N. 22 SENTENZA 16 dicembre 2021- 27 gennaio 2022

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Misure di sicurezza - Ricovero provvisorio presso una  residenza  per
  l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) - Soggetti competenti
  all'esecuzione   -   Ministro   della   giustizia   -    Esclusione
  -Regolamentazione di aspetti essenziali della disciplina  -  Rinvio
  ad atti  amministrativi  generali  -  Denunciata  violazione  delle
  prerogative costituzionali del Ministro circa l'organizzazione e il
  funzionamento  dei  servizi   relativi   alla   giustizia   nonche'
  violazione  della  riserva  di  legge  in  materia  penale   e   di
  trattamenti sanitari obbligatori - Inammissibilita' delle questioni
  - Riscontrata urgente necessita'  di  una  complessiva  riforma  di
  sistema - Intollerabilita'  dell'eccessivo  protrarsi  dell'inerzia
  legislativa. 
- Codice penale, artt. 206 e 222; decreto-legge 22 dicembre 2011,  n.
  211, convertito, con modificazioni, nella legge 17  febbraio  2012,
  n. 9, art. 3-ter, come modificato dall'art. 1, comma 1, lettera a),
  del  decreto-legge  31  marzo  2014,   n.   52,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 30 maggio 2014, n. 81. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 25, 27, 32 e 110. 
(GU n.5 del 2-2-2022 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela  NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN
  GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 206 e 222
del codice penale e dell'art. 3-ter  del  decreto-legge  22  dicembre
2011, n. 211 (Interventi urgenti  per  il  contrasto  della  tensione
detentiva   determinata   dal   sovraffollamento   delle    carceri),
convertito, con modificazioni, nella legge 17 febbraio  2012,  n.  9,
come modificato dall'art. 1, comma 1, lettera a),  del  decreto-legge
31 marzo 2014, n. 52 (Disposizioni urgenti in materia di  superamento
degli   ospedali   psichiatrici    giudiziari),    convertito,    con
modificazioni, nella legge  30  maggio  2014,  n.  81,  promosso  dal
Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Tivoli
nel procedimento penale a carico di  P.  G.,  con  ordinanza  dell'11
maggio 2020, iscritta  al  n.  110  del  registro  ordinanze  2020  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  38,  prima
serie speciale, dell'anno 2020. 
    Udito nella camera di consiglio del 15 dicembre 2021  il  Giudice
relatore Francesco Vigano'; 
    deliberato nella camera di consiglio del 16 dicembre 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con l'ordinanza indicata  in  epigrafe,  il  Giudice  per  le
indagini preliminari del Tribunale ordinario di Tivoli  ha  sollevato
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 206  e  222  del
codice penale e dell'art. 3-ter del decreto-legge 22  dicembre  2011,
n. 211 (Interventi urgenti per il contrasto della tensione  detentiva
determinata dal  sovraffollamento  delle  carceri),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 17 febbraio 2012, n.  9,  come  modificato
dall'art. 1, comma 1, lettera a), del decreto-legge 31 marzo 2014, n.
52 (Disposizioni urgenti in materia  di  superamento  degli  ospedali
psichiatrici giudiziari), convertito, con modificazioni, nella  legge
30 maggio 2014 n. 81. 
    A parere del giudice rimettente, tali  disposizioni  violerebbero
nel loro complesso,  in  primo  luogo,  gli  artt.  27  e  110  della
Costituzione, «nella  parte  in  cui,  attribuendo  l'esecuzione  del
ricovero provvisorio presso  una  Residenza  per  l'esecuzione  delle
misure di sicurezza (REMS) alle Regioni ed agli organi amministrativi
da esse coordinati e vigilati, escludono la competenza  del  Ministro
della Giustizia in relazione all'esecuzione  della  detta  misura  di
sicurezza detentiva provvisoria». In secondo luogo, esse violerebbero
gli artt. 2, 3, 25, 32 e 110 Cost., «nella parte  in  cui  consentono
l'adozione  con  atti  amministrativi  di  disposizioni  generali  in
materia di misure di sicurezza in violazione della riserva  di  legge
in materia». 
    1.1.- Il giudice a quo espone di aver disposto,  nel  giugno  del
2019,  l'applicazione  provvisoria  della  misura  di  sicurezza  del
ricovero presso una REMS di P. G. - indagato,  tra  l'altro,  per  il
delitto di violenza o minaccia a un  pubblico  ufficiale  -,  che  il
consulente tecnico nominato dal  pubblico  ministero  aveva  ritenuto
affetto da infermita' psichica e  socialmente  pericoloso,  anche  in
correlazione al sistematico abuso di alcolici, e  di  avere  altresi'
ordinato che - sin tanto che non fosse stato possibile collocarlo  in
una REMS - fosse provvisoriamente applicata  nei  suoi  confronti  la
liberta' vigilata presso una struttura residenziale psichiatrica  per
trattamenti terapeutico-riabilitativi a carattere  estensivo  (SRTR),
da  individuarsi  a  cura  del  centro  di   salute   mentale   (CSM)
territorialmente competente. 
    Il  pubblico  ministero  aveva  quindi  chiesto  al  Dipartimento
dell'amministrazione  penitenziaria   (DAP)   del   Ministero   della
giustizia di indicare la REMS presso la quale potesse essere eseguito
il ricovero. 
    Con riferimento a tale richiesta,  il  DAP  aveva  comunicato  un
elenco di strutture, precisando pero' che, essendo la  loro  gestione
affidata al servizio  sanitario  regionale  (SSR),  conformemente  al
decreto emanato il 1° ottobre 2012  dal  Ministero  della  salute  di
concerto con il Ministero della giustizia, la  responsabilita'  della
presa in carico di P. G. competeva alla Regione Lazio e  al  relativo
SSR, sicche' lo stesso DAP rilevava di non avere alcuna  possibilita'
-  allo  stato  della  legislazione  vigente  -  di  «incidere  sulle
manifestazioni di volonta' di quelle REMS che  [...]  rifiutavano  di
ricevere l'internando non dando esecuzione  al  provvedimento  emesso
dall'Autorita' giudiziaria». 
    Nel corso dei dieci mesi successivi, il pubblico ministero  aveva
invano tentato di eseguire l'ordinanza di ricovero, ricevendo  sempre
dinieghi   dalle   locali   aziende   sanitarie   a    causa    della
indisponibilita'  di  posti.  Nel  frattempo,  peraltro,  la  persona
sottoposta a indagini si era sistematicamente sottratta  a  tutte  le
terapie e agli obblighi  inerenti  alla  misura  di  sicurezza  della
liberta' vigilata,  disposta  in  via  provvisoria  in  attesa  della
disponibilita' di un posto in una REMS. 
    Nell'aprile del 2020, il pubblico ministero aveva  trasmesso  gli
atti al giudice rimettente  per  i  provvedimenti  di  competenza  in
ordine alle disposte misure di sicurezza,  che  erano  risultate  non
eseguibili. In risposta  a  tale  richiesta,  il  giudice  a  quo  ha
disposto, con separata ordinanza in pari data rispetto  all'ordinanza
di rimessione, la revoca della misura  di  sicurezza  della  liberta'
vigilata, in  ragione  delle  plurime  e  gravi  trasgressioni  degli
obblighi relativi da parte dell'interessato. 
    Nell'ordinanza di rimessione il  giudice  da'  atto  pero'  della
persistente necessita' di disporre il suo ricovero in una  REMS,  che
da quasi un anno era stato impossibile eseguire. 
    1.2.- Ad avviso del rimettente, l'impossibilita' di  eseguire  il
ricovero trova le proprie cause nel  vigente  assetto  normativo  che
disciplina l'assegnazione nelle  REMS,  dettagliatamente  ricostruito
dall'ordinanza di rimessione; dal che la  rilevanza  delle  questioni
prospettate. 
    In particolare, il  giudice  a  quo  ritiene  che  la  misura  di
sicurezza del ricovero in una REMS costituisca, «ai sensi degli artt.
2 e 25 comma terzo Cost., una forma di tutela da  parte  dello  Stato
dei diritti inviolabili dell'uomo alla  vita  e  all'incolumita'  per
proteggere i terzi dalle condotte violente che possono  essere  poste
in essere dagli autori di reato non  imputabili  per  incapacita'  di
intendere e di volere, con l'espressa  previsione  della  riserva  di
legge per la disciplina dei casi in cui  e'  possibile  sottoporre  a
misura di sicurezza una persona». Tale riserva di legge discenderebbe
dall'art. 13 Cost., ai sensi del quale solo  l'autorita'  giudiziaria
potrebbe disporre con atto motivato  la  restrizione  della  liberta'
personale, anche ai fini dell'esecuzione di una misura  di  sicurezza
detentiva applicabile nei confronti  degli  infermi  di  mente,  come
quella qui in discussione; e discenderebbe,  altresi',  dall'art.  32
Cost.,  che  subordina  la  legittimita'  di   trattamenti   sanitari
obbligatori all'esistenza di una  legge  che  li  prevede,  entro  il
limite assoluto rappresentato dal rispetto della persona umana. 
    Sussisterebbe, d'altra parte, una chiara differenza tra l'ipotesi
di trattamento sanitario obbligatorio  ai  sensi  degli  artt.  33  e
seguenti della legge  23  dicembre  1978,  n.  833  (Istituzione  del
servizio sanitario nazionale) e  quella  di  ricovero  in  una  REMS,
quest'ultima essendo subordinata alla previa commissione di un  reato
e a un giudizio di pericolosita' sociale  della  persona  affetta  da
infermita' psichica. Tale differenza sarebbe rispecchiata dal diverso
ruolo assunto dall'autorita' giudiziaria nelle due ipotesi:  di  mera
convalida della decisione amministrativa che  ordina  il  trattamento
sanitario obbligatorio nella prima ipotesi,  e  di  diretta  adozione
della misura, sulla base di un duplice accertamento relativo,  da  un
lato, alla commissione di un reato, e, dall'altro, alla pericolosita'
sociale dell'interessato. 
    Pertanto, mentre il  trattamento  sanitario  obbligatorio  «trova
giustificazione e fondamento costituzionale nell'esclusivo  interesse
alla tutela della  salute  della  persona  nei  cui  confronti  detto
trattamento viene applicato, secondo  quanto  previsto  dall'art.  32
Cost., [...] la limitazione della liberta' personale derivante  dalla
misura di sicurezza detentiva provvisoria del ricovero in REMS  trova
giustificazione e fondamento costituzionale anche  nella  tutela  dei
diritti fondamentali alla vita ed all'incolumita' personale dei terzi
diversi dall'infermo di mente che vi e'  sottoposto,  secondo  quanto
previsto dagli artt. 2 e 25  Cost.,  ferma  restando  la  concorrente
tutela della salute del detto infermo di mente ai sensi dell'art.  32
Cost.». 
    L'«aspetto penale della misura di sicurezza detentiva  personale»
risulterebbe peraltro evidente «anche dal complesso  di  disposizioni
che  ne  disciplinano  l'esecuzione,  che  e'  affidata  al  Pubblico
ministero  e  che  avviene  con   applicazione   delle   disposizioni
compatibili previste dall'ordinamento penitenziario e dal regolamento
penitenziario, che disciplinano i diritti riconosciuti agli internati
presso le REMS [...] ed il loro  trattamento  durante  l'applicazione
della misura di sicurezza». 
    Conseguentemente, ad avviso del rimettente, il  ricovero  in  una
REMS  costituirebbe  misura  giudiziaria  penale  restrittiva   della
liberta'  personale  necessariamente  rientrante,  per  gli   aspetti
organizzativi,  nella   competenza   dell'«organo   che   sovrintende
l'Amministrazione penitenziaria, ossia il Ministro della Giustizia al
quale spettano ai sensi dell'art. 110  Cost.  l'organizzazione  e  il
funzionamento dei servizi relativi alla  giustizia  con  le  relative
responsabilita'». Tale attribuzione costituzionale implicherebbe,  in
particolare, «che spetti a quest'ultimo la competenza a provvedere in
relazione all'esecuzione dei provvedimenti dell'Autorita' giudiziaria
per motivi  di  omogeneo,  ordinato  ed  efficace  trattamento  degli
internati nei cui confronti va eseguito il ricovero  in  REMS».  Cio'
anche in armonia con l'art. 117, secondo  comma,  lettere  h)  e  l),
Cost., che attribuiscono allo Stato potesta' legislativa esclusiva in
materia, rispettivamente, di ordine pubblico e sicurezza, nonche'  di
giurisdizione, norme processuali, ordinamento civile e penale. 
    Per converso, sarebbe  incompatibile  con  l'art.  110  Cost.  la
vigente disciplina in materia di REMS,  la  quale  -  imperniata  sul
principio dell'esclusiva  gestione  sanitaria  di  tali  strutture  -
estrometterebbe completamente il Ministro della giustizia  e  i  suoi
organi  amministrativi,  come  segnatamente  il  DAP,  da   qualsiasi
funzione in materia  di  misure  di  sicurezza  nei  confronti  degli
infermi di mente, assegnando invece l'esclusiva competenza in materia
ai sistemi sanitari regionali. Tale disciplina costituirebbe oggi  un
«sistema disfunzionale e completamente privo di [...]  razionalita'»,
comportando l'«impossibilita' di fatto  di  porre  in  esecuzione  il
ricovero  in  REMS  al  di  fuori  della  Regione  e  un  complessivo
incremento di rischi per l'incolumita' dei cittadini e  degli  stessi
infermi di mente, esposti a lunghi periodi  nei  quali  e'  di  fatto
impossibile applicare misure di sicurezza a tutela anche  della  loro
salute». 
    1.3.- Infine, ritiene il giudice rimettente  che  la  riserva  di
legge in materia di misure di sicurezza, ai sensi dell'art. 25 Cost.,
non avrebbe consentito la sostanziale «delegificazione della materia»
attuata  dalla  normativa  vigente,  che  avrebbe  rimesso  di  fatto
«l'intera disciplina del ricovero in REMS e degli ulteriori requisiti
strutturali, tecnologici  e  organizzativi,  anche  con  riguardo  ai
profili di sicurezza, ad un Decreto da emanarsi di concerto da  parte
del Ministro della Salute  e  dal  Ministro  della  Giustizia».  Tale
decreto, peraltro adottato dopo la scadenza del termine del 31  marzo
2012 previsto dallo stesso art. 3-ter, comma 2, del d.l. n.  211  del
2011 censurato, avrebbe esso stesso attuato  «un'ulteriore  forma  di
delegificazione [...] mediante la stipula di accordi» tra il  Governo
e le autonomie locali, «anche  con  riferimento  agli  aspetti  della
esecuzione della misura di sicurezza e alle forme dei rapporti con la
Magistratura»;  con  conseguente  «attribuzione   alle   Regioni   di
competenze non previste nemmeno a livello legislativo  dall'art.  117
Cost.». 
    Tale sistema avrebbe determinato «l'ineseguibilita' della  misura
di   sicurezza   provvisoria   detentiva   disposta   nel    presente
procedimento,  oltre  a  numerosissime  altre  misure  di   sicurezza
definitive e provvisorie emesse da altri organi giudiziari», con «una
disomogenea applicazione sul  territorio  nazionale  delle  norme  di
trattamento penitenziario previste a tutela dei  diritti  inviolabili
degli internati infermi di mente,  esponendo  a  rischio  la  vita  o
l'incolumita' degli stessi infermi di mente, oltre che  quelle  degli
operatori  e  dei  terzi,  con  ulteriore  violazione   dei   diritti
fondamentali relativi agli obblighi di  protezione  dello  Stato  nei
confronti dei cittadini dalle persone socialmente pericolose». 
    2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri non  e'  intervenuto
in giudizio, ne' si e' costituita la persona  sottoposta  a  indagini
nel giudizio a quo. 
    3.- Esaminata la causa nelle camere di consiglio del 26 maggio  e
del 9 giugno 2021, questa Corte ha pronunciato ordinanza  istruttoria
n. 131 del 2021, depositata il 24 giugno 2021, disponendo che,  entro
novanta giorni dalla comunicazione dell'ordinanza stessa, il Ministro
della giustizia,  il  Ministro  della  salute,  il  Presidente  della
Conferenza delle  Regioni  e  delle  Province  autonome,  nonche'  il
Presidente dell'Ufficio parlamentare di  bilancio  depositassero  una
relazione, per quanto di rispettiva competenza, sui quesiti formulati
nella medesima ordinanza. 
    4.- Il 25 giugno 2021 un diverso giudice della sezione penale del
Tribunale di Tivoli, ha trasmesso alla cancelleria di questa Corte la
sentenza da lui stesso emessa, in qualita' di giudice monocratico, il
15 aprile 2021 e divenuta definitiva il 1° giugno 2021, con la  quale
P.  G.  era  stato  assolto  dalle  imputazioni  formulate  nei  suoi
confronti, essendone stata  riconosciuta  la  totale  incapacita'  di
intendere e di volere all'epoca dei fatti, e con la quale  era  stata
applicata nei suoi confronti la misura di  sicurezza  della  liberta'
vigilata per la durata minima di un  anno.  Nella  motivazione  della
sentenza si dava atto, in particolare, che - nelle more  dell'odierno
giudizio di legittimita' costituzionale - il 5 ottobre 2021 era stato
possibile eseguire, nei confronti di  P.  G.,  il  ricovero  in  REMS
ordinato dal GIP, e che la perizia medico-psichiatrica  disposta  dal
tribunale in sede di giudizio  dibattimentale  aveva  evidenziato  un
quadro  di  maggiore  consapevolezza  della   propria   patologia   e
disponibilita' a seguire le cure; il che consentiva  un  giudizio  di
diminuita pericolosita' sociale,  che  rendeva  la  meno  restrittiva
misura della liberta' vigilata «adeguata a fronteggiare il livello di
pericolosita' sociale attuale che il G. presenta e maggiormente utile
a favorirne il percorso terapeutico». 
    5.-  In  risposta  ai  quesiti  formulati  da  questa  Corte  con
l'ordinanza istruttoria n. 131 del 2021, contenuti nelle  lettere  da
a) a n) del suo dispositivo, il Ministro della giustizia, il Ministro
della salute e il Presidente della Conferenza delle Regioni  e  delle
Province  autonome  hanno  depositato  un'unica  corposa   relazione,
predisposta congiuntamente, di cui sono riassunti di seguito  i  dati
salienti ai fini della valutazione delle questioni in esame. 
    5.1.- In merito al quesito di cui alla lettera a),  la  relazione
evidenzia, alla data del 31 luglio  2021,  la  presenza  di  36  REMS
attive (tra definitive e provvisorie) sul territorio  nazionale,  per
un totale di 652 posti letto disponibili, di  cui  596  occupati  (la
differenza essendo riconducibile a momentanee  esigenze  legate  alla
pandemia,   come   le   misure   di   distanziamento,   ovvero   alle
ristrutturazioni   in   corso).   Tenendo   conto   delle    previste
rimodulazioni  dei  programmi  regionali  avviati  o  realizzati,  la
dotazione a regime dovrebbe innalzarsi a circa 740 posti letto. 
    La relazione sottolinea, altresi', che le singole  Regioni  hanno
adottato scelte diversificate in ordine alla struttura  organizzativa
delle  REMS:  talvolta  -  come  nel  caso  della  Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia - adottando il modello della  cosiddetta  "REMS
diffusa", costituito da «strutture di  piccole  dimensioni  (2  posti
letto) distribuite sul territorio regionale»;  talvolta  prediligendo
il modello  standard  di  residenze  con  20  posti  letto;  talvolta
strutturando REMS di dimensioni piu' contenute (tra 10 e  15  posti);
ovvero ancora  (come  nel  caso  di  Castiglione  delle  Stiviere  in
Lombardia)   adottando,   almeno   provvisoriamente,    un    sistema
polimodulare di ampie dimensioni, caratterizzato da piu'  moduli  con
20 posti ciascuno. 
    5.2.- In merito al quesito di cui alla lettera b),  la  relazione
chiarisce  che  le  REMS  rispettano,  di  norma,  il  principio   di
territorialita': alla data del 31 luglio 2021, solo 19 persone su 596
erano ospitate in una regione diversa da quella di residenza. Ad esse
si aggiungono 15 persone senza fissa dimora e 58 persone residenti in
uno Stato estero, per lo piu' ospitate nelle strutture della  Regione
Lombardia. Il DAP procede peraltro  frequentemente  a  richiedere  la
disponibilita' di  posti  letto  a  tutte  le  Residenze  attive  sul
territorio nazionale, con  la  formula  dell'«interpello  nazionale»,
qualora le strutture territorialmente competenti  abbiano  comunicato
l'indisponibilita' di posti. Cio' avviene  per  prassi  quando  detta
procedura venga espressamente sollecitata dall'autorita' giudiziaria,
ovvero nei  casi  connotati  da  peculiare  delicatezza.  Tuttavia  -
osserva il DAP - il numero esiguo dei pazienti ospitati fuori regione
dimostra gli esiti non soddisfacenti di questa procedura. 
    5.3.- In merito ai quesiti di cui alle lettere c) e d),  rispetto
ai quali  e'  stata  fornita  una  risposta  unitaria,  la  relazione
evidenzia anzitutto che le rilevazioni  dei  dati  sulle  persone  in
attesa di essere collocate in una REMS (e dunque in "lista d'attesa")
non sono omogenee: al 31 luglio 2021, 750 persone secondo il  DAP,  e
568 secondo la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome - a
quest'ultimo dato dovendo pero' sommarsi 103 persone che  secondo  la
Conferenza non sono inseribili nell'immediato nelle REMS, trattandosi
ad  esempio  di  persone  detenute  in  carcere  ad   altro   titolo,
irreperibili o dimoranti in uno Stato estero. 
    Il tempo medio  di  permanenza  in  lista  d'attesa  e'  indicato
concordemente in 304 giorni; ma i dati  relativi  ai  tempi  medi  di
attesa delle singole  Regioni  sono  scarsamente  significativi,  dal
momento che in molte Regioni  le  liste  d'attesa  sono  un  fenomeno
marginale, concernente meno di 10 persone;  e  che,  per  contro,  le
liste  d'attesa  sono  numericamente  rilevanti  in  cinque   regioni
(Sicilia,  Puglia,  Calabria,  Campania  e  Lazio)  nelle  quali   si
concentra il 78 per cento del fenomeno. In particolare, in Sicilia si
rilevano ben 172 persone in lista d'attesa, pari a poco  meno  di  un
terzo del totale, con un tempo medio di permanenza in lista  d'attesa
di 458 giorni. 
    5.4.- In merito al quesito di cui alla lettera e),  la  relazione
chiarisce come in circa il 70 per cento  dei  casi  alle  persone  in
lista d'attesa siano contestati reati sanzionati  con  pena  edittale
massima superiore ai cinque anni di  reclusione.  In  riferimento  in
particolare ai 563 soggetti in lista d'attesa secondo la  rilevazione
della Conferenza delle Regioni e  delle  Province  autonome,  il  DAP
evidenzia  tra  l'altro   come   in   141   casi   siano   contestati
maltrattamenti  in  famiglia  (art.  572  cod.  pen.),  in  56   casi
resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 cod. pen.), in 50 casi atti
persecutori (art. 612-bis cod. pen.), in 47 casi estorsione consumata
o tentata  (art.  629  cod.  pen.),  in  46  casi  lesioni  personali
consumate o tentate (artt. 582 e 583 cod. pen.), in 12 casi  omicidio
consumato semplice o aggravato (artt. 575-577 cod. pen.) e in 20 casi
tentato omicidio, in 27 casi violenza sessuale  consumata  o  tentata
(art. 609-bis cod. pen.), in 27 casi rapina consumata o tentata (art.
628 cod. pen.). Seppure in percentuali assai inferiori, compaiono poi
nell'elenco anche i delitti di incendio ex art.  423  cod.  pen.,  in
forma consumata o tentata (7 casi), sequestro di persona ex art.  605
cod. pen. (4 casi) e persino strage ex art. 422 cod. pen. (1 caso). 
    5.5.- In merito al quesito di cui alla lettera f),  la  relazione
afferma che, alla data del 31 luglio 2021, risultavano  collocate  in
una struttura penitenziaria in attesa di internamento in una REMS  61
persone,  per  nessuna  delle  quali  il  DAP  ha  avuto  notizia  di
collocamento presso i servizi psichiatrici ospedalieri  ex  art.  286
del codice di procedura penale. La relazione da' atto  peraltro  che,
grazie all'impegno congiunto di tutti gli  attori  istituzionali,  il
numero dei soggetti detenuti in attesa di internamento e' in costante
decrescita (dai 98 soggetti alla data  del  28  ottobre  2020  ai  35
presenti alla data del 25 ottobre 2021). 
    Dall'analisi condotta dal 20 giugno al 25 settembre 2021, risulta
poi al DAP l'emissione di 15 provvedimenti con cui e' stata  concessa
la liberta' vigilata in favore  di  soggetti  presenti  in  lista  di
attesa per il ricovero in REMS. 
    5.6.- In merito al quesito di cui alla  lettera  g),  secondo  la
relazione le principali difficolta' di funzionamento  dei  luoghi  di
cura per la salute mentale esterni alle REMS per gli  imputati  e  le
persone  assolte  in  via  definitiva  per  infermita'  mentale  sono
ascrivibili: in primo luogo,  alla  carenza  di  risorse  (personale,
strutture e finanziamenti) allocate ai servizi di salute mentale, cui
e' destinato solo il 2,9 per cento delle risorse complessive  per  il
SSN; in secondo luogo, alla mancanza di  efficace  coordinamento  tra
l'amministrazione della giustizia e i servizi sanitari  territoriali;
ed infine,  alla  complessita'  psichiatrica,  sanitaria,  sociale  e
giudiziaria di alcune situazioni, che richiedono particolare  impegno
per costruire la motivazione alla cura e per favorire una sufficiente
adesione della persona ai progetti proposti. 
    5.7.- In merito al quesito di cui alla lettera h),  la  relazione
riferisce in particolare della recente attivazione di due  meccanismi
di coordinamento tra tutti i diversi attori istituzionali  coinvolti.
In primo luogo, il 6 luglio 2021 e' stata istituita presso  l'Agenzia
nazionale per i servizi sanitari regionali  (AGENAS)  una  cabina  di
regia per problematiche inerenti i soggetti ristretti  in  attesa  di
inserimento in REMS, costituita  su  richiesta  del  Ministero  della
salute con la partecipazione del Ministero della  giustizia  e  delle
Regioni e Province autonome,  e  con  il  compito  di  «1.  precisare
l'effettiva composizione della  lista  dei  ristretti  in  attesa  di
inserimento in REMS alla data del  5.7.2021;  2.  attivarsi  per  una
sollecita allocazione degli stessi; 3. censire  l'effettiva  capienza
delle REMS attive, attivande ed attivabili sul territorio nazionale».
In secondo luogo, con  decreto  del  Ministro  della  salute  del  22
settembre 2021 e' stato ricostituito l'Organismo di coordinamento per
il  superamento  degli  OPG,  definito  nella  relazione  al  decreto
medesimo come «strumento fondamentale attraverso il  quale  procedere
all'analisi delle criticita' ancora presenti e alla  formulazione  di
proposte per la  loro  risoluzione»,  e  del  quale  fanno  parte  il
Ministero della salute, il Ministero della giustizia, le Regioni e le
Province autonome. 
    La relazione rammenta, altresi', la presenza in  14  Regioni  dei
protocolli operativi previsti dall'accordo della Conferenza unificata
del 26 febbraio 2015 (su cui infra, punto  4.4.  del  Considerato  in
diritto). 
    5.8.- In merito al quesito di cui alla lettera  i),  relativo  al
quadro delle competenze esercitate rispettivamente dal Ministro della
giustizia e dal Ministro della salute,  la  relazione  ripercorre  il
quadro normativo vigente, evidenziando in particolare:  che  le  REMS
sono realizzate e gestite dal  Servizio  sanitario  delle  Regioni  e
delle Province autonome; che la  gestione  interna  e'  di  esclusiva
competenza sanitaria;  che  permane  in  capo  alla  magistratura  di
sorveglianza il compito di vigilare sulle strutture, con  conseguente
applicazione degli artt. 677, comma 2, e 679 cod. proc. pen., nonche'
degli artt. 69 della legge n. 354 del 1975 e 5 del d.P.R. n. 230  del
2000; che le  assegnazioni  alle  REMS  sono  eseguite  dal  DAP  nel
rispetto dei principi della territorialita' e del numero chiuso;  che
la competenza del DAP e'  essenzialmente  limitata  alla  indicazione
della    REMS     territorialmente     competente     all'accoglienza
dell'interessato, il cui effettivo ricovero e' pero' subordinato alla
dichiarazione  di  disponibilita'  di  posto  letto  da   parte   del
responsabile della struttura; che, ai  fini  delle  assegnazioni,  le
Regioni e le Province autonome segnalano al DAP le  sedi  delle  REMS
sul territorio; e che la responsabilita' della  gestione  all'interno
della struttura e' assunta da un medico dirigente psichiatra. 
    5.9.- In merito al quesito di cui alla lettera j),  la  relazione
rammenta che l'assistenza sanitaria erogata nelle  REMS  rientra  nei
livelli essenziali di assistenza (LEA) ai sensi dell'art.  33,  comma
5, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  12  gennaio
2017  (Definizione  e  aggiornamento  dei   livelli   essenziali   di
assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del  decreto  legislativo
30 dicembre 1992, n.  502),  secondo  cui  «[a]i  soggetti  cui  sono
applicate  le  misure  di  sicurezza   del   ricovero   in   ospedale
psichiatrico  giudiziario  e  dell'assegnazione  a  casa  di  cura  e
custodia      sono      garantiti      trattamenti       residenziali
terapeutico-riabilitativi a carattere intensivo  ed  estensivo  nelle
strutture residenziali di cui alla legge n. 9 del 2012 ed al  decreto
ministeriale 1 ottobre 2012 (residenze per l'esecuzione delle  misure
di sicurezza). I  trattamenti  sono  a  totale  carico  del  Servizio
sanitario nazionale». 
    5.10.- In merito al quesito di cui alla lettera k), la  relazione
da' atto dell'esistenza di vari meccanismi di  monitoraggio  relativi
alla esecuzione dei provvedimenti di  applicazione  della  misura  di
sicurezza dell'assegnazione  a  REMS:  l'organismo  di  coordinamento
ricostituito il 22 settembre 2021 di cui si e'  detto  (supra,  punto
5.7.); il Sistema informativo per il  monitoraggio  del  percorso  di
superamento degli OPG e dei servizi di sanita' penitenziaria  (SMOP),
ideato dalla Regione Campania e ora adottato da 19  Regioni  e  dalla
Provincia autonoma di Trento; il monitoraggio, ad opera del Ministero
della salute, dell'attuazione della legge n. 81 del 2014  nell'ambito
della verifica dell'erogazione dei LEA. A tali sistemi si e' aggiunto
il monitoraggio effettuato nel corso della gestione commissariale dal
febbraio 2016 al febbraio 2017. 
    5.11.- In merito al quesito di cui alla lettera l), la  relazione
indica come unico potere  sostitutivo  espressamente  previsto  dalla
disciplina in materia quello contemplato dall'art.  3-ter,  comma  9,
del d.l. n. 211 del 2011, come convertito, finalizzato al  definitivo
superamento degli OPG e di fatto esercitato dal Governo nel 2016  (su
cui infra, punto 4.5. del Considerato in diritto). 
    5.12.- In merito al quesito di cui alla lettera m), relativo alle
cause delle difficolta' evidenziatesi sinora  nella  realizzazione  e
gestione  delle  REMS,  la  relazione   da'   conto   delle   analisi
differenziate compiute dal Ministero della giustizia, da un  lato,  e
dal Ministero della salute e della Conferenza delle Regioni  e  delle
Province autonome, dall'altro. 
    Il Ministero della giustizia riconosce come «il principio  [della
misura di sicurezza detentiva come extrema ratio]  non  abbia  ancora
fatto adeguata breccia nell'ambito giurisdizionale, tuttora in  parte
permeato da una cultura [...] eccessivamente  "custodialistica"  che,
come tale,  nutre  ancora  una  troppo  scarsa  fiducia  sulla  reale
efficacia delle misure di  sicurezza  non  detentive».  Cionondimeno,
osserva  come  il  fenomeno  delle  liste  d'attesa  sia  ascrivibile
principalmente  alla  «realizzazione  di  un  numero  complessivo  di
posti-letto   troppo   ridotto   e   comunque   inadeguato   rispetto
all'effettivo fabbisogno, unitamente all'assenza  di  alternativa  ed
adeguata offerta di tutela psichiatrica, idonea  a  salvaguardare  le
concomitanti esigenze primarie di salute del singolo e  di  sicurezza
pubblica». 
    Il  Ministero  della  giustizia  si   sofferma   altresi'   sulla
«frequente assenza di canali di comunicazione adeguati e  strutturati
tra Autorita' giudiziarie, aziende sanitarie locali e dipartimenti di
salute mentale», evidenziando che «laddove, anche tramite  protocolli
d'intesa,  i  servizi  psichiatrici  si  sono  dimostrati  efficienti
nell'indicare da subito adeguate soluzioni  terapeutiche  alternative
alle R.E.M.S., al fine di procedere alla cura e al  contenimento  del
paziente autore di reato, inevitabilmente il principio  della  misura
detentiva come extrema ratio ha  trovato  concretizzazioni  piu'  che
virtuose». 
    Ancora, il  Ministero  della  giustizia  individua  un  ulteriore
ostacolo nella «sottovalutazione delle  problematiche  relative  alla
sicurezza interna  ed  esterna  alle  R.E.M.S.»,  ove  gli  operatori
incontrano difficolta' «estreme [...]  nella  gestione  dei  pazienti
psichiatrici connotati da personalita'  particolarmente  violente  ed
aggressive». 
    Infine, pone in luce l'«assenza  di  strutture  organizzative  di
coordinamento, sia a livello locale che  nazionale,  oltre  che  [la]
mancata attivazione di poteri sostitutivi, o comunque di  intervento,
presso le Regioni dimostratesi inadempienti nella completa attuazione
della riforma». 
    Il Ministero della salute e la Conferenza delle Regioni  e  delle
Province autonome,  dal  canto  loro,  individuano  quali  principali
fattori di criticita' difficolta' di ordine culturale, segnalando  lo
sforzo degli  attori  coinvolti  (operatori  sanitari,  magistratura,
amministrazione  penitenziaria)  per  aderire  al   nuovo   approccio
culturale sotteso alla riforma, secondo cui la malattia  mentale  non
e' piu' un male incurabile ma un «disturbo, di natura anche  sociale,
curabile o almeno gestibile nell'ambito di un percorso  di  vita  che
tenda all'autonomia». Di talche'  «[r]icercare  nella  dotazione  dei
posti in REMS la soluzione al problema delle misure di  sicurezza  e'
espressione della cultura precedente  la  riforma,  che,  come  prima
risposta alla malattia mentale, immaginava un luogo in cui  collocare
la persona (rinunciando  a  ogni  forma  di  inclusione  sociale  del
malato)». 
    Proprio l'insufficiente applicazione  del  principio  di  extrema
ratio della misura di sicurezza detentiva -  verosimilmente  a  causa
della scarsa fiducia nelle misure di sicurezza non detentive e  della
debolezza  dei  servizi  di  salute  mentale  -  sarebbe  alla   base
dell'aumento delle  richieste  di  ricovero  che  non  hanno  trovato
esecuzione. 
    Di  qui  la  considerazione  della  necessita'  di  accelerare  e
qualificare i percorsi gia' intrapresi, procedendo alla  sostituzione
delle REMS provvisorie  con  quelle  definitive,  e  di  valutare  le
carenze o eccedenze «sulla base di attente analisi  delle  cause  del
fenomeno (nei  diversi  territori)  e  di  rigorose  valutazioni  dei
fabbisogni di  assistenza  ([...]  in  coerenza  con  le  innovazioni
introdotte con la  Missione  6  del  Piano  Nazionale  di  Ripresa  e
Resilienza verso una salute di comunita' e  in  continuita'  con  gli
strumenti della  programmazione  ampiamente  utilizzati  nel  settore
sanitario)». 
    Peraltro, sia il Ministero  della  giustizia,  sia  il  Ministero
della salute, sia  la  Conferenza  delle  Regioni  e  delle  Province
autonome concordano sulla necessita' di adottare le seguenti misure: 
    - il rafforzamento della rete dei servizi per la  salute  mentale
(per qualificare e ampliare l'offerta assistenziale); 
    - un maggiore coordinamento  e  un  piu'  ampio  dialogo  fra  le
istituzioni (compresi momenti  di  formazione  congiunta,  anche  per
favorire il ricorso all'intera gamma delle misure disponibili); 
    - la definizione di criteri uniformi di  tenuta  delle  liste  di
attesa (e di priorita' per l'accesso in REMS); 
    - la previsione di meccanismi di  rivalutazione  periodica  della
condizione giuridica e sanitaria delle persone destinatarie di misure
di sicurezza detentive in REMS; 
    - l'adozione di accordi straordinari di soccorso interregionale e
la revisione della disciplina codicistica. 
    Quanto alle  difficolta'  di  ordine  finanziario,  la  relazione
segnala che, secondo il Sistema informativo  per  la  salute  mentale
(SISM),  nell'anno  2019  la  spesa  complessiva   per   l'assistenza
psichiatrica e' stimata pari a  65  euro  per  residente.  A  livello
nazionale, la spesa ammonta a 3,3 miliardi di euro, pari a  circa  il
2,9 per cento della spesa per il SSN - una percentuale  in  riduzione
rispetto agli anni precedenti. A livello  regionale,  la  percentuale
appare differenziata, e in ogni caso nettamente inferiore all'impegno
assunto dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome,  in
occasione della prima Conferenza nazionale sulla salute  mentale  nel
gennaio 2001, di destinare almeno il 5 per cento dei  fondi  sanitari
regionali per le  attivita'  di  promozione  e  tutela  della  salute
mentale. 
    Quanto allo specifico  processo  di  superamento  degli  OPG,  la
relazione segnala come le risorse di parte corrente  ammontino  a  38
milioni di euro per l'anno 2012 e a 55 milioni di  euro  a  decorrere
dall'anno 2013. In  proposito  si  evidenzia  che,  «[d]opo  la  fase
iniziale, le risorse sono [...] destinate alla  presa  in  carico  da
parte delle ASL e sono ripartite in base alla popolazione  residente:
entrambi gli elementi confermano la destinazione  all'intero  sistema
di servizi sanitari e socio  sanitari  per  la  tutela  della  salute
mentale e non solo al ricovero in REMS». 
    5.13.- In merito, infine, al quesito  di  cui  alla  lettera  n),
relativo ad eventuali progetti allo studio  di  riforma  legislativa,
regolamentare od organizzativa, la relazione da' atto di una serie di
iniziative in corso avviate dal Ministero della salute, segnalando in
particolare l'assegnazione di 60  milioni  di  euro  nell'ambito  dei
fondi per il 2021 vincolati agli obiettivi di carattere prioritario e
di  rilievo  nazionale,  alla   qualificazione   dei   percorsi   per
l'effettiva presa in  carico  e  per  il  reinserimento  sociale  dei
pazienti con disturbi psichiatrici autori di  reato  a  completamento
del processo di attuazione della legge n. 81  del  2014,  dando  atto
altresi', tra l'altro, di progetti di revisione dell'accordo  del  26
febbraio 2015 in sede di Conferenza unificata. 
    6.-  L'Ufficio  parlamentare  di  bilancio  (UPB),   chiamato   a
rispondere - per quanto di sua competenza - al solo  quesito  di  cui
alla lettera m) relativo alle  cause  delle  riscontrate  difficolta'
applicative delle REMS, ha depositato anch'esso una relazione,  nella
quale  ha   ricostruito   anzitutto   l'ammontare   complessivo   dei
finanziamenti in conto capitale per il completamento del processo  di
superamento degli OPG, pari a 173,8 milioni di euro. 
    Quanto alle risorse di parte corrente, osserva poi che  la  legge
n. 9 del 2012, di conversione del d.l. n. 211 del 2011,  ha  disposto
lo stanziamento di 38 milioni di euro per il 2012 e di 55 milioni  di
euro annui a  partire  dal  2013,  da  distribuire  tra  le  Regioni,
finalizzati  sia  al  funzionamento  delle   nuove   REMS,   sia   al
rafforzamento della  rete  complessiva  dei  servizi  residenziali  e
ambulatoriali  per  la  salute  mentale.  Segnala  inoltre   che   il
decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (Ulteriori  misure  urgenti  in
materia di  tutela  della  salute,  sostegno  ai  lavoratori  e  alle
imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica
da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 18  dicembre
2020,  n.  176,  ha  previsto   all'art.   23-quinquies,   comma   1,
l'incremento di 1 milione di euro annui del finanziamento statale  in
favore delle REMS, a decorrere dal 2021, al dichiarato fine  «di  non
vanificare   la   portata   innovativa   dell'articolo   3-ter    del
decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211», nonche'  di  «rispettare  le
misure  di   prevenzione   legate   all'emergenza   da   COVID-19   e
contestualmente  di  implementare  la  capienza  e  il  numero  delle
strutture». 
    Pur non essendo in grado  di  indicare  la  spesa  delle  singole
Regioni per il superamento degli OPG e il finanziamento  delle  REMS,
l'UPB rileva che le risorse nazionali stanziate in base  al  d.l.  n.
211 del 2011, come convertito, «non coprono  completamente  le  spese
correnti  contabilizzate  dalle  Regioni  per  le  REMS  e  le  altre
attivita' legate al superamento degli OPG  e  vengono  integrate  con
fondi regionali e aziendali». 
    La relazione dell'UPB si  sofferma  altresi'  sulla  presenza  di
lunghe liste di attesa per il ricovero nelle REMS,  definendola  come
«una seria criticita', che evidenzia un malfunzionamento del  sistema
delineato per il superamento degli OPG, con conseguenze  preoccupanti
sia nel caso in cui i soggetti compresi in tali liste siano collocati
nel frattempo presso strutture penitenziarie  [...]  sia  qualora  si
trovino in liberta' vigilata in attesa di internamento».  Evidenziate
una  serie  di  difficolta'  della  ricostruzione  del  quadro  delle
presenze in REMS e nelle liste  di  attesa  -  peraltro  parzialmente
ridimensionate dalla relazione dei Ministeri della giustizia e  della
salute e della Conferenza delle Regioni e  delle  Province  autonome,
che in esito a un lavoro congiunto  di  ricognizione  ha  in  effetti
sensibilmente ridotto il  divario  tra  le  diverse  stime  -,  l'UPB
osserva  che  le  liste  di  attesa  sono   compilate   con   criteri
esclusivamente  cronologici,  senza  l'osservanza   di   criteri   di
priorita', cui da tempo si fa invece ricorso  per  altre  prestazioni
sanitarie, il che «impedisce di  affrontare  tempestivamente  i  casi
piu' gravi, in cui  si  rende  necessario  un  trattamento  sanitario
urgente e/o una misura di sicurezza  immediata».  Individua  inoltre,
tra i fattori di criticita', la scarsa conoscenza, da parte di periti
e consulenti tecnici dell'autorita' giudiziaria, della disponibilita'
di strutture diverse dalle REMS sul territorio  regionale;  il  basso
turn-over nelle REMS, dovuto  anche  all'insufficiente  rivalutazione
periodica della pericolosita' sociale, sia  dei  soggetti  internati,
sia  di  quelli  in  lista  d'attesa;   l'insufficienza   dei   piani
terapeutico-riabilitativi  individuali;  l'aumento   dei   costi   di
gestione delle  REMS,  dovuto  anche  alla  tendenza  all'impiego  di
istituti di vigilanza privata per il mantenimento  dell'ordine  e  la
prevenzione di aggressioni. 
    Secondo l'UPB, pur essendo  difficili  da  reperire  i  dati  sul
numero di persone seguite dai servizi  territoriali,  risulta  infine
una  generale  carenza  di  tali  servizi,  che  rende   problematico
individuare soluzioni alternative al ricovero in REMS. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con l'ordinanza indicata  in  epigrafe,  il  Giudice  per  le
indagini preliminari del Tribunale ordinario di Tivoli  ha  sollevato
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 206  e  222  del
codice penale e dell'art. 3-ter del decreto-legge 22  dicembre  2011,
n. 211 (Interventi urgenti per il contrasto della tensione  detentiva
determinata dal  sovraffollamento  delle  carceri),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 17 febbraio 2012, n.  9,  come  modificato
dall'art. 1, comma 1, lettera a), del decreto-legge 31 marzo 2014, n.
52 (Disposizioni urgenti in materia  di  superamento  degli  ospedali
psichiatrici giudiziari), convertito, con modificazioni, nella  legge
30 maggio 2014 n. 81. 
    A parere del giudice rimettente, tali  disposizioni  violerebbero
nel loro complesso,  in  primo  luogo,  gli  artt.  27  e  110  della
Costituzione, «nella  parte  in  cui,  attribuendo  l'esecuzione  del
ricovero provvisorio presso  una  Residenza  per  l'esecuzione  delle
misure di sicurezza (REMS) alle Regioni ed agli organi amministrativi
da esse coordinati e vigilati, escludono la competenza  del  Ministro
della Giustizia in relazione all'esecuzione  della  detta  misura  di
sicurezza detentiva provvisoria». In secondo luogo, esse violerebbero
gli artt. 2, 3, 25, 32 e 110 Cost., «nella parte  in  cui  consentono
l'adozione  con  atti  amministrativi  di  disposizioni  generali  in
materia di misure di sicurezza in violazione della riserva  di  legge
in materia». 
    2.-  E'  preliminarmente  opportuno  precisare  i  confini  delle
censure formulate nell'ordinanza di rimessione, rispetto  alle  quali
questa Corte ha ritenuto  necessari  gli  approfondimenti  istruttori
disposti con l'ordinanza n. 131 del 2021. 
    Il giudice rimettente deve decidere, nella  propria  qualita'  di
GIP, su un'istanza del pubblico ministero che lo  ha  sollecitato  ad
assumere provvedimenti in relazione alla constatata impossibilita' di
dar corso all'ordinanza di applicazione provvisoria della  misura  di
sicurezza del ricovero in una residenza per l'esecuzione delle misure
di sicurezza (REMS), emesso undici mesi prima nei confronti di P. G.,
e dunque gli ha chiesto - in sostanza - di  impartire  le  necessarie
istruzioni per l'esecuzione delle misure gia' disposte, o  al  limite
di rivalutare la sussistenza dei loro presupposti e, se del caso,  di
revocarle, alla luce delle circostanze  di  fatto  rappresentate.  In
relazione a tale  istanza,  il  giudice  rimettente  da  un  lato  ha
revocato,  con  separato  provvedimento,  la  parte   della   propria
precedente ordinanza con la quale aveva disposto,  nelle  more  della
collocazione in una REMS dell'interessato, l'applicazione provvisoria
della liberta' vigilata con affidamento ai servizi  territoriali,  in
considerazione dell'impossibilita' di esecuzione  di  tale  misura  a
causa  della  mancata  collaborazione  dell'interessato  stesso;   e,
dall'altro, si e' riservato ogni decisione in merito all'applicazione
provvisoria del  ricovero  dell'interessato  in  REMS,  rimettendo  a
questa Corte una serie di questioni di  legittimita'  costituzionale,
di carattere a  suo  avviso  pregiudiziale  rispetto  alla  decisione
sull'istanza del pubblico ministero  della  quale  e'  investito.  Il
rimettente assume, in sostanza,  che  l'impossibilita'  sino  a  quel
momento  riscontrata  di  dare  esecuzione  alla  propria  precedente
ordinanza di ricovero in una REMS trovi la propria causa non gia'  in
difficolta' di ordine pratico o organizzativo, quanto piuttosto in un
assetto della legislazione vigente in materia  incompatibile  con  la
Costituzione. 
    Cio' sotto un duplice, concorrente profilo. 
    In  primo  luogo,   la   disciplina   censurata   estrometterebbe
completamente il Ministro  della  giustizia  da  ogni  competenza  in
materia di esecuzione di una  misura  di  sicurezza  come  quella  in
esame: il che contrasterebbe, in particolare, con l'art. 110 Cost., a
tenore   del   quale   «spettano   al   Ministro   della    giustizia
l'organizzazione  e  il  funzionamento  dei  servizi  relativi   alla
giustizia».  Nella   prospettiva   del   rimettente,   proprio   tale
estromissione   spiegherebbe   l'impossibilita'   di   eseguire    il
provvedimento di ricovero in REMS  nel  caso  concreto:  la  gestione
esclusivamente sanitaria delle REMS, interamente affidata a Regioni e
Province autonome, farebbe si' che il Ministro della giustizia, e  in
particolare il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP),
non siano in grado di assicurare  la  tempestiva  esecuzione  di  una
misura di sicurezza, e cioe' di un provvedimento emesso  dal  giudice
penale per far fronte a una situazione di  pericolosita'  sociale  di
una persona che risulti aver commesso un fatto di reato, o  a  carico
della quale sussistano gravi indizi di commissione di un tale  fatto.
E cio' in violazione, appunto, del precetto costituzionale che affida
allo  stesso  Ministro  della  giustizia   la   responsabilita'   del
funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. 
    In   secondo   luogo,    la    disciplina    censurata    sarebbe
costituzionalmente illegittima, nella misura in cui demanda  ad  atti
normativi  secondari,  ovvero  ad  accordi  tra  Stato  e   autonomie
territoriali,  la  regolamentazione  di  aspetti   essenziali   della
disciplina  relativa  a  una  misura  di  sicurezza  privativa  della
liberta' personale che si risolve, al tempo stesso, in un trattamento
sanitario obbligatorio. Cuore di tale secondo gruppo  di  censure  e'
l'asserita violazione delle riserve di legge poste  dagli  artt.  25,
terzo comma, e 32, secondo comma, Cost. in materia,  rispettivamente,
di disciplina delle misure di sicurezza  e  di  trattamenti  sanitari
obbligatori. Tali riserve sarebbero eluse  per  effetto  del  rinvio,
operato dalle disposizioni censurate, a fonti secondarie e ad accordi
con le autonomie  territoriali,  i  quali  avrebbero  da  parte  loro
determinato un'applicazione non omogenea della disciplina in  materia
di REMS nel territorio nazionale. 
    2.1.- Entrambi i gruppi di censure sono formulati  nei  confronti
del combinato disposto degli artt. 206 e 222 cod.  pen.  e  dell'art.
3-ter del d.l. n. 211 del 2011, come convertito, nel testo da  ultimo
modificato dal d.l. n. 52 del 2014, come convertito. A ben  guardare,
esse concernono pero' soltanto l'art. 3-ter del d.l. n. 211 del  2011
e  successive  modificazioni:  e  cioe'  la  disposizione  che,   nel
disciplinare il processo di  definitivo  superamento  degli  ospedali
psichiatrici giudiziari (OPG) e la loro  sostituzione  con  le  REMS,
avrebbe  -  nella  prospettazione  del  rimettente  -  estromesso  il
Ministro della giustizia da ogni competenza  rispetto  all'esecuzione
delle misure di sicurezza disposte dal giudice penale  nei  confronti
di persone inferme di mente, in violazione  dell'art.  110  Cost.,  e
avrebbe altresi' demandato a fonti normative secondarie o ad  accordi
con  le  autonomie  territoriali  la  regolamentazione   di   aspetti
essenziali delle misure di sicurezza in esame. Per contro, gli  artt.
206 e 222 cod. pen. - che disciplinano rispettivamente l'applicazione
provvisoria e definitiva, tra l'altro, della misura di sicurezza  del
ricovero in un OPG (da intendersi oggi riferita al  ricovero  in  una
REMS ai sensi del menzionato art. 3-ter, comma 4, del d.l. n. 211 del
2011,  come  convertito)  -  nulla  dispongono  ne'  in  merito  alle
competenze del Ministro della giustizia,  ne'  in  merito  alla  piu'
precisa disciplina delle REMS;  onde  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale che hanno ad  oggetto  tali  disposizioni  del  codice
penale debbono considerarsi in  radice  inammissibili  per  aberratio
ictus. 
    3.- Ancora in limine,  e'  infine  opportuno  precisare  che  non
incide sull'ammissibilita' di tali questioni la circostanza che, come
comunicato a questa Corte successivamente  all'ordinanza  istruttoria
n. 131 del 2021, l'interessato nel  giudizio  a  quo  sia  stato  nel
frattempo giudicato nel  merito  dal  Tribunale  di  Tivoli,  sezione
penale, per il reato rispetto al quale il GIP rimettente procedeva in
via cautelare, e sia stato ivi assolto con sentenza ormai passata  in
giudicato, con  la  quale  gli  e'  stata  applicata  una  misura  di
sicurezza diversa dal ricovero in REMS. 
    Dall'art. 21 delle Norme integrative per i giudizi  davanti  alla
Corte costituzionale si  desume  infatti  un  principio  generale  di
autonomia del giudizio incidentale  di  costituzionalita',  che  come
tale non risente delle vicende di fatto successive  all'ordinanza  di
rimessione;  sicche'  la  rilevanza  delle  questioni  rispetto  alla
decisione del processo a  quo  deve  essere  vagliata  ex  ante,  con
riferimento al momento della prospettazione  delle  questioni  stesse
(sentenze n. 127 del 2021 e n. 84 del 2021). 
    4.- L'art. 3-ter del d.l. n. 211 del 2011, introdotto dalla legge
di conversione n. 9 del 2012, costituisce  lo  snodo  essenziale  del
processo che  ha  condotto  al  definitivo  superamento,  nel  nostro
ordinamento, degli ospedali psichiatrici giudiziari e delle  case  di
cura e di custodia, originariamente previsti dal codice penale  quali
strutture per l'esecuzione di misure  di  sicurezza  per  le  persone
affette, rispettivamente, da vizio di mente  totale  o  parziale.  Di
tali strutture si avvertiva, da tempo, la inidoneita' a garantire  la
salute mentale di chi ivi era ricoverato (sentenza n. 186 del  2015);
e da ultimo la Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia e
l'efficienza  del  servizio  sanitario   nazionale,   istituita   con
deliberazione del Senato del 30 luglio 2008, aveva evidenziato, nella
propria relazione approvata il 20 luglio 2011, all'esito di visite  e
ispezioni negli OPG italiani, «gravi e  inaccettabili  [...]  carenze
strutturali e igienico-sanitarie». 
    4.1.- Come recentemente rammentato da questa Corte nella sentenza
n. 99 del 2019, il processo di  superamento  degli  OPG  aveva  preso
avvio con l'art. 5 del  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri 1° aprile 2008 (Modalita' e criteri per il trasferimento  al
Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie,  dei  rapporti
di lavoro, delle risorse finanziarie  e  delle  attrezzature  e  beni
strumentali in materia di sanita' penitenziaria), che  aveva  sancito
il trasferimento alle Regioni delle funzioni sanitarie afferenti agli
OPG e, all'Allegato C, aveva dettato le linee di  indirizzo  per  gli
interventi negli OPG e nelle case di cura e custodia,  ispirate  alla
creazione di un assetto organizzativo  «in  grado  di  garantire  una
corretta armonizzazione fra le misure  sanitarie  e  le  esigenze  di
sicurezza», attraverso «una  costante  collaborazione  fra  operatori
sanitari,  operatori  dell'Amministrazione  della  Giustizia   e   la
magistratura», sul presupposto che «l'ambito territoriale costituisce
[...] la sede privilegiata per affrontare i  problemi  della  salute,
della cura, della riabilitazione delle persone con  disturbi  mentali
per il fatto che nel  territorio  e'  possibile  creare  un  efficace
sinergismo tra i diversi servizi sanitari, tra  questi  e  i  servizi
sociali, tra le Istituzioni e la comunita' per il  fine  fondamentale
del recupero sociale delle persone». 
    4.2.- L'art. 3-ter del d.l. n. 211  del  2011,  come  convertito,
prevedeva anzitutto, al comma 1 nella  sua  versione  originaria,  il
superamento degli OPG entro il termine del 1° febbraio 2013  (termine
poi piu' volte prorogato, da ultimo fino al 31 marzo 2015, come  oggi
chiarito dal comma 4 della disposizione censurata). 
    Il comma 2 demanda a un decreto di natura non  regolamentare  del
Ministro della salute - da emanare di concerto con il Ministro  della
giustizia e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti  tra
lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano  -
la definizione dei requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi
delle  «strutture  destinate  ad  accogliere  le  persone  cui   sono
applicate  le  misure  di  sicurezza   del   ricovero   in   ospedale
psichiatrico  giudiziario  e  dell'assegnazione  a  casa  di  cura  e
custodia». 
    Il comma 3 specifica che l'emanando decreto dovra'  attenersi  ai
criteri guida dell'esclusiva  gestione  sanitaria  all'interno  delle
strutture, di una  attivita'  soltanto  perimetrale  di  sicurezza  e
vigilanza esterna, e della destinazione delle strutture ai  «soggetti
provenienti, di norma, dal territorio regionale di  ubicazione  delle
medesime». 
    Il comma 4 prevede che, a partire dal completamento del  processo
di superamento degli OPG, le misure di sicurezza del ricovero in  OPG
e  dell'assegnazione  a  casa  di  cura  e  custodia  siano  eseguite
esclusivamente all'interno delle strutture sanitarie di cui al  comma
2, specificando tra l'altro che «[il] giudice dispone  nei  confronti
dell'infermo di mente e del seminfermo di mente l'applicazione di una
misura di sicurezza, anche in via provvisoria, diversa  dal  ricovero
in un ospedale psichiatrico giudiziario o  in  una  casa  di  cura  e
custodia, salvo quando sono acquisiti elementi dai quali risulta  che
ogni misura diversa non e' idonea ad assicurare  cure  adeguate  e  a
fare fronte alla sua pericolosita' sociale». 
    I commi successivi dettano le relative disposizioni  finanziarie;
e il comma 9 stabilisce che  nell'ipotesi  di  mancato  rispetto,  da
parte delle Regioni e delle Province autonome,  del  termine  fissato
per la presentazione dei programmi di utilizzo  delle  risorse  o  di
mancato completamento di tali programmi, il Governo provveda  in  via
sostitutiva. 
    4.3.- In attuazione dei commi 2 e 3 dell'art. 3-ter del  d.l.  n.
211 del 2011, come convertito, il Ministro della salute, di  concerto
con il Ministro della giustizia e acquisita l'intesa della Conferenza
unificata, ha emanato il decreto del 1° ottobre 2012, che ha  dettato
i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi delle  strutture
destinate a sostituire gli OPG. 
    Tale decreto, all'Allegato A, ha disciplinato le  caratteristiche
delle aree abitative di tali strutture, prevedendo in particolare  un
numero massimo di venti posti letto a struttura e disponendo che  con
appositi accordi tra il DAP, il Ministero della salute, le Regioni  e
le Province  autonome  venisse  regolamentato  lo  svolgimento  delle
funzioni  di  cui  alla  legge  26  luglio  1975,   n.   354   (Norme
sull'ordinamento  penitenziario  e  sulla  esecuzione  delle   misure
privative e limitative della liberta') e al d.P.R. 30 giugno 2000, n.
230 (Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle
misure privative e limitative della liberta'), anche con  riferimento
agli aspetti della esecuzione della misura di sicurezza e alle  forme
dei  rapporti  con  la   magistratura.   Il   decreto   ha   altresi'
regolamentato la tipologia di attrezzature necessarie, il numero e la
tipologia di  operatori  sanitari  che  debbono  essere  presenti  in
ciascuna  residenza,  nonche'  l'organizzazione  del   lavoro   degli
operatori stessi, «fermo restando  quanto  sara'  disciplinato  dagli
appositi Accordi  in  materia,  [e  rinviando]  alla  potesta'  delle
Regioni e delle Province  Autonome,  ai  sensi  del  Titolo  V  della
Costituzione, l'organizzazione delle strutture residenziali». 
    4.4.-  Secondo  quando  previsto  dall'Allegato  A  del  predetto
decreto del Ministro della salute, il 26 febbraio 2015 la  Conferenza
unificata ha stabilito  con  apposito  accordo  tra  il  Governo,  le
Regioni, le Province autonome e le  autonomie  locali  la  disciplina
delle strutture  medesime,  denominate  «Residenze  per  l'Esecuzione
delle Misure di Sicurezza» (REMS). 
    Nelle premesse di tale accordo, si rammenta che «i diritti  delle
persone internate negli OPG [...] sono disciplinati  dalla  normativa
penitenziaria di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354 e del  decreto
del Presidente della Repubblica del 30 giugno 2000,  n.  230»,  e  si
stabilisce che «con il passaggio ad una organizzazione esclusivamente
sanitaria alle persone internate nelle REMS sono  garantiti  tutti  i
diritti di cui al precedente alinea [e cioe' i  diritti  riconosciuti
dalla   legge   sull'ordinamento   penitenziario   e   dal   relativo
regolamento], secondo proprie procedure ed organizzazione; e che,  in
tal senso, detti diritti sono pienamente  garantiti,  in  prospettiva
ampliativa,  anche  in  considerazione   della   esclusiva   gestione
sanitaria». 
    Sempre in premessa, si afferma la necessita' di  predisporre  per
ogni  paziente  uno  «specifico  percorso   terapeutico-riabilitativo
individualizzato», che comprenda  tra  l'altro  «la  prevenzione  dei
comportamenti  a  rischio  -  che  sia  comunque   finalizzato   alla
reintegrazione sociale - nonche'  aspetti  specifici  di  trattamento
[...] anche attraverso  il  mantenimento  (o  la  ricostruzione)  dei
rapporti con la famiglia, con la comunita' esterna, con il mondo  del
lavoro». Si impegnano  poi  le  Regioni  e  le  Province  autonome  a
«garantire l'accoglienza nelle proprie REMS di persone  sottoposte  a
misura  di  sicurezza  detentiva   residenti   nel   proprio   ambito
territoriale regionale o  provinciale»,  specificando  pero'  che  la
capienza massima di venti ospiti prevista dal  decreto  del  Ministro
della Salute del 1° ottobre 2012 deve intendersi come «inderogabile»,
dovendo le Regioni e le Province autonome provvedere «ad  una  idonea
programmazione che tenga conto delle esigenze in corso  e  a  venire,
con  specifico  riguardo  alla  evoluzione  del  numero  dei   propri
pazienti». 
    Tutto  cio'  premesso,  l'accordo   regola,   tra   l'altro,   il
trasferimento nelle REMS, a cura del DAP,  degli  internati  presenti
negli OPG secondo il principio della territorialita',  in  base  alla
disponibilita' di posti letto nelle strutture (art. 1),  e  fissa  il
principio secondo cui - superato un periodo transitorio di  un  anno,
che prevede  il  coinvolgimento  del  personale  dell'amministrazione
penitenziaria - i procedimenti di ammissione alle REMS e la  gestione
dei  rapporti  con   l'autorita'   giudiziaria,   comprensivi   della
comunicazione dei  provvedimenti  da  questa  emessi  («a  titolo  di
esempio:  permessi,  licenze,   notifiche»),   siano   di   esclusiva
competenza del personale amministrativo delle REMS (art. 3), sotto la
responsabilita'  di  un  direttore  sanitario  (art.   5),   restando
demandati  a  specifici  accordi  con  le  prefetture  i  servizi  di
sicurezza e  vigilanza  perimetrale  sulle  strutture  (art.  6).  Si
demanda poi a specifici accordi tra le Regioni, le Province autonome,
il DAP  e  «la  Magistratura,  attraverso  le  proprie  articolazioni
territorialmente competenti per ciascuna REMS», la definizione  delle
«modalita' di  collaborazione  [...]  inerenti  l'applicazione  delle
misure di sicurezza detentive, la loro trasformazione  e  l'eventuale
applicazione di misure di sicurezza, anche in  via  provvisoria,  non
detentive»,  dovendosi  in  tali  accordi  prevedere   «il   costante
coinvolgimento    degli    Uffici    Esecuzione    Penale     Esterna
territorialmente competenti», nonche' la  predisposizione  e  l'invio
alle    autorita'     giudiziarie     competenti     dei     progetti
terapeutico-riabilitativi  individuali  finalizzati  all'adozione  di
soluzioni diverse dalla REMS (art. 7). 
    4.5.- Non essendosi compiuto il processo di  chiusura  degli  OPG
entro il termine del 31 marzo 2015, da ultimo previsto  dall'art.  1,
comma 1, lettera a), del d.l. n. 52 del  2014,  come  convertito,  il
Governo, esercitando il potere sostitutivo ex art. 120 Cost. previsto
dall'art. 3-ter, comma 9, del d.l. n. 211 del 2011, come  convertito,
ha nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del
19  febbraio  2016  un  commissario  unico  per  provvedere  in   via
sostitutiva, in luogo  delle  Regioni  Calabria,  Abruzzo,  Piemonte,
Toscana, Puglia e Veneto, alla realizzazione di programmi al fine  di
garantire la chiusura degli OPG e il tempestivo  ricovero  presso  le
competenti REMS delle persone ancora ivi internate. 
    Il commissario ha concluso il proprio mandato nel febbraio  2017,
dando  atto  del   raggiungimento   dell'obiettivo   del   definitivo
superamento  degli   OPG   nell'intero   territorio   nazionale,   ma
sottolineando  al  contempo  una  serie  di  difficolta'  applicative
nell'esecuzione delle  misure  di  sicurezza  nelle  REMS  (relazioni
semestrali rispettivamente relative al periodo 19 febbraio-19  agosto
2016 e al periodo 19 agosto 2016-19 febbraio 2017). 
    5.- Tutto cio' premesso, occorre  esaminare  -  anche  alla  luce
delle risultanze dell'attivita' istruttoria, di cui si e' dato  conto
nel  Ritenuto  in  fatto  (punto  5)  -  le  censure  del  rimettente
concernenti l'art. 3-ter del d.l. n. 211 del 2011, come convertito, e
successive modificazioni, con particolare riguardo alla disciplina  -
in esso contenuta - relativa alle «strutture destinate ad  accogliere
le persone cui sono applicate le misure di sicurezza del ricovero  in
ospedale psichiatrico giudiziario e dell'assegnazione a casa di  cura
e custodia» (comma 2),  definite  come  REMS  dalle  fonti  normative
successive. 
    5.1.- Al riguardo, e' anzitutto necessario chiarire quale sia  la
natura della misura di assegnazione a una REMS. 
    Gia' dallo scarno dato testuale del comma  3  della  disposizione
censurata emerge l'accentuata vocazione di strumento di tutela  della
salute  mentale  del  destinatario  che  il  legislatore  ha   inteso
assegnare  alle  strutture  in   questione:   esse   debbono   essere
caratterizzate da una «esclusiva gestione sanitaria» al loro interno,
e possono prevedere, «ove necessario in relazione alle condizioni dei
soggetti interessati», una attivita'  di  sicurezza  e  di  vigilanza
soltanto «perimetrale» ed «esterna», si' da impedire l'allontanamento
non autorizzato dalle strutture. 
    Appare inoltre evidente l'ulteriore intenzione del legislatore di
inserire la realizzazione e la successiva gestione delle strutture in
questione  nell'ambito  dei  sistemi   sanitari   regionali,   e   in
particolare dei rispettivi dipartimenti per  la  salute  mentale.  Il
comma 2 demanda, infatti, l'ulteriore disciplina delle strutture a un
successivo  decreto  del  Ministro  della  salute,  da  adottarsi  di
concerto con il Ministro della giustizia e d'intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato e le  autonomie  territoriali;
mentre i commi successivi assegnano risorse finanziarie alle  Regioni
e alle Province autonome allo scopo, tra l'altro,  di  realizzare  le
strutture medesime. 
    Cionondimeno,  l'assegnazione  a  una  REMS  -  cosi'  come  oggi
concretamente  configurata  nell'ordinamento  -   non   puo'   essere
considerata come una misura di natura esclusivamente sanitaria. 
    Il comma 4 dell'art.  3-ter  del  d.l.  n.  211  del  2011,  come
convertito, dispone che, a partire dalla data di definitiva  chiusura
degli  OPG,  «le  misure  di  sicurezza  del  ricovero  in   ospedale
psichiatrico  giudiziario  e  dell'assegnazione  a  casa  di  cura  e
custodia sono eseguite  esclusivamente  all'interno  delle  strutture
sanitarie di cui al comma 2», sempre che  permanga  la  pericolosita'
sociale della persona interessata. 
    La disposizione ora menzionata, pur non chiarissima nel suo  dato
letterale (che potrebbe anche  intendersi  come  riferito  alle  sole
misure  gia'  disposte  al  momento  della   chiusura   degli   OPG),
costituisce  la  base  normativa  che  consente  oggi  di  sostituire
automaticamente i riferimenti alle misure di sicurezza  del  ricovero
in OPG o dell'assegnazione a casa  di  cura  e  di  custodia,  ancora
presenti nel codice penale  e  nella  disciplina  penitenziaria,  con
l'assegnazione a una REMS. 
    Quest'ultima costituisce cosi', a tutti gli  effetti,  una  nuova
misura di sicurezza, ispirata ad una logica di  fondo  assai  diversa
rispetto al ricovero in OPG o all'assegnazione a casa di  cura  o  di
custodia, ma applicabile in presenza degli stessi presupposti,  salvo
il nuovo requisito della inidoneita' di ogni misura  meno  afflittiva
introdotto dall'art. 3-ter, comma 4, del d.l. n. 211 del  2011,  come
convertito. Al punto che l'art. 1, comma 1-quater, del d.l. n. 52 del
2014, convertito nella legge n. 81 del 2014, include espressamente il
«ricovero nelle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza»
tra le «misure di sicurezza detentive provvisorie o definitive». 
    L'analisi dei contenuti dell'assegnazione a una REMS conferma  la
sua distinzione da ogni ordinario trattamento sanitario della  salute
mentale, in armonia con la sua caratterizzazione anche come misura di
sicurezza. 
    L'assegnazione in  parola  consiste,  anzitutto,  in  una  misura
limitativa della liberta' personale -  il  che  e'  evidenziato  gia'
dalla  circostanza  che   al   soggetto   interessato   puo'   essere
legittimamente impedito di allontanarsi dalla REMS.  Durante  la  sua
esecuzione possono essere praticati al paziente trattamenti  sanitari
coattivi, ossia attuabili nonostante l'eventuale  volonta'  contraria
del paziente. Essa si distingue, peraltro, dal trattamento  sanitario
obbligatorio per malattia mentale disciplinato dagli articoli da 33 a
35 della legge 23 dicembre 1978, n.  833  (Istituzione  del  servizio
sanitario nazionale), esso pure di carattere coattivo, giacche': 
    - presuppone non solo a) una situazione di malattia  mentale  (un
«vizio di mente», secondo la  terminologia  del  codice  penale),  ma
anche b) la previa commissione di un fatto costitutivo  di  reato  da
parte del soggetto che vi  deve  essere  sottoposto  (art.  202  cod.
pen.),  nonche'  c)  una  valutazione  di  pericolosita'  sociale  di
quest'ultimo (ancora, art. 202 cod. pen.), intesa quale  probabilita'
di commissione di nuovi fatti preveduti dalla legge come reati  (art.
203 cod. pen.); 
    -  e'  applicata  non  gia'  dall'autorita'  amministrativa   con
successiva convalida giurisdizionale, come nell'ipotesi  disciplinata
dall'art. 35 della legge n. 833 del 1978, bensi' dal giudice  penale,
con la sentenza che accerta il fatto (art. 222 cod. pen.)  ovvero  in
via provvisoria (art. 206 cod. pen.); 
    - sulla sua concreta esecuzione  sovraintende  il  magistrato  di
sorveglianza (art. 679, comma 2, cod. proc. pen.; art. 69,  comma  3,
ordin. penit.), che «[p]rovvede al  riesame  della  pericolosita'  ai
sensi del primo e secondo comma  dell'art.  208  del  codice  penale,
nonche' all'applicazione, esecuzione, trasformazione o revoca,  anche
anticipata, delle misure di sicurezza»  (art.  69,  comma  4,  ordin.
penit.), e dunque puo' sempre revocare  l'assegnazione  ad  una  REMS
ovvero sostituirla con  la  meno  afflittiva  misura  della  liberta'
vigilata (sentenza n. 253  del  2003),  con  correlativo  affidamento
dell'interessato ai servizi territoriali per  la  cura  della  salute
mentale. 
    5.2.- In quanto misura di sicurezza, l'assegnazione alla REMS non
puo' che trovare la propria peculiare  ragion  d'essere  -  a  fronte
della generalita' dei trattamenti sanitari per le malattie mentali  -
in una specifica funzione di contenimento della pericolosita' sociale
di chi abbia gia' commesso un reato, o sia  gravemente  indiziato  di
averlo commesso, in una condizione di  vizio  totale  o  parziale  di
mente. 
    Questa  funzione,  d'altronde,  non  e'  incompatibile   con   la
finalita' di cura della  malattia  mentale:  anzi,  proprio  in  tale
concorrente finalita' - essa stessa espressiva  del  dovere  primario
dell'ordinamento di cura della  salute  di  ogni  individuo,  sancito
dall'art. 32  Cost.  -  si  realizza,  rispetto  a  questa  specifica
categoria di autori di reato, la vocazione naturale di ogni misura di
sicurezza al loro recupero sociale che accomuna, nel  vigente  quadro
costituzionale, pene e misure di sicurezza (sentenze n. 197 del 2021,
punto 4 del Considerato in diritto, e n. 73 del 2020, punto 4.4.  del
Considerato in diritto). 
    Come questa Corte, quasi un ventennio fa, ebbe a  sottolineare  a
proposito della misura di sicurezza dell'OPG  e  -  implicitamente  -
della misura della liberta'  vigilata  per  i  malati  mentali,  resa
possibile proprio da  quella  pronuncia,  l'infermita'  di  mente  di
autori di  reato  che,  essendo  penalmente  non  responsabili,  «non
possono essere destinatari di misure aventi un contenuto  anche  solo
parzialmente punitivo», richiede «misure a contenuto terapeutico, non
diverse da quelle che in generale si  ritengono  adeguate  alla  cura
degli infermi psichici. D'altra parte, la  pericolosita'  sociale  di
tali persone,  manifestatasi  nel  compimento  di  fatti  costituenti
oggettivamente reato, e valutata prognosticamente in occasione  e  in
vista   delle    decisioni    giudiziarie    conseguenti,    richiede
ragionevolmente misure  atte  a  contenere  tale  pericolosita'  e  a
tutelare   la   collettivita'   dalle   sue    ulteriori    possibili
manifestazioni pregiudizievoli. Le misure di sicurezza  nei  riguardi
degli infermi di mente incapaci totali si muovono inevitabilmente fra
queste due polarita', e in tanto si giustificano, in  un  ordinamento
ispirato al principio personalista (art. 2  della  Costituzione),  in
quanto rispondano contemporaneamente  a  entrambe  queste  finalita',
collegate e non scindibili (cfr. sentenza n. 139 del 1982), di cura e
tutela  dell'infermo  e  di  contenimento  della  sua   pericolosita'
sociale. Un sistema che rispondesse ad una sola di  queste  finalita'
(e cosi' a quella di  controllo  dell'infermo  "pericoloso"),  e  non
all'altra, non  potrebbe  ritenersi  costituzionalmente  ammissibile»
(sentenza n. 253 del 2003). 
    La sostituzione delle misure di sicurezza del ricovero in  OPG  e
dell'assegnazione a casa di cura e di custodia, cosi'  come  previste
dal  legislatore  penale  del  1930,  con  l'assegnazione  alla  REMS
rappresenta un passo significativo  nella  direzione  dell'attuazione
dei principi espressi in quella pronuncia. A fronte della  conclamata
inidoneita' di quelle istituzioni, costruite  attorno  a  una  logica
custodialistica che privilegiava in maniera pressoche'  esclusiva  le
ragioni  di  tutela  della  collettivita'  contro  la   pericolosita'
dell'internato, finendo per sancirne di  fatto  la  totale  e  spesso
definitiva segregazione dal contesto sociale, la  disciplina  che  ha
gradualmente preso forma a partire dal 2012 ha ripensato in radice la
logica delle  misure  di  sicurezza  per  gli  autori  di  reato  non
imputabili   o   semimputabili,    onde    assicurarne    l'effettiva
funzionalita' a quella finalita' terapeutica che ne  condiziona,  per
quanto appena osservato, la stessa legittimita' costituzionale. 
    Coerentemente,    si    e'    conferito     marcato     carattere
terapeutico-riabilitativo  alla  nuova  misura  dell'assegnazione  in
REMS, costruita  attorno  all'idea  di  un  percorso  di  progressiva
riabilitazione sociale, da compiersi  in  strutture  residenziali  di
dimensioni  ridotte  chiamate  a  favorire  il  mantenimento   o   la
ricostruzione dei rapporti con il mondo esterno.  Parallelamente,  si
e' espressamente  confinato  l'ambito  applicativo  di  questa  nuova
misura - pur sempre custodiale -  ai  casi  in  cui  essa  si  riveli
effettivamente  necessaria  a  contenere  la  pericolosita'   sociale
dell'autore di reato, in applicazione del principio di extrema ratio,
o di minore sacrificio necessario, desumibile dall'art. 13  Cost.  in
relazione a  tutte  le  misure  privative  della  liberta'  personale
(sentenza n. 250 del 2018, punto 6 del  Considerato  in  diritto,  in
relazione alle misure di sicurezza detentive;  sentenza  n.  179  del
2017, punto 4.4. del Considerato in diritto, in relazione  alla  pena
detentiva; sentenza n. 265 del 2010,  punto  13  del  Considerato  in
diritto, in relazione alle misure cautelari). In difetto di effettiva
necessita',  il  giudice  dovra'  dunque  privilegiare  strategie  di
controllo e  di  terapia  alternative,  come  in  particolare  quelle
assicurate dai dipartimenti per la  salute  mentale  territorialmente
competenti,  eventualmente  nel  quadro  delle  prescrizioni  dettate
attraverso la meno afflittiva misura della liberta' vigilata. 
    5.3.- La natura "ancipite" di  misura  di  sicurezza  a  spiccato
contenuto terapeutico che l'assegnazione in una REMS  conserva  nella
legislazione vigente comporta, peraltro, la necessita'  che  essa  si
conformi ai principi costituzionali dettati, da un lato,  in  materia
di misure di sicurezza  e,  dall'altro,  in  materia  di  trattamenti
sanitari obbligatori. 
    5.3.1.- Sul primo versante, l'art. 25, terzo comma, Cost. dispone
che «[n]essuno puo' essere sottoposto a misure di  sicurezza  se  non
nei casi previsti dalla legge». Tale norma costituzionale declina  il
principio di legalita' rispetto alle  misure  di  sicurezza  in  modo
differenziato  rispetto  a  quanto  previsto  nel  secondo  comma   a
proposito delle pene, non prevedendo - in particolare -  la  garanzia
della loro irretroattivita' in peius. Tuttavia, non vi e' motivo  per
ritenere  che  il  diverso  corollario  della   riserva   di   legge,
espressamente stabilito tanto nel secondo  quanto  nel  terzo  comma,
abbia contenuto differenziato rispetto a pene e misure di  sicurezza,
trattandosi dunque  sempre  di  una  riserva  di  legge  statale,  da
intendersi come assoluta (sul carattere  assoluto  della  riserva  di
legge in materia penale, ordinanza n. 24 del 2017 e sentenze  n.  333
del 1991, n. 282 del 1990 e n. 26 del 1966;  sulla  insufficienza  di
una legge regionale a soddisfare  la  riserva  di  cui  all'art.  25,
secondo comma, Cost., sentenze n. 5 del 2021, n. 134 del  2019  e  n.
487 del 1989). 
    Inoltre, per quanto l'art. 25, terzo comma,  Cost.  espressamente
richieda soltanto che la legge preveda i «casi» in  cui  puo'  essere
applicata una misura di sicurezza, una lettura  di  tale  norma  alla
luce dell'art. 13, secondo comma, Cost. non puo'  non  condurre  alla
conclusione che la legge deve altresi'  prevedere,  almeno  nel  loro
nucleo essenziale, i «modi» con  cui  la  misura  di  sicurezza  puo'
restringere la liberta' personale del soggetto che vi sia sottoposto.
E' infatti impensabile che la Costituzione  abbia  inteso,  in  linea
generale, gravare la legge dell'onere di precisare le modalita' delle
possibili restrizioni  della  liberta'  di  personale,  e  abbia  poi
rinunciato a tale requisito proprio nei confronti delle pene e  delle
misure di sicurezza, e cioe' delle misure che piu'  tipicamente  sono
suscettibili di restringere la liberta' personale degli individui, ed
anzi di privarli della loro liberta', spesso per periodi duraturi o -
addirittura - per l'intera vita residua. Proprio per soddisfare  tale
requisito costituzionale, d'altronde, il legislatore e'  intervenuto,
mediante la legge sull'ordinamento penitenziario del 1975, a  dettare
una puntuale e articolata disciplina in materia di  esecuzione  delle
pene e delle misure di sicurezza, che per troppo  tempo  era  rimasta
affidata a mere fonti secondarie (per l'ormai risalente affermazione,
nella giurisprudenza  di  questa  Corte,  secondo  cui  l'ordinamento
penitenziario e' «materia di legge, alla stregua dell'art. 13 Cost.»,
sentenza n. 26 del 1999; sull'estensione  di  un  diverso  corollario
della  legalita'  della  pena  -  in  particolare,  il   divieto   di
applicazione retroattiva in peius - alla disciplina  delle  modalita'
esecutive della pena, sentenze n. 32 del 2020 e, successivamente,  n.
183 del 2021 e n. 193 del 2020). 
    Considerazioni in parte analoghe debbono essere svolte anche  sul
diverso versante della riserva di legge  in  materia  di  trattamenti
sanitari obbligatori, di cui all'art. 32, secondo comma, Cost. Quanto
meno allorche' un dato trattamento sia configurato  dalla  legge  non
soltanto come "obbligatorio" - con eventuale previsione di sanzioni a
carico di chi non si sottoponga spontaneamente ad esso  -,  ma  anche
come "coattivo" - potendo il suo destinatario essere costretto con la
forza a sottoporvisi, sia pure entro il limite segnato  dal  rispetto
della persona umana -, le garanzie dell'art. 32, secondo comma, Cost.
debbono sommarsi a quelle dell'art.  13  Cost.,  che  tutela  in  via
generale la liberta' personale,  posta  in  causa  in  ogni  caso  di
coercizione che abbia ad oggetto il corpo della persona (sentenza  n.
238 del 1996). Con conseguente necessita' che la legge preveda  anche
i «modi», oltre che i «casi», in cui un simile trattamento -  che  lo
stesso  art.  32,  secondo  comma,   Cost.   esige   d'altronde   sia
«determinato», e dunque descritto e disciplinato dalla legge  -  puo'
essere eseguito contro la volonta' del paziente. 
    5.3.2.- L'attuale disciplina in materia di assegnazione alle REMS
- come giustamente rileva l'ordinanza di rimessione  -  rivela  pero'
evidenti profili di frizione con tali principi. 
    In  effetti,  l'art.  3-ter  del  d.l.  n.  211  del  2011,  come
convertito,  in  questa   sede   censurato,   rappresenta   la   sola
disposizione contenuta in un atto avente forza di  legge  su  cui  si
fonda, oggi, l'intera disciplina dell'assegnazione  a  una  REMS.  La
disposizione  in  parola  -  inserita  in  sede  di  conversione  del
decreto-legge in questione con lo scopo essenziale di dare  avvio  al
processo di definitivo superamento degli OPG,  i  cui  gravi  difetti
erano apparsi vieppiu' evidenti alla  luce  delle  conclusioni  della
commissione di inchiesta parlamentare, pubblicate appena qualche mese
prima  (supra,  punto  4)  -  contiene  al  comma  4,  come  poc'anzi
rammentato, la clausola di "trasformazione  automatica"  nella  nuova
misura dei ricoveri in OPG e dell'assegnazione a casa di  cura  e  di
custodia disposte dall'autorita' giudiziaria; e  si  limita  poi,  al
comma 3,  a  dettare  tre  principi  generali  -  esclusiva  gestione
sanitaria, attivita' di vigilanza perimetrale e di sicurezza esterna,
destinazione di norma delle  strutture  a  soggetti  residenti  nella
regione - cui si sarebbe dovuta attenere  la  regolamentazione  delle
nuove «strutture», ancora neppure individuate con il nome di REMS. Il
comma 2 demanda poi pressoche' interamente tale regolamentazione a un
successivo decreto non regolamentare del Ministro  della  salute,  da
adottarsi di concerto con il Ministro della giustizia e d'intesa  con
la Conferenza Stato e autonomie territoriali. 
    Conseguentemente, la gran parte della  disciplina  vigente  delle
REMS si  fonda  oggi  su  atti  distinti  dalla  legge:  sul  decreto
ministeriale del 1° ottobre 2012 (supra,  punto  4.3.),  sull'accordo
adottato in Conferenza unificata il 26 febbraio  2015  (supra,  punto
4.4.) e, a cascata, su tutti gli atti conseguenti adottati a  livello
delle singole Regioni e Province autonome. 
    Il risultato e' che, se oggi la fonte primaria - e in particolare
le norme del codice penale, in combinato disposto con  l'art.  3-ter,
comma 4, del d.l. n. 211 del 2011, come convertito - indica in  quali
«casi» puo' trovare applicazione la nuova  misura  di  sicurezza  (in
pratica: tutti quelli in cui, in passato, poteva essere applicato  il
ricovero in OPG o l'assegnazione  a  casa  di  cura  o  di  custodia,
risultando inidonea ogni possibile  alternativa  non  custodiale),  i
«modi» di esecuzione della  misura,  e  dunque  della  privazione  di
liberta'  che  ne   e'   connaturata,   restano   invece   pressoche'
esclusivamente affidati a fonti subordinate e accordi tra il  Governo
e le autonomie territoriali. 
    Non   solo:   tanto   il   codice   penale,   quanto   la   legge
sull'ordinamento  penitenziario  e   il   regolamento   penitenziario
continuano oggi a menzionare e a disciplinare le misure di  sicurezza
del ricovero in OPG e dell'assegnazione in casa di cura  e  custodia,
ormai scomparse dall'ordinamento per effetto  della  disposizione  in
questa sede censurata, senza che il legislatore si sia  ancora  fatto
carico di modificare  tali  riferimenti  e  di  operare  i  necessari
coordinamenti di  disciplina  -  coordinamenti,  peraltro,  non  solo
formali, stante la profonda differenza di struttura, di funzionamento
e di logica complessiva delle REMS rispetto ai previgenti istituti. 
    La necessita' che una  fonte  primaria  disciplini  organicamente
tale misura a livello statale, stabilita dalla Costituzione, risponde
d'altronde a ineludibili esigenze di tutela dei diritti  fondamentali
dei suoi destinatari, particolarmente vulnerabili proprio in  ragione
della loro malattia. Basti pensare, in proposito,  che  nella  prassi
dei  trattamenti   per   la   cura   della   malattia   mentale   non
infrequentemente si fa  uso  delle  pur  controverse  pratiche  della
contenzione fisica o farmacologica, che rappresentano forse le  forme
piu' intense di coazione cui possa essere sottoposta una persona. Gli
artt. 13 e 32, secondo comma, Cost., unitamente all'art.  2  Cost.  -
che tutela i  diritti  involabili  della  persona,  tra  cui  la  sua
integrita' psicofisica - esigono che  il  legislatore  si  assuma  la
delicata responsabilita' di stabilire - in ogni  caso  in  chiave  di
extrema ratio ed entro i limiti della proporzionalita' rispetto  alle
necessita' terapeutiche e del rispetto della dignita' della persona -
se e in che misura sia legittimo l'uso della contenzione  all'interno
delle REMS, ed eventualmente quali ne siano le ammissibili  modalita'
di esecuzione (sui limiti di legittimita'  della  contenzione  fisica
del  paziente  psichiatrico  dal   punto   di   vista   del   diritto
internazionale  dei  diritti  umani,  Corte   europea   dei   diritti
dell'uomo, sentenze 19 febbraio  2015,  M.S.  contro  Croazia  n.  2,
paragrafi 98 e 103-105,  nonche',  piu'  recentemente,  15  settembre
2020, Aggerholm contro Danimarca, paragrafi  81-85;  nell'ordinamento
tedesco, recentemente sul  tema  Tribunale  costituzionale  federale,
sentenza 24 luglio 2018, 2 BvR 309/15 e 2 BvR 502/16). 
    Ancora, la legge non puo' non farsi carico  della  necessita'  di
disciplinare in modo  chiaro,  e  uniforme  per  l'intero  territorio
italiano, il ruolo  e  i  poteri  dell'autorita'  giudiziaria,  e  in
particolare  della  magistratura   di   sorveglianza,   rispetto   al
trattamento degli internati nelle REMS e ai loro strumenti di  tutela
giurisdizionale  nei  confronti  delle   decisioni   delle   relative
amministrazioni      (sull'obbligo      costituzionale,      gravante
sull'ordinamento, di assicurare «garanzie  giurisdizionali  entro  le
istituzioni preposte all'esecuzione delle  misure  restrittive  della
liberta'  personale»,  sentenza  n.  26  del  1999).   La   vocazione
accentuatamente terapeutica di tali  strutture  non  esclude  che  il
trattamento in esse praticato avvenga in una  situazione  in  cui  il
paziente e' fortemente limitato nella propria liberta'  personale;  e
non fa venir meno, pertanto, la necessita' di tutelarlo efficacemente
contro sempre possibili abusi. 
    5.4.- Sottesa all'intera ordinanza di  rimessione  e',  poi,  una
valutazione di grave  malfunzionamento  strutturale  del  sistema  di
applicazione dell'assegnazione in REMS, che  sarebbe  dimostrata  nel
caso oggetto del giudizio a quo dall'impossibilita'  di  eseguire  la
misura nei confronti dell'interessato, a quasi un  anno  di  distanza
dall'ordinanza che  per  la  prima  volta  l'aveva  disposta  in  via
provvisoria,  nonostante  gli  innumerevoli  tentativi  compiuti  dal
pubblico ministero di cui l'ordinanza da' puntualmente conto. 
    L'istruttoria esperita da questa Corte ha largamente  confermato,
e consentito di meglio precisare, la prospettazione del rimettente. 
    Un numero di persone almeno pari a quelle ospitate nelle 36  REMS
allo stato attive - piu' in particolare un  numero  compreso  tra  le
circa 670 (secondo i calcoli  del  Ministero  della  salute  e  della
Conferenza delle Regioni e della Province autonome) e le 750  persone
(secondo i calcoli del Ministero della  giustizia)  -  e',  oggi,  in
attesa di trovare una collocazione in una REMS, nella propria regione
o altrove (Ritenuto in fatto, punto 5.3.). La permanenza media in una
lista d'attesa e' pari a circa dieci mesi; ma  in  alcune  Regioni  i
tempi per l'inserimento in una REMS possono essere assai piu'  lunghi
(ancora Ritenuto in fatto, punto 5.3.). Le persone che si trovano  in
lista d'attesa  sono  spesso  accusate,  o  risultano  ormai  in  via
definitiva essere autrici, di reati assai  gravi  -  tra  gli  altri,
maltrattamenti in  famiglia,  atti  persecutori,  violenza  sessuale,
rapina, estorsione, lesioni personali e persino  omicidi,  tentati  e
consumati (Ritenuto in fatto, punto 5.4.). 
    Non spetta a questa Corte stabilire se, come ritiene il Ministero
della giustizia, l'esistenza di lunghe liste d'attesa sia ascrivibile
principalmente  all'insufficienza   complessiva   dei   posti   letto
disponibili, all'assenza di soluzioni alternative sul  territorio  in
grado di salvaguardare assieme le esigenze di salute del singolo e di
sicurezza  pubblica,  nonche'  al   mancato   esercizio   di   poteri
sostitutivi da parte dello Stato nei confronti  delle  Regioni  nelle
quali  si  manifestano  le  maggiori  difficolta';  ovvero  se,  come
sostenuto dal Ministero della salute unitamente alla Conferenza delle
Regioni e delle Province autonome, vi sia  piuttosto  un  eccesso  di
provvedimenti di  assegnazione  alle  REMS  da  parte  dell'autorita'
giudiziaria in conseguenza di una diffusa mancata adesione  al  nuovo
approccio culturale sotteso alla riforma. 
    Questa Corte non  puo'  pero'  non  rilevare  la  problematicita'
dell'esistenza di liste  d'attesa  nell'esecuzione  di  provvedimenti
emessi dall'autorita' giudiziaria nei confronti di autori  di  reato,
sul presupposto della loro pericolosita' sociale - e dunque, ai sensi
dell'art.  203  cod.  pen.,  sulla  base  di   una   valutazione   di
probabilita' che essi commettano nuovi  fatti  previsti  dalla  legge
come reati. Per loro natura, simili provvedimenti  dovrebbero  essere
immediatamente eseguiti, cosi' come destinate a essere immediatamente
eseguite sono le misure cautelari previste dal  codice  di  procedura
penale che si fondano sulla necessita' di prevenire rischi quale - in
particolare - il pericolo di commissione  di  gravi  reati  da  parte
dell'imputato (art. 274, comma 1, lettera c, del codice di  procedura
penale). 
    Una situazione in cui sistematicamente  restano  per  molti  mesi
ineseguiti provvedimenti volti a  evitare  la  commissione  di  nuovi
reati,  lungi  dal  costituire  un  inconveniente   di   mero   fatto
nell'attuazione concreta della disciplina legislativa,  evidenzia  un
difetto sistemico di effettivita' nella tutela dell'intero fascio  di
diritti fondamentali che l'assegnazione a una REMS mira  a  tutelare;
difetto rispetto al quale questa Corte - non meno  che  la  Corte  di
Strasburgo, che ormai da molti decenni sottolinea come la Convenzione
intenda proteggere i diritti nella loro  dimensione  di  effettivita'
(quanto meno a partire da Corte EDU, sentenza 9 ottobre  1979,  Airey
contro  Irlanda,  paragrafo  24:  «The  Convention  is  intended   to
guarantee not rights that are theoretical or illusory but rights that
are practical and effective») - non puo' rimanere indifferente, anche
alla luce dell'art. 3, secondo comma, Cost. (come  gia'  sottolineato
dalla sentenza n. 215 del 1987, in tema di effettivita'  del  diritto
all'educazione;  sul   principio   di   effettivita'   della   tutela
giurisdizionale, sentenze n. 10 del 2022, n. 157 e n. 48 del  2021  e
precedenti nelle stesse richiamati, nonche' la  sentenza  n.  26  del
1999 piu' volte citata). 
    Da un lato, un diffuso e  significativo  ritardo  nell'esecuzione
dei provvedimenti in esame comporta un difetto  di  tutela  effettiva
dei diritti fondamentali delle potenziali vittime di aggressioni, che
il soggetto affetto da patologie psichiche, e gia' autore  spesso  di
gravi o gravissimi fatti di reato, potrebbe nuovamente realizzare,  e
che l'ordinamento ha il dovere di prevenire. Dall'altro,  la  mancata
tempestiva esecuzione di questi provvedimenti lede, al  contempo,  il
diritto alla salute del malato,  al  quale  nell'attesa  non  vengono
praticati i trattamenti  -  rientranti  a  pieno  titolo  tra  i  LEA
(Ritenuto in fatto, punto 5.9.)  -  che  dovrebbero  essergli  invece
assicurati,  per  aiutarlo  a  superare  la  propria  patologia  e  a
reinserirsi gradualmente nella societa'. 
    E' chiaro che la soluzione a tale deficit di tutela  dei  diritti
fondamentali non puo' essere quella dell'assegnazione in soprannumero
delle persone in  lista  d'attesa  alle  REMS  esistenti:  un  simile
rimedio   finirebbe   soltanto   per   creare   una   situazione   di
sovraffollamento di queste  strutture,  snaturandone  la  funzione  e
minandone  in  radice  la  funzionalita'  rispetto  ai  propri  scopi
terapeutico-riabilitativi. Ed e' altresi' evidente che  l'alternativa
non puo' essere quella  di  collocare  provvisoriamente  in  istituti
penitenziari queste persone, le quali necessitano di terapie e di  un
percorso riabilitativo che il carcere non e' in alcun modo  idoneo  a
fornire; tanto che, a fronte anche  della  comunicazione  al  Governo
italiano di vari procedimenti pendenti avanti alla Corte EDU (uno dei
quali ora definito con sentenza 24 gennaio 2022,  Sy  contro  Italia)
promossi da persone affette da patologie  psichiatriche  detenute  in
strutture penitenziarie, la relazione dei Ministri della giustizia  e
della salute e  della  Conferenza  delle  Regioni  e  delle  Province
autonome ha dato atto dell'impegno  congiunto  di  tutti  gli  attori
istituzionali coinvolti a eliminare al piu' presto queste situazioni,
suscettibili di dar luogo a loro volta a intollerabili violazioni dei
diritti fondamentali delle persone interessate  (Ritenuto  in  fatto,
punto 5.5.). 
    Il problema delle liste  d'attesa  esige,  piuttosto,  di  essere
affrontato senza indugio - sulla base di  adeguati  finanziamenti  da
parte dello Stato e delle  autonomie  territoriali  -  attraverso  le
differenti strategie prospettate nella loro  relazione  dagli  stessi
Ministeri della giustizia e della salute  e  dalla  Conferenza  delle
Regioni e delle Province autonome (Ritenuto in fatto,  punto  5.12.);
strategie miranti a ridurre gradatamente, sino ad azzerare, l'attuale
divario  tra  il  numero  di  posti  disponibili  e  il  numero   dei
provvedimenti di assegnazione. E cio' mediante l'articolata gamma  di
interventi gia' indicati  dai  diversi  attori  istituzionali:  dalla
valorizzazione e potenziamento delle alternative terapeutiche per  la
salute mentale esistenti sul territorio, si'  da  contenere  il  piu'
possibile la necessita'  di  ricorrere  ai  provvedimenti  custodiali
nelle REMS;  ad  iniziative  dirette  alla  definizione  di  standard
condivisi nella scelta della misura  piu'  appropriata  in  relazione
alla situazione clinica e  alla  pericolosita'  sociale  dei  singoli
interessati; sino eventualmente alla  realizzazione  di  nuove  REMS,
laddove se ne evidenzi l'imprescindibilita'  per  far  fronte  a  una
domanda che si rivelasse non ulteriormente riducibile. 
    L'istruttoria ha, peraltro, mostrato che le segnalate difficolta'
sono  concentrate  soprattutto  in  talune  Regioni,  dove  le  liste
d'attesa sono particolarmente numerose e i tempi di attesa medi anche
sensibilmente superiori all'anno. Cio' determina  una  situazione  di
diseguale tutela dei diritti fondamentali - delle potenziali  vittime
di persone socialmente pericolose, e della salute di queste ultime  -
nel territorio nazionale, che reclama di essere  eliminata  con  ogni
strategia  opportuna:  compreso  l'esercizio  degli  ordinari  poteri
sostitutivi da parte del Governo  ai  sensi  dell'art.  120,  secondo
comma, Cost, in caso di riscontrata inadempienza  di  quelle  Regioni
che fossero venute meno al proprio dovere  costituzionale  di  tutela
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili
e  sociali  nei  confronti  dei  destinatari  dei  provvedimenti   di
assegnazione alle REMS. 
    5.5.- Il giudice rimettente si duole, infine,  dell'estromissione
del Ministro della giustizia pressoche' da ogni competenza in materia
di esecuzione della misura di sicurezza in oggetto, in violazione - a
suo avviso - dell'art. 110 Cost. 
    Dagli scarni dati  normativi  vigenti,  e  in  particolare  dalla
disposizione censurata, non si evince  in  effetti  alcuna  specifica
indicazione sulle competenze del Ministro della giustizia rispetto  a
strutture  definite  espressamente   come   «a   esclusiva   gestione
sanitaria»;  strutture  che  l'accordo  tra   Governo   e   autonomie
territoriali stipulato in sede di Conferenza unificata il 26 febbraio
2015 ha poi affidato interamente al personale sanitario delle Regioni
o delle  Province  autonome,  al  quale  spetta  la  direzione  della
struttura e la gestione dei  rapporti  con  l'autorita'  giudiziaria,
comprensiva dei provvedimenti da questa emessi, come i permessi o  le
licenze (supra, punto 4.4.). 
    La  relazione  congiunta  del  Ministero  della  giustizia,   del
Ministero della salute e  della  Conferenza  delle  Regioni  e  delle
Province autonome ha, in  proposito,  ulteriormente  chiarito  che  -
secondo  l'interpretazione  della  normativa  vigente  invalsa  nella
prassi - la  competenza  del  DAP  e'  essenzialmente  limitata  alla
indicazione all'autorita' giudiziaria che ne faccia  richiesta  della
REMS territorialmente competente all'accoglienza dell'interessato, il
cui effettivo ricovero e' pero'  subordinato  alla  dichiarazione  di
disponibilita' di un posto letto  da  parte  del  responsabile  della
struttura (Ritenuto in fatto, punto 5.8.). 
    Una  simile  situazione,  che  risulterebbe  coerente   con   una
prospettiva che riconoscesse natura  di  mero  trattamento  sanitario
all'assegnazione   in   REMS,   non   appare   in   linea   con    la
caratterizzazione di tale assegnazione, univocamente  desumibile  dal
quadro normativo vigente, come  misura  di  sicurezza  (supra,  punto
5.1.). Una misura di sicurezza disposta dal giudice penale in seguito
alla commissione di un reato da  parte  dell'interessato,  sulla  cui
esecuzione  e'   chiamato   a   sovraintendere   il   magistrato   di
sorveglianza, e che puo' essere sempre da lui revocata o  modificata,
rientra a pieno titolo - non meno di quanto avviene per la pena - tra
i «servizi relativi alla giustizia», e in particolare della giustizia
penale, sulla cui organizzazione e funzionamento  il  Ministro  della
giustizia esercita una competenza fondata direttamente sull'art.  110
Cost. 
    Dal momento che la misura in parola e' fortemente  caratterizzata
in senso terapeutico, non contrasta invero con  la  Costituzione,  ed
anzi appare naturale, che  il  legislatore  -  nonche'  gli  atti  di
normazione  secondaria  e  gli  accordi   tra   Stato   e   autonomie
territoriali che ne hanno gradatamente  precisato  i  contorni  -  ne
abbia affidato la gestione ai sistemi sanitari regionali, anche  allo
scopo di assicurarne il necessario raccordo con i dipartimenti per la
salute mentale territorialmente  competenti;  dipartimenti  che  sono
chiamati a prendere in carico i pazienti non appena ne sia  possibile
la dimissione dalla REMS, e sono sollecitati ancor prima  ad  offrire
alternative terapeutiche che,  assicurando  esse  stesse  un'adeguata
tutela della collettivita' contro il pericolo di commissione di nuovi
reati da  parte  dell'interessato,  rendano  non  necessaria  la  sua
assegnazione a una REMS. E  tuttavia,  non  puo'  ritenersi  conforme
all'art. 110 Cost. una  disciplina  che,  come  quella  vigente,  non
attribuisca alcun ruolo  in  materia  al  Ministro  della  giustizia,
lasciando cosi' le singole  autorita'  giudiziarie  -  magistrati  di
sorveglianza, ma anche giudici penali e pubblici ministeri durante la
fase delle  indagini  preliminari  e  del  processo  -  a  interagire
direttamente con le strutture amministrative delle singole REMS  e  i
vari dipartimenti regionali per la salute mentale, ciascuno  operante
- per di piu' - con  logiche  differenti  e  sulla  base  di  realta'
organizzative tra loro assai eterogenee. 
    La gia' avvenuta attivazione o riattivazione, in epoca successiva
all'ordinanza istruttoria di questa  Corte,  di  vari  meccanismi  di
coordinamento e tavoli tra i diversi attori istituzionali  coinvolti,
compreso lo stesso Ministero  della  giustizia  (Ritenuto  in  fatto,
punto 5.7.), rappresenta un  segnale  significativo  e  incoraggiante
nella direzione di una  maggiore  sinergia  tra  tali  attori,  nello
spirito di una loro leale collaborazione in vista  dell'obiettivo  di
un migliore funzionamento del sistema delle REMS, e in definitiva  di
una tutela effettiva dei diritti fondamentali  di  tutte  le  persone
coinvolte. Ma rimane l'esigenza, ai sensi  dell'art.  110  Cost.,  di
assicurare una esplicita base normativa allo  stabile  coinvolgimento
del Ministero  della  giustizia  nell'attivita'  di  coordinamento  e
monitoraggio del funzionamento delle REMS  esistenti  e  degli  altri
strumenti di tutela della salute mentale attivabili nel quadro  della
diversa misura di sicurezza della liberta'  vigilata,  nonche'  nella
programmazione del relativo fabbisogno finanziario,  anche  in  vista
dell'eventuale potenziamento quantitativo delle strutture esistenti o
degli strumenti alternativi. 
    6.-  Riconosciuta  dunque  l'effettiva  sussistenza  dei  vulnera
lamentati dal rimettente, e  ferma  restando  l'inammissibilita'  per
aberratio ictus delle questioni sollevate sugli artt. 206 e 222  cod.
pen. (supra, punto  2.1.),  questa  Corte  non  puo',  tuttavia,  che
ritenere  altresi'  inammissibili  le   questioni   prospettate   dal
rimettente sull'art. 3-ter del d.l. n. 211 del 2011, come convertito,
anche alla luce di quanto e' emerso dall'istruttoria. 
    Quanto alla  censura  concernente  l'estromissione  del  Ministro
della giustizia da qualsiasi competenza significativa in  materia  di
collocazione nelle REMS, in violazione dell'art. 110  Cost.,  proprio
l'istruttoria  compiuta  ha  mostrato  come  lo  specifico   problema
lamentato dal giudice a quo -  l'inesistenza  di  un  meccanismo  che
consenta di collocare tempestivamente l'internando in una REMS -  non
sia affrontabile semplicemente mediante una pronuncia di questa Corte
che restituisca  al  Ministro  della  giustizia  una  competenza  nel
processo di individuazione di una REMS disponibile  e  di  successivo
collocamento dell'interessato, anche al di  fuori  della  Regione  di
residenza di quest'ultimo. I dati forniti congiuntamente dai Ministri
della giustizia e della salute e dalla  Conferenza  delle  Regioni  e
delle Province autonome hanno mostrato che, allo stato, tutte le REMS
esistenti nelle varie realta' territoriali  sono  occupate  quasi  al
limite delle rispettive  capacita'  regolamentari;  sicche'  i  posti
disponibili  sull'intero   territorio   nazionale   sono   ampiamente
inferiori al numero delle persone che si trovano in  lista  d'attesa,
comunque determinato. Il rimedio auspicato dal rimettente sarebbe, in
questo caso, palesemente inidoneo a garantire  il  risultato  pratico
cui egli mira. 
    Una  eventuale  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale
della disposizione censurata per violazione delle  riserve  di  legge
poste dall'art. 25, terzo comma, e dall'art. 32 Cost. determinerebbe,
d'altra parte, l'integrale caducazione del sistema  delle  REMS,  che
costituisce il risultato di un faticoso ma  ineludibile  processo  di
superamento dei vecchi OPG; e produrrebbe non solo  un  intollerabile
vuoto di tutela di interessi costituzionalmente rilevanti,  ma  anche
un  risultato  diametralmente  opposto   a   quello   auspicato   dal
rimettente, che mira invece a  rendere  piu'  efficiente  il  sistema
esistente, mediante il superamento delle difficolta' che  impediscono
la tempestiva collocazione degli interessati in una struttura  idonea
(sulla inammissibilita' di questioni il cui accoglimento  produrrebbe
un risultato incongruo rispetto all'obiettivo perseguito, sentenze n.
21 del 2020, n. 239 del 2019 e n. 280 del 2016). 
    Le considerazioni sin qui svolte  hanno,  piuttosto,  evidenziato
l'urgente necessita' di  una  complessiva  riforma  di  sistema,  che
assicuri, assieme: 
    - un'adeguata base legislativa alla nuova  misura  di  sicurezza,
secondo i principi poc'anzi enunciati (supra, punto 5.3.); 
    -  la  realizzazione  e  il   buon   funzionamento,   sull'intero
territorio nazionale, di un numero di REMS sufficiente a  far  fronte
ai reali fabbisogni, nel  quadro  di  un  complessivo  e  altrettanto
urgente potenziamento delle strutture  sul  territorio  in  grado  di
garantire interventi alternativi adeguati rispetto alle necessita' di
cura  e  a  quelle,  altrettanto  imprescindibili,  di  tutela  della
collettivita' (e dunque dei  diritti  fondamentali  delle  potenziali
vittime dei  fatti  di  reato  che  potrebbero  essere  commessi  dai
destinatari delle misure) (supra, punto 5.4.); 
    - forme di adeguato coinvolgimento del Ministro  della  giustizia
nell'attivita' di  coordinamento  e  monitoraggio  del  funzionamento
delle REMS esistenti e degli altri strumenti di tutela  della  salute
mentale attivabili nel quadro della diversa misura di sicurezza della
liberta'  vigilata,  nonche'  nella   programmazione   del   relativo
fabbisogno finanziario, anche in vista  dell'eventuale  potenziamento
quantitativo delle strutture esistenti o degli strumenti  alternativi
(supra, punto 5.5.). 
    Nel dichiarare l'inammissibilita' delle odierne questioni, questa
Corte non puo' peraltro non sottolineare -  come  in  altre  analoghe
occasioni  (segnatamente,  sentenza  n.   279   del   2013;   nonche'
recentemente, in diverso contesto, sentenza n. 32 del 2021) - che non
sarebbe tollerabile l'eccessivo protrarsi dell'inerzia legislativa in
ordine ai gravi problemi individuati dalla presente pronuncia. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale degli artt. 206 e 222 del codice  penale  e  dell'art.
3-ter del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211 (Interventi  urgenti
per  il  contrasto   della   tensione   detentiva   determinata   dal
sovraffollamento delle carceri), convertito, con modificazioni, nella
legge 17 febbraio 2012, n. 9, come modificato dall'art. 1,  comma  1,
lettera a), del decreto-legge 31  marzo  2014,  n.  52  (Disposizioni
urgenti  in  materia  di  superamento  degli  ospedali   psichiatrici
giudiziari), convertito, con modificazioni,  nella  legge  30  maggio
2014, n. 81, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 25, 27, 32  e
110 della Costituzione, dal Giudice per le indagini  preliminari  del
Tribunale ordinario di Tivoli con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                    Francesco VIGANO', Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 27 gennaio 2022. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA