N. 8 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1 febbraio 2022

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 1° febbraio 2022 (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Impiego pubblico - Impiego regionale - Norme della Regione  Siciliana
  - Modifiche alla legge regionale n. 9 del  2021  -  Modifiche  alle
  norme concernenti la quantificazione e le  modalita'  di  copertura
  degli oneri finanziari derivanti dalle misure di stabilizzazione  e
  di fuoriuscita del personale utilizzato  in  attivita'  socialmente
  utili (ASU). 
Impiego pubblico - Impiego regionale - Norme della Regione  Siciliana
  - Interventi per favorire la sicurezza dei luoghi della  cultura  -
  Previsione, per il rilancio dell'economia della Regione mediante il
  ripristino dei flussi turistici post pandemia  Covid,  al  fine  di
  assicurare    la    fruizione    dei    luoghi    della    cultura,
  dell'autorizzazione,   per   l'esercizio   finanziario   2021,   di
  un'ulteriore spesa per il trattamento accessorio  del  personale  a
  tempo indeterminato utilizzato per interventi  di  sicurezza  e  di
  vigilanza nei luoghi della cultura. 
- Legge della Regione Siciliana 26 novembre 2021,  n.  29  (Modifiche
  alla legge regionale 15 aprile 2021,  n.  9.  Disposizioni  varie),
  artt. 4, comma 1, e 14. 
(GU n.9 del 2-3-2022 )
    Ricorso  ai  sensi  dell'art.  127  della  Costituzione  per   il
Presidente del Consiglio dei ministri (c.f. 80188230587), in  persona
del Presidente del Consiglio pro tempore, rappresentato e  difeso  in
virtu'  di  legge  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato   (fax:
06/96514000;  indirizzo   pec:   ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it),
presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, alla  via  dei
Portoghesi n. 12, contro la Regione siciliana (c.f. 80012000826),  in
persona del Presidente pro tempore della giunta provinciale, con sede
a Palermo in piazza Indipendenza n. 21 presso il palazzo d'Orleans  e
domiciliata ex lege presso l'Avvocatura distrettuale dello  Stato  di
Palermo, con sede a Palermo in via Valerio Villareale n.  6,  per  la
declaratoria della illegittimita' costituzionale  degli  articoli  4,
comma 1, e 14 della legge  della  Regione  siciliana  n.  29  del  26
novembre 2021, recante «Modifiche  alla  legge  regionale  15  aprile
2021, n. 9. Disposizioni varie», pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale
della  Regione  siciliana  del  2  dicembre  2021,  n.   53,   giusta
deliberazione del Consiglio dei ministri  assunta  nella  seduta  del
giorno 31 gennaio 2022. 
 
                          Premesse di fatto 
 
    Nella Gazzetta Ufficiale della Regione  siciliana  n.  53  del  2
dicembre 2021 e' stata pubblicata la legge regionale  n.  29  del  26
novembre 2021, intitolata «Modifiche alla legge regionale  15  aprile
2021, n. 9. Disposizioni varie». 
    Talune disposizioni della predetta legge violano norme e principi
costituzionali  direttamente   applicabili   anche   alle   autonomie
speciali, eccedendo  dalle  competenze  legislative  attribuite  alla
Regione siciliana dallo statuto speciale di autonomia  approvato  con
il regio decreto-legge 15 maggio 1946, n. 455,  convertito  in  legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. 
    Segnatamente: 
        1) l'art. 4, comma 1, si pone in contrasto con  gli  articoli
3, 81, terzo comma, 117, secondo comma,  lettera  e)  e  lettera  l),
nonche' terzo comma, in relazione alla materia: «Coordinamento  della
finanza  pubblica»,  della  Costituzione,  esulando  altresi'   dalle
competenze legislative affidate alla Regione  siciliana  dal  proprio
statuto di autonomia; 
        2) l'art. 14 viola gli articoli 81, comma sesto,  117,  terzo
comma,  in  relazione  alla  materia:  «Coordinamento  della  finanza
pubblica»,  e  119  della  Costituzione,  esulando  anch'esso   dalle
attribuzioni legislative conferite alla Regione siciliana dal proprio
statuto di autonomia. 
    Pertanto, le  suddette  disposizioni  vengono  impugnate  con  il
presente ricorso ex art. 127  della  Costituzione  affinche'  ne  sia
dichiarata l'illegittimita' costituzionale e ne  sia  pronunciato  il
conseguente annullamento per i seguenti 
 
                          Motivi di diritto 
 
I. L'art. 4, comma 1, della legge della Regione siciliana 26 novembre
2021, n. 29. 
    1. L'art. 4 della legge oggetto di censura, intitolato «Modifiche
agli articoli 36, 37, 47, 63, 66 e 81 della legge regionale 15 aprile
2021, n. 9», dispone - al primo comma - che: 
        «1. Al comma 7 dell'art. 36 della legge regionale  15  aprile
2021, n. 9 sono apportate le seguenti modifiche: 
          a) le parole "e la spesa annua di  euro  54.159.248,56  per
ciascuno degli esercizi finanziari 2022 e 2023" sono sostituite dalle
parole "e la spesa di euro 26.360.878,68 per l'esercizio  finanziario
2022 e di euro 43.747.108,01 per l'esercizio finanziario 2023"; 
          b) le parole "per la quota parte di 10.000 migliaia di euro
per ciascun anno del triennio 2021-2023" sono sostituite dalle parole
"per la quota parte di 10.000 migliaia  di  euro  per  l'anno  2021"»
(enfasi aggiunte). 
    2.  La  disposizione,  quindi,  modifica  il   testo   originario
dell'art. 36, comma 7, della legge della Regione siciliana 15  aprile
2021,  n.  9,  recante  «Norme  in  materia  di   stabilizzazione   e
fuoriuscita personale ASU», gia' oggetto  di  impugnazione  da  parte
dello Stato, nell'ambito  del  giudizio  iscritto  nel  registro  dei
ricorsi pendenti davanti a codesta Ecc.ma Corte con il numero 33  del
2021. 
    3. In particolare, la modifica recata dall'art. 4, comma 1, della
legge regionale n. 29 del 2021  al  testo  originario  dell'art.  36,
comma 7, della legge n. 9 del 2021 concerne la quantificazione  e  le
modalita' di  copertura  degli  oneri  finanziari  derivanti  per  le
finanze pubbliche dalle misure di stabilizzazione e  fuoriuscita  del
personale impiegato nelle attivita' socialmente utili previste  dallo
stesso art. 36. 
    4. Tali oneri erano stati quantificati dalla Regione siciliana in
euro 54.159.248,56, sia per  l'esercizio  finanziario  2022  sia  per
l'esercizio  finanziario  2023;  pertanto,  la  norma  oggetto  della
presente impugnazione riduce le suddette previsioni e  autorizzazioni
di spesa, rideterminando gli importi de quibus in euro 26.360.878,68,
per  l'esercizio  finanziario  2022  e  in  euro  43.747.108,01,  per
l'esercizio finanziario 2023. 
