N. 224 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 dicembre 2021

Ordinanza del 14 dicembre  2021  della  Corte  dei  conti  -  Sezione
giurisdizionale per la Puglia sul ricorso proposto da  Albani  Denise
ed altri contro INPS - Istituto nazionale previdenza sociale. 
 
Impiego pubblico - Pensioni - Funzionari della  Polizia  di  Stato  -
  Riscatto del periodo di studi universitari  -  Previsione  che  non
  contempla il computo gratuito degli anni di durata legale del corso
  di laurea magistrale o specialistica richiesto ai fini dell'accesso
  alle rispettive carriere, previsto per gli  ufficiali  degli  altri
  corpi militari. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973,  n.  1092
  (Approvazione del  testo  unico  delle  norme  sul  trattamento  di
  quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), artt.  13
  e 32. 
(GU n.4 del 26-1-2022 )
 
                         LA CORTE DEI CONTI 
 
                Sezione giurisdizionale per la Puglia 
 
    In composizione monocratica, in persona del  referendario  Andrea
Costa, ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio iscritto  al
n. 36520 del registro di segreteria, sul ricorso presentato da: 
        1) Albani Denise nata a Lecce, il 28 dicembre  1989,  ed  ivi
residente al viale della Liberta', 68 - c.f. LBNDNS89T68E506J; 
        2) Amati Giulia  Angelova  nata  a  Sofia  (Bulgaria)  il  16
gennaio 1980, residente a Bari alla  via  Abate  Gimma,  171  -  c.f.
MTAGNG80D56Z104U; 
        3) Ardito  Adriano,  nato  a  Bari  (BA)  10  febbraio  1972,
residente  a  Bari  alla   via   Giuseppe   Fanelli,   219   -   c.f.
RDTDRN72B10A662S; 
        4) Bacco Francesco Saverio nato a Andria (BT) il  5  febbraio
1990,  residente  a  Andria  (BT)  al  viale  Trentino,  7   -   c.f.
BCCFNC90B05A285Q; 
        5) Bertoncello Maria Patrizia, nata a Bari, il 4 aprile 1964,
ed  ivi  residente  alla  via   Alpini   di   Caglia,   14   -   c.f.
BRTMRA64D44A662M; 
        6) Cappena Adriana nata a Bari (BA) il 10 maggio 1965, ed ivi
residente al Vico VI Duca d'Aosta, 35 - c.f. CPPDRN65E50A662E; 
        7)  Cardea  Michele  nato  a  Taranto,  il  29  agosto  1968,
residente a Statte (TA) alla via del Club, 2 - c.f. CRDMHL68M29L049O; 
        8) Ciccorella Donato nato a Altamura (BA), il 13 aprile 1974,
residente  a  Cassano  Murge  (BA)  alla  via  Sant'Antonio  Abate  -
CCRDNT74D13A225J; 
        9) Cozza Daniela nata a Brienza (PZ),  il  4  febbraio  1967,
residente a Bari alla via Antonio de Cortis - c.f. CZZDLR67B44B173X; 
        10) D'Alena Claudia nata a Putignano (BA) il 20 maggio  1973,
ed  ivi  residente   al   viale   della   Repubblica,   66   -   C.F.
DLNCLD73E60H096L; 
        11) De Bellis Marta nata a Napoli  (NA)  il  10  marzo  1966,
residente a Lecce al viale Otranto, 68 - c.f. DBLMRT66C50F839B; 
        12) Dente Maria Paola nata a Cerignola (FG)  il  19  dicembre
1965,  ed  ivi  residente  alla  via  G.  Falcone,   8   -   c.f.   2
DNTMPL65T59C514P; 
        13) Di Fonzo Daniela nata a Caltanissetta (CL)  il  21  marzo
1977,  residente  a  Foggia  alla  via  Postiglione,   6/E   -   c.f.
DFNDNL77C61B429E; 
        14) Di Lalla Vittorio nato a Jesi  (AN)  il  7  aprile  1973,
residente a Bari alla via Posca, 27 - c.f. DLLVTR73D07E388A; 
        15) Gambino Massimo nato a Napoli (NA) il 19  febbraio  1963,
residente  a  Lecce  al   viale   della   Liberta',   79/B   -   c.f.
GMBMSM63B19F839V; 
        16) Giannini Paola nata  a  Bari  (BA)  il  4  gennaio  1973,
residente  a  Grumo  Appula  (BA)  alla  via  Cassano,   6   -   c.f.
GNNPLA73A44A662X; 
        17) Giannone Giovanni Maria nato a Bari (BA) il 13  settembre
1985, residente a Sannicandro di Bari alla via Alessandro Volta, 26 -
c.f. GNNGNN85P13A662S; 
        18) Giannuzzi Daniela nata Bari (BA) il 18  maggio  1973,  ed
ivi residente alla via Imbriani, 36 - c.f. GNNDNL73E58A662F; 
        19) Lo Muzio Maria Rita nata a Foggia (FG) il 1° luglio 1962,
ed ivi residente alla via L. Guerrieri, 7 - c.f. LMZMRT62L41D643C; 
        20) Loconte Angelo nato a Bari, il 10  aprile  1962,  ed  ivi
residente alla via Napoli, 23 - c.f. LCNNGL62D10A662N; 
        21) Losito  Elena  nata  a  Noci  (BA)  il  19  aprile  1986,
residente a Gioia del Colle (BA) alla via Jacopo Sannazzaro, 2 - c.f.
LSTLNE86D59F915N; 
        22) Manzari Nicola nato a Bari, il 21 maggio 1966,  residente
a Martina Franca (TA) alla via Guglielmi, 13 - c.f. MNZNCL66E21A662L; 
        23) Modeo Vincenzo Massimo nato  a  Taranto,  il  12  ottobre
1963, residente a Bari alla via Nicolai, 99 - c.f. MDOVCN63R12L049K; 
        24) Occhiogrosso Giacinto nato a Trieste (TS), il 20  gennaio
1970, residente a Bitonto (BA) alla  via  P.  Cioffrese,  30  -  c.f.
CCHGNT70A20L424R; 
        25) Patete Furio Martino nato a Foggia, il 7  novembre  1986,
ed ivi residente alla via Tommaso Fiore, 1 - PTTFMR86S07D643D; 
        26) Perrone Antonio nato a  Torchiarolo  (BR)  il  13  aprile
1964, residente a Acquaviva delle Fonti (BA) alla via Arcivescovo  G.
Palombella, 46 - c.f. PRRNTN64D13L213W; 
        27) Pignatelli Vincenzo Davide nato a Altamura  (BA),  il  23
febbraio  1985,  ed  ivi  residente  alla  via  Andria,  6   -   c.f.
PGNVCN85B23A225R; 
        28) Poduti Riganelli Daniela nata a Cerreto d'Esi (AN) il  26
marzo 1962, residente  a  Foggia  alla  via  Postiglione,  2  -  c.f.
PDNTDNL62C524T; 
        29) Portoghese Filippo nato a Putignano (BA), il 17  dicembre
1976, residente a Altamura (BA), alla strd. priv. Stasolla, 2 -  c.f.
PRTFPP71T17H096J; 
        30) Raggio Elena nata a Lecce, il 4  dicembre  1971,  ed  ivi
residente al viale Francesco Lo Re, 14 - c.f. RGGLNE71T44E506L; 
        31) Russo Fabio nato a Bari, il 18  settembre  1990,  ed  ivi
residente alla via M. Azzarita, 6 - c.f. RSSFBA90P18A662J; 
        32) Scudieri Costantino nato a  Nocera  Inferiore  (SA)  l'11
ottobre 1982, residente a Bari alla via  Giuseppe  Posca,  3  -  c.f.
SCDCTN82R11F912I; 
        33) Seccia Francesca Pia nata a San Giovanni Rotondo,  il  14
marzo  1978,  residente  Bari  alla  via  N.   Cacudi,   3   -   c.f.
SCCFNC78C54H926F; 
        34) Speranza Luca nato a Bari, il 27 settembre 1963,  ed  ivi
residente alla via Goffredo Mameli, 23 - c.f. SPRLCU63P27A662H; 
        35) Tafaro Antonio nato a Bari, il 16 agosto 1969,  residente
a Giovinazzo (BA) alla via Bari, 98 - c.f. TFRNTN69M16A662V; 
        36) Tondo Lucia nata  a  Lecce,  il  2  marzo  1973,  ed  ivi
residente alla via Giurgola, 3 - c.f. TNDLCU73C42E506G; 
        37) Toraldo Andrea nato a Scorrano (LE), il 6 dicembre  1980,
residente a  Giovinazzo  (BA)  alla  via  G.  Marconi,  22/D  -  c.f.
TRLNDR80T06I549K; 
        38) Bernardo Valentino nato a  S.  Giuseppe  V.  (NA)  il  10
giugno 1981, residente a  Bari  alla  via  Nicola  Cacudi  1  -  c.f.
BRNVNT81H10H931L; 
        39) Venezia Michele nato a Castellaneta (TA),  il  22  maggio
1986, ed ivi residente alla via Malagodi, c.f. VNZMHL86EZZC136R; 
        40) Vessio Luigi nato a Bari, il 28 giugno 1981, residente  a
Bari Palese, al corso V. Emanuele, 124 - c.f. VSSLGU81H28A662O; 
    tutti rappresentati e  difesi,  congiuntamente  e  disgiuntamente
dagli avvocati  Claudio Giardullo, con studio in Roma -  viale  Liegi
n. 58 - e Romano Cerquetti con studio in Roma - via G.G. Belli n.  36
- elettivamente domiciliati presso lo  studio  dell'avvocato  Claudio
Giardullo; 
    Contro   I.N.P.S.,   in   persona   del   legale   rappresentante
pro-tempore,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  distrettuale
dell'ente, presso i cui Uffici e' elettivamente domiciliato  in  Bari
alla via Putignani n. 108; 
    Visto il codice di giustizia contabile; 
    Visto l'art. 85, comma 5, del decreto-legge n. 18  del  17  marzo
2020, come modificato e integrato dalla legge di  conversione  n.  27
del 24 aprile 2020 e, da ultimo, dall'art. 26-ter  del  decreto-legge
14 agosto 2020, n. 104, convertito nella legge 13  ottobre  2020,  n.
126; 
    Esaminati,  all'udienza  cartolare  del  14  dicembre  2021   con
l'assistenza del Segretario dott.ssa Laura Guastamacchia, gli atti di
causa; 
 
                        Considerato in fatto 
 
    Con ricorso depositato in data 27  gennaio  2021,  i  ricorrenti,
come sopra generalizzati, tutti Funzionari della Polizia di Stato  in
servizio, appartenenti alla  carriera  dei  Funzionari  che  svolgono
attivita' di polizia, dei Funzionari tecnici, e dei Funzionari medici
in possesso del titolo di laurea magistrale o specialistica richiesto
dal rispettivo bando di concorso, hanno  chiesto,  previa  remissione
degli atti alla Corte costituzionale,  e  previo  annullamento  degli
atti di diniego opposti dall'I.N.P.S., la declaratoria del diritto al
computo gratuito, ai fini pensionistici degli anni di  durata  legale
del corso di laurea magistrale o  specialistica,  richiesto  ai  fini
dell'accesso alle rispettive carriere dei funzionari della Polizia di
Stato. 
    Al riguardo, riferiscono i ricorrenti: 
        di aver presentato in data 21 luglio  2020,  formale  istanza
collettiva all'Istituto nazionale della previdenza  sociale,  per  il
computo gratuito, ai fini pensionistici, ai sensi degli articoli 13 e
32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre  1973,  n.
1092 (di seguito testo unico 1092/1973), degli anni di durata  legale
del corso di laurea richiesto per l'accesso alla rispettiva carriera,
conformemente al regime  di  gratuita'  previsto  per  gli  ufficiali
dell'Arma dei carabinieri, ai quali e' richiesto il titolo di  studio
della laurea magistrale o  specialistica  per  l'accesso  al  proprio
ruolo; 
        con   nota   prot.    INPS.0013.04/08/2020.0129832,    l'ente
previdenziale  rigettava   la   richiesta   sul   presupposto   della
impossibilita'  di  estendere  alla  Polizia di   Stato   una   norma
espressamente riservata al personale militare; 
        di aver presentato ricorso amministrativo avverso il suddetto
diniego, riscontrato con nota prot. INPS.0013.27/08/2020.0150674, con
la quale l'ente previdenziale dichiarava improcedibile la  richiesta,
in quanto il ricorso amministrativo andava  inoltrato  esclusivamente
attraverso i servizi telematici offerti sul portale dell'Istituto. 
    Cio' premesso, in primo luogo gli istanti, nel ritenere  efficaci
e procedibili la domanda e, a seguito del  diniego  alla  stessa,  il
conseguente ricorso  amministrativo,  sollevano  ad  ogni  buon  fine
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 38, comma  5,  del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, nella parte in cui non  consente
in materia pensionistica la tutela amministrativa  e  giurisdizionale
in  forma  collettiva  riconosciuta  dall'ordinamento   ai   pubblici
dipendenti in materia di trattamento giuridico ed economico  e,  fino
all'introduzione  della  disciplina  delle   modalita'   telematiche,
sicuramente anche in materia pensionistica, per contrasto con  l'art.
3  della  Costituzione,  sotto  i  profili  della  ragionevolezza   e
dell'uguaglianza; con l'art. 24 della Costituzione per violazione del
diritto di accesso alla giustizia; con l'art. 97  della  Costituzione
per violazione del principio di buon andamento e imparzialita'  della
pubblica amministrazione. 
    Quanto al merito, i  ricorrenti  ritengono,  per  le  motivazioni
sviluppate nell'atto introduttivo, che sussistano i  presupposti  per
la  rimessione  degli  atti  alla  Consulta   per   contrasto   della
disposizione di cui all'art. 32 del.  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 1092/1973 con  gli  articoli  3,  36,  38  e  97  della
Costituzione. 
    Si e' costituito l'INPS, il quale ha  evidenziato  l'infondatezza
della  pretesa,  sul  presupposto  che,   a   seguito   della   legge
n. 121/1981, al personale della Polizia di Stato  e'  applicabile  il
regime previsto per il personale civile, ivi compresa  la  disciplina
in tema di riscatto, essendo l'art. 32  del  testo  unico  1092/1973,
norma  eccezionale   e   derogatoria   e   dunque   non   estensibile
analogicamente, riservato espressamente la personale militare. 
    Inoltre, l'ente  previdenziale  ha  segnalato  che  la  censurata
differenza di regime in tema  di  riscatto  tra  impiego  «civile»  e
impiego   «militare»   e'   stata   gia'   scrutinata   dalla   Corte
costituzionale, la quale ha avuto modo di precisare che la scelta del
legislatore non appare irrazionale  in  relazione  alle  peculiarita'
delle  due  categorie;  ne'  vale  in  contrario  addurre   generiche
affinita' o analogie di funzioni (Corte cost. ordinanza n. 847/1988 e
n. 168/1995). 
    Infine, l'INPS ha richiamato alcune decisioni  di  questa  Corte,
con le quali  e'  stata  evidenziata  l'infondatezza  della  invocata
questione di legittimita' dell'art. 32 del testo unico 1092/1973  per
contrasto  con  gli  articoli  3,  36,  38  e   97,   secondo   comma
Costituzione. 
    In  vista  dell'udienza  cartolare  del  14  dicembre   2021,   i
ricorrenti hanno fatto  pervenire  una  memoria,  contestando  quanto
affermato dall'INPS sia con riferimento  alle  eccezioni  preliminari
che con riferimento alla prospettata illegittimita' costituzionale ed
insistendo per le conclusioni rassegnate nell'atto introduttivo. 
    Ad integrazione di quanto gia' rappresentato, i ricorrenti  hanno
richiamato ampi stralci dell'ordinanza n. 85/2021 adottata da  questa
Sezione, con la quale e' stata sollevata  questione  di  legittimita'
costituzionale con riferimento all'assetto normativo che non  prevede
l'applicazione, anche al personale  della  Polizia  di  Stato,  della
disposizione di cui all'art.  54  testo  unico  1092/1973,  ed  hanno
altresi' segnalato che e' in corso di esame parlamentare  il  disegno
di legge di bilancio, in cui e' stata espressamente prevista, al fine
di allineare il trattamento pensionistico a tutto il personale  delle
Forze di polizia e delle Forze  armate,  l'estensione,  al  personale
delle Forze di polizia ad ordinamento  civile  (Polizia  di  Stato  e
Polizia penitenziaria), della predetta disciplina di cui all'art,  54
del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973 in  tema  di
calcolo della quota retribuiva della pensione. 
    A questo punto, in assenza di richiesta di trattazione orale,  la
causa e' stata rimessa in decisione. 
 
                               Diritto 
 
    1. In primo luogo, ritiene questo Giudice di dover affrontare  il
tema dell'ammissibilita' del ricorso collettivo in esame,  ampiamente
argomentato dai ricorrenti anche mediante la prospettata questione di
legittimita' costituzionale della disposizione di  cui  all'art.  38,
comma 5, del decreto-legge n. 78 del 2010, invocata dall'I.N.P.S.  ai
fini   della   declaratoria   di   improcedibilita'    del    ricorso
amministrativo presentato dagli istanti. 
    Al riguardo, dall'esame della documentazione in atti, emerge  che
con nota del 21 luglio 2020, trasmessa via Pec, un gruppo cospicuo di
funzionari della Polizia di Stato, tra cui gli odierni ricorrenti, ha
chiesto all'I.N.P.S. il riconoscimento  del  computo  gratuito  degli
anni di studio ex articoli 13 e 32 del testo unico 1092/1973. 
    Con comunicazione mail del 4 agosto 2020, a firma  del  dirigente
ufficio  riscatti  e  ricongiunzioni,  l'Istituto  previdenziale   ha
riscontrato la  richiesta,  precisando  di  non  poter  estendere  la
disciplina prevista dall'art. 32, testo unico 1092/1973, riservata ai
militari, al personale della Polizia di Stato, che, a  seguito  della
legge n. 121/1981,  e'  divenuta  un'amministrazione  ad  ordinamento
civile. 
    A parere di questo Giudice, al di  la'  di  ogni  valutazione  in
merito alla successiva fase procedimentale avviatasi  a  seguito  del
ricorso amministrativo, deve ritenersi  pienamente  esperita  la  via
amministrativa, richiesta dall'art. 153, comma 1, lettera b)  c.g.c.,
come condizione di ammissibilita' dell'azione. 
    Ed invero, contrariamente a quanto  affermato  dall'I.N.P.S.  nel
successivo riscontro al ricorso amministrativo, l'ente  previdenziale
ha formalmente acquisito l'istanza collettiva  del  21  luglio  2020,
riscontrandola dettagliatamente nel merito, senza nulla  eccepire  in
merito al rispetto della procedura telematica. 
    Non  puo'  peraltro  non  evidenziarsi  come  appaia  del   tutto
illegittimo il diniego opposto  dall'I.N.P.S.  con  la  nota  del  27
agosto 2020, sul presupposto del mancato  rispetto  delle  formalita'
telematiche prescritte dall'art. 38, comma 5,  del  decreto-legge  n.
78/2010, il quale prevede, al fine di  incentivare  l'implementazione
dei servizi telematici, che possano  essere  definite  modalita'  per
l'utilizzo esclusivo dei medesimi  servizi  telematici  ovvero  della
posta elettronica certificata, per la presentazione  da  parte  degli
interessati di denunce, istanze, atti. 
    Ed infatti, la circostanza che l'istituto previdenziale non abbia
predisposto un sistema telematico per  la  presentazione  di  istanze
collettive non puo' ad evidenza costituire un ostacolo all'esercizio,
costituzionalmente garantito a «tutti» dall'art.  24  cost.,  di  far
valere   le   proprie   ragioni,   nonche'   di   interloquire    con
l'Amministrazione in ossequio  al  principio  di  buon  andamento  ed
imparzialita', di cui al secondo comma dell'art. 97 Cost. 
    Sotto  tale  profilo,   la   declaratoria   di   improcedibilita'
dell'istanza, nel caso di specie, appare  illegittima  in  quanto  in
contrasto con una lettura costituzionalmente orientata della norma di
cui all'art. 38, comma 5, del  decreto-legge  n.  78/2010,  che,  pur
nell'ottica  della  semplificazione   dei   procedimenti   attraverso
l'incentivo all'uso  di  strumenti  telematici,  imporrebbe  comunque
all'I.N.P.S.,  tenuto  conto  peraltro   della   sensibilita'   degli
interessi  coinvolti  relativi  alla  materia  della  previdenza,  di
considerare efficaci denunce, istanze ed  atti  presentati  in  forma
diversa da quella telematica. 
    Nel  caso  di  specie,  peraltro,  l'arresto  procedimentale,  da
ricondursi alla circostanza che il sistema  telematico  dell'I.N.P.S.
non consente la presentazione  di  ricorsi  collettivi,  si  porrebbe
altresi'  in   palese   contrasto   con   le   stesse   esigenze   di
semplificazione sottese alla norma  di  cui  all'art.  38,  comma  5,
decreto-legge n. 78/2010, nella misura in cui rendesse necessaria  la
presentazione, in via telematica, di separate istanze individuali  di
identico contenuto. 
    2. Va  altresi'  disattesa  l'eccezione  dell'INPS,  fondata  sul
presupposto che nessuno dei ricorrenti avrebbe presentato  un'istanza
volta al riscatto degli anni di studio. 
    Al riguardo, come correttamente evidenziato nelle note  in  vista
dell'udienza, con l'istanza  amministrativa  e'  stata  espressamente
manifestata la volonta' degli  interessati  di  far  valere  ai  fini
pensionistici gli anni del corso di laurea, senza  il  pagamento  del
contributo, analogamente a  quanto  previsto  per  il  personale  del
Comparto Sicurezza ad ordinamento militare. 
    E' altresi' evidente l'interesse dei ricorrenti  a  conoscere  la
posizione dell'ente previdenziale, al  fine  di  poter  orientare  le
proprie scelte professionali, nonche', come in effetti avvenuto,  per
far valere i profili di incostituzionalita'  delle  norme  sulla  cui
base e' stato fondato il diniego dell'I.N.P.S. 
    Alla luce di quanto sopra evidenziato, questo Giudice,  definendo
una questione pregiudiziale ai sensi dell'art. 102, comma 6,  lettera
d) c.g.c., ritiene che il ricorso in esame debba ritenersi pienamente
ammissibile. 
    3.  Passando  al  merito,  la  questione  in  esame  attiene   al
riconoscimento  del  diritto  all'applicazione  al  personale   della
Polizia di Stato della disposizione di  cui  all'art.  32  del  testo
unico 1092/1973, la quale prevede, per il personale militare  per  la
cui nomina sia richiesto il diploma di laurea, il riconoscimento,  ai
fini pensionistici, di un periodo di tempo corrispondente alla durata
legale del corso di studi. 
    Questo Giudice ritiene di  sollevare  questione  di  legittimita'
costituzionale, per violazione degli articoli 3, 36, 38 e 97, secondo
comma, della Costituzione, degli articoli 13 e  32  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in
cui non prevedono il  computo  gratuito  anche  ai  funzionari  della
Polizia di Stato degli anni di durata  legale  del  corso  di  laurea
magistrale  o  specialistica  richiesto  ai  fini  dell'accesso  alle
rispettive carriere, previsto per gli  ufficiali  degli  altri  corpi
militari. 
    4. La questione di legittimita' costituzionale si  appalesa  come
rilevante, in quanto il presente giudizio non  puo'  essere  definito
indipendentemente dalla risoluzione della presente questione, siccome
reso evidente dalla ricostruzione dei termini della res controversa. 
    Infatti, l'art. 32 del decreto del Presidente della Repubblica n.
1092/1973 prevede che per  gli  ufficiali,  per  la  cui  nomina  sia
richiesto il diploma di laurea, si computino, ai fini  pensionistici,
tanti anni antecedenti alla data di conseguimento di detto titolo  di
studio quanti sono  quelli  corrispondenti  alla  durata  legale  dei
relativi corsi. 
    La  norma  in  questione  e'  stata  poi  integralmente  trasfusa
all'interno   del   decreto   legislativo    n.    66/2010    (Codice
dell'ordinamento militare, cd. COM), ed in particolare all'art. 1860. 
    La disposizione e' dunque espressamente  riservata  al  personale
militare. 
    Orbene, con la legge n. 121 del 1° aprile  1981,  nell'ambito  di
una  profonda  trasformazione  dell'Amministrazione  della   pubblica
sicurezza, e' stata disposta la soppressione del Corpo  degli  agenti
di pubblica sicurezza, e la creazione della  «Polizia  di  Stato»  ad
ordinamento civile, realizzando quella che viene comunemente definita
la «smilitarizzazione» del personale di pubblica sicurezza. 
    Con  riferimento  all'ordinamento  del  personale  in  questione,
l'art. 23, comma 5, della citata legge n. 121/1981  ha  espressamente
previsto    che:    «Al    personale    appartenente     ai     ruoli
dell'Amministrazione  della  pubblica  sicurezza,  per   quanto   non
previsto dalla presente legge, si applicano, in  quanto  compatibili,
le norme relative agli impiegati civili dello Stato». 
    Pertanto, a decorrere  dall'entrata  in  vigore  della  legge  in
questione, non e' piu' applicabile, in tema di riscatto, al personale
della neonata Polizia di Stato la disposizione di cui all'art. 32 del
decreto del Presidente della Repubblica n.  1092/1973  (espressamente
richiamata dall'art. 1860 COM) riservata al  personale  militare,  ma
bensi' la disposizione di cui all'art. 13 del  medesimo  decreto  del
Presidente della Repubblica, applicabile al  personale  pubblico  del
comparto  civile,  che  prevede  il  riscatto  a  domanda  e   previo
contributo. 
    Ne'  ritiene  questo  Giudice  che  il  dubbio  di   legittimita'
costituzionale  possa  essere  superabile  mediante   interpretazione
adeguatrice  ovvero  secundum  constitutionem,  che,  come  e'  noto,
rappresenta, a partire dalla sentenza n.  456  del  1989,  una  delle
condizioni di ammissibilita' dell'incidente di costituzionalita',  in
quanto la normativa censurata non ha carattere polisenso, essendo  in
maniera chiara applicabile al personale appartenente alla Polizia  di
Stato la disciplina prevista per il personale civile, in  virtu'  del
rinvio di cui all'art. 23, comma 5, legge n. 121/1981, laddove l'art.
32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973,  di  cui
si chiede l'applicazione, e' espressamente riservata ai militari. 
    Inoltre, ritiene questo  Giudice  che  la  chiarezza  del  quadro
normativo sopra descritto, che  prevede  una  netta  separazione  dei
regimi   legata   allo   status   civile/militare,    non    consenta
all'I.N.P.S., sulla base di un giudizio di  «non  compatibilita'»  in
parte  qua  delle  norme  dell'ordinamento   civile,   l'applicazione
estensiva al personale della Polizia di Stato della  disposizione  di
cui all'art. 32, testo unico 1092/1973. 
    Allo  stato   degli   atti,   dunque,   l'orientamento   espresso
dall'I.N.P.S. appare coerente con il quadro normativo vigente. 
    5.  La  questione  di  legittimita'  costituzionale,  oltre   che
rilevante, non e' manifestamente infondata, in quanto ritiene  questo
Giudice che l'assetto normativo in vigore si ponga  in  irrimediabile
contrasto con gli articoli 36  e  38  Costituzione  determinando  una
ingiustificata   compromissione   del   diritto,   costituzionalmente
garantito, a conseguire un trattamento retributivo sia in costanza di
rapporto che differito proporzionato alla quantita'  e  qualita'  del
lavoro prestato e in ogni caso sufficiente ad assicurare a se' e alla
famiglia un'esistenza libera e dignitosa. 
    Inoltre, a parere di questo Giudice, risulta  violato  l'art.  3,
comma 1, Cost., inteso quale canone di  «ragionevolezza»,  in  virtu'
del quale devono intendersi non conformi  a  Costituzione  le  scelte
legislative  che   comportino   discriminazioni   intollerabili   fra
situazioni  similari,  ovvero  eguale  trattamento   per   situazioni
palesemente dissimili. 
    Infine, l'assetto normativo della cui conformita' a  Costituzione
si dubita contrasterebbe con il principio  di  buon  andamento  della
pubblica amministrazione di cui all'art.  97,  secondo  comma  Cost.,
nella misura in cui  costituisce  un  disincentivo  all'ingresso  nei
ruoli della Polizia di Stato di personale  idoneo  per  formazione  e
cultura per le carriere direttive. 
    5.1  In  primo  luogo,   ritiene   questo   Giudice   che,   come
correttamente evidenziato nell'atto introduttivo, non sussista alcuna
preclusione alla riproposizione della questione di  costituzionalita'
delle norme censurate, pur avendo  la  Consulta  gia'  scrutinato  la
vicenda con le ordinanze n. 847 del 1988, e n. 168 del 1995. 
    Ed infatti, come chiarito dalla stessa Consulta (cfr. inter alia,
sentenza n. 257 del 1991), e' ben possibile riproporre la  questione,
laddove siano prospettati profili di costituzionalita' diversi, anche
alla luce  del  mutamento  del  quadro  legislativo  di  riferimento,
circostanza  riscontrabile  nel  caso  di  specie  come  di   seguito
illustrato. 
    In estrema sintesi, con  le  citate  decisioni,  la  Consulta  ha
ritenuto prevalente la discrezionalita' del legislatore  in  tema  di
riscatto,  a  fronte  della  diversita'  e  peculiarita'  del  regime
ordinamentale  dei  militari  rispetto  a  quello  del  personale  ad
ordinamento civile «... con particolare riguardo ai piu' bassi limiti
di eta' per la cessazione del servizio stabiliti per i militari  (con
conseguente maggior difficolta', rispetto ai civili,  di  raggiungere
il massimo dell'anzianita' per il trattamento di quiescenza)». 
    Reputa questo Giudice, in cio' condividendo la prospettazione dei
ricorrenti, che le motivazioni poste  dalla  Corte  costituzionale  a
supporto della non fondatezza della legittimita'  costituzionale  del
diverso regime in tema di riscatto tra il personale della Polizia  di
Stato e quello militare del comparto Sicurezza siano non piu' attuali
alla luce delle profonde modifiche legislative che hanno  portato  ad
una progressiva omogeneizzazione della  disciplina  del  rapporto  di
lavoro e del trattamento previdenziale tra le due categorie, tale  da
rendere irrazionale la disparita' di trattamento in parte qua. 
    6, In primo  luogo,  risulta  non  piu'  valido  l'assunto  della
Consulta, secondo cui il diverso regime  sarebbe  giustificato  dalla
previsione di limiti  di  eta'  inferiori  previsti  per  i  militari
rispetto al personale della Polizia di Stato. 
    Ed infatti con il citato decreto legislativo n. 66  del  2010,  i
limiti anagrafici degli ufficiali sono stati  elevati  e  quindi:  65
anni per il Generale di Corpo d'armata e il Generale di divisione; 63
anni per il Generale di  brigata;  60  anni  per  il  Colonnello,  il
Tenente colonnello, e per gli ufficiali subalterni (art. 928 COM). 
    Tali limiti risultano quindi parificati a quelli  dei  funzionari
della Polizia di Stato, previsti dall'art. 13 del decreto legislativo
5 ottobre 2000, n. 334, ovvero: 
    65 anni per il dirigente generale di pubblica sicurezza; 
    63 anni per il dirigente superiore; 
    60 anni per le qualifiche inferiori (commissario,  vice  Questore
aggiunto, primo dirigente). 
    7. Reputa inoltre questo Giudice che l'assetto normativo in  tema
di riscatto del corso di studi applicatile al personale della Polizia
di  Stato  determini  una  evidente  ed  ingiustificata  lesione  del
principio di uguaglianza sostanziale di cui all'art. 3  Costituzione,
alla  luce  dell'evoluzione  normativa  volta   ad   un   sostanziale
avvicinamento del regime ordinamentale del personale appartenente  al
comparto Sicurezza a prescindere dal relativo status civile/militare. 
    In primo luogo, non puo' prescindersi dalla  considerazione,  pur
nel rispetto delle diverse professionalita', delle forti analogie tra
le funzioni svolte dalle varie  Forze  di  polizia,  circostanza  che
questo Giudice ritiene autoevidente. 
    Sono qualificate, infatti, Forze di polizia, ai fini della tutela
dell'ordine e della sicurezza pubblica, fermi restando  i  rispettivi
ordinamenti e dipendenze, oltre alla Polizia  di  Stato,  l'Arma  dei
carabinieri, il Corpo della guardia  di  finanza,  nonche'  il  Corpo
degli agenti di custodia e il Corpo forestale dello Stato  (art.  16,
legge n. 121/1981). 
    In tale ottica assume rilievo la funzione di coordinamento  delle
varie di Forze di polizia svolta dal Ministero dell'interno  e  dalle
sue articolazioni periferiche (questure, prefetture). 
    Un'ulteriore conferma viene dallo  stesso  assetto  ordinamentale
del personale degli agenti di Polizia, che pura fronte dell'abbandono
del paradigma militare,  non  prevede  il  ricorso  all'istituto  dei
livelli funzionali, ma mantiene  la  categoria  dei  ruoli  distinti,
all'interno dei quali si individuano le singole qualifiche in ragione
della professionalita' richiesta (art. 23, legge n. 121/1981),  cosi'
favorendo  una   struttura   piu'   rigida,   di   tipo   gerarchico,
sostanzialmente analoga a quella propria di un ordinamento  militare,
piu' confacente alle funzioni ed ai compiti da svolgere, in tempo  di
pace, da parte di un corpo armato. 
    A tale riguardo, va considerato che, ai fini della individuazione
delle  qualifiche,  e'  stata   prevista   un'apposita   tabella   di
equiparazione tra le qualifiche della Polizia di  Stato  ed  i  gradi
delle altre Forze armate con funzioni di  polizia  (cfr.  tabella  C,
allegata alla legge n. 121/1981). 
    Infine, resta immutata la devoluzione all'Arma  dei  carabinieri,
al Corpo della guardia di  finanza  ed  alla  Polizia  di  Stato,  in
ragione    delle    rispettive    specifiche    professionalita'    e
qualificazioni, delle funzioni di polizia giudiziaria,  da  svolgersi
alle dipendenze dell'autorita' giudiziaria  (articoli  55  e  56  del
codice di procedura penale). 
    7.1. Cio' premesso, come  detto,  va  dato  atto  della  tendenza
legislativa nel  corso  degli  ultimi  anni  volta  alla  sostanziale
omogeneizzazione del regime ordinamentale del personale del  comparto
sicurezza, i cui interventi piu'  significativi  possono  di  seguito
riassumersi: 
        a) l'art. 6-bis del decreto-legge 21 settembre 1987, n.  387,
convertito con modificazioni dalla legge 20 novembre 1987, n. 472, il
cui comma 5, prevede che al personale della Polizia di Stato, ai soli
fini  dell'acquisizione  del  diritto  al  trattamento  di   pensione
normale, si applichi l'art. 52 del testo unico approvato con  decreto
del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092,  riservato
al personale militare; 
        b) lo stesso  decreto  legislativo  n.  66/2010  ha  previsto
l'estensione al personale  delle  Forze  di  polizia  ad  ordinamento
civile  e  al  Corpo  nazionale  dei  vigili  del  fuoco  di   alcune
disposizioni in tema di trattamento previdenziale  (articoli  2177  e
ss. COM); 
        c) l'art. 6 del decreto-legge n.  201  del  6  dicembre  2011
(come convertito dalla legge n. 214 del 2011: c.d. legge Fornero)  ha
espressamente escluso l'abrogazione degli istituti  dell'accertamento
della dipendenza dell'infermita' da causa di servizio,  del  rimborso
delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo  e
della pensione privilegiata nei confronti del personale  appartenente
al comparto sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico; 
        d) l'art. 19 della legge n. 183 del 2010, recante deleghe  in
materia di lavoro, prevede ai primi due commi che: «1. Ai fini  della
definizione degli ordinamenti, delle carriere  e  dei  contenuti  del
rapporto  di  impiego  e  della  tutela  economica,  pensionistica  e
previdenziale, e' riconosciuta la specificita' del ruolo delle  Forze
armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei  vigili  del
fuoco,  nonche'  dello  stato  giuridico  del   personale   ad   essi
appartenente, in dipendenza della  peculiarita'  dei  compiti,  degli
obblighi  e  delle  limitazioni  personali,  previsti  da   leggi   e
regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche
e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonche'
per i peculiari requisiti  di  efficienza  operativa  richiesti  e  i
correlati impieghi in attivita' usuranti.»; 
        e) l'art. 46 del decreto  legislativo  n.  95  del  2017,  in
attuazione della delega sul riordino dei ruoli contenuta nell'art. 8,
comma 1, lettera a) della  legge  n.  124  del  2015  riguardante  le
deleghe al Governo  per  la  riorganizzazione  delle  amministrazioni
pubbliche, ha istituito l'area negoziale dei dirigenti delle Forze di
polizia a status civile, riguardante  la  parte  normativa  del  loro
rapporto  di  impiego  e  il  trattamento  accessorio   della   parte
economica, prevedendo procedure  e  risorse  per  l'estensione  delle
misure definite al tavolo negoziale, anche agli  ufficiali  superiori
delle Forze di polizia a status militare ed alle  Forze  armate.  Con
quest'ultima modifica normativa,  dunque,  anche  i  dirigenti  della
Polizia di Stato vengono  direttamente  interessati  dalle  procedure
negoziali  del  comparto,  mentre  gli  ufficiali   con   trattamento
dirigenziale dell'Arma dei carabinieri, ed i corrispondenti ufficiali
degli  altri  corpi  militari,  lo  sono  indirettamente,  attraverso
l'attivazione delle previste procedure di estensione. 
    Va  dato  altresi'  atto  dell'ormai  pacifica  individuazione  a
livello legislativo di una  netta  separazione  tra  i  due  comparti
«sicurezza» (Carabinieri, Guardia di finanza e Polizia di  Stato)  da
una  parte  e  «forze  armate»  (Esercito,  Marina  ed  Aeronautica)"
dall'altra. 
    Si consideri  in  particolare  l'art.  1,  comma  2  del  decreto
legislativo 12  maggio  1995,  n.  195,  il  quale  prevede  che  «Le
procedure di cui al comma 1, da attuarsi secondo le modalita'  e  per
le materie  indicate  negli  articoli  seguenti,  si  concludono  con
l'emanazione di separati  decreti  del  Presidente  della  Repubblica
concernenti rispettivamente il personale delle Forze di polizia anche
ad ordinamento militare e quello delle Forze armate.». 
    Significativa appare inoltre, a  parere  di  questo  Giudice,  la
sentenza della Corte costituzionale n. 120 del 2018,  richiamata  dai
ricorrenti, che  ha  attenuato  le  limitazioni  ad  alcune  liberta'
fondamentali del personale militare in ambito politico e sindacale. 
    Ed invero, non  vi  e'  chi  non  veda  come  tale  mutamento  di
orientamento  della  Consulta   costituisca   un'ulteriore   conferma
dell'ormai pacifica omogeneizzazione degli ordinamenti delle Forze di
polizia, a prescindere dal relativo status, di fatto  eliminando  una
delle caratteristiche che avevano giustificato  la  smilitarizzazione
dell'allora Corpo delle guardie  di  pubblica  sicurezza,  ovvero  la
possibilita' di godere della rappresentanza sindacale. 
    Permane inoltre  per  tutte  le  amministrazioni  della  Pubblica
sicurezza, sia ad ordinamento civile  che  militare,  il  divieto  di
sciopero e di iscriversi ad associazioni sindacali non di categoria. 
    In buona sostanza, unica differenza resta  l'assoggettamento  del
personale dell'Arma dei carabinieri e  del  Corpo  della  guardia  di
finanza al codice penale militare. 
    7.2. Ad ulteriore conferma della tendenza  alla  omogeneizzazione
della posizione del personale del comparto Sicurezza,  non  puo'  non
darsi conto della circostanza, emersa nel corso della  interlocuzione
tra   le   parti   a   seguito   della   presentazione   dell'istanza
amministrativa da parte dei  ricorrenti,  che,  come  chiarito  dallo
stesso I.N.P.S. con la nota  0013.10/12/2020.0388573,  «al  personale
direttivo e dirigente del  ruolo  professionale  dei  sanitari  della
Polizia di Stato, immessi  in  servizio  come  ufficiali  medici  del
disciolto Corpo delle guardie di P.S., si applica, per la valutazione
del corso legale di laurea, l'art.  32  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 1092/1973, riprodotto all'art. 1860  del  decreto
legislativo n. 66/2010», come da circolare Inpdap n. 6 del  23  marzo
2005, paragrafo 3.4. 
    7.3. Infine,  va  dato  atto  che  e'  attualmente  in  corso  di
approvazione parlamentare, il disegno di legge di bilancio  2022,  il
cui art. 28, al fine di  allineare  il  trattamento  pensionistico  a
tutto il personale delle Forze di polizia e delle Forze armate  -  la
cui pensione sia calcolata con  il  sistema  «misto»  -,  prevede  l'
estensione, al personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile
(Polizia di Stato e Polizia penitenziaria), della disciplina  di  cui
all'art. 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973,
in tema di applicazione dell'aliquota annua di rendimento sulla parte
della pensione calcolata con il sistema retributivo. 
    Con ordinanza n. 85/2021, inoltre, questo  Giudice  ha  sollevato
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'assetto   normativo
previsto dal testo  unico  1092/1973  con  riferimento  alla  mancata
estensione  al  personale  della  Polizia  di  Stato   della   citata
disposizione di cui all'art. 54 del medesimo testo unico. 
    8. In definitiva, alla luce di tutto  quanto  sopra  evidenziato,
reputa questo Giudice che l'assetto normativo di cui agli articoli 13
e 32 del testo unico 1092/1973, appaia  in  contrasto  con  l'art.  3
Cost. laddove giustifica una disparita' di trattamento,  fondata  sul
mero   status   civile/militare,   con   riferimento   al   personale
appartenente al medesimo comparto Sicurezza,  svolgente  le  medesime
funzioni  e  disciplinato  da   ordinamenti   ormai   sostanzialmente
omogenei. 
    Allo stato degli atti, infatti, nonostante la  conformita'  delle
peculiarita' di impiego, l'Arma dei carabinieri  ed  il  Corpo  della
guardia di finanza possono godere di una maggiore base di  anzianita'
contributiva, che viene garantita gratuitamente agli ufficiali, per i
quali richiesto  il  titolo  di  studio  della  laurea  magistrale  o
specialistica, rispetto ai funzionari della Polizia di Stato. 
    8.1  Inoltre,  risulterebbero  violati  gli  articoli  36  e   38
Costituzione, nella misura in cui, essendo previsto un contributo per
il riscatto degli anni di studi, i funzionari della Polizia di Stato,
che non possono  affrontare  tale  onere  economico,  subirebbero  il
sacrificio  dell'interesse  al  perseguimento   di   un   trattamento
pensionistico  proporzionato  al  servizio  prestato  ed  adeguato  a
mantenere lo stesso tenore di vita. 
    Al riguardo, come  chiarito  dalla  Consulta,  il  lavoratore  ha
diritto  a  «una  particolare  protezione,  nel  senso  che  il   suo
trattamento di quiescenza, al pari della  retribuzione  percepita  in
costanza del rapporto di lavoro, del quale lo stato di  pensionamento
costituisce un  prolungamento  ai  fini  previdenziali,  deve  essere
proporzionato alla quantita' e qualita' del lavoro prestato  e  deve,
in ogni caso, assicurare al lavoratore ed  alla  sua  famiglia  mezzi
adeguati alle esigenze di vita per una esistenza libera e dignitosa». 
    Inoltre,   la   Corte   ha   precisato,   in   particolare,   che
«proporzionalita' e adeguatezza alle esigenze di vita non  sono  solo
quelli che soddisfano i bisogni elementari e vitali ma  anche  quelli
che siano idonei a realizzare le esigenze relative al tenore di  vita
conseguito dallo stesso lavoratore in rapporto  al  reddito  ed  alla
posizione sociale raggiunta» (cfr. sentenze numeri 26/80  e  349/85).
Sotto tale profilo, non  puo'  non  considerarsi  che  il  sacrificio
verrebbe ulteriormente  accentuato  da  un  limite  ordinamentale  di
accesso alla pensione di vecchiaia dei funzionari  della  Polizia  di
Stato, da 60 a 65 anni in relazione alla qualifica,  piu'  basso  del
restante impiego pubblico. 
    Circostanza   questa   che   determinerebbe    un'ulteriore    ed
ingiustificata discriminazione del personale della Polizia di  Stato,
rispetto al personale  ad  ordinamento  civile,  per  il  quale,  per
effetto della riforma di cui al decreto-legge n. 201/2011, convertito
con legge n. 214/2011 (legge Fornero), il limite  anagrafico  per  la
pensione di vecchiaia e' stato innalzato a 66 anni per gli  uomini  e
64 per le donne. 
    A tale riguardo, va  evidenziato  che  il  profilo  del  concreto
rischio, sussistente oggi soprattutto per  i  funzionari  di  livello
inferiore al dirigente superiore (commissario, vice questore e  primo
dirigente), di disparita' di trattamento rispetto al personale civile
(ivi compreso quello dipendente dal medesimo Ministero dell'interno),
con  riferimento  al  piu'  ristretto  orizzonte  temporale  per   il
conseguimento della pensione di vecchiaia,  e'  stato  escluso  dalla
Consulta proprio sul  presupposto  che  non  vi  fosse  all'epoca  un
diverso, e piu' basso, limite anagrafico. 
    Ed  infatti,  in  una  delle  due  fattispecie  esaminate   dalla
Consulta, riferita al personale sanitario della Polizia di Stato,  e'
stato affermato che e' «... inesatto l'argomento del limite  di  eta'
per la cessazione dal servizio del personale in esame -  che  sarebbe
piu' basso rispetto a quello stabilito per il personale civile  -, in
quanto,  ai  sensi  dell'art.  33,  ultimo  comma,  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 24 aprile  1982,  n.  338,  il  personale
inquadrato nei ruoli dei sanitari della Polizia di Stato e' collocato
a  riposo  al  compimento  del  sessantacinquesimo  anno   di   eta'»
(ordinanza n. 188/1995). 
    8.2 Infine, la penalizzazione  del  personale  della  Polizia  di
Stato in tema di  riscatto  degli  anni  di  studio  rischierebbe  di
determinare un vulnus al principio  di  buon  andamento  della  P.A.,
sancito dall'art. 97, secondo  comma,  Cost.,  nella  misura  in  cui
costituisce un disincentivo all'ingresso nei ruoli della  Polizia  di
personale idoneo per preparazione e cultura. 
    A tale riguardo, come chiarito dalla Consulta,  «Pur  nell'ambito
della discrezionalita' di cui gode nello  scegliere  i  periodi  e  i
servizi da ammettere a riscatto (...) il legislatore,  in  una  lunga
evoluzione  normativa,  ha   voluto   garantire   alla   preparazione
professionale ogni considerazione, ai  fini  della  quiescenza,  onde
potere  incentivare,  segnatamente  nelle  carriere   piu'   elevate,
personale idoneo per formazione e per cultura, anche in  armonia  con
l'interesse del buon andamento dell'amministrazione  (art.  97  della
Costituzione). Pertanto, l'incentivazione  all'accesso  di  personale
qualificato  nella  pubblica  amministrazione   si   traduce,   nella
giurisprudenza costituzionale, nel  riconoscere  "alla  preparazione,
acquisita anteriormente all'ammissione in servizio  e  richiesta  per
quest'ultimo, ogni migliore considerazione ai fini di quiescenza" (da
ultimo Corte costituzionale, sentenza n. 112 del 1996»  (sentenza  n.
52 del 2000). 
    E' evidente che la previsione di un contributo  per  il  riscatto
degli anni di studio unitamente ai piu' bassi  limiti  di  anzianita'
per  la  cessazione  dal  servizio,  con  conseguente  penalizzazione
economica   in   termini   di   capitalizzazione    dei    contributi
pensionistici, costituiscono un deterrente per l'ingresso in  Polizia
di personale qualificato, a tutto discapito  del  principio  di  buon
andamento. 
 
                                P.Q.M. 
 
    La Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per  la  Regione
Puglia, in composizione monocratica, non definitivamente pronunciando
sul ricorso n. 36520; 
    Dichiara l'ammissibilita' del ricorso; 
    Dispone la sospensione del giudizio in corso  e  la  trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale per la pronuncia sulla questione
di legittimita' costituzionale di cui in premessa; 
    Ordina che, a cura della segreteria, la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in causa e  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei  deputati
e del Senato della Repubblica. 
    Cosi' deciso, in Bari, all'esito dell'udienza  cartolare  del  14
dicembre 2021. 
 
                          Il Giudice: Costa