N. 243 ORDINANZA 25 novembre - 17 dicembre 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Impiego pubblico - Assunzione di  allievi  agenti  della  Polizia  di
  Stato - Scorrimento della  graduatoria  di  precedente  concorso  -
  Limitazione a coloro che possiedono i  requisiti  introdotti  medio
  tempore - Denunciata violazione  dei  principi  di  ragionevolezza,
  eguaglianza  e  imparzialita'  dell'azione  amministrativa  nonche'
  lesione del diritto di accesso ai pubblici uffici in condizioni  di
  parita'  e  violazione  delle  regole  relative  alla  decretazione
  d'urgenza - Restituzione degli atti al giudice rimettente. 
- Decreto-legge  14  dicembre   2018,   n.   135,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 11 febbraio 2019, n. 12, art. 11,  comma
  2-bis, lettera b). 
- Costituzione, artt. 3, 51, 77 e 97. 
(GU n.51 del 22-12-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela  NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN
  GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale  dell'art.  11,  comma
2-bis, lettera  b),  del  decreto-legge  14  dicembre  2018,  n.  135
(Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le
imprese  e  per  la  pubblica   amministrazione),   convertito,   con
modificazioni, nella legge 11 febbraio  2019,  n.  12,  promossi  dal
Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con  sette  ordinanze
del 25, 26, 28 maggio e del 3 luglio 2020, iscritte, rispettivamente,
ai numeri 198, 199, 200, 201, 202, 203 e 204 del  registro  ordinanze
2020 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  4,
prima serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visti gli atti di costituzione di Matteo Francesco Pedrotti (r.o.
n. 203 del 2020) e di  Leonardo  Mancuso  (r.o.  n.  204  del  2020),
entrambi fuori termine, nonche' gli atti di intervento del Presidente
del Consiglio dei ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 10 novembre 2021  il  Giudice
relatore Franco Modugno; 
    deliberato nella camera di consiglio del 25 novembre 2021. 
    Ritenuto che con  sette  ordinanze,  di  tenore  in  larga  parte
analogo, del 25 maggio 2020 (r.o. n. 198 del  2020),  del  26  maggio
2020 (r.o. n. 199 del 2020), del 28 maggio 2020 (r.o. n. 200, n.  201
e n. 202 del 2020) e del 3 luglio 2020 (r.o. n.  203  e  n.  204  del
2020),  il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio   ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3  e  97  della  Costituzione  -
nonche', quanto alle sole ordinanze iscritte al r.o. n. 203 e n.  204
del 2020, in riferimento agli artt. 51 e  77  Cost.  -  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 11, comma  2-bis,  lettera  b),
del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 (Disposizioni  urgenti  in
materia di sostegno  e  semplificazione  per  le  imprese  e  per  la
pubblica amministrazione), aggiunto dalla  legge  di  conversione  11
febbraio 2019, n.  12,  nella  parte  in  cui  dispone:  «purche'  in
possesso, alla data  del  1°  gennaio  2019,  dei  requisiti  di  cui
all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 24  aprile
1982, n. 335, nel testo vigente alla data di entrata in vigore  della
legge 30 dicembre 2018, n. 145, fatte salve le  disposizioni  di  cui
all'articolo 2049 del citato codice dell'ordinamento militare»; 
    che il giudice a quo rileva che la norma censurata ha autorizzato
l'assunzione di 1.851 allievi agenti della Polizia di Stato  mediante
scorrimento  della  graduatoria  della  prova  scritta  del  concorso
bandito con decreto del Capo della Polizia - Direttore generale della
pubblica sicurezza  del  18  maggio  2017,  consentendo  tuttavia  di
assumere,  tra  i  collocati  in  graduatoria,  solo  i  soggetti  in
