta  determinazione   degli
effetti delle dinamiche attive e  passive  di  bilancio  relative  ai
suddetti rendiconti e a quelli degli esercizi  successivi  (principio
di continuita' delle risultanze dei bilanci). 
    L'introduzione di una tale regola legislativa urta  il  principio
di prudenza nella redazione dei bilanci  perche'  comporta,  a  lungo
termine,  modalita'  redazionali  che  non  si  sono  basate  su  una
previsione  credibile,  ragionevole  e  prudente  delle   risorse   a
disposizione  e  delle   relative   spese.   Detti   requisiti   sono
geneticamente collegati alla reale situazione dei conti  nel  momento
in  cui  viene  elaborato  il  bilancio  di  previsione  sicche'   la
predeterminazione normativamente convenzionale - richiamando  assetti
temporali lontani dal contesto operativo  di  riferimento  -  risulta
intrinsecamente incompatibile con le regole costituzionali  collegate
alla natura dinamica del diritto di bilancio. 
    E'  evidente  che  predeterminare  in   questo   modo,   peraltro
palesemente riduttivo, i disavanzi precedentemente  emersi,  comporta
una  alterazione  degli  equilibri,  che  finiscono   per   collidere
frontalmente con gli obiettivi di finanza pubblica, e con la corretta
determinazione delle risultanze gestionali oggetto del  sindacato  di
legittimità-regolarita' della Corte dei conti. 
    Tutto  cio'  comporta,  inoltre,  il  travolgimento   dell'intera
programmazione e della correlata rendicontazione, elementi  necessari
per custodire dinamicamente l'equilibrio in tutte le fasi  del  ciclo
di bilancio. 
    6.1.- Non  puo'  essere  condiviso  l'argomento  formulato  dalla
difesa regionale, secondo cui consentire il risanamento di un deficit
predeterminato, normativamente e quantitativamente contenuto, sarebbe
indispensabile per evitare che gli enti territoriali  si  trovino  in
situazioni  difficilmente  sanabili,   che   possano   comprometterne
l'equilibrio. E' questa un'affermazione che si pone in contrasto  con
i canoni della sana gestione finanziaria. Se, infatti,  ai  fini  del
risanamento non  viene  preso  a  riferimento  l'effettivo  disavanzo
emergente dall'esercizio sottoposto a rendiconto, e' evidente che  la
conseguente  inappropriata  rateazione  degli  accantonamenti  e  dei
debiti consente un aumento del  deficit  e  non  la  sua  progressiva
riduzione fino al completo raggiungimento dell'obiettivo  di  finanza
pubblica. 
    I disavanzi emergenti dai rendiconti dei singoli esercizi  devono
essere ripianati ai sensi dell'art. 42, comma 12, del d.lgs.  n.  118
del  2011  il  quale  prescrive  che  «[l]'eventuale   disavanzo   di
amministrazione  accertato  ai  sensi   del   comma   1   a   seguito
dell'approvazione  del  rendiconto  [...]  e'  applicato   al   primo
esercizio del bilancio  di  previsione  dell'esercizio  in  corso  di
gestione.  La  mancata  variazione  di  bilancio  che,  in  corso  di
gestione, applica il disavanzo al bilancio e' equiparata a tutti  gli
effetti alla mancata approvazione  del  rendiconto  di  gestione.  Il
disavanzo  di  amministrazione  puo'  anche  essere  ripianato  negli
esercizi considerati nel bilancio di previsione,  in  ogni  caso  non
oltre  la  durata  della   legislatura   regionale,   contestualmente
all'adozione di una delibera consiliare avente ad oggetto il piano di
rientro dal disavanzo nel quale  siano  individuati  i  provvedimenti
necessari a ripristinare il pareggio». 
    Tali  disposizioni  sono  espressive  dei  canoni  costituzionali
afferenti alla sana gestione  finanziaria,  alla  responsabilita'  di
mandato e all'equita' intergenerazionale. Le deroghe temporali per il
risanamento introdotte in  passato  sono  connesse  a  situazioni  di
particolari  difficolta'  finanziario-contabili  cui  il  legislatore
statale ha cercato, di volta in volta, di porre rimedio. 
    I meccanismi normativi e amministrativi introdotti in deroga alla
regola richiamata sono, comunque, subordinati alla intangibilita' dei
precetti  costituzionali  finalizzati  al  progressivo   e   coerente
risanamento,  alla  trasparenza  delle  responsabilita'  di   mandato
assunte  dagli  amministratori  in  questo  percorso,  alla  custodia
dell'equita' intragenerazionale e intergenerazionale  in  termini  di
proporzione tra  debiti  e  accantonamenti  pluriennali  e  correlati
benefici (ex plurimis,  sentenza  n.  115  del  2020,  punto  10  del
Considerato in diritto e  sentenza  n.  18  del  2019,  punto  6  del
Considerato in diritto). 
    Gli interventi di estensione temporale del ripiano del disavanzo,
in deroga alla regola contenuta nell'art. 42 del d.lgs.  n.  118  del
2011, non possono ritenersi compatibili con una gestione di  bilancio
equilibrata  laddove  determinino  il  perpetuarsi  di  sanatorie   e
situazioni  interlocutorie,  in  quanto  potrebbero  comportare   una
lesione  a  tempo  indeterminato  dei   precetti   finanziari   della
Costituzione, lesione che disincentiverebbe  il  buon  andamento  dei
servizi e scoraggerebbe le buone pratiche di  quelle  amministrazioni
che si ispirano a una oculata e proficua spendita delle risorse della
collettivita' (sentenza n. 18 del 2019). 
    Ai fini del rispetto dei canoni di sana gestione finanziaria,  di
responsabilita'  di  mandato  e  di  equita'  intergenerazionale   e'
fondamentale la credibilita',  sostenibilita'  e  progressivita'  del
rientro dal deficit; qualsiasi tecnicismo finanziario-contabile,  non
rispondente a  tali  indefettibili  requisiti,  risulta  di  per  se'
contrario ai precetti costituzionali precedentemente richiamati. 
    E' stato cosi'  precisato  che  le  deroghe  eccezionali  che  il
legislatore statale ha apportato al  principio  immanente  alla  sana
gestione finanziaria, secondo cui il disavanzo  deve  essere  coperto
nell'esercizio successivo all'approvazione del rendiconto e  comunque
non oltre il termine della consiliatura,  hanno  tutte  un  perimetro
applicativo condizionato dalla sostenibilita' economica del rientro e
dalla  trasparenza  dei  meccanismi  di  risanamento  in  termini  di
responsabilita' di mandato e  di  equilibrio  intergenerazionale  (ex
multis, sentenza n. 18 del 2019). 
    E'  stato   altresi'   affermato   che   «[f]erma   restando   la
discrezionalita' del legislatore  nello  scegliere  i  criteri  e  le
modalita' per porre riparo a situazioni di emergenza finanziaria come
quelle  afferenti  ai  disavanzi  sommersi,  non  puo'   non   essere
sottolineata la problematicita' di soluzioni  normative,  mutevoli  e
variegate come quelle precedentemente descritte, le quali prescrivono
il  riassorbimento  dei  disavanzi  in  archi  temporali   lunghi   e
differenziati,  ben  oltre  il  ciclo  di  bilancio  ordinario,   con
possibili   ricadute   negative   anche   in   termini   di   equita'
intergenerazionale (in senso conforme, sentenza  n.  107  del  2016)»
(sentenza n. 6 del 2017). 
    La tendenza  a  perpetuare  il  deficit  strutturale  nel  tempo,
attraverso  continui  rinvii,  finirebbe  per  paralizzare  qualsiasi
ragionevole  progetto  di  risanamento,  in  tal  modo  entrando   in
collisione con il principio di equita' intergenerazionale.  E'  stata
gia' sottolineata  da  questa  Corte  la  pericolosita'  dell'impatto
macroeconomico di misure che determinano  uno  squilibrio  nei  conti
della finanza pubblica  allargata  e  la  conseguente  necessita'  di
ulteriori manovre finanziarie restrittive che  possono  gravare  piu'
pesantemente sulle fasce deboli della popolazione (sentenza n. 10 del
2015). 
    Il rispetto del principio di equita' intergenerazionale  comporta
la  necessita'  di  non  gravare   in   modo   sproporzionato   sulle
opportunita' di crescita delle generazioni  future,  garantendo  loro
risorse sufficienti per  un  equilibrato  sviluppo.  Di  fronte  alle
difficolta' di  risanare  strutturalmente  l'ente  in  disavanzo,  il
recupero  del  deficit  non  puo'  essere   procrastinato   in   modo
irragionevole, dovendosi necessariamente  porre  una  cesura  con  il
passato cosi' da consentire ai nuovi amministratori  di  svolgere  il
loro mandato senza gravose "eredita'". 
    6.2.- Nemmeno puo' essere condiviso l'ulteriore  argomento  della
difesa regionale,  secondo  cui  il  meccanismo  normativo  all'esame
sarebbe una  semplice  operazione  di  riallineamento  contabile  cui
concorrerebbero pregressi risultati di esercizio  diversi  -  di  cui
quelli  afferenti  all'introduzione  della  contabilita'  armonizzata
assumerebbero la consistenza maggiore  -  nella  prospettiva  di  una
sicura  data  di  rientro.  Insomma   nel   periodo   ventennale   si
riallineerebbero  tutti  i  diversi  disavanzi  che   costituirebbero
piuttosto un'operazione di tecnica contabile. 
    In primis va ricordato come non siano ipotizzabili  risultati  di
esercizio  immutabili  nel  tempo  come   quelli   codificati   nelle
disposizioni regionali  in  esame;  crediti,  debiti  (scaduti  o  in
prossima scadenza), liquidita' di cassa, fondi pluriennali  vincolati
- vale a dire  le  componenti  del  risultato  di  amministrazioni  -
variano  inevitabilmente  nel  tempo  secondo   dinamiche,   talvolta
esterne,  talvolta  dipendenti  dall'azione   degli   amministratori.
Prendere a riferimento risultati risalenti  e  ormai  certamente  non
piu' attendibili, in quanto parziali e non aggiornati neppure per  la
parte ascrivibile al passato,  significa  fare  riferimento,  per  la
futura programmazione, a  una  situazione  convenzionale  diversa  da
quella effettiva. 
    Non e'  condivisibile  l'affermazione  per  cui  le  disposizioni
censurate   consentirebbero   un   mero   riallineamento   contabile.
Innanzitutto il disavanzo risultante dal riaccertamento straordinario
dei residui e' un disavanzo effettivo e non meramente figurativo.  Il
riaccertamento straordinario dei residui e' un'operazione analoga  al
riaccertamento ordinario che, almeno annualmente in sede di redazione
di rendiconto, l'ente territoriale deve svolgere  per  verificare  la
fondatezza giuridica ed economica dei crediti e dei debiti, pregressi
e inerenti all'esercizio del rendiconto. Tale riaccertamento e' stato
previsto dal legislatore  in  concomitanza  con  il  passaggio  dalla
contabilita' finanziaria alla cosiddetta  "contabilita'  rafforzata",
che - rispetto alla precedente - prevede metodi di  contabilizzazione
diversi. Tuttavia, un diverso metodo  di  contabilizzazione  potrebbe
comportare uno scostamento delle risultanze contabili, certamente non
nella dimensione esibita dalla Regione Abruzzo. 
    Il  riaccertamento  straordinario   e'   stato   introdotto   dal
legislatore  statale  non  tanto  per  il  riallineamento  contabile,
quanto, piuttosto, per far emergere disavanzi occulti  provocati  dal
mancato  aggiornamento  delle  situazioni  creditorie   e   debitorie
pregresse. Pertanto, questa Corte - fin dall'introduzione  del  nuovo
istituto - ha precisato che il cosiddetto disavanzo  tecnico  «e'  un
vero e proprio disavanzo  e  [senza  un'appropriata  copertura]  mina
l'equilibrio  del  bilancio,   sia   in   prospettiva   annuale   che
pluriennale» (sentenza n. 6 del 2017, punto 4.1. del  Considerato  in
diritto) e che il suo ripianamento  "fittizio"  viola  «l'obbligo  di
provvedere alla copertura della spesa previsto  dall'art.  81,  terzo
comma, Cost.» (ordinanza n. 179 del 2018). Il tutto e'  motivato  dal
fatto che non si possono costruire e rendicontare programmi basandosi
su  «risorse  meramente  figurative,  le  quali  non  assicurano   la
copertura delle spese iscritte in bilancio  e  -  proprio  in  virtu'
della loro dubbia esigibilita' - amplificano il rischio di  ulteriori
squilibri  strutturali  del  bilancio  stesso  nel  prosieguo   della
gestione» (sentenza n. 309 del 2012). 
    7.- Per questi motivi  deve  essere  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 8, comma 1, lettera  a),  della  legge  reg.
Abruzzo n. 7 del 2018 e dell'art. 8, comma 1, lettere a) e c),  della
legge reg. Abruzzo n. 2 del 2019, per violazione degli artt. 81 e  97
Cost. 
    Rimangono  assorbite  le  ulteriori  questioni  di   legittimita'
costituzionale sollevate dalla sezione  regionale  di  controllo  per
l'Abruzzo nei confronti delle suddette disposizioni. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 1,
lettera a), della legge della Regione Abruzzo 5 febbraio 2018,  n.  7
(Bilancio di previsione finanziario 2018-2020); 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 1,
lettere a) e c), della legge della Regione Abruzzo 31  gennaio  2019,
n. 2 (Bilancio di previsione finanziario 2019-2021); 
    3)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. l, commi 779, 780  e  782,  della  legge  27
dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2018 e bilancio pluriennale per  il  triennio  2018-2020)
sollevate, in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 41, 81, 97 e 117, primo
comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art.  l  del
Protocollo addizionale  alla  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  (CEDU),  firmato  a
Parigi il 20 marzo 1952, dalla Corte dei conti, sezione regionale  di
controllo per l'Abruzzo, con le ordinanze indicate in epigrafe; 
    4)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 779, ultimo periodo, della legge n.
205 del 2017, sollevate, in riferimento agli artt. 1, 2, 3,  41,  81,
97, 117, primo comma, quest'ultimo  in  relazione  all'art.  l  Prot.
addiz. CEDU, e 119, commi primo  e  sesto,  Cost.,  dalla  Corte  dei
conti, sezione regionale di controllo per l'Abruzzo con le  ordinanze
indicate in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 novembre 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                      Angelo BUSCEMA, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 7 dicembre 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA