N. 7 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 gennaio 2022

Ordinanza del 20 gennaio 2022 del Tribunale amministrativo  regionale
per la  Sicilia  sul  ricorso  proposto  da  AMAP  S.p.a.  -  Azienda
Municipalizzata Acquedotto  di  Palermo  c/Presidenza  della  Regione
siciliana e altri. 
 
Fallimento   e   procedure   concorsuali   -   Liquidazione    coatta
  amministrativa - Norme della Regione Siciliana - Enti  soppressi  e
  messi in liquidazione in relazione ai quali la Regione non risponde
  delle passivita' eccedenti l'attivo della  singola  liquidazione  -
  Previsione la quale dispone che per  le  liquidazioni  deficitarie,
  con  decreto  del  Presidente  della  Regione,  si  fa  luogo  alla
  liquidazione coatta amministrativa. 
- Legge della Regione Siciliana 9 maggio  2017,  n.  8  (Disposizioni
  programmatiche e correttive per l'anno 2017.  Legge  di  stabilita'
  regionale), art. 4. 
(GU n.7 del 16-2-2022 )
 
          TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SICILIA 
                            Sezione prima 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 293 del 2020, proposto dall'Amap S.p.a., in persona
del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e  difeso  dagli
avvocati Antonino Prenda e Andrea  Benigno,  con  domicilio  digitale
come da indirizzo di PEC estratto dai registri  del  Ministero  della
giustizia; 
    contro  la  Presidenza  della  Regione  siciliana,  l'Assessorato
regionale dell'Economia e l'Ente acquedotti siciliani in liquidazione
coatta   amministrativa,   in   persona   dei    rispettivi    legali
rappresentanti  pro  tempore,  rappresentati  e  difesi   per   legge
dall'Avvocatura distrettuale dello Stato,  con  domicilio  fisico  in
Palermo, via Valerio Villareale, n. 6; 
    nei confronti dell'avv. Simona Maugeri,  rappresentata  e  difesa
dall'avvocato Carlo  Pietrarossi,  con  domicilio  digitale  come  da
indirizzo di PEC estratto dai registri del Ministero della giustizia; 
    per l'annullamento  del  decreto  del  Presidente  della  Regione
siciliana del 2 gennaio 2020 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 3
della Regione  siciliana  del  17  gennaio  2020  con  il  quale,  in
attuazione delle disposizioni di cui all'art. 4, comma 1, della legge
regionale 9 maggio 2017, n. 8 ed in esecuzione della deliberazione di
Giunta n. 145 del 24 aprile  2019,  l'Ente  acquedotti  siciliani  in
liquidazione e' stato posto in Liquidazione coatta amministrativa; 
    di tutti gli atti presupposti, connessi e/o conseguenti; 
    Visto il ricorso e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in  giudizio  delle  Amministrazioni
intimate; 
    Visto il decreto cautelare monocratico n. 361 del 27 marzo 2020; 
    Vista l'ordinanza collegiale cautelare n. 532 del 24 aprile 2019,
di accoglimento della domanda cautelare incidentale; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'avv. Simona Maugeri
quale commissario liquidatore dell'EAS; 
    Viste le memorie difensive, di replica e le note d'udienza; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'art. 25 del  decreto  legge  28  ottobre  2020,  n.  137,
convertito con legge 18 dicembre 2020, n. 176; 
    Relatore la dott.ssa Anna Pignataro nella udienza di  trattazione
nel merito  del  giorno  28  gennaio  2021,  tenutasi  da  remoto  in
videoconferenza cosi' come specificato nel verbale d'udienza; 
    Con il ricorso in esame, notificato e depositato il  13  febbraio
2020, l'A.M.A.P.  S.p.a.  ha  impugnato,  chiedendone  l'annullamento
previa sospensione degli effetti, il  decreto  del  Presidente  della
Regione siciliana del  2  gennaio  2020,  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale della Regione siciliana, n. 3 del 17 gennaio 2020,  con  il
quale, in attuazione delle disposizioni di cui all'art. 4,  comma  1,
della legge regionale 9 maggio 2017,  n.  8  e  in  esecuzione  della
deliberazione della Giunta regionale  n.  145  del  24  aprile  2019,
l'Ente acquedotti siciliani - gia' in liquidazione per effetto  della
L.R. n. 9 del 31 maggio 2004 - e' stato posto in liquidazione  coatta
amministrativa; ha impugnato anche gli atti presupposti, connessi e/o
conseguenti, tra cui la nomina del relativo commissario liquidatore. 
    Espone,  in  fatto,  di  essere  creditore  dell'Ente  acquedotti
siciliani in liquidazione dell'importo di euro 15.394.015,83  per  la
fornitura di acqua effettuata nel corso  degli  anni  in  favore  del
predetto Ente, accertato a seguito di contenzioso innanzi al  giudice
ordinario, conclusosi  con  i  seguenti  provvedimenti:  sentenza  n.
905/2009 del Tribunale civile di Palermo, sentenza n.  46/2014  della
Corte di Appello di Palermo, sentenza n.  2016/2009  della  Corte  di
Appello di Palermo, sentenza n. 1965/2013 del Tribunale  di  Palermo,
sentenza n. 1245/2016 della Corte di Appello di Palermo. 
    Poiche' l'Ente acquedotti siciliani in liquidazione ha omesso  di
effettuare i dovuti pagamenti, e l'Ufficio speciale per  la  chiusura
delle liquidazioni (organismo di vigilanza) della  Regione  siciliana
non ha adottato alcun provvedimento conseguente, a tutela del proprio
credito, in forza del comma 2 dell'articolo 23 della legge  regionale
5 novembre 2004, n. 15, secondo il quale «dal  1°  settembre  2004  e
fino all'avvio della gestione del servizio idrico integrato da  parte
degli ambiti territoriali ottimali,  la  Regione  garantisce  in  via
solidale le obbligazioni assunte dall'EAS per l'approvvigionamento di
acqua», ha adito  l'autorita'  giudiziaria  ordinaria  ottenendo  dal
Giudice delle esecuzioni del Tribunale  civile  di  Palermo  svariate
ordinanze  di  pagamento  nei  confronti  della  Regione   siciliana,
Assessorato regionale dell'economia, Ufficio speciale per la chiusura
delle liquidazioni quale terzo pignorato (ordinanza  di  assegnazione
R.G.E. n. 1939 del 27 aprile 2017; ordinanza di  assegnazione  R.G.E.
n. 2505 del 27 maggio 2017; ordinanza di assegnazione R.G.E. n.  6618
del 22 aprile 2017) rimaste tuttavia ineseguite. 
    L'AMAP, con il presente ricorso, lamenta che la Regione siciliana
(terzo pignorato) avrebbe eluso l'adempimento dell'obbligazione: 
      1. sia mediante la legge regionale 9 maggio 2017, n. 8,  il  cm
art. 4, comma 1, stabilisce che  «in  armonia  con  i  principi  e  i
criteri stabiliti dall'articolo 15 del decreto legge 6  luglio  2011,
n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15  luglio  2011,  n.
111 e successive modifiche e integrazioni,  per  gli  enti  soppressi
emessi in liquidazione  la  Regione  non  risponde  delle  passivita'
eccedenti l'attivo della singola liquidazione.  Per  le  liquidazioni
deficitarie, con decreto del Presidente della  Regione  si  fa  luogo
alla liquidazione coatta amministrativa...»; 
      2. sia mediante la legge regionale 8 maggio 2018, n. 8, il  cui
art. 33 prevede che «dalla data di entrata in vigore  della  presente
legge cessa di avere efficacia la garanzia solidale di cui al comma 2
dell'articolo 23 della legge regionale 5 novembre 2004, n. 15...» (il
menzionato comma 2 dell'art. 23 recita: «dal 1° settembre 2004 e fino
all'avvio della gestione del servizio idrico integrato da parte degli
ambiti territoriali ottimali, la Regione garantisce in  via  solidale
le obbligazioni assunte dall'EAS per l'approvvigionamento di acqua»). 
    Rappresenta  di  avere  notificato,  in  data  3  gennaio   2020,
all'Ufficio speciale per la chiusura delle liquidazioni, il  precetto
con cui intimava il pagamento della somma di  euro  4.300.000,00  per
l'anno 2020, al quale seguiva la nota prot. n. 32 del 9 gennaio 2020,
con la quale il menzionato Ufficio speciale  per  la  chiusura  delle
liquidazioni, Servizio «liquidazioni ATO, enti ed aziende regionali»,
comunicava che, con decreto del Presidente  della  Regione  siciliana
del 2 gennaio 2020, l'Ente acquedotti siciliani in  liquidazione  era
posto in liquidazione  coatta  amministrativa,  in  attuazione  delle
disposizioni di cui all'art. 4,  comma  1  della  legge  regionale  9
maggio  2017,  n.  8,  precisando  che  «l'approvazione  di  siffatta
procedura in capo all'EAS comporta, da una  parte,  la  «liberazione»
della Regione da tutte le passivita' di EAS e dall'altra l'inibitoria
di  tutte  le  procedure  esecutive  (ivi  compreso  il  giudizio  di
ottemperanza),  essendo   la   procedura   di   liquidazione   coatta
amministrativa alternativa al fallimento  e,  come  tale,  capace  di
bloccare tutte le azioni esecutive  al  fine  della  redazione  dello
stato passivo. In  particolare  essa  impedisce  che  possono  essere
intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell'ente  per
i debiti che rientrano nella competenza dell'organo straordinario  di
liquidazione,  in  forza  del  principio   comune   che   sposta   il
soddisfacimento del credito dal piano dell'esecuzione individuale  al
piano dell'esecuzione totale  in  rispetto  al  principio  della  par
condicio  creditorum  in  relazione  alla  molteplicita'  dei  debiti
contratti da un ente pubblico poi dichiarato dissestato». 
    L'AMAP afferma, in via preliminare, la  sussistenza  del  proprio
interesse  a  impugnare  il  decreto  del  Presidente  della  Regione
siciliana  del  2  gennaio  2020  di  messa  in  liquidazione  coatta
amministrativa dell'E.A.S. e al fine di  evidenziare  la  gravita'  e
immediatezza del pregiudizio subito, rappresenta: 
      di essere creditore di oltre 15 milioni di euro  nei  confronti
di EAS e  della  Regione  siciliana  a  seguito  delle  ordinanze  di
assegnazione succitate, e su tale credito (certo)  di  avere  avviato
piani di  investimento  stipulando  con  la  Banca  Europea  per  gli
investimenti  (BEI)  un  prestito  di  20  milioni  di  euro  per  la
realizzazione di interventi nel settore idrico e di trattamento delle
acque reflue, nella provincia di Palermo (il finanziamento coprirebbe
il 45% del piano di investimenti da circa 45 milioni della  societa',
e il restante importo sarebbe in parte coperto dai 15 milioni  dovuti
dalla P.A. resistente); 
      l'EAS ha un disavanzo di euro 250.000.000,00 ed e' in stato  di
decozione, come  accertato  dal  relativo  Collegio  dei  revisori  e
dall'Ufficio speciale per la chiusura delle liquidazioni; 
      prima  dell'intervenuto  provvedimento  vi  era   la   certezza
dell'esigibilita' del proprio credito, avendo ottenuto le  menzionate
ordinanze  di  assegnazione  nei  confronti  della  Regione  (debitor
debitoris), ente solvibile. 
    L'AMAP deduce, pertanto, l'illegittimita'  degli  atti  impugnati
per il motivo di «Illegittimita' derivata del  decreto  Presidenziale
impugnato in ragione dell'illegittimita' costituzionale  dell'art.  4
della L.r. 8/2017 cui da' attuazione, per violazione  dell'art.  117,
comma secondo, lettera l), della Costituzione»: il decreto  impugnato
da' attuazione al comma  1  dell'art.  4  della  legge  regionale  n.
8/2017, secondo cui «...per gli enti soppressi emessi in liquidazione
la Regione non risponde delle  passivita'  eccedenti  l'attivo  della
singola liquidazione. Per le liquidazioni  deficitarie,  con  decreto
del Presidente della Regione si fa  luogo  alla  liquidazione  coatta
amministrativa...». 
    La suddetta norma, nella parte in cui recita «per le liquidazioni
deficitarie, con decreto del Presidente della  Regione  si  fa  luogo
alla liquidazione  coatta  amministrativa»,  violerebbe  l'art.  117,
comma secondo, lettera l), della Costituzione, che riserva allo Stato
la potesta' legislativa esclusiva  in  materia  di  «giurisdizione  e
norme  processuali»,  «ordinamento  civile  e  penale»  e  «giustizia
amministrativa», atteso che la disciplina della  liquidazione  coatta
amministrativa, rientra sia nella materia «ordinamento  civile»,  sia
in  quella  delle  «norme  processuali»  di  competenza   legislativa
esclusiva dello Stato e non della Regione siciliana. 
    In forza dell'art. 2,  primo  comma,  della  legge  fallimentare,
infatti, l'assoggettamento  di  enti  e  imprese  alla  procedura  di
liquidazione coatta amministrativa  puo'  essere  disposto  solo  con
legge statale. 
    Sulla rilevanza della  prospettata  questione  di  illegittimita'
costituzionale precisa che  la  tutela  del  diritto  di  credito  e'
condizionata dalla rimozione del decreto impugnato che e' di  diretta
derivazione delle disposizioni dell'art.  4  della  L.r.  8/2017  che
fonda  il  potere  amministrativo  esercitato  dal  Presidente  della
Regione siciliana di talche' la controversia non puo'  essere  decisa
senza applicare la norma oggetto di dubbio di costituzionalita'. 
    In ordine al requisito della «non manifesta  infondatezza»  della
questione di legittimita' costituzionale, spiega che  una  previsione
di  legge  regionale  analoga  a  quella  contemplata   dalla   norma
denunciata  era  stata  gia'  introdotta  dalla  Regione   Puglia   e
dichiarata  incostituzionale  dalla  Corte  costituzionale   con   la
sentenza n. 25/2007, giusta riferimento all'art. 117, comma  secondo,
lettera l), Costituzione. 
    Le Amministrazioni regionali si sono costituite in giudizio il 22
febbraio 2020, depositando ampia documentazione il 9 marzo seguente. 
    Con memoria del 20 marzo 2020, l'AMAP  ha  argomentato  a  favore
della giurisdizione del giudice amministrativo. 
    Le Amministrazioni regionali, con memoria del 23 marzo  2020,  in
via preliminare, hanno eccepito l'inammissibilita'  del  ricorso  per
nullita'/inesistenza della vocatio  della  Presidenza  delle  Regione
siciliana e, altresi', per carenza di  attualita'  dell'interesse  ad
agire, poiche' la cristallizzazione della  situazione  economica  per
effetto della procedura concorsuale  sarebbe  l'unica  soluzione  per
porre fine alla decozione dell'Ente  che,  comunque,  impedirebbe  il
soddisfacimento delle pretese dei  singoli  creditori,  tra  i  quali
l'AMAP. 
    Con memoria del 25 marzo 2020 e successiva del  17  aprile  2020,
l'AMAP  ha  replicato  all'eccezioni  preliminari  mosse   da   parte
resistente. 
    Con ordinanza collegiale n.  532  del  24  aprile  2020,  in  via
preliminare: 
      e' stata ritenuta sussistente la giurisdizione amministrativa; 
      e'  stata  disattesa  l'eccezione   formulata   dall'Avvocatura
distrettuale dello Stato  sulla  inammissibilita'  del  ricorso,  per
nullita'/inesistenza della vocatio  della  Presidenza  delle  Regione
siciliana. 
    E' stata poi accolta la domanda cautelare. 
    Con memoria notificata e depositata, alla sola AMAP, il 15 giugno
2020, si e' costituita  in  giudizio  l'avv.  Simona  Maugeri,  quale
commissario    liquidatore    nella    dichiarata     qualita'     di
controinteressato formale e  sostanziale  pretermesso,  eccependo  la
violazione dell'art. 41, comma 2, c.p.a. per l'omessa  notifica  agli
altri asseriti creditori dell'E.A.S.; ha, quindi,  fatto  proprie  le
difese dell'Avvocatura erariale e chiesto il rigetto del ricorso. 
    Con ordinanza collegiale n. 534 del 22 giugno 2020, il  Consiglio
di giustizia amministrativa ha accolto l'appello proposto da  E.A.S.,
riformando l'ordinanza collegiale n. 532/2020 e respingendo l'istanza
cautelare proposta in primo grado dall'AMAP. 
    Con memoria del 17 dicembre 2020, l'AMAP ha controdedotto avverso
le eccezioni preliminari mosse l'avv. Simona Maugeri  e  ribadito  la
tesi dell'incostituzionalita' della norma regionale. 
    Con memoria del 28 dicembre 2020, la Difesa  erariale  ha  invece
argomentato a favore della  tesi  della  legittimita'  costituzionale
della norma regionale  richiamando  quanto  spiegato  nella  sentenza
della Corte costituzionale n. 12 del 9 gennaio 2020,  avuto  riguardo
alla ratio dell'istituto  della  liquidazione  coatta  amministrativa
nell'ambito della  quale  «la  posizione  dei  creditori  assume  una
connotazione doppiamente differenziata, rispetto a  quella  di  altri
creditori in sede concorsuale, in quanto gli interessi  pubblici  che
giustificano la procedura amministrativa, per un  verso,  in  qualche
misura, attenuano il rilievo del singolo diritto di  credito  e,  per
altro  verso,   rafforzano   pero',   la   prospettiva   .finale   di
soddisfazione del credito» nel rispetto di un altro principio cardine
in tema di procedure concorsuali, ossia la par condicio creditorum. 
    Con note d'udienza del  20  gennaio  2021,  parte  ricorrente  ha
richiamato le  difese  e  domande  gia'  spiegate  e  ha  chiesto  il
passaggio in decisione della causa. 
    All'udienza del 28 gennaio 2021, il ricorso  e'  stato  posto  in
decisione. 
    In data  9  giugno  2021,  e'  stata  riconvocata  la  camera  di
consiglio poiche' il Giudice dell'esecuzione della Sezione VI  civile
presso il Tribunale di Palermo, con ordinanza del 21 aprile  2021  ha
ritenuto la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della  legge  regionale  9
maggio 2017, n. 8, disponendo la trasmissione degli atti  alla  Corte
costituzionale in relazione alla  fattispecie  concreta  oggetto  del
presente ricorso nrg 293/2020, di  cui  e'  fatto  richiamo  testuale
nell'ordinanza  medesima;  segnatamente,  con  tale   ordinanza,   il
Tribunale civile di Palermo, previa dichiarazione di rilevanza  e  di
non  manifesta   infondatezza   della   questione   di   legittimita'
costituzionale dall'art. 4 della legge regionale 9 maggio 2017, n. 8,
in quel giudizio, nella parte in cui dispone che «per le liquidazioni
deficitarie, con decreto del Presidente della  Regione  si  fa  luogo
alla liquidazione  coatta  amministrativa»,  ha  chiesto  alla  Corte
costituzionale  di  pronunciarsi  sulla  sua   conformita'   rispetto
all'l17, comma secondo, lett. 1) della Costituzione e  ha,  pertanto,
sospeso il giudizio. 
 
                               Diritto 
 
 
                  Le questioni preliminari in rito 
 
    Al  fine  dell'ammissibilita'  della  questione  di  legittimita'
costituzionale posta, sotto il profilo della sua  concretezza  e  non
mera ipoteticita', vanno risolte le questioni preliminari  introdotte
in giudizio su eccezione dell'Amministrazione resistente e  dell'avv.
Simona  Maugeri  quale  commissario  liquidatore   nella   dichiarata
qualita' di controinteressato formale e sostanziale. 
    Innanzitutto,  il  Collegio  ritiene  sussistente,  nel  caso  di
specie, la giurisdizione amministrativa. 
    E' noto che l'ordinario criterio di riparto  della  giurisdizione
non si basa sulla qualita' soggettiva del soggetto  che  ha  adottato
l'atto o tenuto il comportamento oggetto di sindacato e nemmeno sulla
tipologia di pronunzia, di annullamento o di altro genere,  richiesta
al giudice, bensi' sulla natura della posizione giuridica vantata  in
giudizio,  se  di  diritto  soggettivo  o  di   interesse   legittimo
tutelabile, quest'ultimo, dinanzi al Giudice amministrativo. 
    Nel caso di specie, la giurisdizione appartiene al Giudice adito,
atteso che nel decidere la sottoposizione dell'impresa controllata  a
liquidazione  coatta   amministrativa   l'Amministrazione   regionale
controllante  esercita  un  potere  discrezionale,   esprimendo   una
valutazione, al quale  si  contrappone  una  posizione  di  interesse
legittimo in capo all'impresa ricorrente. 
    In tal senso, si sono espresse le sezioni unite  della  Corte  di
Cassazione con la sentenza n. 11848 del 30 ottobre  1992,  spiegando,
riguardo alla posizione delle imprese escluse dal fallimento  perche'
soggette al regime  della  liquidazione  coatta  amministrativa,  che
spetta alla giurisdizione amministrativa la tutela rispetto,  sia  al
decreto ministeriale  che  ordina  la  liquidazione  stessa,  sia  ai
successivi atti posti in essere dal commissario liquidatore,  essendo
l'uno  e  gli  altri  caratterizzati  da  contenuto  autoritativo   e
strumentali  alla  cura  di  pubblici  interessi,  cosi'  da  fondare
soltanto situazioni di interesse legittimo, e sopravvenendo  soltanto
al deposito  in  cancelleria  dello  stato  passivo  la  connotazione
giurisdizionale  del  medesimo,  che  consente   le   opposizioni   e
impugnazioni previste dagli artt. 98 e 100 della l. fall. 
    In tal senso,  si  e'  orientato  anche  il  Consiglio  di  Stato
chiarendo  che  «Nella  liquidazione  coatta   amministrativa   quale
procedura concorsuale finalizzata alla  disgregazione  del  complesso
produttivo di imprese sottoposte a vigilanza governativa, per il loro
particolare rilievo economico e sociale, e che  si  attua  secondo  i
principi, ed in parte, le regole delle procedure concorsuali la prima
fase ha natura amministrativa e non  giurisdizionale,  in  quanto  le
operazioni di verifica dei crediti oltre ad  essere  affidate  ad  un
soggetto estraneo alla  giurisdizione,  il  commissario  liquidatore,
prescindono dalla  necessita'  di  domande  di  parte  (destinate  ad
assolvere, se proposte, solo ad una  funzione  collaborativa)  e  non
sono in alcun modo vincolate al contenuto di tali  eventuali  domande
(ex multis Cass., sez. un., 26 marzo 2015, n. 6060; Cass., sez.  un.,
13 novembre 1997, n. 11216). Sono quindi attratti alla  giurisdizione
amministrativa gli atti che decretano  la  messa  in  liquidazione  e
autorizzano la vendita dei beni (Cons. Stato, Sez. VI, 17 marzo 2009,
n. 1585), quelli che dispongono la nomina dei commissari  liquidatori
(Cons. Stato, Sez. VI, 1° ottobre 2002, n. 5107), nonche' gli atti  e
i  comportamenti  pubblicistici  posti  in  essere   dai   commissari
liquidatori   connotati   dalla    spendila    di    discrezionalita'
amministrativa e posti in essere nell'esercizio di poteri conferiti. 
    7.2. Il deposito  dello  stato  passivo  in  cancelleria  (avente
funzione di pubblicita' notizia) segna invece il  momento  a  partire
dal quale le operazioni di verifica dei  crediti  si  inscrivono  nel
circuito giurisdizionale  ordinario,  in  quanto  suscettibili  delle
opposizioni  ed  impugnazioni  previste  dall'art.  98  della   legge
fallimentare (espressamente  richiamato  dall'art.  209  della  legge
fallimentare)» (Consiglio di Stato, VI, 20 luglio 2018, n. 4406). 
    Poiche' oggetto di impugnazione  e'  il  decreto  del  Presidente
della Regione siciliana del 2  gennaio  2020,  con  il  quale  l'Ente
acquedotti  siciliani  e'  stato   posto   in   liquidazione   coatta
amministrativa,  nonche'  la  conseguenziale  nomina   del   relativo
commissario liquidatore, questo Giudice non dubita della  sussistenza
della propria giurisdizione. 
    Parimenti infondata l'asserita violazione dell'art. 41, comma  2,
c.p.a.,   sotto   il   profilo   dell'eccepita   disintegrita'    del
contraddittorio. 
    In primo luogo, e' corretta l'avvenuta notificazione del  ricorso
nei confronti dell'Ente acquedotti siciliani in  liquidazione  coatta
amministrativa, in  persona  del  suo  commissario  liquidatore  avv.
Simona Maugeri; in secondo luogo, non pare  che  possa  residuare  in
capo al predetto commissario alcun altro interesse a stare m giudizio
basato su una posizione giuridica distinta o ulteriore. 
    Quanto all'eccepita disintegrita'  del  contraddittorio  a  causa
dell'omessa notifica agli altri presunti  creditori,  e'  sufficiente
osservare, innanzitutto, che il ricorso e' stato  notificato  all'EAS
quale controinteressato e che, in atto, non  risulta  che  alcuno  di
essi  sia  stato  ammesso  alla  procedura  di  liquidazione   coatta
amministrativa; tali soggetti, pertanto, rientrano nella  fattispecie
del c.d.  «controinteressato  successivo»,  ossia  colui  che  potra'
acquisire un interesse qualificato e differenziato solo a seguito del
riconoscimento del credito vantato, allo  stato  ancora  in  itinere,
potendosi successivamente disporre l'integrazione del contraddittorio
ai sensi e per gli effetti degli artt. 27 e 49, c.p.a. 
    Va disattesa anche  l'eccezione  d'inammissibilita'  del  ricorso
formulata    dall'Avvocatura    distrettuale    dello    Stato    per
nullita'/inesistenza della vocatio  della  Presidenza  delle  Regione
siciliana: in disparte, infatti, l'avvenuta costituzione in  giudizio
dell'Avvocatura erariale per il  predetto  ramo  dell'Amministrazione
(Presidenza della Regione), e' fuor di dubbio  che  parte  ricorrente
abbia chiaramente identificato i  legittimati  passivi  del  rapporto
controverso rispettivamente nella Presidenza della Regione  siciliana
e   nell'Assessorato   all'economia   (contestualmente   intimato   e
costituito sempre con il patrocinio dell'Avvocatura erariale),  cosi'
corroborandosi la prospettazione di parte per cui nel caso  in  esame
il Presidente della Regione siciliana  sia  stato  individuato  quale
ramo  della  P.A  e  non  nella  qualita'  di  legale  rappresentante
dell'intera amministrazione regionale. 
    Infine, il Collegio ritiene il ricorso ammissibile anche sotto il
profilo  della  sussistenza   dell'interesse   all'impugnazione   del
provvedimento di sottoposizione alla procedura di liquidazione coatta
amministrativa,  nella  misura  in  cui  quest'ultimo  incide   sulla
posizione  creditoria  dell'impresa  ricorrente,  determinandone  una
lesione concreta, immediata e di carattere attuale, poiche': 
      sospende il corso degli interessi del credito (art. 55, L.F.); 
      comporta rilevanti effetti  sulla  tutela  giurisdizionale  del
credito (art. 43 e 51, L.F.); 
      determina l'impossibilita' di dare attuazione alle ordinanze di
assegnazione gia' ottenute; 
      determinera' la concorrenza degli altri creditori  chirografari
sui  crediti  di  EAS  nei  confronti  della  Regione,   oggetto   di
assegnazione in suo favore esclusivo. 
    Accertata   la   ritualita'   del   ricorso,   puo'    procedersi
all'esposizione  delle  ragioni  per  le  quali  questo  TAR  ritiene
rilevante ai fini del decidere  e  non  manifestamente  infondata  la
questione di legittimita' costituzionale sollevata  dalla  ricorrente
relativamente all'art. 4 della l.r. n. 8 del 2017. 
    1. Sull'applicabilita' alla fattispecie dedotta in giudizio della
norma  invocata  dall'Amministrazione  regionale  nei   provvedimenti
impugnati  e  sulla  rilevanza  della   questione   di   legittimita'
costituzionale sottoposta al vaglio del Collegio. 
    Per quanto concerne la rilevanza, precisato che il  collegio  non
ravvisa  i  presupposti  per  un'interpretazione   costituzionalmente
orientata, deve osservarsi che la  ricorrente  ha  dedotto  un  unico
motivo che ha ad oggetto proprio la questione  di  legittimita',  che
ha, pertanto, carattere determinante ai fini  della  definizione  del
giudizio. 
    La pretesa sostanziale azionata nel presente giudizio  e  l'esito
di quest'ultimo a favore di una delle  due  parti  in  lite,  e',  in
particolare,   condizionata   dall'annullamento   del   decreto   del
Presidente della  Regione  siciliana  del  2  gennaio  2020  adottato
proprio in forza dell'art. 4, comma 1, della legge regionale 9 maggio
2017 n. 8, secondo cui  «in  armonia  con  i  principi  e  i  criteri
stabiliti dall'articolo 15 del decreto legge 6 luglio  2011,  n.  98,
convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio  2011,  n.  111  e
successive modifiche e integrazioni, per gli enti soppressi emessi in
liquidazione la  Regione  non  risponde  delle  passivita'  eccedenti
l'attivo della singola liquidazione. Per le liquidazioni deficitarie,
con  decreto  del  Presidente  della  Regione  si   fa   luogo   alla
liquidazione coatta amministrativa...»; ne  consegue  che  il  potere
esercitato  da  parte  del  Presidente   della   Regione   si   fonda
essenzialmente sulla norma  della  cui  legittimita'  questo  giudice
dubita. 
    L'apertura della procedura di liquidazione coatta  amministrativa
dell'Ente acquedotti siciliani, avvenuta con decreto  del  Presidente
della Regione siciliana del 2 gennaio 2020, in applicazione dell'art.
4 della legge Regione Sicilia n. 8/2017, invero, e'  suscettibile  di
produrre gli effetti di cui all'art. 201  della  legge  fallimentare,
che richiama l'art. 51 della stessa legge, ai sensi del quale  «salvo
diversa disposizione della legge, dal giorno della  dichiarazione  di
fallimento nessuna azione individuale esecutiva  o  cautelare,  anche
per crediti maturati durante il fallimento, puo'  essere  iniziata  o
proseguita sui beni compresi nel fallimento». 
    Il  principio  di  improseguibilita'   delle   azioni   esecutive
individuali una volta che sia stata avviata una  procedura  esecutiva
concorsuale,  pacificamente   statuito   dalla   giurisprudenza   con
riferimento  alla  liquidazione  coatta  amministrativa  di  enti  di
diritto privato, e' stato costantemente  affermato  anche  in  ordine
alle ipotesi di liquidazione coatta amministrativa di enti di diritto
pubblico. 
    L'art. 9, comma 1-ter del d.l. n. 63/2002, convertito in legge 15
giugno  2002,  n.  112,  infatti,  nel  prevedere  espressamente   la
possibilita', da parte del Ministero dell'economia e  delle  finanze,
di sottoporre gli enti pubblici alla procedura di liquidazione coatta
amministrativa, non introduce a tale riguardo alcuna norma specifica,
sicche' deve ritenersi che debbano  trovare  applicazione  le  regole
comuni dettate dal R.D. n. 267/1942, e, in  particolare,  per  quanto
qui rileva, gli articoli 51 e 201. 
    La  giurisprudenza,  sia  di  legittimita'  che  di  merito,  ha,
infatti, sempre affermato che «con riguardo alla  liquidazione  degli
enti di diritto pubblico soppressi, le disposizioni degli art. 8 e 9,
legge 4 dicembre 1956, n. 1404 (contemplanti  la  formazione  in  via
amministrativa - previa istanza dei creditori  interessati  -  di  un
elenco  delle   posizioni   debitorie)   non   interferiscono   sulla
proponibilita' in sede giudiziaria delle domande con cui i  creditori
chiedano il riconoscimento ed  il  pagamento  delle  loro  spettanze,
atteso che gli adempimenti in dette norme previsti si inseriscono  in
una procedura amministrativa finalizzata al sollecito soddisfacimento
delle pendenze degli enti  soppressi,  cui  non  sono  estensibili  i
principi che regolano il fallimento e le altre procedure concorsuali;
compreso il  divieto  di  azioni  individuali  dei  creditori,  salva
restando l'operativita' di  tali  principi  quando,  in  presenza  di
situazioni deficitarie degli enti soppressi, si apra la  liquidazione
cotta amministrativa» (Cass. civ., sez. I, 12 aprile 1996,  n.  3475;
Cass. civ., sez. I, 11 giugno l992, n. 7174; Cass. civ.,  sez.  lav.,
30 gennaio 1989, n. 561; Cass. civ., sez. lav.,  4  marzo  1988.,  n.
2285). 
    Ne consegue la  rilevanza  dell'accertamento  della  legittimita'
costituzionale della disposizione regionale censurata ai  fini  della
definizione del presente processo. 
    2. Sulla non manifesta infondatezza della questione. 
    L'Ente acquedotti siciliani, istituito con legge 19 gennaio 1942,
n. 24, perseguendo scopi di utilita' pubblica generale e non fini  di
lucro tanto nel settore della costruzione  e  sistemazione  di  nuovi
acquedotti ed altre opere igieniche connesse quanto nel settore della
gestione e manutenzione di impianti gia'  realizzati,  ha  natura  di
ente pubblico non economico (cfr. Cassazione civile, Sez.  Unite,  26
gennaio 2000, n. 5). 
    L'art. 1 della Legge Regionale Siciliana n. 9 del 31 maggio  2004
ha disposto che a seguito della  costituzione  della  societa'  mista
«Sicilacque S.p.a.»,  in  attuazione  dell'articolo  23  della  legge
regionale  27  aprile  1999,  n.  10,  e  successive   modifiche   ed
integrazioni, a decorrere dal 1° settembre  2004,  l'Ente  acquedotti
siciliani (EAS) e' posto in liquidazione. 
    Con l'impugnato D.P.R.S. n. 1 del 2 gennaio 2020,  in  attuazione
delle disposizioni in materia di enti in liquidazione di cui all'art.
4, comma 1, della  legge  regionale  9  maggio  2017,  n.  8,  ed  in
esecuzione della Deliberazione di Giunta n. 145 del 24  aprile  2019,
l'Ente  acquedotti  siciliani  in  liquidazione  e'  stato  posto  in
liquidazione coatta amministrativa. 
    Il sopra menzionato  art.  4  della  legge  regionale  n.  8/2017
dispone che «... per gli enti soppressi e messi  in  liquidazione  la
Regione  non  risponde  delle  passivita'  eccedenti  l'attivo  della
singola liquidazione. Per le liquidazioni  deficitarie,  con  decreto
del Presidente della Regione si fa  luogo  alla  liquidazione  coatta
amministrativa...». 
    Orbene, la suddetta disposizione  normativa  regionale  si  pone,
nella parte  in  cui  prevede  la  possibilita'  di  far  luogo  alla
liquidazione coatta amministrativa  tramite  decreto  del  Presidente
della Regione, in non rimediabile contrasto  con  l'art.  117,  comma
secondo, lett.  1),  Costituzione,  che  riserva  espressamente  alla
potesta'  esclusiva  dello  Stato  la  legislazione  in  materia   di
«giurisdizione e norme processuali» e di «ordinamento civile». 
    In tal  senso  si  e'  espressa  la  Corte  costituzionale  nella
sentenza n. 25 del 6 febbraio 2007, specificando, nell'ambito  di  un
giudizio relativo a  fattispecie  analoga  a  quella  esaminata,  con
riguardo alle USL operanti nella regione Puglia, che  ai  fini  della
soluzione della questione di competenza disciplinata  dall'art.  117,
comma  secondo  e  terzo,  Costituzione,  e'  rilevante  la  concreta
disciplina - in se' considerata - posta in essere  dalla  norma;  ha,
quindi, ritenuto che «disponendo che certi enti sono sottoposti  alla
procedura di liquidazione coatta amministrativa, la  legge  regionale
assegna (tra l'altro) alle situazioni soggettive di coloro che  hanno
avuto rapporti con quegli enti un regime, sostanziale e  processuale,
peculiare rispetto a quello (ordinario, previsto dal codice civile  e
da quello  di  procedura  civile)  altrimenti  applicabile:  sicche',
quando l'art. 2 della legge fallimentare prevede che a determinare le
imprese assoggettabili a tale procedura concorsuale sia  la  «legge»,
tale espressione non puo' che essere intesa nel senso di legge idonea
ad incidere - perche' emanata da chi ha la relativa  potesta'  -  sul
regime,  sostanziale  e  processuale,  delle  situazioni   soggettive
coinvolte nella procedura. La circostanza che la liquidazione  coatta
amministrativa abbia natura amministrativa  non  rileva  sotto  alcun
profilo, dal momento  che  fin  dalla  sua  apertura  tale  procedura
amministrativa    comporta    rilevanti    effetti    sulla    tutela
giurisdizionale  dei  crediti  ed  effetti,  altresi',   di   diritto
sostanziale (artt. 55 e seguenti della legge  fallimentare):  sicche'
e' in relazione all'idoneita' a produrre  tali  effetti -  di  natura
sostanziale e processuale - che va  determinata  la  spettanza  della
potesta' legislativa  ai  sensi  dell'art.  117  Costituzione  e  va,
conseguentemente, negata quella della Regione». 
    Ne consegue che la legge, a cui fa rinvio l'art. 2  del  R.D.  n.
267/1942 - ai sensi del quale «la legge determina le imprese soggette
a  liquidazione  coatta  amministrativa,  i  casi  per  le  quali  la
liquidazione  coatta   amministrativa   puo'   essere   disposta,   e
l'autorita' competente a  disporla» -  non  puo'  che  essere  quella
statale, in considerazione  della  estrema  rilevanza  degli  effetti
sostanziali e processuali, che si ricollegano alla sottoposizione  di
un ente alla liquidazione coatta amministrativa. 
    Invero, l'autonomia speciale, di cui gode la Regione  Sicilia  in
forza dello Statuto approvato con R.D.L. 15 maggio  1946,  n.  455  e
convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2,  non  osta
all'applicazione di tali principi anche alla legislazione siciliana. 
    Sebbene la legge regionale n.  8/2017  intervenga  nella  materia
«ordinamento degli uffici e  degli  enti  regionali»,  di  competenza
esclusiva della Regione ai sensi dell'art 14, lett. p) dello  Statuto
speciale di autonomia, cio' non esclude, comunque, che la  disciplina
in esame incida significativamente sulla materia della  giurisdizione
e dell'ordinamento civile: infatti, ai fini della sussunzione di  una
fattispecie nell'alveo di  una  determinata  materia,  e'  necessario
considerare, non gia' il generico ambito in  cui  il  legislatore  si
propone  di  operare,  bensi',  piu'   correttamente,   la   concreta
disciplina determinata dalle disposizioni controverse. 
    Per tali ragioni,  va  sollevata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 4 della legge Regione siciliana  n.  8/2017,
nella parte in cui dispone che «per le liquidazioni deficitarie,  con
decreto del Presidente della Regione si fa  luogo  alla  liquidazione
coatta amministrativa», per violazione dell'art. 117, comma  secondo,
lett. 1) della Costituzione, laddove riserva allo Stato  la  potesta'
legislativa in materia di «giurisdizione e norme  processuali»  e  di
«ordinamento civile» a presidio e garanzia di eguaglianza nell'intero
territorio nazionale. 
    Il processo deve,  pertanto,  essere  sospeso,  con  trasmissione
degli  atti  alla  Corte   costituzionale,   per   ogni   conseguente
statuizione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale  per  la  Sicilia  (Sezione
Prima) non definitivamente pronunciando: 
      dichiara rilevante e non manifestamente infondata la  questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge della  Regione
Sicilia 9 maggio 2017, n. 8 per  violazione  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera l), della Costituzione; 
      sospende il presente giudizio  ai  sensi  dell'art.  79,  primo
comma, cod. proc. amm.; 
      ordina  l'immediata  trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale, per il competente  controllo  di  legittimita'  sulla
questione sollevata; 
      rinvia ogni definitiva statuizione nel merito  e  in  rito  del
ricorso nonche' sulle spese di lite, all'esito del promosso  giudizio
di legittimita' costituzionale, ai sensi degli artt. 79 e 80, c.p.a. 
    Ordina che, a cura della segreteria della  Sezione,  la  presente
ordinanza  sia  notificata  alle  parti  in  causa  e  comunicata  al
Presidente della Regione siciliana e alla  Presidenza  dell'Assemblea
regionale siciliana. 
    Cosi' deciso in Palermo nelle camere di consiglio dei  giorni  28
gennaio 2021 e 9 giugno 2021, tenutesi da remoto in  videoconferenza,
secondo quanto disposto dall'art. 25, comma 2, d.l. 28 ottobre  2020,
n.  137,  convertito  con  legge  18  dicembre  2020,  n.  176,   con
l'intervento dei magistrati: 
      Aurora Lento, Presidente FF; 
      Anna Pignataro, consigliere, estensore; 
      Sebastiano Zafarana, consigliere. 
 
                        Il Presidente: Lento 
 
 
                                               L'Estensore: Pignataro