    5.  Inoltre,   la   disposizione   censurata   incide   in   modo
significativo  sulle  modalita'  di  copertura  dei  suddetti   oneri
finanziari. 
    6. Difatti, il testo originario del menzionato art. 36, comma  7,
prevedeva che «Agli oneri di cui al presente comma per la quota parte
di 10.000 migliaia di euro per ciascun anno del triennio 2021-2023 si
provvede mediante riduzione dei trasferimenti di cui all'art. 6 della
legge regionale n. 5/2014 e successive  modificazioni  (Missione  18,
programma 1, capitolo 191301)» (enfasi aggiunte). 
    7. La disposizione oggetto  del  presente  ricorso  stabilisce  -
invece - che siffatta modalita' di copertura della spesa si  applichi
esclusivamente «per la quota parte di 10.000  migliaia  di  euro  per
l'anno 2021» e non piu' - quindi -  per  ciascun  anno  compreso  nel
triennio 2021/2023. 
    8. In sintesi, all'esito delle  modifiche  appena  esaminate,  il
testo  attualmente  vigente  dell'art.  36,  comma  7,  della   legge
regionale n. 9 del 2021 dispone quanto segue: 
        «7.  Per  le  finalita'  di  cui  al  presente  articolo   e'
autorizzata la spesa di  10.000  migliaia  di  euro  per  l'esercizio
finanziario 2021 e la spesa di  euro  26.360.878,68  per  l'esercizio
finanziario 2022 e di euro 43.747.108,01 per l'esercizio  finanziario
2023 (Missione 20, programma 3), comprensiva delle  somme  occorrenti
per l'eventuale prosecuzione delle attivita'  socialmente  utili  dei
medesimi soggetti di cui al comma  1,  disposta  nel  rispetto  della
normativa vigente, nonche' di quelle occorrenti per le  finalita'  di
cui al comma 10, da iscrivere in un apposito Fondo  del  Dipartimento
del bilancio e Tesoro. Agli oneri di cui al  presente  comma  per  la
quota parte di 10.000 migliaia di euro per l'anno  2021  si  provvede
mediante riduzione dei trasferimenti di cui all'art.  6  della  legge
regionale  n.  5/2014  e  successive  modificazioni   (Missione   18,
programma 1, capitolo 191301). A decorrere dall'esercizio finanziario
2024 si provvede ai sensi  del  comma  1  dell'art.  38  del  decreto
legislativo 23  giugno  2011,  n.  118  e  successive  modificazioni»
(enfasi aggiunte). 
    9. Ebbene,  appare  evidente  come  la  novella  legislativa  non
rimuova affatto le  censure  di  incostituzionalita'  articolate  nel
precedente ricorso proposto dallo Stato nei confronti  della  Regione
siciliana, avente ad oggetto - inter alia - il testo  originario  del
citato art. 36, comma 7. 
    10.  Ed  invero,  anche  nel  testo  vigente  dopo  le  modifiche
introdotte dall'art. 4, comma 1, della  legge  regionale  n.  29  del
2021, la disposizione in esame eccede  dalle  competenze  legislative
regionali stabilite nello statuto di autonomia - in  particolare,  di
quelle di cui alla lettera q) dell'art. 14 dello statuto - e si  pone
contrasto con gli articoli 3, 81, comma 3, e 117, commi 2, lettere e)
e l), e 3, della Costituzione. 
    11. Al fine di illustrare la violazione  dei  suddetti  parametri
costituzionali, appare tuttavia  opportuno  ricostruire  -  sia  pure
sinteticamente - il contesto normativo in cui si inserisce l'art.  4,
comma 1, della legge regionale n. 29 del 2021 e  le  ragioni  per  le
quali il testo originario dell'art. 36 della legge n. 9 del  2021  e'
stato gia' oggetto di impugnazione davanti a codesta Ecc.ma Corte. 
    12. La disposizione de qua incide - come s'e' anticipato -  sulla
quantificazione degli oneri finanziari e sulle modalita' di copertura
delle relative spese, derivanti dalle misure  previste  dall'art.  36
della legge regionale n. 9 del 2021, per favorire la  stabilizzazione
e la fuoriuscita del personale impiegato,  in  ambito  regionale,  in
attivita' socialmente utili. 
    13.  Nel  dettaglio,  le  misure  in  esame   sono   puntualmente
individuate dai commi 1, 2, 3,  6  e  10  del  citato  art.  36,  che
stabiliscono quanto segue: 
        «1. A  decorrere  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge, ai lavoratori inseriti nell'elenco  di  cui  all'art.
30, comma 1,  della  legge  regionale  28  gennaio  2014,  n.  5,  si
applicano le disposizioni di cui ai commi da 292 a  296  dell'art.  1
della legge 30 dicembre 2020, n. 178. 
        2. I soggetti di cui al comma 1 possono  essere  stabilizzati
dagli enti utilizzatori a tempo indeterminato anche con contratti  di
lavoro a tempo parziale,  secondo  i  parametri  contrattuali  minimi
previsti dalla legge e dal C.C.N.L.  di  riferimento.  Entro  novanta
giorni dalla data di  entrata  in  vigore  della  presente  legge  il
Dipartimento regionale del  lavoro  dell'impiego,  dell'orientamento,
dei servizi e delle attivita' formative provvede all'assegnazione dei
soggetti di cui al comma 1 che svolgono attivita'  socialmente  utili
in virtu' di protocolli o convenzioni. 
        3. I soggetti inseriti nell'elenco di cui al comma 1  possono
optare, in alternativa alla partecipazione alle attivita' socialmente
utili per il triennio 2021-2023, per la  fuoriuscita  definitiva  dal
bacino di appartenenza a fronte della corresponsione di un'indennita'
onnicomprensiva d'importo corrispondente a cinque  anni  dell'assegno
di utilizzazione in ASU. La suddetta indennita'  e'  erogata  per  un
periodo non superiore  agli  anni  necessari  al  raggiungimento  dei
requisiti di pensionabilita' e per un massimo di cinque anni,  ed  e'
corrisposta in rate annuali [...]. 
        6. Per le assunzioni di cui al presente articolo, a decorrere
dalla data di assunzione, e' riconosciuto su base annua un contributo
per   ciascun   soggetto   stabilizzato,   parametrato    all'importo
dell'assegno  di  utilizzazione  in  ASU  corrisposto  alla  data  di
assunzione, maggiorato per tenere conto del maggior  costo  sostenuto
per  l'assunzione  a  tempo  indeterminato  con  contratto  a   tempo
parziale, entro il limite dell'autorizzazione di spesa  prevista  dal
comma 7. [...]. 
        10. Al fine di  favorire  la  piena  efficacia  dell'impianto
regolatorio di cui al comma 1, e' altresi' incentivata la fuoriuscita
dei soggetti attualmente impegnati in attivita' socialmente utili che
hanno maturato i requisiti minimi previsti dalla normativa  nazionale
per il pensionamento. Per tale finalita', il  Dipartimento  regionale
del lavoro, dell'impiego,  dell'orientamento,  dei  servizi  e  delle
attivita'  formative  e'  autorizzato  ad  erogare,  a  domanda,   la
differenza tra quanto erogato dall'INPS a titolo di assegno sociale e
quanto  previsto  dall'assegno  di  sussidio  per  A.S.U.  sino  alla
maturazione dei requisiti minimi previsti dalla normativa vigente per
l'accesso al trattamento di quiescenza» (enfasi aggiunte). 
    14. In sintesi, il citato art. 36 prevede delle specifiche misure
volte a favorire: 
        1) la stabilizzazione dei lavoratori inseriti nell'elenco  di
cui all'art. 30, comma 1, della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5
mediante assunzione a tempo indeterminato - anche  con  contratti  di
lavoro part-time - presso gli enti locali utilizzatori,  riconoscendo
in favore di tali enti un contributo finanziario  annuo  per  ciascun
soggetto stabilizzato; 
        2) la fuoriuscita definitiva  dei  lavoratori  in  esame  dal
bacino di appartenenza a fronte della corresponsione di un'indennita'
annuale per un periodo massimo di cinque anni, comunque non eccedente
quelli necessari al raggiungimento dei requisiti di pensionabilita'; 
        3)  la  fuoriuscita  dei  soggetti  impegnati  in   attivita'
socialmente utili in possesso dei requisiti minimi  previsti  per  il
pensionamento erogando loro - a domanda - la  differenza  tra  quanto
liquidato dall'I.N.P.S. a  titolo  di  assegno  sociale  e  l'importo
dell'assegno di sussidio per attivita' socialmente utili,  fino  alla
maturazione  dei  requisiti  minimi   previsti   per   l'accesso   al
trattamento di quiescenza. 
    15. Ebbene, con l'atto di impugnazione iscritto nel registro  dei
ricorsi pendenti davanti a codesta Ecc.ma Corte con il numero 33  del
2021,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha   censurato,
impugnando l'art. 36 della legge regionale n.  9  del  2021,  sia  le
disposizioni volte  alla  stabilizzazione  del  «personale  ASU»  sia
quelle relative alla quantificazione e alle  modalita'  di  copertura
delle relative spese a carico delle finanze pubbliche. 
    16.   Difatti,    la    suddetta    «stabilizzazione»    consiste
nell'estendere il  regime  delle  assunzioni  a  tempo  indeterminato
previsto dall'art. 1, commi 292-296, della legge n. 178 del 2020 - in
favore dei «lavoratori socialmente utili di cui all'art. 2, comma  1,
del decreto legislativo 28 febbraio 2000,  n.  81  (LSU:  n.d.r.),  e
all'art. 3, comma 1, del decreto legislativo 7 agosto  1997,  n.  280
(LPU: n.d.r.), nonche' dei lavoratori gia'  rientranti  nell'abrogato
art. 7 del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n.  468  (lavoratori
percettori di trattamento straordinario  di  integrazione  salariale:
n.d.r.),  e  dei  lavoratori  impegnati  in  attivita'  di   pubblica
utilita'», che siano gia' titolari di contratti  di  lavoro  a  tempo
determinato oppure di  collaborazione  coordinata  e  continuativa  o
ancora rientranti  in  altre  tipologie  contrattuali  -  a  tutti  i
lavoratori inseriti nell'elenco di cui all'art. 30,  comma  1,  della
legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5. 
    17. Tale elenco ricomprende pero' non soltanto  i  soggetti  gia'
titolari di un contratto di lavoro,  ma  anche  quelli  impiegati  in
attivita' socialmente utili in forza di convenzioni o  protocolli  e,
quindi, senza la previa instaurazione di un rapporto lavorativo. 
    18. Inoltre, il legislatore regionale, pur richiamando le  misure
di stabilizzazione previste dal legislatore  statale,  non  ha  fatto
salva - in  alcun  modo  -  l'applicazione  dei  numerosi  vincoli  e
requisiti richiesti dall'art. 1, comma 292, della legge  30  dicembre
2020, n. 178, per procedere alla stabilizzazione del «personale ASU». 
    19. Per questa ragione, lo Stato ha  impugnato  l'art.  36  della
legge  regionale  n.  9  del  2021,  che  -  ampliando  l'ambito   di
applicazione   soggettivo   e   oggettivo    delle    procedure    di
stabilizzazione  del  «personale  ASU»   previste   dalla   normativa
nazionale  -  esula  dalle  competenze  legislative  attribuite  alla
Regione  siciliana  dall'art.  14,  lettera  q),  dello  statuto   di
autonomia,  concernente  lo  «stato  giuridico  ed  economico   degli
impiegati e funzionari della regione», e si  pone  in  contrasto  con
l'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione,  che  riserva  -
invece - alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia
dell'«ordinamento civile». 
    20. A cio' si aggiunga che la  disposizione  in  esame  introduce
pure una evidente disparita' di trattamento tra i  destinatari  delle
misure da essa previste e le altre categorie di  personale  precario,
nonche' tra i predetti soggetti e i  destinatari  di  altre  analoghe
forme di sostegno al reddito. 
    21. Difatti, per coloro che si collocano al di fuori  dell'ambito
di applicazione soggettivo della disposizione impugnata, la procedura
di stabilizzazione  prevista  dalla  normativa  regionale  non  trova
ovviamente applicazione; e quindi,  restano  assoggettati  alla  piu'
rigorosa disciplina prevista dal legislatore statale. 
    22.  Ebbene,  come  si  e'  rilevato  nel  precedente   atto   di
impugnazione, tale disparita' di trattamento e' oggettivamente  priva
di ragionevole giustificazione; e, pertanto,  comporta  una  evidente
violazione del principio di uguaglianza previsto  dall'art.  3  della
Costituzione,  norma  direttamente  applicabile  anche  alle  Regioni
autonome, in quanto rientrante fra i principi fondamentali del nostro
ordinamento costituzionale. 
    23. Inoltre, come si e' gia' anticipato, le misure de quibus sono
stante puntualmente censurate, nel precedente  atto  di  impugnazione
proposto dallo  Stato  nei  confronti  della  Regione  siciliana,  in
considerazione  del  fatto  che  l'art.  36,  comma  7,  della  legge
regionale n. 9 del 2021 non prevedeva e non prevede - anche nel testo
attualmente vigente - un'adeguata quantificazione e  copertura  delle
spese derivanti per le finanze pubbliche. 
    24. Al riguardo, si osserva che l'art. 1,  commi  292-296,  della
legge  30  dicembre  2020,  n.  178,  prevede  l'assunzione  a  tempo
indeterminato di soggetti che hanno gia' instaurato  un  rapporto  di
lavoro  subordinato  a  tempo  determinato  oppure  un  contratto  di
collaborazione  coordinata  e  continuativa  ovvero  altre  tipologie
contrattuali con gli enti locali utilizzatori, autorizzati - quindi -
a procedere alla loro stabilizzazione. 
    25. La norma regionale, al contrario,  si  rivolge  espressamente
anche a soggetti che non  hanno  ancora  stipulato  un  contratto  di
lavoro con i comuni, ma sono impiegati dai  medesimi  sulla  base  di
protocolli o  convenzioni,  stipulate  direttamente  con  la  Regione
siciliana,  percependo  -  dunque   -   un'indennita'   mensile   che
costituisce una mera forma di «sostegno al reddito». 
    26. Ebbene, la norma regionale, al  comma  2,  dispone  che  tali
soggetti  siano  stabilizzati  dagli  enti  utilizzatori,  secondo  i
parametri contrattuali minimi previsti dalla legge e dal C.C.N.L.  di
riferimento, e - al  fine  di  finanziare  le  suddette  spese  -  il
menzionato art. 36, comma 7, stanzia determinate risorse regionali. 
    27. Tuttavia, in assenza di una dettagliata relazione tecnica  in
ordine   agli   oneri   derivanti   dalla   suddetta   procedura   di
stabilizzazione,  la  quantificazione  dell'onere  finanziario  e  le
relative modalita' di copertura,  individuate  dal  citato  comma  7,
appaiono del tutto inadeguate e inattendibili. 
    28. In altri termini, la stabilizzazione in ruolo del  «personale
ASU» comporta un onere economico complessivo particolarmente elevato,
considerato che lo status di dipendente di ruolo determina  a  carico
degli  enti  locali  l'obbligo  di  corresponsione  del   trattamento
economico fondamentale e  accessorio  previsto  dalla  contrattazione
collettiva  (ivi  compresa  la  tredicesima  mensilita'),  cui  vanno
aggiunti gli oneri riflessi a carico del datore di lavoro. 
    29. Dunque, la norma censurata doveva  essere  preceduta  da  una
quantificazione    esatta    dell'onere     finanziario     derivante
dall'assunzione  a  tempo  indeterminato  del   «personale   ASU»   e
introdurre adeguate  modalita'  di  copertura,  che  garantissero  il
finanziamento integrale delle relative spese a carico  delle  finanze
pubbliche. 
    30. Ma cio' non e' accaduto; sicche' - in assenza di  un'adeguata
e integrale copertura finanziaria dell'onere economico in questione -
le menzionate assunzioni a tempo indeterminato  si  tradurranno,  per
gli enti locali  interessati,  in  un  consolidamento  strutturale  e
permanente delle corrispondenti spese di personale, in violazione del
principio dell'equilibrio di bilancio delle pubbliche amministrazioni
(art. 97, comma 1, della Costituzione) e del principio  di  copertura
delle leggi di spesa (art. 81, comma 3, della Costituzione). 
    31. I suddetti profili di censura -  gia'  ampiamente  sviluppati
nel precedente atto di impugnazione - non sono stati affatto superati
dalle  modifiche  introdotte  dall'art.  4,  comma  1,  della   legge
regionale n. 29 del 2021. 
    32. Tale disposizione - anzi - riduce ulteriormente le precedenti
previsioni e autorizzazioni di spesa che, per gli esercizi finanziari
2022  e  2023,  sono  rideterminate  -  rispettivamente  -  in   euro
26.360.878,68  e  in  euro  43.747.108,01   a   fronte   dell'importo
originario di euro 54.159.248,56 annui. 
    33. Inoltre, la medesima disposizione ha modificato le  modalita'
di copertura dei suddetti oneri, prevedendo che - «per la quota parte
di  10.000  migliaia  di  euro»  -  essi  siano  finanziati  mediante
riduzione dei trasferimenti di cui all'art. 6 della  legge  regionale
n. 5 del 2014 e successive modificazioni ed integrazioni per il  solo
esercizio finanziario 2021; sicche', tale modalita' di copertura  non
soltanto resta parziale, in quanto inidonea - per  le  ragioni  sopra
illustrate - a coprire integralmente le spese derivanti dalle  misure
di stabilizzazione, ma viene finanche meno sia per  l'anno  2022  sia
per l'anno 2023. 
    34. Di qui, la violazione - anche da parte dell'art. 4, comma  1,
della legge regionale n. 29 del 2021 - dei  parametri  costituzionali
sopra menzionati. 
    35. Del resto, appare pacifica l'applicabilita' dei  principi  di
equilibrio di bilancio e di copertura delle leggi di spesa anche alle
regioni a statuto speciale e, segnatamente, alla Regione siciliana. 
    36. Quanto all'applicabilita' del  principio  dell'equilibrio  di
bilancio, l'art. 97, comma 1, della Costituzione, stabilisce che  «Le
pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento  dell'Unione
europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilita'  del
debito pubblico» (enfasi aggiunte). 
    37.  La  norma   vincola   espressamente   tutte   le   pubbliche
amministrazioni e, quindi, non puo' che  trovare  applicazione  anche
con riferimento alle autonomie speciali. 
    38. La conclusione in esame  e'  espressamente  confermata  dalla
giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte. 
    39. Infatti, con riferimento  al  principio  di  copertura  delle
leggi di spesa, che costituisce un evidente corollario del  principio
dell'equilibrio di bilancio, e' stato precisato gia' da tempo, «anche
con particolare riferimento alla Regione siciliana», che  «il  canone
costituzionale dell'art. 81, terzo comma  della  Costituzione  "opera
direttamente, a prescindere dall'esistenza di norme  interposte"  (ex
plurimis, sentenza n. 26 del 2013), applicandosi immediatamente anche
agli enti territoriali ad autonomia speciale» (cfr. sentenza  n.  226
del 2021, enfasi aggiunte). 
    40. Peraltro, codesta Ecc.ma Corte ha  ulteriormente  evidenziato
come  «Tra  le  disposizioni  direttamente  attuative  del   precetto
costituzionale» vi sia «in primo  luogo  l'art.  19  della  legge  31
dicembre 2009, n. 196 (legge di contabilita' e finanza  pubblica)  in
forza del quale si prescrive, anche nei confronti delle  regioni,  la
previa quantificazione della spesa quale presupposto della  copertura
finanziaria ("per l'evidente motivo che non puo' essere  assoggettata
a copertura un'entita' indefinita": cosi'  la  sentenza  n.  147  del
2018), con rinvio, quanto alle modalita' di  copertura,  all'art.  17
della medesima legge di contabilita'» (cfr. ibidem, enfasi aggiunte). 
    41. Nel caso di specie,  come  si  e'  piu'  volte  ribadito,  la
disposizione censurata: da un lato, non e'  stata  preceduta  da  una
esatta quantificazione dell'onere finanziario; e, dall'altro, non  ha
introdotto - anche per tale ragione -  delle  adeguate  modalita'  di
copertura delle spese previste dal menzionato art. 36;  sicche',  non
vi e' alcun dubbio che essa si ponga in contrasto  con  i  richiamati
principi  costituzionali,   cosi'   come   declinati   nella   citata
giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte. 
    42. Infine, la norma oggetto di censura neppure rimuove i vizi di
legittimita' costituzionale che sono stati segnalati  nel  precedente
atto di impugnazione con  riferimento  alle  modalita'  di  copertura
dell'onere a regime, con decorrenza dall'esercizio finanziario 2024. 
    43. Difatti, tale disposizione non introduce alcuna modifica alla
previsione contenuta nel menzionato comma 7, secondo cui «A decorrere
dall'esercizio finanziario 2024 si provvede  ai  sensi  del  comma  1
dell'art. 38 del  decreto  legislativo  23  giugno  2011,  n.  118  e
successive modificazioni». 
    44. L'art. 38, comma 1, del decreto legislativo n. 118  del  2011
dispone che «Le leggi  regionali  che  prevedono  spese  a  carattere
continuativo quantificano l'onere annuale previsto per ciascuno degli
esercizi compresi nel bilancio di previsione  e  indicano  l'onere  a
regime, ovvero, nel caso in cui non si tratti di spese  obbligatorie,
possono rinviare la quantificazione dell'onere annuo  alla  legge  di
bilancio» (enfasi aggiunte). 
    45. Ebbene, le spese previste dal citato  comma  7  costituiscono
evidentemente  «spese  obbligatorie»,  in  quanto  aventi   carattere
strutturale e  permanente  nel  tempo;  dunque,  necessitano  di  una
adeguata copertura finanziaria, che il mero richiamo all'art. 38  del
decreto  legislativo  n.  118  del  2011  non  e'  affatto  idoneo  a
soddisfare, in assenza di una precisa e  attendibile  quantificazione
dell'onere a regime per gli anni successivi al  triennio  considerato
nel bilancio di previsione. 
    46. In altre parole, la disposizione  in  esame,  anche  dopo  le
modifiche apportate dall'art. 4, comma 1, della legge regionale n. 29
del 2021, continua a recare una  disciplina  che  -  pur  richiamando
formalmente l'art. 38 del decreto legislativo n. 118 del  2011  -  si
pone, invece, in contrasto con  il  medesimo;  e,  quindi  -  per  il
tramite di tale disposizione -, viola gli articoli  81,  comma  3,  e
117, comma 2, lettera e) - in materia di «armonizzazione dei  bilanci
pubblici» - e comma 3 - in materia di  «coordinamento  della  finanza
pubblica» - della Costituzione. 
    47. Del resto, come gia' ampiamente precisato nel precedente atto
di impugnazione, non si rinviene nello statuto  di  autonomia  alcuna
norma  che  potrebbe  giustificare  l'introduzione  della  disciplina
oggetto di censura. 
    48. Anzi, proprio  il  rinvio  espresso  effettuato  dalla  norma
regionale all'art. 38 del decreto-legislativo  n.  118  del  2011  ne
conferma la piena applicabilita' anche alla Regione siciliana. 
    49. In questo senso, peraltro, si e' gia' espressa codesta Ecc.ma
Corte, secondo cui - applicandosi anche alle  autonomie  speciali  il
canone costituzionale dell'art. 81, comma 3, della Costituzione (cfr.
sentenza  n.  26  del  2013)  -  si  applicano  ad  esse  anche   «le
disposizioni - ulteriormente specificative dell'art. 81, terzo  comma
della Costituzione - contenute nel decreto  legislativo  n.  118  del
2011 e, in particolare, nell'art. 38, comma 1, a mente del quale  "le
leggi  regionali  che  prevedono  spese  a   carattere   continuativo
quantificano l'onere annuale previsto  per  ciascuno  degli  esercizi
compresi nel bilancio di previsione e indicano l'onere a regime ..."»
(cfr. sentenza n. 226 del 2021). 
    50. Nel caso della  Regione  siciliana,  la  suddetta  regola  e'
finanche presente -  gia'  da  tempo  -  nell'ordinamento  regionale,
considerato che la legge regionale 8 luglio 1977, n. 47, e successive
modificazioni ed integrazioni, all'art. 7,  comma  8,  e  il  decreto
presidenziale 17 marzo 2004, recante il «Testo coordinato delle norme
in materia di bilancio e di  contabilita'  applicabili  alla  Regione
siciliana», all'art. 14, comma 8,  prevedono  espressamente  che  «le
leggi della  regione  che  autorizzano  spese  correnti  a  carattere
permanente quantificano l'onere annuale previsto per  ciascuno  degli
anni compresi nel bilancio  pluriennale  vigente  e  ne  indicano  la
relativa copertura finanziaria a carico del bilancio  medesimo.  Esse
indicano inoltre l'onere a regime ovvero, nel  caso  in  cui  non  si
tratti di spese obbligatorie,  possono  rinviare  la  quantificazione
dell'onere annuo alla legge di  approvazione  del  bilancio»  (enfasi
aggiunte). 
    51. Non vi e' dubbio, quindi,  che  in  assenza  di  una  precisa
quantificazione dell'onere a regime per gli anni successivi al  2024,
il citato art. 36, comma 7, cosi' come modificato dall'art. 4,  comma
1, della legge regionale n. 29 del 2021, si ponga in contrasto con  i
menzionati principi di equilibrio di bilancio e copertura delle leggi
di spesa, sanciti dagli articoli 81, comma 3 e  97,  comma  1,  della
Costituzione, cosi' come attuati  dal  legislatore  statale  mediante
l'adozione dell'art. 38, comma 1, del decreto-legislativo n. 118  del
2011, nell'esercizio delle competenze legislative ad  esso  riservate
dall'art. 117, comma 2, lettera e), in materia di «armonizzazione dei
bilanci pubblici», e comma 3,  in  materia  di  «coordinamento  della
finanza pubblica», della Costituzione. 
II. L'art. 14 della legge della Regione siciliana 26  novembre  2021,
n. 29. 
    52. L'art. 14, rubricato «Interventi per  favorire  la  sicurezza
dei luoghi della  cultura»  stabilisce,  al  comma  1,  che  «Per  il
rilancio dell'economia  della  Sicilia  mediante  il  ripristino  dei
flussi turistici post  pandemia  COVID,  al  fine  di  assicurare  la
fruizione dei luoghi della cultura, ai sensi dell'art.  9,  comma  7,
lettera  e)  del  CCRL  vigente  e'   autorizzata   per   l'esercizio
finanziario 2021 l'ulteriore spesa per il trattamento accessorio  del
personale  a  tempo  indeterminato  utilizzato  per   interventi   di
sicurezza e di vigilanza nei luoghi della cultura, pari a complessivi
euro 1.061.600,00, di cui  euro  193.600,00  quali  oneri  sociali  a
carico dell'amministrazione regionale ed euro 68.000,00 quale imposta
regionale sulle attivita' produttive (I.R.A.P.) da versare  (Missione
5, programma 2)». 
    53. Al comma 2 e' previsto che «Agli oneri  di  cui  al  presente
articolo  si  fa  fronte  mediante  corrispondente  riduzione   della
missione 9, programma 5, capitolo 150032». 
    54.  Con  la  norma  denunciata  si  autorizza,  per  l'esercizio
finanziario 2021, un'ulteriore spesa per  il  trattamento  accessorio
del personale utilizzato per interventi di sicurezza e  di  vigilanza
nei luoghi della cultura. 
    55. La norma oggetto di censura  si  pone,  in  primo  luogo,  in
contrasto con il divieto posto dall'art. 23,  comma  2,  del  decreto
legislativo 25 maggio 2017, n. 75 in ordine al superamento del limite
dell'ammontare complessivo delle  risorse  destinate  annualmente  al
trattamento accessorio del personale, anche di livello  dirigenziale,
delle  amministrazioni  pubbliche  di  cui  all'art.  1  del  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, riferito all'anno 2016. 
    56. In particolare, l'art. 23 del decreto legislativo n.  75/2017
(recante «Modifiche e integrazioni al decreto  legislativo  30  marzo
2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a),  e  2,
lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e),  f),  g),
h), l), m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7  agosto  2015,  n.
1234,  in   materia   di   riorganizzazione   delle   amministrazioni
pubbliche»),  rubricato  «Salario  accessorio   e   sperimentazione»,
prevede, al comma 1,  che,  al  fine  di  perseguire  la  progressiva
armonizzazione dei  trattamenti  economici  accessori  del  personale
delle amministrazioni  di  cui  all'art.  1,  comma  2,  del  decreto
legislativo n. 165 del 2001, la contrattazione collettiva  nazionale,
per ogni comparto o area di contrattazione, operi, tenuto conto delle
risorse di cui al comma  2,  la  graduale  convergenza  dei  medesimi
trattamenti   anche   mediante   la   differenziata    distribuzione,
distintamente per il personale dirigenziale e non dirigenziale, delle
risorse  finanziarie  destinate  all'incremento  dei  Fondi  per   la
contrattazione integrativa di ciascuna amministrazione. 
    57. In tale contesto, la disposizione dell'art. 23, comma 2,  del
decreto legislativo n. 75 del 2017 - che si assume violata come norma
interposta -, prevede, nella sua prima  parte,  che  «Nelle  more  di
quanto previsto dal comma 1, al fine di assicurare la semplificazione
amministrativa, la valorizzazione del merito, la qualita' dei servizi
e  garantire  adeguati  livelli   di   efficienza   ed   economicita'
dell'azione  amministrativa,  assicurando  al  contempo  l'invarianza
della spesa, a decorrere dal 1° gennaio 2017, l'ammontare complessivo
delle risorse destinate annualmente  al  trattamento  accessorio  del
personale,  anche  di  livello  dirigenziale,   di   ciascuna   delle
amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1,  comma  2,  del  decreto
legislativo  30  marzo  2001,  n.   165,   non   puo'   superare   il
corrispondente  importo  determinato  per  l'anno   2016»   (evidenza
aggiunta). 
    58. Si rappresenta, inoltre, che  la  riduzione  del  trattamento
accessorio del personale, anche di livello dirigenziale,  costituisce
una delle condizioni contenute nel «Piano di  rientro  della  Regione
siciliana del  disavanzo  in  attuazione  dell'accordo  Stato-regione
sottoscritto  dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e   dal
Presidente della Regione siciliana il 14 gennaio 2021»  (quest'ultimo
denominato «Accordo tra Stato e  Regione  siciliana  per  il  ripiano
decennale del disavanzo»). 
    59. Il Piano di rientro del disavanzo costituisce  allegato  alla
legge regionale 15 aprile 2021, n. 10, concernente l'approvazione del
bilancio di  previsione  della  Regione  siciliana  per  il  triennio
2021-2023, ed e' stato adottato in attuazione del decreto legislativo
27 dicembre 2019, n. 158 recante «Norme di attuazione  dello  statuto
speciale della Regione siciliana in  materia  di  armonizzazione  dei
sistemi contabili, dei conti giudiziari e dei controlli». 
    60. L'art. 6 della richiamata legge  regionale  n.  10  del  2021
prevede, infatti, che «Ai sensi del punto  3  dell'accordo  stipulato
tra la regione e lo Stato il 14 gennaio 2021, in attuazione dell'art.
7 del decreto legislativo 27 dicembre  2019,  n.  158,  il  Piano  di
rientro  del  disavanzo  costituisce  allegato  alla  presente  legge
(allegato 18)» (evidenza aggiunta). 
    61. L'art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019,  richiamato
dalla disposizione regionale da ultimo indicata,  rubricato  «Ripiano
del   disavanzo   derivante   dagli   effetti   del    riaccertamento
straordinario», prevede la possibilita' di ripianare il  disavanzo  e
le quote di disavanzo non recuperate relative al rendiconto  2018  in
un periodo non superiore a dieci esercizi  finanziari  (testualmente,
dal comma 1, prima  parte:  «in  sede  di  prima  applicazione  delle
presenti norme di attuazione, ferma restando  la  competenza  statale
esclusiva in materia di armonizzazione dei bilanci, il disavanzo e le
quote di disavanzo  non  recuperate,  relative  al  rendiconto  2018,
saranno ripianate in dieci esercizi»). 
    62.  In  particolare,  l'azione  di  riduzione  del   trattamento
accessorio  del  personale,  anche  di  livello  dirigenziale,  viene
declinata al punto 6,  lettera  d)  del  Piano  di  rientro  ove,  si
richiamano, tra l'altro, gli interventi di cui ai punti d.2)  e  d.3)
dell'accordo, nello specifico e per l'appunto relativi: 
        al  «contenimento  dell'ammontare  delle  risorse   destinate
annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello
dirigenziale, nei limiti di quanto previsto  per  le  amministrazioni
pubbliche di cui all'art. 23, comma 2,  del  decreto  legislativo  25
maggio 2017, n. 75» (d.2); 
        ad «una piu' efficace utilizzazione delle  risorse  destinate
annualmente al trattamento accessorio del personale,  finalizzate  al
miglioramento qualitativo e quantitativo  dei  servizi  erogati  alla
collettivita'» (d.3). 
    63. La regione ha quindi  assunto  l'impegno  di  attuare  azioni
specifiche per la riduzione  ed  il  contenimento  della  complessiva
spesa per il personale, anche mediante la riduzione  del  trattamento
accessorio  del  personale,  impegnandosi  a  contenere  le   risorse
destinate al salario accessorio, anche nel rispetto dei citati limiti
previsti per le amministrazioni pubbliche dall'art. 23, comma 2,  del
decreto legislativo n. 75/2017. 
    64. Pertanto,  la  censurata  previsione  di  maggiori  oneri  da
destinare  ai   trattamenti   economici   del   personale   a   tempo
indeterminato utilizzato per interventi di sicurezza e  di  vigilanza
nei luoghi della cultura si pone in netto contrasto con gli obiettivi
di riduzione della spesa per  il  personale  che  la  regione  si  e'
prefissata in accordo con lo Stato  e  che  sono  stati  a  tal  fine
recepiti nel richiamato «Piano di rientro della Regione siciliana  in
attuazione dell'accordo Stato-regione». 
    65. Peraltro, la disposizione si pone in contrasto con gli stessi
provvedimenti  posti  in  essere   dalla   medesima   amministrazione
regionale che, con decreto del direttore  generale  del  Dipartimento
regionale della funzione pubblica e  del  personale  n.  1185  del  4
maggio  2021,  ha  approvato  la  costituzione  del  «Fondo   risorse
decentrate» per l'anno 2021, ai  sensi  dell'art.  88  del  CCRL  del
personale non dirigenziale  del  comparto  -  triennio  normativo  ed
economico 2016-2018, determinandone la provvista finanziaria in  euro
50.139.230,00, rispetto ad una potenziale alimentazione lorda teorica
del predetto Fondo di euro 70.011.265,24 (nota esplicativa  3  maggio
2021 e allegato n. 2 al D.D.P. n. 1185 del 4 maggio 2021),  con  cio'
per l'appunto applicando quanto disposto dal legislatore  statale  in
materia  di  contenimento  delle  risorse  destinate  al  trattamento
economico accessorio del personale con il menzionato art.  23,  comma
2, del decreto legislativo n. 75/2017. 
    66. Cio' posto,  la  norma  regionale  in  esame,  prevedendo  di
destinare un maggiore  importo  per  il  trattamento  accessorio  del
personale  a  tempo  indeterminato  utilizzato  per   interventi   di
sicurezza e di vigilanza nei luoghi della cultura, pari a complessivi
euro 1.061.600,00, oltre a  costituire  un'ingiustificata  violazione
del precetto normativo imposto dall'art. 23,  comma  2,  del  decreto
legislativo n. 75/2017, pregiudica il  raggiungimento  dell'obiettivo
di rientro previsto nel Piano che, come esposto, ai sensi dell'art. 6
della legge regionale n. 10 del 2021, in attuazione dell'art.  7  del
decreto legislativo n. 158  del  2019,  di  detta  legge  costituisce
allegato. 
    67. La norma denunciata si pone quindi in  contrasto  con  l'art.
117, terzo comma, della Costituzione quanto  al  coordinamento  della
finanza pubblica, proprio in relazione alla norma interposta  di  cui
all'art. 7 del decreto  legislativo  27  dicembre  2019,  n.  158;  e
confligge pure con l'art. 81 della  Costituzione  violando  le  norme
fondamentali e i criteri stabiliti dalla legge 24 dicembre  2012,  n.
243,  recante  «Disposizioni  per  l'attuazione  del  principio   del
pareggio di bilancio  ai  sensi  dell'art.  81,  sesto  comma,  della
Costituzione» e, in particolare, l'art. 9, rubricato «Equilibrio  dei
bilanci delle regioni e degli enti locali». 
    68. Si rammenta, al riguardo, che la  giurisprudenza  di  codesta
Ecc.ma Corte, nel qualificare come principi fondamentali  in  materia
di coordinamento della finanza pubblica quelli  desumibili  dall'art.
9, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 - convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 - (secondo cui  per
gli anni 2011-2013 il trattamento economico complessivo  dei  singoli
dipendenti,  anche  di  qualifica  dirigenziale,  ivi   compreso   il
trattamento  accessorio,   non   poteva   superare   il   trattamento
ordinariamente spettante  per  l'anno  2010),  ha  affermato  che  le
disposizioni «ispirate alla finalita'  di  contenimento  della  spesa
pubblica,  costituiscono  principi  fondamentali  nella  materia   di
coordinamento della finanza pubblica, in quanto pongono obiettivi  di
riequilibrio senza, peraltro, prevedere strumenti e modalita' per  il
perseguimento dei medesimi», precisando che la conclusione «trova  il
suo presupposto nella considerazione che "la spesa per il  personale,
per la sua importanza strategica ai fini dell'attuazione del patto di
stabilita' interna (data la sua rilevante  entita')  costituisce  non
gia' una minuta voce di dettaglio, ma un importante  aggregato  della
spesa corrente, con la conseguenza che le  disposizioni  relative  al
suo   contenimento   assurgono   a   principio   fondamentale   della
legislazione statale"» (Corte costituzionale  n.  217  del  2012  con
evidenza aggiunta, nel richiamo alle precedenti sentenze  n.  69  del
2011 e 169 del 2007). 
    69. Ancora, nella sentenza n. 269 del 2014 e' stato ribadito che:
«In proposito, la giurisprudenza costituzionale ha gia' avuto modo di
qualificare l'art. 9, comma 1, del  decreto-legge  n.  78  del  2010,
convertito, con modificazioni, dalla legge  n.  122  del  2010,  come
principio  fondamentale  di  coordinamento  della  finanza  pubblica,
vincolante anche per le regioni a statuto speciale (sentenze  n.  221
del  2013,  n.  217  e  n.  215  del  2012).  Dal  momento  che  tale
disposizione fissa  il  livello  massimo  del  trattamento  economico
complessivo  dei  singoli  dipendenti  delle  regioni  e  degli  enti
regionali, ancorandolo a quanto  percepito  nel  2010,  essa  produce
l'effetto di predeterminare l'entita'  complessiva  degli  esborsi  a
carico delle regioni a titolo di trattamento economico del  personale
[...] cosi' da imporre un limite generale ad una rilevante  voce  del
bilancio regionale" (cosi' la sentenza n. 217 del 2012,  che  applica
tale limite ad una regione a statuto speciale). 
    Un simile vincolo generale di spesa  puo'  essere  legittimamente
imposto con legge dello Stato a tutte le regioni, comprese quelle  ad
autonomia differenziata, per ragioni  di  coordinamento  finanziario,
connesse ad obiettivi nazionali,  a  loro  volta  condizionati  anche
dagli obblighi comunitari» (Corte  costituzionale  n.  269  del  2014
cit., con evidenza aggiunta). 
    70. Tali principi sono altresi' richiamati nella sentenza  n.  65
del 2016 ove e' ricordato che  l'imposizione  di  risparmi  di  spesa
rientra a pieno titolo nell'esercizio della funzione di coordinamento
della finanza pubblica, attribuita alla competenza statale  dall'art.
117,  terzo  comma,  della  Costituzione  e  che   la   funzione   di
coordinamento  finanziario  prevale  su  tutte  le  altre  competenze
regionali, anche esclusive. E' ivi ancora precisato che, «secondo  il
costante indirizzo di questa Corte, norme statali che fissano  limiti
alla spesa delle regioni e degli  enti  locali  possono  qualificarsi
principi fondamentali di coordinamento della  finanza  pubblica  alla
condizione, tra  l'altro,  che  si  limitino  a  porre  obiettivi  di
riequilibrio della medesima,  intesi  nel  senso  di  un  transitorio
contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente
(ex multis, tra le piu' recenti, sentenze n. 218 e n. 189  del  2015;
nello stesso senso, sentenze n. 44 del 2014; n.  236  e  n.  229  del
2013; n. 217 n. 193 e n. 148 del 2012, n. 182 del 2011)». 
    71. Anche nel caso in  esame,  peraltro,  le  misure  finanziarie
adottate   dallo   Stato   rispettano   appieno   il   canone   della
transitorieta'. 
    72. Alla luce delle suesposte considerazioni, l'art. 23, comma 2,
del decreto legislativo n. 75 del  2017,  che,  a  decorrere  dal  1°
gennaio 2017 e nelle more di quanto  previsto  dal  comma  1,  limita
l'ammontare  complessivo  delle  risorse  destinate  annualmente   al
trattamento accessorio del personale, anche di livello  dirigenziale,
di ciascuna delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1,  comma
2, del decreto legislativo n. 165 del 2001,  all'importo  determinato
per l'anno 2016, nonche' l'art. 7 del decreto legislativo n. 158/2019
rappresentano espressione di principi di coordinamento della  finanza
pubblica, e norme interposte in  relazione  all'art.  117,  comma  3,
della Costituzione. 
    73. Si richiama, a conferma, la  sentenza  n.  212/2021  con  cui
codesta Ecc.ma Corte ha ribadito che l'art. 23, comma 2, del  decreto
legislativo n. 75/2017, quale norma che pone un  limite  generale  al
trattamento economico del personale pubblico, ha natura di  principio
di  coordinamento  della  finanza  pubblica,   non   derogabile   dal
legislatore regionale, poiche' incide su un rilevante aggregato della
spesa  corrente,  costituito  da  una  delle  due  componenti   della
retribuzione dei pubblici dipendenti, con l'obiettivo  di  contenerla
entro limiti prefissati, essendo tale spesa una delle piu'  frequenti
e rilevanti cause di  disavanzo  pubblico  (in  tal  senso  anche  le
sentenze n. 20/2021, n. 191/2017, n. 218/2015 e n. 215/2012). 
    74. Peraltro, qualora  i  maggiori  oneri  previsti  dalla  norma
denunciata  si  riferissero  ad  un  aumento  della  retribuzione  di
posizione e di risultato del personale  con  qualifica  dirigenziale,
essa si porrebbe allora in evidente contrasto con l'art.  117,  comma
2, lettera l), della Carta fondamentale, che  riserva  alla  potesta'
legislativa esclusiva dello Stato la materia dell'ordinamento civile,
disponendo su oggetto - quello del trattamento  economico  accessorio
del personale,  anche  dirigenziale,  alle  dipendenze  di  pubbliche
amministrazioni - che, in base alle norme  generali  sull'ordinamento
del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui  al
decreto legislativo n. 165/2001,  e'  demandato  alla  contrattazione
collettiva. 
    75. Come affermato da codesta Ecc.ma Corte, «nei limiti tracciati
dalle disposizioni imperative della legge (art. 2, commi  2,  secondo
periodo, e 3-bis  del  decreto  legislativo  n.  165  del  2001),  il
contratto collettivo si  atteggia  come  imprescindibile  fonte,  che
disciplina anche il trattamento  economico  (art.  2,  comma  3,  del
decreto  legislativo  n.  165  del   2001)   nelle   sue   componenti
fondamentali ed accessorie (art. 45, comma 1, del decreto legislativo
n. 165 del 2001), e "i diritti e gli obblighi direttamente pertinenti
al rapporto di lavoro, nonche' le  materie  relative  alle  relazioni
sindacali" (art. 40, comma 1, primo periodo, del decreto  legislativo
n. 165 del 2001).» (Corte costituzionale n. 178 del 2015). 
    76. E' ancora evidenziato in  tale  decisione  che  il  contratto
collettivo contempera in maniera efficace e trasparente gli interessi
contrapposti delle parti e concorre a  dare  concreta  attuazione  al
principio di proporzionalita' della retribuzione, ponendosi,  per  un
verso, come strumento di garanzia della parita'  di  trattamento  dei
lavoratori (art. 45, comma 2, del  decreto  legislativo  n.  165  del
2001) e, per altro verso, come fattore propulsivo della produttivita'
e del merito (art. 45, comma 3, del decreto legislativo  n.  165  del
2001). 
 
                               P.T.M. 
 
    Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  chiede  che  codesta
Ecc.ma Corte costituzionale, previa riunione del presente ricorso con
quello   contraddistinto   dal   n.   33/2021,   voglia    dichiarare
costituzionalmente illegittimi, e conseguentemente annullare,  per  i
motivi sopra indicati ed illustrati, gli articoli 4, comma  1,  e  14
della  legge  della  Regione  siciliana  26  novembre  2021,  n.  29,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Regione  siciliana  del  2
dicembre 2022, n. 53. 
    Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno: 
        1. L'attestazione relativa alla approvazione,  da  parte  del
Consiglio dei ministri nella riunione del  giorno  31  gennaio  2022,
della determinazione di impugnare la legge della Regione siciliana 26
novembre 2021, n. 29; 
        2. La copia della legge regionale impugnata pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana del 2  dicembre  2021,  n.
53. 
    Con riserva di illustrare e sviluppare in prosieguo i  motivi  di
ricorso anche alla luce delle difese avversarie. 
        Roma, li' 31 gennaio 2022 
 
               Avvocati dello Stato: Feola - Fiduccia 
 
 
                                  Avvocato generale aggiunto: Mariani