N. 8 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1 febbraio 2022
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 1° febbraio 2022 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Impiego pubblico - Impiego regionale - Norme della Regione Siciliana - Modifiche alla legge regionale n. 9 del 2021 - Modifiche alle norme concernenti la quantificazione e le modalita' di copertura degli oneri finanziari derivanti dalle misure di stabilizzazione e di fuoriuscita del personale utilizzato in attivita' socialmente utili (ASU). Impiego pubblico - Impiego regionale - Norme della Regione Siciliana - Interventi per favorire la sicurezza dei luoghi della cultura - Previsione, per il rilancio dell'economia della Regione mediante il ripristino dei flussi turistici post pandemia Covid, al fine di assicurare la fruizione dei luoghi della cultura, dell'autorizzazione, per l'esercizio finanziario 2021, di un'ulteriore spesa per il trattamento accessorio del personale a tempo indeterminato utilizzato per interventi di sicurezza e di vigilanza nei luoghi della cultura. - Legge della Regione Siciliana 26 novembre 2021, n. 29 (Modifiche alla legge regionale 15 aprile 2021, n. 9. Disposizioni varie), artt. 4, comma 1, e 14.(GU n.9 del 2-3-2022 )
Ricorso ai sensi dell'art. 127 della Costituzione per il Presidente del Consiglio dei ministri (c.f. 80188230587), in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, rappresentato e difeso in virtu' di legge dall'Avvocatura generale dello Stato (fax: 06/96514000; indirizzo pec: ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, contro la Regione siciliana (c.f. 80012000826), in persona del Presidente pro tempore della giunta provinciale, con sede a Palermo in piazza Indipendenza n. 21 presso il palazzo d'Orleans e domiciliata ex lege presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, con sede a Palermo in via Valerio Villareale n. 6, per la declaratoria della illegittimita' costituzionale degli articoli 4, comma 1, e 14 della legge della Regione siciliana n. 29 del 26 novembre 2021, recante «Modifiche alla legge regionale 15 aprile 2021, n. 9. Disposizioni varie», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana del 2 dicembre 2021, n. 53, giusta deliberazione del Consiglio dei ministri assunta nella seduta del giorno 31 gennaio 2022. Premesse di fatto Nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 53 del 2 dicembre 2021 e' stata pubblicata la legge regionale n. 29 del 26 novembre 2021, intitolata «Modifiche alla legge regionale 15 aprile 2021, n. 9. Disposizioni varie». Talune disposizioni della predetta legge violano norme e principi costituzionali direttamente applicabili anche alle autonomie speciali, eccedendo dalle competenze legislative attribuite alla Regione siciliana dallo statuto speciale di autonomia approvato con il regio decreto-legge 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. Segnatamente: 1) l'art. 4, comma 1, si pone in contrasto con gli articoli 3, 81, terzo comma, 117, secondo comma, lettera e) e lettera l), nonche' terzo comma, in relazione alla materia: «Coordinamento della finanza pubblica», della Costituzione, esulando altresi' dalle competenze legislative affidate alla Regione siciliana dal proprio statuto di autonomia; 2) l'art. 14 viola gli articoli 81, comma sesto, 117, terzo comma, in relazione alla materia: «Coordinamento della finanza pubblica», e 119 della Costituzione, esulando anch'esso dalle attribuzioni legislative conferite alla Regione siciliana dal proprio statuto di autonomia. Pertanto, le suddette disposizioni vengono impugnate con il presente ricorso ex art. 127 della Costituzione affinche' ne sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale e ne sia pronunciato il conseguente annullamento per i seguenti Motivi di diritto I. L'art. 4, comma 1, della legge della Regione siciliana 26 novembre 2021, n. 29. 1. L'art. 4 della legge oggetto di censura, intitolato «Modifiche agli articoli 36, 37, 47, 63, 66 e 81 della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9», dispone - al primo comma - che: «1. Al comma 7 dell'art. 36 della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9 sono apportate le seguenti modifiche: a) le parole "e la spesa annua di euro 54.159.248,56 per ciascuno degli esercizi finanziari 2022 e 2023" sono sostituite dalle parole "e la spesa di euro 26.360.878,68 per l'esercizio finanziario 2022 e di euro 43.747.108,01 per l'esercizio finanziario 2023"; b) le parole "per la quota parte di 10.000 migliaia di euro per ciascun anno del triennio 2021-2023" sono sostituite dalle parole "per la quota parte di 10.000 migliaia di euro per l'anno 2021"» (enfasi aggiunte). 2. La disposizione, quindi, modifica il testo originario dell'art. 36, comma 7, della legge della Regione siciliana 15 aprile 2021, n. 9, recante «Norme in materia di stabilizzazione e fuoriuscita personale ASU», gia' oggetto di impugnazione da parte dello Stato, nell'ambito del giudizio iscritto nel registro dei ricorsi pendenti davanti a codesta Ecc.ma Corte con il numero 33 del 2021. 3. In particolare, la modifica recata dall'art. 4, comma 1, della legge regionale n. 29 del 2021 al testo originario dell'art. 36, comma 7, della legge n. 9 del 2021 concerne la quantificazione e le modalita' di copertura degli oneri finanziari derivanti per le finanze pubbliche dalle misure di stabilizzazione e fuoriuscita del personale impiegato nelle attivita' socialmente utili previste dallo stesso art. 36. 4. Tali oneri erano stati quantificati dalla Regione siciliana in euro 54.159.248,56, sia per l'esercizio finanziario 2022 sia per l'esercizio finanziario 2023; pertanto, la norma oggetto della presente impugnazione riduce le suddette previsioni e autorizzazioni di spesa, rideterminando gli importi de quibus in euro 26.360.878,68, per l'esercizio finanziario 2022 e in euro 43.747.108,01, per l'esercizio finanziario 2023. 5. Inoltre, la disposizione censurata incide in modo significativo sulle modalita' di copertura dei suddetti oneri finanziari. 6. Difatti, il testo originario del menzionato art. 36, comma 7, prevedeva che «Agli oneri di cui al presente comma per la quota parte di 10.000 migliaia di euro per ciascun anno del triennio 2021-2023 si provvede mediante riduzione dei trasferimenti di cui all'art. 6 della legge regionale n. 5/2014 e successive modificazioni (Missione 18, programma 1, capitolo 191301)» (enfasi aggiunte). 7. La disposizione oggetto del presente ricorso stabilisce - invece - che siffatta modalita' di copertura della spesa si applichi esclusivamente «per la quota parte di 10.000 migliaia di euro per l'anno 2021» e non piu' - quindi - per ciascun anno compreso nel triennio 2021/2023. 8. In sintesi, all'esito delle modifiche appena esaminate, il testo attualmente vigente dell'art. 36, comma 7, della legge regionale n. 9 del 2021 dispone quanto segue: «7. Per le finalita' di cui al presente articolo e' autorizzata la spesa di 10.000 migliaia di euro per l'esercizio finanziario 2021 e la spesa di euro 26.360.878,68 per l'esercizio finanziario 2022 e di euro 43.747.108,01 per l'esercizio finanziario 2023 (Missione 20, programma 3), comprensiva delle somme occorrenti per l'eventuale prosecuzione delle attivita' socialmente utili dei medesimi soggetti di cui al comma 1, disposta nel rispetto della normativa vigente, nonche' di quelle occorrenti per le finalita' di cui al comma 10, da iscrivere in un apposito Fondo del Dipartimento del bilancio e Tesoro. Agli oneri di cui al presente comma per la quota parte di 10.000 migliaia di euro per l'anno 2021 si provvede mediante riduzione dei trasferimenti di cui all'art. 6 della legge regionale n. 5/2014 e successive modificazioni (Missione 18, programma 1, capitolo 191301). A decorrere dall'esercizio finanziario 2024 si provvede ai sensi del comma 1 dell'art. 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 e successive modificazioni» (enfasi aggiunte). 9. Ebbene, appare evidente come la novella legislativa non rimuova affatto le censure di incostituzionalita' articolate nel precedente ricorso proposto dallo Stato nei confronti della Regione siciliana, avente ad oggetto - inter alia - il testo originario del citato art. 36, comma 7. 10. Ed invero, anche nel testo vigente dopo le modifiche introdotte dall'art. 4, comma 1, della legge regionale n. 29 del 2021, la disposizione in esame eccede dalle competenze legislative regionali stabilite nello statuto di autonomia - in particolare, di quelle di cui alla lettera q) dell'art. 14 dello statuto - e si pone contrasto con gli articoli 3, 81, comma 3, e 117, commi 2, lettere e) e l), e 3, della Costituzione. 11. Al fine di illustrare la violazione dei suddetti parametri costituzionali, appare tuttavia opportuno ricostruire - sia pure sinteticamente - il contesto normativo in cui si inserisce l'art. 4, comma 1, della legge regionale n. 29 del 2021 e le ragioni per le quali il testo originario dell'art. 36 della legge n. 9 del 2021 e' stato gia' oggetto di impugnazione davanti a codesta Ecc.ma Corte. 12. La disposizione de qua incide - come s'e' anticipato - sulla quantificazione degli oneri finanziari e sulle modalita' di copertura delle relative spese, derivanti dalle misure previste dall'art. 36 della legge regionale n. 9 del 2021, per favorire la stabilizzazione e la fuoriuscita del personale impiegato, in ambito regionale, in attivita' socialmente utili. 13. Nel dettaglio, le misure in esame sono puntualmente individuate dai commi 1, 2, 3, 6 e 10 del citato art. 36, che stabiliscono quanto segue: «1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai lavoratori inseriti nell'elenco di cui all'art. 30, comma 1, della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5, si applicano le disposizioni di cui ai commi da 292 a 296 dell'art. 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178. 2. I soggetti di cui al comma 1 possono essere stabilizzati dagli enti utilizzatori a tempo indeterminato anche con contratti di lavoro a tempo parziale, secondo i parametri contrattuali minimi previsti dalla legge e dal C.C.N.L. di riferimento. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il Dipartimento regionale del lavoro dell'impiego, dell'orientamento, dei servizi e delle attivita' formative provvede all'assegnazione dei soggetti di cui al comma 1 che svolgono attivita' socialmente utili in virtu' di protocolli o convenzioni. 3. I soggetti inseriti nell'elenco di cui al comma 1 possono optare, in alternativa alla partecipazione alle attivita' socialmente utili per il triennio 2021-2023, per la fuoriuscita definitiva dal bacino di appartenenza a fronte della corresponsione di un'indennita' onnicomprensiva d'importo corrispondente a cinque anni dell'assegno di utilizzazione in ASU. La suddetta indennita' e' erogata per un periodo non superiore agli anni necessari al raggiungimento dei requisiti di pensionabilita' e per un massimo di cinque anni, ed e' corrisposta in rate annuali [...]. 6. Per le assunzioni di cui al presente articolo, a decorrere dalla data di assunzione, e' riconosciuto su base annua un contributo per ciascun soggetto stabilizzato, parametrato all'importo dell'assegno di utilizzazione in ASU corrisposto alla data di assunzione, maggiorato per tenere conto del maggior costo sostenuto per l'assunzione a tempo indeterminato con contratto a tempo parziale, entro il limite dell'autorizzazione di spesa prevista dal comma 7. [...]