N. 1 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 ottobre 2021
Ordinanza del 18 ottobre 2021 della Corte di cassazione nel procedimento civile promosso da Butta' Carmelo Sergio contro Azienda Sanitaria Provinciale di Crotone e Regione di Calabria. Impiego pubblico - Dirigenti - Norme della Regione Calabria - Incarichi di direttore sanitario e direttore amministrativo delle aziende del Servizio sanitario regionale - Previsione che tali incarichi hanno comunque un termine e i relativi rapporti di lavoro sono risolti di diritto nell'ipotesi di cessazione, per revoca, decadenza, dimissioni o qualsiasi altra causa, del direttore generale. - Legge della Regione Calabria 19 marzo 2004, n. 11 (Piano regionale per la salute 2004/2006), art. 15, comma 5.(GU n.6 del 9-2-2022 )
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Sezione lavoro composta dagli ill.mi sigg.ri magistrati: dott. Antonio Manna - Presidente; dott. Paolo Negri Della Torre - consigliere; dott. Annalisa Di Paolantonio - consigliere; dott. Caterina Marotta - consigliere; dott. Francesca Spena - rel. consigliere; ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso n. 28638-2017 proposto da: Butta' Carmelo Sergio, elettivamente domiciliato in Roma, via Delle Tre Madonne n. 8, presso lo studio degli avvocati Marco Marazza, Domenico De Feto, Stefano Butta', che lo rappresentano e difendono - ricorrente; contro: Azienda sanitaria provinciale di Crotone in persona del direttore generale legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Lima n. 28, presso lo studio dell'avvocato Giuseppe Cosco (Studio legale Nicolosi), rappresentata e difesa dall'avvocato Alfredo Gualtieri - controricorrente; nonche' contro Regione Calabria, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Sabotino n. 12, presso lo studio dell'avvocato Graziano Pungi', rappresentata e difesa dall'avvocato Franceschina Talarico - controricorrente; nonche' contro T. G. , T. E. , T. S. nella qualita' di eredi di T. M. - intimati; avverso la sentenza n. 2004/2016 della Corte d'appello di Catanzaro, depositata il 28 gennaio 2017 R.G.N. n. 649/2012; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14 luglio 2021 dal consigliere dott. Francesca Spena; udito il pubblico ministero in persona del sostituto Procuratore generale dott. Alberto Celeste che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l'avvocato Domenico De Feo; udito l'avvocato Alfredo Gualtieri; udito l'avvocato Graziano Pungi' per delega avvocato Franceschina Talarico. Rilevato che: 1. La Corte d'appello di Catanzaro, pronunciando sull'appello proposto dalla Azienda sanitaria provinciale di Crotone (in prosieguo: ASP) e dalla Regione Calabria nei confronti di Carmelo Sergio Butta' - gia' direttore amministrativo di ASP - e degli eredi di M. T. - gia' direttore generale di ASP - accoglieva parzialmente gli appelli. 2. Per l'effetto: dichiarava legittima la decadenza del direttore generale e la conseguente risoluzione di diritto del rapporto del direttore amministrativo; confermava la statuizione di primo grado nella parte in cui aveva dichiarato illegittima la preventiva sospensione degli appellati dai medesimi incarichi; condannava ASP e la Regione Calabria a risarcire - rispettivamente a Carmelo Sergio Butta' ed agli di M. T., - il danno patrimoniale derivato dalla sospensione illegittima, rigettando, invece, la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale proposta dal Butta'. 3. La Corte territoriale esponeva che: il direttore generale di ASP, M. T. era stato sospeso dell'incarico (delibera di Giunta regionale in data ...) per disavanzo di gestione; il direttore amministrativo Butta' era stato sospeso (delibera del Commissario straordinario del 19 agosto 2005) a seguito della sospensione del direttore generale; era seguita la dichiarazione di decadenza del direttore generale (delibera di Giunta regionale del ...) e la risoluzione di diritto dell'incarico di direttore amministrativo. 4. La Corte territoriale riteneva legittima la dichiarazione di decadenza del direttore generale, in quanto il T. ed il Butta' non avevano contestato alcuna delle circostanze indicate nella relativa delibera di giunta (n. ...). Dalla legittimita' della decadenza del direttore generale discendeva la risoluzione di diritto dell'incarico di direttore amministrativo, ai sensi dell'art. 15, comma 5, legge regionale n. 12/2005. 5. Il rilievo di mancata attivazione del contraddittorio, formulato dal Butta', non era pertinente, in quanto la decadenza del direttore generale per mancato raggiungimento dell'equilibrio economico, prevista nel secondo periodo dell'art. 14, comma 5, legge regionale n. 11/2004, operava in maniera automatica. 6. La sospensione degli incarichi era invece illegittima, in quanto non prevista da alcuna norma, di legge o di contratto. 7. Dalla sospensione era derivato un danno patrimoniale, pari alle retribuzioni non percepite durante il periodo di sospensione (detratte, per il Butta', le retribuzioni ricevute da ASP nello stesso periodo in qualita' di dirigente medico direttore di struttura complessa). Per il Butta' andava respinta la richiesta di risarcimento del danno biologico, morale ed all'immagine. 8. Ha proposto ricorso per la Cassazione della sentenza Carmelo Sergio Butta', articolato in sette motivi di censura; hanno resistito con controricorso la Regione Calabria e la ASP. Gli eredi di M. T. sono rimasti intimati. 9. Il ricorrente ha dedotto: con il primo motivo - ai sensi dell'art. 360 n. 3 e n. 5 del codice di procedura civile - erronea e falsa applicazione del combinato disposto dell'art. 14, comma 5, legge regionale Calabria n. 11/2004, dell'art. 1, comma 14, legge regionale n. 12/2005, dell'art. 1, comma 173, legge 30 dicembre 2004, n. 311, cosi' come attuato dall'Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005. Si censura la dichiarazione di decadenza del direttore generale; con articolate argomentazioni si sostiene, alla luce della normativa nazionale e della Intesa Stato-regioni, che la decadenza del direttore generale potrebbe essere dichiarata solo se l'equilibrio economico finanziario non viene raggiunto nel termine previsto dall'Intesa Stato-regioni, art. 6, ipotesi nella specie non ricorrente; con il secondo mezzo - ai sensi dell'art. 360 numero 3 e numero 5 del codice di procedura civile - violazione e falsa applicazione dell'art. 24 della Costituzione e dell'art. 14, comma 5, della legge regionale n. 11/2004, per avere il giudice dell'appello ritenuto che fa decadenza del direttore generale passa essere dichiarata in difetto di contraddittorio con l'interessato; con la terza critica - ai sensi dell'art. 360 n. 3 e n. 5 del codice di procedura civile - erronea e falsa applicazione del combinato disposto dell'art. 1, commi 12, 13 e 14 della legge regionale n. 12/2005, dell'art. 1, comma 173, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, cosi' come attuato dall'Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005 nonche' omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e' stato oggetto di discussione tra le parti. Sull'assunto che la decadenza del direttore generale presuppone io svolgimento dei controlli della regione e l'esistenza di una certificazione del direttore generale di non-coerenza agli obiettivi, si censura l'omesso esame del mancato svolgimento dei controlli regionali e della certificazione di coerenza del direttore generale per il primo semestre 2005. Si deduce, altresi', l'omesso esame della mancata approvazione in sede regionale del bilancio consuntivo per l'anno 2004 e si aggiunge che al T., nominato direttore generale nell'aprile 2004, non potevano essere imputati disavanzi risalenti al primo trimestre 2004; con il quarto motivo - ai sensi dell'art. 360 n. 3 del codice di procedura civile - violazione e falsa applicazione dell'art. 115, comma 1, codice di procedura civile, impugnando la sentenza per aver affermato che i fatti posti a base della decadenza del direttore generale non erano stati contestati; con il quinto motivo, proposto in via gradata, la illegittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 5, legge regionale n. 11/2004 - nella parte in cui prevede la risoluzione di diritto degli incarichi di direttore sanitario e di direttore amministrativo in ogni ipotesi di cessazione del direttore generale - per contrasto con l'art. 97 della Costituzione; con il sesto mezzo - ai sensi dell'art. 360 n. 3 del codice di procedura civile - violazione e falsa applicazione degli articoli 101, 416, 421, 436, 437 del codice di procedura civile, degli articoli 74 e 87 disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, dell'art. 44 del decreto-legge n. 90/2014 e dell'art. 24 della Costituzione, contestando la detrazione dell'aliunde perceptum nella liquidazione del danno patrimoniale; con la settima censura - ai sensi dell'art. 360 n. 5 del codice di procedura civile - omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e' stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione al rigetto della domanda di risarcimento del danno non patrimoniale derivato dalla sospensione illegittima. Considerato che 1. Ritiene il Collegio che la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 5, legge regionale Calabria 19 marzo 2004 n. 11, sollevata con il quinto motivo di ricorso, sia ammissibile, rilevante e non manifestamente infondata, in rapporto agli articoli 97 e 98 della Costituzione. Sulla rilevanza 2. Come esposto nello storico di lite, la risoluzione dell'incarico e del rapporto di lavoro intercorrente tra ASP ed il direttore amministrativo Carmelo Sergio Butta', odierno ricorrente, e' avvenuta in via automatica, in forza della disposizione di legge regionale della cui conformita' a Costituzione si dubita, a seguito della dichiarazione di decadenza di M. T. dalla carica di direttore generale di ASP. 3. Il direttore generale di ASP M. T. aveva impugnato la propria dichiarazione di decadenza davanti al Tribunale di Crotone (RG n. 2416/2007); il direttore amministrativo Butta' aveva proposto autonomo ricorso (RG n. 473/2008) deducendo, a sua volta, la illegittimita' di tale decadenza e, comunque, della cessazione del suo incarico, per ottenere il risarcimento del danno. I due giudizi, riuniti nel primo grado, hanno dato luogo all'odierno procedimento. 4. Gli eredi del T. non hanno impugnato la sentenza d'appello, che ha ritenuto legittima la dichiarazione di decadenza del de cuius, sicche' tale statuizione e' divenuta definitiva. 5. L'odierno ricorrente non ha legittimazione autonoma a proporre impugnazione avverso la dichiarazione di decadenza del direttore generale, sicche' sono inammissibili i motivi di ricorso dal primo al quarto, tutti relativi alla statuizione di legittimita' della decadenza del T. 6. La legittimazione esclusiva del direttore generale di ASP ad impugnare la dichiarazione della sua decadenza discende dal rilievo che la misura riguarda esclusivamente il direttore generale mentre rispetto al direttore sanitario ed al direttore amministrativo non v'e' decadenza - ne' rilevano le ragioni della decadenza del direttore generale - ma opera il diverso effetto della cessazione dell'incarico e della risoluzione automatica del rapporto di lavoro per il venir meno dalla carica del direttore generale che li ha nominati. 7. La norma di riferimento e' l'art. 15 della legge regionale Calabria n .11/2004, che dopo avere disposto, al comma uno, che il direttore sanitario ed il direttore amministrativo delle aziende del servizio sanitario regionale sono nominati dal direttore generale, al comma 5, qui sospettato di illegittimita' costituzionale, stabilisce che: «gli incarichi hanno comunque termine ed i relativi rapporti di lavoro sono risolti di diritto, nell'ipotesi di cessazione per revoca, decadenza, dimissioni o qualsiasi altra causa del direttore generale». 8. Si tratta, dunque, di un meccanismo di cessazione automatica, nel quale il venir meno del direttore generale rileva come mero fatto storico, indipendentemente dalle sue ragioni (come dall'espressione letterale «o qualsiasi altra causa»); la ratio della disposizione e' all'evidenza quella di garantire, all'interno della azienda sanitaria, la consonanza di impostazione fra il direttore generale ed i direttori amministrativo e sanitario, da lui stesso nominati, secondo il principio «simul stabunt, simul cadent». 9. Se si consentisse al direttore amministrativo di impugnare autonomamente la dichiarazione di decadenza del direttore generale - sia pure al solo fine di contestare, come nella fattispecie di causa, la risoluzione di diritto del proprio rapporto di lavoro e di ottenere il risarcimento del danno - si tradirebbe tanto la lettera che lo spirito dell'art. 15 legge regionale n. 11/2004. Invero si tutelerebbe un'aspettativa del direttore amministrativo alla stabilita' dell'incarico che la norma ha inteso escludere in qualsiasi ipotesi di cessazione del direttore generale, imputabile o non imputabile alla Azienda Sanitaria. 10. Il Butta' avrebbe potuto, al piu', intervenire nel giudizio promosso dal T. avverso la sua dichiarazione di decadenza, nelle forme e nei termini di cui all'art. 419 del codice di procedura civile. In ogni caso, pur a voler qualificare il ricorso originario del Butta' in termini di intervento adesivo dipendente (al ricorso del T.), egli non potrebbe impugnare la statuizione del giudice d'appello che ha dichiarato legittima la decadenza del T., non avendo la parte adiuvata esercitato il proprio diritto all'impugnazione (Cass. Sez. U. 17 aprile 2012, n. 5992). 11. I primi quattro motivi di ricorso appaiono, dunque, inammissibili. 12. Il sesto ed il settimo motivo vertono su una distinta domanda del Butta'; questi ha infatti proposto due autonome domande risarcitorie: la prima fondata sulla illegittimita' della cessazione del suo incarico; la seconda sulla illegittimita' della sua sospensione in via cautelare (disposta da ASP nel periodo 19 agosto - 24 ottobre 2005). Il giudice dell'appello ha dichiarato la illegittimita' della sospensione, per mancanza del potere di ASP di disporla; il Butta' si duole delle statuizioni consequenziali in punto di danno patrimoniale (sesto motivo) e non patrimoniale (settimo motivo). 13. La decisione sulla prima domanda del Butta' e' legata, dunque, esclusivamente all'applicazione dell'art. 15 comma 5, legge regionale Calabria n. 11/2004, norma sulla base della quale il giudice dell'appello ha ritenuto legittima la cessazione del direttore amministrativo dall'incarico; di qui la rilevanza del dubbio di illegittimita' costituzionale, in quanto se la disposizione sospettata venisse espunta dall'ordinamento, la risoluzione dell'incarico e del rapporto di lavoro del direttore amministrativo resterebbero non previste e consentite da norma alcuna e la sentenza d'appello dovrebbe essere sul punto cassata. Sulla non manifesta infondatezza 14. La disposizione censurata, sopra trascritta nella parte rilevante, statuisce che: «5. Gli incarichi di direttore sanitario e di direttore amministrativo hanno natura esclusivamente fiduciaria e possono essere revocati anche prima della scadenza contrattuale; gli incarichi hanno comunque termine ed i relativi rapporti di lavoro sono risolti di diritto, nell'ipotesi di cessazione, per revoca, decadenza, dimissioni o qualsiasi altra causa, del direttore generale». 15. Questa Corte, con sentenza del 3 dicembre 2009, n. 25422 ha gia' preso in esame la norma regionale; in quella sede essa e' stata ritenuta esente dal sospetto di illegittimita' costituzionale, anche in riferimento agli interventi della Corte costituzionale allora intervenuti sul tema del c.d. spoils system. 16. Del resto, all'epoca la Corte costituzionale, con la sentenza del 16 giugno 2006, n. 233, si era pronunciata nel senso della conformita' all'art. 97 Costituzione dell'art. 14, comma 3, legge Regione Calabria 17 agosto 2005, n. 13, nella parte in cui prevedeva, in concomitanza con la nomina dei nuovi direttori generali delle Aziende ospedaliere e delle Aziende sanitarie locali, la decadenza dei direttori amministrativi e sanitari delle stesse aziende. In quella occasione il giudice delle leggi aveva escluso il ricorrere di un'ipotesi di spoils system in senso tecnico - ( in quanto la norma non regola un rapporto fiduciario tra l'organo politico che conferisce un incarico ed il soggetto che lo riceve ma concerne l'organizzazione della struttura amministrativa regionale in materia sanitaria) - e ritenuto che la disposizione mirasse a garantire la consonanza di impostazione gestionale fra il direttore generale ed i direttori amministrativi e sanitari da lui nominati. Di qui la conclusione che, in questa prospettiva, essa non violava l'art. 97 della Costituzione ma, anzi, tendeva ad assicurare il buon andamento dell'amministrazione. 17. L'esame della giurisprudenza costituzionale successiva conduce in questa sede ad un convincimento diverso in ordine alla conformita' della disposizione regionale censurata agli articoli 97 e 98 della Costituzione. 18. In particolare, la sentenza della Corte costituzionale del 24 giugno 2010, n. 224, ha dato rilievo alla giurisprudenza formatasi in relazione ad una serie di disposizioni disciplinatrici dei rapporti non solo tra organi politici e amministrativi ma anche tra organi amministrativi (sentenze n. 34 del 2010, n. 351 e n. 161 del 2008, n. 104 e n. 103 del 2007), secondo la quale i meccanismi di decadenza automatica ove riferiti a figure dirigenziali non apicali, ovvero a titolari di uffici amministrativi per la cui scelta l'ordinamento non attribuisce, in ragione delle loro funzioni, rilievo esclusivo o prevalente al criterio della personale adesione del nominato agli orientamenti politici del titolare dell'organo che li nomina, si pongono in contrasto con l'art. 97 della Costituzione, in quanto pregiudicano la continuita' dell'azione amministrativa, introducono in quest'ultima un elemento di parzialita', sottraggono al soggetto dichiarato decaduto dall'incarico le garanzie del giusto procedimento e svincolano la rimozione del dirigente dall'accertamento oggettivo dei risultati conseguiti. 19. Di qui la dichiarazione della illegittimita' costituzionale, per violazione dell'art. 97 della Costituzione, dell'art. 15, comma 6, della legge della Regione Lazio 16 giugno 1994, n. 18, a tenore del quale il direttore amministrativo ed il direttore sanitario cessano dall'incarico entro tre mesi dalla data di nomina del nuovo direttore generale e possono essere riconfermati. 20. In linea di continuita' con la pronuncia del 2010, la Corte costituzionale ha dichiarato, con sentenza del 22 luglio 2011, n. 228, la illegittimita' costituzionale, per violazione degli articoli 97 e 98 della Costituzione, dell'art. 4, comma 1, della legge della Regione Abruzzo 23 giugno 2006, n. 20, a tenore del quale gli incarichi di direttore amministrativo e direttore sanitario in corso nelle Aziende sanitarie d'Abruzzo non conferiti dai direttori generali in carica alla data della entrata in vigore della stessa legge cessano, se non confermati, entro tre mesi dalla data di insediamento del nuovo direttore generale. 21. Alla luce della richiamata giurisprudenza, appare non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 5, della legge regionale Calabria n. 11/2004 - nella parte il cui prevede che gli incarichi di direttore amministrativo e di direttore sanitario hanno comunque termine, ed i relativi rapporti di lavoro sono risolti di diritto, nell'ipotesi di cessazione, per revoca, decadenza, dimissioni o qualsiasi altra causa, del direttore generale - per violazione dell'art. 97 e dell'art. 98 della Costituzione. 22. Non vi sono, a giudizio di questa Corte, ragioni che inducano a valutazioni diverse rispetto a quelle espresse dal giudice costituzionale in riferimento alle disposizioni di legge regionale che legano la cessazione automatica dell'incarico di direttore amministrativo e di direttore sanitario alla nomina del nuovo direttore generale o alla mancata conferma da parte del nuovo direttore generale entro un periodo temporale ridotto. 23. Ed invero la scelta fiduciaria del direttore amministrativo - effettuata con provvedimento ampiamente discrezionale del direttore generale, per quanto dispone il comma 1 del medesimo art. 15 legge regionale n. 11/2004 - non implica che l'interruzione del conseguente rapporto di lavoro possa avvenire per il solo fatto della cessazione dalla carica del direttore generale. 24. Una volta instaurato il rapporto di lavoro, con la predeterminazione contrattuale della sua scadenza, vengono in rilievo altri profili, connessi, da un lato, alle esigenze dell'amministrazione ospedaliera concernenti l'espletamento con continuita' delle funzioni dirigenziali proprie del direttore amministrativo, e, dall'altro lato, alla tutela giudiziaria, costituzionalmente protetta, delle situazioni soggettive dell'interessato inerenti alla carica. La valutazione di tali esigenze suscita un fondato dubbio di conformita' della disposizione in questione al principio di buon andamento sancito dall'art. 97 della Costituzione. Essa non ancora l'interruzione del rapporto di ufficio in corso a ragioni, legate alle modalita' di svolgimento delle funzioni di direttore amministrativo, idonee ad arrecare un vulnus ai principi di efficienza, efficacia e continuita' dell'azione amministrativa; inoltre, non richiede ne' consente alcuna valutazione qualitativa dell'operato del direttore amministrativo, effettuata con le garanzie del giusto procedimento (nel quale il nuovo direttore generale sarebbe tenuto a specificare le ragioni, connesse alle pregresse modalita' di svolgimento delle funzioni dirigenziali, idonee a fare ritenere sussistenti comportamenti del direttore amministrativo suscettibili di integrare la violazione delle direttive ricevute o di determinare risultati negativi nei servizi di competenza e giustificare, dunque, il venir meno della necessaria consonanza di impostazione gestionale tra direttore generale e direttore amministrativo ed il direttore amministrativo potrebbe far valere il suo diritto di difesa). 25. Appare altresi' non manifestamente infondato il dubbio di non conformita' dell'art. 15, comma 5, legge regionale Calabria n. 11/2004 all'art. 98 della Costituzione; il giudice delle leggi nella citata pronuncia n. 228/2011, ha chiarito, infatti, che la previsione costituzionale richiede ai pubblici impiegati, in quanto al servizio esclusivo della nazione, il rispetto del dovere di neutralita', che impone al funzionario, a prescindere dalle proprie personali convinzioni, la corretta e leale esecuzione delle direttive che provengono dall'organo politico, quale che sia il titolare pro tempore di quest'ultimo. Pertanto, al funzionario o al dirigente non apicale non e' richiesta la personale adesione agli orientamenti politici della persona fisica che riveste la carica politica o la fedelta' personale nei suoi confronti. 26. In sostanza, la disposizione regionale - nel prevedere una causa di cessazione degli incarichi di direttore amministrativo e di direttore sanitario delle aziende sanitarie regionali non legata alla valutazione delle pregresse modalita' di svolgimento delle funzioni ed alle garanzie del giusto procedimento - sembra non essere conforme agli articoli 97 e 98 della Costituzione.
P.Q.M. La Corte, vista la legge n. 87 del 1953, art. 23, rimette alla Corte costituzionale, ritenendone la rilevanza e la non manifesta infondatezza nei termini di cui in motivazione, la questione di legittimita' costituzionale, per contrarieta' agli articoli 97 e 98 della Costituzione, della legge della Regione Calabria 19 marzo 2004, n. 11, art. 15, comma 5, nella parte in cui prevede che gli incarichi di direttore sanitario e di direttore amministrativo delle aziende del servizio sanitario regionale hanno comunque termine ed i relativi rapporti di lavoro sono risolti di diritto nell'ipotesi di cessazione, per revoca, decadenza, dimissioni o qualsiasi altra causa, del direttore generale. Sospende il giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che la presente ordinanza sia notificata, a cura della cancelleria, alle parti, al pubblico ministero presso questa Corte ed al presidente della Giunta regionale nonche' comunicata al presidente del Consiglio regionale. Cosi' deciso in Roma, nella udienza del 14 luglio 2021. Il Presidente: Manna