N. 10 SENTENZA 25 novembre 2021- 20 gennaio 2022

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Patrocinio a spese dello Stato - Ambito di applicazione -  Estensione
  alla mediazione obbligatoria  conclusa  col  raggiungimento  di  un
  accordo - Omessa previsione - Autorita' competente a  liquidare  il
  compenso - Giudice che  sarebbe  stato  competente  a  decidere  la
  controversia - Omessa previsione - Irragionevolezza, violazione del
  principio di eguaglianza sostanziale e  del  diritto  di  difesa  -
  Illegittimita' costituzionale in parte qua. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 30  maggio  2002,  n.  115,
  artt. 74, comma 2, 75, comma 1, e 83, comma 2. 
- Costituzione, artt. 3, primo e secondo comma, 24,  terzo  comma,  e
  36, primo comma. 
(GU n.4 del 26-1-2022 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela  NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN
  GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 74,  comma
2, 75, comma 1, e 83, comma  2,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 30  maggio  2002,  n.  115,  recante  «Testo  unico  delle
disposizioni legislative e  regolamentari  in  materia  di  spese  di
giustizia. (Testo A)», promossi dal Tribunale ordinario  di  Oristano
con ordinanza dell'8 luglio 2020 e dal Tribunale ordinario di Palermo
con ordinanza del 17 marzo 2021, iscritte, rispettivamente, al n. 188
del registro ordinanze 2020 e al n. 115 del registro ordinanze 2021 e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 1  e  34,
prima serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 24 novembre 2021  il  Giudice
relatore Luca Antonini; 
    deliberato nella camera di consiglio del 25 novembre 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza dell'8 luglio 2020 (reg. ord. n. 188 del 2020),
il Tribunale ordinario di Oristano ha sollevato - in riferimento agli
artt. 3  e  24,  terzo  comma,  della  Costituzione  -  questioni  di
legittimita' costituzionale degli artt. 74, comma 2, e 83,  comma  2,
del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002,  n.  115,
recante «Testo unico delle disposizioni legislative  e  regolamentari
in materia di spese di giustizia. (Testo A)». 
    L'art. 74, comma 2, t.u.  spese  di  giustizia  prevede  che  sia
«assicurato  il  patrocinio  nel  processo  civile,   amministrativo,
contabile, tributario e negli affari di volontaria giurisdizione, per
la difesa del cittadino non abbiente quando le sue ragioni  risultino
non manifestamente infondate». 
    Il  successivo  art.  83,  comma  2,  dispone,  per  quanto   qui
interessa, che la liquidazione del compenso  spettante  al  difensore
«e' effettuata al termine di ciascuna fase o grado  del  processo  e,
comunque, all'atto  della  cessazione  dell'incarico,  dall'autorita'
giudiziaria che ha proceduto». 
    La prima norma e' censurata nella parte in cui non prevede che il
patrocinio a spese  dello  Stato  in  favore  dei  non  abbienti  sia
assicurato  anche  in  relazione   all'attivita'   difensiva   svolta
nell'ambito della mediazione obbligatoria di cui  all'art.  5,  comma
1-bis, del decreto  legislativo  4  marzo  2010,  n.  28  (Attuazione
dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n.  69,  in  materia  di
mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e
commerciali), quando il successivo giudizio non viene instaurato  per
l'intervenuta conciliazione delle parti.  La  seconda  e'  denunciata
nella parte in  cui  non  prevede  che,  in  tali  fattispecie,  alla
liquidazione del compenso spettante al difensore provveda il  giudice
che sarebbe stato competente a conoscere della causa. 
    1.1.- In punto di  rilevanza,  il  rimettente  espone  di  essere
chiamato a  decidere  sull'istanza  di  liquidazione  presentata  dal
difensore nominato dall'amministratore di sostegno di  P.O.,  ammessa
al patrocinio a spese dello Stato  dal  Consiglio  dell'ordine  degli
avvocati, per l'attivita' svolta nel  corso  di  un  procedimento  di
mediazione obbligatoria durante il quale le parti hanno raggiunto  un
accordo per la composizione bonaria della lite, sicche'  il  processo
non e' stato poi introdotto. 
    L'accoglimento dell'istanza  sarebbe,  pertanto,  precluso  dalle
norme  denunciate,  dal  momento  che   queste   non   prevedono   la
possibilita' di liquidare il compenso a carico  dello  Stato  qualora
l'attivita' difensiva sia stata espletata esclusivamente in  sede  di
mediazione, senza  dunque  che  sia  stato  instaurato  il  giudizio.
D'altra parte, precisa il giudice a quo, nella specie sussisterebbero
i requisiti stabiliti dalla legge per il conseguimento del diritto al
patrocinio a spese dello Stato, con la conseguenza che, se  le  norme
sospettate   fossero   dichiarate   costituzionalmente   illegittime,
l'istanza di cui e' investito potrebbe essere accolta. 
    1.2.- In merito alla non manifesta infondatezza, il Tribunale  di
Oristano    preliminarmente    esclude     la     possibilita'     di
un'interpretazione   secundum   Constitutionem   delle   disposizioni
censurate,  ponendo  in  rilievo  che  queste,  nel  riconoscere   il
patrocinio a spese dello Stato e nel disciplinare  la  competenza  ad
adottare il decreto di  liquidazione  del  compenso,  fanno  espresso
riferimento  al  «processo»  e  all'autorita'  giudiziaria  «che   ha
proceduto». La «necessita' del processo» troverebbe poi conferma  sul
piano sistematico, avuto riguardo, tra l'altro, al disposto dell'art.
75,  comma  1,  t.u.  spese  di  giustizia,   a   mente   del   quale
«[l]'ammissione al patrocinio e' valida per ogni  grado  e  per  ogni
fase del processo e per tutte le  eventuali  procedure,  derivate  ed
accidentali, comunque connesse» al processo stesso. 
    In sostanza - conclude il rimettente  anche  sulla  scorta  della
giurisprudenza di legittimita' e di merito - affinche'  le  attivita'
difensive svolte al di fuori del processo possano essere  considerate
giudiziali,  sarebbe  pur  sempre  necessaria   l'instaurazione   del
giudizio. 
    La liquidazione del compenso  a  carico  dello  Stato,  pertanto,
potrebbe  avere  ad  oggetto  l'attivita'  espletata  nel  corso  del
procedimento di mediazione  obbligatoria  soltanto  se  questo  abbia
avuto esito negativo, mentre al medesimo risultato  non  si  potrebbe
giungere   nell'ipotesi   opposta,   ostandovi   la   lettera   delle
disposizioni sospettate. 
    1.2.1.- Tale  esito  ermeneutico  conduce  il  giudice  a  quo  a
dubitare della compatibilita' con  il  dettato  costituzionale  degli
artt. 74, comma 2, e 83, comma 2, t.u. spese di giustizia. 
    In  proposito,  dopo  avere  rammentato   che   il   legislatore,
nell'introdurre forme di giurisdizione condizionata e' tenuto  a  non
rendere eccessivamente difficoltosa  la  tutela  giurisdizionale,  il
rimettente innanzitutto sottolinea come le norme denunciate escludano
dall'ambito di applicazione del patrocinio a  spese  dello  Stato  il
procedimento di mediazione con l'assistenza del difensore, benche' il
suo esperimento sia imposto, in determinate materie, quale condizione
di procedibilita' della domanda giudiziale. 
    Quindi, aggiunge  che  sarebbe  «incongruo»  che  a  impedire  la
liquidazione dei compensi a carico dello Stato sia l'intervento della
conciliazione, ovvero proprio dell'evento che evita  la  celebrazione
del processo e soddisfa cosi' la finalita' deflattiva del contenzioso
a cui e' preordinata la mediazione obbligatoria. 
    Peraltro, prosegue il giudice  a  quo,  la  disciplina  normativa
denunciata disincentiverebbe il raggiungimento  dell'accordo  tra  le
parti, giacche' i non abbienti, nella consapevolezza di dovere in tal
caso sostenere le  spese  difensive,  potrebbero  preferire  agire  o
resistere in giudizio. 
    Essa,  pertanto,  produrrebbe  effetti  opposti   rispetto   alla
suddetta finalita' deflattiva e al  contempo  comporterebbe  maggiori
oneri per la finanza pubblica, poiche' lo Stato, in conseguenza della
instaurazione del giudizio, dovrebbe sopportare le spese sia  per  la
mediazione, sia per il successivo processo. 
    Rileva poi il rimettente che  le  norme  censurate,  non  tenendo
conto delle condizioni economiche dei non abbienti, ne  limiterebbero
di fatto l'uguaglianza nell'accesso alla mediazione e comprimerebbero
l'effettivita' del loro diritto di difesa. Sotto quest'ultimo aspetto
osserva altresi'  che  i  non  abbienti,  non  essendo  in  grado  di
sostenere le spese per  l'attivita'  difensiva,  potrebbero  finanche
essere indotti a rinunciare del tutto a far valere le proprie ragioni
oppure a concludere l'accordo conciliativo a condizioni piu'  onerose
di quelle che avrebbero ottenuto ove dette spese fossero state  poste
a carico dello Stato. 
    Per le ragioni ora esposte, infine,  le  disposizioni  denunciate
determinerebbero anche un'ingiustificata  disparita'  di  trattamento
tra abbienti e non abbienti. 
    Alla luce delle considerazioni che precedono,  risulterebbero  in
definitiva lesi, secondo il Tribunale di Oristano, gli artt. 3 e  24,
terzo comma, Cost. 
    1.2.2.- Sotto  un  diverso  profilo,  peraltro,  le  disposizioni
censurate sarebbero generatrici di un'irragionevole disparita'  anche
all'interno della stessa categoria dei non abbienti,  a  seconda  che
questi siano o meno parti di una controversia transfrontaliera. 
    Soltanto in relazione a tali controversie, infatti, l'art. 10 del
decreto  legislativo  27  maggio  2005,  n.  116  (Attuazione   della
direttiva 2003/8/CE intesa  a  migliorare  l'accesso  alla  giustizia
nelle controversie  transfrontaliere  attraverso  la  definizione  di
norme minime comuni relative al patrocinio a  spese  dello  Stato  in
tali controversie), estende il patrocinio a spese dello  Stato  anche
ai procedimenti stragiudiziali, qualora, per  quanto  qui  interessa,
questi   siano   obbligatori.   Siffatta   disposizione,    tuttavia,
risponderebbe all'esigenza, comune alle controversie  domestiche,  di
garantire l'effettivita' del  diritto  di  difesa,  sicche'  la  sola
natura transfrontaliera delle  liti  non  costituirebbe  un  elemento
idoneo a differenziare ragionevolmente i  non  abbienti  che  non  ne
siano parte. 
    2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili. 
    2.1.- Il  giudice  a  quo,  infatti,  non  avrebbe  adeguatamente
motivato    l'asserita    impossibilita'    di     un'interpretazione
costituzionalmente orientata. 
    Interpretazione, questa, che sarebbe invece praticabile alla luce
dell'art. 75, comma 1, t.u. spese  di  giustizia,  che  contempla  il
patrocinio a spese dello Stato anche per le procedure  «connesse»  al
processo, quale dovrebbe ritenersi il procedimento di mediazione pure
se concluso con successo. 
    La prospettata soluzione ermeneutica sarebbe del  resto  conforme
ai principi costituzionali  perche',  tra  l'altro:  a)  risulterebbe
coerente con la necessita' di individuare un punto di equilibrio  tra
la garanzia del diritto di difesa e l'esigenza di contenimento  della
spesa pubblica, comportando minori  costi  per  lo  Stato,  il  quale
dovrebbe infatti sostenere soltanto le spese connesse alla mediazione
e non anche quelle inerenti al successivo giudizio; b)  risponderebbe
alla  necessita'  che  l'introduzione  di  forme   di   giurisdizione
condizionata non renda eccessivamente gravoso l'esercizio del diritto
di difesa; c) sarebbe  in  armonia  con  lo  scopo  deflattivo  della
mediazione. 
    Osserva, infine, l'Avvocatura generale che  tale  interpretazione
troverebbe conforto nell'orientamento giurisprudenziale  secondo  cui
l'attivita' difensiva funzionale al successivo esercizio  dell'azione
giudiziaria  dovrebbe   considerarsi   giudiziale   ai   fini   della
liquidazione del compenso a carico dello Stato  (e'  citata,  tra  le
altre, Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 19  aprile
2013, n. 9529). 
    Ne' tale conclusione sarebbe smentita dalla sentenza  (e'  citata
Corte di cassazione, sezione seconda civile, sentenza 31 agosto 2020,
n. 18123) con la quale i giudici di legittimita' hanno  disatteso  il
ricorso  avverso  la  statuizione  di  rigetto   della   domanda   di
liquidazione  per  l'attivita'  difensiva  svolta  nella  fase  della
mediazione obbligatoria: si tratterebbe, infatti,  di  una  decisione
inerente a una fattispecie «non del tutto sovrapponibile a quella  in
esame». 
    3.- Con successiva ordinanza del 17 marzo 2021 (reg. ord. n.  115
del 2021), il Tribunale  ordinario  di  Palermo  ha  sollevato  -  in
riferimento agli artt. 3, 24, terzo comma, e 36, primo comma, Cost. -
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 74, comma  2,  e
75, comma 1,  t.u.  spese  di  giustizia,  nella  parte  in  cui  non
prevedono che il patrocinio a spese dello Stato sia assicurato  anche
per l'attivita' difensiva espletata nel  corso  del  procedimento  di
mediazione obbligatoria di cui all'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n.
28 del  2010,  quando  il  processo  non  viene  poi  introdotto  per
intervenuta conciliazione fra le parti. 
    3.1.- Riferisce il rimettente di essere investito dell'istanza di
liquidazione del compenso avanzata - in  relazione  alle  prestazioni
rese  nell'ambito  di  un  procedimento  di  mediazione  obbligatoria
concluso con un accordo conciliativo - dal difensore di G. D.B. e  V.
C., nella qualita' di esercenti la potesta' genitoriale sul minore A.
D.B., ammessi  al  patrocinio  a  spese  dello  Stato  dal  Consiglio
dell'ordine degli avvocati. 
    3.2.- La suddetta istanza non potrebbe, secondo il giudice a quo,
trovare accoglimento alla  luce  del  tenore  letterale  delle  norme
denunciate e della menzionata sentenza della Corte di  cassazione  n.
18123 del 2020, nella  quale  i  giudici  di  legittimita'  avrebbero
affermato che gli artt. 74 e 75 t.u. spese di giustizia escludono dal
novero delle  attivita'  difensive  suscettibili  di  liquidazione  a
carico dello Stato quelle  svolte  nel  corso  della  mediazione  non
seguita dalla instaurazione del giudizio,  precisando  poi  che  tale
limitazione non potrebbe essere superata in via interpretativa. 
    3.2.1.- Su tale premessa, il giudice palermitano  ritiene  che  i
citati artt. 74, comma 2, e 75, comma  1,  t.u.  spese  di  giustizia
ledano, innanzitutto, gli artt. 3 e 24 Cost. 
    Considerato il favor legislativo per la soluzione  stragiudiziale
delle  controversie,  sarebbe  del  tutto  irragionevole   precludere
l'accesso al patrocinio a spese dello Stato quando la controversia e'
stata definita in  sede  di  mediazione  obbligatoria  e  consentirlo
invece in caso di esito infruttuoso della mediazione stessa,  con  la
conseguente necessita' di instaurare il processo. 
    Le norme  denunciate,  d'altro  canto,  minerebbero  la  funzione
deflattiva della mediazione, che sarebbe infatti destinata ad  essere
affrontata  dai  difensori  «come  una  mera  formalita'   prodromica
all'instaurazione» del giudizio, giacche' solo in  questa  sede  essi
otterrebbero la liquidazione del compenso a spese dello  Stato.  Cio'
che, peraltro, comporterebbe una lievitazione degli  oneri  a  carico
dell'erario, i quali, anziche' essere limitati alle  spese  difensive
per la mediazione stessa, sarebbero aggravati dai costi connessi allo
svolgimento del processo. 
    A parere del rimettente, sarebbe vulnerato anche  il  diritto  di
agire  in  giudizio  e,  con  esso,  il  principio   di   uguaglianza
sostanziale. Il rischio di dover sopportare le spese difensive per il
procedimento  di  mediazione  obbligatoria,   infatti,   risulterebbe
«disincentivante (e percio' pregiudizievole nella  prospettiva  della
piena  realizzazione  del  diritto   di   difesa   presidiato   anche
dall'istituto del patrocinio a spese dello Stato)» per i non abbienti
e lederebbe, pertanto,  il  loro  diritto  di  accedere  alla  tutela
giurisdizionale  in  condizioni  di  uguaglianza  rispetto  a  quanti
dispongono di mezzi economici adeguati. 
    3.2.2.- Secondo il Tribunale di Palermo, l'art. 3  Cost.  sarebbe
altresi' violato in riferimento al principio di uguaglianza  formale,
sotto un duplice aspetto. 
    Le disposizioni censurate darebbero luogo  a  una  ingiustificata
disparita' di trattamento, sia tra i non abbienti, in relazione  alla
disciplina riservata dal citato art. 10 del d.lgs. n.  116  del  2005
alla   mediazione   obbligatoria    concernente    le    controversie
transfrontaliere, sia tra i difensori dei non abbienti, i quali,  pur
avendo  effettuato  prestazioni  identiche  in  sede  di  mediazione,
riceverebbero,  «sul  piano  del  compenso»  dovuto  loro  per   tali
attivita', un trattamento differenziato a seconda del  raggiungimento
o meno dell'accordo. 
    3.2.3.- Il rimettente dubita, infine, della compatibilita'  delle
disposizioni denunciate  con  l'art.  36,  primo  comma,  Cost.,  che
sarebbe leso  in  quanto,  per  effetto  della  preclusione  da  esse
derivante,   i   difensori   presterebbero   «attivita'    lavorativa
obbligatoria gratuitamente». 
    4.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, concludendo per  la  declaratoria  di  inammissibilita'  delle
questioni sollevate. 
    Ritiene la difesa dello Stato,  sulla  scorta  di  argomentazioni
sostanzialmente identiche a quelle addotte in relazione all'ordinanza
di rimessione del Tribunale di Oristano, che neanche il Tribunale  di
Palermo abbia compiutamente motivato in merito all'impossibilita'  di
un'interpretazione costituzionalmente conforme. 
    4.1.- La dedotta violazione  dell'art.  36,  primo  comma,  Cost.
sarebbe inoltre insussistente, in quanto  l'assunzione  della  difesa
della  parte  ammessa  al  patrocinio  non  sarebbe  obbligatoria  e,
comunque, perche' la relativa attivita' sarebbe svolta  dall'avvocato
solo occasionalmente. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza dell'8 luglio 2020 (reg. ord. n. 188 del 2020),
il  Tribunale  ordinario  di  Oristano  dubita   della   legittimita'
costituzionale degli artt. 74, comma 2, e 83, comma  2,  del  decreto
del Presidente della Repubblica  30  maggio  2002,  n.  115,  recante
«Testo  unico  delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
materia di spese di giustizia. (Testo A)», i quali,  rispettivamente,
dispongono che e' «assicurato  il  patrocinio  nel  processo  civile,
amministrativo, contabile, tributario e negli  affari  di  volontaria
giurisdizione, per la difesa del cittadino non abbiente quando le sue
ragioni risultino non manifestamente infondate»  e,  per  quanto  qui
rileva, che la liquidazione del compenso spettante al difensore della
parte non abbiente «e' effettuata al termine di ciascuna fase o grado
del processo e, comunque, all'atto  della  cessazione  dell'incarico,
dall'autorita' giudiziaria che ha proceduto». 
    2.- La prima disposizione e' censurata nella  parte  in  cui  non
prevede che il patrocinio a spese  dello  Stato  in  favore  dei  non
abbienti sia assicurato anche in  relazione  all'attivita'  difensiva
svolta nell'ambito della mediazione obbligatoria di cui  all'art.  5,
comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28  (Attuazione
dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n.  69,  in  materia  di
mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e
commerciali), quando il successivo giudizio non viene instaurato  per
l'intervenuta conciliazione delle parti.  La  seconda  e'  denunciata
laddove non prevede che, in tali fattispecie, alla  liquidazione  del
compenso spettante al difensore provveda il giudice che sarebbe stato
competente a conoscere della causa. 
    2.1.- Sul presupposto che le norme sospettate non  consentano  di
liquidare tale compenso  indipendentemente  dalla  instaurazione  del
giudizio - e quindi nel caso in cui la mediazione obbligatoria si sia
conclusa con successo,  in  virtu'  del  raggiungimento  dell'accordo
conciliativo - e che non siano suscettibili  di  una  interpretazione
costituzionalmente  conforme,  il  rimettente   sostiene   che   tale
preclusione violerebbe, sotto plurimi profili,  gli  artt.  3  e  24,
terzo comma, della Costituzione. 
    Il  dedotto  contrasto  sarebbe  apprezzabile,  innanzitutto,  in
considerazione del fatto che il procedimento di mediazione e' escluso
dalla sfera di applicabilita' del  patrocinio  a  spese  dello  Stato
benche' sia imposto, in  determinate  materie,  quale  condizione  di
procedibilita' della domanda giudiziale. 
    Sarebbe quindi irragionevole che la liquidazione del compenso sia
impedita proprio dall'evento che evita la celebrazione del processo e
realizza la  finalita'  deflattiva  perseguita  dal  legislatore  con
l'introduzione della mediazione obbligatoria. 
    Altro profilo di irragionevolezza risiederebbe nel rilievo che  i
non  abbienti,  anziche'  conciliare,  potrebbero  essere  indotti  a
privilegiare la scelta di agire o resistere in giudizio, per  vedersi
riconosciute in questa sede le spese difensive;  cio'  che  finirebbe
per frustrare la suddetta finalita' e  comporterebbe  maggiori  oneri
per lo Stato. 
    D'altra parte, le norme censurate, non prevedendo  il  patrocinio
nonostante l'obbligatorieta' della mediazione al fine di accedere  al
giudizio e potendo finanche indurre i non abbienti a rinunciare a far
valere  le  proprie  ragioni,  minerebbero  l'effettivita'  del  loro
diritto di difesa, ledendo altresi' il principio di  uguaglianza  sia
in senso sostanziale  che  in  senso  formale,  tra  abbienti  e  non
abbienti. 
    Il principio di parita'  sarebbe  compromesso  anche  all'interno
della stessa categoria  dei  non  abbienti,  poiche'  l'art.  10  del
decreto  legislativo  27  maggio  2005,  n.  116  (Attuazione   della
direttiva 2003/8/CE intesa  a  migliorare  l'accesso  alla  giustizia
nelle controversie  transfrontaliere  attraverso  la  definizione  di
norme minime comuni relative al patrocinio a  spese  dello  Stato  in
tali controversie), ingiustificatamente li ammetterebbe a fruire  del
patrocinio  a  spese  dello  Stato  in  relazione   ai   procedimenti
stragiudiziali obbligatori solo ove, tuttavia, questi siano  inerenti
a una controversia transfrontaliera. 
    3.- Con successiva ordinanza del 17 marzo 2021 (reg. ord. n.  115
del  2021),  il  Tribunale  ordinario   di   Palermo   dubita   della
legittimita' costituzionale del gia' denunciato  art.  74,  comma  2,
nonche' dell'art. 75, comma 1, t.u. spese di giustizia,  nella  parte
in cui non prevedono che  il  patrocinio  a  spese  dello  Stato  sia
assicurato anche per l'attivita' difensiva espletata  nel  corso  del
procedimento di mediazione obbligatoria  di  cui  all'art.  5,  comma
1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010 quando il  processo  non  viene  poi
introdotto per intervenuta conciliazione fra le parti. 
    Il suddetto  art.  75,  comma  1,  dispone  che  l'ammissione  al
patrocinio «e' valida per ogni grado e per ogni fase del  processo  e
per tutte le eventuali procedure, derivate ed  accidentali,  comunque
connesse». 
    3.1.- Anche il giudice palermitano esclude la  praticabilita'  di
un'interpretazione   costituzionalmente   orientata    delle    norme
censurate, il cui tenore testuale precluderebbe, nella lettura  della
giurisprudenza di  legittimita',  la  liquidazione  del  compenso  al
difensore allorquando al procedimento di mediazione non  abbia  fatto
seguito l'instaurazione del giudizio. 
    Su questo assunto, egli ritiene che le  suddette  norme  violino,
innanzitutto, gli artt. 3 e 24, terzo comma, Cost. 
    Sarebbe,  infatti,  contrario  al  canone  della   ragionevolezza
consentire l'accesso al patrocinio a spese dello  Stato  in  caso  di
esito infruttuoso della mediazione obbligatoria, con  la  conseguente
introduzione del processo, ed escluderlo  invece  proprio  quando  la
mediazione stessa ha raggiunto il  suo  scopo;  cio'  che,  peraltro,
comprometterebbe la finalita' deflattiva della procedura in parola  e
causerebbe un aggravio degli oneri a carico dell'erario, in quanto la
mediazione sarebbe destinata ad essere affrontata dai  difensori  dei
non abbienti «come una mera formalita' prodromica  all'instaurazione»
del giudizio. 
    Ritiene, inoltre, il rimettente, sulla scorta  di  argomentazioni
sostanzialmente analoghe a quelle spese dal  Tribunale  di  Oristano,
che le norme denunciate rechino un vulnus  al  diritto  di  agire  in
giudizio dei non abbienti e al principio di uguaglianza sostanziale. 
    L'art. 3 Cost. sarebbe leso anche sul versante della  uguaglianza
formale,  per  la  ingiustificata  disparita'  che  le   disposizioni
censurate determinerebbero, non  soltanto  all'interno  della  stessa
categoria dei non abbienti, a seconda che essi siano o meno parte  di
una controversia transfrontaliera, ma anche tra difensori,  i  quali,
pur  avendo  effettuato   prestazioni   identiche   nel   corso   del
procedimento di mediazione, avrebbero diritto al  compenso  a  carico
dello Stato solo in caso mancato raggiungimento dell'accordo. 
    A tale ultimo rilievo e', infine, connesso il lamentato contrasto
con l'art. 36, primo comma, Cost., che sarebbe violato  in  quanto  i
difensori   presterebbero    «attivita'    lavorativa    obbligatoria
gratuitamente». 
    4.- E' intervenuto  in  entrambi  i  giudizi  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, eccependo  l'inammissibilita'  delle  questioni
per  inadeguato  esperimento   del   tentativo   di   interpretazione
costituzionalmente conforme. 
    Nel giudizio che trae origine dall'ordinanza  di  rimessione  del
Tribunale di Palermo, inoltre, la difesa dello Stato  ha  dedotto  la
non fondatezza della censura formulata in  riferimento  all'art.  36,
primo comma, Cost. 
    5.- Le questioni sollevate con le  due  ordinanze  di  rimessione
sono basate  su  argomenti  in  larga  parte  sovrapponibili  e  sono
comunque connesse, per la parziale coincidenza delle norme denunciate
e dei parametri evocati. 
    I relativi giudizi vanno, pertanto, riuniti per essere decisi con
un'unica pronuncia. 
    6.- Preliminarmente, va  rilevato  che  il  giorno  stesso  della
deliberazione  della  presente  sentenza  e'  stata   definitivamente
approvata la legge 26 novembre 2021, n. 206 (Delega  al  Governo  per
l'efficienza del processo civile e per la revisione della  disciplina
degli strumenti  di  risoluzione  alternativa  delle  controversie  e
misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti  in  materia  di
diritti  delle  persone  e  delle  famiglie  nonche'  in  materia  di
esecuzione forzata), con la quale  viene  conferita  al  Governo  una
delega legislativa per quanto qui interessa recante, tra i principi e
criteri direttivi, quello  dell'estensione  del  patrocinio  a  spese
dello Stato alle procedure di mediazione e di negoziazione  assistita
(art. 1, comma 4, lettera a). 
    Tale  previsione  non  spiega,  pero',  effetti   negli   odierni
incidenti, dal momento che la  sua  entrata  in  vigore  non  vale  a
escludere l'applicazione delle disposizioni censurate. 
    7.- Ancora in via preliminare, deve essere disattesa  l'eccezione
di inammissibilita' sollevata dall'Avvocatura generale  sulla  scorta
dell'asserita  carenza   di   un'adeguata   motivazione   in   ordine
all'impossibilita'  di  interpretare  le  norme  denunciate  secundum
Constitutionem. 
    I  rimettenti,  infatti,  hanno  escluso  la  praticabilita'   di
un'interpretazione adeguatrice alla luce del  dato  letterale  e  per
ragioni sistematiche, non mancando di confrontarsi con  la  posizione
della giurisprudenza di legittimita'. 
    Da tanto consegue il rigetto dell'eccezione  in  esame,  giacche'
attiene al merito,  e  non  all'ammissibilita'  delle  questioni,  la
condivisione  o  meno  del  presupposto  interpretativo  delle  norme
censurate (ex plurimis, sentenze n. 150 del 2021 e n. 230 del 2020). 
    8.- Presupposto esegetico che, venendo appunto al merito,  questa
Corte ritiene condivisibile. 
    Esso e', infatti, innanzitutto coerente con  il  tenore  testuale
delle disposizioni denunciate. 
    L'art. 74, comma 2, t.u. spese di giustizia, invero, assicura  ai
non  abbienti  il  beneficio   in   discussione   facendo   esclusivo
riferimento al «processo». Nella medesima direzione, l'art. 75, comma
1,  del  citato  testo  unico  delimita  poi  l'ambito  di  validita'
dell'ammissione al patrocinio a ogni grado e fase «del processo e per
tutte le  eventuali  procedure,  derivate  ed  accidentali,  comunque
connesse»  al  processo  stesso,   di   cui,   pertanto,   presuppone
l'introduzione. Il successivo art. 83, comma 2, infine, nel suo primo
periodo  attribuisce  la  competenza  a  provvedere  in  ordine  alla
liquidazione  del  compenso   all'autorita'   giudiziaria   «che   ha
proceduto», in tal modo ribadendo, senza  possibilita'  di  equivoco,
l'esigenza dell'instaurazione  di  un  giudizio  di  cui  l'autorita'
giudiziaria sia stata, per l'appunto, investita. 
    Il patrocinio a spese dello Stato  e'  stato  quindi  contemplato
dalle norme censurate in chiave eminentemente processuale:  cio'  che
trova ulteriore conferma nella circostanza che lo stesso legislatore,
con la legge  delega  innanzi  citata,  ha  avvertito  l'esigenza  di
introdurre specifiche disposizioni volte espressamente a  estenderlo,
a prescindere dal loro esito, anche alle procedure di mediazione. 
    Va peraltro precisato che la sentenza richiamata  dall'Avvocatura
generale a sostegno della possibilita' di un'interpretazione conforme
(Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 19 aprile  2013,
n. 9529), in realta', non ha riguardato segnatamente le norme oggetto
dell'odierno scrutinio e che invece l'assunto dei rimettenti si  pone
in linea con l'orientamento  recentemente  espresso  dai  giudici  di
legittimita'  con  specifico  riferimento  al  tema  che  viene   qui
considerato. Nella sentenza 31 agosto 2020,  n.  18123,  infatti,  la
seconda sezione civile della Corte di  cassazione  ha  affermato  che
l'art. 74 t.u. spese di giustizia «postula l'intervenuto avvio  della
lite giudiziale», poiche' «limita  l'operativita'  del  patrocinio  a
spese dello Stato all'ambito del procedimento [...] civile»;  ha  poi
espressamente precisato che siffatto limite non puo' essere  superato
in  via  interpretativa,  pena  lo   sconfinare   «nella   produzione
normativa», e ha quindi concluso  che  correttamente  il  giudice  di
merito aveva «ritenuto non liquidabile compenso al difensore  per  la
fase della mediazione, cui  non  e`  seguita  la  proposizione  della
lite». 
    8.1.- E' dunque alla stregua del presupposto ermeneutico  da  cui
muovono i giudici a quibus che le questioni sollevate dai  rimettenti
devono essere vagliate, innanzitutto considerando, quanto al  tessuto
normativo sul quale esse  si  innestano,  che  la  mediazione  civile
obbligatoria e' stata introdotta dall'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs.
n. 28 del 2010 con un evidente  intento  deflattivo  del  contenzioso
(sentenza n. 97 del 2019)  ed  e'  strutturata  quale  condizione  di
procedibilita' delle domande giudiziali. 
    La parte che intende esercitare in  giudizio  un'azione  relativa
alle controversie nelle materie ivi  specificamente  individuate  e',
infatti,  «tenut[a],  assistit[a]  dall'avvocato,  preliminarmente  a
esperire il procedimento di  mediazione»,  al  fine  di  tentarne  la
composizione stragiudiziale. 
    Si e' al cospetto, pertanto, di un  procedimento  contraddistinto
dall'obbligatorieta',    che    deve    essere    espletato,     pena
l'improcedibilita' della domanda,  prima  dell'instaurazione  di  una
lite giudiziaria. Esso, di conseguenza,  condiziona,  in  determinate
materie, l'esercizio del diritto di azione. 
    E', in definitiva, sull'esclusione del patrocinio a carico  dello
Stato in ordine a tale procedimento, qualora questo si  concluda  con
esito positivo, precludendo quindi l'introduzione del  processo,  che
si  sviluppano  le  questioni  di  costituzionalita'  sollevate   dai
rimettenti sugli artt. 74, comma 2, 75, comma 1, e 83, comma 2,  t.u.
spese di giustizia. 
    9.- Esse sono fondate  in  riferimento  agli  artt.  3,  primo  e
secondo  comma,  in  relazione,  rispettivamente,  al  principio   di
ragionevolezza e a quello di eguaglianza  sostanziale,  e  24,  terzo
comma, Cost. 
    9.1.- Quanto al canone della ragionevolezza, va  evidenziato  che
il  nesso  di  strumentalita'  necessaria  con  il  processo   e   la
riconducibilita'  della  mediazione  alle  forme   di   giurisdizione
condizionata aventi finalita' deflattive costituiscono  elementi  che
rendono  del  tutto  distonica  e   priva   di   alcuna   ragionevole
giustificazione l'esclusione  del  patrocinio  a  spese  dello  Stato
quando la medesima mediazione si sia conclusa con successo e non  sia
stata  in  concreto  seguita  dalla  proposizione  giudiziale   della
domanda. 
    In  tal   modo,   infatti,   il   suddetto   patrocinio   risulta
contraddittoriamente escluso proprio nei casi in cui il  procedimento
de quo ha  raggiunto  -  in  ipotesi  anche  grazie  all'impegno  dei
difensori - lo scopo deflattivo prefissato dal legislatore. 
    Pertanto, la circostanza che, in virtu' del suo  esito  positivo,
alla mediazione obbligatoria non abbia fatto seguito  l'instaurazione
del giudizio, lungi  dal  costituire  un  coerente  fondamento  della
denunciata preclusione, al contrario concorre a disvelarne la  palese
irrazionalita',  peraltro  traducendosi  anche  in   una   sorta   di
disincentivo verso quella cultura della mediazione che il legislatore
stesso si e' fatto carico di promuovere. 
    Nel  descritto  contesto,   infatti,   non   implausibilmente   i
rimettenti rilevano che proprio per effetto dell'esclusione censurata
i non abbienti e i loro difensori potrebbero  essere  indotti  a  non
raggiungere  l'accordo  e  ad  adire  quindi  comunque  il   giudice,
all'unico scopo di ottenere, una volta  introdotto  il  processo,  le
relative spese difensive. 
    Tale evenienza porterebbe nocumento non solo alla funzione  della
mediazione, vanificandone le finalita' deflattive, ma anche a  quella
della giurisdizione che, a  dispetto  della  sua  natura  sussidiaria
rispetto   alla   mediazione    stessa,    finirebbe    per    essere
strumentalizzata per obiettivi diversi dallo  ius  dicere,  cio'  che
determinerebbe ulteriori irragionevoli ricadute  di  sistema  per  il
sicuro aumento degli oneri a carico dello Stato, chiamato a sostenere
anche i costi dello svolgimento del giudizio. 
    Gli  argomenti  che  precedono  rivelano  quindi   la   manifesta
irragionevolezza   delle   disposizioni   censurate,   peraltro   ben
precedenti l'introduzione, nell'ordinamento, della  disciplina  della
mediazione obbligatoria e mai coordinate con essa. 
    9.2.-  Parimenti  fondate  sono   le   questioni   sollevate   in
riferimento agli artt. 3, secondo comma, e 24, terzo comma, Cost. 
    Quest'ultima  disposizione,  infatti,  prevedendo   che   «[s]ono
assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per  agire
e difendersi davanti ad  ogni  giurisdizione»,  mira  a  garantire  a
coloro che non sono in grado di sopportare il costo  di  un  processo
«l'effettivita' del diritto ad agire e a difendersi in giudizio,  che
il secondo comma del medesimo art. 24 Cost.  espressamente  qualifica
come diritto inviolabile (sentenze n. 80 del 2020, n. 178  del  2017,
n. 101 del 2012 e n. 139 del 2010; ordinanza n. 458  del  2002)»  (da
ultimo, sentenza n. 157 del 2021). 
    In questi termini, tali diritti,  che  rientrano  tra  i  diritti
civili, inviolabili e caratterizzanti lo Stato di diritto, richiamano
il compito assegnato alla  Repubblica  dall'art.  3,  secondo  comma,
Cost. affinche' siano predisposti i mezzi necessari per garantire  ai
non abbienti le giuste chances di successo nelle liti,  rimediando  a
un problema di  asimmetrie  -  derivante  dagli  ostacoli  di  ordine
economico che impediscono «di fatto» di compensare il difensore - che
non puo' trovare soluzione nell'ambito dell'eguaglianza solo formale. 
    In questa prospettiva va precisato che la questione, sottolineata
da questa Corte, della individuazione di un «punto di equilibrio  tra
garanzia del diritto di difesa per i non  abbienti  e  necessita'  di
contenimento della spesa pubblica in materia di giustizia»  (sentenza
n. 16 del 2018) rileva quando si tratti di  giustificare  modulazioni
che si concretizzano, ad esempio, in filtri o controlli, come  quelli
previsti per i processi  diversi  da  quello  penale,  nei  quali  il
riconoscimento del beneficio in discorso presuppone che le ragioni di
chi  agisce  o  resiste  in  giudizio  risultino  non  manifestamente
infondate (sentenza n. 47 del 2020). 
    Ben diversi si presentano,  invece,  i  termini  della  questione
quando una determinata scelta legislativa giunge sino  a  impedire  a
chi  versa  in  una  condizione  di  non   abbienza   «l'effettivita'
dell'accesso alla giustizia, con conseguente  sacrificio  del  nucleo
intangibile del diritto alla tutela giurisdizionale» (sentenza n. 157
del 2021). 
    In tal  caso,  infatti,  sono  nitidamente  in  gioco  il  «pieno
sviluppo della persona  umana»  (art.  3,  secondo  comma,  Cost.)  e
l'intero impianto dell'inviolabile diritto  al  processo  di  cui  ai
primi due commi dell'art. 24 Cost.: e' quindi «naturalmente  ridotto»
il margine di discrezionalita' del legislatore -  pur,  di  per  se',
particolarmente ampio nella conformazione degli istituti  processuali
(ex plurimis, sentenza n. 102 del 2021) - poiche' si tratta  comunque
«di spese  costituzionalmente  necessarie»,  anch'esse  inerenti,  in
senso lato, «all'erogazione di prestazioni sociali incomprimibili (ex
plurimis, sentenze n. 62  del  2020,  n.  275  e  n.  10  del  2016)»
(sentenza n. 152 del 2020). 
    In  siffatte  ipotesi  l'argomento  dell'equilibrio  di  bilancio
recede  di  fronte  alla  possibilita',  per   il   legislatore,   di
intervenire, se del caso, a ridurre quelle spese che non rivestono il
medesimo carattere di priorita': e' anche in  tal  senso  che  questa
Corte ha affermato che «e' la garanzia dei diritti incomprimibili  ad
incidere sul bilancio, e non l'equilibrio di questo  a  condizionarne
la doverosa erogazione» (sentenza n. 169  del  2017;  in  precedenza,
sentenza n. 275 del 2016). 
    9.2.1.-  I  principi  appena  enunciati  rilevano  nelle  odierne
questioni,  poiche',  data  l'espressa   previsione   dell'assistenza
dell'avvocato in sede  di  mediazione  obbligatoria  (art.  5,  comma
1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010), e'  evidente  che  privare  i  non
abbienti del patrocinio a spese dello Stato significa  destinarli  di
fatto, precludendo loro  la  possibilita'  della  difesa  tecnica,  a
subire l'asimmetria rispetto alla controparte abbiente in relazione a
un procedimento che, come si e' chiarito, in determinate  materie  e'
direttamente imposto  dalla  legge  e  rientra  nell'esercizio  della
funzione giudiziaria giacche' condiziona l'esercizio del  diritto  di
azione. 
    Il non  abbiente  e',  peraltro,  addirittura  esposto  al  grave
rischio di improcedibilita' della sua domanda,  qualora  l'assistenza
tecnica sia ritenuta non solo possibile  ma  anche  obbligatoria  dal
giudice, in conformita' a  quanto  affermato,  con  riferimento  alla
mediazione di cui si discute, dalla Corte  di  cassazione  (Corte  di
cassazione, sezione terza civile, sentenza 27 marzo 2019, n. 8473)  -
sia  pure  nell'esaminare  funditus  solo  lo  specifico  tema  della
necessaria presenza personale della parte dinanzi al  mediatore  -  e
nella circolare  del  Ministero  della  giustizia  27  novembre  2013
(Entrata in vigore dell'art. 84  del  d.l.  69/2013  come  convertito
dalla  l.  98/2013  recante  disposizioni  urgenti  per  il  rilancio
dell'economia, che modifica il d.lgs. 28/2010. Primi chiarimenti). 
    Non e' poi marginale aggiungere che la mediazione presuppone,  in
ogni caso, sin  dalla  sua  attivazione  il  possesso  di  specifiche
cognizioni tecniche di cui la  parte  non  abbiente  potrebbe  essere
priva: la relativa istanza richiede,  infatti,  l'individuazione  sia
del   giudice   territorialmente   competente   a   conoscere   della
controversia, dovendo essere depositata presso un  organismo  che  ha
appunto sede nel luogo di tale  giudice,  sia  delle  parti,  nonche'
dell'oggetto e delle ragioni della pretesa (art. 4, commi 1 e 2,  del
d.lgs. n. 28 del 2010). 
    L'assenza di difesa tecnica nel procedimento di mediazione  puo',
infine, riflettersi anche sotto ulteriori punti di  vista  sull'esito
del successivo processo, ove si consideri  che  in  caso  di  rifiuto
della proposta conciliativa, se la  successiva  decisione  giudiziale
dovesse  corrispondere  al  contenuto  della  proposta  medesima,  il
giudice potra' escludere  la  ripetizione  delle  spese  della  parte
vincitrice che ha opposto il rifiuto e condannarla al pagamento delle
spese processuali della controparte, oltre che al versamento  di  una
somma corrispondente all'importo del contributo unificato  (art.  13,
comma 1, del d.lgs. n. 28 del 2010). 
    E' in definitiva evidente il radicale vulnus arrecato dalle norme
censurate  al  diritto  di  difendersi  dei  non   abbienti   in   un
procedimento che, per un verso, e'  imposto  ex  lege  in  specifiche
materie e che, per l'altro, e' strumentale al giudizio  al  punto  da
condizionare l'esercizio del diritto di azione e il relativo esito. 
    10.- Va,  pertanto,  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
degli artt. 74, comma 2, e 75, comma  1,  t.u.  spese  di  giustizia,
nella parte in cui non prevedono che  il  patrocinio  a  spese  dello
Stato  sia   applicabile   anche   all'attivita'   difensiva   svolta
nell'ambito dei procedimenti di mediazione di cui all'art.  5,  comma
1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, quando nel corso  degli  stessi  e'
stato raggiunto un accordo, nonche' del successivo art. 83, comma  2,
del medesimo testo unico sulle spese di giustizia, nella parte in cui
non prevede che, in tali ipotesi, alla  liquidazione  in  favore  del
difensore  provveda  l'autorita'  giudiziaria   che   sarebbe   stata
competente a decidere la controversia. 
    11.- Rimane ferma, ovviamente, la  facolta'  del  legislatore  di
valutare, nella sua discrezionalita', eventualmente anche in sede  di
attuazione della legge delega  prima  richiamata,  l'opportunita'  di
introdurre, nel rispetto dei suddetti  principi  costituzionali,  una
piu'  compiuta  e  specifica  disciplina  della  fattispecie  oggetto
dell'odierno scrutinio. 
    12.- Restano  assorbite  le  ulteriori  censure  prospettate  dai
rimettenti. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale degli artt. 74, comma 2,
e 75, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30  maggio
2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni  legislative  e
regolamentari in materia di spese di  giustizia.  (Testo  A)»,  nella
parte in cui non prevedono che il patrocinio a spese dello Stato  sia
applicabile anche  all'attivita'  difensiva  svolta  nell'ambito  dei
procedimenti di mediazione  di  cui  all'art.  5,  comma  1-bis,  del
decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 (Attuazione dell'articolo  60
della  legge  18  giugno  2009,  n.  69,  in  materia  di  mediazione
finalizzata  alla   conciliazione   delle   controversie   civili   e
commerciali), quando nel corso degli stessi  e'  stato  raggiunto  un
accordo, nonche' dell'art. 83, comma 2, del medesimo  d.P.R.  n.  115
del 2002, nella parte in cui non prevede che,  in  tali  fattispecie,
alla  liquidazione  in  favore  del  difensore  provveda  l'autorita'
giudiziaria che sarebbe stata competente a decidere la controversia. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 novembre 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                      Luca ANTONINI, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 gennaio 2022. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA