N. 9 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 3 febbraio 2022

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale   depositato  in
cancelleria il 3 febbraio 2022  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Edilizia  e  urbanistica  -  Interventi  in  deroga  agli   strumenti
  urbanistici - Norme della Regione Puglia  -  Modifica  all'art.  51
  della legge regionale n.  56  del  1980,  concernente  "Limitazione
  delle previsioni insediative fino all'entrata in vigore  dei  Piani
  territoriali" - Previsioni che consentono  di  realizzare  in  zona
  agricola, a determinate condizioni, nuovi fabbricati,  qualora  gli
  stessi siano necessari alla conduzione del  fondo  e  all'esercizio
  dell'attivita' agricola. 
Edilizia  e  urbanistica  -  Interventi  in  deroga  agli   strumenti
  urbanistici - Norme della  Regione  Puglia  -  Interventi  in  aree
  individuate dal Piano paesaggistico territoriale regionale (PPTR) -
  Previsione  che  consente,  previa  deliberazione   del   Consiglio
  comunale, gli interventi di ristrutturazione edilizia di  cui  agli
  artt. 3 e 4 della legge regionale n. 14 del 2009 conformemente alle
  prescrizioni, indirizzi, misure di salvaguardia e  direttive  dello
  stesso PPTR. 
Edilizia  e  urbanistica  -  Interventi  in  deroga  agli   strumenti
  urbanistici - Norme della Regione Puglia - Previsione che  consente
  l'ampliamento  delle  attivita'  produttive  senza  limitazioni  di
  superficie coperta e di volume, nei  Comuni  in  cui  lo  strumento
  urbanistico  non  individua  aree  destinate  all'insediamento   di
  impianti produttivi o individua aree insufficienti - Disciplina  in
  base alla  quale  gli  ampliamenti  fino  al  20  per  cento  delle
  attivita' produttive non costituiscono variante urbanistica. 
Edilizia  e  urbanistica  -  Interventi  in  deroga  agli   strumenti
  urbanistici - Norme della Regione  Puglia  -  Modifica  alla  legge
  regionale n. 20 del 2001, recante "Norme generali di governo e  uso
  del   territorio"   -   Previsto    incremento    dell'indice    di
  fabbricabilita' fondiaria fino a 0,1 mc/mq, per gli  interventi  di
  cui all'art. 51 della legge regionale n. 56 del 1980. 
- Legge della Regione Puglia 30 novembre 2021, n. 39 ("Modifiche alla
  legge  regionale  31  maggio  1980,  n.  56  (Tutela  ed  uso   del
  territorio), disposizioni in  materia  urbanistica,  modifica  alla
  legge regionale 27 luglio 2001, n. 20 (Norme generali di governo  e
  uso del territorio), modifica alla legge regionale 6  agosto  2021,
  n. 25 (Modifiche alla legge  regionale  11  febbraio  1999,  n.  11
  "Disciplina delle strutture ricettive ex artt.  5,  6  e  10  della
  legge 17 maggio 1983, n. 217  delle  attivita'  turistiche  ad  uso
  pubblico gestite in regime  di  concessione  e  delle  associazioni
  senza scopo di lucro"  e  disposizioni  varie)  e  disposizioni  in
  materia derivazione acque sotterranee"), artt. 2, 3, 4 e 5. 
(GU n.9 del 2-3-2022 )
    Ricorso (ex art. 127, comma  1,  Cost.)  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri (c.f.  80188230587),  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato (c.f. 80224030587), presso i cui
uffici domicilia in Roma,  via  dei  Portoghesi  n.  12  (telefax  n.
06.96.51.40.00;  indirizzo  PEC  ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it),
giusta delibera del Consiglio dei ministri  adottata  nella  riunione
del 31 gennaio 2022 - ricorrente; 
    Contro la Regione Puglia, in persona del Presidente della  Giunta
Regionale in carica - intimata; 
    Per  la  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale   degli
articoli 2, 3, 4, 5 della legge Regione Puglia del 30 novembre  2021,
n. 39, pubblicata nel  BUR  n.  150  del  3  dicembre  2021,  recante
«modifiche alla legge regionale 31 maggio 1980, n. 56 (Tutela ed  uso
del territorio), disposizioni in materia urbanistica,  modifica  alla
legge regionale 27 luglio 2001, n. 20 (Norme generali  di  Governo  e
uso del territorio), modifica alla legge regionale 6 agosto 2021,  n.
25  (Modifiche  alla  legge  regionale  11   febbraio   1999,   n. 11
«Disciplina delle strutture ricettive ex articoli 5,  6  e  10  della
legge 17 maggio 1983,  n.  217  delle  attivita'  turistiche  ad  uso
pubblico gestite in regime di concessione e delle associazioni  senza
scopo di lucro» e  disposizioni  varie)  e  disposizioni  in  materia
derivazione acque sotterranee»; 
    Per violazione degli articoli  3,  9,  97,  117,  secondo  comma,
lettera s), e terzo comma, Cost.,  nonche'  del  principio  di  leale
collaborazione, in relazione agli articoli 135, 143, 145, del decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali  e  del
paesaggio),  all'art.  3,  comma  1,  lettera  d)  del  decreto   del
Presidente della  Repubblica  n.  380/20021,  all'art.  41-quinquies,
comma 8, della legge n. 1150 del 1942, ed al decreto ministeriale  n.
1444 del 1968. 
    La legge della Regione Puglia n. 39 del  30  novembre  2021  reca
«modifiche alla legge regionale 31 maggio 1980, n. 56 (Tutela ed  uso
del territorio), disposizioni in materia urbanistica,  modifica  alla
legge regionale 27 luglio 2001, n. 20 (Norme generali  di  Governo  e
uso del territorio), modifica alla legge regionale 6 agosto 2021,  n.
25  (Modifiche  alla  legge  regionale  11  febbraio  1999,   n.   11
«Disciplina delle strutture ricettive ex articoli 5,  6  e  10  della
legge 17 maggio 1983,  n.  217  delle  attivita'  turistiche  ad  uso
pubblico gestite in regime di concessione e delle associazioni  senza
scopo di lucro» e  disposizioni  varie)  e  disposizioni  in  materia
derivazione acque sotterranee»; 
    Gli articoli 2, 3, 4 e 5 della predetta legge presentano  profili
di  illegittimita'  costituzionale,   in   quanto   introducono   una
disciplina che contrasta con quella  prevista  dal  Codice  dei  beni
culturali e del paesaggio, in violazione degli articoli 3,  9,  97  e
117, secondo comma,  lettera  s),  della  Costituzione,  nonche'  del
principio di leale collaborazione che, in materia  di  paesaggio,  si
attua con la copianificazione  Stato-Regione;  tali  norme  incidono,
infine, sulla definizione generale  di  «ristrutturazione  edilizia»,
ovvero sul principio fondamentale della legislazione  in  materia  di
Governo del territorio, in violazione dell'art. 117, comma  3,  della
Costituzione. 
    Il Presidente del Consiglio  dei  ministri  propone  pertanto  il
presente ricorso, affidato ai seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
1. Incostituzionalita' dell'art. 2 della legge Regione Puglia del  30
novembre 2021, n. 39,  per  violazione  degli  articoli  117, secondo
comma, lettera s), 3 e 97 Cost., in relazione agli articoli 135, 143,
145 del decreto legislativo 22  gennaio  2004,  n.  42,  nonche'  del
principio di leale collaborazione. 
    L'art. 2 dell'impugnata legge regionale modifica l'art. 51  della
legge regionale  n.  56  del  1980,  concernente  «Limitazione  delle
previsioni  insediative  fino  all'entrata  in   vigore   dei   Piani
territoriali»,  introducendo,  nel  primo  comma,  le  nuove  lettere
g-bis), g-ter) e  g-quater).  La  lettera  g-bis)  prevede  che  «Nel
rispetto delle norme di tutela paesaggistica del Piano  paesaggistico
territoriale regionale (PPTR) e al fine  di  soddisfare  le  esigenze
produttive delle aziende agricole, e' ammessa  la  realizzazione,  in
zona agricola, di nuovi fabbricati qualora gli stessi siano necessari
alla conduzione del fondo e  all'esercizio  dell'attivita'  agricola,
ivi comprese le attivita' connesse a quella agricola». 
    La lettera g-ter stabilisce che «L'esigenza della costituzione di
nuovi fabbricati e' consentita solo nel caso in cui quelli  esistenti
non abbiano alternative rispetto al riuso e/o alla  trasformazione  e
va dimostrata attraverso la presentazione di  un  piano  di  sviluppo
aziendale e/o di riconversione e/o di  ammodernamento  dell'attivita'
agricola,  asseverato  da  tecnico  abilitato  nel   rispetto   della
normativa di settore». 
    La  lettera  g-quater  dispone  che  «I  nuovi  fabbricati  vanno
realizzati all'interno o  in  adiacenza  ai  centri  aziendali,  onde
evitare  la  realizzazione  di  insediamenti  isolati,  fatta   salva
l'osservanza  di  norme  di  carattere  paesaggistico  ed  ambientale
nonche'  di  carattere  igienico-sanitario  previste  per   specifici
insediamenti zootecnici». 
    La novellata disciplina consente di realizzare in zona  agricola,
a determinate condizioni, nuovi fabbricati, qualora gli stessi  siano
necessari alla conduzione del fondo  e  all'esercizio  dell'attivita'
agricola. Nonostante il richiamo operato dal legislatore regionale al
«rispetto delle norme di tutela paesaggistica del Piano paesaggistico
territoriale regionale (PPTR1», occorre rilevare che, in realta',  le
nuove disposizioni si inseriscono in  una  norma -  l'art.  51  della
legge regionale n. 56 del 1980 - la cui  efficacia  e'  espressamente
limitata  «sino  all'entrata  in  vigore  dei  Piani   territoriali».
Considerato che nel 2000  in  Puglia  e'  stato  approvato  il  Piano
urbanistico territoriale tematico  per  il  paesaggio  (PUTT/P),  poi
sostituito  nel  2015  dal  piano  paesaggistico   regionale   (PPTR)
pugliese, approvato d'intesa con lo  Stato,  l'efficacia  del  citato
art. 51 appare ormai definitivamente esaurita. Con  l'art.  51  della
legge del 1980, infatti, la Regione Puglia, cosi' come molte  Regioni
d'Italia, nell'intento condivisibile di salvaguardare  il  territorio
regionale da trasformazioni  incontrollate,  aveva  stabilito  alcune
limitazioni all'edificazione nelle more  della  redazione  dei  piani
territoriali, aventi il  compito  di  predisporre  la  disciplina  di
pianificazione del territorio. 
    Con  l'introduzione  delle  censurate  disposizioni,  invece,  la
Regione  Puglia,  contravvenendo  allo  spirito  della   disposizione
originaria e nonostante  l'avvenuta  approvazione,  d'intesa  con  lo
Stato,  del  piano  paesaggistico  regionale  (cui  e'  riservata  la
pianificazione dell'intero territorio regionale)  ed  il  conseguente
obbligo di valutare congiuntamente eventuali modificazioni  al  piano
stesso, interviene ora autonomamente a disciplinare le trasformazioni
del   territorio   agricolo,   consentendo   nuove   edificazioni   e
stabilendone presupposti e condizioni, cosi' sottraendo  la  relativa
disciplina alla fonte designata  dal  legislatore  e  costituita  dal
piano paesaggistico. 
    Appare evidente che la Regione Puglia utilizza  l'art.  51  della
legge del 1980 come veicolo per inserire nell'ordinamento  una  nuova
disciplina pianificatoria delle aree agricole, che si  sovrappone  in
modo non coerente a quella contenuta nelle NTA del PPTR  e  condivisa
con lo Stato, al fine di consentire la trasformazione di  dette  aree
in deroga alla disciplina di piano. Ai sensi dell'art. 83,  comma  6,
delle NTA, a seguito dell'approvazione del PPTR pugliese, infatti, in
tutte  le  zone  territoriali  omogenee  a  destinazione  rurale   si
applicano le  specifiche  misure  di  salvaguardia  ed  utilizzazione
dettate dal medesimo art. 83 per i paesaggi rurali. 
    Pertanto, l'impugnato art. 2 della legge in  esame,  che  integra
l'art 51 della legge regionale n. 56/80 con le suddette  disposizioni
in materia di realizzazione di fabbricati in  zona  agricola,  appare
illegittimo perche' introduce una disciplina che contrasta con quella
prevista dagli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni  culturali
e del paesaggio, in violazione dell'art. 117, secondo comma,  lettera
s), Cost. e del principio di leale collaborazione, in  considerazione
dell'impegno  assunto  dalla  Regione   Puglia   con   lo   Stato   a
co-pianificare l'intero  territorio  regionale.  Peraltro,  le  nuove
disposizioni, inserendosi in una norma che ha gia'  esaurito  i  suoi
effetti, sono anche irragionevoli, e percio'  in  contrasto  con  gli
articoli 3 e 97 Cost. 
2. Incostituzionalita' dell'art. 3 della legge Regione Puglia del  30
novembre 2021, n. 39, per violazione dell'art. 117, comma 2,  lettera
s), e comma 3, e degli  articoli  3,  9  e  97  Cost.,  in  relazione
all'art. 3, comma 1, lettera d), del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 380/20021, ed agli articoli 135, 143, 145, del  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali  e  del
paesaggio), nonche' del principio di leale collaborazione. 
    L'art. 3, recante «Interventi in aree individuate dal PPTR» cosi'
dispone: «1. Ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera d),  del  decreto
del Presidente della Repubblica del 6  giugno  2001,  n.  380  (Testo
unico  delle  disposizioni  legislative  e  regolamenti  in   materia
edilizia, cosi' come interpretato con circolare del 2  dicembre  2020
dei   Ministeri   delle   infrastrutture,   trasporti   e    pubblica
amministrazione e con  parere  del  Consiglio  superiore  dei  lavori
pubblici dell'8 luglio 2021, sono  consentiti,  previa  deliberazione
del consiglio comunale, gli interventi previsti dagli articoli 3 e  4
della legge regionale 30 luglio 2009, n. 14 (Misure  straordinarie  e
urgenti a sostegno dell'attivita' edilizia  e  per  il  miglioramento
della  qualita'  del  patrimonio  edilizio  residenziale)   in   aree
individuate dal Piano paesaggistico  territoriale  regionale  (PPTR),
approvato con deliberazione della Giunta regionale 16 febbraio  2015,
n.  176  ed  elaborato  attraverso   copianificazione   Stato-Regione
unilateralmente inderogabile, alle condizioni  che  l'intervento  sia
conforme alle  prescrizioni,  indirizzi,  misure  di  salvaguardia  e
direttive dello  stesso  PPTR  e  che  siano  acquisiti  nulla  osta,
comunque denominati, delle  amministrazioni  competenti  alla  tutela
paesaggistica». 
    2.1.   Per   poter   congruamente   valutare   i    profili    di
incostituzionalita' di tale disciplina, e' opportuno  ricostruire  il
quadro  normativo  di  riferimento,  atteso  che  la  definizione  di
«ristrutturazione  edilizia»  e'  stata  assoggettata  nel  tempo  ad
interventi modificativi ed integrativi. 
    La norma impugnata richiama l'art. 3, comma 1,  lettera  d),  del
TUE, cosi' «come interpretato con circolare del 2 dicembre  2020  dei
Ministeri delle infrastrutture, trasporti e pubblica  amministrazione
e con parere del  Consiglio  superiore  dei  lavori  pubblici  dell'8
luglio  2021»,  al  solo  fine  di  ampliare   la   categoria   delle
demoricostruzioni in aree paesaggisticamente vincolate  riconducibili
alla categoria delle  «ristrutturazioni  edilizie»  (ricomprendendovi
anche quegli interventi implicanti  la  modifica  della  sagoma,  dei
prospetti, del sedime e  delle  caratteristiche  planivolumetriche  e
tipologiche dell'edificio preesistente e  anche  ove  siano  previsti
incrementi di volumetria) e rendere cosi' assentibili gli  interventi
edilizi «straordinari» previsti dal  c.d.  piano  casa  pugliese  del
2009, previa la delibera del consiglio comunale. 
    Occorre premettere che la citata lettera d), dell'art 3 del  TUE,
come novellata dal decreto-legge  n.  76  del  2020,  definisce  come
«ristrutturazione edilizia» «gli interventi rivolti a trasformare gli
organismi edilizi  mediante  un  insieme  sistematico  di  opere  che
possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte  diverso
dal precedente.  Tali  interventi  comprendono  il  ripristino  o  la
sostituzione   di   alcuni   elementi   costitutivi    dell'edificio,
l'eliminazione, la modifica e  l'inserimento  di  nuovi  elementi  ed
impianti. Nell'ambito degli interventi di  ristrutturazione  edilizia
sono  ricompresi   altresi'   gli   interventi   di   demolizione   e
ricostruzione di edifici esistenti  con  diversi  sagoma,  prospetti,
sedime e caratteristiche  planivolumetriche  e  tipologiche,  con  le
innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa  antisismica,
per   l'applicazione   della   normativa   sull'accessibilita',   per
l'istallazione  di  impianti  tecnologici  e  per   l'efficientamento
energetico. L'intervento  puo'  prevedere  altresi',  nei  soli  casi
espressamente previsti dalla legislazione vigente o  dagli  strumenti
urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche  per  promuovere
interventi   di   rigenerazione   urbana.    Costituiscono    inoltre
ristrutturazione edilizia  gli  interventi  volti  al  ripristino  di
edifici,  o  parti  di  essi,  eventualmente   crollati o   demoliti,
attraverso la loro ricostruzione, purche' sia possibile accertarne la
preesistente consistenza». La disposizione contiene poi una specifica
clausola di salvaguardia per gli immobili  tutelati,  prevedendo  che
«Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a  tutela
ai sensi del codice dei beni culturali e del  paesaggio,  di  cui  al
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonche', fatte  salve  le
previsioni  legislative  e  degli  strumenti  urbanistici,  a  quelli
ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del  Ministro  per  i
lavori  pubblici  2  aprile  1968,  n.  1444,  o  in  zone  a  queste
assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani  urbanistici
comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e  negli  ulteriori
ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi
di demolizione e ricostruzione e  gli  interventi  di  ripristino  di
edifici   crollati   o   demoliti   costituiscono    interventi    di
ristrutturazione  edilizia  soltanto  ove  siano  mantenuti   sagoma,
prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche  e  tipologiche
dell'edificio  preesistente  e  non  siano  previsti  incrementi   di
volumetria».  La  novella  del   2020   da   un   lato,   in   chiave
semplificatoria,  ha  esteso  la  tipologia   degli   interventi   di
demolizione   e/o   ricostruzione   riconducibili   alla    categoria
«ristrutturazione edilizia», ricomprendendovi anche alcuni interventi
che in precedenza erano  classificati  come  «nuova  costruzione»  ai
sensi della successiva lettera  e);  dall'altro,  ha  individuato  un
nuovo punto di equilibrio con riferimento ai requisiti necessari  per
qualificare tali interventi come «ristrutturazione edilizia», ove  da
realizzare in presenza di  vincoli  ai  sensi  del  Codice  dei  beni
culturali e del paesaggio di cui al decreto  legislativo  22  gennaio
2004, n. 42 ovvero in  ambiti  di  pregio  storico  e  architettonico
individuati negli strumenti urbanistici, cosi' ampliando  la  portata
della relativa  «clausola  di  salvaguardia».  Secondo  la  circolare
interpretativa emanata in data 2 dicembre 2020  dal  Ministero  delle
infrastrutture e della mobilita'  sostenibili,  di  concerto  con  il
Ministro per la pubblica amministrazione,  tra  le  innovazioni  piu'
significative  apportate  dal  decreto-legge  n.  76  del  2020  alla
definizione degli interventi di ristrutturazione  edilizia  vi  sono:
(i)  un  maggior  rigore  della  previsione  relativa  agli  immobili
sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004:
mentre in precedenza la demolizione e ricostruzione di detti immobili
poteva qualificarsi  come  ristrutturazione  edilizia  purche'  fosse
rispettata la sagoma originaria, oggi si richiede il mantenimento  di
«sagoma, prospetti,  sedime  e  caratteristiche  planivolumetriche  e
tipologiche» e si precisa che non devono essere  previsti  incrementi
di volumetria; (ii) l'equiparazione agli edifici vincolati  ai  sensi
del decreto legislativo n. 42 del 2004 di quelli ubicati  nelle  zone
omogenee A e  in  quelle  ad  esse  assimilabili  in  base  ai  piani
urbanistici  comunali,  nonche'  «nei   centri   e   nuclei   storici
consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico  e
architettonico».  La  nuova  formulazione  della  lettera  d),   come
novellata dal decreto-legge n. 76  del  2020,  e  in  particolare  la
locuzione «immobili sottoposti a tutela ai sensi del codice dei  beni
culturali e del  paesaggio»  contenuta  nella  suddetta  clausola  di
salvaguardia,   e'   stata   oggetto   di   uno   specifico   quesito
interpretativo rivolto  al  Ministero  della  cultura  da  parte  del
Ministero delle infrastrutture e della mobilita' sostenibili, anche a
seguito di piu' pareri, peraltro non del tutto  allineati  tra  loro,
espressi  da  diversi  organi  del  Consiglio  superiore  dei  lavori
pubblici (tra cui quello citato nella impugnata norma regionale),  il
quale si appellava, comunque, al parere del Ministero della cultura. 
    La questione si e' posta, peraltro, anche a  seguito  della  nota
della Regione Liguria del 13 marzo 2021,  prot.  92712,  con  cui  la
predetta Regione, in contrasto con  la  lettera  e)  la  ratio  della
previsione normativa recante  la  «clausola  di  salvaguardia»  sopra
riportata, ha sostenuto che il legislatore avrebbe  inteso  riferirsi
ai soli immobili gravati da «specifico» vincolo, e quindi  sottoposti
a «specifica» tutela, cosi' come si  desumerebbe  -  a  proprio  dire
dalla citata circolare, che  ha  usato  la  locuzione  «sottoposta  a
vincoli» per indicare gli immobili che  la  norma  ha  definito  come
«sottoposti  a  tutela».  Conseguentemente,  al  di  fuori  di   tale
fattispecie peraltro ignota alla  sistematica  del  Codice  dei  beni
culturali  e  del  paesaggio  -  gli  interventi  di  demolizione   e
ricostruzione  sarebbero  qualificabili  come  mera  ristrutturazione
edilizia (e non come nuova  costruzione),  anche  laddove  non  siano
rispettati   «sagoma,    prospetti,    sedime    e    caratteristiche
planivolumetriche e tipologiche»  dell'edificio  preesistente.  Altre
Regioni,  come  l'Emilia-Romagna,   hanno   sin   da   subito   colto
correttamente la portata della novella. Il  Consiglio  superiore  dei
lavori pubblici, con nota prot. 7119 del 15 luglio 2021 a  firma  del
Presidente, ha, invece, ritenuto non condivisibile  l'interpretazione
fornita dalla Regione Liguria, sia in quanto contradditoria,  essendo
«immobili» anche i beni indicati alle lettere c) e d)  dell'art.  136
del Codice dei  beni  culturali  e  del  paesaggio,  sia  perche'  in
contrasto con le finalita' di  tutela  dei  beni  paesaggistici.  Nel
predetto parere si  evidenzia  inoltre  che  anche  l'interpretazione
letterale smentisce l'orientamento restrittivo proposto dalla Regione
Liguria, posto che il legislatore, con la locuzione  utilizzata,  non
distingue fattispecie differenti di immobili «sottoposti a tutela». 
    In  un  precedente  parere  del  Servizio  tecnico  centrale  del
medesimo Consiglio (nota prot. 6865 dell'8 luglio 2021, citata  dalla
norma censurata della Regione Puglia), reso in risposta ad un quesito
sulla circolare interpretativa del 2 dicembre  2020  riguardante  gli
edifici vincolati,  si  esprimeva  invece  un  diverso  orientamento,
affermandosi che «per immobili il  cui  vincolo  risiede  nell'essere
inseriti in aree sottoposte a vincolo paesaggistico  (Parte  III  del
Codice) - sebbene privi di riconosciuto valore storico, artistico,  o
architettonico  intrinseco  -  sia   consentito   intervenire   anche
attraverso   demolizione   e   ricostruzione   classificabili   nella
«ristrutturazione edilizia», che nella definizione  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 380/2001 comprende anche  modifiche  alla
sagoma, al sedime, ai  prospetti  ed  al  volume  preesistente.  Tali
interventi  sono,  tuttavia,  sempre  da  inquadrare  all'interno  di
specifiche   previsioni   regolamentari   proprie   degli   strumenti
urbanistici comunali e da sottoporre, comunque, al rilascio di  nulla
osta della amministrazioni competenti per la tutela del vincolo». Con
nota prot. 26340 del 21 settembre 2021,  riscontrando  una  richiesta
del Ministero delle infrastrutture  e  della  mobilita'  sostenibili,
l'ufficio legislativo del Ministero della  cultura  ha  ribadito  che
restano  salve  «le  previsioni   legislative   e   degli   strumenti
urbanistici». Il  chiaro  disposto  normativa  non  consente  infatti
un'interpretazione volta a  delimitare,  nel  senso  prospettato,  la
portata della clausola di cui all'art. 3, comma 1, lettera d), ultimo
periodo del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del  2001.
Occorre tenere presente che il legislatore - tanto  nella  previgente
formulazione, quanto in quella introdotta dal decreto-legge n. 76 del
2020  ha  consapevolmente  riferito  la  clausola   in   esame   agli
«immobili»; termine che include sia gli ambiti sottoposti  a  vincolo
in quanto tali, che gli edifici ricompresi nei medesimi  ambiti.  Non
vi e' dubbio, infatti, che in entrambi i casi si sia in  presenza  di
«immobili», ai sensi del codice civile. 
    E' pertanto del tutto irrilevante che il  regime  di  tutela  sia
stato specificamente imposto con un  provvedimento  amministrativo  o
per legge e che il medesimo regime trovi applicazione  esclusivamente
in  relazione  ad  edifici  aventi  caratteri  intrinseci  di  pregio
architettonico oppure ad edifici, ricadenti in ambiti  tutelati,  che
potrebbero  apparire  privi  di  pregio.  La   scelta   operata   dal
legislatore  e'  coerente  con  la  nozione  stessa  di  tutela   del
paesaggio, la quale si riferisce alla  «forma»  del  territorio,  nei
suoi profili di pregio estetico e testimoniale, atteso che -  secondo
quanto affermato dalla Corte costituzionale «il concetto di paesaggio
indica, innanzitutto, la morfologia del  territorio,  riguarda  cioe'
l'ambiente nel suo aspetto visivo» (Corte. cost. n.  367  del  2007).
Conseguentemente,  la  tutela  paesaggistica  intende  preservare  la
conformazione dello stato dei luoghi, salvaguardando il territorio da
qualsiasi  trasformazione  che  sia  esteticamente   percepibile,   e
include,  pertanto,  anche  gli  interventi  realizzati  su   edifici
compresi in ambiti vincolati nel loro complesso. La  Regione  Puglia,
invece, con la norma in esame, richiama la  soluzione  interpretativa
di cui al  parere  del  [Servizio  tecnico  centrale  del]  Consiglio
superiore dei Lavori pubblici dell'8 luglio 2021,  peraltro  superata
dallo stesso Consiglio superiore dei Lavori  pubblici  in  pareri  di
poco successivi, al solo fine di ampliare  le  demo-ricostruzioni  in
aree paesaggisticamente vincolate riconducibili alla categorie  delle
«ristrutturazioni edilizie», facendo propria un'interpretazione della
novella del 2020, apportata alla predetta lettera d) dell'art. 3  dei
TUE, non coerente con  gli  ordinari  canoni  enneneutici  e  con  la
giurisprudenza consolidata, e soprattutto  non  conforme  alla  norma
statale, da considerare al contempo norma di principio in materia  di
Governo del territorio e norma di tutela del paesaggio, in violazione
degli articoli 117, secondo comma, lettera s), e terzo comma, Cost. 
    Codesta Corte, peraltro, ha sempre ribadito  che  la  definizione
delle diverse categorie di interventi edilizi spetta allo Stato ed e'
in conformita' a queste che e'  disciplinato  il  regime  dei  titoli
abilitativi, con riguardo al procedimento e agli oneri, nonche'  agli
abusi e alle relative  sanzioni,  anche  penali,  escludendo  che  le
Regioni   possano   adottare   definizioni   diverse   (cfr.    Corte
costituzionale n. 309 del 2011, punto 2.1.  considerato  in  diritto:
«Questa Corte ha  gia'  ricondotto  nell'ambito  della  normativa  di
principio  in  materia  di  Governo  del  territorio le  disposizioni
legislative riguardanti  i  titoli  abilitativi  per  gli  interventi
edilizi (sentenza n. 303 del 2003,  punto  11.2  del  Considerato  in
diritto): a fortiori sono  principi  fondamentali  della  materia  le
disposizioni che definiscono le categorie di interventi,  perche'  e'
in conformita' a queste ultime che  e'  disciplinato  il  regime  dei
titoli abilitativi,  con  riguardo  al  procedimento  e  agli  oneri,
nonche' agli abusi e alle relative sanzioni, anche  penali.  L'intero
corpus normativo  statale  in  ambito  edilizio  e'  costruito  sulla
definizione  degli  interventi,  con  particolare  riferimento   alla
distinzione tra le ipotesi di ristrutturazione urbanistica, di  nuova
costruzione e di ristrutturazione edilizia cosiddetta pesante, da  un
lato, e le ipotesi di ristrutturazione edilizia cosiddetta leggera  e
degli  altri  interventi  (restauro   e   risanamento   conservativo,
manutenzione straordinaria e manutenzione ordinaria), dall'altro.  La
definizione delle diverse categorie  di  interventi  edilizi  spetta,
dunque, allo Stato»). 
    Con la norma impugnata, invece,  la  Regione  Puglia,  amplia  la
categoria degli interventi di ristrutturazione edilizia, in quanto il
suo scopo e' quello di attrarre gli interventi di  demo-ricostruzione
in aree vincolate con modifica di sagoma, sedime, prospetti e aumenti
di volumi diversamente da quanto stabilito  dal  legislatore  statale
nelle ristrutturazioni edilizie, cosi' da non incorrere  nel  divieto
di nuove costruzioni previsto dalle NTA del PTPR in dette aree  (cfr.
articoli 63, 64, 65 e 66 NTA). Abbassando il livello  di  tutela,  la
norma si pone altresi' in contrasto con l'art. 9 Cost, ai  sensi  del
quale il paesaggio costituisce un valore «primario e assoluto» (sent.
Corte costituzionale n. 367 del 2007). La  norma,  riferendosi  a  un
orientamento del Servizio tecnico del Consiglio superiore dei  lavori
pubblici, smentito con nota di poco successiva dallo stesso Consiglio
superiore,  appare  inoltre  irragionevole  e  illogica,  e   percio'
contraria agli articoli 3 e 97 Cost. 
    2.2  Sotto  altro  profilo,   sulla   base   dell'interpretazione
restrittiva della clausola di salvaguardia di cui all'art.  3,  comma
1, lettera d), del TUE, gia' illustrata al punto precedente, la norma
consente  gli  interventi  straordinari  previsti  dal   piano   casa
pugliese,  subordinandoli  alla  sola  deliberazione  del   consiglio
comunale, in aree individuate dal  Piano  paesaggistico  territoriale
regionale (PPTR), pur ponendo come condizione che  «l'intervento  sia
conforme alle  prescrizioni,  indirizzi,  misure  di  salvaguardia  e
direttive dello  stesso  PPTR  e  che  siano  acquisiti  nulla  osta,
comunque denominati, delle  amministrazioni  competenti  alla  tutela
paesaggistica». 
    Occorre premettere che la  normativa  regionale  del  piano  casa
pugliese e' stata  recentemente  ampliata  nella  sua  portata  dalla
Regione Puglia, prorogando di un ulteriore anno  il  termine  per  la
presentazione  delle  istanze  ed  estendendone  l'applicazione  agli
edifici realizzati fino ad agosto 2021 (cfr. art. 1, legge  regionale
n. 38 del 2021). La normativa regionale sul piano casa conteneva gia'
una disposizione affetta da criticita' di ordine  costituzionale,  in
quanto consentiva ai  comuni  di  derogare  al  piano  paesaggistico,
rimettendo  agli  stessi  «L'individuazione  di  ambiti  territoriali
nonche'  di  immobili  ricadenti  in  aree   sottoposte   a   vincolo
paesaggistico ai sensi del Piano paesaggistico territoriale regionale
(PPTR), approvato con delib.G.R. n. 176/2015, nei  quali  consentire,
secondo gli indirizzi e le direttive del PPTR, gli interventi di  cui
agli articoli 3 e 4 della presente legge, purche'  gli  stessi  siano
realizzati, oltre che alle condizioni previste dalla presente  legge,
utilizzando per le finiture, materiali e tipi  architettonici  legati
alle caratteristiche storico-culturali e paesaggistiche  dei  luoghi»
(cfr. art. 6, comma 2, lettera c-bis) della legge regionale n. 14 del
2009). Tale disposizione e' stata abrogata dalla Regione  Puglia  con
legge regionale 24 marzo 2021, n.  3,  a  seguito  di  uno  specifico
impegno  assunto  nei  confronti  del  Governo  dal  Presidente   del
Consiglio regionale della Puglia con nota prot. 3725 del 25  febbraio
2021 in sede di interlocuzione sulla legge regionale n. 35 del  2020.
Con sentenza n. 3820 del 2021  il  Consiglio  di  Stato  ha  tuttavia
sollevato questione di legittimita' costituzionale della disposizione
regionale di cui alla richiamata lettera e-bis), in quanto la  stessa
consente ai comuni di incidere sui presupposti per il rilascio  della
autorizzazione paesaggistica, in deroga  alle  previsioni  di  tutela
stabilite dal Codice e dal piano  paesaggistico;  e  cio'  nonostante
l'intervenuta abrogazione della norma, la  quale  trova  applicazione
per le fattispecie sorte nel periodo in cui era in vigore.  Con  tale
sentenza il Consiglio di Stato ha richiamato i principi  in  materia,
affermando che «a) secondo la consolidata giurisprudenza della  Corte
costituzionale,  la  tutela  del  paesaggio  costituisce   competenza
riservata  alla  potesta'  legislativa  esclusiva  statale  e  limite
inderogabile alla disciplina che le  Regioni  possono  dettare  nelle
materie di loro competenza; b) il Codice definisce  -  con  efficacia
vincolante per tutti gli enti territoriali (sia le Regioni,  sia  gli
Enti locali minori) e anche per gli enti  pubblici  operanti  secondo
specifiche normative di settore - i rapporti tra le prescrizioni  del
piano paesaggistico e le prescrizioni  di  carattere  urbanistico  ed
edilizio,  secondo  un  modello  di  prevalenza  delle   prime,   non
alterabile nemmeno ad  opera  della  legislazione  regionale;  c)  la
summenzionata previsione della legge regionale n. 14 del 2009,  nella
parte in cui prevedeva -  prima  della  sua  espressa  abrogazione  e
ratione temporis ancora applicabile all'istanza edilizia all'esame  -
la derogabilita' delle prescrizioni  dei  piani  paesaggistici  e  in
particolare di quelle contenute nel  P.P.T.R.  della  Puglia,  appare
porsi in contrasto con l'art. 145, comma 3, del Codice,  quale  norma
interposta in riferimento all'art. 117, comma 2, lettera  s),  Cost.,
suscitando il relativo dubbio di legittimita' costituzionale». 
    Nonostante il sopra richiamato impegno assunto con il Governo,  e
nelle more della decisione di codesta Corte sulla questione sollevata
dal Consiglio di Stato, la Regione Puglia  introduce  ora  un'analoga
disposizione che presenta analoghi  profili  di  incostituzionalita',
perche' consente ai Comuni di assentire gli interventi  previsti  dal
piano casa anche nelle aree sottoposte  a  tutela  paesaggistica,  in
deroga alle previsioni del piano paesaggistico. 
    Non vale ad escludere  tale  profilo  di  incostituzionalita'  la
clausola (del tutto pleonastica) di conformita' dell'intervento  alle
prescrizioni, indirizzi, misure di  salvaguardia  e  direttive  dello
stesso PPTR e della necessaria previa acquisizione  dei  nulla  osta,
comunque denominati, delle  amministrazioni  competenti  alla  tutela
paesaggistica. Occorre infatti sottolineare che gli interventi di cui
al piano casa pugliese non sono conformi a molte  delle  prescrizioni
d'uso, nonche' alle misure di salvaguardia e  utilizzazione  previste
dalla  NTA  del  PTPR.  Si  richiamano,   ad   esempio:   l'art.   45
(Prescrizioni per i «Territori costieri» e i «Territori contermini ai
laghi»), che vieta nei territori costieri e contermini  ai  laghi  la
realizzazione di qualsiasi nuova opera edilizia, fatta eccezione  per
le   opere   finalizzate   al    recupero/ripristino    dei    valori
paesistico/ambientali; gli articoli 62 (Prescrizioni per  i  boschi),
63 (Misure di salvaguardia e di utilizzazione per l'Area di  rispetto
dei boschi), 64 (Prescrizioni per le «Zone umide Ramsar»), 65 (Misure
di salvaguardia e di utilizzazione per le «Aree umide») e 66  (Misure
di salvaguardia e di utilizzazione per «Prati e pascoli  naturali»  e
«Formazioni  arbustive),  che  escludono  in  tali  aree   le   nuove
edificazioni. Cio' significa che la norma regionale punta in  realta'
a superare,  in  concreto,  le  previsioni  di  piano,  astrattamente
dichiarate non  superabili,  al  fine  di  consentire  ai  comuni  di
realizzare i predetti interventi anche  se  in  deroga  alle  NTA  di
piano. Tale intento e' reso palese proprio dal richiamo al parere del
Servizio tecnico centrale del Consiglio superiore dei Lavori pubblici
dell'8 luglio 2021: come detto,  infatti,  il  richiamo  e'  volto  a
qualificare gli interventi  di  demo-ricostruzione  con  modifica  di
sagoma, prospetti, ecc., eseguiti su immobili  sottoposti  a  tutela,
quali meri interventi di ristrutturazione  edilizia,  invece  che  di
nuova costruzione, come previsto dalla  disciplina  statale.  In  tal
modo, la Regione mira a consentire l'effettuazione di tali interventi
in tutte le aree nelle quali le NTA del PTPR non consentono le  nuove
costruzioni. Le  nuove  costruzioni  possono  riguardare  anche  aree
agricole ricadenti in contesti paesaggisticamente vincolati ai  sensi
dell'art. 136 del Codice, per i quali il PPTR prevede,  all'art.  78,
comma 4, delle NTA, l'obbligo per gli  enti  locali  di  disciplinare
«gli interventi edilizi ed  il  consumo  di  suolo  anche  attraverso
l'individuazione di lotti minimi di intervento e  limiti  volumetrici
differenziati a seconda delle tessiture e  delle  morfologie  agrarie
storiche prevalenti». Le norme regionali possono  percio'  costituire
una seria minaccia per la tutela dei territori agricoli. 
    La norma in esame e' pertanto illegittima  per  violazione  degli
articoli 135, 143, 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio,
da considerare norme interposte rispetto all'art. 117, secondo comma,
lettera s), Cost., oltre che del principio di  leale  collaborazione,
in quanto introduce una  disposizione  abrogata  su  impegno  assunto
dalla Regione. Il contrasto con la norma interposta di  cui  all'art.
3, comma 1, lett. d) del testo unico dell'Edilizia, che e'  principio
fondamentale in  materia  di  Governo  del  territorio,  concreta  la
violazione   dell'art.   117,   terzo   comma,   Cost.    L'impugnata
disposizione, abbassando i livelli di tutela,  e'  inoltre  contraria
all'art. 9 Cost. 
    Consentendo interventi in deroga al  PTPR,  ma  richiamandone  il
rispetto, e' altresi' illogica e irrazionale  e,  percio',  contraria
agli articoli 3 e 97 Cost. 
3. Incostituzionalita' dell'art. 4 della legge Regione Puglia del  30
novembre 2021, n. 39, per violazione degli  articoli  117,  comma  2,
lettera s), e comma 3, Cost., in relazione all'art. 145  del  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e al decreto ministeriale 2 aprile
1968, n. 1444 recante «Limiti inderogabili di densita'  edilizia,  di
altezza, di distanza fra i fabbricanti e rapporti massimi  tra  spazi
destinati  agli  insediamenti  residenziali  e  produttivi  e   spazi
pubblici o riservati alle attivita' collettive, al verde pubblico o a
parcheggi da osservare ai fini della formazione dei  nuovi  strumenti
urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art.
17 della legge 6 agosto 1967, n. 765». 
    L'art. 4 («Ampliamento delle attivita' produttive») prevede  che:
«1. L 'ampliamento delle attivita' produttive di cui all'art.  8  del
decreto del Presidente della Repubblica del 7 settembre 2010, n.  160
(Regolamento per la semplificazione e il  riordino  della  disciplina
sullo sportello unico per la attivita' produttive, ai sensi dell'art.
38, comma 3, del  decreto-legge  n.  112  del  2008,  convertito  con
modificazioni, dalla legge n. 133  del  2008)  e  alla  deliberazione
della Giunta regionale 11 dicembre 2018, n. 2332, non e'  soggetto  a
limitazioni di superficie coperta e di  volume.  2.  Gli  ampliamenti
fino al 20 per cento delle attivita' produttive di cui  al  comma  1,
non costituiscono variante urbanistica e sono rilasciati  secondo  le
disposizioni di cui all'art. 3, lettera e) e all'art. 20, del decreto
del Presidente della Repubblica n. 380/2001»; 
    Tale disposizione,  al  comma  1,  consente  l'ampliamento  delle
attivita' produttive senza limitazioni di  superficie  coperta  e  di
volume, nei casi in cui «lo strumento urbanistico non individua  aree
destinate all'insediamento di impianti produttivi  o  individua  aree
insufficienti» (cfr. art. 8 decreto del Presidente  della  Repubblica
n. 160 del 2010). Il modulo procedimentale di riferimento  e'  quello
della conferenza di servizi. Nel caso in cui la conferenza di servizi
comporti la variazione dello strumento urbanistico e  la  Regione  si
sia  espressa  favorevolmente  in  quella  sede,  il  verbale   viene
trasmesso al Sindaco o  al  Presidente  del  consiglio  comunale  per
l'approvazione. Il comma 2 stabilisce che gli ampliamenti fino al  20
per  cento  delle  attivita'  produttive  di  cui  al  comma  1   non
costituiscono variante urbanistica. Con tale disposizione la  Regione
Puglia,  sostanzialmente,  consente  l'ampliamento  delle   attivita'
produttive, nei casi individuati, senza alcun limite di superficie  o
volume, precisando che nel caso di ampliamento fino al 20  per  cento
non e' necessaria la procedura di variante. 
    Il comma 1 contrasta con  quanto  previsto  a  livello  nazionale
dal decreto ministeriale n. 1444 del 1968, che definisce non  solo  i
rapporti  massimi  tra  gli   spazi   destinati   agli   insediamenti
residenziali e produttivi e  gli  spazi  pubblici  o  riservati  alle
attivita' collettive, a verde pubblico o a parcheggi (artt. 3  e  5),
fissando le quantita' minime di queste  ultime,  ma  anche  i  limiti
inderogabili di densita' edilizia (art. 7), di altezza degli  edifici
(art. 8)  e  di  distanza  tra  i  fabbricati  (art.  9),  che  vanno
rispettati per le diverse zone territoriali omogenee. 
    Pertanto, la disposizione si pone in  contrasto  con  i  principi
fondamentali stabiliti a livello statale in materia  di  Governo  del
territorio, con conseguente violazione dell'art.  117,  terzo  comma,
Cost. D'altro canto, l'introduzione  di  procedure  semplificate  per
l'approvazione delle varianti, o  addirittura  la  qualificazione  di
determinate modifiche come non-varianti, comporta la loro sottrazione
anche alla procedura prevista dall'art. 97 delle NTA  del  PPTR,  che
disciplina  la  partecipazione  del  Ministero  della  cultura   alla
procedura di adeguamento degli  strumenti  urbanistici  e  alle  loro
varianti  alla  pianificazione  paesaggistica.  Pertanto,  la   norma
contrasta con il principio  espresso  dall'art.  145,  comma  5,  del
Codice dei beni culturali  e  del  paesaggio,  e  viola  l'art.  117,
secondo comma, lettera s), della Costituzione. 
4. Incostituzionalita' dell'art 5 della legge Regione Puglia  del  30
novembre 2021, n. 39, per violazione degli  articoli  117,  comma  2,
lettera s), e comma 3, Cost., in relazione agli articoli 135,  143  e
145 del  decreto legislativo 22  gennaio  2004,  n.  42,  e  all'art.
41-quinquies, comma 8 della legge n. 1150 del 1942. 
    L'art. 5 integra l'art. 12 della legge regionale n. 20 del  2001,
aggiungendo al  comma  3  la  lettera  e-ter,  del  seguente  tenore:
«incremento dell'indice  di  fabbricabilita'  fondiaria  fino  a  0,1
mc/mq, per gli interventi di cui all'art. 51 della L.R. n.  56/1980».
Per effetto della novella, viene aggiunta una nuova ipotesi a  quelle
gia' previste dal comma 3, in relazione alle quali «La  deliberazione
motivata del consiglio comunale che apporta variazioni agli strumenti
urbanistici  generali  vigenti  non  e'  soggetta   ad   approvazione
regionale di cui alla legge regionale 31 maggio 1980, n.  56  (Tutela
ed uso del territorio), o a verifica di  compatibilita'  regionale  e
provinciale di cui alla presente legge». La  novella  fa  riferimento
agli interventi di cui all'art. 51 della legge regionale  n.  56  del
1980, oggetto di integrazione ad opera dell'art, 2, le cui criticita'
sono gia' state illustrate innanzi. Peraltro, non e' chiaro  a  quali
tra gli interventi previsti dall'art. 51 gli  incrementi  dell'indice
di fabbricabilita' fondiaria si  riferiscano,  posto  che  l'art.  51
elenca   insediamenti   industriali,   artigianali,   commerciali   e
direzionali, per i quali e' gia' possibile supporre che sia  previsto
un  indice  di  fabbricabilita'  fondiaria  superiore  a  0,1  mc/mq.
L'intento  del  legislatore  regionale  e'  probabilmente  quello  di
riferire l'incremento dell'indice di fabbricabilita'  fondiaria  alle
zone omogenee di tipo E, ossia alle aree agricole, di cui alle  nuove
lettere  g-bis),  g-ter)  e   g-quater)   introdotte   dall'art.   2.
L'incremento, per la genericita' della formulazione,  potrebbe  pero'
essere riferibile anche ad altre ipotesi, come per esempio la lettera
i), riferita alle aree boschive, inserite negli strumenti urbanistici
vigenti alla data di entrata in vigore della legge  regionale  n.  56
del 1980, per le quali l'edificazione e' consentita nella sola radura
nel rispetto delle previsioni  dello  stesso  strumento  urbanistico,
previo parere dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste anche  ai
fini dell'ammissibi I ita'  degli  indici  e  dei  parametri  edilizi
utilizzati. Occorre anche  precisare  che  l'art.  51,  primo  comma,
contiene anche norme di salvaguardia per la  tutela  di  alcuni  beni
paesaggistici (sempre nelle more dell'entrata  in  vigore  dei  Piani
territoriali) come per esempio la lettera O, ai sensi della quale  e'
fatto divieto di edificazione  entro  la  fascia  di  300  metri  dal
confine del demanio marittimo, e la lettera h), ai sensi della  quale
e' vietata qualsiasi edificazione all'interno  della  fascia  di  200
metri dalla  battigia  delle  coste,  dei  laghi,  dei  fiumi,  delle
gravine. Come detto, il PUU/P del 2000 prima, e il PPTR del 2015 poi,
hanno  disciplinato  con  specifiche  prescrizioni   d'uso   i   beni
paesaggistici  citati,  consentendo  alcuni  e  limitati   interventi
edilizi  a  determinate  condizioni,  superando  le  disposizioni  di
salvaguardia transitorie di cui all'art. 51. Con le  novelle  di  cui
agli articoli 2 e 5 la Regione cerca invece, attraverso le  modifiche
alla normativa di salvaguardia transitoria di cui all'art.  51  della
legge regionale del 1980, di introdurre  una  disciplina  derogatoria
alla disciplina di piano, non per le finalita' di tutela che  avevano
contraddistinto la genesi dell'art. 51, ma addirittura per le opposte
finalita' di «superare» (cosi' derogandovi)  in  via  unilaterale  la
normativa di tutela del piano condivisa  con  lo  Stato,  consentendo
nuove edificazioni nelle aree agricole e incrementi edilizi non  solo
nelle aree agricole, ma anche nelle aree boscate  e  nelle  fasce  di
rispetto   delle   acque.   Sotto   altro    profilo,    l'incremento
indiscriminato dell'indice di fabbricabilita' fondiaria  fino  a  0,1
mc/mq, riferibile alle zone omogenee  di  tipo  E,  ossia  alle  aree
agricole, contrasta con quanto previsto a livello nazionale dal  D.M.
n. 1444 del 1968, che definisce non solo i rapporti massimi  tra  gli
spazi destinati agli insediamenti residenziali  e  produttivi  e  gli
spazi  pubblici  o  riservati  alle  attivita'  collettive,  a  verde
pubblico o a parcheggi (art. 3 e 5), fissando le quantita' minime  di
queste ultime, ma anche i limiti inderogabili  di  densita'  edilizia
(art. 7), di altezza degli edifici (art.  8)  e  di  distanza  tra  i
fabbricati (art.  9),  che  vanno  rispettati  per  le  diverse  zone
territoriali omogenee. In particolare, per quanto attiene  alle  zone
agricole,  in  linea  di  principio.  per  tutelare   il   paesaggio,
l'ambiente e controllare la densita'  edilizia,  prevale  la  formula
della inedificabiliita'. Anche nei limitati casi in  cui  e'  ammessa
l'attivita'  edificatoria  nelle  zone   agricole,   la   stessa   e'
estremamente ridotta ed e' stabilito un limite massimo e inderogabile
con indice di edificabilita' a fini di insediamento residenziale pari
a 0,03 metri cubi per metro quadro. 
    Viene quindi introdotta una previsione derogatoria rispetto  alla
norma fondamentale posta dall'art. 41-quinquies, comma 8, della legge
n. 1150 del 1942, che impone il rispetto dei limiti  inderogabili  di
densita'  edilizia  previsti  per  le  diverse  zone  del  territorio
comunale (cfr. Corte costituzionale n. 217 del 2020).  La  previsione
in esame e' idonea a determinare la  trasformazione  di  insediamenti
rurali in insediamenti abitativi, con conseguente  grave  rischio  di
fenomeni di c.d. dispersione urbana. 
    In conclusione, la disposizione  e'  illegittima  per  violazione
degli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei  beni  culturali  e  del
paesaggio, da considerare norme  interposte  rispetto  all'art.  117,
comma 2, lettera s), Cost,  nonche'  per  violazione  dell'art.  117,
comma 3, in materia di Governo  del  territorio,  in  relazione  alla
norma   fondamentale   di   grande   riforma   contenuta    nell'art.
41-quinquies, comma 8, della legge n. 1150 del 1942. 
    Per questi  motivi  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
propone  il  presente  ricorso  e  confida  nell'accoglimento   delle
seguenti conclusioni; 
 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia     l'ecc.ma     Corte      costituzionale      dichiarare
costituzionalmente illegittimi gli articoli. 2, 3, 4, 5  della  legge
Regione Puglia, del 30 novembre 2021, n. 39, pubblicata  nel  BUR  n.
150 del 3 dicembre 2021, recante «modifiche alla legge  regionale  31
maggio 1980, n. 56 (Tutela ed uso del  territorio),  disposizioni  in
materia urbanistica, modifica alla legge regionale 27 luglio 2001, n.
20 (Norme generali di Governo e uso del  territorio),  modifica  alla
legge regionale 6 agosto 2021, n. 25 (Modifiche alla legge  regionale
11 febbraio 1999, n. 11, «Disciplina  delle  strutture  ricettive  ex
articoli 5, 6 e 10 della legge 17 maggio 1983, n. 217 delle attivita'
turistiche ad uso pubblico gestite in regime di concessione  e  delle
associazioni  senza  scopo  di  lucro»  e   disposizioni   varie)   e
disposizioni  in  materia   derivazione   acque   sotterranee»,   per
violazione degli articoli 3, 9, 97, 117, secondo comma, lettera s), e
terzo comma, Cost., nonche' del principio di leale collaborazione. 
    Si producono: 
        1. copia della legge regionale impugnata; 
        2. copia conforme della delibera del Consiglio  dei  ministri
adottata nella riunione del 31 gennaio 2022 recante la determinazione
di  proposizione  del  presente  ricorso,  con   allegata   relazione
illustrativa. 
          Roma, 31 gennaio 2022 
 
                    L'Avvocato dello Stato: Guida