N. 220 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 luglio 2021

Ordinanza del 2 luglio 2020  del  Tribunale  regionale  di  giustizia
amministrativa per  il  Trentino-Alto  Adige  -  Trento  sul  ricorso
proposto da fallimento  Edilarcense  srl  contro  Comune  di  Arco  e
altri.. 
 
Edilizia e urbanistica  -  Pianificazione  -  Norme  della  Provincia
  autonoma di Trento - Efficacia  decennale  dei  piani  attuativi  -
  Previsioni che non dispongono, a differenza di quanto  si  verifica
  sul resto  del  territorio  nazionale,  la  proroga  triennale  dei
  termini  di   validita'   ed   efficacia   delle   convenzioni   di
  lottizzazione stipulate fino al 31 dicembre 2012. 
- Legge della Provincia autonoma di  Trento  4  agosto  2015,  n.  15
  (Legge provinciale per il governo del territorio), artt. 54,  comma
  1, e 121, comma 7 (recte: 17). 
(GU n.3 del 19-1-2022 )
 
                        IL TRIBUNALE REGIONALE 
                DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA DI TRENTO 
                           (Sezione Unica) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 155 del 2019, proposto  da  Fallimento  Edilarcense
s.r.l.,  in  persona   del   legale   rappresentante   pro   tempore,
rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati  Riccardo  Delli  Santi   e
Benedetta Mussini, con domicilio digitale come da PEC da Registri  di
Giustizia; 
    Contro: 
        il Comune di  Arco,  in  persona  del  Sindaco  pro  tempore,
rappresentato e difeso dall'avvocato Barbara Zampiero, con  domicilio
digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 
        la Provincia autonoma di Trento, in  persona  del  Presidente
pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati  Giuliana  Fozzer,
Nicolo' Pedrazzoli e Sabrina Azzolini, con domicilio digitale come da
PEC da Registri  di  Giustizia  e  domicilio  eletto  con  l'avvocato
Sabrina Azzolini in Trento, piazza Dante n.  15,  presso  gli  uffici
dell'Avvocatura della Provincia; 
    Nei confronti Smeraldo Invest s.r.l. in  liquidazione  ed  Ettore
Azzolini, non costituiti in giudizio; 
    Per l'annullamento della  delibera  del  consiglio  comunale  del
Comune di Arco n. 31 in data 7 agosto 2019, con cui e' stata adottata
la «Variante n. 15 al piano regolatore generale di Arco»,  unitamente
a tutti gli elaborati allegati (ivi comprese  le  norme  tecniche  di
attuazione, la relazione illustrativa, le  tavole  cartografiche,  il
rapporto  ambientale,  la  relazione  afferente  il   dimensionamento
residenziale per il  decennio  2018-2028  ed  il  carico  insediativo
massimo), nella parte in cui danno atto dell'avvenuta  decadenza  del
piano  di  lottizzazione  n.  9  «San  Giorgio»  e,  modificando   la
disciplina  prevista  dal  vigente  P.R.G.,  destinano  le  aree   di
proprieta' del Fallimento Edilarcense  s.r.l.  a  verde  agricolo  di
interesse locale, ai sensi  dell'art.  40  delle  norme  tecniche  di
attuazione della Variante stessa, e di tutti  gli  atti  presupposti,
conseguenti, e comunque connessi; 
    Nonche',  in  via  subordinata,  per  la  rimessione  alla  Corte
costituzionale  delle  questioni   di   legittimita'   costituzionale
indicate nel ricorso; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di  Arco  e
della Provincia autonoma di Trento; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti l'art. 1 della legge costituzionale n. 1/1948 e  l'art.  23
della legge n. 87/1953; 
    Visto il decreto-legge 17 marzo 2020,  n.  18,  convertito  nella
legge 24 aprile 2020, n. 27, ed in particolare  l'art.  84,  come  da
ultimo modificato dall'art. 4, comma 1 del  decreto-legge  30  aprile
2020, n. 28; 
    Visto il decreto del Presidente del T.R.G.A. di Trento n. 18  del
9 giugno 2020; 
    Relatore nell'udienza del giorno 18 giugno 2020, svoltasi con  le
modalita' previste dall'art. 84, comma 6, del predetto  decreto-legge
n. 18 del 2020, il dott. Carlo Polidori; 
 
       Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue 
 
    1. La presente controversia ha ad oggetto la  nuova  destinazione
urbanistica  impressa  alle  aree  sulle  quali  sorge  un  complesso
industriale dismesso sito nel Comune di Arco (di  seguito  «complesso
immobiliare») -  gia'  di  proprieta'  della   societa'   immobiliare
Edilarcense s.r.l. - costituito  da  due  capannoni  industriali,  da
depositi edilizi per  lo  stoccaggio  di  materiali  edili  e  da  un
impianto di betonaggio  dotato  di  una  stazione  di  pompaggio  del
gasolio. 
    Le aree in questione sono  incluse  dal  sin  qui  vigente  Piano
Regolatore Generale (di  seguito  «P.R.G.»)  del  Comune  di  Arco  -
unitamente ad altre aree  adiacenti,  di  proprieta'  della  societa'
Immobiliare Resedil s.r.l. e dei signori Ettore Azzolini  e  Giuseppe
Ferrari - all'interno del perimetro di  un  piano  di  lottizzazione,
denominato piano di lottizzazione n. 9 «San Giorgio», la cui adozione
e' stata preceduta da un  apposito  piano  guida  (approvato  con  la
delibera  consiliare  n.  68  in  data  11  ottobre  2005),  che   ha
individuato tre comparti edificatori (rispettivamente indicati con le
lettere A, B e C), un ambito destinato a verde pubblico ed un  ambito
destinato alla nuova viabilita' di accesso all'area. 
    A seguito della proposta formulata dai proprietari  pro  tempore,
il Comune di Arco con la delibera consiliare n. 57 in data 28  luglio
2008, divenuta esecutiva in data 11  agosto  2008,  ha  approvato  il
piano di lottizzazione relativo ai comparti A e  C  (che  comprendono
una porzione del complesso immobiliare) e in data 23 ottobre 2008  e'
stata sottoscritta tra i proprietari interessati ed il Comune di Arco
la convenzione annessa al piano di lottizzazione. 
    La societa' Edilarcense e' stata dichiarata fallita con  sentenza
del Tribunale di Milano n. 845/2016  ed  il  Fallimento  Edilarcense,
previa autorizzazione del Giudice delegato, con istanza pervenuta  al
Comune di Arco il 18  aprile  2017  ha  chiesto  la  sospensione  dei
termini di attuazione del suddetto piano di lottizzazione per  motivi
di forza maggiore, stante la pendenza della  procedura  fallimentare.
Tuttavia il Comune con la nota prot. n. 14525 in data 11 maggio  2017
ha rigettato l'istanza ritenendo di non poter disporre  della  durata
dei piani di lottizzazione in quanto fissata per legge. 
    Da ultimo, il Comune di Arco con la delibera consiliare n. 31  in
data 7 agosto 2019 ha adottato la Variante n. 15 al  P.R.G.,  con  la
quale - sul presupposto dell'intervenuta decadenza del suddetto piano
di  lottizzazione -  ha  modificato   la   destinazione   urbanistica
dell'area su  cui  insiste  il  complesso  immobiliare,  prevedendone
l'inserimento  tra  le   «aree   agricole   di   interesse   locale»,
assoggettate alla disciplina dell'art. 40  delle  norme  tecniche  di
attuazione (di seguito «N.T.A.») della Variante stessa. 
    In data  2  settembre  2019,  e'  stato  pubblicato  l'avviso  di
adozione della variante ed e' stato disposto il deposito  degli  atti
del  procedimento  presso  gli  uffici  del  Comune,  ai  fini  della
presentazione di osservazioni da parte degli interessati, e  in  data
24 ottobre 2019 il Fallimento Edilarcense ha presentato  osservazioni
per contestare la modifica della destinazione dell'area in questione,
lamentando l'illogicita'  della  destinazione  a  verde  agricolo  di
un'area   produttiva,   dismessa   e   circondata   da   insediamenti
residenziali. 
    2. Il Fallimento Edilarcense con il presente ricorso  -  premesso
che la delibera n. 31 in data 7 agosto 2019 e' immediatamente  lesiva
dei propri interessi,  perche'  nelle  more  dell'approvazione  della
Variante n. 15, ai sensi dell'art.  47  della  legge  provinciale  n.
15/2005 e dell'art. 12, comma 3, del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 380/2001, «scattano le  misure  di  salvaguardia  delle
previsioni urbanistiche contenute nella variante al piano  regolatore
adottato» (cfr. la motivazione  dell'impugnata  delibera) -  di  tale
delibera chiede l'annullamento deducendo i seguenti motivi. 
I) Eccesso di potere per difetto di  istruttoria  e  di  motivazione,
violazione dell'affidamento e travisamento dei presupposti di fatto e
di diritto; violazione  e  falsa  applicazione  dell'art.  30,  comma
3-bis, del decreto-legge 21 giugno  2013,  n.  69,  convertito  dalla
legge 9 agosto 2013, n. 98. 
    L'impugnata Variante e' stata adottata, per  quanto  riguarda  il
complesso   immobiliare   in   questione,   sul   falso   presupposto
dell'avvenuta decadenza del piano  di  lottizzazione  n.  9  e  della
conseguente necessita'  di  ripianificare  il  comparto.  Difatti  il
decreto-legge  n.  69/2013  (recante  «Disposizioni  urgenti  per  il
rilancio dell'economia») - preso atto della «straordinaria necessita'
ed urgenza di emanare disposizioni per la crescita economica e per la
semplificazione del quadro amministrativo e normativo, nonche' misure
per  l'efficienza  del  sistema  giudiziario  e  la  definizione  del
contenzioso civile al fine di dare impulso al sistema produttivo  del
Paese  attraverso  il  sostegno  alle  imprese,  il  rilancio   delle
infrastrutture,   operando   anche   una   riduzione   degli    oneri
amministrativi per i cittadini e le imprese»  (cfr.  le  premessa  al
decreto  stesso) -  ha  prorogato   l'efficacia   delle   convenzioni
urbanistiche stipulate sino al 31 dicembre 2012,  ossia  nel  periodo
della crisi economica. 
    In particolare, secondo l'art.  30,  comma  3-bis,  del  predetto
decreto, «il termine di validita' nonche' i termini di inizio e  fine
lavori nell'ambito delle convenzioni di lottizzazione di cui all'art.
28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, ovvero degli accordi similari
comunque nominati dalla legislazione regionale, stipulati sino al  31
dicembre 2012, sono prorogati di tre anni". Inoltre tale disposizione
e' espressione della competenza  esclusiva  dello  Stato,  in  quanto
inserita  in  un  testo  normativo  volto  a  stimolare  la  crescita
economica attraverso il sostegno  alle  imprese,  il  rilancio  delle
infrastrutture   e   la   riduzione   degli   oneri   amministrativi.
Significativo  in  tal  senso  e'   il   duplice   riferimento   alla
semplificazione  amministrativa  e   alla   riduzione   degli   oneri
amministrativi per i cittadini e le imprese, che evoca la  materia  -
di   competenza   legislativa   esclusiva   dello   Stato   -   della
«determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni  concernenti
i diritti civili e sociali che devono essere garantiti  su  tutto  il
territorio nazionale»,  di  cui  all'art.  117,  lettera  m),  Cost..
Parimenti, l'ulteriore riferimento all'impulso al sistema  produttivo
del Paese, attraverso il  sostegno  alle  imprese,  s'inquadra  nella
materia della tutela  della  concorrenza  -  anch'essa  rimessa  alla
competenza esclusiva dello Stato - di cui all'art. 117,  lettera  e),
Cost. Viene poi in rilievo anche la competenza esclusiva dello  Stato
in materia di ordinamento civile, di cui all'art.  117,  lettera  l),
Cost., perche' alle convenzioni urbanistiche che  accedono  ai  piani
attuativi  di  iniziativa  privata  si   applicano,   ove   non   sia
diversamente previsto, i principi del codice  civile  in  materia  di
obbligazioni e contratti, in quanto compatibili. Dunque - non potendo
le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano  legiferare  in
ambiti di esclusiva competenza dello Stato,  neppure  emanando  norme
riproduttive di quelle statali - il suddetto art. 30, comma 3-bis, e'
da ritenersi direttamente  applicabile  anche  nel  territorio  della
Regione autonoma Trentino-Alto Adige. 
    Pertanto - posto che la scadenza del piano di lottizzazione n.  9
(approvato con la delibera n. 57 del 2008, divenuta esecutiva in data
11 agosto 2008), inizialmente fissata all'11  agosto  2018  ai  sensi
dell'art. 121, comma 17, della legge provinciale n. 15/2015  (secondo
il quale i piani attuativi vigenti alla data  di  entrata  in  vigore
della legge stessa hanno validita' di dieci anni a  decorrere  «dalla
data della loro approvazione, se intervenuta dopo la data di  entrata
in vigore della legge urbanistica provinciale 2008»), deve intendersi
prorogata fino all'11 agosto 2021 - il Comune di Arco nel definire la
disciplina urbanistica dell'area per  cui  e'  causa  avrebbe  dovuto
quantomeno  esternare  le  ragioni  di  pubblico  interesse  che  (in
ipotesi) consentirebbero di superare le previsioni del predetto piano
di lottizzazione, nonche'  l'affidamento  ingenerato  nel  Fallimento
Edilarcense dalla vigenza del piano stesso, e comunque riconoscere al
riguardo un indennizzo, a norma dell'art. 21-quinquies della legge n.
241/1990. 
II) Illegittimita' costituzionale degli articoli 54 e 121, comma  17,
della legge provinciale n.  15/2015,  per  violazione  dell'art.  117
Cost., dell'art. 4 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige,
dell'art. 2 del decreto legislativo  n.  266/1992,  dei  principi  di
legalita', buon andamento e uguaglianza. 
    In via subordinata - qualora  il  Tribunale  non  accogliesse  il
primo motivo, ritenendo che la disciplina posta dall'art.  30,  comma
3-bis, sia riconducibile alla materia dell'urbanistica, rimessa  alla
potesta' legislativa primaria delle Province  autonome  di  Trento  e
Bolzano, ai sensi del combinato disposto degli articoli 8,  comma  1,
n. 5 e 16 dello  Statuto  di  autonomia  approvato  con  decreto  del
Presidente della Repubblica 31  agosto  1972,  n.  670  e  successive
modifiche - diverrebbe rilevante nel presente giudizio  la  questione
di legittimita' costituzionale  della  legislazione  provinciale  sul
termine di efficacia  dei  piani  di  lottizzazione  in  ragione  del
mancato recepimento della disciplina  posta  dal  medesimo  art.  30,
comma 3-bis, e la questione andrebbe rimessa alla Consulta in  quanto
non manifestamente infondata per le seguenti ragioni. 
    L'art. 8, n. 5, del decreto del Presidente  della  Repubblica  n.
670/1972 attribuisce infatti alla potesta' legislativa primaria delle
Province di Trento e Bolzano la  materia  denominata  «urbanistica  e
piani  regolatori».  Tuttavia  lo  stesso  articolo  dispone  che  le
Province autonome devono esercitare la propria  potesta'  legislativa
«entro i limiti indicati dall'art.  4»,  ossia  «in  armonia  con  la
Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica
e con il rispetto degli obblighi  internazionali  e  degli  interessi
nazionali  ...  nonche'  delle  norme  fondamentali   delle   riforme
economico-sociali della Repubblica».  Dunque  nelle  materie  oggetto
della potesta' legislativa primaria delle Province autonome le  leggi
dello Stato non trovano applicazione diretta, ma le Province autonome
devono comunque adeguarsi se ricorrono i presupposti di cui  all'art.
4 dello Statuto, altrimenti la legislazione provinciale non  adeguata
diviene illegittima. In particolare l'art. 2, del decreto legislativo
n. 266/1992 (recante «Norme di attuazione dello statuto speciale  per
il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra  atti  legislativi
statali e regionali e provinciali, nonche'  la  podesta'  statale  di
indirizzo e coordinamento») dispone che «la legislazione regionale  e
provinciale deve essere adeguata  ai  principi  e  norme  costituenti
limiti indicati dagli articoli 4 e 5 dello statuto speciale  entro  i
sei mesi  successivi  alla  pubblicazione  dell'atto  medesimo  nella
Gazzetta Ufficiale o nel piu' ampio termine da esso stabilito». 
    Cio' posto - mirando il decreto-legge  n.  69/2013  a  perseguire
«interessi nazionali», perche' reca «misure urgenti per  il  rilancio
dell'economia»,  e  contenendo  «norme  fondamentali  delle   riforme
economico-sociali della Repubblica», perche' introduce misure volte a
contrastare  la  crisi  economica  -  la  Provincia  di  Trento,  pur
ritenendo  il  suddetto  art.  30,  comma  3-bis   non   direttamente
applicabile  -  avrebbe  comunque  dovuto   recepirne   i   contenuti
modificando la legge provinciale  n.  1/2008  (allora  vigente),  che
all'art.  52,  comma  2,  fissava  in  dieci  anni  dalla   data   di
approvazione la validita'  dei  piani  urbanistici  attuativi,  senza
prevedere alcun meccanismo di proroga volto a rilanciare l'economia e
sostenere le imprese colpite dalla  crisi.  Invece  la  Provincia  di
Trento non solo non ha  adeguato  la  normativa  provinciale,  ma  ha
addirittura approvato una nuova  legge  in  materia  di  Governo  del
territorio - la legge provinciale n. 15/2015 - che, agli articoli  54
e 121, comma 7, continua a fissare in dieci  anni  la  validita'  dei
piani attuativi senza ammettere proroghe. 
    Quindi gli articoli 54 e 121, comma 17, della  legge  provinciale
n. 15/2015 contrastano non solo con il decreto-legge n.  69/2013,  ma
anche e soprattutto con l'art. 117  Cost.,  l'art.  4  dello  Statuto
speciale per la Regione Trentino-Alto Adige,  l'art.  2  del  decreto
legislativo n. 266/1992 ed i principi di legalita' e  buon  andamento
dell'amministrazione, di cui all'art. 97 Cost.. Inoltre - sempre  nel
caso in cui non fosse accolto  il  primo  motivo  -  le  disposizioni
dell'art. 30, comma 3-bis, risulterebbero  applicabili  su  tutto  il
territorio nazionale, con sola eccezione, irragionevole e immotivata,
della Regione autonoma Trentino-Alto Adige e, in  particolare,  della
Provincia autonoma di Trento; quindi, gli articoli 54  e  121,  comma
17, della legge provinciale n. 15/2015  si  porrebbero  in  contrasto
anche con i principi di uguaglianza e parita' di trattamento  sanciti
dall'art. 3 Cost.. 
    In definitiva, per il caso  di  mancato  accoglimento  del  primo
motivo,  viene  chiesto  al  Tribunale  di  sottoporre   alla   Corte
costituzionale le seguenti questioni di  legittimita'  costituzionale
(rilevanti  nel  presente  giudizio  perche'  l'applicazione  diretta
dell'art.  30,  comma  3-bis,  o  quantomeno  il  recepimento   della
disciplina   ivi   contenuta    nella    legislazione    provinciale,
comporterebbero la perdurante efficacia del piano di lottizzazione n.
9 e, quindi, il venir meno del presupposto in base al quale il Comune
ha ripianificato l'area per cui e' causa): A)  se  gli  articoli  54,
comma 1, e 121, comma 17, della legge provinciale  n.  15/2015  siano
costituzionalmente illegittimi - per contrasto con l'art. 117  Cost.,
l'art. 2 del decreto legislativo n. 266/1992 e l'art. 4, del  decreto
del Presidente della Repubblica n. 670/1972,  nonche'  per  contrasto
con i principi di legalita' e buon andamento dell'amministrazione  di
cui all'art. 97 Cost. - nella parte in cui non sono stati adeguati ai
principi  sottesi  al  raggiungimento  degli  interessi  nazionali  e
all'attuazione della riforma economica e sociale, previsti  dall'art.
30, comma 3-bis, del decreto-legge n. 69/2013; B) se gli articoli 54,
comma 1, e 121, comma 17, della legge provinciale  n.  15/2015  siano
costituzionalmente illegittimi - per contrasto con  il  principio  di
eguaglianza e parita' di trattamento di cui all'art. 3 Cost. -  nella
parte in cui, a differenza  di  quanto  si  verifica  sul  resto  del
territorio  nazionale,  non  prevedono  la  proroga  dei  termini  di
efficacia e di  validita'  dei  piani  urbanistici  attuativi,  quale
misura di tutela  della  concorrenza  e  delle  imprese  al  fine  di
contrastare la crisi economica. 
III) Eccesso di potere per difetto di istruttoria,  travisamento  dei
presupposti  di  fatto  e  di  diritto,  illogicita'  e   ingiustizia
manifesta. 
    Sotto altro profilo, la scelta di destinare  l'area  per  cui  e'
causa  a  verde  agricolo  e'  illegittima   perche'   manifestamente
illogica. Difatti il complesso immobiliare sorge su un'area dismessa,
gia' urbanizzata, che ha subito un intenso sfruttamento edificatorio,
con conseguente consumo di suolo,  come  dimostra  il  fatto  che  le
tavole della Variante includono  il  complesso  stesso  tra  le  aree
urbanizzate. Dunque, considerate le caratteristiche dell'area, non e'
immaginabile un intervento di recupero che consenta  di  ripristinare
il valore agronomico del suolo, riconvertendolo ad un uso agricolo. 
    Inoltre la destinazione a verde agricolo e' del tutto  inadeguata
a creare la leva finanziaria necessaria per consentire il recupero  e
la riqualificazione di un'area produttiva  dismessa,  interventi  che
richiedono  ingenti  risorse  e  complesse  opere  di  demolizione  e
ricostruzione. Dunque la Variante «condanna» il complesso Immobiliare
a rimanere in  uno  stato  di  degrado,  in  spregio  agli  interessi
pubblici connessi all'ordinato e al corretto Governo  del  territorio
e, oltretutto, in aperto contrasto  con  i  principi  che  lo  stesso
Comune di Arco dichiara di voler perseguire con la  Variante  n.  15,
ossia «migliorare l'assetto  insediativo»,  «riqualificare/rigenerare
gli ambiti urbani degradati o dismessi» e «contenere  il  consumo  di
suolo». 
    In particolare il Comune - invece di confermare  la  destinazione
urbanistica dell'area e prevedere la riqualificazione  del  complesso
immobiliare, preservando, nel contempo,  dall'edificazione  aree  non
ancora urbanizzate - da un lato, ha previsto una  nuova  destinazione
urbanistica del  tutto  improbabile  e  incoerente  con  il  contesto
territoriale  di  riferimento,  contraddistinto  dalla  significativa
presenza  di  insediamenti  residenziali,  sia  a  nord  che  a  sud;
dall'altro ha previsto una nuova  area  a  destinazione  residenziale
proprio in adiacenza al  complesso  immobiliare,  come  rappresentato
nella   planimetria   allegata   alle   osservazioni   procedimentali
presentate dal Fallimento Edilarcense. 
    3. Il Comune di Arco si e' costituito in giudizio e  con  memoria
depositata in data 8 dicembre 2019 ha preliminarmente eccepito che  -
ferma restando la portata lesiva dell'impugnata delibera - il ricorso
e' sorretto da un interesse attuale e concreto solo limitatamente  ai
primi due motivi, mirati a far affermare la  perdurante  vigenza  del
piano di lottizzazione n. 9, mentre per effetto dell'accoglimento del
solo terzo motivo, stante la scadenza  del  piano  di  lottizzazione,
l'area in questione diverrebbe una «zona bianca», ai sensi e per  gli
effetti dell'art. 54, comma 3, della legge provinciale n. 15/2015. 
    Nel  merito  il  Comune  ha  replicato  alle  suesposte   censure
osservando, da un lato, che  le  convenzioni  urbanistiche  -  e,  in
particolare, le convenzioni di lottizzazione alle quali si  riferisce
all'art. 30, comma 3-bis, del decreto-legge n.  69/2013  -  attengono
alla materia dell'urbanistica, rimessa  alla  competenza  legislativa
della Provincia  di  Trento  dall'art.  8,  n.  5,  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 670/1972, perche'  sono  strumenti  di
«governo  del  territorio»  utilizzati  per  realizzare   l'interesse
all'acquisizione di opere  e  dotazioni  pubbliche,  come  confermato
dalla giurisprudenza secondo la quale le convenzioni di lottizzazione
rientrano tra gli accordi sostitutivi di cui all'art. 11 della  legge
n. 241/1990; dall'altro, che non giova a controparte invocare materie
che l'art. 117, comma 2, Cost. riconduce  alla  competenza  esclusiva
del  legislatore  statale.  Difatti  la   proroga   triennale   delle
convenzioni stipulate sino al  31  dicembre  2012  non  attiene  alla
competenza funzionale trasversale  dello  Stato  in  materia  di:  A)
«tutela della concorrenza», dovendosi far coincidere  la  nozione  di
concorrenza con quella operante a livello comunitario, che  comprende
la disciplina antitrust e le misure destinate a promuovere un mercato
aperto e in libera concorrenza, come  dimostra  l'accostamento  della
«tutela concorrenza» alle altre materie di cui all'art. 117, comma 2,
lettera e), quali la «moneta» e la «tutela del  risparmio  e  mercati
finanziari», stante  l'intendimento  del  legislatore  del  2001  «di
unificare in capo allo Stato  strumenti  di  politica  economica  che
attengono allo sviluppo  dell'intero  Paese»  (Corte  costituzionale,
sentenza 13 gennaio 2004, n.  14);  B)  «determinazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili  e  sociali
che devono  essere  garantiti  su  tutto  il  territorio  nazionale»,
perche' l'art. 30, comma 3-bis, non e' una norma  di  semplificazione
del procedimento e,  seppure  lo  fosse,  comunque  non  rientra  nel
perimetro dell'art. 29, commi 2-bis e 2-ter, della legge n. 241/1990;
C)  «ordinamento  civile»,  perche'  tale   materia   e'   costituita
«dall'insieme delle regole fondamentali che disciplinano  i  rapporti
privati» (Corte costituzionale, sentenza 28  luglio  2004,  n.  282),
mentre le  convenzioni  di  lottizzazione  sono  accordi  di  diritto
pubblico, ai quali si applicano solo i principi del codice civile  in
materia  di  obbligazioni  e  contratti,  in  quanto  compatibili   e
sempreche' non sia diversamente previsto. 
    Riguardo   alle   questioni   di   legittimita'    costituzionale
prospettate  da  controparte  il   Comune   ha   replicato   che   il
decreto-legge n. 69/2013 non qualifica l'art. 30,  comma  3-bis  come
una norma fondamentale di riforma economico sociale della Repubblica,
fermo  restando  che   neppure   tale   auto-qualificazione   sarebbe
sufficiente in quanto «la natura di riforma economico-sociale di  una
normativa  non  puo'  essere  determinata   dalla   sola   apodittica
affermazione del  legislatore  e  ...  essa  deve  invece  ricercarsi
nell'oggetto della normativa, nella sua motivazione politico-sociale,
nel suo scopo,  nel  suo  contenuto,  nella  modificazione  che  essa
apporta nei rapporti  sociali»  (Corte  costituzionale,  sentenza  28
luglio 1993, n. 355). Inoltre non tutte le disposizioni contenute  in
una legge di riforma economico-sociale possono dirsi  vincolanti,  ma
solo quelle che assurgano  a  principi  generali  di  riforma  (Corte
costituzionale, sentenza 7 novembre 1995, n.  482).  Dunque,  essendo
l'art. 30, comma 3-bis, una norma eccezionale,  non  suscettibile  di
interpretazione estensiva o analogica (T.A.R. Lombardia Milano,  Sez.
II, 22 luglio 2015, n. 1764), viene meno in radice la possibilita' di
qualificarla come una norma di riforma economico-sociale. 
    Quanto al terzo motivo,  la  Variante  n.  15  ha  introdotto  la
disposizione  dell'art.  67.6,  comma  2,  delle  N.T.A.   (rubricata
«Interventi   di   riqualificazione   urbanistica,    ambientale    e
paesaggistica») che consentira' la conversione in volumi residenziali
di quelli dismessi ubicati su aree come  quella  per  cui  e'  causa,
secondo indici e quantita' edificatorie di riqualificazione  indicati
nelle  tabelle  allegate  alla  norma  tecnica.   Quindi   la   nuova
destinazione impressa all'area in questione - divenuta «zona bianca»,
ai sensi dell'art. 54, comma  3  della  legge  n.  15/2015,  dopo  la
scadenza del piano rimasto inattuato - non impedisce il recupero e la
riqualificazione dei volumi dismessi. Ne' corrisponde al vero che  la
Variante avrebbe previsto una nuova zona  residenziale  in  adiacenza
alle aree interessate dal piano attuativo scaduto. L'area alla  quale
si riferisce controparte si colloca infatti a nord est del  complesso
immobiliare e la sua  destinazione  era  stata  gia'  prevista  dalla
Variante per opere pubbliche n. 13, approvata con la  delibera  della
Giunta provinciale n. 307 in data 22 febbraio 2013. 
    4. Questo Tribunale con l'ordinanza n. 58  in  data  12  dicembre
2019 ha giudicato  le  esigenze  cautelari  prospettate  dalla  parte
ricorrente - «peraltro non supportate dall'allegazione  di  documenti
che provino l'esistenza di trattative in  atto  per  la  vendita  del
terreno  oggetto  dell'impugnata  variante»  (cfr.   la   motivazione
dell'ordinanza) - tutelabili ai sensi dell'art. 55,  comma  10,  cod.
proc. amm., con la sollecita definizione del giudizio nel merito. 
    5. Anche la Provincia autonoma di  Trento  si  e'  costituita  in
giudizio per resistere al ricorso e con memoria depositata in data  2
marzo 2020, in replica alle  suesposte  censure,  ha  negato  innanzi
tutto l'applicabilita' dell'art. 30, comma 3-bis, osservando  che  la
disciplina delle convenzioni di lottizzazione  attiene  alla  materia
dell'urbanistica, rimessa alla competenza del legislatore provinciale
dall'art. 8, n. 5, del decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.
670/1972. Dunque il  legislatore  statale  con  il  decreto-legge  n.
69/2013 e' intervenuto per prorogare l'efficacia dei piani  attuativi
riconducibili  alla  propria  competenza  legislativa  e  «non  certo
l'efficacia dei  piani  attuativi  disciplinati  compiutamente  dalle
autonomie speciali». 
    Ne' osta a tale interpretazione, secondo la Provincia,  il  fatto
che  nel  caso  delle  convenzioni   di   lottizzazione   il   potere
amministrativo sia esercitato in forma  consensuale,  perche'  questa
circostanza non e' idonea a traslare le convenzioni di  lottizzazione
-  espressione  del  potere  amministrativo   di   attuazione   della
pianificazione urbanistica  -  dalla  materia  «urbanistica  e  piani
regolatori» alla materia «ordinamento civile», di cui  all'art.  117,
comma 2, lettera l),  Cost.,  come  dimostra  la  giurisprudenza  che
riconduce le convenzioni di lottizzazione agli accordi sostitutivi di
cui all'art. 11 della  legge  n.  241/1990.  Ne'  tantomeno  giova  a
controparte invocare la  competenza  del  legislatore  statale  nelle
materie di cui all'art. 117, comma 2, lettera e) e lettera m), Cost.;
difatti la «tutela concorrenza»  e  la  «determinazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili  e  sociali
che devono essere garantiti su tutto il  territorio  nazionale»  sono
materie attribuite alla competenza esclusiva dello Stato dalla  legge
costituzionale n. 3/2001 - la quale dispone  altresi',  all'art.  10,
che «Sino all'adeguamento dei  rispettivi  statuti,  le  disposizioni
della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a
statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per
le parti in cui prevedono forme di autonomia piu'  ampie  rispetto  a
quelle gia' attribuite» - e, come affermato al riguardo  dalla  Corte
costituzionale (sentenza 12 aprile 2005, n.  145),  «le  disposizioni
della legge costituzionale n. 3 del 2001, modificativa del  titolo  V
della Costituzione, si applicano alle  Province  autonome,  ai  sensi
dell'art. 10 della stessa legge costituzionale, solo «per le parti in
cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto  a  quelle  gia'
attribuite».  Sicche',  deve  necessariamente   escludersi   che   le
disposizioni della suddetta legge costituzionale  possano  comportare
limitazioni alla sfera di competenza legislativa gia' attribuita alla
Provincia ricorrente per effetto dello statuto  di  autonomia.  Fermo
restando,  ricorrendone  i  presupposti,  l'obbligo  di  adeguamento,
imposto dall'art. 2, comma 1, del  decreto  legislativo  n.  266  del
1992, ai principi e alle  norme  costituenti  limiti  indicati  dagli
articoli 4 e 5 dello stesso statuto». 
    Riguardo al secondo motivo, incentrato  sul  mancato  adeguamento
della legislazione provinciale alla disposizione dell'art. 30,  comma
3-bis, secondo la Provincia,  posto  che  tale  articolo  estende  la
proroga triennale agli  «accordi  similari  comunque  nominati  dalla
legislazione  regionale»,  deve  allora  ritenersi  che  la   proroga
riguardi soltanto  le  convenzioni  urbanistiche  disciplinate  dalle
regioni a statuto ordinario nell'esercizio della potesta' legislativa
concorrente in materia di «governo del territorio»  di  cui  all'art.
117, comma 3, Cost.. Del resto,  se  il  legislatore  statale  avesse
inteso estendere la  proroga  alle  Province  autonome  di  Trento  e
Bolzano, avrebbe palesato tale intendimento, come avvenuto nel  comma
1 del medesimo art. 30. Inoltre, posto  che  anche  questo  Tribunale
(T.R.G.A. Trentino-Alto Adige,  Trento,  6  marzo  2019,  n.  44)  ha
qualificato l'art. 30, comma 3-bis, come una norma  eccezionale,  non
suscettibile di interpretazioni  estensive  o  analogiche,  la  norma
stessa non si configura  come  una  «norma  fondamentale  di  riforma
economico sociale». 
    Fermo restando quanto precede, secondo Provincia,  e'  lo  stesso
art. 30, comma 3-bis, che pone dubbi legittimita'  costituzionale  in
quanto la proroga ivi prevista non appare ragionevole e proporzionata
agli obiettivi perseguiti. Difatti, secondo la  Corte  costituzionale
(sentenza 27 luglio 2004, n. 272) il criterio della  proporzionalita'
e  dell'adeguatezza  e'  «essenziale   per   definire   l'ambito   di
operativita' della  competenza  legislativa  statale  attinente  alla
tutela della  concorrenza  e  conseguentemente  la  legittimita'  dei
relativi interventi statali» e tale criterio nel caso in esame non e'
rispettato perche'  la  proroga  triennale  riguarda  indistintamente
tutte le convenzioni urbanistiche sottoscritte fino  al  31  dicembre
2012,  non  essendo  prevista  «una   valutazione   periodica   della
perdurante utilita' di questa disposizione eccezionale»;  invece  «il
carattere  eccezionale  della  misura  e  la  finalita'   contingente
perseguita (il rilancio dell'economia in  una  fase  di  stagnazione)
avrebbero ragionevolmente richiesto un'efficacia contenuta  entro  un
periodo temporale circoscritto, dunque limitata alle  convenzioni  di
prossima scadenza rispetto all'adozione di questa misura  eccezionale
di rilancio dell'economia, ovvero  un  periodico  accertamento  della
perdurante necessita' del mantenimento di  questa  norma  eccezionale
nell'arco dei 13 anni nei quali avrebbe esplicato i propri  effetti».
In  altri  termini,  se  il  legislatore  statale  avesse   contenuto
l'intervallo temporale di applicazione  della  proroga,  calcolandolo
sulla prevedibile durata dell'acme della crisi economica,  allora  la
norma avrebbe potuto risultare ragionevole; invece la proroga fino al
2025 delle convenzioni stipulate fino al 31  dicembre  2012  preclude
alle   amministrazioni   comunali   la   possibilita'   di   valutare
l'attualita' delle norme dei piani di lottizzazione, stante l'obbligo
di indennizzare il pregiudizio derivante  al  privato  dall'eventuale
recesso  dell'Amministrazione  dalla  convenzione  per   sopravvenuti
motivi di interesse pubblico. 
    Infine, sempre secondo la Provincia, il fatto che la  proroga  in
questione garantisca un'utilita' ai proprietari  interessati  non  e'
sufficiente  per  dimostrare  che  si  tratta  di   una   misura   di
semplificazione, perche' nella legge n. 241/1990  la  semplificazione
amministrativa  e'  disciplinata  nel  capo  IV,  ove  sono  previsti
istituti come  la  conferenza  di  servizi,  volti  a  garantire  uno
svolgimento del procedimento improntato ad efficienza  ed  efficacia;
invece   la   proroga   determina   una   generalizzata   sospensione
dell'esercizio  del  potere  di   attuazione   della   pianificazione
urbanistica comunale,  nel  caso  in  cui  sia  stata  stipulata  una
convenzione di lottizzazione. 
    6. La parte ricorrente con memoria depositata  in  data  2  marzo
2020, oltre ad illustrare  il  pregiudizio  derivante  dall'impugnata
delibera, ha replicato alle difese svolte dalla Provincia  ribadendo,
in particolare, che l'art. 30, comma  3-bis  si  configura  come  una
«norma fondamentale di riforma economico sociale». 
    7. La  Provincia  autonoma  di  Trento  con  memoria  di  replica
depositata in data 12 marzo 2020 ha insistito per  la  reiezione  del
ricorso osservando,  in  particolare,  che  l'Adunanza  Plenaria  del
Consiglio di Stato con  la  sentenza  18  febbraio  2020,  n.  5,  ha
definitivamente chiarito che gli accordi di  cui  all'art.  11  della
legge n. 241/1990 costituiscono un istituto del diritto  pubblico  e,
quindi, le convenzioni urbanistiche alle quali  si  riferisce  l'art.
30, comma 3-bis, esulano dalla materia «ordinamento civile»,  di  cui
all'art. 117, comma 2, lettera l), Cost.. 
    8. La parte ricorrente con la memoria di  replica  depositata  in
data 13 marzo  2020  ha  insistito  per  l'accoglimento  del  ricorso
ribadendo che la proroga dei termini di efficacia  delle  convenzioni
di   lottizzazione   «deve   necessariamente    operare    in    modo
indifferenziato su tutto  il  territorio  nazionale,  senza  lasciare
alcun margine di valutazione discrezionale  agli  Enti  locali»,  ivi
compresa la Provincia autonoma di Trento. Dunque  la  Provincia,  pur
ritenendo non direttamente applicabile la disposizione dell'art.  30,
comma 3-bis, avrebbe comunque dovuto adottare una  legge  provinciale
di recepimento nel termine di  sei  mesi  previsto  dall'art.  2  del
decreto legislativo n. 266/1992. 
    9. La parte ricorrente ed il Comune di Arco hanno presentato note
di udienza, rispettivamente in data 12 e 15 giugno  2020,  insistendo
per l'accoglimento delle rispettive tesi. 
    10. All'udienza del 18 giugno 2020 il ricorso, ai sensi dell'art.
84, comma 5, del decreto-legge n. 18/2020, convertito dalla legge  n.
27/2020, e' passato in decisione, senza discussione orale, sulla base
degli atti depositati. 
    11. Tanto premesso in fatto, il Collegio  osserva  innanzi  tutto
che - stante la graduazione dei motivi operata dalla parte ricorrente
- questo Tribunale con la sentenza non definitiva 30 giugno 2020,  n.
98, ha esaminato con priorita' il primo motivo di  ricorso,  con  cui
viene dedotto che l'impugnata delibera n. 31 del  2019,  di  adozione
preliminare della Variante n. 15, e' illegittima, nella parte in  cui
e' stata impressa la destinazione «aree agricole di interesse locale»
alle aree per cui e' causa, perche'  muove  dall'erroneo  presupposto
che il piano di lottizzazione n. 9 «San Giorgio» sia decaduto in data
in data 11 agosto 2018 (in quanto  rimasto  inattuato  nonostante  il
decorso del termine decennale di cui agli articoli  54,  comma  1,  e
121, comma 17, della legge  provinciale  n.  15/2015),  mentre  nella
fattispecie troverebbe applicazione diretta la disposizione dell'art.
30, comma 3-bis, del decreto-legge n. 69/2013, convertito dalla legge
n. 98/2013 - secondo la quale «il  termine  di  validita'  nonche'  i
termini di inizio e fine  lavori  nell'ambito  delle  convenzioni  di
lottizzazione di cui all'art. 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150,
ovvero degli accordi similari comunque  nominati  dalla  legislazione
regionale, stipulati sino al 31 dicembre 2012, sono prorogati di  tre
anni» - e, quindi, la scadenza del predetto  piano  di  lottizzazione
sarebbe prorogata ex lege fino all'11 agosto 2021. 
    12. Tuttavia con  la  predetta  sentenza  tale  motivo  e'  stato
rigettato per le ragioni di seguito indicate: 
        «3. Preliminarmente giova rammentare  che,  a  seguito  della
riforma costituzionale del 2001, la Corte  costituzionale  -  tra  le
materie attribuite alla competenza esclusiva del legislatore  statale
dall'art. 117, comma 2, Cost. - ne ha individuate alcune a  carattere
trasversale, ossia che  non  indicano  oggetti  ben  precisi,  bensi'
finalita' che devono essere perseguite  dal  legislatore  e,  quindi,
vanno a sovrapporsi ad una pluralita' di altri  interessi,  incidendo
su ambiti di competenza legislativa  concorrente  o  residuale  delle
Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano. 
    In particolare, per quanto interessa in questa sede,  piu'  volte
la Corte costituzionale (ex multis, sentenza  21  dicembre  2016,  n.
287) ha ribadito che materie di competenza statale come quella di cui
all'art. 117, comma 2, lettera  e),  «tutela  della  concorrenza»,  e
quella di  cui  all'art.  117,  comma  2,  lettera  l),  «ordinamento
civile», per la loro natura trasversale assumono carattere prevalente
e «possono influire  su  altre  materie  attribuite  alla  competenza
legislativa concorrente o residuale delle  regioni  fino  a  incidere
sulla totalita' degli ambiti materiali entro i quali si applicano». 
    Ad analoghe conclusioni  la  Consulta  (ex  multis,  sentenza  24
luglio 2012, n. 207) e' pervenuta con riferimento alla materia di cui
all'art. 117,  comma  2,  lettera  m),  «determinazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili  e  sociali
che devono  essere  garantiti  su  tutto  il  territorio  nazionale»,
precisando al riguardo che si tratta «non tanto di una  «materia»  in
senso stretto, quanto  di  una  competenza  del  legislatore  statale
idonea  ad  investire  tutte  le  materie,  rispetto  alle  quali  il
legislatore  stesso  deve  poter  porre  le  norme   necessarie   per
assicurare a tutti, sull'intero territorio nazionale, il godimento di
prestazioni garantite, come contenuto  essenziale  di  tali  diritti,
senza che la legislazione regionale possa limitarle o  condizionarle»
e che,  in  questa  prospettiva,  «anche  l'attivita'  amministrativa
(quindi, anche i procedimenti  amministrativi  in  genere)  ...  puo'
assurgere alla qualifica di «prestazione» della  quale  lo  Stato  e'
competente  a  fissare  un  «livello  essenziale"  a  fronte  di  una
specifica pretesa di individui, imprese, operatori economici  ed,  in
generale, di soggetti privati». 
    Ebbene tra queste competenze trasversali del Legislatore statale,
secondo  la  parte  ricorrente,  nel  presente  giudizio  rileverebbe
innanzi tutto quella in materia di «ordinamento  civile»  perche'  le
convenzioni di lottizzazione sono  qualificate  dalla  giurisprudenza
come accordi sostitutivi di provvedimenti, per  i  quali  l'art.  11,
comma 2,  della  legge  n.  241/1990  prevede  espressamene  che  «si
applicano, ove non  diversamente  previsto,  i  principi  del  codice
civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto  compatibili»
e, quindi, la proroga triennale delle  convenzioni  di  lottizzazione
stipulate sino al 31 dicembre 2012 sarebbe  senz'altro  riconducibile
alla potesta' legislativa statale. 
    Parimenti rileverebbe, sempre secondo  la  parte  ricorrente,  la
competenza trasversale in  materia  di  «tutela  della  concorrenza»,
perche' nelle premesse al decreto-legge n.  69/2013  e'  invocata  la
«necessita' ed urgenza di emanare disposizioni ... al  fine  di  dare
impulso al sistema produttivo del Paese attraverso il  sostegno  alle
imprese»  e,  quindi,  la  proroga  triennale  delle  convenzioni  di
lottizzazione - quale misura  di  sostegno  alle  imprese  -  sarebbe
espressione anche della potesta' legislativa statale  in  materia  di
«tutela della concorrenza». 
    Infine la ricorrente invoca la  competenza  trasversale  relativa
alla  «determinazione  dei  livelli  essenziali   delle   prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto  il  territorio   nazionale»,   perche'   nelle   premesse   al
decreto-legge n. 69/2013 e' richiamata la «necessita' ed  urgenza  di
emanare  disposizioni  ...  per  la  crescita  economica  e  per   la
semplificazione del quadro amministrativo e normativo,  ...  operando
anche una riduzione degli oneri amministrativi per i cittadini  e  le
imprese»  e,  quindi,  la  proroga  triennale  delle  convenzioni  di
lottizzazione  -  quale  misura  volta   sia   alla   semplificazione
amministrativa, sia alla riduzione degli oneri amministrativi  per  i
cittadini e le imprese - assurgerebbe al rango di «prestazione» della
quale lo Stato e' competente a  fissare  un  «livello  essenziale»  a
fronte di una specifica pretesa dei cittadini e delle imprese. 
    4. Giova poi rammentare che la complessita' dei fenomeni  sociali
oggetto  di  interventi  legislativi  rende  spesso  non  agevole  la
riconduzione di una norma di legge ad un'unica  materia,  perche'  si
determina un intreccio tra le diverse materie ed i diversi livelli di
competenza  che  la   stessa   Corte   costituzionale   ha   definito
«inestricabile» (sentenza 14 gennaio 2016, n. 1). 
    A fronte di tale situazione  la  Consulta  (sentenza  28  gennaio
2005, n. 50) ha precisato che, in  caso  di  interferenze  tra  norme
rientranti in materie di competenza statale ed  altre  di  competenza
concorrente o residuale delle Regioni e delle  Province  autonome  di
Trento e Bolzano, «puo' parlarsi di concorrenza di competenze  e  non
di competenza ripartita o concorrente», e  che  per  la  composizione
delle interferenze tra i vari livelli «la  Costituzione  non  prevede
espressamente un criterio  ed  e'  quindi  necessaria  l'adozione  di
principi diversi». 
    Tra  questi  principi  rileva  innanzi  tutto  il  «principio  di
prevalenza» (sentenza 23 dicembre 2003, n. 370), che puo'  applicarsi
qualora appaia evidente l'appartenenza del nucleo  essenziale  di  un
complesso normativo ad una materia piuttosto che  ad  altre.  A  tale
principio  si  affiancano  il  «principio  di  leale  collaborazione»
(sentenza 14 gennaio 2016 n. 1,  cit.),  che  impone  al  legislatore
statale di predisporre adeguati  strumenti  di  coinvolgimento  delle
Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano, a salvaguardia
delle loro competenze, ed il  «principio  della  c.d.  attrazione  in
sussidiarieta'» (sentenza 1° ottobre 2003, n. 303), che si  fonda  su
un'interpretazione    dinamica    dell'attribuzione    di    funzioni
amministrative di cui all'art. 118, comma 1, Cost. (secondo il  quale
le  funzioni  amministrative,  generalmente  attribuite  ai   comuni,
possono  essere  allocate  ad  un  livello  diverso  di  Governo  per
assicurarne  l'esercizio  unitario,  sulla  base  dei   principi   di
sussidiarieta',  differenziazione  e  adeguatezza)  e  comporta   che
l'attrazione  allo  Stato  di  funzioni  amministrative  implichi  la
parallela attrazione della funzione legislativa. 
    5. Infine giova evidenziare che - mentre la Corte  costituzionale
(sentenza 13 novembre 2009, n. 295), riguardo  alla  materia  di  cui
all'art. 117, comma 2, lettera l), ha precisato  che  il  legislatore
costituente  «ha  codificato  il  c.d.  limite  del  diritto  privato
consolidatosi  nella  giurisprudenza  costituzionale  anteriore  alla
riforma del 2001», ribadendo che «l'ordinamento del  diritto  privato
si pone quale limite alla legislazione regionale, in  quanto  fondato
sull'esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di
garantire nel territorio  nazionale  l'uniformita'  della  disciplina
dettata per i rapporti fra privati. Esso, quindi, identifica  un'area
riservata alla competenza  esclusiva  della  legislazione  statale  e
comprendente i rapporti tradizionalmente  oggetto  di  codificazione»
(sentenza n. 352 del 2001)» - diverse considerazioni valgono  per  la
materia di cui all'art. 117,  comma  2,  lettera  e),  «tutela  della
concorrenza», e quella di cui all'art.  117,  comma  2,  lettera  m),
«determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni  concernenti
i diritti civili e sociali che devono essere garantiti  su  tutto  il
territorio nazionale». Difatti - come correttamente  osservato  dalla
Provincia nelle sue difese - queste due materie sono state attribuite
alla competenza esclusiva dello Stato dalla legge  costituzionale  n.
3/2001,  la  quale  dispone  altresi',   all'art.   10,   che   «Sino
all'adeguamento  dei  rispettivi  statuti,  le   disposizioni   della
presente legge costituzionale  si  applicano  anche  alle  Regioni  a
statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per
le parti in cui prevedono forme di autonomia piu'  ampie  rispetto  a
quelle gia' attribuite». Cio' significa che per le  predette  materie
di cui all'art. 117, comma 2, lettera e) e lettera  m),  vale  quanto
affermato dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 145/2005 e  n.
401/2007. 
    In particolare con la prima pronuncia (sentenza 12  aprile  2005,
n. 145) e' stata ritenuta infondata la tesi del Governo - secondo  la
quale la diretta applicabilita' di una legge statale  nel  territorio
della Provincia di Trento sarebbe derivata dalla competenza esclusiva
dello Stato nella materia di cui all'art. 117, comma 2, lettera m)  -
osservando che «le disposizioni della legge costituzionale n.  3  del
2001, modificativa del titolo V della Costituzione, si applicano alle
Province  autonome,  ai  sensi  dell'art.  10  della   stessa   legge
costituzionale,  solo  "per  le  parti  in  cui  prevedono  forme  di
autonomia piu' ampie rispetto a  quelle  gia'  attribuite".  Sicche',
deve necessariamente escludersi che le  disposizioni  della  suddetta
legge costituzionale possano comportare  limitazioni  alla  sfera  di
competenza legislativa gia' attribuita alla Provincia ricorrente  per
effetto dello statuto di autonomia. Fermo  restando,  ricorrendone  i
presupposti, l'obbligo di adeguamento, imposto dall'art. 2, comma  1,
del decreto legislativo n. 266 del 1992, ai  principi  e  alle  norme
costituenti limiti  indicati  dagli  articoli  4  e  5  dello  stesso
statuto». 
    Parimenti la Consulta  con  la  seconda  pronuncia  (sentenza  23
novembre 2007, n. 401) - nel dichiarare inammissibile la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 4,  comma  3,  del  codice  dei
contratti pubblici approvato con il decreto legislativo  n.  163/2006
(il quale  individuava  le  materie  nelle  quali  «le  Regioni,  nel
rispetto  dell'art.  117,  comma  secondo,  della  Costituzione,  non
possono prevedere una  disciplina  diversa  da  quella  del  presente
Codice»), questione sollevata in via principale  dalla  Provincia  di
Trento invocando la propria potesta' legislativa primaria su  materie
interessate  dal  predetto  articolo  (come  i  «lavori  pubblici  di
interesse provinciale», di cui all'art. 8, n.  17,  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 670/1972) - ha osservato quanto segue:
«L'art. 4, comma 5, del decreto legislativo n. 163 del 2006  contiene
... una clausola di salvaguardia  secondo  la  quale  «Le  regioni  a
statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano  adeguano
la propria  legislazione  secondo  le  disposizioni  contenute  negli
statuti e nelle relative norme di attuazione». A tale fine, pertanto,
opera il meccanismo prefigurato dall'art. 2 del  decreto  legislativo
n. 266 del 1992, secondo il quale l'emanazione di nuove norme statali
non  determina  una  diretta   abrogazione   di   leggi   provinciali
preesistenti, ma solo un obbligo di  adeguamento  entro  i  sei  mesi
successivi alla pubblicazione  dell'atto  legislativo  statale  nella
Gazzetta Ufficiale o nel piu' ampio termine  da  esso  stabilito.  Il
mancato adempimento di siffatto obbligo puo' essere fatto valere  dal
Governo con ricorso contro le leggi provinciali non  adeguate  (vedi,
tra le altre, la  sentenza  numero  302  del  2003).  Il  legislatore
statale ha, pertanto, espressamente previsto una clausola che, per il
suo contenuto puntuale in ordine al relativo ambito applicativo (vedi
le sentenze numeri 384, 287 e 263 del 2005), e' idonea ad  escludere,
come  afferma  la  stessa   difesa   dello   Stato,   il   vizio   di
costituzionalita' della disposizione. Del resto, il medesimo art.  4,
comma 3, fa espressamente riferimento alle sole "regioni" e non anche
alle Province autonome». Dunque, secondo la  Consulta,  correttamente
il legislatore statale - invece di invocare la materia della  «tutela
della concorrenza» per affermare la propria competenza  a  legiferare
direttamente nella materia dei contratti pubblici nei confronti delle
Regioni a statuto speciale e delle  Province  autonome  di  Trento  e
Bolzano - aveva riservato a tali enti una disciplina diversa  (quella
di cui all'art. 4, comma 5, del decreto legislativo n.  163/2006)  da
quella prevista per le  Regioni  a  statuto  ordinario,  si'  da  non
incorrere nella violazione dell'art. 10 della legge costituzionale n.
3/2001. 
    In definitiva il  Collegio  ritiene  che  soltanto  invocando  la
potesta' legislativa statale in materia di  «ordinamento  civile»  la
parte  ricorrente  potrebbe  astrattamente   postulare   la   diretta
applicabilita' della disposizione  dell'art.  30,  comma  3-bis,  del
decreto-legge n. 69/2013. Invece la violazione dell'art.  117,  comma
2,  lettera  e)  e  lettera  m),  potrebbe  astrattamente  supportare
soltanto la censura (dedotta con il secondo  motivo)  incentrata  sul
mancato adeguamento della legislazione provinciale alla  disposizione
dell'art. 30, comma  3-bis,  del  decreto-legge  n.  69/2013  secondo
l'apposito meccanismo delineato dall'art. 2 del  decreto  legislativo
n. 266/1992. 
    6. Tanto premesso,  nel  caso  in  esame  non  giova  alla  parte
ricorrente neppure invocare la potesta' del  legislatore  statale  in
materia di «ordinamento civile» perche', da un lato,  le  convenzioni
di  lottizzazione  rientrano  senz'altro  nella  materia   denominata
«urbanistica e piani regolatori», che l'art. 8, n. 5, del decreto del
Presidente della Repubblica n.  670/1972  attribuisce  alla  potesta'
legislativa primaria delle Province autonome  di  Trento  e  Bolzano;
dall'altro, in applicazione del richiamato «principio di  prevalenza»
deve ritenersi  che  il  nucleo  essenziale  della  disciplina  delle
convenzioni di lottizzazione - e, in particolare, la  disciplina  del
termine di efficacia delle convenzioni stesse - non sia riconducibile
alla potesta' del legislatore  statale  in  materia  di  «ordinamento
civile». 
    E' noto che un'autorevole dottrina  sin  dall'entrata  in  vigore
della legge n. 765/1967 - che, nel modificare l'art. 28  della  legge
n. 1150/1942, aveva subordinato la lottizzazione dei terreni a  scopo
edilizio  all'esistenza  dello  strumento  urbanistico  generale   ed
imposto  un  contenuto  minimo  alla  convenzione  di  lottizzazione,
costituito dall'obbligo del  lottizzante  di  realizzare  gran  parte
delle   opere   di   urbanizzazione   e   di   cedere   gratuitamente
all'amministrazione le opere e  la  relativa  area  di  sedime  -  ha
definito le lottizzazioni «centauresse» per spiegare  la  difficolta'
di inquadrare un fenomeno caratterizzato  dalla  compresenza  di  due
elementi  difficilmente  conciliabili  tra  loro,  come  autorita'  e
consenso. 
    Attualmente  nella  Provincia  di  Trento  la  disciplina   delle
lottizzazioni si rinviene, prevalentemente, negli articoli 49  e  ss.
della legge n. 15/2015, che regolano  la  piu'  ampia  materia  degli
strumenti urbanistici di attuazione della pianificazione generale. In
particolare l'art. 50 della legge n. 15/2015 include (al comma  1)  i
piani di lottizzazione  tra  gli  «strumenti  attuativi»  del  P.R.G.
(previsti e disciplinati dall'art. 49) e precisa (al comma 5)  che  i
piani di lottizzazione sono piani di iniziativa privata o,  nei  casi
previsti dall'art. 52, di iniziativa pubblica, e sono obbligatori nei
casi previsti da ciascun P.R.G. e nei casi indicati dallo stesso art.
50. Gli articoli 51-53 si occupano a loro volta del  procedimento  di
formazione dei piani  attuativi,  mentre  l'art.  54  disciplina  gli
effetti dei piani attuativi. 
    Inoltre, per quanto d'interesse in questa sede, l'art.  49  della
legge n. 15/2015 - dopo aver  affermato  (al  comma  1),  in  termini
generali, che gli strumenti urbanistici  attuativi  (ivi  compresi  i
piani di lottizzazione) «specificano e sviluppano le previsioni degli
strumenti urbanistici di  carattere  generale» -  ne  stabilisce  (al
comma 6) il contenuto minimo, precisando che sono costituiti  da  una
pluralita' di elaborati progettuali,  ivi  compreso  uno  «schema  di
convenzione, da stipulare fra gli interessati e il comune». 
    Lo stesso art. 49 disciplina (sempre al  comma  6)  il  contenuto
obbligatorio  della  convenzione  tra  il  Comune  ed  i  proprietari
interessati, prevedendo che  deve  specificare:  «l'individuazione  e
l'assunzione degli oneri di urbanizzazione primaria e, se necessario,
secondaria, a carico del proprietario»; «la misura del contributo  di
costruzione da corrispondere, ridotto in relazione all'entita'  delle
opere  di  urbanizzazione  primaria  e,   eventualmente,   secondaria
realizzate direttamente a cura dei proprietari», misura calcolata  in
via provvisoria dagli interessati, salvo successivo conguaglio  sulla
base delle determinazioni del comune; «le cessione gratuita al comune
delle aree necessarie per  le  opere  di  urbanizzazione  primaria  e
l'eventuale cessione gratuita delle aree necessarie per le  opere  di
urbanizzazione  secondaria  previste  e  determinate  in  proporzione
all'entita' e  alle  caratteristiche  degli  insediamenti  del  piano
attuativo»; «l'eventuale cessione gratuita di aree per interventi  di
riqualificazione ambientale»; «i termini, non superiori a dieci  anni
dalla data di approvazione dei piani attuativi d'iniziativa privata o
mista   pubblico-privata,   per   l'esecuzione   delle    opere    di
urbanizzazione, l'ordine temporale ed eventualmente di priorita'  per
la realizzazione di queste opere  o  degli  interventi  previsti  dal
piano attuativo»; «le garanzie finanziarie  per  l'adempimento  degli
obblighi derivanti dalla convenzione, di importo pari al costo  delle
opere   di   urbanizzazione,   come    quantificato    nel    computo
metrico-estimativo  allegato   al   piano»;   «le   clausole   penali
applicabili»; «la quantificazione dell'indennizzo dovuto nel caso  di
espropriazione  di  aree  necessarie  per  opere  di   urbanizzazione
secondaria, se determinabile in sede di piano attuativo, quando  tali
opere non sono comprese nella cessione gratuita ai sensi  del  numero
3)   e   sono   assoggettate   dal   PRG   a   vincolo    preordinato
all'espropriazione, nei limiti indicati nell'art. 48». 
    Quanto agli effetti dei piani attuativi (ivi compresi i piani  di
lottizzazione) l'art. 54 dispone (al comma 1)  che  "hanno  efficacia
decennale, a decorrere dalla data di efficacia della delibera che  li
approva" e (al  comma  1-bis)  che  il  Comune,  entro  tale  termine
decennale,  «puo'   prorogare   l'efficacia   dei   piani   attuativi
d'iniziativa privata o d'iniziativa mista pubblico-privata non ancora
scaduti per un periodo di tempo non superiore a tre anni in  caso  di
particolare complessita' delle opere di urbanizzazione  previste  nei
piani medesimi, fatto salvo quanto previsto dall'art. 48 con riguardo
alla durata dei vincoli preordinati all'espropriazione». Inoltre, con
particolare riferimento  ai  piani  attuativi  d'iniziativa  privata,
l'art. 54, comma 2, dispone  che  «la  completa  realizzazione  delle
opere di urbanizzazione previste dai piani e l'assolvimento da  parte
del soggetto privato degli obblighi  a  suo  carico  derivanti  dalla
convenzione entro il termine  previsto  dal  comma  1  consentono  di
realizzare,  in  tutto  o  in  parte  anche  dopo  la   scadenza   di
quest'ultimo termine,  gli  interventi  edilizi  previsti  nel  piano
stesso,  se  essi  sono  conformi  alle  previsioni  degli  strumenti
urbanistici, in vigore o adottati, del regolamento edilizio  comunale
e della normativa urbanistica ed  edilizia  vigenti  al  momento  del
rilascio o  della  presentazione  del  titolo  abilitativo  edilizio;
inoltre consentono di apportare eventuali  varianti  ordinarie  e  in
corso d'opera ai medesimi interventi». 
    Infine gli ultimi due commi dell'art. 54 si occupano della  sorte
delle aree incluse nei piani di lottizzazione dopo  la  scadenza  del
predetto termine decennale. In particolare, secondo il comma 3, al di
fuori dei casi previsti  dal  comma  2,  tali  aree  divengono  «zone
bianche» (ossia sono prive di disciplina) e  «sono  utilizzabili  nei
limiti di una densita' edilizia fondiaria di 0,01 metri cubi per ogni
metro quadrato di lotto accorpato», fermo restando che, entro  dodici
mesi dalla scadenza del predetto termine  decennale  il  comune  deve
definire la  nuova  disciplina  delle  aree  in  questione  «mediante
l'approvazione di una variante al PRG o mediante l'approvazione di un
piano attuativo con effetto di adozione di variante al  PRG»  oppure,
se le opere previste dal commi 2  sono  state  realizzate  in  parte,
«mediante la predisposizione di  un  nuovo  piano  attuativo  per  il
necessario assetto della parte rimasta inattuata». 
    Rileva infine in questa sede la norma transitoria dell'art.  121,
comma 17, della  legge  provinciale  n.  15/2015,  secondo  il  quale
«L'efficacia decennale dei piani, prevista  dall'art.  54,  comma  1,
vigenti alla data di entrata in vigore di questa legge decorre  dalla
data della loro approvazione, se intervenuta dopo la data di  entrata
in vigore della legge urbanistica provinciale 2008». 
    7. Poste tali premesse, il Collegio ritiene che  le  «convenzioni
di lottizzazione», alle quali si riferisce l'art.  30,  comma  3-bis,
rientrino  nella  materia  dell'urbanistica  -  di   competenza   del
legislatore provinciale ai sensi dell'art. 8, n. 5, del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 670/1972 - innanzi  tutto  perche'  il
legislatore  nazionale  intendeva  senz'altro  ampliare   l'efficacia
temporale dei piani di lottizzazione e  non  solo  delle  convenzioni
che, ai sensi dell'art. 49, comma 6, della  legge  n.  15/2015,  sono
parte integrante dei piani di lottizzazione; del  resto  di  cio'  si
trae conferma dal fatto che l'art.  54  della  legge  n.  15/2015  si
occupa della durata e degli effetti dei piani attuativi, e non  delle
convenzioni che sono parte di tali piani. 
    Inoltre, la riconduzione dei piani di lottizzazione alla  materia
dell'urbanistica e' confermata sia dall'art. 49, comma 1, della legge
n. 15/2015, in forza del quale gli  strumenti  urbanistici  attuativi
assolvono, prevalentemente, alla funzione di specificare e sviluppare
le previsioni degli strumenti urbanistici generali (e,  quindi,  sono
strumenti attraverso  i  quali  l'amministrazione  esercita  il  c.d.
potere  conformativo,  che  implica  scelte  politiche  sull'uso  del
territorio), sia dal fatto che gli articoli  49  e  ss.  disciplinano
prevalentemente proprio la c.d. funzione urbanistica  di  regolazione
(ossia l'esercizio del potere conformativo). 
    8. Deve poi rilevarsi che - pur  essendo  innegabile  (alla  luce
dell'art. 49, comma 6, della legge n. 15/2015,  ove  e'  prevista  la
convenzione che deve essere stipulata tra il Comune ed i  proprietari
interessati dal piano attuativo) il ruolo  che  la  c.d.  urbanistica
consensuale ha assunto nell'ambito della dinamica dell'esercizio  del
potere finalizzato all'adozione  del  piano  di  lottizzazione  -  la
prevalente  natura  pubblicistica  del  piano  stesso   e'   tuttavia
confermata dalla riconduzione  delle  c.d.  convenzioni  urbanistiche
agli accordi sostitutivi di provvedimenti di cui  all'art.  11  della
legge n. 241/1990 e dal fatto che, secondo la unanime  giurisprudenza
della Corte  costituzionale,  delle  Sezioni  unite  della  Corte  di
cassazione e dell'Adunanza plenaria  del  Consiglio  di  Stato,  tali
accordi non possono essere  qualificati  come  strumenti  di  matrice
civilistica. 
    In particolare la Corte costituzionale (sentenza 15 luglio  2016,
n.  179)  ha  dichiarato  infondata  la  questione  di   legittimita'
costituzionale (sollevata in relazione agli art. 103, comma 1, e 113,
comma 1, Cost.) dell'art. 133, comma 1, lettera a), n. 2,  e  lettera
f), cod. proc. amm., nella parte in cui include  tra  le  materie  di
giurisdizione esclusiva del Giudice  amministrativo  le  controversie
proposte dall'Amministrazione  nei  confronti  di  soggetti  privati,
osservando che  «in  sede  di  regolazione  della  giurisdizione,  la
giurisprudenza  di  legittimita'  ha  evidenziato   il   collegamento
funzionale delle convenzioni urbanistiche al procedimento di rilascio
dei  titoli  abilitativi  edilizi,  dei   quali   esse   condizionano
l'adozione e integrano il contenuto (si veda ex  plurimis,  Corte  di
cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 14 gennaio 2014, n. 584 e
Consiglio di Stato, sezione quarta, 12 novembre 2009,  n.  7057).  In
quanto  inserite  nell'ambito  del  procedimento  amministrativo,  le
convenzioni   e   gli   atti   d'obbligo   stipulati   tra   pubblica
amministrazione e privati costituiscono pur sempre espressione di  un
potere discrezionale  della  stessa  pubblica  amministrazione.  Tali
moduli convenzionali  di  esercizio  del  potere  amministrativo  non
hanno, quindi,  specifica  autonomia.  In  coerenza  con  i  principi
affermati dalla giurisprudenza costituzionale, il fondamento di  tali
ipotesi di giurisdizione esclusiva viene  legittimamente  individuato
nell'esercizio, ancorche' in via  indiretta  o  mediata,  del  potere
pubblico». 
    Inoltre l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato  (sentenza  18
febbraio 2020, n. 5) - premesso che, come affermato nell'art. 1 della
legge  n.  241/1990,  «l'attivita'  della  pubblica   amministrazione
risulta   costantemente   funzionalizzata    alla    cura,    tutela,
perseguimento dell'interesse pubblico, sia che a  tali  fini  vengano
esercitati poteri pubblicistici  ad  essa  conferiti -  e  dei  quali
l'interesse  pubblico  costituisce,  al  tempo   stesso,   la   causa
dell'attribuzione e la giustificazione dell'esercizio in  concreto  -
sia che vengano utilizzati strumenti propri del diritto  privato,  in
un  contesto  generale  gia'  delineato  attraverso  l'esercizio   di
potesta' pubbliche» - ha ribadito che proprio la «generale  immanenza
dell'interesse pubblico» e' l'elemento che non  consente  di  ridurre
gli accordi sostitutivi di cui all'art. 11 della legge n. 241/1990  a
meri «strumenti di matrice civilistica», perche' «nei casi invece  di
contratto ad oggetto pubblico l'amministrazione mantiene comunque  la
sua tradizionale posizione di supremazia;  tali  contratti  non  sono
disciplinati dalle regole proprie del diritto privato,  ma  meramente
dai  «principi  del  codice  civile  in  materia  di  obbligazioni  e
contratti»,  sempre  «in  quanto  compatibili»  e  salvo   che   "non
diversamente previsto"». 
    In definitiva - a differenza  di  quanto  affermato  dalla  parte
ricorrente  -  la  circostanza  che  ai  piani  di  lottizzazione  si
applichino, ai sensi dell'art. 11, comma 2, della legge n.  241/1990,
«ove non diversamente previsto,  i  principi  del  codice  civile  in
materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili» (si pensi,
ad esempio, alla disciplina dei rapporti obbligatori che  trovano  la
propria fonte nella convenzione che costituisce parte integrante  del
piano di lottizzazione), non e' sufficiente per ritenere che,  stante
la competenza del legislatore  statale  in  materia  di  "ordinamento
civile", la disposizione dell'art. 30, comma 3-bis, del decreto-legge
n.  69/2013  sia  direttamente  applicabile  nel   territorio   della
Provincia di Trento. 
    Resta allora solo da evidenziare  che  ampliare  di  un  triennio
l'efficacia temporale di un piano di lottizzazione  significa -  come
evidenziato dalla Provincia di Trento nelle sue difese - ampliare  il
periodo  durante  il  quale  il  Comune  non   puo'   unilateralmente
modificare la destinazione urbanistica delle aree incluse  nel  piano
senza ledere l'affidamento dei privati interessati. Dunque, posto che
il legislatore statale con la disposizione dell'art. 30, comma 3-bis,
ha compresso il potere  dei  Comuni  di  disciplinare  l'assetto  del
proprio territorio, anche per tale ragione deve  ritenersi  che  tale
disposizione non investa direttamente profili di natura  civilistica,
bensi' di natura prettamente pubblicistica. 
    9. Come gia' indicato, alla parte ricorrente  non  giova  neppure
invocare la competenza funzionale trasversale del legislatore statale
in materia di «tutela della concorrenza»  e  di  «determinazione  dei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti  civili  e
sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale»
per dimostrare la diretta applicabilita' dell'art. 30,  comma  3-bis.
Difatti in relazione a queste materie l'art. 10 della legge n. 3/2001
esclude che il legislatore statale possa adottare leggi  direttamente
applicabili nel territorio delle Regioni a statuto speciale  e  delle
Province autonome di Trento e Bolzano. 
    Dunque il primo motivo deve essere respinto, a prescindere  dalla
possibilita' di ricondurre o meno la proroga triennale  disposta  con
l'art. 30, comma 3-bis, del decreto-legge n.  69/2013  alle  predette
materie di cui all'art. 117, comma 2, lettera e) e lettera m).». 
    13. Diverse considerazioni  valgono  per  il  secondo  motivo  di
ricorso, con il quale il Fallimento Edilarcense  lamenta  il  mancato
adeguamento - nel termine di sei mesi fissato dall'art. 2 del decreto
legislativo n. 266/1992 - della legislazione della Provincia autonoma
di Trento (e, in particolare, degli articoli  54,  comma  1,  e  121,
comma 17, della legge provinciale n. 15/2015) alla  disciplina  posta
dal comma 3-bis dell'art. 30, del decreto-legge n. 69/2013  (inserito
dalla legge di conversione n. 98/2013), osservando  che  le  Province
autonome di Trento e Bolzano devono esercitare  la  propria  potesta'
legislativa «entro i limiti indicati dall'art.  4»  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 670/1972, ossia  «in  armonia  con  la
Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica
e con il rispetto degli obblighi  internazionali  e  degli  interessi
nazionali  ...  nonche'  delle  norme  fondamentali   delle   riforme
economico-sociali della Repubblica». 
    In particolare  secondo  la  parte  ricorrente  -  posto  che  il
decreto-legge n. 69/2013 persegue «interessi nazionali» perche'  reca
«misure urgenti per  il  rilancio  dell'economia»,  come  la  proroga
triennale del «termine di validita'» (rectius, termine di  efficacia)
delle convenzioni di lottizzazione  stipulate  sino  al  31  dicembre
2012, e l'art. 30, comma 3-bis, recante tale proroga, rientra tra  le
«norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica»
perche'  introduce  una  misura  volta  a  contrastare  una   notoria
situazione di crisi economica - gli articoli  54,  comma  1,  e  121,
comma 17, della legge  provinciale  n.  15/2015,  non  prevedendo  la
predetta proroga triennale, sono costituzionalmente illegittimi,  per
violazione degli articoli 4 e 5  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 670/1972 e dell'art. 3  Cost.,  perche'  tale  proroga,
allo stato, si applica su tutto il  territorio  nazionale,  con  sola
eccezione, irragionevole e immotivata, del territorio  della  Regione
autonoma Trentino-Alto Adige e - per quanto rileva in questa  sede  -
del territorio della Provincia autonoma di Trento. 
    14. Giova allora rammentare  che  il  meccanismo  di  adeguamento
della legislazione  della  Provincia  autonoma  di  Trento  a  quella
statale - previsto dalla norma di attuazione di cui  all'art.  2  del
decreto legislativo n.  266/1992  e'  stato  illustrato  dalla  Corte
costituzionale in una recente pronuncia (sentenza 18 aprile 2019,  n.
93),  ove  e'  stato  ribadito  che  «deve   ritenersi   "normale   e
fisiologica"  un'attivita'  di   recezione   non   automatica   della
legislazione   statale   condizionante   quella   provinciale».    In
particolare, secondo la Consulta, «in caso di adozione da parte dello
Stato di principi e norme costituenti limiti, ai sensi degli articoli
4 e 5 dello statuto speciale, alla potesta' legislativa  regionale  e
provinciale, la Regione autonoma Trentino-Alto  Adige/Südtirol  e  le
Province autonome hanno sei mesi di tempo (o il  piu'  ampio  termine
espressamente  stabilito)  per  adeguarsi;  pendente   tale   termine
semestrale,  restano  applicabili   le   disposizioni   regionali   o
provinciali  preesistenti».  Trattasi,  quindi,  di  un  sistema  che
«comporta, non gia' l'immediata applicabilita' delle ricordate  norme
statali nel territorio della Regione e delle Province, ma l'insorgere
in capo a queste ultime, all'entrata in vigore di quelle disposizioni
statali, di un obbligo di adeguamento della propria  legislazione  ai
nuovi   principi   introdotti   nell'ordinamento    nazionale».    Di
conseguenza,  secondo  la  Corte,   le   disposizioni   regionali   o
provinciali  non  adeguate  «possono  essere  impugnate  dal  Governo
dinanzi a questa Corte, nei novanta giorni successivi alla decorrenza
del termine. La loro mancata impugnazione, peraltro, non impedisce la
proponibilita' di questioni di  legittimita'  costituzionale  in  via
incidentale, poiche', per quanto la norma  di  attuazione  statutaria
intenda ulteriormente valorizzare l'autonomia speciale della  Regione
autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e delle Province autonome, essa
non  attribuisce  alcuna  forza  peculiare  alla  legge  regionale  o
provinciale non impugnata in via principale». In definitiva, trattasi
di un  «sistema  peculiare,  che  determina  la  "incostituzionalita'
sopravvenuta" ... delle norme regionali o provinciali che  non  siano
state adeguate alla normativa statale una volta  decorso  il  termine
(il cui spirare, peraltro, ovviamente non impedisce  alla  Regione  e
alle Province di esercitare la funzione legislativa, adeguandosi alla
normativa statale)», fermo restando che tale  sistema  «opera  se,  e
soltanto se, la  legislazione  regionale  o  provinciale  vigente  al
momento dell'entrata  in  vigore  della  normativa  statale,  che  ne
costituisce il limite,  si  trovi  effettivamente  in  contrasto  con
quest'ultima. E' al ricorrere di questa circostanza  che  insorge  in
capo al legislatore regionale o provinciale l'obbligo di adeguare  la
propria normativa a quella sopravvenuta statale». 
    15. Tanto premesso,  al  fine  di  verificare  la  non  manifesta
infondatezza   della   questione   di   legittimita'   costituzionale
prospettata  nel  ricorso,  assume  rilievo   decisivo   stabile   se
l'adozione,  da  parte  del  legislatore  statale,  di   una   misura
emergenziale come la proroga triennale del termine di efficacia delle
convenzioni di lottizzazione stipulate sino al 31 dicembre 2012 abbia
determinato o meno, in capo al legislatore provinciale, l'obbligo  di
adeguare la propria legislazione a quella sopravvenuta statale. 
    Ebbene, due distinte circostanze inducono, da un lato, a ritenere
non   manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale degli articoli 54, comma 1, e  121,  comma  17,  della
legge provinciale n. 15/2015  prospettata  dal  ricorrente  invocando
come parametro della  legittimita'  costituzionale  il  principio  di
uguaglianza, sancito dall'art. 3 Cost. e richiamato dagli articoli  4
e 5 dello  Statuto  di  autonomia  speciale  della  Regione  autonoma
Trentino-Alto  Adige/  Südtirol;  dall'altro,  a  ritenere  prive  di
fondamento le difese  svolte  dalla  Provincia  di  Trento  invocando
l'interpretazione letterale dell'art. 30, comma 3-bis, che indurrebbe
ad  escluderne  l'applicabilita'  nel   territorio   provinciale,   e
prospettando un'ulteriore questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 30, comma 3-bis, del decreto-legge  n.  69/2013  incentrata
sull'asserita violazione del principio di proporzionalita'  da  parte
del legislatore statale. 
    16. Innanzi tutto nel vigente testo della Carta costituzionale la
fissazione di norme in materia di attivita' amministrativa non figura
tra le materie espressamente  rimesse  alla  competenza  esclusiva  o
concorrente dello Stato e, quindi, la materia potrebbe  (in  ipotesi)
ricadere tra quelle di competenza residuale  delle  Regioni  e  delle
Province  autonome  di   Trento   e   Bolzano.   Tuttavia   ai   fini
dell'affermazione della competenza del legislatore  statale  in  tale
materia rilevano - almeno con riferimento  ad  alcuni  aspetti  della
materia stessa - sia le competenze a  carattere  trasversale  di  cui
all'art.  117,  comma  2,  lettera   l),   «giurisdizione   e   norme
processuali; ordinamento civile e penale; giustizia  amministrativa»,
sia l'ulteriore competenza a carattere trasversale  di  cui  all'art.
117, comma 2, lettera  m),  «determinazione  dei  livelli  essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali  che  devono
essere garantiti su tutto il territorio nazionale». 
    Del resto di cio' si trae conferma dall'art. 29  della  legge  n.
241/1990 che, nel disciplinare l'ambito di applicazione  della  legge
stessa, dapprima enuclea (al comma 1) un ristretto  gruppo  di  norme
che «si applicano a tutte le amministrazioni pubbliche», ivi comprese
le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento  e  di
Bolzano; poi indica (ai commi 2, 2-bis, 2-ter e  2-quater)  i  limiti
della potesta' normativa delle Regioni a statuto  ordinario  e  degli
Enti locali, specificando (ai commi 2-bis e  2-ter)  le  disposizioni
della  legge  stessa  che  attengono  ai  livelli  essenziali   delle
prestazioni di cui all'art. 117, comma 2, lettera  m)  e  consentendo
alle Regioni e agli enti locali - «coerentemente  con  la  necessaria
lettura  finalistica  della  formula  dei  livelli  essenziali  delle
prestazioni» (Corte costituzionale, sentenza  27  dicembre  2018,  n.
246) - di «prevedere livelli ulteriori di tutela», ma  vietando  loro
di «stabilire garanzie inferiori a quelle assicurate ai privati dalle
disposizioni attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui
ai commi 2-bis e 2-ter»; infine dispone  che  le  Regioni  a  statuto
speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano  «adeguano  la
propria legislazione alle disposizioni del presente articolo, secondo
i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione». 
    Inoltre la stessa Corte costituzionale (sentenza 24 luglio  2012,
n. 207) ha chiarito che «anche  l'attivita'  amministrativa  (quindi,
anche i procedimenti amministrativi in  genere)  ...  puo'  assurgere
alla qualifica di «prestazione» della quale lo Stato e' competente  a
fissare un «livello essenziale» a fronte di una specifica pretesa  di
individui, imprese, operatori economici ed, in generale, di  soggetti
privati». 
    Poste tali premesse, e  considerato  che  le  cc.dd.  convenzioni
urbanistiche rientrano (come gia'  evidenziato  da  questo  Tribunale
nella sentenza non definitiva n. 98/2020) nel piu' ampio genus  degli
accordi sostitutivi di cui all'art. 11 della legge  n.  241/1990,  in
questa sede assume un particolare rilievo la circostanza che all'art.
29 della legge n. 241/1990 le disposizioni del predetto art.  11  tra
quelle di cui al comma 1 (ossia tra quelle che «si applicano a  tutte
le amministrazioni pubbliche», ivi  comprese  le  Regioni  a  statuto
speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano), al  pari  di
quelle inserite nel capo IV-bis della legge n. 241/1990,  recante  la
disciplina  dell'efficacia  e  dell'invalidita'   del   provvedimento
amministrativo. Questa collocazione delle disposizioni  dell'art.  11
della legge n. 241/1990 sta infatti ad  indicare  -  a  giudizio  del
Collegio - che le disposizioni stesse (e, in particolare, quella  del
comma 1 del medesimo art. 11, ove si afferma  che  gli  accordi  sono
conclusi «in ogni caso nel  perseguimento  del  pubblico  interesse»,
quella del successivo  comma  2,  ove  si  afferma  che  gli  accordi
«debbono essere stipulati, a pena di nullita', per atto  scritto»,  e
quella  del  comma  4,  ove  si  afferma  che  l'amministrazione  per
sopravvenuti   motivi   di   pubblico   interesse    puo'    recedere
unilateralmente dall'accordo, «salvo  l'obbligo  di  provvedere  alla
liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali  pregiudizi
verificatisi in danno del privato») non si limitano a fissare livelli
essenziali delle prestazioni, ma richiedono piuttosto un'uniforme  ed
omogenea applicazione  su  tutto  il  territorio  nazionale,  perche'
attengono   all'efficacia   e   all'invalidita'   del    dell'accordo
amministrativo, al pari di quelle  inserite  nel  capo  IV-bis  della
legge n. 241/1990. 
    In altri termini, attenendo  la  materia  degli  accordi  di  cui
all'art. 11 alle garanzie del cittadino di fronte al potere pubblico,
la materia stessa deve  essere  disciplinata  in  modo  uniforme  sul
territorio nazionale, e cio' non puo' non valere anche per la proroga
triennale delle convenzioni di lottizzazione  stipulate  fino  al  31
dicembre 2012, disposta dall'art. 30, comma 3-bis, del  decreto-legge
n. 69/2013. Difatti il legislatore nazionale con tale disposizione ha
fissato - seppure  con  una  norma  ad  efficacia  temporanea  e  con
riferimento ad una specifica categoria di accordi sostitutivi, quelli
che attengono alla formazione dei piani di lottizzazione - una regula
iuris che attiene anch'essa all'efficacia di tali accordi e richiede,
quindi, un'uniforme ed omogenea applicazione su tutto  il  territorio
nazionale. 
    Del resto la stessa Provincia di Trento nelle sue difese ha posto
in rilievo che la proroga delle  convenzioni  stipulate  fino  al  31
dicembre  2012  nei  fatti  costituisce  un  limite  al  c.d.  potere
conformativo dell'Amministrazione. 
    17. La seconda circostanza e' costituita dal  fatto  che  -  come
evidenziato nella relazione di accompagnamento al disegno di legge di
conversione del decreto-legge n. 69/2013 (AC n. 1248) - la cornice di
riferimento dell'intervento del legislatore nazionale  e'  costituita
dalle raccomandazioni rivolte  all'Italia  nel  quadro  del  semestre
europeo 2013. 
    In particolare nella Raccomandazione del Consiglio sul  programma
nazionale di riforma 2013 dell'Italia e che  formula  un  parere  sul
programma di stabilita' dell'Italia 2012-2017 (COM(2013)362 final, 29
maggio 2013) si  evidenzia,  tra  l'altro  che  «Nonostante  l'azione
intrapresa  permangono  debolezze  nell'efficienza   della   pubblica
amministrazione in termini  di  norme  e  procedure,  qualita'  della
governance e capacita' amministrativa, con conseguenti  ripercussioni
sull'attuazione delle riforme  e  sul  contesto  in  cui  operano  le
imprese»  (considerando  n.  11)  e  conseguentemente  si  raccomanda
all'Italia, per quanto interessa in  questa  sede,  da  un  lato,  di
«potenziare l'efficienza della pubblica amministrazione e  migliorare
il coordinamento fra i  livelli  amministrativi»  e,  dall'altro,  di
«semplificare il quadro amministrativo e normativo per i cittadini  e
le imprese» (raccomandazione n. 2). 
    Dunque e' alla luce di questi  riferimenti  che  vanno  lette  le
premesse al decreto-legge n.  69/2013,  ove  viene  dato  atto  della
"straordinaria necessita' ed urgenza di emanare disposizioni  per  la
crescita economica e per la semplificazione del quadro amministrativo
e normativo, nonche' misure per l'efficienza del sistema  giudiziario
e la definizione del contenzioso civile al fine di  dare  impulso  al
sistema produttivo del Paese attraverso il sostegno alle imprese,  il
rilancio delle infrastrutture, operando  anche  una  riduzione  degli
oneri amministrativi per  i  cittadini  e  le  imprese",  e  in  tale
contesto va evidentemente ad inserirsi  anche  la  proroga  triennale
delle convenzioni di lottizzazione stipulate fino al 31 dicembre 2012
(sebbene  la  disposizione  dell'art.  30,  comma  3-bis,  sia  stata
inserita  dalla  legge  n.  98/2013  in  sede  di   conversione   del
decreto-legge n. 69/2013). 
    18.  Poste  tali  premesse,  pur  potendosi  convenire   con   le
amministrazioni  resistenti  quando  affermano  che  la  disposizione
dell'art. 30, comma 3-bis, non puo'  essere  inclusa  tra  le  «norme
fondamentali  delle  riforme  economico-sociali  della   Repubblica»,
tuttavia cio' non vale ad escludere che tale disposizione  -  proprio
in ragione della cornice in cui si inserisce - postuli un'uniforme ed
omogenea applicazione su tutto il territorio nazionale. 
    In  particolare  la  Corte  costituzionale  da   tempo   chiarito
(sentenza 7 novembre  1995,  n.  482)  che,  anche  nel  contesto  di
un'incisiva riforma, «la qualifica di fondamentale da attribuire alle
norme della nuova disciplina puo' derivare  dal  costituire  esse  un
elemento coessenziale alla riforma economico-sociale,  in  quanto  la
caratterizzano o formano la base dei suo sviluppo normativo»,  e  che
non  tutte  le  disposizioni  di  una  legge   costituiscono   «norme
fondamentali  di  riforma  economico-sociale»,  ma  «solo  i   nuclei
essenziali del contenuto normativo che quelle disposizioni esprimono,
per i principi enunciati o  da  esse  desumibili».  Dunque  non  pare
possibile  includere  tra  le  «norme  fondamentali   delle   riforme
economico-sociali della Repubblica» una norma eccezionale come quella
dell'art. 30, comma 3-bis. 
    Anche questo Tribunale in altra occasione  (T.R.G.A.  Trentino  -
Alto Adige, Trento, 6 marzo 2019, n. 44) ha gia' evidenziato  che  la
disposizione del comma 3-bis e' ispirata alla finalita' «di  disporre
il differimento una tantum dei termini  per  la  realizzazione  degli
interventi, in considerazione delle difficolta' in cui possono essere
incorsi gli operatori a causa della crisi economica.  Dunque  valgono
anche  per  il   comma   3-bis   le   considerazioni   svolte   dalla
giurisprudenza (TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 22  luglio  2015,  n.
1764) in merito alla portata eccezionale della disposizione del comma
3 ed alla conseguente necessita'  di  un'interpretazione  restrittiva
dell'ambito applicativo della proroga. Del  resto  la  previsione  di
precisi termini di validita'  delle  convenzioni  urbanistiche  e  di
termini  per  l'avvio  e  il  completamento  dei  lavori  risponde  a
rilevanti esigenze di interesse pubblico, ossia alla  necessita'  per
la collettivita' di poter contare  sulla  realizzazione  delle  opere
entro un tempo ragionevole e definito; quindi  la  previsione  di  un
differimento  ex  lege  di  tali  termini   presenta   un   carattere
eccezionale. Inoltre la proroga di cui  al  comma  3-bis  non  lascia
alcun   margine   di    valutazione    discrezionale    ai    Comuni.
L'interpretazione restrittiva e', quindi, imposta anche da ragioni di
rilievo costituzionale, ossia dall'esigenza di contenere entro quanto
strettamente necessario, alla stregua della valutazione compiuta  dal
legislatore     nazionale,     la     compressione     dell'autonomia
costituzionalmente garantita ai comuni nella disciplina  dell'assetto
del proprio territorio.  Infine,  anche  l'automatismo  insito  nella
disposizione del comma 3-bis, che e' destinata a produrre effetti  al
solo   ricorrere    delle    condizioni    ivi    previste,    impone
un'interpretazione   strettamente   aderente   alla   lettera   della
disposizione   stessa.    Quest'ultima    deve    essere,    infatti,
automaticamente applicata in  tutti  i  casi  e  solo  nei  casi  che
integrino la fattispecie tipizzata dal legislatore, senza che possano
ammettersi operazioni ermeneutiche volte  ad  estenderne  la  portata
oltre i casi direttamente contemplati». 
    Tuttavia affermare che l'art. 30, comma  3-bis,  reca  una  norma
eccezionale  non  significa  negare  che  tale  norma  sia  volta   a
perseguire  rilevanti  «interessi  nazionali»  e,  soprattutto,   non
significa escludere  che  la  norma  stessa  postuli  un'uniforme  ed
omogenea applicazione su  tutto  il  territorio  nazionale.  Difatti,
posto che la cornice di  riferimento  del  decreto-legge  n.  69/2013
riguarda   il   sistema   Paese   nel   suo   complesso,    escludere
dall'applicazione  della  proroga   triennale   le   convenzioni   di
lottizzazione stipulate fino al 31 dicembre 2012 nel territorio della
Provincia di Trento significherebbe  legittimare  un'irragionevole  e
ingiustificata  disparita'  di  trattamento,  in  contrasto  con   il
principio di uguaglianza, sancito  dall'art.  3  Cost.  e  richiamato
dagli articoli 4 e 5 del decreto del Presidente della  Repubblica  n.
670/1972. 
    19. Come accennato, le  considerazioni  che  precedono,  oltre  a
dimostrare  la  non  manifesta  infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale degli articoli 54, comma 1, e 121,  comma
17, della legge provinciale n. 15/2015 prospettata in  ragione  della
violazione  del  principio  di  uguaglianza,  valgono  a   dimostrare
altresi'  la  manifesta  infondatezza  della  tesi  (sostenuta  dalla
Provincia di Trento invocando l'interpretazione  letterale  dell'art.
30,  comma  3-bis)  secondo  la  quale  la  proroga   triennale   non
riguarderebbe affatto il territorio  della  Provincia  di  Trento  in
quanto troverebbe applicazione solo nel territorio  delle  Regioni  a
statuto ordinario. 
    La circostanza che la  disposizione  dell'art.  30,  comma  3-bis
estenda la proroga triennale agli «accordi similari comunque nominati
dalla legislazione regionale», senza menzionare la Provincia autonoma
di Trento (ne' quella di Bolzano), non e'  sufficiente  per  ritenere
che la proroga riguardi solo le Regioni a statuto ordinario in quanto
l'interpretazione  costituzionalmente  orientata  della  disposizione
stessa impone di ritenere che il legislatore nazionale abbia preso in
considerazione l'intero territorio nazionale, si' da non incorrere in
una palese violazione del principio di uguaglianza. 
    20. Per le stesse ragioni non appaiono condivisibili le ulteriori
difese  svolte  in  giudizio  dalla  Provincia  di  Trento,  tese   a
dimostrare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 30, comma 3-bis,
in ragione dell'asserita violazione dei principi di  proporzionalita'
e ragionevolezza, ingenerata dalla  generalizzata  proroga  triennale
delle convenzioni di lottizzazione  stipulate  fino  al  31  dicembre
2012, ossia  non  limitata  alle  convenzioni  di  prossima  scadenza
rispetto all'adozione della misura,  ovvero  non  subordinata  ad  un
periodico accertamento della perdurante necessita' della misura. 
    Premesso che tali considerazioni vanno ad  impingere  nel  merito
della scelta  operata  dal  legislatore  statale,  vi  e'  motivo  di
ritenere  che  le  opzioni  legislative   prospettate   dalla   parte
ricorrente si prestino a determinate irragionevoli ed  ingiustificate
disparita' di trattamento e, quindi,  che  la  generalizzata  proroga
triennale delle convenzioni di lottizzazione  stipulate  fino  al  31
dicembre 2012 risponda alla prevalenza del principio  di  uguaglianza
sull'esigenza di non limitare eccessivamente il  potere  conformativo
dell'Amministrazione. 
    21. Per le ragioni  innanzi  indicate  il  Collegio  ritiene  non
manifestamente  infondata  la  seguente  questione  di   legittimita'
costituzionale: «se gli articoli 54, comma 1, e 121, comma  7,  della
legge provinciale n. 15/2015, nella parte in  cui  non  prevedono,  a
differenza di quanto si verifica sul resto del territorio  nazionale,
la proroga triennale dei termini  di  validita'  ed  efficacia  delle
convenzioni di lottizzazione stipulate  fino  al  31  dicembre  2012,
siano costituzionalmente illegittimi - per contrasto con il principio
di uguaglianza e parita' di trattamento  di  cui  all'art.  3  Cost.,
espressamente richiamato dagli articoli 4 e  5  dello  Statuto  della
Regione  Trentino  -  Alto  Adige  come  limite  all'esercizio  della
potesta' normativa primaria della Provincia autonoma di Trento  nella
materia dell'urbanistica - in ragione  del  mancato  adeguamento  (ai
sensi dell'art. 2, del decreto legislativo n. 266/1992) degli  stessi
articoli 54, comma 1, e 121, comma  7,  della  legge  provinciale  n.
15/2015  a  quanto  previsto   dall'art.   30,   comma   3-bis,   del
decreto-legge  n.  69/2013,  convertito  dalla  legge   n.   98/2013,
nonostante il  decorso  del  termine  di  sei  mesi  successivi  alla
pubblicazione della legge di conversione n.  98/2013  nella  Gazzetta
Ufficiale». 
    22.  Tale  questione  risulta  altresi'  rilevante  nel  presente
giudizio in quanto il Comune di Arco  ha  correttamente  escluso  che
nella fattispecie possa trovare applicazione l'art. 54, comma  1-bis,
della legge n. 15/2015, mentre la declaratoria di incostituzionalita'
degli articoli 54, comma 1, e 121, comma 7, della  legge  provinciale
n. 15/2015 determinerebbe il venir meno del presupposto  in  base  al
quale e' stata adottata l'impugnata delibera del  consiglio  comunale
del Comune di Arco n. 31 in data 7 agosto 2019 e,  quindi,  il  venir
meno  delle  misure  di  salvaguardia  connesse  all'adozione   della
Variante urbanistica per cui e' causa. 
    In particolare nella fattispecie  non  e'  applicabile  il  comma
1-bis dell'art.  54  della  legge  provinciale  n.  15/2015  -  comma
inserito dall'art. 22, comma 7, lettera a) della legge provinciale 23
dicembre 2019, n. 12 - il quale (come gia' evidenziato nella sentenza
non definitiva n. 98/2020) prevede che: «Il comune, entro il  termine
previsto dal comma 1, puo' prorogare l'efficacia dei piani  attuativi
d'iniziativa privata o d'iniziativa mista pubblico-privata non ancora
scaduti per un periodo di tempo non superiore a tre anni in  caso  di
particolare complessita' delle opere di urbanizzazione  previste  nei
piani medesimi, fatto salvo quanto previsto dall'art. 48 con riguardo
alla  durata  dei  vincoli  preordinati   all'espropriazione».   Tale
disciplina, sopravvenuta in corso di causa, si riferisce  infatti  ai
«piani attuativi ... non ancora scaduti», mentre nella fattispecie in
esame il piano attuativo risulta ad oggi scaduto proprio per  effetto
della sua mancata ricomprensione nel regime  di  proroga  contemplato
dall'art. 30, comma 3-bis. Pertanto,  la  questione  di  legittimita'
costituzionale assume essenzialmente rilievo per il  lasso  di  tempo
intercorrente tra la data di entrata in vigore della legge statale n.
98/2013 e la data di entrata in vigore  della  legge  provinciale  n.
12/2019. 
 
                               P. Q. M. 
 
     Il Tribunale regionale di giustizia amministrativa della Regione
autonoma  Trentino-Alto  Adige/Siidtirol,   sede   di   Trento,   non
definitivamente  pronunciando  sul  ricorso  n.   155/2019   dichiara
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale indicata in motivazione. 
    Sospende,  per  l'effetto,  il  presente   giudizio   fino   alta
definizione dell'incidente di costituzionalita'. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale. 
    Ordina che, a cura della segreteria, la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in causa, nonche' al  Presidente  della  Giunta
provinciale e al Presidente del Consiglio provinciale della Provincia
autonoma di Trento. 
    Cosi' deciso in Trento nella Camera di  consiglio  del  giorno  4
giugno 2020, con collegamento da remoto  in  videoconferenza  tramite
Microsoft Teams, ai sensi dell'art. 84, comma 6, del decreto-legge n.
18/2020, con l'intervento dei magistrati: 
        Fulvio Rocco, Presidente; 
        Carlo Polidori, consigliere, estensore; 
        Antonia Tassinari, consigliere. 
 
                        Il Presidente: Rocco 
 
                                                L'estensore: Polidori