. 10. Al fine di favorire la piena efficacia dell'impianto regolatorio di cui al comma 1, e' altresi' incentivata la fuoriuscita dei soggetti attualmente impegnati in attivita' socialmente utili che hanno maturato i requisiti minimi previsti dalla normativa nazionale per il pensionamento. Per tale finalita', il Dipartimento regionale del lavoro, dell'impiego, dell'orientamento, dei servizi e delle attivita' formative e' autorizzato ad erogare, a domanda, la differenza tra quanto erogato dall'INPS a titolo di assegno sociale e quanto previsto dall'assegno di sussidio per A.S.U. sino alla maturazione dei requisiti minimi previsti dalla normativa vigente per l'accesso al trattamento di quiescenza» (enfasi aggiunte). 14. In sintesi, il citato art. 36 prevede delle specifiche misure volte a favorire: 1) la stabilizzazione dei lavoratori inseriti nell'elenco di cui all'art. 30, comma 1, della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5 mediante assunzione a tempo indeterminato - anche con contratti di lavoro part-time - presso gli enti locali utilizzatori, riconoscendo in favore di tali enti un contributo finanziario annuo per ciascun soggetto stabilizzato; 2) la fuoriuscita definitiva dei lavoratori in esame dal bacino di appartenenza a fronte della corresponsione di un'indennita' annuale per un periodo massimo di cinque anni, comunque non eccedente quelli necessari al raggiungimento dei requisiti di pensionabilita'; 3) la fuoriuscita dei soggetti impegnati in attivita' socialmente utili in possesso dei requisiti minimi previsti per il pensionamento erogando loro - a domanda - la differenza tra quanto liquidato dall'I.N.P.S. a titolo di assegno sociale e l'importo dell'assegno di sussidio per attivita' socialmente utili, fino alla maturazione dei requisiti minimi previsti per l'accesso al trattamento di quiescenza. 15. Ebbene, con l'atto di impugnazione iscritto nel registro dei ricorsi pendenti davanti a codesta Ecc.ma Corte con il numero 33 del 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri ha censurato, impugnando l'art. 36 della legge regionale n. 9 del 2021, sia le disposizioni volte alla stabilizzazione del «personale ASU» sia quelle relative alla quantificazione e alle modalita' di copertura delle relative spese a carico delle finanze pubbliche. 16. Difatti, la suddetta «stabilizzazione» consiste nell'estendere il regime delle assunzioni a tempo indeterminato previsto dall'art. 1, commi 292-296, della legge n. 178 del 2020 - in favore dei «lavoratori socialmente utili di cui all'art. 2, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81 (LSU: n.d.r.), e all'art. 3, comma 1, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 280 (LPU: n.d.r.), nonche' dei lavoratori gia' rientranti nell'abrogato art. 7 del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468 (lavoratori percettori di trattamento straordinario di integrazione salariale: n.d.r.), e dei lavoratori impegnati in attivita' di pubblica utilita'», che siano gia' titolari di contratti di lavoro a tempo determinato oppure di collaborazione coordinata e continuativa o ancora rientranti in altre tipologie contrattuali - a tutti i lavoratori inseriti nell'elenco di cui all'art. 30, comma 1, della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5. 17. Tale elenco ricomprende pero' non soltanto i soggetti gia' titolari di un contratto di lavoro, ma anche quelli impiegati in attivita' socialmente utili in forza di convenzioni o protocolli e, quindi, senza la previa instaurazione di un rapporto lavorativo. 18. Inoltre, il legislatore regionale, pur richiamando le misure di stabilizzazione previste dal legislatore statale, non ha fatto salva - in alcun modo - l'applicazione dei numerosi vincoli e requisiti richiesti dall'art. 1, comma 292, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, per procedere alla stabilizzazione del «personale ASU». 19. Per questa ragione, lo Stato ha impugnato l'art. 36 della legge regionale n. 9 del 2021, che - ampliando l'ambito di applicazione soggettivo e oggettivo delle procedure di stabilizzazione del «personale ASU» previste dalla normativa nazionale - esula dalle competenze legislative attribuite alla Regione siciliana dall'art. 14, lettera q), dello statuto di autonomia, concernente lo «stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della regione», e si pone in contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione, che riserva - invece - alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia dell'«ordinamento civile». 20. A cio' si aggiunga che la disposizione in esame introduce pure una evidente disparita' di trattamento tra i destinatari delle misure da essa previste e le altre categorie di personale precario, nonche' tra i predetti soggetti e i destinatari di altre analoghe forme di sostegno al reddito. 21. Difatti, per coloro che si collocano al di fuori dell'ambito di applicazione soggettivo della disposizione impugnata, la procedura di stabilizzazione prevista dalla normativa regionale non trova ovviamente applicazione; e quindi, restano assoggettati alla piu' rigorosa disciplina prevista dal legislatore statale. 22. Ebbene, come si e' rilevato nel precedente atto di impugnazione, tale disparita' di trattamento e' oggettivamente priva di ragionevole giustificazione; e, pertanto, comporta una evidente violazione del principio di uguaglianza previsto dall'art. 3 della Costituzione, norma direttamente applicabile anche alle Regioni autonome, in quanto rientrante fra i principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale. 23. Inoltre, come si e' gia' anticipato, le misure de quibus sono stante puntualmente censurate, nel precedente atto di impugnazione proposto dallo Stato nei confronti della Regione siciliana, in considerazione del fatto che l'art. 36, comma 7, della legge regionale n. 9 del 2021 non prevedeva e non prevede - anche nel testo attualmente vigente - un'adeguata quantificazione e copertura delle spese derivanti per le finanze pubbliche. 24. Al riguardo, si osserva che l'art. 1, commi 292-296, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, prevede l'assunzione a tempo indeterminato di soggetti che hanno gia' instaurato un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato oppure un contratto di collaborazione coordinata e continuativa ovvero altre tipologie contrattuali con gli enti locali utilizzatori, autorizzati - quindi - a procedere alla loro stabilizzazione. 25. La norma regionale, al contrario, si rivolge espressamente anche a soggetti che non hanno ancora stipulato un contratto di lavoro con i comuni, ma sono impiegati dai medesimi sulla base di protocolli o convenzioni, stipulate direttamente con la Regione siciliana, percependo - dunque - un'indennita' mensile che costituisce una mera forma di «sostegno al reddito». 26. Ebbene, la norma regionale, al comma 2, dispone che tali soggetti siano stabilizzati dagli enti utilizzatori, secondo i parametri contrattuali minimi previsti dalla legge e dal C.C.N.L. di riferimento, e - al fine di finanziare le suddette spese - il menzionato art. 36, comma 7, stanzia determinate risorse regionali. 27. Tuttavia, in assenza di una dettagliata relazione tecnica in ordine agli oneri derivanti dalla suddetta procedura di stabilizzazione, la quantificazione dell'onere finanziario e le relative modalita' di copertura, individuate dal citato comma 7, appaiono del tutto inadeguate e inattendibili. 28. In altri termini, la stabilizzazione in ruolo del «personale ASU» comporta un onere economico complessivo particolarmente elevato, considerato che lo status di dipendente di ruolo determina a carico degli enti locali l'obbligo di corresponsione del trattamento economico fondamentale e accessorio previsto dalla contrattazione collettiva (ivi compresa la tredicesima mensilita'), cui vanno aggiunti gli oneri riflessi a carico del datore di lavoro. 29. Dunque, la norma censurata doveva essere preceduta da una quantificazione esatta dell'onere finanziario derivante dall'assunzione a tempo indeterminato del «personale ASU» e introdurre adeguate modalita' di copertura, che garantissero il finanziamento integrale delle relative spese a carico delle finanze pubbliche. 30. Ma cio' non e' accaduto; sicche' - in assenza di un'adeguata e integrale copertura finanziaria dell'onere economico in questione - le menzionate assunzioni a tempo indeterminato si tradurranno, per gli enti locali interessati, in un consolidamento strutturale e permanente delle corrispondenti spese di personale, in violazione del principio dell'equilibrio di bilancio delle pubbliche amministrazioni (art. 97, comma 1, della Costituzione) e del principio di copertura delle leggi di spesa (art. 81, comma 3, della Costituzione). 31. I suddetti profili di censura - gia' ampiamente sviluppati nel precedente atto di impugnazione - non sono stati affatto superati dalle modifiche introdotte dall'art. 4, comma 1, della legge regionale n. 29 del 2021. 32. Tale disposizione - anzi - riduce ulteriormente le precedenti previsioni e autorizzazioni di spesa che, per gli esercizi finanziari 2022 e 2023, sono rideterminate - rispettivamente - in euro 26.360.878,68 e in euro 43.747.108,01 a fronte dell'importo originario di euro 54.159.248,56 annui. 33. Inoltre, la medesima disposizione ha modificato le modalita' di copertura dei suddetti oneri, prevedendo che - «per la quota parte di 10.000 migliaia di euro» - essi siano finanziati mediante riduzione dei trasferimenti di cui all'art. 6 della legge regionale n. 5 del 2014 e successive modificazioni ed integrazioni per il solo esercizio finanziario 2021; sicche', tale modalita' di copertura non soltanto resta parziale, in quanto inidonea - per le ragioni sopra illustrate - a coprire integralmente le spese derivanti dalle misure di stabilizzazione, ma viene finanche meno sia per l'anno 2022 sia per l'anno 2023. 34. Di qui, la violazione - anche da parte dell'art. 4, comma 1, della legge regionale n. 29 del 2021 - dei parametri costituzionali sopra menzionati. 35. Del resto, appare pacifica l'applicabilita' dei principi di equilibrio di bilancio e di copertura delle leggi di spesa anche alle regioni a statuto speciale e, segnatamente, alla Regione siciliana. 36. Quanto all'applicabilita' del principio dell'equilibrio di bilancio, l'art. 97, comma 1, della Costituzione, stabilisce che «Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilita' del debito pubblico» (enfasi aggiunte). 37. La norma vincola espressamente tutte le pubbliche amministrazioni e, quindi, non puo' che trovare applicazione anche con riferimento alle autonomie speciali. 38. La conclusione in esame e' espressamente confermata dalla giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte. 39. Infatti, con riferimento al principio di copertura delle leggi di spesa, che costituisce un evidente corollario del principio dell'equilibrio di bilancio, e' stato precisato gia' da tempo, «anche con particolare riferimento alla Regione siciliana», che «il canone costituzionale dell'art. 81, terzo comma della Costituzione "opera direttamente, a prescindere dall'esistenza di norme interposte" (ex plurimis, sentenza n. 26 del 2013), applicandosi immediatamente anche agli enti territoriali ad autonomia speciale» (cfr. sentenza n. 226 del 2021, enfasi aggiunte). 40. Peraltro, codesta Ecc.ma Corte ha ulteriormente evidenziato come «Tra le disposizioni direttamente attuative del precetto costituzionale» vi sia «in primo luogo l'art. 19 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (legge di contabilita' e finanza pubblica) in forza del quale si prescrive, anche nei confronti delle regioni, la previa quantificazione della spesa quale presupposto della copertura finanziaria ("per l'evidente motivo che non puo' essere assoggettata a copertura un'entita' indefinita": cosi' la sentenza n. 147 del 2018), con rinvio, quanto alle modalita' di copertura, all'art. 17 della medesima legge di contabilita'» (cfr. ibidem, enfasi aggiunte). 41. Nel caso di specie, come si e' piu' volte ribadito, la disposizione censurata: da un lato, non e' stata preceduta da una esatta quantificazione dell'onere finanziario; e, dall'altro, non ha introdotto - anche per tale ragione - delle adeguate modalita' di copertura delle spese previste dal menzionato art. 36; sicche', non vi e' alcun dubbio che essa si ponga in contrasto con i richiamati principi costituzionali, cosi' come declinati nella citata giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte. 42. Infine, la norma oggetto di censura neppure rimuove i vizi di legittimita' costituzionale che sono stati segnalati nel precedente atto di impugnazione con riferimento alle modalita' di copertura dell'onere a regime, con decorrenza dall'esercizio finanziario 2024. 43. Difatti, tale disposizione non introduce alcuna modifica alla previsione contenuta nel menzionato comma 7, secondo cui «A decorrere dall'esercizio finanziario 2024 si provvede ai sensi del comma 1 dell'art. 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 e successive modificazioni». 44. L'art. 38, comma 1, del decreto legislativo n. 118 del 2011 dispone che «Le leggi regionali che prevedono spese a carattere continuativo quantificano l'onere annuale previsto per ciascuno degli esercizi compresi nel bilancio di previsione e indicano l'onere a regime, ovvero, nel caso in cui non si tratti di spese obbligatorie, possono rinviare la quantificazione dell'onere annuo alla legge di bilancio» (enfasi aggiunte). 45. Ebbene, le spese previste dal citato comma 7 costituiscono evidentemente «spese obbligatorie», in quanto aventi carattere strutturale e permanente nel tempo; dunque, necessitano di una adeguata copertura finanziaria, che il mero richiamo all'art. 38 del decreto legislativo n. 118 del 2011 non e' affatto idoneo a soddisfare, in assenza di una precisa e attendibile quantificazione dell'onere a regime per gli anni successivi al triennio considerato nel bilancio di previsione. 46. In altre parole, la disposizione in esame, anche dopo le modifiche apportate dall'art. 4, comma 1, della legge regionale n. 29 del 2021, continua a recare una disciplina che - pur richiamando formalmente l'art. 38 del decreto legislativo n. 118 del 2011 - si pone, invece, in contrasto con il medesimo; e, quindi - per il tramite di tale disposizione -, viola gli articoli 81, comma 3, e 117, comma 2, lettera e) - in materia di «armonizzazione dei bilanci pubblici» - e comma 3 - in materia di «coordinamento della finanza pubblica» - della Costituzione. 47. Del resto, come gia' ampiamente precisato nel precedente atto di impugnazione, non si rinviene nello statuto di autonomia alcuna norma che potrebbe giustificare l'introduzione della disciplina oggetto di censura. 48. Anzi, proprio il rinvio espresso effettuato dalla norma regionale all'art. 38 del decreto-legislativo n. 118 del 2011 ne conferma la piena applicabilita' anche alla Regione siciliana. 49. In questo senso, peraltro, si e' gia' espressa codesta Ecc.ma Corte, secondo cui - applicandosi anche alle autonomie speciali il canone costituzionale dell'art. 81, comma 3, della Costituzione (cfr. sentenza n. 26 del 2013) - si applicano ad esse anche «le disposizioni - ulteriormente specificative dell'art. 81, terzo comma della Costituzione - contenute nel decreto legislativo n. 118 del 2011 e, in particolare, nell'art. 38, comma 1, a mente del quale "le leggi regionali che prevedono spese a carattere continuativo quantificano l'onere annuale previsto per ciascuno degli esercizi compresi nel bilancio di previsione e indicano l'onere a regime ..."» (cfr. sentenza n. 226 del 2021). 50. Nel caso della Regione siciliana, la suddetta regola e' finanche presente - gia' da tempo - nell'ordinamento regionale, considerato che la legge regionale 8 luglio 1977, n. 47, e successive modificazioni ed integrazioni, all'art. 7, comma 8, e il decreto presidenziale 17 marzo 2004, recante il «Testo coordinato delle norme in materia di bilancio e di contabilita' applicabili alla Regione siciliana», all'art. 14, comma 8, prevedono espressamente che «le leggi della regione che autorizzano spese correnti a carattere permanente quantificano l'onere annuale previsto per ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale vigente e ne indicano la relativa copertura finanziaria a carico del bilancio medesimo. Esse indicano inoltre l'onere a regime ovvero, nel caso in cui non si tratti di spese obbligatorie, possono rinviare la quantificazione dell'onere annuo alla legge di approvazione del bilancio» (enfasi aggiunte). 51. Non vi e' dubbio, quindi, che in assenza di una precisa quantificazione dell'onere a regime per gli anni successivi al 2024, il citato art. 36, comma 7, cosi' come modificato dall'art. 4, comma 1, della legge regionale n. 29 del 2021, si ponga in contrasto con i menzionati principi di equilibrio di bilancio e copertura delle leggi di spesa, sanciti dagli articoli 81, comma 3 e 97, comma 1, della Costituzione, cosi' come attuati dal legislatore statale mediante l'adozione dell'art. 38, comma 1, del decreto-legislativo n. 118 del 2011, nell'esercizio delle competenze legislative ad esso riservate dall'art. 117, comma 2, lettera e), in materia di «armonizzazione dei bilanci pubblici», e comma 3, in materia di «coordinamento della finanza pubblica», della Costituzione. II. L'art. 14 della legge della Regione siciliana 26 novembre 2021, n. 29. 52. L'art. 14, rubricato «Interventi per favorire la sicurezza dei luoghi della cultura» stabilisce, al comma 1, che «Per il rilancio dell'economia della Sicilia mediante il ripristino dei flussi turistici post pandemia COVID, al fine di assicurare la fruizione dei luoghi della cultura, ai sensi dell'art. 9, comma 7, lettera e) del CCRL vigente e' autorizzata per l'esercizio finanziario 2021 l'ulteriore spesa per il trattamento accessorio del personale a tempo indeterminato utilizzato per interventi di sicurezza e di vigilanza nei luoghi della cultura, pari a complessivi euro 1.061.600,00, di cui euro 193.600,00 quali oneri sociali a carico dell'amministrazione regionale ed euro 68.000,00 quale imposta regionale sulle attivita' produttive (I.R.A.P.) da versare (Missione 5, programma 2)». 53. Al comma 2 e' previsto che «Agli oneri di cui al presente articolo si fa fronte mediante corrispondente riduzione della missione 9, programma 5, capitolo 150032». 54. Con la norma denunciata si autorizza, per l'esercizio finanziario 2021, un'ulteriore spesa per il trattamento accessorio del personale utilizzato per interventi di sicurezza e di vigilanza nei luoghi della cultura. 55. La norma oggetto di censura si pone, in primo luogo, in contrasto con il divieto posto dall'art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75 in ordine al superamento del limite dell'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, riferito all'anno 2016. 56. In particolare, l'art. 23 del decreto legislativo n. 75/2017 (recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l), m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 1234, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche»), rubricato «Salario accessorio e sperimentazione», prevede, al comma 1, che, al fine di perseguire la progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale delle amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, la contrattazione collettiva nazionale, per ogni comparto o area di contrattazione, operi, tenuto conto delle risorse di cui al comma 2, la graduale convergenza dei medesimi trattamenti anche mediante la differenziata distribuzione, distintamente per il personale dirigenziale e non dirigenziale, delle risorse finanziarie destinate all'incremento dei Fondi per la contrattazione integrativa di ciascuna amministrazione. 57. In tale contesto, la disposizione dell'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017 - che si assume violata come norma interposta -, prevede, nella sua prima parte, che «Nelle more di quanto previsto dal comma 1, al fine di assicurare la semplificazione amministrativa, la valorizzazione del merito, la qualita' dei servizi e garantire adeguati livelli di efficienza ed economicita' dell'azione amministrativa, assicurando al contempo l'invarianza della spesa, a decorrere dal 1° gennaio 2017, l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non puo' superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2016» (evidenza aggiunta). 58. Si rappresenta, inoltre, che la riduzione del trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, costituisce una delle condizioni contenute nel «Piano di rientro della Regione siciliana del disavanzo in attuazione dell'accordo Stato-regione sottoscritto dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Presidente della Regione siciliana il 14 gennaio 2021» (quest'ultimo denominato «Accordo tra Stato e Regione siciliana per il ripiano decennale del disavanzo»). 59. Il Piano di rientro del disavanzo costituisce allegato alla legge regionale 15 aprile 2021, n. 10, concernente l'approvazione del bilancio di previsione della Regione siciliana per il triennio 2021-2023, ed e' stato adottato in attuazione del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 recante «Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziari e dei controlli». 60. L'art. 6 della richiamata legge regionale n. 10 del 2021 prevede, infatti, che «Ai sensi del punto 3 dell'accordo stipulato tra la regione e lo Stato il 14 gennaio 2021, in attuazione dell'art. 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158, il Piano di rientro del disavanzo costituisce allegato alla presente legge (allegato 18)» (evidenza aggiunta). 61. L'art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019, richiamato dalla disposizione regionale da ultimo indicata, rubricato «Ripiano del disavanzo derivante dagli effetti del riaccertamento straordinario», prevede la possibilita' di ripianare il disavanzo e le quote di disavanzo non recuperate relative al rendiconto 2018 in un periodo non superiore a dieci esercizi finanziari (testualmente, dal comma 1, prima parte: «in sede di prima applicazione delle presenti norme di attuazione, ferma restando la competenza statale esclusiva in materia di armonizzazione dei bilanci, il disavanzo e le quote di disavanzo non recuperate, relative al rendiconto 2018, saranno ripianate in dieci esercizi»). 62. In particolare, l'azione di riduzione del trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, viene declinata al punto 6, lettera d) del Piano di rientro ove, si richiamano, tra l'altro, gli interventi di cui ai punti d.2) e d.3) dell'accordo, nello specifico e per l'appunto relativi: al «contenimento dell'ammontare delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, nei limiti di quanto previsto per le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75» (d.2); ad «una piu' efficace utilizzazione delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, finalizzate al miglioramento qualitativo e quantitativo dei servizi erogati alla collettivita'» (d.3). 63. La regione ha quindi assunto l'impegno di attuare azioni specifiche per la riduzione ed il contenimento della complessiva spesa per il personale, anche mediante la riduzione del trattamento accessorio del personale, impegnandosi a contenere le risorse destinate al salario accessorio, anche nel rispetto dei citati limiti previsti per le amministrazioni pubbliche dall'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017. 64. Pertanto, la censurata previsione di maggiori oneri da destinare ai trattamenti economici del personale a tempo indeterminato utilizzato per interventi di sicurezza e di vigilanza nei luoghi della cultura si pone in netto contrasto con gli obiettivi di riduzione della spesa per il personale che la regione si e' prefissata in accordo con lo Stato e che sono stati a tal fine recepiti nel richiamato «Piano di rientro della Regione siciliana in attuazione dell'accordo Stato-regione». 65. Peraltro, la disposizione si pone in contrasto con gli stessi provvedimenti posti in essere dalla medesima amministrazione regionale che, con decreto del direttore generale del Dipartimento regionale della funzione pubblica e del personale n. 1185 del 4 maggio 2021, ha approvato la costituzione del «Fondo risorse decentrate» per l'anno 2021, ai sensi dell'art. 88 del CCRL del personale non dirigenziale del comparto - triennio normativo ed economico 2016-2018, determinandone la provvista finanziaria in euro 50.139.230,00, rispetto ad una potenziale alimentazione lorda teorica del predetto Fondo di euro 70.011.265,24 (nota esplicativa 3 maggio 2021 e allegato n. 2 al D.D.P. n. 1185 del 4 maggio 2021), con cio' per l'appunto applicando quanto disposto dal legislatore statale in materia di contenimento delle risorse destinate al trattamento economico accessorio del personale con il menzionato art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017. 66. Cio' posto, la norma regionale in esame, prevedendo di destinare un maggiore importo per il trattamento accessorio del personale a tempo indeterminato utilizzato per interventi di sicurezza e di vigilanza nei luoghi della cultura, pari a complessivi euro 1.061.600,00, oltre a costituire un'ingiustificata violazione del precetto normativo imposto dall'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017, pregiudica il raggiungimento dell'obiettivo di rientro previsto nel Piano che, come esposto, ai sensi dell'art. 6 della legge regionale n. 10 del 2021, in attuazione dell'art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019, di detta legge costituisce allegato. 67. La norma denunciata si pone quindi in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione quanto al coordinamento della finanza pubblica, proprio in relazione alla norma interposta di cui all'art. 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158; e confligge pure con l'art. 81 della Costituzione violando le norme fondamentali e i criteri stabiliti dalla legge 24 dicembre 2012, n. 243, recante «Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'art. 81, sesto comma, della Costituzione» e, in particolare, l'art. 9, rubricato «Equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali». 68. Si rammenta, al riguardo, che la giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte, nel qualificare come principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica quelli desumibili dall'art. 9, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 - convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 - (secondo cui per gli anni 2011-2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, non poteva superare il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010), ha affermato che le disposizioni «ispirate alla finalita' di contenimento della spesa pubblica, costituiscono principi fondamentali nella materia di coordinamento della finanza pubblica, in quanto pongono obiettivi di riequilibrio senza, peraltro, prevedere strumenti e modalita' per il perseguimento dei medesimi», precisando che la conclusione «trova il suo presupposto nella considerazione che "la spesa per il personale, per la sua importanza strategica ai fini dell'attuazione del patto di stabilita' interna (data la sua rilevante entita') costituisce non gia' una minuta voce di dettaglio, ma un importante aggregato della spesa corrente, con la conseguenza che le disposizioni relative al suo contenimento assurgono a principio fondamentale della legislazione statale"» (Corte costituzionale n. 217 del 2012 con evidenza aggiunta, nel richiamo alle precedenti sentenze n. 69 del 2011 e 169 del 2007). 69. Ancora, nella sentenza n. 269 del 2014 e' stato ribadito che: «In proposito, la giurisprudenza costituzionale ha gia' avuto modo di qualificare l'art. 9, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, come principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, vincolante anche per le regioni a statuto speciale (sentenze n. 221 del 2013, n. 217 e n. 215 del 2012). Dal momento che tale disposizione fissa il livello massimo del trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti delle regioni e degli enti regionali, ancorandolo a quanto percepito nel 2010, essa produce l'effetto di predeterminare l'entita' complessiva degli esborsi a carico delle regioni a titolo di trattamento economico del personale [...] cosi' da imporre un limite generale ad una rilevante voce del bilancio regionale" (cosi' la sentenza n. 217 del 2012, che applica tale limite ad una regione a statuto speciale). Un simile vincolo generale di spesa puo' essere legittimamente imposto con legge dello Stato a tutte le regioni, comprese quelle ad autonomia differenziata, per ragioni di coordinamento finanziario, connesse ad obiettivi nazionali, a loro volta condizionati anche dagli obblighi comunitari» (Corte costituzionale n. 269 del 2014 cit., con evidenza aggiunta). 70. Tali principi sono altresi' richiamati nella sentenza n. 65 del 2016 ove e' ricordato che l'imposizione di risparmi di spesa rientra a pieno titolo nell'esercizio della funzione di coordinamento della finanza pubblica, attribuita alla competenza statale dall'art. 117, terzo comma, della Costituzione e che la funzione di coordinamento finanziario prevale su tutte le altre competenze regionali, anche esclusive. E' ivi ancora precisato che, «secondo il costante indirizzo di questa Corte, norme statali che fissano limiti alla spesa delle regioni e degli enti locali possono qualificarsi principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica alla condizione, tra l'altro, che si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente (ex multis, tra le piu' recenti, sentenze n. 218 e n. 189 del 2015; nello stesso senso, sentenze n. 44 del 2014; n. 236 e n. 229 del 2013; n. 217 n. 193 e n. 148 del 2012, n. 182 del 2011)». 71. Anche nel caso in esame, peraltro, le misure finanziarie adottate dallo Stato rispettano appieno il canone della transitorieta'. 72. Alla luce delle suesposte considerazioni, l'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017, che, a decorrere dal 1° gennaio 2017 e nelle more di quanto previsto dal comma 1, limita l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, all'importo determinato per l'anno 2016, nonche' l'art. 7 del decreto legislativo n. 158/2019 rappresentano espressione di principi di coordinamento della finanza pubblica, e norme interposte in relazione all'art. 117, comma 3, della Costituzione. 73. Si richiama, a conferma, la sentenza n. 212/2021 con cui codesta Ecc.ma Corte ha ribadito che l'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017, quale norma che pone un limite generale al trattamento economico del personale pubblico, ha natura di principio di coordinamento della finanza pubblica, non derogabile dal legislatore regionale, poiche' incide su un rilevante aggregato della spesa corrente, costituito da una delle due componenti della retribuzione dei pubblici dipendenti, con l'obiettivo di contenerla entro limiti prefissati, essendo tale spesa una delle piu' frequenti e rilevanti cause di disavanzo pubblico (in tal senso anche le sentenze n. 20/2021, n. 191/2017, n. 218/2015 e n. 215/2012). 74. Peraltro, qualora i maggiori oneri previsti dalla norma denunciata si riferissero ad un aumento della retribuzione di posizione e di risultato del personale con qualifica dirigenziale, essa si porrebbe allora in evidente contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera l), della Carta fondamentale, che riserva alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato la materia dell'ordinamento civile, disponendo su oggetto - quello del trattamento economico accessorio del personale, anche dirigenziale, alle dipendenze di pubbliche amministrazioni - che, in base alle norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui al decreto legislativo n. 165/2001, e' demandato alla contrattazione collettiva. 75. Come affermato da codesta Ecc.ma Corte, «nei limiti tracciati dalle disposizioni imperative della legge (art. 2, commi 2, secondo periodo, e 3-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001), il contratto collettivo si atteggia come imprescindibile fonte, che disciplina anche il trattamento economico (art. 2, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001) nelle sue componenti fondamentali ed accessorie (art. 45, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001), e "i diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro, nonche' le materie relative alle relazioni sindacali" (art. 40, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo n. 165 del 2001).» (Corte costituzionale n. 178 del 2015). 76. E' ancora evidenziato in tale decisione che il contratto collettivo contempera in maniera efficace e trasparente gli interessi contrapposti delle parti e concorre a dare concreta attuazione al principio di proporzionalita' della retribuzione, ponendosi, per un verso, come strumento di garanzia della parita' di trattamento dei lavoratori (art. 45, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001) e, per altro verso, come fattore propulsivo della produttivita' e del merito (art. 45, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001).
P.T.M. Il Presidente del Consiglio dei ministri chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale, previa riunione del presente ricorso con quello contraddistinto dal n. 33/2021, voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi, e conseguentemente annullare, per i motivi sopra indicati ed illustrati, gli articoli 4, comma 1, e 14 della legge della Regione siciliana 26 novembre 2021, n. 29, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana del 2 dicembre 2022, n. 53. Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno: 1. L'attestazione relativa alla approvazione, da parte del Consiglio dei ministri nella riunione del giorno 31 gennaio 2022, della determinazione di impugnare la legge della Regione siciliana 26 novembre 2021, n. 29; 2. La copia della legge regionale impugnata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana del 2 dicembre 2021, n. 53. Con riserva di illustrare e sviluppare in prosieguo i motivi di ricorso anche alla luce delle difese avversarie. Roma, li' 31 gennaio 2022 Avvocati dello Stato: Feola - Fiduccia Avvocato generale aggiunto: Mariani