N. 226 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 dicembre 2021
Ordinanza del 20 dicembre 2021 della Corte dei conti - Sezione regionale di controllo per il Molise nel giudizio di parificazione del rendiconto della Regione Molise per l'esercizio finanziario 2020. Impiego pubblico - Impiego regionale - Norme della Regione Molise - Istituzione di un'apposita "Area Quadri" - Trattamento economico - Riconoscimento di un'indennita' annuale pensionabile, parte integrante della retribuzione. - Legge della Regione Molise 8 aprile 1997, n. 7 (Norme sulla riorganizzazione dell'amministrazione regionale secondo i principi stabiliti dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29), art. 29-bis, aggiunto dall'art. 11 della legge regionale 28 maggio 2002, n. 6 (Modifiche ed integrazioni alle Leggi Regionali 8 aprile 1997 n. 7, concernente: "Norme sulla riorganizzazione dell'Amministrazione regionale secondo i principi stabiliti dal Decreto Legislativo 3 febbraio 1993, n. 29" e 27 gennaio 1999 n. 2, concernente: "Norme sull'autonomia organizzativa, funzionale e contabile del Consiglio Regionale") e novellato dagli artt. 1 e 2 della legge regionale 26 settembre 2005, n. 30 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 8 aprile 1997, n. 7, come modificata dalla legge regionale 28 maggio 2002, n. 6), dall'art. 1 della legge regionale 29 agosto 2006, n. 22 (Modifiche ed integrazioni all'articolo 2 della legge regionale 26 settembre 2005, n. 30) e dagli artt. 1 e 2 della legge regionale 2 ottobre 2006, n. 33 (Ulteriori modifiche all'articolo 2 della legge regionale 26 settembre 2005, n. 30).(GU n.5 del 2-2-2022 )
CORTE DEI CONTI Sezione regionale di controllo per il Molise Nella camera di consiglio del 12 novembre 2021, composta dai magistrati: Lucilla Valente, Presidente; Domenico Cerqua, referendario; Ruben D'Addio, referendario, estensore; ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio di parificazione del rendiconto della Regione Molise, per l'esercizio finanziario 2020. Visti gli articoli 81, 97, 100, 103, 117, 119 e 134 della Costituzione, nonche' gli articoli 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni; Visto il regolamento per l'organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, approvato dalle Sezioni Riunite con la deliberazione 16 giugno 2000, n. 14, e successive modificazioni; Visto il decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, recante «Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonche' ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012», convertito dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213; Vista la legge regionale Molise 7 maggio 2002, n. 4, in materia di programmazione finanziaria e di contabilita' regionale; Visto il rendiconto generale per l'esercizio 2020 della Regione Molise, di cui alla proposta di legge approvata dalla Giunta Regione Molise con delibera 4 agosto 2021, n. 256 (assunta al protocollo di questa Sezione l'11 agosto 2021 al n. 2400); Visto l'art. 29-bis della legge regionale Molise 8 aprile 1997, n. 7, introdotto dall'art. 11 della legge regionale Molise 28 maggio 2002, n. 6 e novellato dagli articoli 1 e 2 della legge regionale Molise 26 settembre 2005, n. 30, art. 1 della legge regionale Molise 29 agosto 2006, n. 22 e articoli 1 e 2 della legge regionale Molise 2 ottobre 2006, n. 33; Vista l'ordinanza n. 35/PRES/2021 del 3 novembre 2021 con la quale il Presidente di questa Sezione ha fissato in data odierna il giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Molise per l'esercizio finanziario 2020; Uditi nella pubblica udienza del 12 novembre 2021 il Presidente della Sezione regionale Lucilla Valente, i relatori referendario Domenico Cerqua e referendario Ruben D'Addio, il pubblico ministero, nella persona del procuratore regionale, Presidente Salvatore Nicolella e, per la Regione Molise, il Presidente della Giunta regionale, dott. Donato Toma; Vista la decisione n. 80/PAR/2021 di pari data con la quale il Collegio disponendo la separazione del giudizio di parificazione limitatamente al capitolo n. 4007 («Indennita' per personale incaricato di funzioni amministrative - Risorsa libera»), ha parificato il rendiconto generale per l'esercizio 2020 della Regione Molise, di cui alla proposta di legge approvata dalla Giunta Regione Molise con delibera 4 agosto 2021, n. 256, con alcune eccezioni; In fatto 1. L'art. 1, comma 5, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con modificazioni nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, dispone che «il rendiconto generale della regione e' parificato dalla sezione regionale di controllo della Corte dei conti ai sensi degli articoli 39, 40 e 41 del testo unico di cui al regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214. Alla decisione di parifica e' allegata una relazione nella quale la Corte dei conti formula le sue osservazioni in merito alla legittimita' ed alla regolarita' della gestione e propone le misure di correzione e gli interventi di riforma che ritiene necessari al fine, in particolare, di assicurare l'equilibrio del bilancio e di migliorare l'efficacia e l'efficienza della spesa. La decisione di parifica e la relazione sono trasmesse al presidente della giunta regionale e al consiglio regionale». Gli articoli del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti sopra richiamati si riferiscono alla parifica del rendiconto generale dello Stato ed alla procedura del giudizio di parificazione (art. 40), col profilo contenutistico (art. 39) e la previsione, in uno all'attivita' di parifica, di una relazione sul rendiconto (art. 41). L'estensione del giudizio di parifica alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti e' coerente col ruolo di «garante imparziale dell'equilibrio economico-finanziario del settore pubblico» che il legislatore attribuisce alla Corte dei conti, confermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 60/2013, ove, richiamando precedenti arresti, si afferma che «alla Corte dei conti e' attribuito il controllo sull'equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche a tutela dell'unita' economica della Repubblica, in riferimento a parametri costituzionali (articoli 81, 119 e 120 della Costituzione) e ai vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea (articoli 11 e 117, primo comma, della Costituzione)». Infatti, il giudizio di parificazione per le regioni a statuto ordinario e' stato introdotto, ex art. 1, comma 1 del citato decreto-legge n. 174/2012, proprio «al fine di rafforzare il coordinamento della finanza pubblica, in particolare tra i livelli di governo statale e regionale, e di garantire il rispetto dei vincoli finanziari derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea»; pertanto, le disposizioni del predetto art. 1 «sono volte ad adeguare, ai sensi degli articoli 28, 81, 97, 100 e 119 della Costituzione, il controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria delle regioni di cui all'art. 3, comma 5, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e all'art. 7, comma 7, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e successive modificazioni». Con deliberazione n. 256 del 4 agosto 2021, la Giunta regionale del Molise ha adottato la proposta di legge avente ad oggetto il rendiconto generale della Regione Molise per l'esercizio 2020. Il provvedimento, ai fini del giudizio di parificazione, e' stato trasmesso a mezzo P.E.C. con nota del servizio segreteria della Giunta reg. n. 131873 del 10 agosto 2021 (acquisito al protocollo di questa Sezione di controllo l'11 agosto 2021 al n. 2400). In sede di valutazione complessiva dell'affidabilita' dei conti e della regolarita' della gestione, su capitoli di spesa selezionati mediante l'utilizzo di un campionamento statistico numerico e monetario, la Sezione ha analizzato il capitolo di spesa del bilancio regionale n. 4007 («Indennita' per personale incaricato di funzioni amministrative - Risorsa libera»), verificando la spesa del personale riferita alla «area quadri». Il capitolo de quo accoglie le indennita' versate dalla Regione per il personale appartenente a detta area, regolata dall'art. 29-bis della legge regionale Molise 8 aprile 1997, n. 7, a sua volta introdotto dall'art. 11 della legge regionale Molise 28 maggio 2002, n. 6 e novellato dagli articoli 1 e 2 della legge regionale Molise 26 settembre 2005, n. 30, art. 1 della legge regionale Molise 29 agosto 2006, n. 22 e articoli 1 e 2 della legge regionale Molise 2 ottobre 2006, n. 33. La Regione ha rappresentato, in sede istruttoria, che «il numero complessivo di dipendenti che beneficiano della indennita' di cui trattasi e' di complessive duecentoundici unita', di cui centoventisette gia' inquadrati nella categoria D3 e ottantaquattro gia' inquadrati nella categoria D1, mentre il numero complessivo dei beneficiari della quota di "risultato" prevista dalla legge regionale n. 33/2006 e' pari a duecentotrentasette ed e' comprensivo del personale cessato nell'anno 2019» (cfr. nota del direttore del Dipartimento terzo - servizio risorse umane della Regione Molise n. 153187 del 17 settembre 2021, acquisita al protocollo della Sezione n. 2692 del 20 settembre 2021). L'esame condotto dalla Sezione nell'ambito del campionamento ha permesso di accertare che sul capitolo in parola, per l'esercizio finanziario 2020, sono stati registrati impegni di spesa per euro 2.193.577,78 e disposti pagamenti per un pari importo, a fronte di stanziamenti definitivi per euro 2.738.437,01 [previsti inizialmente dalla legge della Regione Molise 30 aprile 2020, n. 2 (bilancio di previsione pluriennale per il triennio 2020-2022) ed oggetto di variazione con DD.G.R. Molise 2 luglio 2020, n. 216, 23 novembre 2020, n. 443 e 1° luglio 2021, n. 207], confluiti in economie per euro 544.859,23. Per quanto qui interessa, all'attualita' l'art. 29-bis citato sinteticamente recita al primo comma: «e' istituita un'apposita "Area Quadri"»; i commi successivi dettagliano, invece, le funzioni (commi 2-4), le modalita' di accesso all'area (commi 11-12) ed il trattamento economico (commi 5-10 e 13) spettanti ai c.d. «quadri», evidentemente a carico del bilancio regionale. In particolare, tale area concorre alla rimodulazione e all'armonizzazione delle funzioni amministrative assegnate al personale che richiedono professionalita' lavorative qualificate e che comportano un elevato grado di responsabilita' ed autonomia operativa ed organizzativa (comma 2); vi accede il personale di ruolo o comandato inquadrato nella categoria D, al maturare di un anno di servizio nella categoria e profilo professionale «D1» e «D3» nei limiti dei contingenti di posti pari a centonovantacinque (categoria D1) e trecentoventi (categoria B3) (comma 11); al personale dell'area e' riconosciuta, in aggiunta al trattamento economico in godimento, un'indennita' annuale pensionabile, parte integrante della retribuzione (comma 5), dovuta a prescindere dagli incarichi ricoperti e non cumulabile con quella riconosciuta ai dipendenti incaricati della responsabilita' di posizione organizzativa (comma 6) o con gli emolumenti accessori relativi alla produttivita' e ad indennita' di responsabilita' non rapportate ad incarichi di unita' operative organiche (uffici); essa e', invece, cumulabile con le indennita' che derivano da risorse che specifiche disposizioni di legge finalizzano alla incentivazione delle prestazioni (comma 6-bis); sono disciplinate (comma 7) le modalita' di calcolo dell'indennita', commisurata all'importo massimo della retribuzione di posizione stabilita all'articolo 10, comma 4 del C.C.N.L. 22 gennaio 2004 del comparto regioni secondo la seguente percentuale: personale di categoria D, profilo D1 - 50 per cento dell'importo massimo della retribuzione di posizione; personale di categoria D, profilo D3 - 80 per cento dell'importo massimo della retribuzione di posizione; al fine del raggiungimento di maggiori indici di efficienza, il 20 per cento dell'indennita' in discorso viene erogata al dipendente a seguito della valutazione positiva del rendimento (comma 10). 1.2. L'onor del vero impone di ricordare che il Presidente del Consiglio dei ministri aveva proposto ricorso alla Consulta (n. 55 del 6 aprile 2010) avverso numerosi commi dell'art. 18 della legge regionale Molise 22 gennaio 2010, n. 3, fra i quali, il comma 7 che, nel sostituire l'art. 3, comma 6, della legge regionale Molise 13 gennaio 2009, n. 1 (il quale rideterminava le percentuali indennitarie della «area quadri» ed e' stato, poi, abrogato ex art. 1, comma 1, della legge regionale Molise n. 14/2010), disponeva che «nelle more della revisione dei sistemi di incentivazione delle qualita' delle prestazioni lavorative di cui al decreto-legge n. 150/2009, con effetto dal 1° gennaio 2010 e fino al 30 giugno 2010 sono ripristinate le misure percentuali delle indennita' dell'istituto di cui all'art. 29-bis della legge regionale n. 7 dell'8 aprile 2017, cosi' come rideterminate dall'art. 1 della legge regionale n. 33 del 2 ottobre 2006»; in quella sede, era stato oggetto di censure anche il comma 4 del medesimo art. 18 (disciplina regionale dei buoni pasto per i dipendenti). Entrambe le disposizioni erano state denunciate della medesima violazione dell'articolo «117, secondo comma, lettera l) della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia dell'ordinamento civile e, quindi, sia i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile, tra i quali rientra il rapporto di impiego privatizzato, sia i contratti collettivi»; quanto al comma 7 (che incideva temporaneamente sulla misura dell'indennita' ex art. 29-bis citato), il ricorrente prospettava il contrasto con la Costituzione anche «ipotizzando che la disciplina delle procedure e delle modalita' della contrattazione collettiva sia riservata all'autonomia degli enti direttamente interessati. Infatti, nella fattispecie, il legislatore regionale non ha disciplinato il regime procedimentale della contrattazione, ma ha inciso sulla misura percentuale delle indennita' da corrispondere ad una determinata categoria di personale, aspetto che deve invece essere regolato dalla contrattazione collettiva». Tuttavia, all'esito del giudizio, l'arresto della Corte costituzionale 11 marzo 2011, n. 77, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo solo il comma 4; si e', invece, estinto il giudizio del comma 7 (che influiva sulla misura dell'indennita' ex art. 29-bis citato) «avendo il Presidente del Consiglio dei ministri rinunciato alla sua impugnazione nelle more del giudizio di costituzionalita'». La rinuncia pare trovare ragione nell'abrogazione del comma 7 in questione, intervenuta medio tempore ad opera dell'art. 1, comma 1, della legge regionale Molise 21 luglio 2010, n. 14, insieme all'abrogazione dell'art. 3, comma 6, della legge regionale Molise 13 gennaio 2009, n. 1, su cui il primo incideva. Se la rinuncia ha determinato il pendente giudizio di costituzionalita', non ha, tuttavia, consentito di affrontare il merito della questione controversa, ovvero la legittimita' costituzionale dell'istituzione e del finanziamento della «area Quadri» di cui al richiamato art. 29-bis, che vigono intatti anche all'esito dell'abrogazione delle mere modifiche quantitative intervenute a partire dalla legge regionale del 13 gennaio 2009, n. 1. 1.3. Orbene, questa Sezione, scevra per costituzione di qualunque considerazione che non sia di puro diritto oggettivo, dubita della legittimita' costituzionale, per contrasto con l'attuale art. 117, comma 2, lettera l), nonche' con gli articoli 81 e 97 della Costituzione, del vigente art. 29-bis della legge regionale Molise 8 aprile 1997, n. 7, che istituisce l'area dei pubblici dipendenti regionali denominata «quadri», alla luce della clausola costituzionale che assegna, in materia di «ordinamento civile», alla legislazione esclusiva dello Stato - a monte - ed alla contrattazione collettiva - a valle -, la disciplina del rapporto di lavoro c.d. «privatizzata» dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, cosi' ledendo i beni-valori della contabilita' pubblica nella specifica materia del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti. La questione e' stata ritualmente offerta al contraddittorio delle parti da questo Giudice, sia nell'odierna udienza di parifica, sia nella precedente adunanza pubblica del 3 novembre 2021. La Regione Molise non ha mosso argomentazioni nel merito della questione giuridica evidenziata ne' in sede istruttoria con la nota n. 175085 del 29 ottobre 2021, ne' nella successiva adunanza pubblica del 3 novembre 2021, rimettendosi alle valutazioni della Sezione; nulla ha poi argomentato nell'odierna udienza di parificazione. Il procuratore regionale presso la Sezione giurisdizionale per il Molise, con memoria dell'11 novembre 2021, ha, fra l'altro, chiesto alla scrivente Sezione di «sollevare questione di costituzionalita' dell'art. 29-bis della legge della Regione Molise 8 aprile 1997, n. 7, introdotto dall'art. 11 della legge della Regione Molise 28 maggio 2002, n. 6, poi modificato/integrato dalla legge della Regione Molise 6 settembre 2005, n. 30 e dalla legge della Regione Molise 2 ottobre 2006, n. 33 [per contrasto: a) con l'art. 117 della Costituzione, stante la violazione della riserva di competenza esclusiva assegnata in materia al legislatore statale; b) con gli articoli 81 e 97, primo comma, della Costituzione, stante l'incidenza negativa sull'equilibrio dei bilanci e sulla sostenibilita' del debito pubblico], riservando all'esito la pronuncia in tema di parifica sulla spesa concernente la cd. "area quadri"» (pp. 96 e 97), con particolare riferimento alla «previsione dell'art. 117, secondo comma, della Costituzione ["g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali"]» (p. 45), rimarcando espressamente che «la Corte costituzionale ha statuito uno stretto binomio tra potesta' legislativa (copertura giuridica) e potesta' finanziaria (copertura finanziaria): laddove la Regione non disponga della potesta' legislativa [esempio ordinamento civile, vicedirigenza)] la stessa non ha neanche il potere di spesa (nello stesso senso anche la sentenza della Corte costituzionale n. 146/2019)» (p. 45). Il Collegio, con decisione n. 80/PAR/2021, ha disposto, in sede di parifica, la separazione del giudizio limitatamente al capitolo n. 4007 («Indennita' per personale incaricato di funzioni amministrative - Risorsa libera») e alle poste ivi iscritte, parificando il rendiconto con alcune eccezioni. In diritto 2. Sui precedenti in terminis Un istituto simile a quello in parola era previsto dall'art. 10 della legge regionale Liguria 28 aprile 2008, n. 10, istitutivo della «vice-dirigenza regionale». E' storia che la Sezione di controllo Liguria in sede di parificazione del rendiconto 2016, esaminando il capitolo della spesa del personale, ha dubitato della legittimita' costituzionale sia di tale norma - ritenendo che la materia dovesse essere regolata in maniera esclusiva dallo Stato ex art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione - sia dell'art. 2 della legge regionale Liguria 24 novembre 2008, n. 42, di incremento del Fondo per il trattamento accessorio del personale e destinazione al finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato della vice-dirigenza - per contrasto con quanto stabilito dalla contrattazione collettiva nazionale e di comparto, cui rinvia la competente legislazione statale. Rimessa la questione, la Consulta (sentenza 9 novembre 2018, n. 196) ha riconosciuto la violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile da parte del legislatore ligure, dichiarando l'illegittimita' costituzionale delle predette disposizioni. Analoga questione, puntualmente riferita all'istituzione con legge regionale campana di fondi (cosiddetti «Legge 20» e «Legge 25») per il finanziamento di un nuovo trattamento economico accessorio per i dipendenti regionali, e' stata sollevata con ordinanza dell'8 ottobre 2018 della Sezione regionale di controllo per la Campania, in occasione del giudizio di parificazione dei rendiconti generali regionali per gli esercizi finanziari 2015 e 2016; essa e' stata definita dalla Consulta (sentenza 19 giugno 2019, n. 146) con pari riconoscimento di violazione dei precetti costituzionali di distribuzione della competenza legislativa e di tutela del bene pubblico di bilancio, nonche' conseguente dichiarazione di illegittimita' costituzionale. La Sezione ritiene le situazioni appena descritte sovrapponibili a quella sussistente nell'ambito legislativo molisano, ove l'articolo 29-bis citato istituisce «l'Area quadri», invadendo la competenza esclusiva statale, e determina un illegittimo effetto espansivo della spesa del personale, aumentando contra Constitutionem le risorse destinate alla retribuzione del personale dipendente regionale. 3. Sulla questione di costituzionalita' in esame Sulla scia di quanto si e' esposto e si esporra', dunque, questo Giudice dubita delle predette norme di legislazione regionale molisana, in rapporto al canone ex art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione combinato coi valori di cui agli articoli 81, comma 4 (attuale comma 3) e 97, comma 1 della Costituzione. Tale fondato dubbio di costituzionalita' preclude alla Sezione di controllo scrivente, prima che sul punto si sia pronunciata in via definitiva la Corte costituzionale, di parificare il capitolo di spesa del bilancio regionale n. 4007 («Indennita' per personale incaricato di funzioni amministrative - Risorsa libera»), ove trovano imputazione le spese per le competenze riconosciute ai dipendenti collocati nella «area Quadri» in esame. Nel seguito si offrira' puntuale dimostrazione della legittimazione di questa Corte ad adire il Giudice delle leggi, della rilevanza della questione nel giudizio in corso, nonche' della (scilicet, ben piu' che) non manifesta infondatezza di tali dubbi di costituzionalita', irrisolvibili in via meramente ermeneutica. 4. Sulla legittimazione della remittente Sezione regionale di controllo Valga riportarsi, circa la legittimazione di questa Sezione di controllo della Corte dei conti a sollevare questioni di legittimita' costituzionale in sede di parificazione del rendiconto regionale, alle considerazioni svolte in proposito dalle altre Sezioni che l'hanno preceduta in senso analogo (cfr. ordinanza n. 49/2017 della Sezione regionale di controllo per la Liguria di questa Corte dei conti, con la quale e' stata posta questione di legittimita' costituzionale di disposizioni vigenti nella ridetta regione in materia di istituzione della vice-dirigenza e del relativo finanziamento ed ordinanza n. 115/2018 della Sezione regionale di controllo per la Campania, che ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale di disposizioni vigenti in tale regione circa l'istituzione e l'alimentazione dei fondi c.d. etero-finanziati, integrativi rispetto a quello unico per il personale di «comparto» e per la «dirigenza» del Consiglio regionale). Per puro zelo si rivendica ancora una volta alla Corte dei conti la sostanza propria di un Giudice quando, come nel caso del presente giudizio di parificazione, e' chiamata, terza ed imparziale, a «raffrontare i fatti e gli atti dei quali deve giudicare alle leggi che li concernono» (Corte costituzionale, sentenza n. 226/1976), derivandone puramente e sillogisticamente i precipitati, cio' che per le parti sara' la regola del caso concreto in esame. Infatti, il giudizio di parificazione si svolge con le formalita' della giurisdizione contenziosa, postula la partecipazione del procuratore contabile in contraddittorio con i rappresentanti dell'amministrazione e si conclude con una pronunzia adottata in esito a pubblica udienza, sicche' la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenze n. 165/1963, n. 121/1966, n. 142/1968, n. 244/1995 e n. 213/2008) ha riconosciuto «alla Corte dei conti, in sede di giudizio di parificazione del bilancio, la legittimazione a promuovere, in riferimento all'art. 81 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale, avverso tutte quelle disposizioni di legge che determinino effetti modificativi dell'articolazione del bilancio per il fatto stesso di incidere, in senso globale, sulle unita' elementari, vale a dire sui capitoli, con riflessi sugli equilibri di gestione, disegnati con il sistema dei risultati differenziali» (sentenza n. 213/2008). Alla giurisprudenza costituzionale formatasi in riferimento al giudizio di parifica del rendiconto dello Stato e delle regioni ad autonomia speciale, si affianca ormai una giurisprudenza che riconosce alle Sezioni di controllo la legittimazione a sollevare questioni di legittimita' costituzionale in sede di parifica dei rendiconti regionali: «nella parifica del rendiconto regionale "la situazione e', dunque, analoga a quella in cui si trova un qualsiasi giudice (ordinario o speciale), allorche' procede a raffrontare i fatti e gli atti dei quali deve giudicare alle leggi che li concernono" (sentenza n. 226 del 1976). Pertanto, pur non essendo un procedimento giurisdizionale in senso stretto, "ai limitati fini dell'art. 1 della legge costituzionale n. 1 del 1948 e dell'art. 23 della legge n. 87 del 1953, la [parifica della] Corte dei conti e', sotto molteplici aspetti, analoga alla funzione giurisdizionale, piuttosto che assimilabile a quella amministrativa, risolvendosi nel valutare la conformita' degli atti che ne formano oggetto alle norme del diritto oggettivo, ad esclusione di qualsiasi apprezzamento che non sia di ordine strettamente giuridico. Il controllo effettuato dalla Corte dei conti e' un controllo esterno, rigorosamente neutrale e disinteressato, volto unicamente a garantire la legalita' degli atti ad essa sottoposti, e cioe' preordinato a tutela del diritto oggettivo" (sentenza n. 181 del 2015)» (Corte costituzionale, sentenza n. 89/2017). Inoltre, e' avviso consolidato della Corte costituzionale che sia lecito individuare parametri costituzionali di riferimento per l'impugnazione delle norme incidenti sul giudizio di parifica ulteriori e diversi rispetto al tradizionale, per questa Corte dei conti, appiglio dell'art. 81 della Costituzione: si conferma «il risalente e costante orientamento di questa Corte, secondo cui la rimettente Corte dei conti, in sede di giudizio di parificazione del bilancio, e' legittimata a promuovere questione di legittimita' costituzionale avverso le disposizioni di legge che determinano, nell'articolazione e nella gestione del bilancio stesso, effetti non consentiti dai principi posti a tutela degli equilibri economico-finanziari e dagli altri precetti costituzionali, che custodiscono la sana gestione finanziaria (ex plurimis, sentenze n. 213 del 2008 e n. 244 del 1995). Fino all'entrata in vigore dell'art. 1 del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonche' ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213, la parificazione del bilancio era prevista solo per lo Stato e per le autonomie speciali. Per effetto della richiamata disposizione, la stessa e' oggi estesa alle regioni a statuto ordinario, tra cui si annovera la Regione Piemonte. In definitiva, non v'e' dubbio che la novella del 2012 abbia esteso alle regioni a statuto ordinario l'istituto della parifica del rendiconto e la conseguente disciplina di carattere processuale e sostanziale. Dal che discende automaticamente l'ammissibilita' delle questioni in esame sotto il profilo della legittimazione dell'organo rimettente a sollevarle» (Corte costituzionale, sentenza n. 181/2015). Infatti, la tenuta degli equilibri finanziari ed il rispetto dei principi che regolano la gestione delle risorse pubbliche, oggetto mediato o immediato di tutte le norme costituzionali che involgono la materia della finanza pubblica ed apprestano tutela alle risorse pubbliche ed alla loro corretta utilizzazione, non e' piu' affidata al solo precetto di cui all'art. 81 della Costituzione. Nel caso di specie, la Regione Molise (cosi' come le Regioni Liguria e Campania, nei casi additati dalle ordinanze n. 49/2017 e n. 115/2018 che di seguito si citano testualmente), «legiferando in una materia riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ha determinato un aumento sensibile della spesa del personale che costituisce, per la sua importanza strategica ... un importante aggregato della spesa corrente, con la conseguenza che le disposizioni relative al suo contenimento assurgono a principio fondamentale della legislazione statale (in tal senso, tra le altre, Corte costituzionale, sentenza n. 108/2011). In tal modo si appresta una tutela delle risorse pubbliche piu' ampia, finalizzata al contenimento della spesa, in un contesto che vede l'Ordinamento italiano impegnato a rispettare obiettivi di finanza pubblica interni e comunitari. Non solo, quindi, contenimento della spesa del personale mediante il ricorso ai principi di coordinamento della finanza pubblica (materia concorrente: sul punto e' copiosa la giurisprudenza costituzionale), ma anche mediante il ricorso ad altri precetti costituzionali, qualora l'inosservanza degli stessi determini un aumento della spesa che non trova giustificazione nell'ordinamento giuridico. E non solo in termini di tetti di spesa e limiti alla stessa, ma anche in termini di violazione di procedure mediante le quali si persegue, comunque, la corretta determinazione della spesa del personale e delle dinamiche alla stessa legate». Difatti, la procedura individuata dallo Stato, nell'esercizio della potesta' legislativa riservata in materia di ordinamento civile, ai fini dell'istituzione delle aree contrattuali dei dipendenti pubblici e del loro finanziamento mediante il ricorso alla contrattazione collettiva, ha l'evidente finalita' di verificare, di concerto con i soggetti interessati, la sostenibilita' di tali istituti in termini di risorse disponibili e la corretta attribuzione dei compensi ai lavoratori, rispetto ai criteri di produttivita' e performance. Di recente, la Corte costituzionale (gia' citata sentenza 9 novembre 2018, n. 196), expressis verbis, «ha riconosciuto l'ammissibilita' di questioni di legittimita' costituzionale sollevate dalle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti in sede di giudizio di parificazione dei rendiconti regionali. Sono state a questo proposito enucleate tutte le condizioni che presiedono alla legittimazione a sollevare questioni di legittimita' costituzionale: a) applicazione di parametri normativi; b) giustiziabilita' del provvedimento in relazione a situazioni soggettive dell'ente territoriale eventualmente coinvolte (ai sensi dell'art. 1, comma 12, del decreto-legge n. 174 del 2012), in considerazione della circostanza che l'interesse alla legalita' finanziaria, perseguito dall'ente controllante, connesso a quello dei contribuenti, e' distinto e divergente dall'interesse degli enti controllati, e potrebbe essere illegittimamente sacrificato, senza poter essere fatto valere, se il magistrato non potesse sollevare la questione sulle norme che si trova ad applicare e della cui conformita' alla Costituzione dubita; c) pieno contraddittorio, sia nell'ambito del giudizio di parifica esercitato dalla sezione di controllo della Corte dei conti, sia nell'eventuale giudizio ad istanza di parte, qualora quest'ultimo venga avviato dall'ente territoriale cui si rivolge la parifica, garantito anche dal coinvolgimento del pubblico ministero, a tutela dell'interesse generale oggettivo alla regolarita' della gestione finanziaria e patrimoniale dell'ente territoriale (art. 243-quater, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante "Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali") (sentenza n. 89 del 2017). E' stato, inoltre, affermato che, nell'esercizio di una tale ben definita funzione giurisdizionale, le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti sono legittimate a sollevare questione di legittimita' costituzionale avverso tutte "le disposizioni di legge che determinano, nell'articolazione e nella gestione del bilancio stesso, effetti non consentiti dai principi posti a tutela degli equilibri economico-finanziari" e da tutti gli "altri precetti costituzionali, che custodiscono la sana gestione finanziaria (ex plurimis, sentenze n. 213 del 2008 e n. 244 del 1995)" (sentenza n. 181 del 2015)». Da ultimo, valga citare ancora il recente e conferente precedente del Giudice costituzionale, per cui «occorre riconoscere la legittimazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo, in sede di giudizio di parificazione del rendiconto regionale, a sollevare questioni di legittimita' costituzionale in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione, oltre che agli articoli 81 e 97, primo comma della Costituzione ... la legislazione censurata, "che destina nuove risorse senza che ... siano ravvisabili diretti controinteressati, non potrebbe agevolmente essere sottoposta al giudizio di questa Corte per altra via che non sia il giudizio di parificazione" (sentenza n. 196 del 2018, 2.1.2. del Considerato in diritto). L'esigenza di fugare zone d'ombra nel controllo di costituzionalita', affermata da questa Corte quale tratto costitutivo del sistema di giustizia costituzionale, con particolare riguardo alla specificita' dei compiti assegnati alla Corte dei conti nel quadro della finanza pubblica (sentenza n. 18 del 2019), e' tale da riflettersi, anche ai limitati fini del caso di cui qui si discute, sui criteri di valutazione dei requisiti di ammissibilita' delle questioni» (sentenza n. 146/2019). Pertanto, ritiene adesso questa Sezione di controllo per il Molise «di essere legittimata a sollevare questioni di legittimita' costituzionale, non solo con riferimento all'art. 81 della Costituzione, ma anche con riferimento all'art. 117, comma 2, lettera l)», nonche' all'art. 97, comma 1 della Costituzione, stante la gia' evidenziata, intrinseca correlazione teleologico-funzionale dei menzionati articoli 81, 117 e 97 della Costituzione. La necessita' di assicurare la legittimazione diretta della Sezione di controllo al giudizio incidentale di costituzionalita' deriva dalla duplice esigenza di «garantire il principio di costituzionalita'» ed «evitare che si venga a creare una zona franca del sistema di giustizia costituzionale» (Corte costituzionale, sentenza n. 1/2014) rispetto ad interessi alla legittimita' costituzionale di norme di spesa teoricamente adespoti e che, nella loro potenziale espressione, si coagulano essenzialmente intorno al «preminente interesse pubblico della certezza del diritto» (Corte costituzionale, sentenza n. 226/1976). Per contro, ove non si ammettesse la legittimazione della Corte dei conti, simile disciplina regionale del trattamento economico del personale potrebbe pericolosamente sfuggire al sindacato di costituzionalita': sia per la «natura particolare» (Corte costituzionale, sentenza n. 1/2014) ed altamente tecnica delle norme in questione, suscettibili per elezione di essere vagliate solo dal giudice contabile parificante, che verifica il rispetto dei limiti, legislativi e costituzionali, alla determinazione della spesa per il personale pubblico, nei suoi aspetti competenziale (i limiti costituzionali alla potesta' legislativa regionale) e finanziario (il coordinamento della finanza pubblica e l'equilibrio di bilancio, a fronte di un'eventuale spesa illegittima); sia per i ristretti termini decadenziali posti dall'art. 127, comma 1 della Costituzione all'azione in via principale del Governo, che intenda impugnare la disciplina regionale tacciata di esorbitare la sua propria competenza. Ebbene, anche la recentissima giurisprudenza costituzionale ha ricordato icasticamente che la legittimazione della Corte dei conti «e' stata riconosciuta anche nei casi in cui la lesione dei precetti finanziari sia la conseguenza della violazione di parametri di competenza (sentenze n. 112 del 2020, n. 146 e n. 138 del 2019 e n. 196 del 2018), allorquando la suddetta invasione sia "funzionalmente correlata" alla violazione degli articoli 81 e 97, primo comma della Costituzione, per aver determinato un incremento delle poste passive del bilancio in riferimento al costo del personale (sentenza n. 112 del 2020)» (Corte costituzionale, sentenza 15 novembre 2021, n. 215), come nel caso che ne occupa. 5. Sulla rilevanza della questione di costituzionalita' nel presente giudizio di parificazione Tramite il giudizio di parifica, secondo il disposto dell'art. 39 del regio decreto n. 1214/1934 (testo unico delle leggi sulla Corte dei conti), al quale fa rinvio l'art. 1, comma 5 del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, «la Corte verifica il rendiconto generale dello Stato e ne confronta i risultati tanto per le entrate, quanto per le spese, ponendoli a riscontro con le leggi del bilancio. A tale effetto verifica se le entrate riscosse e versate ed i resti da riscuotere e da versare risultanti dal rendiconto, siano conformi ai dati esposti nei conti periodici e nei riassunti generali trasmessi alla Corte dai singoli ministeri; se le spese ordinate e pagate durante l'esercizio concordino con le scritture tenute o controllate dalla Corte ed accerta i residui passivi in base alle dimostrazioni allegate ai decreti ministeriali di impegno ed alle proprie scritture. La Corte con eguali accertamenti verifica i rendiconti, allegati al rendiconto generale, delle aziende, gestioni ed amministrazioni statali con ordinamento autonomo soggette al suo riscontro». Con sentenza n. 213/2008, la Corte costituzionale ha affermato la legittimazione della Corte dei conti parificante a sollevare questione di legittimita' costituzionale «avverso tutte quelle disposizioni di legge che determinino effetti modificativi dell'articolazione del bilancio per il fatto stesso di incidere, in senso globale, sulle unita' elementari, vale a dire sui capitoli, con riflessi sugli equilibri di gestione, disegnati con il sistema dei risultati differenziali», con cio' implicitamente riconoscendo la rilevanza di simili questioni nel giudizio di parificazione. Con sentenza n. 89/2017 la Consulta, nel riconoscere la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale prospettata a carico di norme regionali dalla Sezione regionale di controllo per l'Abruzzo in sede di parificazione del rendiconto generale del bilancio regionale abruzzese, ha riconosciuto la correttezza della prospettazione della Sezione regionale, la quale «pur dubitando della relativa costituzionalita' [delle norme censurate] dovrebbe parificare le predette componenti del rendiconto della Regione Abruzzo, venendo quindi meno alle finalita' per le quali e' stata intestata alla Corte dei conti la funzione di parifica dei rendiconti regionali». Orbene, in termini generali, la Sezione parificante e' chiamata a verificare la «legittimita'» delle poste rendicontate rispetto al loro altrettanto «legittimo» parametro normativo di bilancio, attivita' che sostanzia il loro «riscontro con le leggi del bilancio». Venendo al caso particolare, risulta dall'istruttoria condotta che la spesa in esame, applicativa del ridetto art. 29-bis della legge regionale Molise 8 aprile 1997, n. 7 e successive modificazioni ed integrazioni e destinata al trattamento economico del personale dell'area quadri regionale molisana, e' finanziata tramite il capitolo di spesa del bilancio regionale n. 4007 («Indennita' per personale incaricato di funzioni amministrative - Risorsa libera»). Quest'ultima disposizione normativa, seppur risalente nel tempo, continua ad esplicare la propria efficacia anche nel corso dell'esercizio finanziario 2020, incidendo sui risultati finanziari finali e, conseguentemente, sul rendiconto regionale oggetto di parifica. Le norme qui sospette di illegittimita' costituzionale incidono sull'an della spesa regionale e sul suo quantum; esse istituiscono una nuova area contrattuale di dipendenti pubblici della Regione Molise e ne prevedono il trattamento economico: in mancanza di dette norme, l'area o il suo trattamento non avrebbero alcun titolo ad essere riconosciuta o erogato. Pertanto, ai fini della parifica del rendiconto generale della Regione Molise per l'esercizio 2020, tali poste non possono essere verificate nella loro legittimita' finche' non sia sciolto il dubbio di costituzionalita' che interessa le norme che ne costituiscono il titolo legale di spesa. Allo stato, il Collegio non puo' fare applicazione delle norme «sospette» di incostituzionalita', le quali, tuttavia, rappresentano l'unico parametro di rango legislativo ai fini del «riscontro» della spesa rendicontata nel giudizio di parifica, pena il rischio di validare un risultato di amministrazione contra ius, perche' verificato in base ad un parametro normativo passibile di declaratoria d'incostituzionalita'. Nella predetta materia della «Area quadri» regionale molisana, il contrasto che frena questo Giudice dall'applicare l'unica legge conferente, ma apparentemente contra Constitutionem, ed il «corto circuito» dello ius dicere, che ne conseguirebbe, dimostrano logicamente come il pendente «giudizio» di parificazione, quanto alla spesa censurata, «non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale» (art. 23, comma 2 della legge 11 marzo 1953, n. 87) e che, quindi, tale questione e' rilevante in questa sede di parifica. Orbene, l'unica via corretta in diritto e' la sospensione della parifica delle specifiche poste di spesa afferenti al trattamento economico dell'area «quadri» della Regione Molise, nella misura in cui esse costituiscono applicazione di leggi regionali di dubbia costituzionalita' ed in attesa della parola finale della Consulta. In tal senso, con i due recenti precedenti in terminis, la Corte costituzionale ha gia' riconosciuto rilevanti simili questioni perche', ove il Collegio a quo applicasse tali norme, si troverebbe a validare - per la parte di spesa esaminata (impegni di spesa di competenza 2020 per euro 2.193.577,78) - un risultato di amministrazione non corretto, in quanto relativo a una spesa conseguente all'illegittima istituzione della «area Quadri» in contrasto con la contrattazione collettiva nazionale di comparto, e verrebbe cosi' meno al proprio compito di accertare eventuali irregolarita' suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti (si richiamano, in proposito, i due recenti arresti della Consulta n. 196/2018 e n. 146/2019). Pertanto, la questione qui proposta si mostra rilevante per il giudizio di parifica in corso. 6. Sulla non manifesta infondatezza della presente questione di costituzionalita' 6.1. Come anticipato, il dubbio di legittimita' costituzionale dell'art. 29-bis della legge regionale Molise 8 aprile 1997, n. 7, attualmente vigente sorge avuto riguardo al contrasto con l'art. 117, comma 2 della Costituzione, che elenca le materie di legislazione esclusiva statale, e, in particolare, con la sua lettera l) che indica la materia di «ordinamento civile» (e non con la precedente lettera «g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali», evocata dal pubblico ministero), nonche' con gli articoli 81, comma 4 (attuale comma 3), e 97, comma 1 della Costituzione, in ragione della suesposta intrinseca correlazione teleologico-funzionale sussistente fra i tre articolati (v. supra); in dettaglio, la Sezione ritiene che, per il caso di specie, l'articolato costituzionale conferente in tema di competenza legislativa esclusiva statale vada identificato nella citata lettera l), dato che la materia del trattamento giuridico ed economico del personale dipendente degli enti regionali e' correttamente e pacificamente ricondotta al piu' ampio alveo dello «ordinamento civile». La disposizione censurata attualmente recita: «1. E' istituita un'apposita "Area Quadri". 2. L'istituto, anche in relazione ai nuovi assetti organizzativi discendenti dalla applicazione della presente legge, concorre alla rimodulazione ed all'armonizzazione delle funzioni amministrative assegnate al personale dipendente della Regione Molise, che richiedono professionalita' lavorative qualificate e che comportano un elevato grado di responsabilita' e di autonomia operativa ed organizzativa. 3. Le funzioni di cui al comma 2 consistono nelle attivita' di collaborazione con il personale dirigente, funzionali al raggiungimento degli obiettivi di risultato assegnati e, in generale, all'efficacia dell'azione amministrativa nelle attivita' di organizzazione e gestione degli uffici regionali, nelle attivita' connesse alla gestione di procedimenti e procedure amministrative, nelle attivita' di studio, di ricerca e di elaborazione di atti complessi. 4. Le attivita' di cui al comma 3 sono proprie del personale di comparto inquadrato nel ruolo unico regionale nella categoria "D" prevista dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro del 31 marzo 1999, e successive modificazioni ed integrazioni, nonche' del personale della categoria "D" comandato ai sensi della legge 28 luglio 1999, n. 266. 5. Al personale indicato nel comma 4 e' riconosciuta, in aggiunta al trattamento economico in godimento, un'indennita' annuale, pensionabile, che e' parte integrante della retribuzione. Tale personale conserva la posizione giuridica ed economica posseduta, o che andra' a conseguire per effetto di progressioni verticali di carriera o di progressioni orizzontali nella categoria. 6. L'indennita' di cui al comma 5 e' dovuta a prescindere dagli incarichi ricoperti. Essa non e' cumulabile con quella riconosciuta ai dipendenti incaricati della responsabilita' di posizione organizzativa di cui agli articoli 8, 9 e 10 del contratto collettivo nazionale di lavoro del 31 marzo 1999 e del contratto decentrato integrativo. La sua corresponsione e' sospesa per tutto il periodo in cui i dipendenti interessati sono incaricati della responsabilita' di posizione organizzativa. 6-bis. L'indennita' prevista nel comma 5 non e' altresi' cumulabile con gli emolumenti accessori relativi alla produttivita' e ad indennita' di responsabilita' non rapportate ad incarichi di unita' operative organiche (uffici). E' invece cumulabile con le indennita' che derivano da risorse che specifiche disposizioni di legge finalizzano alla incentivazione delle prestazioni. 7. L'indennita' di cui al comma 5 e' commisurata all'importo massimo della retribuzione di posizione stabilita dal comma 4 dell'art. 10 del contratto collettivo nazionale di lavoro del 22 gennaio 2004 relativo al personale del comparto delle regioni e delle autonomie locali per il quadriennio normativo 2002/2005 e il biennio economico 2002/2003, secondo le seguenti percentuali: a) personale inquadrato nella categoria "D", profili professionali "D1" = 50 per cento dell'importo massimo della retribuzione di posizione stabilita dal comma 4 dell'art. 10 del contratto collettivo nazionale di lavoro del 22 gennaio 2004 relativo al personale del comparto delle regioni e delle autonomie locali per il quadriennio normativo 2002/2005 e il biennio economico 2002/2003; b) personale inquadrato nella categoria "D", profili professionali "D3" = 80 per cento dell'importo massimo della retribuzione di posizione stabilita dal comma 4 dell'art. 10 del contratto collettivo nazionale di lavoro del 22 gennaio 2004 relativo al personale del comparto delle regioni e delle autonomie locali per il quadriennio normativo 2002/2005 e il biennio economico 2002/2003. 8. L'indennita' di cui al comma 5 e' corrisposta, a decorrere dal 1° luglio 2005, al personale regionale inquadrato nella categoria "D". Al personale regionale inquadrato nella categoria "D" in profili professionali ascritti alla posizione giuridica "D3", essa viene corrisposta, per la prima annualita', in misura del 40 per cento del suo ammontare, per la seconda annualita' in misura dell'80 per cento del suo ammontare; dalla terza annualita', l'indennita' verra' corrisposta per intero. Al personale regionale inquadrato nella categoria "D", in profili professionali ascritti alla posizione giuridica "D1", essa viene corrisposta, per la prima annualita', in misura del 40 per cento del suo ammontare, per la seconda annualita' in misura dell'80 per cento del suo ammontare; dalla terza annualita', l'indennita' verra' corrisposta per intero. 9. Al fine di armonizzare l'erogazione dell'indennita' di cui alla presente legge con quanto disposto nel comma 6-bis, la corresponsione degli emolumenti relativi alla produttivita' individuale e' dovuta rispettivamente per le annualita' previste dal comma 8, nelle misure del 60 per cento e del 20 per cento dell'importo calcolato secondo le metodologie previste dai contratti decentrati integrativi. 10. Al fine del raggiungimento di maggiori indici di efficienza, dalla terza annualita', il 20 per cento dell'indennita' di cui al comma 7 viene erogata al dipendente a seguito della valutazione positiva del rendimento. La valutazione viene effettuata dal dirigente responsabile della struttura a cui risulta assegnato il dipendente, con cadenza annuale, e secondo i sistemi di valutazione previsti per l'erogazione della produttivita' individuale. La valutazione si intende positiva se al dipendente viene attribuito un punteggio non inferiore all'80 per cento del punteggio massimo previsto dai sistemi predetti. 11. I dipendenti accedono all'indennita' di cui al comma 5 al maturare di un anno di servizio nella categoria e profilo professionale "D1" e "D3" e nel limite dei contingenti di posti pari a: centonovantacinque della categoria e profilo professionale "D1" e trecentoventi della categoria e profilo professionale "D3"; gli aventi diritto vengono inseriti in un'apposita graduatoria formulata secondo i seguenti criteri di precedenza a parita' di possesso del requisito di accesso: maggiore anzianita' di ruolo nella categoria o ex livello di appartenenza; maggiore anzianita' di ruolo nella Regione Molise; maggiore eta' anagrafica. Qualora il requisito venga maturato in un giorno diverso dal primo giorno del mese la decorrenza dell'indennita' e' fissata al primo giorno del mese successivo. 11-bis. I dipendenti gia' appartenenti alla categoria e profilo professionale "D1", che acquistano il possesso della categoria e profilo professionale "D3" prima della maturazione di un anno nella categoria di provenienza, accedono all'indennita' di cui al comma 5 alla data di maturazione di un anno nella categoria "D". A tale data gli aventi diritto vengono inseriti nella graduatoria della categoria e profilo professionale "D1" fino alla maturazione di un anno nella categoria e profilo professionale "D3", secondo le disposizioni di cui al comma 11. 12. L'erogazione delle indennita' secondo le percentuali di cui al comma 8 avviene dal compimento rispettivamente del primo e del secondo anno di anzianita' nella categoria e profilo professionale di appartenenza. 13. Ai dipendenti in possesso della categoria e profilo professionale "D1" ai quali viene attribuito, per effetto di uno sviluppo di carriera, il profilo professionale superiore "D3", se l'importo dell'indennita' gia' percepita e' superiore all'importo iniziale previsto per il primo anno di erogazione dell'indennita', l'indennita' percepita viene confermata fino alla maturazione dell'importo successivo, previsto nel comma 8.» Tali previsioni rappresentano evidente ed indebita interferenza nella materia competenziale, intestata dall'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione in via esclusiva allo Stato, di «ordinamento civile. A questa materia, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 175 e n. 72 del 2017; n. 257 del 2016; n. 180 del 2015; n. 269, n. 211 e n. 17 del 2014), deve ricondursi la disciplina del trattamento giuridico ed economico dei dipendenti pubblici e quindi anche regionali, "retta dalle disposizioni del codice civile e dalla contrattazione collettiva" nazionale, cui la legge dello Stato rinvia (sentenza n. 196 del 2018)» (Coste costituzionale, sentenza n. 146/2019). Piu' in dettaglio, intervenuta la c.d. «privatizzazione» del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (fra cui expressis verbis le regioni stesse ex art. 1, comma 2 del decreto legislativo n. 165/2001), la materia in esame rientra nell'ambito dell'ordinamento civile, riservato allo Stato ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione. Tale riserva statale e' stata esercitata mediante il suddetto decreto legislativo n. 165/2001 che rinvia, per gli aspetti qui rilevanti, alla contrattazione collettiva, come e' evidente dalla formulazione delle relative disposizioni conferenti: «I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto, che costituiscono disposizioni a carattere imperativo. Eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano o che abbiano introdotto discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilita' sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate nelle materie affidate alla contrattazione collettiva ai sensi dell'art. 40, comma 1, e nel rispetto dei principi stabiliti dal presente decreto, da successivi contratti o accordi collettivi nazionali e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili. I rapporti individuali di lavoro di cui al comma 2 sono regolati contrattualmente. I contratti collettivi sono stipulati secondo i criteri e le modalita' previste nel titolo III del presente decreto; i contratti individuali devono conformarsi ai principi di cui all'art. 45, comma 2. L'attribuzione di trattamenti economici puo' avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi e salvo i casi previsti dai commi 3-ter e 3-quater dell'art. 40 e le ipotesi di tutela delle retribuzioni di cui all'art. 47-bis, o, alle condizioni previste, mediante contratti individuali. Le disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi che attribuiscono incrementi retributivi non previsti da contratti cessano di avere efficacia a far data dall'entrata in vigore dal relativo rinnovo contrattuale. I trattamenti economici piu' favorevoli in godimento sono riassorbiti con le modalita' e nelle misure previste dai contratti collettivi e i risparmi di spesa che ne conseguono incrementano le risorse disponibili per la contrattazione collettiva» (art. 2, commi 2 e 3); «La contrattazione collettiva disciplina il rapporto di lavoro e le relazioni sindacali e si svolge con le modalita' previste dal presente decreto. Nelle materie relative alle sanzioni disciplinari, alla valutazione delle prestazioni ai fini della corresponsione del trattamento accessorio, della mobilita', la contrattazione collettiva e' consentita nei limiti previsti dalle norme di legge ... Tramite appositi accordi tra l'ARAN e le Confederazioni rappresentative, secondo le procedure di cui agli articoli 41, comma 5, e 47, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, sono definiti fino a un massimo di quattro comparti di contrattazione collettiva nazionale, cui corrispondono non piu' di quattro separate aree per la dirigenza ... Nell'ambito dei comparti di contrattazione possono essere costituite apposite sezioni contrattuali per specifiche professionalita'. La contrattazione collettiva disciplina, in coerenza con il settore privato, la struttura contrattuale, i rapporti tra i diversi livelli e la durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi. La durata viene stabilita in modo che vi sia coincidenza fra la vigenza della disciplina giuridica e di quella economica» (art. 40, commi 1, 2 e 3); «I contratti collettivi definiscono, in coerenza con le disposizioni legislative vigenti, trattamenti economici accessori collegati: a) alla performance individuale; b) alla performance organizzativa con riferimento all'amministrazione nel suo complesso e alle unita' organizzative o aree di responsabilita' in cui si articola l'amministrazione; c) all'effettivo svolgimento di attivita' particolarmente disagiate ovvero pericolose o dannose per la salute» (art. 45, comma 3). Emerge che anche il trattamento economico e giuridico dei dipendenti pubblici, ex art. 1, comma 2 del decreto legislativo n. 165/2001, e' regolato dalla legge dello Stato e, in virtu' del suo rinvio, dalla contrattazione collettiva. In generale, il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sottopone il rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione alla disciplina giuslavoristica civile e riconosce la categoria dei dirigenti, disciplinando genericamente il restante personale non dirigenziale, ferma la possibilita' di normare speciali ipotesi contrattuali per le elevate professionalita': tali norme sono specifica espressione della competenza legislativa esclusiva statale ex art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione. Quanto ad una «Area quadri» del lavoro pubblica, la Corte di Cassazione, pronunciatasi sulla questione, ha ritenuto che l'articolo 2095 del codice civile non trovi applicazione nel pubblico impiego dove, invece, esistono altre normative a tutela delle professionalita' apicali (Corte di Cassazione, Sez. Lav., sentenza 6 marzo 2008, n. 6063): infatti, come previsto dal comma 2 dell'art. 40 del decreto legislativo n. 165/2001, «nell'ambito dei comparti di contrattazione possono essere costituite apposite sezioni contrattuali per specifiche professionalita'». Ad oggi, una «Area quadri pubblica» non risulta introdotta o disciplinata dal legislatore statale ne' dalla contrattazione collettiva: in particolare, essa non e' prevista dal vigente contratto collettivo nazionale del 21 maggio 2018 applicabile ai dipendenti regionali non dirigenziali di «comparto funzioni locali» (individuato ex art. 4 del C.C.N.L. 2016-2018 del 13 luglio 2016), il quale contempla solo la diversa figura della «posizione organizzativa» che postula un conferimento d'incarico a termine ed esaurisce lo spazio lavorativo fra funzionari e dirigenti. In tale assetto, non pare ammissibile che la legge regionale, introducendo una nuova area, incida sull'aspetto retributivo del rapporto di lavoro subordinato pubblico c.d. «privatizzato»; si tratta di un ambito riservato alla contrattazione, riconducibile all'ordinamento civile, di competenza esclusiva statale, come gia' messo in luce dalla Corte costituzionale (sentenza 22 dicembre 2011, n. 339 e sentenza 11 luglio 2017, n. 160). Eppure, la disposizione legislativa della Regione Molise, qui scrutinata, concerne un aspetto della retribuzione del suo personale dipendente e necessariamente incide sulla materia dell'ordinamento civile, esclusa dalla sua potesta' legislativa concorrente o generale: le predette disposizioni regionali hanno istituito una spesa a carico del bilancio della Regione Molise per remunerare un'indennita' ai componenti dell'«area quadri», all'evidenza tramite risorse ulteriori e diverse rispetto a quelle tassativamente previste dai contratti collettivi nazionali. Cio', di per se', ne patenta l'illegittimita' costituzionale. 6.2. La Sezione dubita, altresi', della legittimita' costituzionale delle su riportate disposizioni regionali, per contrasto con l'art. 81: nel caso di specie la Regione Molise ha provveduto a disciplinare ed erogare un trattamento accessorio al proprio personale dipendente, al di fuori della contrattazione collettiva nazionale di comparto e senza una legge statale autorizzativa, da cui l'illegittimita' costituzionale della norma anche rispetto al citato art. 81, comma 4 della Costituzione previgente (attuale art. 81, comma 3). Ora, la Sezione di controllo parificante, chiamata all'esame dei capitoli destinati al pagamento del trattamento economico dell'«area Quadri» e della relativa copertura legale, ritiene quest'ultima in contrasto con la Carta costituzionale. Qualora fosse acclarata l'illegittimita' costituzionale di tale norma rilevante ai fini del bilancio regionale, le relative spese sostenute sarebbero prive di copertura sostanziale, in violazione del precetto costituzionale oggi contenuto nell'art. 81, comma 3 (illo tempore, comma 4). 6.3. Inoltre, la dimostrata violazione della distribuzione costituzionale di competenze legislative ridonda in una violazione della competenza concorrente di «coordinamento della finanza pubblica» (art. 117, comma 3), incidendo sulla corretta costruzione del bilancio e dei suoi equilibri, ex articoli 97 e 81 della Costituzione: infatti, si dispone una spesa regionale che eccede i limiti imposti dalla disciplina statale uniformemente sul territorio nazionale, ai fini di comuni obiettivi di finanza pubblica. Conformemente, si soggiunge che i due precedenti di costituzionalita' hanno dichiarato l'illegittimita' costituzionale di norme regionali consimili a quelle qui censurate, proprio perche' «appare ... evidente l'illegittimita' dell'iniziativa del legislatore ligure che ha disposto una spesa priva di copertura normativa, e quindi lesiva dell'art. 81, quarto comma della Costituzione, in quanto relativa a una voce, quella che concerne l'indennita' dei vice-dirigenti regionali, connessa all'istituzione di un ruolo del personale regionale, avvenuta senza il necessario fondamento nella contrattazione collettiva e in violazione della competenza statale esclusiva in materia di "ordinamento civile"» (sentenza n. 196/2018) e «le norme regionali hanno introdotto la previsione di un nuovo trattamento economico accessorio per il personale regionale che ... e' innanzi tutto in contrasto con la riserva di competenza esclusiva assegnata al legislatore statale dall'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione in materia di ordinamento civile. A questa materia, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte ..., deve ricondursi la disciplina del trattamento giuridico ed economico dei dipendenti pubblici e quindi anche regionali, "retta dalle disposizioni del codice civile e dalla contrattazione collettiva" nazionale, cui la legge dello Stato rinvia (sentenza n. 196 del 2018). ... tale spesa, non autorizzata dal legislatore statale e dunque non divenuta oggetto di rinvio alla contrattazione di comparto, non puo' trovare per cio' stesso legittima copertura finanziaria. Essa incide negativamente sull'equilibrio dei bilanci e sulla sostenibilita' del debito pubblico, in violazione degli articoli 81 e 97, primo comma della Costituzione. Il nesso funzionale che connette la violazione della competenza statale in materia di "ordinamento civile" con la tutela del bilancio inteso quale bene pubblico viene in rilievo in modo netto nello specifico caso sottoposto al vaglio di questa Corte» (sentenza n. 146/2019). Ebbene, al pari di quelle ligure e campana ormai dichiarate incostituzionali (v. supra), la legislazione regionale molisana in esame, istitutiva dell'«area Quadri», viola, in primis, le norme costituzionali che affidano alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia di «ordinamento civile» (art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione), espressamente devoluta dal legislatore statale alla contrattazione collettiva, quanto all'istituzione e disciplina di nuove categorie professionali nella pubblica amministrazione. In secundis, se la competenza esclusiva dello Stato, nella materia di cui all'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione, sottende intrinsecamente anche la funzione giuscontabile, propria dello Stato medesimo, di regolatore della relativa spesa, espressa mediante la determinazione e l'assegnazione delle «giuste» risorse disponibili per il trattamento dei dipendenti pubblici sull'intero territorio nazionale, allora l'istituzione da parte della Regione Molise di nuove aree para-dirigenziali, cui accede la previsione di trattamenti economici aggiuntivi, nel valicare la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia, ha innegabili riflessi negativi sugli equilibri complessivi della finanza pubblica e sulla sostenibilita' del debito, di cui lo Stato stesso e' garante e custode in rapporto anche agli impegni unionali assunti dal medesimo, ex art. 97, comma 1 della Costituzione. Piu' in generale, l'attribuzione allo Stato della competenza legislativa esclusiva nelle materie di cui al precitato art. 117, comma 2 della Costituzione, quale soggetto «regolatore» della relativa spesa, e' teleologicamente volta anche alla salvaguardia dei beni-valori di «sostenibilita'» e «sviluppo» economico del Paese nel suo complesso, ex art. 81 della Costituzione. In tal senso, le disposizioni di tale ultimo articolo giustificano trasversalmente la normazione statale di coordinamento, sia con riferimento agli «interventi complessi e coordinati» di normazione mediante «leggi di bilancio» (cfr. Corte costituzionale n. 61/2018, par. 2, in diritto), sia con riferimento agli specifici interventi della normazione statale «di settore» mediante attribuzione - ratione materiae - della competenza legislativa esclusiva, di cui al citato art. 117, comma 2 della Costituzione, sia, ancora, tramite la normazione dei «principi fondamentali» di «coordinamento della finanza pubblica», di cui al successivo comma 3. «Nel suo compito di custode della finanza pubblica allargata lo Stato deve tenere comportamenti imparziali e coerenti, per evitare che eventuali patologie nella legislazione e nella gestione dei bilanci da parte delle autonomie territoriali possa riverberarsi in senso negativo sugli equilibri complessivi della finanza pubblica» (Corte costituzionale n. 107/2016, par. 3, in diritto). Dal canto suo, «la forza espansiva dell'art. 81 [...] della Costituzione, a presidio degli equilibri di finanza pubblica, si sostanzia in una vera e propria clausola generale in grado di colpire tutti gli enunciati normativi, causa di effetti perturbanti la sana gestione finanziaria e contabile» (Corte costituzionale, sentenze n. 192/2012 e n. 184/2016). Nel contesto dei dubbi di costituzionalita' rilevati dalla Sezione, in rapporto all'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione ed al suo nesso con gli articoli 97, comma 1, e 81 della Costituzione, si rimarca come lo stesso Giudice delle leggi (sentenze n. 188/2014 e n. 146/2019) abbia gia' avuto modo di evidenziare l'intima interconnessione tra il precitato art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione e gli altri beni o valori della contabilita' pubblica. 6.4. In tertiis, va dato conto della radicale esclusione della possibilita' di conferire al testo legislativo regionale de quo un significato compatibile con i suddetti parametri costituzionali. La sola esegesi possibile del significante normativo regionale palesa l'istituzione ed alimentazione illegittima, per contrarieta' alle regole generali di riparto legislativo e di contabilita' pubblica, di un'area para-dirigenziale del personale dipendente della Regione Molise in regime c.d. privatizzato: la norma territoriale contrasta con la riserva di legge statale in materia di «ordinamento civile», in ragione della quale quest'ultima ha rimesso alla contrattazione collettiva nazionale e di comparto di disciplinare «in coerenza con il settore privato, la struttura contrattuale, i rapporti tra i diversi livelli e la durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi». Non esistono piu' interpretazioni viabili, ne' la possibilita' di giungere ad un risultato ermeneutico costituzionalmente compatibile; la norma censurata e' inequivoca, sia per l'ambito ordinamentale civilistico in cui vige, sia per l'oggetto di disciplina, ovvero l'istituzione finanziata di una nuova area para-dirigenziale regionale con mezzi esorbitanti dalle fonti normative prescritte per Costituzione. Alla stregua di quanto sopra, questo Giudice ritiene dimostrata l'assoluta violazione, da parte dell'art. 29-bis della legge regionale Molise 8 aprile 1997, n. 7 e successive modificazioni ed integrazioni, dei canoni di cui agli articoli 117, comma 2, lettera l), 81, comma 4 (attuale comma 3) e 97, comma 1 della Costituzione.
P.Q.M. La Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Molise, Visti gli articoli 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, 1, comma 5, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, nonche' 81, 97 e 117 della Costituzione; Solleva questione di legittimita' costituzionale, in riferimento ai parametri stabiliti dagli articoli 117, comma 2, lettera l), 81, comma 4 (attuale comma 3) e 97, comma 1 della Costituzione, delle seguenti disposizioni di legge: art. 29-bis della legge regionale Molise 8 aprile 1997, n. 7, introdotto dall'art. 11 della legge regionale Molise 28 maggio 2002, n. 6 e novellato dagli articoli 1 e 2 della legge regionale Molise 26 settembre 2005, n. 30, art. 1 della legge regionale Molise 29 agosto 2006, n. 22 e articoli 1 e 2 della legge regionale Molise 2 ottobre 2006, n. 33; Sospende il giudizio di parificazione in corso limitatamente al capitolo n. 4007 («Indennita' per personale incaricato di funzioni amministrative - Risorsa libera») e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per l'esame della questione; Rinvia, all'esito, l'esame in parte qua del rendiconto regionale; Ordina che, a cura della segreteria della Sezione, ai sensi dell'art. 23, ultimo comma della legge 11 marzo 1953, n. 87, la presente ordinanza sia notificata al Presidente della Giunta regionale del Molise e al procuratore regionale della Corte dei conti presso la Sezione giurisdizionale per la Regione Molise, nonche' comunicata al Presidente del Consiglio regionale del Molise. Cosi' deciso in Campobasso, nella Camera di consiglio del giorno 12 novembre 2021. Il Presidente: Valente L'estensore: D'Addio