N. 249 SENTENZA 25 novembre - 21 dicembre 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Usi civici - Norme della Regione Lazio - Attribuzione  ai  Comuni  di
  funzioni e compiti amministrativi in materia di liquidazione di usi
  civici gravanti su terreni privati che abbiano acquisito  carattere
  edificatorio - Denunciata  violazione  della  competenza  esclusiva
  statale nella materia della tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e
  dei beni culturali e in  quella  dell'ordinamento  civile,  nonche'
  della tutela del paesaggio e dei principi di  ragionevolezza  e  di
  leale collaborazione - Inammissibilita' delle questioni. 
- Legge della Regione Lazio 3  gennaio  1986,  n.  1,  art.  4,  come
  modificato dall'art. 4 della legge della Regione Lazio  27  gennaio
  2005, n. 6. 
- Costituzione, artt. 3, 9, 117, secondo comma, lettere l)  e  s),  e
  118. 
(GU n.51 del 22-12-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela  NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN
  GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  4  della
legge della Regione Lazio 3 gennaio 1986, n.  1  (Regime  urbanistico
dei terreni  di  uso  civico  e  relative  norme  transitorie),  come
modificato dall'art. 4 della legge della  Regione  Lazio  27  gennaio
2005, n. 6, recante «Modifiche alla legge regionale 3  gennaio  1986,
n. 1 (Regime urbanistico dei terreni di uso civico e  relative  norme
transitorie) e successive modifiche ed alla legge regionale 6  agosto
1999, n. 14 (Organizzazione delle  funzioni  a  livello  regionale  e
locale per  la  realizzazione  del  decentramento  amministrativo)  e
successive modifiche», promosso dal Commissario per  la  liquidazione
degli  usi  civici  per  le  Regioni  Lazio,  Umbria  e  Toscana  nel
procedimento vertente tra M. F. e la G. srl e  altri,  con  ordinanza
del 5 gennaio 2021, iscritta al n. 50 del registro ordinanze  2021  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  17,  prima
serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Lazio; 
    udita nell'udienza  pubblica  del  19  ottobre  2021  la  Giudice
relatrice Emanuela Navarretta; 
    udita l'avvocata Rita Santo per la Regione Lazio, in collegamento
da remoto, ai sensi del punto 1) del  decreto  del  Presidente  della
Corte del 18 maggio 2021; 
    deliberato nella camera di consiglio del 25 novembre 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza  del  5  gennaio  2021,  iscritta  al  registro
ordinanze n. 50 del 2021, il Commissario per  la  liquidazione  degli
usi civici per le Regioni Lazio, Umbria e Toscana  ha  sollevato,  in
riferimento agli artt. 3, 9, 117, secondo comma, lettere l) ed s),  e
118 della  Costituzione,  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 4 della legge della Regione Lazio  3  gennaio  1986,  n.  1
(Regime urbanistico dei  terreni  di  uso  civico  e  relative  norme
transitorie), come modificato dall'art. 4 della legge  della  Regione
Lazio 27 gennaio 2005, n. 6, recante «Modifiche alla legge  regionale
3 gennaio 1986, n. 1 (Regime urbanistico dei terreni di uso civico  e
relative norme transitorie) e  successive  modifiche  ed  alla  legge
regionale 6 agosto 1999,  n.  14  (Organizzazione  delle  funzioni  a
livello regionale e locale per  la  realizzazione  del  decentramento
amministrativo)  e  successive  modifiche»,  nella   parte   in   cui
stabilisce che «[s]ono attribuiti ai comuni le cui collettivita' sono
titolari  dei  diritti  di  uso  civico  le  funzioni  ed  i  compiti
amministrativi  concernenti  la  liquidazione  dei   diritti   stessi
gravanti su terreni privati,  i  quali,  per  la  destinazione  degli
strumenti urbanistici generali e loro varianti, oppure,  in  mancanza
di strumento  urbanistico  generale,  in  quanto  ricadenti  in  aree
urbanizzate come indicate dalla pianificazione paesistica  regionale,
abbiano acquisito carattere edificatorio». 
    2.- In punto di fatto, il rimettente riferisce che, con ordinanza
del 14  novembre  2017  del  Giudice  dell'esecuzione  del  Tribunale
ordinario di Velletri, gli veniva trasmessa,  «per  quanto  di  [sua]
competenza», copia della comparsa di costituzione  di  M.  F.,  nella
quale veniva dedotta la presenza di usi civici sull'immobile  oggetto
di  esecuzione  immobiliare.  Il  giudice  a  quo  precisa   che   il
procedimento esecutivo riguardava beni immobili siti  nel  Comune  di
Ardea in comproprieta' di M. F., cui veniva notificato, nel  dicembre
del 2016, atto di pignoramento immobiliare da parte della societa' G.
srl. In particolare, nell'ambito  di  tale  procedura  esecutiva,  il
consulente tecnico d'ufficio redigeva la  perizia  ex  art.  568  del
codice di procedura civile,  evidenziando  che  il  bene  oggetto  di
pignoramento risultava gravato da usi civici. 
    Di seguito - espone sempre il rimettente - veniva  disposto,  con
decreto del 26 febbraio 2018,  il  giudizio  commissariale,  nel  cui
ambito  si  costituiva  M.  F.,   chiedendo   che   fosse   accertata
«l'effettiva natura del bene stag[g]ito, ovvero di bene  soggetto  ad
usi civici». Nel giudizio commissariale si costituivano, altresi', la
societa'  G.  srl  e  la  banca  B.  B.  PLC,  che  insistevano   per
l'accertamento della natura allodiale dei terreni, nonche' la Regione
Lazio, che eccepiva il  difetto  di  giurisdizione  del  Commissario;
viceversa, non si costituivano i comproprietari del fondo. 
    Il Commissario riferisce,  inoltre,  che,  acquisita  la  perizia
redatta dal consulente  tecnico  d'ufficio  nominato  nel  corso  del
procedimento esecutivo, disponeva, con ordinanza del 20 luglio  2018,
il sequestro degli immobili oggetto di giudizio. 
    Infine, in data 31 luglio 2018, perveniva da parte del Comune  di
Ardea, rimasto contumace nel giudizio commissariale, la «determina n.
354/08 del 24.06.08», attestante la liquidazione dell'uso civico  sui
terreni oggetto di giudizio, con conseguente affrancazione del  fondo
dal diritto di uso civico di pascolo, legnatico  e  semina,  mediante
l'imposizione di un capitale d'affrancazione pari a euro 198,80. 
    3.- In punto di rilevanza, il giudice a quo, dopo aver constatato
che, a fronte del citato provvedimento,  il  suo  giudizio  «dovrebbe
limitarsi a prendere atto dell'avvenuta estinzione dei diritti di uso
civico la cui esistenza veniva appurata dal  CTU  nominato»,  ritiene
che la liquidazione degli usi civici derivi «direttamente dalla legge
impugnata (che non puo' essere disapplicata)  non  essendo  necessari
ulteriori atti amministrativi». 
    Pertanto,   evidenziata   la   «univocita'    della    previsione
legislativa»,   che   «non    consente    diverse    interpretazioni,
costituzionalmente compatibili», afferma la rilevanza delle questioni
di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge reg. Lazio  n.
1 del 1986, come modificato dall'art. 4 della legge reg. Lazio  n.  6
del 2005. 
    4.- Di seguito, al fine  di  introdurre  il  giudizio  sulla  non
manifesta infondatezza delle questioni, il  Commissario  si  sofferma
sul quadro normativo relativo agli usi civici. 
    4.1.- Rileva, in particolare, che la materia e' «disciplinata  in
modo tendenzialmente esaustivo da norme statali»: la legge 16  giugno
1927, n. 1766 (Conversione in legge del R. decreto 22 maggio 1924, n.
751, riguardante il riordinamento degli usi civici nel Regno, del  R.
decreto 28 agosto 1924, n.  1484,  che  modifica  l'art.  26  del  R.
decreto 22 maggio 1924, n. 751, e del R. decreto 16 maggio  1926,  n.
895, che proroga i termini assegnati dall'art. 2 del R. decreto-legge
22 maggio 1924, n. 751); il regio decreto 26 febbraio  1928,  n.  332
(Approvazione del regolamento per la esecuzione della legge 16 giugno
1927, n. 1766, sul riordinamento degli usi civici nel Regno), nonche'
la legge 20 novembre  2017,  n.  168  (Norme  in  materia  di  domini
collettivi). 
    Il rimettente sottolinea, inoltre,  che  l'art.  1,  lettera  h),
della legge  8  agosto  1985,  n.  431  (Conversione  in  legge,  con
modificazioni, del decreto-legge 27  giugno  1985,  n.  312,  recante
disposizioni  urgenti  per  la  tutela  delle  zone  di   particolare
interesse ambientale. Integrazioni dell'articolo 82 del  decreto  del
Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616) ha  sottoposto  a
vincolo paesaggistico, ai sensi della legge 29 giugno 1939,  n.  1497
(Protezione  delle  bellezze  naturali),  «le  aree  assegnate   alle
universita' agrarie e le zone gravate  da  usi  civici»  e  che  tale
tutela e' stata ribadita dall'art. 142, comma 1, lettera  f)  (recte:
lettera h), del decreto legislativo 22 gennaio 2004,  n.  42  (Codice
dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo  10  della
legge 6 luglio 2002, n. 137). Rammenta, inoltre, come l'art. 3, comma
6, della legge n. 168 del 2017, attraverso l'imposizione del  vincolo
paesaggistico, anche in caso di liquidazione degli usi civici,  abbia
inteso  garantire  «l'interesse  della  collettivita'  generale  alla
conservazione degli usi  civici  per  contribuire  alla  salvaguardia
dell'ambiente e del paesaggio». 
    In definitiva, il giudice  a  quo  evidenzia  che  la  disciplina
statale regola compiutamente le procedure di liquidazione  degli  usi
civici, mentre alle Regioni sarebbero state trasferite unicamente  le
funzioni amministrative connesse alle ipotesi di  liquidazione  degli
usi. 
    4.2.-  Per  converso,  secondo  il  rimettente,  la  disposizione
regionale censurata avrebbe contemplato «norme derogatorie di  quelle
statali introducendo nuove ipotesi di liquidazione degli usi civici»,
cosi' sottraendo i medesimi alla loro  destinazione  «attraverso  una
procedura diversa da quelle  previste  dal  legislatore  statale».  A
fronte del regime di imprescrittibilita', di  inusucapibilita'  e  di
indisponibilita' previsto dalla normativa  statale,  la  disposizione
regionale censurata avrebbe considerato  i  terreni  gravati  da  usi
civici «liberamente alienabili a  seguito  del  mero  acquisto  della
potenzialita'  edificatoria».  In  particolare,  mentre   «la   legge
nazionale  consent[irebbe]  l'edificazione  dei   terreni   dopo   la
liquidazione degli usi civici»,  secondo  la  disposizione  censurata
sarebbe «la stessa vocazione edificatoria acquistata  dai  terreni  a
consentire la liquidazione degli usi da parte del Comune». 
    5.- Cosi' ricostruito il quadro normativo statale e regionale, il
Commissario  ritiene  che  la  disposizione  censurata  si  ponga  in
evidente contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.,
che riserva  alla  legislazione  esclusiva  dello  Stato  la  «tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali». In particolare,
il rimettente rammenta come  la  «funzione  di  tutela  dell'ambiente
svolta dagli usi civici [sia] stata  magistralmente  ricostruita»  da
questa Corte, la quale ha sottolineato come  la  Regione  «non  possa
assumere,  unilateralmente,  decisioni  che  liberano   dal   vincolo
ambientale porzioni del territorio» (e' citata la sentenza n. 103 del
2017). 
    Per  converso,  la  norma  censurata  avrebbe   determinato   una
«automatica sclassificazione dei terreni gravati da uso  civico  solo
perche' divenuti edificabili». 
    6.- Il Commissario ritiene, inoltre, che la  norma  censurata  si
porrebbe in contrasto con l'art. 9 Cost., in quanto la  «liquidazione
degli  usi  civici  con   conseguente   edificabilita'   dei   suoli»
colliderebbe «con la tutela del paesaggio, inteso come morfologia del
territorio, cioe' [con] l'ambiente nel suo aspetto visivo». 
    7.- Al  contempo,  il  giudice  a  quo  ravvisa  una  incoerenza,
censurata ai sensi dell'art. 3 Cost. in termini di  irragionevolezza,
fra la disposizione regionale censurata e l'art. 1 della stessa legge
reg. Lazio n. 1 del 1986,  che  escluderebbe  l'edificabilita'  delle
aree gravate da usi civici. Tale norma, infatti, prescrive che  «[l]a
pianificazione paesistica prevista dalla normativa vigente in materia
determina le prescrizioni, dirette alla salvaguardia  delle  zone  di
uso civico in vista del preminente interesse alla conservazione della
loro destinazione  naturale,  alle  quali  i  comuni  sono  tenuti  a
conformare i loro strumenti urbanistici». 
    8.- Sotto un diverso profilo, il rimettente ravvisa la violazione
della competenza esclusiva statale anche relativamente  alla  materia
«ordinamento civile», di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l),
Cost. 
    Il giudice a quo sostiene, infatti, che il censurato art. 4 della
legge reg. Lazio n. 1 del 1986 (come  modificato  dall'art.  4  della
legge reg. Lazio n. 6 del 2005), disciplinando  «istituti  di  natura
civilistica comportanti il regime dei beni da  sottrarre  al  vincolo
paesistico-ambientale», inciderebbe  sulla  materia  dell'ordinamento
civile. In particolare,  la  disposizione  regionale  detterebbe  una
disciplina difforme dalle previsioni della legge n. 1766 del  1927  e
del r.d. n. 332 del 1928. 
    9.- Da ultimo, il Commissario asserisce che la  norma  censurata,
procedendo  unilateralmente  con   modalita'   che   impediscono   la
considerazione degli interessi  statali,  si  porrebbe  in  contrasto
anche con l'art. 118 Cost., per il mancato rispetto del principio  di
leale collaborazione. 
    10.- Con memoria depositata il 18 maggio 2021, la Regione  Lazio,
in persona del suo  Presidente  pro  tempore,  si  e'  costituita  in
giudizio, eccependo, innanzitutto, l'inammissibilita' delle questioni
poste. 
    10.1.- Ad avviso della difesa regionale, le  questioni  sarebbero
inammissibili per difetto di rilevanza, in quanto la norma  censurata
non troverebbe applicazione al caso di specie.  Il  provvedimento  di
liquidazione degli usi civici, assunto con determina comunale n.  354
del  2008,  sarebbe,  infatti,  divenuto   definitivo   per   mancata
impugnazione nei termini di legge. In virtu' di tale circostanza,  la
difesa  regionale  eccepisce  l'esaurimento  del  rapporto  giuridico
dedotto in giudizio, sul quale non potrebbero, pertanto,  dispiegarsi
gli effetti dell'invocata pronuncia di accoglimento di questa Corte. 
    10.2.- Le questioni  sarebbero  altresi'  inammissibili,  secondo
l'avvocatura regionale, a  causa  della  «confusa  indicazione  delle
norme parametro», che sarebbero state «evocate in  maniera  ellittica
senza richiamare partitamente le singole ragioni di conflitto». 
    10.3.- Da  ultimo,  in  base  alla  prospettazione  della  difesa
regionale, le questioni sarebbero inammissibili anche per  incompleta
ricostruzione del quadro normativo. L'incompletezza  comprometterebbe
l'iter  logico  argomentativo  posto  a  fondamento   delle   censure
sollevate.  In  particolare,  non  sarebbe  chiarita  quale  sia   la
disciplina  effettivamente  applicabile  al  caso  di   specie,   nel
coordinamento fra normativa statale e regionale. 
    11.- Nel merito,  la  difesa  regionale  eccepisce  la  manifesta
infondatezza delle questioni sollevate. 
    11.1.- Innanzitutto, viene rilevata la mancata considerazione, da
parte del giudice a quo, della distinzione, ben presente nella  legge
n. 168 del 2017, «fra beni di demanio collettivo, per i quali vale il
principio della inalienabilita', indisponibilita',  inusucapibilita',
perpetua destinazione agro-silvo-pastorale e [...] beni di proprieta'
privata gravati da uso civico liquidabili», quali quelli  di  cui  si
contende nel giudizio principale. Ad avviso della  difesa  regionale,
il rimettente avrebbe erroneamente richiamato il regime giuridico dei
beni collettivi, mentre la  stessa  giurisprudenza  di  questa  Corte
avrebbe, anche di recente, «ribadito la distinzione  fra  i  beni  di
demanio collettivo, inalienabili,  inusucapibili,  imprescrittibili»,
da una parte, e gli «usi civici su beni privati, soggetti a procedure
liquidatorie», da un'altra parte (e' richiamata la sentenza n. 71 del
2020). 
    Si puntualizza, inoltre, che, in virtu' della  legge  statale  n.
168 del 2017, «sui terreni  liquidati  permane  comunque  il  vincolo
paesaggistico». 
    11.2.- A ulteriore supporto della  manifesta  infondatezza  delle
questioni sollevate, la Regione Lazio afferma che la norma  censurata
non introdurrebbe, a differenza di quanto sostenuto nell'ordinanza di
rimessione, una nuova ipotesi di sclassificazione, ne' amplierebbe  i
casi di liquidazione degli usi  civici  rispetto  a  quanto  previsto
dalla legge n. 1766  del  1927.  Al  contrario,  la  norma  censurata
disporrebbe una mera  ripartizione  di  funzioni  amministrative  tra
Regione e Comune, in  linea  con  il  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione  della  delega  di  cui
all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382). 
    Il criterio di riparto di competenze tra Regione e Comune sarebbe
individuato «sulla base delle destinazioni  di  zona  previste  dalla
pianificazione urbanistica e paesaggistica», attraverso intese con lo
Stato: nelle aree individuate dalla pianificazione in questione  come
edificatorie, le funzioni amministrative in materia  di  liquidazione
degli usi civici su terreni privati sarebbero delegate ai  Comuni  in
base alla normativa censurata. Viene, in sostanza, contestato che  la
disposizione regionale disponga,  come  affermato  nell'ordinanza  di
rimessione, che ogni qual  volta  vi  siano  aree  edificabili  l'uso
civico possa essere liquidato dal Comune. 
    12.- Sulla scorta di tale diversa lettura del  quadro  normativo,
la Regione  Lazio  ritiene  che  non  sussisterebbero  le  contestate
violazioni degli artt. 117, secondo comma, lettere l) ed s), 3,  9  e
118 Cost. 
    12.1.- Non vi sarebbe contrasto con l'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), Cost., in quanto la  previsione  dell'art.  3,  comma  6,
della legge n. 168 del 2017, che mantiene  il  vincolo  paesaggistico
«anche in casi di liquidazione degli usi civici», sarebbe sufficiente
a escludere che la disposizione regionale abbia invaso le  competenze
statali in materia di tutela del paesaggio. 
    Per la medesima ragione, la difesa  regionale  sostiene  che  non
sarebbero lesi  ne'  l'art.  9  Cost.,  ne'  il  principio  di  leale
collaborazione, che il rimettente richiama  in  riferimento  all'art.
118 Cost. 
    Inoltre, viene contestata  la  presunta  violazione  dell'art.  3
Cost.,  con  riferimento  all'asserito  irragionevole  contrasto  con
l'art. 1 della medesima legge reg. Lazio n. 1  del  1986,  in  quanto
tale previsione riguarderebbe i  demani  collettivi  e  non  gli  usi
civici  su  terreni  privati,  regolati  invece  dalla   disposizione
censurata. 
    12.2.- Da ultimo, sempre secondo la difesa regionale, non sarebbe
violato neppure l'art. 117, secondo  comma,  lettera  l),  Cost.,  in
quanto il comma 2 dello stesso art. 4 della legge reg. Lazio n. 1 del
1986 richiamerebbe espressamente, per la liquidazione dei diritti  di
uso civico sui terreni di cui al comma 1, i criteri  stabiliti  dagli
artt. 5, 6 e 7  della  legge  n.  1766  del  1927.  Tale  circostanza
normativa, ad avviso della difesa  regionale,  dimostrerebbe  che  la
procedura e i parametri  di  liquidazione  previsti  dalla  normativa
regionale non si discosterebbero da quelli previsti dalla  disciplina
statale. 
    13.- All'udienza del 19 ottobre  2021,  la  difesa  regionale  ha
insistito  per  l'accoglimento  delle  conclusioni  rassegnate  negli
scritti difensivi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza  del  5  gennaio  2021,  iscritta  al  registro
ordinanze n. 50 del 2021, il Commissario per  la  liquidazione  degli
usi civici per le Regioni Lazio, Umbria e Toscana  ha  sollevato,  in
riferimento agli artt. 3, 9, 117, secondo comma, lettere l) ed s),  e
118 della  Costituzione,  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 4 della legge della Regione Lazio  3  gennaio  1986,  n.  1
(Regime urbanistico dei  terreni  di  uso  civico  e  relative  norme
transitorie), come modificato dall'art. 4 della legge  della  Regione
Lazio 27 gennaio 2005, n. 6, recante «Modifiche alla legge  regionale
3 gennaio 1986, n. 1 (Regime urbanistico dei terreni di uso civico  e
relative norme transitorie) e  successive  modifiche  ed  alla  legge
regionale 6 agosto 1999,  n.  14  (Organizzazione  delle  funzioni  a
livello regionale e locale per  la  realizzazione  del  decentramento
amministrativo)  e  successive  modifiche»,  nella   parte   in   cui
stabilisce che «[s]ono attribuiti ai comuni le cui collettivita' sono
titolari  dei  diritti  di  uso  civico  le  funzioni  ed  i  compiti
amministrativi  concernenti  la  liquidazione  dei   diritti   stessi
gravanti su terreni privati,  i  quali,  per  la  destinazione  degli
strumenti urbanistici generali e loro varianti, oppure,  in  mancanza
di strumento  urbanistico  generale,  in  quanto  ricadenti  in  aree
urbanizzate come indicate dalla pianificazione paesistica  regionale,
abbiano acquisito carattere edificatorio». 
    2.- Relativamente ai fatti, il Commissario  rimettente  riferisce
che il Giudice dell'esecuzione del Tribunale ordinario  di  Velletri,
nel contesto di un separato giudizio esecutivo, gli trasmetteva copia
della comparsa di costituzione di M. F., nella quale  veniva  dedotta
la  presenza  di  usi  civici  sull'immobile  oggetto  di  esecuzione
immobiliare. Pertanto, con  decreto  del  26  febbraio  2018,  veniva
disposto il giudizio commissariale, nel cui ambito si  costituiva  M.
F., chiedendo  che  fosse  accertata  «l'effettiva  natura  del  bene
sta[g]gito, ovvero di bene soggetto ad usi civici». 
    Di seguito - espone il rimettente - il Comune di  Ardea,  rimasto
contumace nel giudizio commissariale, faceva pervenire,  in  data  31
luglio 2018, la «determina n. 354/08  del  24.06.08»,  con  la  quale
aveva  deliberato  la  liquidazione  degli  usi  civici  di  pascolo,
legnatico e semina e la successiva affrancazione dei terreni  oggetto
di giudizio. 
    3.- In punto di rilevanza, il giudice a quo, dopo aver constatato
che, a fronte del citato provvedimento,  il  suo  giudizio  «dovrebbe
limitarsi a prendere atto dell'avvenuta estinzione dei diritti di uso
civico la cui esistenza veniva appurata dal  CTU  nominato»,  ritiene
che la liquidazione degli usi civici derivi «direttamente dalla legge
impugnata (che non puo' essere disapplicata)  non  essendo  necessari
ulteriori atti amministrativi». 
    Pertanto,   evidenziata   la   «univocita'    della    previsione
legislativa»,   che   «non    consente    diverse    interpretazioni,
costituzionalmente compatibili», afferma la rilevanza delle questioni
di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge reg. Lazio  n.
1 del 1986, come modificato dall'art. 4 della legge reg. Lazio  n.  6
del 2005. 
    4.-  Il  Commissario  motiva,  di  seguito,  la   non   manifesta
infondatezza delle questioni  che  solleva  con  riferimento  a  vari
parametri costituzionali. 
    4.1.-  Innanzitutto,  ritiene  che  la   disposizione   regionale
censurata  eccederebbe  «la  competenza  regionale,  incidendo  nelle
materie della  "tutela  dell'ambiente,  dell'ecosistema  e  dei  beni
culturali" riservate al legislatore statale  dall'art.  117,  secondo
comma, lettera s)» Cost. L'art. 4 della legge reg.  Lazio  n.  1  del
1986 (come modificato dall'art. 4 della legge reg.  Lazio  n.  6  del
2005) avrebbe, infatti, previsto un'«automatica sclassificazione  dei
terreni gravati da uso civico sol perche' divenuti edificabili». 
    4.2.- Il rimettente, inoltre, denuncia un  contrasto  del  citato
art. 4 con l'art. 9 Cost.,  in  quanto  la  «liquidazione  degli  usi
civici con conseguente edificabilita' dei suoli» colliderebbe «con la
tutela del paesaggio, inteso come morfologia  del  territorio,  cioe'
[con] l'ambiente nel suo aspetto visivo». 
    4.3.-  Inoltre,  ravvisa   la   violazione   del   principio   di
ragionevolezza, di cui all'art. 3 Cost., in  quanto  l'art.  1  della
stessa legge reg. Lazio n. 1 del 1986  sembrerebbe  supporre  la  non
edificabilita'  delle  aree   gravate   da   usi   civici,   il   che
evidenzierebbe un insanabile contrasto con la previsione della  norma
censurata. 
    4.4.- Sotto altro profilo, il Commissario  rileva  che  l'art.  4
della legge reg. Lazio n. 1 del 1986, regolando «istituti  di  natura
civilistica comportanti il regime dei beni da  sottrarre  al  vincolo
paesistico-ambientale»,  inciderebbe   sulla   materia   «ordinamento
civile», di esclusiva competenza statale. In  particolare,  la  norma
regionale detterebbe una disciplina difforme dalle  previsioni  della
legge 16 giugno 1927, n. 1766 (Conversione in legge del R. decreto 22
maggio 1924, n. 751, riguardante il riordinamento  degli  usi  civici
nel Regno, del R. decreto 28  agosto  1924,  n.  1484,  che  modifica
l'art. 26 del R. decreto 22 maggio 1924, n. 751, e del R. decreto  16
maggio 1926, n. 895, che proroga i termini assegnati dall'art. 2  del
R. decreto-legge 22 maggio  1924,  n.  751),  del  regio  decreto  26
febbraio 1928, n. 332 (Approvazione del regolamento per la esecuzione
della legge 16 giugno 1927, n.  1766,  sul  riordinamento  degli  usi
civici nel Regno), nonche' della  legge  20  novembre  2017,  n.  168
(Norme in materia di domini collettivi); pertanto, violerebbe  l'art.
117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    4.5.-  Da  ultimo,  secondo  il   rimettente,   la   disposizione
censurata, procedendo unilateralmente con modalita'  che  impediscono
la considerazione degli interessi statali, si porrebbe  in  contrasto
anche con l'art. 118 Cost., per il mancato rispetto del principio  di
leale  collaborazione  «stante  la  "connessione  indissolubile   tra
materie di diversa attribuzione"». 
    5.- Questa Corte deve pronunciarsi, innanzitutto, sulle eccezioni
di  inammissibilita'  sollevate  dal  Presidente  pro  tempore  della
Regione Lazio, costituito in giudizio. 
    In  primo  luogo,  la  difesa  regionale  ha  eccepito   che   la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale della norma  censurata
non potrebbe avere alcuna  incidenza  sulla  decisione  del  giudizio
principale e sarebbe, pertanto,  da  escludersi  la  rilevanza  delle
questioni sollevate. 
    In secondo luogo, e' stata  contestata  la  «confusa  indicazione
delle norme parametro»,  che  sarebbero  state  «evocate  in  maniera
ellittica  senza  richiamare  partitamente  le  singole  ragioni   di
conflitto». 
    E,  infine,  la  difesa  regionale  ha  obiettato  la  incompleta
ricostruzione del quadro normativo, in quanto  non  sarebbe  chiarita
quale sia la disciplina effettivamente applicabile al caso di specie,
nel coordinamento fra previsioni regionali e normativa statale. 
    6.-  La  prima  eccezione  e'  fondata  sotto  il  profilo  della
inadeguata e contraddittoria motivazione sulla rilevanza. 
    Questa Corte e' chiamata a verificare se il giudice a  quo  abbia
fornito elementi sufficienti per valutare la necessaria  applicazione
della disposizione censurata nel percorso argomentativo  che  conduce
alla decisione del giudizio principale. Tale accertamento  presuppone
una motivazione non implausibile sulla sussistenza di un rapporto  di
strumentalita' e di pregiudizialita' tra la risoluzione del dubbio di
legittimita' costituzionale e la decisione della controversia oggetto
del giudizio principale (ex plurimis,  sentenza  n.  50  del  2014  e
ordinanza n. 282 del 1998). 
    7.- Nell'ordinanza di rimessione non si ravvisa  una  motivazione
che possa considerarsi quanto  meno  non  implausibile,  poiche'  gli
argomenti  spesi  in  merito  alla  rilevanza  risultano  carenti   e
contraddittori. 
    Il Commissario, nell'ambito di un procedimento avente  a  oggetto
l'accertamento di usi civici su un terreno  sottoposto  a  esecuzione
forzata, svolge le seguenti considerazioni. 
    Da un lato, riferisce che un provvedimento  amministrativo  -  la
determina n. 354 del 24 giugno 2008 del Comune di Ardea, con la quale
era stato  definito  anche  il  capitale  di  affrancazione  -  aveva
disposto la liquidazione degli usi civici, in applicazione  dell'art.
4 della legge reg. Lazio n. 1 del 1986, come modificato  dall'art.  4
della legge reg.  Lazio  n.  6  del  2005.  E,  a  tal  riguardo,  il
Commissario constata  che  il  suo  giudizio  «dovrebbe  limitarsi  a
prendere atto dell'avvenuta estinzione dei diritti di uso civico». 
    Da un altro lato, il medesimo rimettente  nega  che,  sulla  base
della citata legge regionale, siano necessari atti amministrativi per
effettuare  la  liquidazione  e  assume,  in  maniera  apodittica   e
assertiva, che  la  liquidazione  deriverebbe  automaticamente  dalla
disposizione  censurata,  «non  essendo  necessari   ulteriori   atti
amministrativi». Questo, tuttavia, contrasta sia con l'esistenza  del
citato provvedimento amministrativo di liquidazione degli usi  civici
sia con il dato letterale dell'art. 4 della legge reg. Lazio n. 1 del
1986,  che  attribuisce  ai  Comuni   le   funzioni   e   i   compiti
amministrativi concernenti la liquidazione degli  usi  civici  in  re
aliena. 
    Simile ricostruzione finisce, dunque, per eludere  l'esigenza  di
una adeguata motivazione relativa al profilo centrale che  condiziona
la rilevanza nella vicenda oggetto del giudizio a quo. 
    Il rimettente, infatti,  non  fornisce  una  argomentazione,  che
possa ritenersi anche solo non implausibile, sulle ragioni giuridiche
in base  alle  quali  l'accertamento  commissariale  possa  formarsi,
all'esito dell'eventuale giudizio  di  illegittimita'  costituzionale
della disposizione censurata, pur in  presenza  di  un  provvedimento
amministrativo non tempestivamente impugnato. 
    Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, il  carattere
insufficiente, implausibile e contraddittorio della motivazione sulla
rilevanza impedisce di procedere all'esame nel merito delle questioni
di legittimita' costituzionale (sentenza n. 161 del 2004 e  ordinanza
n. 153 del 2005) e, pertanto, esse devono dichiararsi inammissibili. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 4 della legge della Regione Lazio 3  gennaio
1986, n. 1 (Regime urbanistico dei terreni di uso civico  e  relative
norme transitorie), come modificato dall'art.  4  della  legge  della
Regione Lazio 27 gennaio 2005, n. 6, recante  «Modifiche  alla  legge
regionale 3 gennaio 1986, n. 1 (Regime urbanistico dei terreni di uso
civico e relative norme transitorie) e successive modifiche  ed  alla
legge regionale 6 agosto 1999, n. 14 (Organizzazione delle funzioni a
livello regionale e locale per  la  realizzazione  del  decentramento
amministrativo) e successive modifiche»,  sollevate,  in  riferimento
agli artt. 3, 9, 117, secondo comma, lettere l) ed s),  e  118  della
Costituzione, dal Commissario per la liquidazione  degli  usi  civici
per le Regioni Lazio, Umbria e Toscana con  l'ordinanza  indicata  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 novembre 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                   Emanuela NAVARRETTA, Redattrice 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 21 dicembre 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA