N. 215 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 novembre 2021

Ordinanza del 15 novembre 2021 della Commissione tributaria regionale
dell'Emilia-Romagna sul ricorso proposto  da  Caseificio  Sociale  La
Cappelletta c/Comune di Concordia sulla Secchia. 
 
Tributi -  Imposta  comunale  sugli  immobili  (ICI)  -  Esenzione  -
  Presentazione  della  domanda  di  variazione  catastale   per   il
  riconoscimento  della   ruralita'   -   Previsione   che   richiede
  l'inserimento  dell'annotazione  negli  atti   catastali   per   il
  riconoscimento retroattivo nei casi in cui l'adempimento  e'  stato
  riconosciuto tecnicamente impossibile, perche'  gli  immobili  sono
  stati soppressi. 
- Decreto-legge 31 agosto  2013,  n.  102  (Disposizioni  urgenti  in
  materia di IMU, di altra fiscalita' immobiliare, di  sostegno  alle
  politiche  abitative  e  di  finanza  locale,  nonche'   di   cassa
  integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici),  convertito,
  con modificazioni, nella legge 28 ottobre 2013,  n.  124,  art.  2,
  comma 5-ter. 
(GU n.2 del 12-1-2022 )
 
                 LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE 
                          DI EMILIA-ROMAGNA 
                              Sezione 8 
 
    Riunita con l'intervento dei signori: 
        Sinisi Nicola - presidente; 
        Blasi Luca Maria - relatore; 
        Morlini Gianluigi - giudice; 
    ha emesso la seguente ordinanza sull'appello n. 1047/2020; 
    avverso la pronuncia sentenza n. 235/2014 Sez.:  1  emessa  dalla
Commissione  tributaria  provinciale  di  Modena  contro:  Comune  di
Concordia sulla Secchia - piazza 29 Maggio n.  2  -  41033  Concordia
sulla Secchia; 
    avverso la pronuncia sentenza n. 236/2014 Sez.:  1  emessa  dalla
Commissione  tributaria  provinciale  di  Modena  contro:  Comune  di
Concordia sulla Secchia - piazza 29 Maggio n.  2  -  41033  Concordia
sulla Secchia; 
    avverso la pronuncia sentenza n. 237/2014 Sez.:  1  emessa  dalla
Commissione  tributaria  provinciale  di  Modena  contro:  Comune  di
Concordia sulla Secchia - piazza 29 Maggio n.  2  -  41033  Concordia
sulla Secchia; 
    avverso la pronuncia sentenza n. 238/2014 Sez.:  1  emessa  dalla
Commissione  tributaria  provinciale  di  Modena  contro:  Comune  di
Concordia sulla Secchia - piazza 29 Maggio n.  2  -  41033  Concordia
sulla Secchia; 
    proposto dagli appellanti: 
        La Cappelletta - via Matteotti n. 80 - 41039  San  Possidonio
(MO) rappresentato da: Dotti Luciano - via Matteotti n.  80  -  41039
San Possidonio (MO) difeso da: Artioli Francesco - via  Emilia  Ovest
n. 101 - 41100 Modena (MO) difeso da: Vernice Alessandro - c/o Studio
Artioli - via Emilia Ovest n. 101 - 41100 Modena (MO). 
    Atti impugnati: 
        avviso di accertamento n. 228-2010 I.C.I. 2007; 
        avviso di accertamento n. 229-2010 I.C.I. 2008; 
        avviso di accertamento n. 230-2010 I.C.I. 2009; 
        avviso di accertamento n. 281-2010 I.C.I. 2009; 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    Il giudizio  di  riassunzione  e'  stato  incardinato  a  seguito
dell'ordinanza della Corte di Cassazione n. 28135/19, pronunciata  il
28 maggio 2019 e depositata il 31 ottobre 2019, con la quale e' stata
annullata  la  sentenza  della   Commissione   tributaria   regionale
dell'Emilia-Romagna n. 2514/9/2017, depositata il 18 settembre  2017,
non notificata, resa nel giudizio avverso  l'avviso  di  accertamento
per l'ICI 2006. 
    Il Caseificio sociale La Cappelletta ha chiesto in via principale
di accogliere il ricorso e per l'effetto di dichiarare nullo l'avviso
di accertamento impugnato per i quattro  fabbricati  non  oggetto  di
autotutela da parte del comune; in via subordinata, di sottoporre  al
vaglio  di  legittimita'  costituzionale  la  norma  di  riferimento,
laddove non prescrive la possibilita'  di  ottenere  l'esenzione  dei
fabbricati  a  destinazione  rurale  non  piu'  censiti  nel  catasto
edilizio, per violazione  dell'art.  3  e  53  della  Costituzione  e
dell'immanente principio di ragionevolezza; con condanna  del  Comune
di Concordia sulla Secchia alle spese del giudizio di Cassazione e di
rinvio. 
    Il  resistente  Comune  di  Concordia  sulla  Secchia  chiede  di
dichiarare  l'inammissibilita'  del  ricorso  per  riassunzione;   in
subordine, di  rigettare  il  ricorso,  ritenendo  dovuta  l'ICI  con
riferimento ai quattro fabbricati privi di annotazione  di  ruralita'
ed oggetto di accertamento; e  di  condannare  il  contribuente  alle
spese del giudizio di legittimita' e del presente grado. 
    Il Caseificio sociale La  Cappelletta  era  proprietario  di  sei
fabbricati per i quali  il  Comune  di  Concordia  sulla  Secchia  ha
notificato il 25 luglio 2008 l'avviso n. 44/2008 prot. n. 4976 con il
quale veniva accertata l'omessa dichiarazione (e l'omesso  versamento
del tributo) per l'annualita' ICI 2006 per un  ammontare  complessivo
di euro 15.686,21 oltre sanzioni ed interessi. 
    La sentenza n.  132  del  29  settembre  2009  della  Commissione
tributaria provinciale di Modena, Sezione 2,  accoglieva  il  ricorso
del contribuente (gia' «Caseificio San Paolo soc.  coop.»)  ritenendo
dimostrata la natura rurale dei fabbricati, che dovevano considerarsi
esclusi dall'ICI per mancanza del  presupposto  impositivo  ai  sensi
dell'art. 23, comma 1-bis del decreto-legge n. 207/2008  e  dell'art.
9, comma 3-bis del decreto-legge n. 557/1993. 
    Il  comune  proponeva  appello  e   la   Commissione   tributaria
regionale, con sentenza n. 26/13/11 del 18 aprile 2001, rigettava  il
ricorso, confermando l'esenzione ICI dei fabbricati in contestazione. 
    Il comune impugnava la sentenza di secondo grado  in  Cassazione,
che con l'ordinanza n. 426 del 27 novembre 2013 cassava  la  sentenza
con rinvio alla C.T.R. per la decisione di merito. 
    Il caseificio, riassumendo il giudizio, ribadiva  la  tesi  della
ruralita' dei  fabbricati  contestati  in  virtu'  della  domanda  di
variazione ex art.  7,  comma  2-bis  del  decreto-legge  n.  70/2011
presentata  dalla  cooperativa  per  tutti   i   fabbricati   oggetto
dell'accertamento,  con  la  conseguente  esenzione  dall'ICI   degli
stessi. Nel corso del processo si  riscontrava  un  ridimensionamento
della pretesa comunale a quattro dei sei fabbricati in quanto,  dagli
atti di causa, emergeva l'annotazione  della  ruralita'  per  due  di
essi, mentre per gli altri quattro, pur in presenza  dell'istanza  di
cui al decreto-legge ex art. 7,  comma  2-bis  del  decreto-legge  n.
70/2011, non risultava alcuna annotazione, dato che detti fabbricati,
a tale data, non  erano  piu'  censiti  nel  catasto  dei  fabbricati
rurali, in seguito a  un  frazionamento  che  aveva  originato  altri
subalterni. 
    La  Commissione  tributaria  regionale,  con   la   sentenza   n.
2216/01/2017  del  7   luglio   2017   accoglieva   l'appello   della
contribuente e per l'effetto confermava  l'esclusione  dall'ICI,  con
compensazione delle spese di tutti i gradi di giudizio. 
    Avverso  la  nuova  sentenza  di  secondo  grado,  il  Comune  di
Concordia sulla Secchia proponeva ancora ricorso  in  Cassazione;  la
cooperativa, nel controricorso, replicava alle obiezioni  del  comune
sottolineando in particolare l'impossibilita' dell'annotazione  della
ruralita' su fabbricati ormai non piu' censiti. 
    La Suprema Corte,  con  ordinanza  n.  28135-19,  ha  accolto  il
ricorso proposto  dal  comune,  cassando  la  sentenza  impugnata  n.
2514/9/2017, con nuovo rinvio alla C.T.R. dell'Emilia-Romagna per  la
decisione di  merito.  La  sentenza  di  rinvio  conclude  precisando
espressamente  che  la  legittimita'  della  norma  si  fonda   sulla
annotazione della ruralita', nella specie non sussistente,  e  quindi
rimanda la decisione alla C.T.R. dell'Emilia-Romagna, che  si  dovra'
attenere al principio di diritto affermato. 
    Trattenuta in decisione in data 11 dicembre 2020,  con  ordinanza
del 9 febbraio 2021 - ritenuta l'opportunita' di sentire le  parti  -
la causa e' stata rimessa sul ruolo. 
    Le parti hanno presentato ulteriori memorie e sono state  ammesse
alla discussione all'udienza del 6  luglio  2021,  al  termine  della
quale il Collegio ha trattenuto la causa in decisione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    Nella sua ultima produzione prima della discussione, il comune ha
allegato la recente sentenza  n.  226/1/2021  di  questa  Commissione
tributaria regionale, che in un caso analogo a  quello  in  esame  ha
rigettato  il  ricorso  in  riassunzione  «in  quanto  si  fonda  sul
tentativo  di  rimettere  in  discussione  i  principi   di   diritto
enunciati, pretendendo un riconoscimento della ruralita' non  fondato
sulle risultanze catastali, ma su  argomentazioni  diverse,  come  la
circostanza che il nuovo fabbricato ha i  requisiti  di  ruralita'  e
quindi anche quelli soppressi ed in questo  inglobati  devono  essere
considerati rurali. La parte cerca inammissibilmente di  pervenire  a
conclusioni diverse dal principio enunciato dalla Corte». 
    Questo orientamento, che certamente ha il pregio di ricomporre un
contrasto tra giurisprudenza di merito e di legittimita' verificatosi
sul tema non solo nel caso di specie (in cui si registra  il  secondo
rinvio alla C.T.R.), ma  non  rende  giustizia  sostanziale,  neppure
ricercando una  soluzione  costituzionalmente  orientata  all'interno
dell'ordinamento, come  si  precisera'  di  seguito.  Occorre  dunque
esaminare la questione di legittimita' costituzionale  posta  con  la
domanda subordinata. 
Termini e motivi della questione di costituzionalita'. 
1. Termini. 
    Oggetto: art. 2, comma 5-ter del decreto-legge 31 agosto 2013, n.
102, convertito, con modificazioni, in legge 28 ottobre 2013, n. 124. 
    Parametri: articoli 3 e 53 della Costituzione. 
2. Motivi. 
    Non manifesta infondatezza. 
    Non e' in discussione il principio  di  diritto  affermato  dalla
Corte  di  cassazione,  ossia  che   l'annotazione   costituisca   il
fondamento  per  l'attuale  riconoscimento  della  ruralita'  di   un
fabbricato, quanto se - nel caso specifico, che riguarda una  vicenda
di fatto consumatasi anteriormente al  regime  previsto  dalle  norme
richiamate - tale orientamento possa comportare la lesione di diritti
tutelati dalla Costituzione, in particolare negli articoli  3  e  53,
come lamentato dal contribuente nella domanda subordinata. 
    Si e' cercato di approfondire  anzitutto  se  il  giudizio  possa
essere definito indipendentemente dalla risoluzione  della  questione
di legittimita' costituzionale, procedendo  ad  una  valutazione  sul
merito della pretesa impositiva, di cui la  Suprema  Corte  non  puo'
essere investita (cfr. Cassazione, SS.UU., 25 ottobre 2013, n. 24148,
secondo cui la portata  vincolante  della  sentenza  rescindente  «e'
limitata all'enunciazione della corretta interpretazione della  norma
di legge, e non si estende alla sussunzione della norma stessa  nella
fattispecie concreta»). 
    L'esito di  tale  esame  appare  tuttavia  negativo,  atteso  che
l'ipotesi   dell'equivalenza   dell'annotazione   di   ruralita'   di
riferimento sulle particelle catastali generate dal frazionamento del
fabbricato  soppresso  e'  gia'  stata  percorsa   dalla   precedente
pronuncia di questa Commissione, cassata dall'ordinanza di rinvio; la
questione e' stata espressamente  esaminata  in  diritto  ed  esclusa
dalla Corte di cassazione. 
    Sostiene infatti la Suprema Corte nell'ordinanza di  rinvio:  «va
in primo luogo, qui ribadito l'orientamento di legittimita' in  terna
di ICI dei fabbricati rurali secondo cui, per la dimostrazione  della
ruralita' dei fabbricati, ai fini  del  trattamento  esonerativo,  e'
dirimente  l'oggettiva  classificazione  catastale  con  attribuzione
della relativa categoria (A/6 per le unita' abitative, o A/10 per gli
immobili strumentali); sicche' l'immobile che sia stato iscritto come
"rurale", in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei  requisiti
previsti dal decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9 (conv. in
legge 26 febbraio 1994, n. 133) non e' soggetto all'imposta ai  sensi
del decreto-legge 30 dicembre 2008, n.  207,  art.  23,  comma  1-bis
(conv. in legge 27 febbraio 2009, n. 14) e del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1,  lettera  a);  per  converso,
qualora l'immobile sia iscritto in una  diversa  categoria  catastale
(di  non  ruralita'),  e'  onere  del   contribuente,   che   invochi
l'esenzione dall'imposta, impugnare  l'atto  di  classamento  per  la
ritenuta ruralita' del fabbricato, restandovi altrimenti quest'ultimo
assoggettato;  -  allo  stesso  modo,  il   comune   deve   impugnare
autonomamente l'attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al
fine  di  poter  legittimamente  pretendere   l'assoggettamento   del
fabbricato all'ICI. Si tratta  di  orientamento  gia'  fissato  dalla
sentenza SS.UU. n. 18565/09, secondo cui (in motivazione):  "in  tema
di imposta comunale sugli immobili (ICI), l'immobile  che  sia  stato
iscritto nel catasto fabbricati come rurale, con l'attribuzione della
relativa categoria (A/6 o D/10), in  conseguenza  della  riconosciuta
ricorrenza dei requisiti previsti dal decreto-legge n. 557 del  1993,
art. 9, conv. con legge n. 133 del 1994, e successive  modificazioni,
non e' soggetto all'imposta  ai  sensi  del  combinato  disposto  del
decreto-legge n. 207 del 2008, art. 23, comma 1-bis,  convertito  con
modificazioni dalla legge n. 14 del 2009 e del decreto legislativo n.
504  del  1992,  art.  2,  comma  1,   lettera   a).   L'attribuzione
all'immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata
specificamente  dal  contribuente  che  pretenda  la  non  soggezione
all'imposta  per  la  ritenuta  ruralita'  del  fabbricato,  restando
altrimenti quest'ultimo assoggettato ad  ICI:  allo  stesso  modo  il
comune dovra' impugnare l'attribuzione della categoria catastale  A/6
o D/10 al fine di potere legittimamente pretendere  l'assoggettamento
del fabbricato all'imposta". 
    Tuttavia, vanno evidenziati, quale ius superveniens,  i  seguenti
disposti che hanno incidenza per l'esito della presente controversia:
1) Il decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito dalla legge  12
luglio 2011, n. 106, che all'art. 7, comma 2-bis ha previsto che,  ai
fini  del  riconoscimento   della   ruralita'   degli   immobili,   i
contribuenti avessero la facolta' (esercitabile entro il 30 settembre
2011) di presentare all'allora Agenzia del territorio una domanda  di
variazione  della  categoria  catastale  per   l'attribuzione   della
categoria A/6 e D/10,  a  seconda  della  destinazione,  abitativa  o
strumentale  dell'immobile,  sulla  base  di  una  autocertificazione
attestante che l'immobile possedeva i requisiti di ruralita'  di  cui
al decreto-legge n. 557 del 1993, art. 9, convertito in legge n.  133
del 1994, e modificato dal decreto-legge 1°  ottobre  2007,  n.  159,
art. 42-bis, convertito con modificazioni in legge 29 novembre  2007,
n. 159, "in via continuativa a decorrere dal quinto anno  antecedente
a quello di presentazione della  domanda";  2)  dal  decreto-legge  6
dicembre 2011, n. 214, convertito,  con  modificazioni  in  legge  22
dicembre 2011, n. 214, che ha  quindi  previsto  all'art.  13,  comma
14-bis, che le domande di variazione di cui al predetto decreto-legge
n. 70 del 2011 producessero "gli effetti  previsti  in  relazione  al
riconoscimento  del  requisito  della  ruralita'  fermo  restando  il
classamento originario  degli  immobili  ad  uso  abitativo";  3)  il
decreto ministeriale economia  e  finanze  26  luglio  2012,  che  ha
stabilito,  all'art.  1,  che  "Ai  fabbricati  rurali  destinati  ad
abitazione ed ai fabbricati strumentali all'esercizio  dell'attivita'
agricola e' attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie,
in una delle categorie catastali  previste  nel  quadro  generale  di
qualificazione. Ai fini dell'iscrizione negli atti del catasto  della
sussistenza del requisito di ruralita' in capo ai  fabbricati  rurali
di cui al comma 1, diversi da quelli censibili nella  categoria  D/10
(Fabbricati  per  funzioni   produttive   connesse   alle   attivita'
agricole),   e'   apposta   una   specifica   annotazione.   Per   il
riconoscimento  del  requisito  di   ruralita',   si   applicano   le
disposizioni richiamate al decreto-legge 30 dicembre  1993,  n.  557,
art. 91 convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio  1994,
n. 133 e art. 2 "Presentazione delle domande  per  il  riconoscimento
del requisito di ruralita'"; 4) dal decreto-legge 31 agosto 2013,  n.
102, convertito, con modificazioni, in legge 28 ottobre 2013, n. 124,
all'art. 2, comma 5-ter, che ha stabilito che "ai sensi  della  legge
27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma  2,  decreto-legge  6  dicembre
2011, n. 201, art. 3, comma 14-bis,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel  senso  che
le  domande  di  variazione  catastale  presentate   ai   sensi   del
decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2-bis, convertito,
con  modificazioni,  dalla  legge  13  maggio   2011,   n.   106,   e
l'inserimento dell'annotazione degli atti  catastali,  producono  gli
effetti  previsti  per  il  requisito  di   ruralita'   di   cui   al
decreto-legge  30  dicembre,  n.  557,  art.   9,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 26 febbraio  1994,  n.  133  e  successive
modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente  a  quello  di
presentazione della domanda". 
    Si tratta di disposizioni che rafforzano l'orientamento esegetico
gia' adottato dalle  SS.UU.  nel  2009,  in  quanto  disciplinano  le
modalita'  (di  variazione-annotazione)  attraverso   le   quali   e'
possibile  pervenire  alla  classificazione   della   ruralita'   dei
fabbricati, anche retroattivamente, onde  beneficiare  dell'esenzione
ICI; sulla base di una procedura ad hoc che non avrebbe avuto  ragion
d'essere qualora la natura esonerativa della ruralita'  fosse  dipesa
dal solo fatto  di  essere  gli  immobili  concretamente  strumentali
all'attivita' agricola,  a  prescindere  dalla  loro  classificazione
catastale conforme. Secondo il dettato normativo, su  menzionato,  di
cui al decreto-legge n. 102 del 2013, art. 2, comma 5-ter, convertito
in legge n. 124 del 2013 le domande di variazione catastale, ai  fini
del riconoscimento del requisito di ruralita', producono  effetto  "a
decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della
domanda" (da ultimo Cassazione 21878/2018). 
    Nel caso di specie la CTR ha dato atto della mancata  annotazione
negli atti catastali, giustificando tale circostanza con il fatto che
l'annotazione era tecnicamente impossibile, evidentemente  a  seguito
della soppressione di alcuni degli immobili. 
    Tale interpretazione e' errata. 
    La Corte costituzionale, con l'ordinanza n. 115/2015 ha  ritenuto
inammissibile la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
2,  comma  5-ter  del  decreto-legge  n.  102/2013,  sollevata  dalla
Commissione tributaria regionale della Toscana con due  pronunce  del
16 aprile 2014, nella parte in cui fa retroagire di cinque  anni  gli
effetti  delle  domande  per  ottenere  la  ruralita'  catastale  dei
fabbricati ai fini ICI ed IMU sul presupposto che  l'art.  13,  comma
14-bis, della Manovra salva Italia, stabilisce che "con  decreto  del
Ministro dell'economia e delle finanze,  da  emanare  entro  sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto, sono stabilite le modalita' per l'inserimento negli
atti catastali della sussistenza del requisito  di  ruralita',  fermo
restando il classamento  originario  degli  immobili  rurali  ad  uso
abitativo". 
    Ad  avviso  della  Consulta,  le  ordinanze  di  rimessione   non
avrebbero  esaminato  la   conseguente   regolamentazione   data   al
procedimento di annotazione della ruralita' dal decreto  ministeriale
MEF 26 luglio 2012 (Individuazione  delle  modalita'  di  inserimento
negli atti catastali della sussistenza del requisito della ruralita')
e, in particolare, l'art. 1, comma 2 e l'art. 4, (rubricato "Verifica
delle  domande  e  delle   autocertificazioni").   Ed   invero,   con
riferimento a tale aspetto,  e'  stato  evidenziato  come  i  giudici
tributari toscani abbiano omesso di considerare che  il  procedimento
di "annotazione" della ruralita' e' stato regolamentato  con  decreto
ministeriale  del  26  luglio  2012,  che  prevede  tra  l'altro  una
verifica, anche a campione, delle  autocertificazioni  allegate  alle
domande. 
    La legittimita' della norma si fonda,  dunque  sulla  annotazione
della ruralita',  nella  specie  non  sussistente.  Il  ricorso  deve
essere, conseguentemente, accolto e la sentenza cassata,  con  rinvio
alla CTR dell'Emilia che si atterra' al principio  di  diritto  sopra
affermato e liquidera'  le  spese  anche  del  presente  giudizio  di
legittimita'». 
Rilevanza e novita' della questione. 
    Il  richiamo  fatto  all'ordinanza  n.   115/2015   della   Corte
costituzionale nell'ordinanza di rinvio, a  ben  vedere,  non  appare
tuttavia conferente rispetto ai fatti di causa, perche'  la  Consulta
in realta' non si e'  gia'  espressa  sul  tema  in  esame  in  senso
preclusivo. 
    Infatti la Corte di cassazione sembra giungere  alla  conclusione
dell'errata interpretazione normativa da parte dei giudici della  CTR
perche'  l'ordinanza  n.  115/2015  della  Corte  costituzionale  «ha
ritenuto inammissibile la questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 2, comma 5-ter del  decreto-legge  n.  102/2013,  sollevata
dalla Commissione tributaria regionale della Toscana con due pronunce
del 16 aprile 2014, nella parte in cui fa retroagire di  cinque  anni
gli effetti delle domande per ottenere  la  ruralita'  catastale  dei
fabbricati ai fini ICI ed IMU sul presupposto ... omissis ...»; ma  a
bene  vedere,  non  si  comprende  come,  nel  caso  in  esame,  tale
precedente possa essere dirimente. 
    La  Suprema  Corte,  al  riguardo,  osserva:  «ad  avviso   della
Consulta, le ordinanze  di  rimessione  non  avrebbero  esaminato  la
conseguente regolamentazione  data  al  procedimento  di  annotazione
della  ruralita'  dal  decreto  ministeriale  MEF  26   luglio   2012
(Individuazione delle modalita' di inserimento negli  atti  catastali
della sussistenza del requisito della ruralita') e,  in  particolare,
l'art. 1, comma 2 e l'art. 4, (rubricato "Verifica  delle  domande  e
delle  autocertificazioni").  Ed  invero,  con  riferimento  a   tale
aspetto, e'  stato  evidenziato  come  i  giudici  tributari  toscani
abbiano omesso di considerare che il  procedimento  di  "annotazione"
della ruralita' e' stato regolamentato con decreto  ministeriale  del
26 luglio 2012,  che  prevede  tra  l'altro  una  verifica,  anche  a
campione, delle autocertificazioni allegate alle domande.». 
    In realta', il giudice tributario toscano aveva  sottoposto  alla
Corte costituzionale una diversa  questione,  ossia  (estratto):  «la
disciplina in esame, contrariamente a  quella  abrogata  dettata  dal
decreto-legge n. 70  del  2011,  annette  alla  domanda  del  privato
l'effetto automatico di esclusione dall'assoggettamento all'ICI e non
prevede che in caso di  sua  infondatezza  gravino  sul  contribuente
indennita' o sanzioni di sorta: non vi e', quindi,  alcun  deterrente
alla proposizione di domande  pretestuose;  pertanto,  in  violazione
dell'art. 24 della Costituzione, e' irragionevole che  i  comuni  non
siano ammessi a provare innanzi  al  giudice  tributario  il  difetto
sostanziale delle condizioni di  ruralita',  non  potendosi  reputare
sufficiente la  loro  possibilita'  di  intervento  nel  procedimento
amministrativo,  atteso  l'ordinario  ritardo  che  connota  la   sua
definizione». 
    In altre parole, la questione qui in esame,  pur  correlata  alla
stessa norma, e' diversa e nuova, perche' la CTR Toscana ha sollevato
la questione  di  incostituzionalita'  in  relazione  all'ipotesi  di
un'attribuzione indiscriminata della  ruralita'  sulla  base  di  una
istanza, incontestabile da parte dei  comuni,  e  tale  questione  e'
stata respinta sulla base di una motivazione  riconnessa  al  decreto
ministeriale MEF 26 luglio 2012, il quale prevede, tra  l'altro,  una
verifica, anche a campione, delle  autocertificazioni  allegate  alle
domande. 
    Tuttavia, tale precedente non  e'  qui  preclusivo,  perche'  non
induce necessariamente ad escludere che la regola per  la  quale  «la
legittimita' della norma si fonda sulla annotazione della ruralita'»,
non debba ammettere un'eccezione nel caso di impossibilita' materiale
dell'adempimento, come avvenuto nella fattispecie. 
    Tanto piu' che il regime agevolativo precedente al detto  decreto
ministeriale si  fondava  sul  requisito  sostanziale  di  ruralita',
sostituito da quello formale proprio con  tale  disciplina  normativa
innovativa. 
    La questione della costituzionalita' appare dunque rilevante  per
la definizione del presente giudizio, perche' la decisione di  questo
Collegio e'  strettamente  vincolata  al  principio  di  diritto  cui
attenersi, che condurrebbe inevitabilmente a una pronuncia di rigetto
che appare ingiusta. 
    Infatti,  come  ha  eccepito  il   contribuente   nella   domanda
subordinata, emergono profili  di  incostituzionalita'  dell'art.  2,
comma 5-ter, decreto-legge 31 agosto 2013, n.  102,  convertito,  con
modificazioni, in legge 28 ottobre 2013, n. 124, nella parte  in  cui
richiede «l'inserimento dell'annotazione negli atti catastali» per il
riconoscimento retroattivo della ruralita' in  casi  come  quello  di
specie,  ove  l'adempimento  e'   stato   riconosciuto   tecnicamente
impossibile, perche' gli immobili erano stati  soppressi  al  momento
dell'entrata in vigore della norma, che testualmente  prescrive:  «Ai
sensi dell'art. 1, comma 2, della  legge  27  luglio  2000,  n.  212,
l'art. 13, comma 14-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011,  n.  201,
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214,
deve intendersi nel senso che  le  domande  di  variazione  catastale
presentate ai sensi dell'art. 7, comma 2-bis,  del  decreto-legge  13
maggio 2011, n. 70, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  12
luglio 2011, n. 106,  e  l'inserimento  dell'annotazione  negli  atti
catastali producono gli effetti previsti per  il  riconoscimento  del
requisito di  ruralita'  di  cui  all'art.  9  del  decreto-legge  30
dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge  26
febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni,  a  decorrere  dal
quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda». 
    Infatti ad impossibilia nemo tenetur: non consentire l'estensione
della ruralita' per gli  immobili  soppressi  e  confluiti  in  altro
subalterno catastale, che non hanno avuto la possibilita' tecnica  di
iscrizione  formale,  sarebbe  evidentemente   discriminatorio,   con
violazione  del  principio  di  uguaglianza  conciato  a  quello   di
capacita' contributiva (articoli 3 e 53  della  Costituzione)  e  del
connesso principio di ragionevolezza delle leggi, che  esige  che  le
disposizioni normative contenute in atti aventi valore di legge siano
adeguate o congruenti rispetto al fine perseguito dal legislatore. Il
principio di ragionevolezza costituisce  notoriamente  un  limite  al
potere discrezionale del  legislatore;  potere  che  qui  -  seguendo
l'interpretazione dell'ordinanza di rinvio -  finisce  per  risultare
arbitrario, perche',  per  particolari  situazioni  di  fatto,  rende
impossibile l'adempimento necessario - secondo la ratio della norma -
a conseguire l'agevolazione  spettante  (l'annotazione  catastale  su
fabbricati soppressi). 
    Nel caso si puo' dunque rilevare l'irragionevolezza della  legge,
laddove non consente  di  ottenere  l'agevolazione  in  presenza  dei
requisiti  sostanziali,  quando  l'annotazione  risulti  tecnicamente
impossibile. 
    Con riguardo all'art. 3 della Costituzione la  Consulta,  proprio
in  materia  di  ICI  (sentenza  n.  227/2009)  ha  gia'   dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 4 della  legge  24
dicembre  2007,  n.  244:   «Una   siffatta   disposizione   ...   e'
incompatibile col rispetto del principio  di  eguaglianza  in  quanto
fonte di  ingiustificata  disparita'  di  trattamento  di  situazioni
sostanzialmente uguali ...»; la stessa  situazione  che  si  viene  a
creare tra contribuenti che, con immobili della  medesima  tipologia,
hanno avuto o meno variazioni catastali nel periodo  2006-2011  prima
della presentazione dell'istanza di ruralita'. La  situazione  appena
descritta costituisce anche violazione  del  principio  di  capacita'
contributiva (art. 53), in  quanto  impone  prestazioni  patrimoniali
diverse a contribuenti nella medesima situazione sostanziale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Commissione  tributaria  regionale  dell'Emilia-Romagna,  Sez.
VIII; 
    Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e
non manifestamente infondata, con riferimento agli articoli  3  e  53
della  Costituzione,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 2, comma 5-ter del decreto-legge 31 agosto  2013,  n.  102,
convertito, con modificazioni, in legge  28  ottobre  2013,  n.  124,
nella parte in cui  richiede  «l'inserimento  dell'annotazione  negli
atti catastali» per il  riconoscimento  retroattivo  della  ruralita'
anche nel caso in  cui  l'annotazione  sia  tecnicamente  impossibile
perche' gli immobili risultano soppressi nei detti  atti  al  momento
dell'entrata in vigore della norma; 
    Sospende il  presente  giudizio.  Manda  la  segreteria  per  gli
adempimenti previsti dall'art. 23, ultimo comma, legge 11 marzo 1953,
n. 87 e  dispone  l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale. 
        Bologna, 6 luglio 2021 
 
                        Il Presidente: Sinisi 
 
                                          Il Giudice estensore: Blasi