possesso, al 1° gennaio 2019, dei  nuovi  requisiti  -  anagrafico  e
culturale - per l'accesso alla carriera  iniziale  della  Polizia  di
Stato introdotti medio tempore  dal  decreto  legislativo  29  maggio
2017, n. 95, recante «Disposizioni in materia di revisione dei  ruoli
delle Forze di polizia, ai sensi dell'articolo 8,  comma  1,  lettera
a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione
delle amministrazioni pubbliche», tramite modifica  dell'art.  6  del
d.P.R. 24 aprile  1982,  n.  335  (Ordinamento  del  personale  della
Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia): vale a dire,  eta'
non superiore a 26 anni e  titolo  di  studio  di  scuola  secondaria
superiore, quando invece il bando originario prevedeva un  limite  di
eta' di 30 anni e il titolo di studio di scuola secondaria inferiore; 
    che il rimettente si trova investito di giudizi  di  impugnazione
del decreto del 13 marzo 2019,  con  cui  il  Capo  della  Polizia  -
Direttore generale della pubblica sicurezza ha avviato  la  procedura
di assunzione autorizzata dalla norma censurata, e degli atti ad esso
conseguenti: giudizi promossi da soggetti  che  -  sebbene  collocati
nella graduatoria della prova  scritta  del  precedente  concorso  in
posizione potenzialmente utile per  aspirare  all'assunzione  -  sono
stati esclusi dalla procedura in quanto non  in  possesso  dei  nuovi
requisiti (in particolare, perche'  di  eta'  superiore  a  26  anni,
ovvero - limitatamente al caso oggetto dell'ordinanza r.o. n. 200 del
2020 - perche' privi del titolo di studio secondario superiore); 
    che, avverso gli  atti  impugnati,  i  ricorrenti  hanno  dedotto
molteplici censure, riconducibili principalmente alla  illegittimita'
costituzionale della norma applicata dall'amministrazione, sotto vari
profili; 
    che   -   stante   la   non   fondatezza   delle   eccezioni   di
inammissibilita'  o  improcedibilita'  dei  ricorsi,  sollevate   dal
Ministero dell'interno nei singoli giudizi principali - le  questioni
risulterebbero   rilevanti,   in   quanto   il   loro    accoglimento
comporterebbe l'annullamento, per invalidita'  derivata,  degli  atti
impugnati; 
    che, quanto alla non manifesta infondatezza,  il  giudice  a  quo
reputa che la norma  denunciata,  nella  parte  in  cui  richiede  il
possesso  dei  nuovi  e   piu'   stringenti   requisiti,   si   ponga
effettivamente in contrasto con plurimi parametri costituzionali; 
    che  risulterebbe  violato,  anzitutto,  l'art.  3   Cost.,   per
contrasto con il principio di  ragionevolezza,  in  quanto  la  norma
censurata - che  si  caratterizzerebbe  quale  legge-provvedimento  -
estendendo retroattivamente i nuovi requisiti per  la  partecipazione
ai concorsi pubblici per l'accesso al ruolo di agente  della  Polizia
di Stato ad un concorso gia'  bandito,  espletato  e  concluso  prima
della sua entrata  in  vigore,  contrasterebbe  con  le  esigenze  di
certezza del diritto  e  di  tutela  del  legittimo  affidamento  dei
candidati utilmente collocati nella graduatoria di cui e' previsto lo
scorrimento; 
    che sarebbe violato anche il principio  di  eguaglianza,  venendo
riservato  un  trattamento  ingiustamente  diverso  ad   alcuni   dei
candidati, rispetto ad altri inseriti nella  stessa  graduatoria  che
avrebbero dovuto poter concorrere a parita'  di  condizioni,  essendo
tutti in possesso dei requisiti stabiliti dal bando di concorso; 
    che la norma censurata si porrebbe in contrasto, ancora,  con  il
principio  di  imparzialita'  dell'azione  amministrativa,  stabilito
dall'art. 97 Cost., in quanto - essendo  i  destinatari  della  norma
immediatamente individuabili al momento della sua  approvazione  -  i
nuovi e piu' restrittivi requisiti di assunzione avrebbero consentito
alla  pubblica  amministrazione  di   «scegliere»   taluni   soggetti
collocati in posizione utile nella graduatoria, favorendoli  a  danno
di altri; 
    che, secondo la sola ordinanza r.o. n.  203  del  2020,  anche  a
ritenere  applicabili  i  nuovi  requisiti  allo  scorrimento   della
graduatoria di un concorso  gia'  espletato,  essi  avrebbero  dovuto
essere riferiti, quanto al limite di eta', alla  originaria  data  di
scadenza per la presentazione  delle  domande  di  partecipazione  al
concorso (25 giugno 2017) e, quanto al titolo di studio,  al  termine
dell'anno scolastico antecedente o successivo alla data di entrata in
vigore della norma censurata: sicche' aver richiesto che i  requisiti
siano posseduti alla data del 1° gennaio 2019 costituirebbe soluzione
arbitraria e contrastante con il principio  di  eguaglianza,  e  tale
altresi' da determinare una  ingiustificata  limitazione  all'accesso
all'impiego pubblico, in violazione dell'art. 51, primo comma, Cost.; 
    che la sola ordinanza r.o. n. 204  del  2020  censura,  altresi',
specificamente il fatto che, nell'introdurre il limite di eta' di  26
anni, la  norma  censurata  continui  a  far  salve  le  disposizioni
dell'art. 2049 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66  (Codice
dell'ordinamento militare), che consentono di elevare sino a tre anni
il limite massimo di eta' per la partecipazione ai pubblici  concorsi
per i soggetti che abbiano prestato il servizio militare: profilo per
il quale la norma si rivelerebbe incoerente con il  fine  perseguito,
di assicurare il ringiovanimento delle Forze di polizia, e foriera di
disparita'  di  trattamento,   nonche'   atta   a   determinare   una
irragionevole limitazione all'accesso ai pubblici uffici; 
    che le ordinanze iscritte al r.o.  n.  203  e  n.  204  del  2020
ritengono, infine, violato l'art. 77 Cost., giacche'  l'introduzione,
con la legge di conversione, dei nuovi requisiti relativi all'eta'  e
al titolo di studio non solo sarebbe totalmente estranea rispetto  al
contenuto originario dell'art. 11 del d.l. n. 135  del  2018,  ma  si
porrebbe altresi' in contrasto con le  finalita'  di  semplificazione
perseguite  dal  medesimo  decreto-legge,  costringendo  la  pubblica
amministrazione a riesaminare le posizioni dei singoli candidati, per
accertare il possesso di requisiti non previsti dal bando originario; 
    che e'  intervenuto,  in  tutti  i  giudizi,  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, il quale ha chiesto, in via principale, che  le
questioni siano  dichiarate  inammissibili  per  avvenuta  cessazione
della  materia  del  contendere  nei  giudizi  a   quibus;   in   via
progressivamente  subordinata,  che  le  questioni  siano  dichiarate
inammissibili per irrilevanza; che sia disposta la restituzione degli
atti al giudice a quo per ius superveniens; che  le  questioni  siano
dichiarate, nel merito, non fondate; 
    che, con ordinanza n. 191 del 2021, questa  Corte  ha  dichiarato
inammissibili gli interventi  ad  adiuvandum  spiegati  nel  giudizio
introdotto  con  l'ordinanza  r.o.  n.   204   del   2020   da   Luca
Bernardinelli, Francesca Carocci, Andrea Castellino, Giuseppe Ciarla,
Guido Manco, Sebastiano Pecchia, Vincenzo Proietti, Alessandra Rizzo,
Federica  Serino,  Valentina  Sivero,  Elena  Tarantino  e  Francesco
Varone, nonche', con distinto atto, da Diego D'Ippolito; 
    che con atti pervenuti  l'8  novembre  2021  si  sono  costituiti
Matteo Francesco Pedrotti e Leonardo Mancuso,  parti  ricorrenti  nei
giudizi introdotti, rispettivamente, con  le  ordinanze  iscritte  al
r.o. n. 203 e n. 204 del 2020, i quali hanno  chiesto  l'accoglimento
delle questioni o,  in  subordine,  la  restituzione  degli  atti  al
giudice a quo per ius superveniens. 
    Considerato che con sette ordinanze di rimessione, di  tenore  in
larga parte analogo, il Tribunale  amministrativo  regionale  per  il
Lazio dubita della legittimita' costituzionale  dell'art.  11,  comma
2-bis, lettera  b),  del  decreto-legge  14  dicembre  2018,  n.  135
(Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le
imprese e per la pubblica amministrazione), aggiunto dalla  legge  di
conversione 11 febbraio 2019, n. 12,  nella  parte  in  cui  dispone:
«purche' in possesso, alla data del 1° gennaio 2019, dei requisiti di
cui all'articolo 6 del decreto del  Presidente  della  Repubblica  24
aprile 1982, n. 335, nel testo vigente alla data di entrata in vigore
della legge 30 dicembre 2018, n. 145, fatte salve le disposizioni  di
cui all'articolo 2049 del citato codice dell'ordinamento militare»; 
    che il giudice rimettente lamenta segnatamente il  fatto  che  la
norma  censurata,  nell'autorizzare  l'assunzione  di  1.851  allievi
agenti della Polizia di Stato mediante scorrimento della  graduatoria
della prova scritta del concorso (gia'  concluso)  bandito  dal  Capo
della Polizia -  Direttore  generale  della  pubblica  sicurezza  con
decreto del 18 maggio 2017,  abbia  consentito  di  assumere,  tra  i
collocati in graduatoria, solo coloro che  fossero  in  possesso  dei
nuovi requisiti per l'accesso alla carriera iniziale della Polizia di
Stato introdotti medio tempore  dal  decreto  legislativo  29  maggio
2017, n. 95, recante «Disposizioni in materia di revisione dei  ruoli
delle Forze di polizia, ai sensi dell'articolo 8,  comma  1,  lettera
a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione
delle amministrazioni pubbliche», tramite modifica  dell'art.  6  del
d.P.R. 24 aprile  1982,  n.  335  (Ordinamento  del  personale  della
Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia): vale a dire,  eta'
non superiore a 26 anni e  titolo  di  studio  di  scuola  secondaria
superiore, quando invece il bando originario prevedeva un  limite  di
eta' di 30 anni  e  il  possesso  del  titolo  di  studio  di  scuola
secondaria inferiore; 
    che il giudice a quo reputa  con  cio'  violato  l'art.  3  della
Costituzione, per contrasto, sia con il principio di  ragionevolezza,
in quanto l'estensione retroattiva,  con  «legge-provvedimento»,  dei
nuovi requisiti ad un concorso gia' espletato lederebbe l'esigenza di
certezza del diritto  e  di  tutela  del  legittimo  affidamento  dei
soggetti utilmente collocati nella graduatoria di cui e' previsto  lo
scorrimento; sia con il principio di eguaglianza,  venendo  riservato
un  trattamento  ingiustamente  diverso  ad  alcuni  dei   candidati,
rispetto ad altri inseriti nella  stessa  graduatoria  che  avrebbero
dovuto poter concorrere a parita' di condizioni; 
    che  sarebbe  leso,  altresi',  il  principio  di   imparzialita'
dell'azione amministrativa, sancito dall'art. 97 Cost., in  quanto  -
essendo i destinatari della  norma  immediatamente  individuabili  al
momento della sua approvazione - i nuovi e piu' stringenti  requisiti
di assunzione avrebbero consentito alla pubblica  amministrazione  di
«scegliere»  taluni  soggetti  collocati  in  posizione  utile  nella
graduatoria, favorendoli a danno di altri; 
    che la sola ordinanza iscritta al r.o. n. 203 del  2020  ravvisa,
inoltre, una violazione del principio di eguaglianza e del diritto di
accesso ai  pubblici  uffici  in  condizioni  di  parita',  stabilito
dall'art.  51,  primo  comma,  Cost.,  nel   fatto   che,   ai   fini
dell'assunzione  mediante  scorrimento  della  graduatoria,  i  nuovi
requisiti debbano essere posseduti alla data  del  1°  gennaio  2019,
anziche' alla data di scadenza per la presentazione delle domande  di
partecipazione al precedente concorso (25  giugno  2017),  quanto  al
limite di eta', e  al  termine  dell'anno  scolastico  antecedente  o
successivo alla data di entrata  in  vigore  della  norma  censurata,
quanto al titolo di studio; 
    che l'ordinanza  iscritta  al  r.o.  n.  204  del  2020  lamenta,
altresi', che la norma censurata, nell'introdurre il limite  di  eta'
di 26 anni, continui a far salve le disposizioni dell'art.  2049  del
decreto legislativo 15 marzo 2010,  n.  66  (Codice  dell'ordinamento
militare), che consentono di  elevare  sino  a  tre  anni  il  limite
massimo di eta' per la partecipazione  ai  pubblici  concorsi  per  i
soggetti che abbiano prestato il servizio militare:  profilo  per  il
quale la norma si rivelerebbe incoerente con il fine  perseguito,  di
assicurare il ringiovanimento delle Forze di polizia,  e  foriera  di
disparita'  di  trattamento,   nonche'   atta   a   determinare   una
irragionevole limitazione all'accesso ai pubblici uffici; 
    che le ordinanze iscritte al r.o.  n.  203  e  n.  204  del  2020
ritengono, infine, violato l'art. 77 Cost., giacche'  l'introduzione,
con  la  legge  di  conversione,  dei  nuovi  requisiti,   non   solo
risulterebbe totalmente estranea  rispetto  al  contenuto  originario
dell'art. 11 del d.l. n. 135 del 2018, ma  si  porrebbe  altresi'  in
contrasto con le finalita' di semplificazione perseguite dal medesimo
decreto-legge, costringendo la pubblica amministrazione a riesaminare
le posizioni dei singoli candidati,  per  accertare  il  possesso  di
requisiti non previsti dal bando originario; 
    che le ordinanze di rimessione  sollevano  questioni  analoghe  o
coincidenti, aventi ad oggetto la medesima norma, sicche' i  relativi
giudizi vanno riuniti per essere definiti con unica decisione; 
    che, in via preliminare, va dichiarata  l'inammissibilita'  della
costituzione,  nei  giudizi  introdotti,  rispettivamente,   con   le
ordinanze iscritte al r.o. n. 203  e  n.  204  del  2020,  di  Matteo
Francesco Pedrotti e Leonardo Mancuso, in quanto effettuata con  atti
pervenuti l'8 novembre 2021, e dunque largamente tardiva rispetto  al
termine perentorio di venti giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza
di rimessione nella Gazzetta Ufficiale, previsto  dall'art.  3  delle
Norme integrative per i giudizi davanti  alla  Corte  costituzionale,
essendo la pubblicazione avvenuta il 27 gennaio  2021  (ex  plurimis,
sentenze n. 75 e n. 57 del 2021, n. 222 del 2018); 
    che, successivamente alle ordinanze di rimessione, e' intervenuto
l'art. 260-bis del  decreto-legge  19  maggio  2020,  n.  34  (Misure
urgenti in materia di salute,  sostegno  al  lavoro  e  all'economia,
nonche' di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da
COVID-19), come aggiunto in sede di conversione dalla legge 17 luglio
2020, n. 77; 
    che  tale  disposizione,  al  dichiarato  scopo  di  definire  il
contenzioso insorto riguardo  ai  requisiti  di  partecipazione  alla
procedura concorsuale in questione, ha autorizzato  l'Amministrazione
della pubblica sicurezza ad assumere  -  entro  un  massimo  di  1650
unita' per l'anno 2020 e di 550 unita'  per  l'anno  2021  -  allievi
agenti della Polizia di Stato mediante scorrimento della  graduatoria
della prova scritta del concorso bandito con decreto del  Capo  della
Polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza del  18  maggio
2017,  a  prescindere  dal  possesso  dei  nuovi  e  piu'  stringenti
requisiti introdotti dal d.lgs.  n.  95  del  2017  (e'  sufficiente,
dunque, il possesso dei precedenti  requisiti  previsti  dal  bando);
cio', con riferimento ai soggetti  che:  a)  abbiano  riportato  alla
prova  scritta  una  votazione  pari  o  superiore  a  quella  minima
conseguita dai destinatari della norma oggi sottoposta  a  scrutinio;
b)  siano  stati  ammessi  alla  fase  successiva   della   procedura
concorsuale in forza di  provvedimenti  del  giudice  amministrativo,
ovvero abbiano tempestivamente impugnato gli atti di  non  ammissione
con ricorso giurisdizionale o con ricorso straordinario al Capo dello
Stato, sempre che i giudizi risultino pendenti; c)  risultino  idonei
all'esito degli accertamenti dell'efficienza  fisica,  psicofisici  e
attitudinali  previsti  dalla  disciplina  vigente,  ove   non   gia'
espletati; 
    che la norma sopravvenuta e' atta, dunque, a superare i dubbi  di
legittimita' costituzionale denunciati, rispetto a tutti i  candidati
che abbiano tempestivamente impugnato gli atti  di  esclusione  dalla
procedura, come i ricorrenti nei giudizi principali  (fermo  restando
che, come gia' rilevato da questa Corte nella citata ordinanza n. 191
del 2021, i candidati che non abbiano tempestivamente  impugnato  gli
atti di esclusione dalla  procedura  non  potrebbero,  comunque  sia,
giovarsi   di   una   eventuale   declaratoria   di    illegittimita'
costituzionale  della  norma  censurata,  posto  che  la   cosiddetta
retroattivita' delle sentenze di accoglimento incontra il limite  dei
rapporti esauriti, quali quelli rispetto ai  quali  siano  decorsi  i
termini di inoppugnabilita' degli atti amministrativi); 
    che si impone, pertanto, la restituzione degli atti al giudice  a
quo, per un nuovo esame della rilevanza  delle  questioni  alla  luce
dello ius superveniens; 
    che, come segnalato anche dall'Avvocatura generale  dello  Stato,
proprio a fronte della sopravvenienza del  citato  art.  260-bis  del
d.l. n. 34 del 2020, come convertito, - cui il Ministero dell'interno
ha dato attuazione con avviso del 29 settembre 2020,  pubblicato  sul
sito istituzionale della Polizia di Stato - lo stesso  TAR  Lazio  ha
dichiarato improcedibili per sopravvenuta carenza d'interesse plurimi
ricorsi del tutto analoghi a quelli oggetto dei giudizi a quibus (tra
le altre, TAR Lazio, sezione prima-quater, 4 marzo 2021, n. 2631; TAR
Lazio, sezione prima-quater, 29 dicembre 2020, n. 14063;  TAR  Lazio,
sezione prima-quater, 26 novembre 2020, n. 12654); 
    che, a questo riguardo, non puo'  essere,  peraltro,  accolta  la
richiesta,  formulata  in  via  principale  dalla  stessa  Avvocatura
generale dello Stato, che  ha  invitato  questa  Corte  a  dichiarare
direttamente le questioni inammissibili «per cessazione della materia
del contendere nel giudizio a quo»; 
    che nel giudizio in via incidentale, infatti,  la  sopravvenienza
di  una  normativa  idonea  a  superare  i  dubbi   di   legittimita'
costituzionale, prospettati dal giudice rimettente, non giustifica la
dichiarazione di cessazione della materia del contendere (sentenza n.
89 del 2017), ne' legittima questa Corte a  dichiarare  le  questioni
inammissibili "per irrilevanza sopravvenuta"; 
    che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte,  lo  ius
superveniens puo' assumere rilievo solo ai  fini  della  restituzione
degli atti al giudice a quo (oltre alla gia' citata  sentenza  n.  89
del 2017; in generale, ex plurimis, ordinanze n. 55 del 2020 e n. 260
del 2019), spettando  a  quest'ultimo  verificare  l'incidenza  della
normativa sopravvenuta sulla rilevanza delle questioni sollevate. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara inammissibile la  costituzione  di  Matteo  Francesco
Pedrotti e Leonardo Mancuso nei giudizi introdotti,  rispettivamente,
con le ordinanze iscritte al r.o. n. 203 e n. 204 del 2020; 
    2) ordina la restituzione degli atti al Tribunale  amministrativo
regionale per il Lazio. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 novembre 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                      Franco MODUGNO, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 17 dicembre 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA