N. 11 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 gennaio 2022
Ordinanza del 27 gennaio 2022 del Tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di R. R. . Armi e materie esplodenti - Confisca - Obbligatorieta' per tutti i reati concernenti le armi - Denunciata imposizione al giudice di disporre la confisca delle armi anche nel caso di dichiarazione di estinzione del reato per oblazione. Armi e materie esplodenti - Confisca - Obbligatorieta' per tutti i reati concernenti le armi - Denunciata obbligatorieta' della confisca anche in relazione alla contravvenzione di cui all'art. 38 del regio decreto n. 773 del 1931. - Legge 22 maggio 1975, n. 152 (Disposizioni a tutela dell'ordine pubblico), art. 6.(GU n.8 del 23-2-2022 )
TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO VI Sezione penale Il Giudice, dott. Mario Morra, all'udienza del 27 gennaio 2022, nel procedimento indicato in epigrafe, pendente nei confronti di R. R. , nato a ..., difeso di fiducia dall'avv. Giovanni Beretta, ha pronunciato alla presenza delle parti la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale (art. 23, legge n. 87/1953). Norma censurata: art. 6 della legge 22 maggio 1975, n. 152 nella parte in cui impone al Giudice di disporre la confisca delle armi e degli altri oggetti indicati dalla norma anche nel caso di dichiarazione di estinzione del reato per oblazione, per contrasto con le disposizioni di cui agli articoli 27, secondo comma , 42, secondo comma , nonche' 11, 117, primo comma, Cost., in relazione agli articoli 6 CEDU, 1 Primo protocollo addizionale CEDU, 17 e 48 CDFUE; nella parte in cui prevede come obbligatoria la confisca delle armi e degli altri oggetti indicata dalla norma in relazione a qualsiasi reato «concernente le armi» e dunque anche per la contravvenzione di cui all'art. 38 regio decreto n. 773/1931, per contrasto con le disposizioni di cui agli articoli 3, 27, 42, Cost., nonche' 11, 117, primo comma, Cost., in relazione agli articoli 1 Primo protocollo addizionale CEDU, 17 e 49 terzo comma CDFUE. 1. Premesso in fatto Nell'ambito del presente l'imputato e' stato chiamato a rispondere della seguente contestazione: reato di cui all'art. 38, regio decreto n. 773/1931 perche', quale detentore di alcune armi, gia' regolarmente custodite presso la propria abitazione sita in ... , come da denuncia armi, aggiornata, del ... , presentata presso la Stazione Carabinieri di competenza, ometteva di comunicare il trasferimento di dette armi, effettuato il ... , presso la propria nuova residenza, in ... . In particolare, le armi erano le seguenti: un fucile semiautomatico COSMI avente matr. cal. 12; una carabina Blaser, matr. cal. 7 mm; due fucili sovrapposti, Beretta, avente matr. ... e Franchi con matr. ... entrambi cal. 12; un fucile abbinato a canna Beretta matr. ... e ... , calibro 12; due fucili doppietta EN Browning, matr. ... e ... , entrambi calibro 12; una carabina Gonella con matr. ... calibro 22 L.R.. Alla prima udienza del 2 dicembre 2021, la difesa, munita di procura speciale, ha avanzato richiesta di definizione del processo mediante oblazione, ai sensi dell'art. 162-bis codice penale, ed il Giudice, rilevando l'insussistenza di elementi ostativi di carattere oggettivo o soggettivo, ha determinato la somma da corrispondere in euro 103 (meta' della sanzione massima prevista dal combinato disposto degli articoli 38 e 17 regio decreto n. 773/1931), oltre spese di rito, rinviando all'odierna udienza. Nelle more, la difesa ha documentato l'avvenuto versamento della somma indicata e delle spese del procedimento, chiedendo la declaratoria di estinzione del reato e la restituzione degli otto fucili da caccia e da tiro sportivo in sequestro, evidenziando l'assenza di precedenti dell'imputato, la sua titolarita' di porto di fucile, il fatto che sia stato lo stesso R. a segnalare all'Autorita' di p.s. quanto poi contestatogli. All'odierna udienza, la difesa ha ribadito le proprie richieste, mentre il p.m., pur associandosi alla richiesta di dichiarazione di estinzione del reato, ha chiesto disporsi la confisca delle armi in sequestro. 2. La norma della cui legittimita' si dubita; la ritenuta ammissibilita' delle questioni proposte per la non percorribilita' di una interpretazione differente. L'art. 6 della legge n. 152/1975 recita testualmente «Il disposto del primo capoverso dell'art. 240 del codice penale si applica a tutti i reati concernenti le armi, ogni altro oggetto atto ad offendere, nonche' le munizioni e gli esplosivi». Il richiamato capoverso dell'art. 240 codice penale a sua volta stabilisce: «E' sempre ordinata la confisca: 1) delle cose che costituiscono il prezzo del reato; 1-bis) dei beni e degli strumenti informatici o telematici che risultino essere stati in tutto o in parte utilizzati per la commissione dei reati di cui agli articoli 615-ter, 615-quater, 615-quinquies, 617-bis, 617-ter, 617-quater, 617-quinquies, 617-sexies, 635-bis, 635-ter, 635-quater, 635-quinquies, 640-ter e 640-quinquies nonche' dei beni che ne costituiscono il profitto o il prodotto ovvero di somme di denaro, beni o altre utilita' di cui il colpevole ha la disponibilita' per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto, se non e' possibile eseguire la confisca del profitto o del prodotto diretti; 2) delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione e l'alienazione delle quali costituisce reato, anche se non e' stata pronunciata condanna». Dal combinato disposto delle due norme discende la previsione di una ipotesi di confisca obbligatoria delle armi (degli oggetti atti ad offendere, munizioni ed esplosivi), legata alla contestazione di qualsiasi reato concernente le armi, che, secondo l'interpretazione assolutamente costante della Corte di legittimita', deve necessariamente essere adottata anche nel caso di declaratoria di estinzione del reato per qualsiasi causa e dunque anche nel caso di oblazione, restando la stessa esclusa solo nelle ipotesi di assoluzione nel merito dell'imputato o di appartenenza dell'arma a persona estranea al reato medesimo. Questo Tribunale dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge n. 152/1975 per contrasto rispetto ad una pluralita' di disposizioni della Carta, come si specifichera' in seguito, sotto due distinti profili: a) in ordine alla possibilita' da parte del Giudice di disporre la confisca delle armi anche in assenza di una pronuncia di condanna (o ad essa equiparabile) ed in particolare con una pronuncia con la quale ci si limiti a dichiarare l'estinzione del reato per oblazione; b) in ordine alla natura obbligatoria della confisca e all'assenza di rimedi in capo all'imputato per evitarla, anche nel caso di ipotesi contravvenzionali ed in particolare in relazione alla contestazione di cui all'art. 38, regio decreto n. 773/1931. In punto di ammissibilita' delle questioni proposte sotto il profilo della non percorribilita' da parte di questo Giudice di una interpretazione differente, osserva il Tribunale che la natura obbligatoria della confisca in esame e' inequivocabilmente indicata dal legislatore (art. 240, comma secondo del codice penale, richiamato dalla norma censurata: «e' sempre ordinata la confisca»). Quanto all'obbligo di disporla anche in assenza di una pronuncia di condanna (e piu' specificamente anche nel caso di sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato per oblazione), si tratta di una conclusione che, sebbene non strettamente imposta dal dato testuale - atteso che la richiamata disposizione di cui all'art. 240, secondo comma del codice penale prevede invero una pluralita' di ipotesi di confisca, una sola delle quali da disporre «anche se non e' stata pronunciata condanna», ovvero l'ipotesi di cui al comma secondo n. 2) - costituisce «diritto vivente», costantemente ribadito, da decenni, dalla Corte di legittimita', la quale ha sin qui sempre censurato anche quelle rare aperture registratesi in alcuni giudizi di merito. Tra le tante si veda: Cass., Sez. 1, sentenza n. 54086 del 15 novembre 2017 Ud., dep. 30 novembre 2017, Rv. 272085; Cass., Sez. 1, sentenza n. 33982 del 6 aprile 2016 Cc., dep. 2 agosto 2016, Rv. 267458; Cass., Sez. 1, sentenza n. 49969 del 9 ottobre 2015 Ud., dep. 18 dicembre 2015, Rv. 265409; Cass., Sez. 1, sentenza n. 1806 del 4 dicembre 2012 Cc., dep. 15 gennaio 2013, Rv. 254213; Cass., Sez. 1, sentenza n. 11480 del 20 gennaio 2010 Ud., dep. 25 marzo 2010, Rv. 246532; Cass., Sez. 1, sentenza n. 38951 del 1° ottobre 2008 Cc., dep. 16 ottobre 2008, Rv. 241310; Cass., Sez. 1, sentenza n. 1264 del 10 novembre 2006 Ud., dep. 18 gennaio 2007, Rv. 235854; Cass., Sez. 1, sentenza n. 5228 del 28 settembre 1999 Cc., dep. 28 ottobre 1999, Rv. 214433; Cass., Sez. 1, sentenza n. 5967 del 23 ottobre 1997 Cc., dep. 24 febbraio 1998, Rv. 209788; Cass., Sez. 1, sentenza n. 413 del 29 ottobre 1997 Ud., dep. 14 gennaio 1998, Rv. 209434. Non constano decisioni di segno contrario sul punto. 3. Sulla rilevanza delle questioni. Lo scrutinio di costituzionalita' dell'art. 6 della legge n. 152/1975 si pone come condizione essenziale ai fini della compiuta definizione del procedimento pendente dinanzi a questo Giudice, posto che, in caso di accertata legittimita' costituzionale della norma, il Tribunale dovra' indefettibilmente disporre la confisca delle armi in sequestro, mentre, nel caso di dichiarazione di illegittimita' della disposizione, a seconda dell'accoglimento della prima o della seconda delle questioni che si andranno a proporre, l'esito sarebbe la restituzione dei beni all'avente diritto o una valutazione in concreto in ordine alla sussistenza delle condizioni per procedere ad una confisca facoltativa tenendo conto dei rilievi difensivi sopra riportati. Si tratta dunque di esiti totalmente divergenti in relazione all'aspetto piu' qualificante della pronuncia, attesa la rilevanza economica dei beni in sequestro (otto tra fucili da caccia e carabine di precisione da tiro sportivo, dal valore di svariate migliaia di euro), tanto piu' in rapporto alla modesta entita' del trattamento sanzionatorio astratto previsto per la contravvenzione in contestazione (articoli 38 e 17, regio decreto n. 773/1931). 4. Sulla ritenuta non manifesta infondatezza delle questioni. 4.1 Sull'obbligo di disporre la confisca anche nel caso di pronuncia di dichiarazione di estinzione del reato. L'art. 6 della legge n. 152/1975, come pacificamente interpretato dalla giurisprudenza di legittimita', impone dunque, nel caso di contestazione di un qualsiasi delitto o contravvenzione «concernente le armi», la confisca obbligatoria delle stesse, pur nel caso di dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta oblazione. Il Tribunale ritiene che la norma sia in contrasto: con l'art. 27, secondo comma Cost. e 11, 117, primo comma della Costituzione, in relazione all'art. 6 par. 2 della CEDU (Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848) e 48 della CDFUE (Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007), che sanciscono una presunzione di innocenza dell'imputato fino all'accertamento della sua colpevolezza; con gli articoli 42, secondo comma della Costituzione e 11, 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, firmato a Parigi il 20 maggio 1952, ratificato e reso esecutivo con legge 4 agosto 1955, n. 848 e 17 della CDFUE, che tutelano e garantiscono la proprieta' privata. Preliminarmente deve osservarsi che la natura «penale» o comunque «sanzionatoria» della confisca in oggetto, sulla base della pluriennale elaborazione della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo e della stessa Corte costituzionale, appare difficilmente contestabile: la confisca e' strettamente legata alla commissione (almeno presunta) di un fatto costituente reato; viene disposta da un Giudice penale all'esito di un procedimento penale; non assolve ad alcuna funzione risarcitoria o ripristinatoria della situazione antecedente al reato ma, al contrario, determina sovente, a causa dell'estrema ampiezza del suo campo applicativo, l'ablazione di beni acquisiti in modo legittimo dall'imputato, da questi legittimamente detenuti (almeno per un determinato tempo) e, in ipotesi, ulteriormente detenibili regolarmente, con una mera comunicazione all'Autorita' di P.S. Diversamente dalle ipotesi riconducibili alla previsione di cui all'art. 240, comma secondo, n. 2) codice penale (le cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisce reato), la detenzione di un'arma (a meno che non si tratti di arma clandestina o da guerra), e a determinate condizioni perfino la fabbricazione, l'alienazione, il porto, ecc., non sono affatto vietate in se', ma richiedono solo una denuncia di detenzione all'Autorita' di pubblica sicurezza (o un'autorizzazione). Le stesse armi oggetto del reato contestato, del resto, per giurisprudenza pacifica, potrebbero essere restituite, oltre che all'imputato nel caso di assoluzione, anche al terzo proprietario estraneo al reato, il che conferma che la confisca non e' disposta in relazione all'intrinseca criminosita' della res (come potrebbe essere ad esempio in caso di stupefacenti o appunto armi clandestine), ma per la relazione che si pone tra essa e l'autore del reato; in un'ottica che privilegia l'aspetto sanzionatorio rispetto a quello di prevenzione speciale, posto che lo stesso imputato potrebbe comunque continuare a detenere legittimamente armi diverse da quelle oggetto del reato contestatogli. Che alla confisca in parola possa essere riconosciuta anche una funzione «preventiva» (in modo singolare legata, come appena osservato, non al possesso da parte dell'imputato di qualsiasi arma, ma solo di quelle oggetto del reato accertato) non appare comunque decisivo, posto che tutte le sanzioni penali assolvono anche ad una funzione di tale tipo. Sulla reale natura della confisca in esame, in ogni caso, non appare necessario soffermarsi oltremodo, posto che il rispetto di uno statuto minimo di garanzie di carattere sostanziale e processuale si estende a qualsiasi misura pregiudizievole per diritti costituzionalmente tutelati, anche se di carattere amministrativo (si vedano le considerazioni recentemente espresse con la sentenza della Corte costituzionale n. 22 del 2018). Orbene, nel caso in esame, l'effetto ablativo di beni di proprieta' del singolo in conseguenza di una pronuncia dichiarativa dell'estinzione del reato per oblazione avviene in assenza di un accertamento in ordine alla sussistenza del reato e alla responsabilita' dell'imputato, se non nei ristretti limiti «dell'evidenza» della prova di una causa di assoluzione nel merito ai sensi dell'art. 129, comma secondo del codice di procedura penale Con il procedimento di oblazione, come noto, viene prevista la definizione del giudizio prima di qualsiasi inizio di attivita' di formazione della prova. La richiesta di definire il processo mediante oblazione precede la stessa dichiarazione di apertura del dibattimento ed il suo accoglimento da parte del Giudice, anche nei casi di oblazione facoltativa, e' limitata alla verifica dell'insussistenza della recidiva, della dichiarazione di abitualita' o professionalita' nel reato, di conseguenze dannose o pericolose eliminabili o della gravita' del fatto che, tenuto conto della fase in cui interviene la valutazione, e' ovviamente limitata, senza alcun apporto fornito dalla difesa. Ne' puo' ritenersi che la domanda di oblazione contenga una implicita ammissione di responsabilita' dell'imputato o che la pronuncia dichiarativa dell'estinzione del reato sia equiparabile, sotto determinati effetti, ad una condanna penale, al pari della sentenza di applicazione pena o di altre pronunce. L'istituto, infatti, e' disciplinato in modo da rendere estremamente conveniente il ricorso ad esso, evitando i notevoli costi economici ed emotivi di un procedimento penale, la difficolta' di poter efficacemente contrastare la prova di responsabilita' della pubblica accusa o di fornire la dimostrazione della sussistenza di una causa di giustificazione, l'obiettiva alea del suo esito. Il tutto mediante il semplice versamento di una somma di denaro (il piu' delle volte modesto), senza che a cio' segua alcun effetto penale, civile o disciplinare, ne' annotazione sul certificato del casellario giudiziale, in cio' differenziandosi profondamente dalla sentenza che definisce il procedimento di applicazione pena, legislativamente equiparata ad una sentenza di condanna (art. 445, comma I-bis codice di procedura penale) e produttiva di effetti penali (oltre che disciplinari e limitati effetti civili, si veda l'art. 537-bis codice di procedura penale), come pure da altre pronunce anch'esse produttive di effetti e delle quali e' infatti prevista l'annotazione nel casellario (messa alla prova o particolare tenuita' del fatto). Particolarmente illuminante appare allora il riferimento all'elaborazione giurisprudenziale sovrannazionale ed interna in relazione ad altra ipotesi di confisca obbligatoria, quella prevista dall'art. 42, comma 2 decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, disposta con sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato per prescrizione. La Corte europea dei diritti dell'uomo, con una serie di fondamentali pronunce sul punto (Cedu 30 agosto 2007 e 20 gennaio 2009, ric. Sud Fondi S.r.l. contro Italia; Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali 29 ottobre 2013, ric. Varvara e da ultimo Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali 28 giugno 2018, ric. Giem s.r.l. c. Italia), ha statuito che gli articoli 7 e 6 par. 2 della Convenzione Edu, nonche' 1 Primo protocollo addizionale ad essa, impongono che una pronuncia ablatoria venga adottata con una sentenza di «condanna» o comunque a seguito di un accertamento garantito, non essendo sufficiente una sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato (nella specie per prescrizione), a meno che la stessa non sia stata preceduta, secondo l'ultimo approdo interpretativo condiviso anche dalla Corte di cassazione a Sezioni Unite (Cass., S.U. 30 gennaio 2020, n. 13539, imp. ... ), da un accertamento equivalente ad una pronuncia di condanna per la sua latitudine e modalita' di formazione, essendo esteso alla sussistenza del fatto e alla responsabilita' del reo e formatosi all'esito di un giudizio caratterizzato dalla partecipazione in contraddittorio delle parti. Considerazioni non dissimili sono state espresse dalle medesime Sezioni unite della Corte di cassazione in relazione alla confisca prevista dall'art. 722 codice penale in materia di gioco d'azzardo (Cass., Sezioni unite, 25 marzo 1993, n. 5, ... ) e della confisca del prezzo del reato di cui all'art. 240, comma secondo, n. 1 codice penale (Cass., Sezioni unite, 10 luglio 2008, n. 38834, imp. ... ; Cassazione, Sezioni unite, 26 giugno 2015, n. ... imp. ... ). Non vi sono ragioni, ad avviso del Tribunale, per non estendere i medesimi principi anche alla dichiarazione di estinzione del reato per oblazione e alla confisca in parola, tanto piu' che in relazione ad essa i profili «ripristinatori» (comunque ravvisabili nella confisca cd. urbanistica o in quella prevista per il prezzo o per il profitto del reato) sono del tutto assenti, mentre ancor piu' marcato e' l'effetto sanzionatorio o al piu' special preventivo. Sul piano degli effetti derivanti da un'eventuale dichiarazione di illegittimita' dell'art. 6 della legge n. 152/1975 nella parte in cui impone di procedere alla confisca delle armi anche nel caso di declaratoria di estinzione del reato per oblazione, deve solo osservarsi, per completezza, che l'impossibilita' per il Giudice di procedere alla misura ablatoria riguarderebbe solo ipotesi caratterizzate da un'offensivita' estremamente contenuta (reati contravvenzionali puniti con pena alternativa); che, trattandosi di ipotesi di oblazione facoltativa, l'accesso a tale forma di definizione del processo potrebbe comunque essere rigettata dal Giudice laddove ravvisasse, in relazione alla personalita' del reo o sulla base del contenuto della contestazione, profili di maggiore gravita' della condotta e che in ogni caso le armi potrebbero ugualmente essere confiscate a seguito di provvedimento di divieto prefettizio di detenzione ai sensi dell'art. 39, regio decreto n. 773/1931; istituto quest'ultimo assistito quanto meno da una possibilita' da parte del privato di arginare gli effetti pregiudizievoli della confisca, come si evidenziera' in seguito. 4.2. Sul carattere obbligatorio della confisca prevista dall'art. 6, legge n. 152/1975. La seconda questione di legittimita' costituzionale che si intende porre, sempre in relazione alla medesima disposizione normativa, e che presuppone, sul piano della rilevanza, il riconoscimento del potere del Giudice di disporre la confisca delle armi anche pronunciando una sentenza di oblazione, attiene al carattere obbligatorio della stessa in relazione alla contravvenzione oggetto del giudizio. L'obbligatorieta' della confisca e l'assenza di qualsiasi rimedio riconosciuto all'imputato per poter evitare il pregiudizio del proprio patrimonio, anche nel caso di contravvenzioni connotate da minima offensivita' come quella prevista dall'art. 38 regio decreto n. 778/1931, contrastano, ad avviso del Tribunale con gli articoli 3, 27, 42 della Costituzione, nonche' 11, 117, primo comma della Costituzione, in relazione agli artt. 1 Primo protocollo addizionale CEDU, 17 e 49 CDFUE, che, nel riconoscere e tutelare la proprieta' privata, impongono al legislatore di prevedere che le sanzioni, di carattere penale o anche solo amministrativo, che incidono su beni tutelati dall'ordinamento costituzionale o convenzionale siano ragionevoli, individualizzanti e proporzionate in rapporto alla gravita' del fatto e alla personalita' del reo e che le stesse siano altresi' congrue e coerenti rispetto agli scopi perseguiti dal legislatore. Si e' gia' osservato nel paragrafo precedente che la confisca in esame presenta connotati tipicamente penalistici, almeno secondo l'elaborazione sostanzialistica elaborata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo (la misura viene comminata in seguito all'accertamento di un reato, all'esito di un procedimento penale, non assolve ad una funzione ripristinatoria ma incide su beni di proprieta' dell'imputato, anche se ipoteticamente acquisiti in modo legittimo e il cui possesso e' tendenzialmente consentito ai privati). In ogni caso, se anche volesse escludersi la natura penale della misura per riconoscere ad essa una natura amministrativa, se addirittura volesse dubitarsi della sua valenza «punitiva», ugualmente non verrebbe meno la necessita' di verificare il rispetto di quei canoni di «personalizzazione», ragionevolezza e proporzione ricavabili dalle richiamate disposizioni costituzionali e convenzionali ed estensibili perfino alle misure «non punitive», come espressamente affermato in piu' occasioni da parte della Corte costituzionale (si vedano in particolare Corte costituzionale n. 112 del 2019; Corte costituzionale n. 22 del 2018), la quale, proprio in aderenza a quei principi, ha piu' volte riconosciuto la illegittimita' costituzionale di automatismi lato sensu sanzionatori che non consentano al giudice (o all'autorita' amministrativa) di valutare concretamente le diverse circostanze del caso prima di applicare una misura afflittiva, tanto piu' laddove una determinata previsione sia suscettibile di applicarsi ad una vasta ed eterogenea serie di condotte. Oltre ai plurimi interventi della Corte suprema sulla materia del bilanciamento di circostanze eterogenee o sull'applicazione obbligatoria degli effetti della recidiva, meritano di essere esemplificativamente ricordate le seguenti pronunce: con la sentenza n. 22 del 2018 la suprema Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 120, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui - con riguardo all'ipotesi di condanna per reati di cui agli articoli 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, che intervenga in data successiva a quella di rilascio della patente di guida - dispone che il prefetto «provvede», invece che «puo' provvedere», alla revoca della patente; con la sentenza n. 222 del 2018 e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 216, ultimo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), nella parte in cui dispone: «la condanna per uno dei fatti previsti dal presente articolo importa per la durata di dieci anni l'inabilitazione all'esercizio di una impresa commerciale e l'incapacita' per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa», anziche': «la condanna per uno dei fatti previsti dal presente articolo importa l'inabilitazione all'esercizio di una impresa commerciale e l'incapacita' ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a dieci anni»; con la sentenza n. 88 del 2019 e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 222, comma 2, quarto periodo, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti per i reati di cui agli articoli 589-bis (Omicidio stradale) e 590-bis (Lesioni personali stradali gravi o gravissime) del codice penale, il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della stessa ai sensi del secondo e terzo periodo dello stesso comma 2 dell'art. 222 cod. strada allorche' non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dai rispettivi commi secondo e terzo degli articoli 589-bis e 590-bis codice penale; sotto una prospettiva diversa, ma pur sempre in aderenza al principio di proporzione della sanzione, con la sentenza n. 112/2019 e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 187-sexies del decreto legislativo n. 58 del 1998, nel testo originariamente introdotto dall'art. 9, comma 2, lettera a), della legge 18 aprile 2005, n. 62, nella parte in cui prevede la confisca obbligatoria, diretta o per equivalente, del prodotto dell'illecito e dei beni utilizzati per commetterlo, e non del solo profitto. Orbene, in relazione alla disposizione di cui all'art. 6 della legge n. 152/1975, deve rilevarsi che la previsione di una confisca obbligatoria in relazione a tutti i reati concernenti le armi e' suscettibile di applicarsi ad ipotesi profondamente diverse tra loro e caratterizzate da un disvalore oggettivamente non comparabile: dai delitti di fabbricazione, introduzione nello Stato, vendita di armi da guerra, porto in luogo pubblico o detenzione di armi illegalmente detenute o addirittura clandestine alle ben piu' modeste ipotesi contravvenzionali, tra cui in particolare quella contestata all'odierno imputato, di aver omesso (o semplicemente ritardato, secondo quanto dedotto nell'istanza di restituzione) di comunicare all'Autorita' di p.s. il trasferimento, dal vecchio al nuovo domicilio, delle armi dallo stesso legalmente denunciate in precedenza e delle quali, dunque, la pubblica autorita' gia' conosceva tipologia, caratteristiche, numero e soggetto responsabile della detenzione. Naturalmente ben puo' il legislatore, nella sua discrezionalita', prevedere che anche una condotta di tale tipo costituisca reato (per l'interesse a conoscere con immediatezza anche l'esatta ubicazione delle armi, senza interpellare il possessore), cio' che invece suscita perplessita' e' che, rispetto al modesto grado di disvalore che lo stesso legislatore riconduce a tale ipotesi (prevedendo la sanzione alternativa dell'arresto fino a 3 mesi o della multa fino a 206 euro), sia sempre giustificata l'ablazione di beni la cui detenzione potrebbe essere regolarizzata con una mera comunicazione da parte del privato. Se rispetto alla generalita' dei delitti la confisca delle armi o delle munizioni ha una sua giustificazione e ragionevolezza ed appare perfettamente coerente rispetto agli scopi di tutela della sicurezza pubblica (particolarmente avvertiti nel periodo di introduzione della norma), anche tenuto conto dell'omogeneita' delle condotte sanzionate e del coefficiente psicologico richiesto per la loro integrazione, la sua previsione come obbligatoria anche rispetto all'ipotesi disciplinata dall'art. 38, regio decreto n. 773/1931 determina un'estensione poco ragionevole del suo campo di applicazione, parificando situazioni obiettivamente differenti, senza che tale diversita' possa essere colta e valorizzata sul piano della condotta accertata, della personalita' del reo, della concreta previsione sul suo futuro comportamento. La compressione del diritto di proprieta' non solo non viene legata ad alcuna valutazione concreta sulla tipologia ed offensivita' del reato, sulla insidiosita' intrinseca del mezzo, sulla concreta pericolosita' o anche solo reale inaffidabilita' del soggetto, ma la sua stessa entita' viene in sostanza fatta dipendere da una circostanza del tutto fortuita, ovvero il maggiore o minore valore intrinseco della res. Nel caso sottoposto alla valutazione di questo Giudice, ad esempio, a fronte di una contravvenzione estinguibile con il versamento di poco piu' di 100 euro, la confisca determinerebbe un pregiudizio di svariate migliaia di euro (il valore del bene, tra l'altro, non e' neanche necessariamente legato al numero o alle caratteristiche tecniche dell'arma, perche' un rilevante valore economico, storico, artistico e non ultimo affettivo potrebbe venire in rilievo anche in relazione ad armi dalla pericolosita' intrinseca molto contenuta, con ad esempio nel caso di armi bianche antiche), nei confronti di un soggetto che, non solo potrebbe legittimamente acquistarne altre, ma continua ad essere titolare di porto d'armi e che dunque deve ritenersi offra sufficienti garanzie di affidabilita' sul piano della sicurezza pubblica. Non solo, all'imputato e' anche del tutto inibita la possibilita', oltre che di dimostrare che una eventuale presunzione di «inaffidabilita'» non e' giustificata nel caso concreto, anche di arginare il pregiudizio, quanto meno economico, derivante dalla confisca, cedendo i beni ad un terzo, diversamente da quanto invece previsto sul piano amministrativo (art. 39, regio decreto n. 773/1931). In conclusione, il riferimento alla funzione preventiva della confisca obbligatoria in oggetto, nel caso di contravvenzioni di modesta offensivita' come quella in esame, non puo' mascherare svariati profili di irragionevolezza della disciplina normativa: a) la confisca delle armi, rispetto alle quali e' stato accertato un illecito, non impedisce affatto all'imputato di continuare a detenere in modo pienamente legittimo altre armi, le quali, anche in caso di sequestro, andrebbero necessariamente restituite (come pacificamente ritenuto dalla Corte di legittimita'), il che induce appunto a ritenere che rispetto alle finalita' preventive siano prevalenti quelle sanzionatorie, le quali tuttavia dovrebbero poter essere parametrate rispetto alle circostanze del caso; b) tale presunzione «assoluta» di inaffidabilita' (limitata solo alle specifiche armi sottoposte a confisca e non ad altre) conseguirebbe ad una violazione puramente formale e di modesta offensivita', come quella di cui al reato di cui all'art. 38, regio decreto n. 773/1931, mentre per converso l'ordinamento prevederebbe una confisca facoltativa per le ipotesi, molto piu' allarmanti, di reati commessi «avvalendosi delle armi» (per tutte si veda ad es. Cassazione, Sez. 5, Sentenza n. 28591 del 28 marzo 2018 Cc., dep. 20 giugno 2018, rv. 273471, in materia di minaccia commessa con l'uso di un'arma); c) diversamente dall'ipotesi di accertata «inaffidabilita'» in concreto (come nel caso di valutazione espressa dal Prefetto in ordine alla possibilita' di un soggetto di «abusare» delle armi, ai sensi dell'art. 39, regio decreto n. 773/1931), non vi sarebbe nel caso in esame alcuna possibilita' per il privato ne' di dimostrare che in concreto tale inaffidabilita' non sussiste, ne' di fruire di un termine entro il quale cedere le armi ad un terzo, diversita' di disciplina non giustificabile in rapporto alla funzione preventiva, essendo riconosciuta tale possibilita' ad un soggetto valutato pericoloso in concreto e non invece nel caso di presunzione teorica. Le considerazioni espresse inducono a dubitare della legittimita' della norma censurata.
P. Q. M. letto l'art. 23, legge n. 87/1953, ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva questione di legittimita' costituzionale in ordine all'art. 6 della legge 22 maggio 1975, n. 152: per contrasto con le disposizioni di cui agli articoli 27, secondo comma, 42 secondo comma, 111 della Costituzione, nonche' 11, 117, primo comma, della Costituzione, in relazione agli articoli 6 CEDU, 1 Primo protocollo addizionale CEDU, 17 e 48 CDFUE, nella parte in cui impone al Giudice di disporre la confisca delle armi anche nel caso di dichiarazione di estinzione del reato per oblazione; per contrasto con le disposizioni di cui agli articoli 3, 27, 42 della Costituzione, nonche' 11, 117, primo comma della Costituzione, in relazione agli articoli 1 Primo protocollo addizionale CEDU, 17 e 49 terzo comma CDFUE, nella parte in cui prevede come obbligatoria la confisca delle armi anche in relazione alla contravvenzione di cui all'art. 38, regio decreto n. 773/1931. Sospende il procedimento e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che a cura della cancelleria sia effettuata la notifica della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri e per la comunicazione della stessa ai presidenti delle due Camere del Parlamento. Parti edotte ai sensi dell'art. 148, comma 5 del codice di procedura penale. Milano, 27 gennaio 2022 Il Giudice: Morra