N. 15 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 febbraio 2022
Ordinanza del 1° febbraio 2022 del Tribunale di Crotone nel procedimento di esecuzione promosso da Medical System S.p.a. contro Azienda Sanitaria Provinciale di Crotone e Banca Nazionale del Lavoro S.p.a.. Esecuzione forzata - Sanita' pubblica - Divieto di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti degli enti del Servizio sanitario della Regione Calabria - Inefficacia dei pignoramenti e delle prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalla Regione Calabria agli enti del proprio Servizio sanitario effettuati prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 146 del 2021 - Applicazione fino al 31 dicembre 2025. - Decreto-legge 19 maggio 2021 (recte: 2020), n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonche' di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2021 (recte: 2020), n. 77, art. 117, comma 4 [recte: Decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 (Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2021, n. 215, art. 16-septies, comma 2, lettera g)].(GU n.10 del 9-3-2022 )
TRIBUNALE DI CROTONE Sezione civile Ufficio esecuzioni e procedure concorsuali Il giudice dell'esecuzione, dott. Davide Rizzuti, a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 19 gennaio 2022, letti gli atti della procedura espropriativa sopra indicata; Osserva La presente procedura espropriativa e' stata promossa nei confronti dell'Azienda Sanitaria Provinciale di Crotone ad istanza di Medical System S.p.a. in forza di plurimi titoli esecutivi di natura giudiziale (d.i. n. 664/2010 di questo Tribunale e d.i. n. 4728/2016 del Tribunale di Genova) per un importo pari ad euro 1.113.325,75. Nel corso del processo il terzo pignorato Banca Nazionale del Lavoro S.p.a. (tesoriere dell'ente) ha inizialmente reso ex art. 547 del codice di procedura civile la seguente dichiarazione: «La B.N.L. S.p.a. per la somma assoggettata ad esecuzione non ha apposto alcun vincolo in uscita sulle contabilita' dell'Azienda Sanitaria Provinciale di Crotone. Fa presente che alla data di notifica del pignoramento le evidenze di tesoreria accese a nome dell'ente esecutato espongono un saldo contabile debitore, rimasto di segno negativo fino alla data odierna». Stante il tenore negativo della dichiarazione di consistenza il creditore procedente ha promosso istanza di accertamento dell'obbligo del terzo ex art. 549 del codice di procedura civile. In tale frangente e' sopravvenuta la disposizione di cui all'art. 117, quarto comma, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito in legge n. 77 del 2020: «Al fine di far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19 nonche' per assicurare al Servizio sanitario nazionale la liquidita' necessaria allo svolgimento delle attivita' legate alla citata emergenza, compreso un tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale di cui all'art. 19 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive; i pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni agli enti del proprio Servizio sanitario regionale effettuati prima della data di entrata in vigore del presente provvedimento non producono effetti dalla suddetta data e non vincolano gli enti del Servizio sanitario regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per le finalita' dei predetti enti legate alla gestione dell'emergenza sanitaria e al pagamento dei debiti, delle somme agli stessi trasferite durante il suddetto periodo; le disposizioni del presente comma si applicano fino al 31 dicembre 2020». In seguito, l'efficacia temporale della disposizione e' stata ulteriormente prorogata ad opera dell'art. 3, comma 8 del decreto-legge n. 183 del 2020: «fino al 31 dicembre 2021». Nelle more l'art. 117 cit. e' stato oggetto di sindacato di costituzionalita' a seguito delle ordinanze di rimessione disposte dal Tribunale di Napoli, dal Tribunale di Benevento nonche' dal TAR Calabria - Sezione distaccata di Reggio Calabria. Alla luce di cio', valorizzando i poteri di direzione del processo esecutivo, e' stato disposto un rinvio della trattazione all'udienza del 19 gennaio 2022. La Corte costituzionale con sentenza n. 236 del 2021, depositata in data 7 dicembre 2021 - richiamando altresi' i precedenti di cui alle pronunce n. 128 del 2021 (in tema di sospensione delle procedure aventi ad oggetto l'abitazione principale del debitore) e n. 231 del 2021 (in tema di misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all'emergenza da COVID-19) - ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 8 del decreto-legge n. 183 del 2020, limitatamente agli effetti della proroga sino al 31 dicembre 2021. Ebbene, venuta meno la causa di non procedibilita', all'udienza del 19 gennaio 2022 il creditore ha insistito nell'assegnazione degli importi oggetto di pignoramento e cio' in virtu' della nuova dichiarazione versata in atti del terzo tesoriere. Tanto premesso, alla luce della documentazione depositata dal creditore (e altresi' dei consolidati orientamenti di questo ufficio in tema di accertamento dell'obbligo del terzo in caso di pignoramento dei conti di tesoreria) questo giudice sarebbe chiamato a pronunciare ordinanza di assegnazione, quantomeno in termini parzialmente satisfattivi. Ciononostante, il legislatore e' intervenuto nuovamente sulla materia (seppur con una norma ad effetto territorialmente limitato alla sola Regione Calabria), introducendo con l'art. 16-septies, lettera g) della legge 17 dicembre 2021, n. 215, di conversione del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 (la cui rubrica recita: Misure di rafforzamento dell'Agenas e del servizio sanitario della Regione Calabria) una nuova ipotesi di non procedibilita' delle azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie, del seguente tenore: «Al fine di coadiuvare le attivita' previste dal presente comma, assicurando al servizio sanitario della Regione Calabria la liquidita' necessaria allo svolgimento delle predette attivita' finalizzate anche al tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti del servizio sanitario della Regione Calabria di cui all'art. 19 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive. I pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalla Regione Calabria agli enti del proprio Servizio sanitario regionale effettuati prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto non producono effetti dalla suddetta data e non vincolano gli enti del Servizio sanitario regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per il pagamento dei debiti, delle somme agli stessi trasferite durante il suddetto periodo. Le disposizioni della presente lettera si applicano fino al 31 dicembre 2025». Dunque, a fronte di una situazione di potenziale sussistenza dei presupposti per la pronuncia dell'ordinanza di assegnazione, occorre verificare in quale misura la disposizione di legge sopravvenuta sia idonea a incidere sulla perdurante vigenza del vincolo del pignoramento ed, eventualmente, a precludere la pronuncia dell'ordinanza di assegnazione. La previsione di cui all'art. 16-septies, lettera g) della legge 17 dicembre 2021, n. 215, di conversione del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, si inquadra nell'ambito di una presa di posizione politico-normativa tesa a salvaguardare le esigenze di liquidita' della sanita' calabrese, oggetto di una perdurante crisi generale e oggetto di commissariamento da oltre un decennio; purtuttavia la scelta operata dal legislatore evidenzia una plurima serie di criticita' e irrazionalita' rese ancor piu' evidenti dal dichiarato intento di assicurare il «tempestivo pagamento dei debiti commerciali». Ritiene questo giudice che con l'introduzione di tale fattispecie normativa venga in rilievo una nuova ipotesi di definitiva «improcedibilita'» delle esecuzioni pendenti, in modo non dissimile da quanto avvenuto con la disposizione di cui dell'art. 117 cit., prorogata nei suoi effetti temporali dall'art. 3, comma 8, del decreto-legge n. 183 del 2020 e dichiarata incostituzionale con la piu' volte citata sentenza n. 236 del 2021. A sostegno di tale esegesi milita anzitutto il tenore letterale della disposizione di legge. Invero, il legislatore ha espressamente sancito un divieto generalizzato di agire esecutivamente nei confronti degli enti del servizio sanitario della Regione Calabria, inibendo tanto l'avvio, quanto l'ulteriore prosieguo delle espropriazioni in danno di tali enti, per un arco temporale estremamente dilatato, sino al 31 dicembre 2025. Dunque, la circostanza per cui il sopra citato art. 16-septies, comma 2, lettera g) abbia «nuovamente» optato per una formulazione incentrata sull'espressa previsione di improcedibilita' (piuttosto che sul meccanismo della sospensione) appare sintomatica di una scelta volta a configurare una vera e propria ipotesi di «caducazione» del vincolo del pignoramento e non gia' un mero arresto temporaneo dell'ulteriore corso dell'esecuzione con salvaguardia del vincolo esistente. L'evenienza e' resa evidente dalla espressa previsione normativa per cui «i pignoramenti (...) non producono effetti dalla suddetta data e non vincolano gli enti del Servizio sanitario regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per il pagamento dei debiti, delle somme agli stessi trasferite durante il suddetto periodo». La conclusione raggiunta presenta indubbi aspetti di criticita' sotto il profilo costituzionale. Ciononostante, non appare fuor luogo verificare la praticabilita' di una diversa interpretazione diretta ad «attenuare» i riflessi della sanzione di improcedibilita' sulle procedure espropriative gia' pendenti. Nondimeno, ritiene questo giudice che la soluzione al quesito debba essere negativa. A tal riguardo non appare fuor luogo condividere e riportare l'orientamento efficacemente illustrato dal Tribunale di Napoli nell'ordinanza di rimessione del 20 dicembre 2020 (dott. Colandrea), relativa all'interpretazione dell'art. 117 cit. e sovrapponibile in relazione agli effetti anche norma in esame (art. 16-septies, lettera g) cit.). Invero, si e' gia' evidenziato come non sia possibile interpretare il divieto di proseguire le procedure espropriative gia' pendenti nei termini di una mera sospensione temporanea dell'ulteriore corso dell'esecuzione, con salvezza degli effetti dei pignoramenti gia' eseguiti. In secondo luogo, non appare plausibile un'interpretazione restrittiva della disposizione in esame che - collegando il divieto del comma 2, lettera g) alle precedenti previsioni dei commi 1, 2, lettera da a) ad f) - limiti l'operativita' di siffatto divieto alle sole (maggiori) risorse finanziarie messe a disposizione del Servizio sanitario nazionale per il superamento della crisi sanitaria regionale. Indubbiamente, il divieto di procedere esecutivamente si colloca nel quadro di un piu' ampio intervento volto ad «incrementare» le risorse per far fronte alla necessita' di ovviare al grave disavanzo finanziario del Sistema sanitario regionale calabrese (ratio espressa lungo l'intero corso dell'art. 16-septies). Tuttavia, in alcun modo quel divieto e' limitato ai soli trasferimenti finanziari operati con il medesimo art. 16-septies, ne' l'obiettivo dichiarato dal legislatore di assicurare una maggiore liquidita' per gli enti del Servizio sanitario nazionale giustifica una limitazione di tal fatta. Una tale prospettazione si tradurrebbe nell'elisione di una rilevante parte del contenuto precettivo della norma, atteso che non avrebbe ragion d'essere ne' la previsione del divieto (non solo di iniziare, ma anche) di proseguire le azioni esecutive. Resta da verificare un'ultima opzione: quella di un'interpretazione che - con riguardo ai pignoramenti pregressi - non escluda la caducazione degli effetti (e, quindi, l'inoperativita' del vincolo gia' perfezionato sulle somme), ma postuli comunque il carattere meramente temporaneo di tale fenomeno sotto forma di «reviviscenza» del vincolo allo spirare del termine sancito dal legislatore (ovviamente, sulle sole disponibilita' finanziarie successive). Tuttavia, neppure tale soluzione appare plausibile. Anzitutto, oltre ai sopra citati elementi di carattere letterale e logico-sistematico deve evidenziarsi come un fenomeno del genere non solo appaia sostanzialmente sconosciuto al vigente ordinamento giuridico processuale, ma ponga soprattutto inevitabili problemi in relazione alle modalita' con cui operare la pretesa «reviviscenza» del vincolo del pignoramento, essendo difficile ipotizzarne il ripristino automatico sol che si pensi alle esigenze di certezza nei rapporti con un soggetto estraneo alle vicende di debito-credito (tale essendo il terzo pignorato). Una tale interpretazione sovvertirebbe infatti principi propri delle azioni esecutive consentendo la perdurante pendenza del processo espropriativo seppur epurato del suo effetto tipico sostanziale, ossia del vincolo di indisponibilita' relativa di cui all'art. 2913 del codice civile, potendo l'ente disporre delle somme pignorate per tutto l'arco temporale previsto. In ogni caso, poi, una soluzione di tal genere non escluderebbe che - stante la caducazione del vincolo del pignoramento (sebbene con un'efficacia per cosi' dire temporanea) - sarebbe comunque paralizzato il diritto di agire esecutivamente del creditore. Dunque, non verrebbe eliminato quel punto di «frizione» con l'esigenza di assicurare la tutela costituzionale del diritto di azione del creditore. Le considerazioni che precedono comportano che, nel caso di specie, questo giudice dovrebbe procedere non gia' all'ordinanza di assegnazione, bensi' alla dichiarazione di definitiva improcedibilita' della presente esecuzione. In conformita' alla complessiva interpretazione sopra operata, infatti, la sopravvenuta previsione dell'art. 16-septies, comma 2, lettera g) cit., si risolve nel venir meno dell'oggetto dell'esecuzione gia' intrapresa in conseguenza della caducazione ex lege del vincolo del pignoramento. Tuttavia, appare legittimo dubitare della compatibilita' di una siffatta conclusione in relazione alle disposizioni degli artt. 24 e 111 della Costituzione in tema di tutela giurisdizionale dei diritti e giusto processo e cio' in virtu' di quanto rimarcato dalla stessa Corte costituzionale in plurime occasioni relative a previsioni legislative dirette al «blocco» di azioni esecutive nei confronti di determinate categorie di enti pubblici (e, in special modo, quelli del Servizio sanitario nazionale). Ai fini di opportuna sintesi appare anzitutto opportuno richiamare quanto precisato nella sentenza n. 186 del 2013, nella quale - nell'esaminare la questione della legittimita' dell'art. 1, comma 51, della legge n. 220 del 2010 (disposizione che ha rappresentato il modello di riferimento utilizzato per l'art. 117 cit. e anche nel caso di specie) - i giudici costituzionali hanno compendiato le condizioni in presenza delle quali la previsione del divieto di azioni esecutive e la caducazione delle procedure gia' pendenti possa ritenersi compatibile con i principi degli artt. 24 e 111 della Costituzione. Nelle parole della Corte un intervento legislativo di tal fatta «puo' ritenersi giustificato da particolari esigenze transitorie qualora, per un verso, siffatto svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale (sentenze n. 155 del 2004 e n. 310 del 2003) e, per altro verso, le disposizioni di carattere processuale che incidono sui giudizi pendenti, determinandone l'estinzione, siano controbilanciate da disposizioni di carattere sostanziale che, a loro volta, garantiscano, anche per altra via che non sia quella della esecuzione giudiziale, la sostanziale realizzazione dei diritti oggetto delle procedure estinte (in tal senso cfr. altresi' sentenze n. 277 del 2012 e n. 364 del 2007)». Ancor piu' emblematiche le osservazioni della Corte nella piu' volte citata sentenza n. 236 del 2021, nella quale - nell'esaminare la questione della legittimita' dell'art. 117, quarto comma, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito in legge n. 77 del 2020 e prorogato nei suoi effetti dall'art. 3, comma 8 del decreto-legge n. 183 del 2020 - e' stato osservato che: «L'originaria durata del "blocco" delle esecuzioni e dell'inefficacia dei pignoramenti disposti dall'art. 117, comma 4, del decreto-legge n. 34 del 2020 era contenuta in poco piu' di sette mesi, dall'entrata in vigore del 19 maggio 2020 fino al 31 dicembre dello stesso anno. La misura si esauriva quindi nella prima fase dell'emergenza pandemica da COVID-19 - quella piu' acuta e destabilizzante -, allorche' una sospensione indistinta e generalizzata delle procedure esecutive nei confronti degli enti sanitari poteva dirsi ragionevole e proporzionata, "per agevolare una regolare programmazione e gestione amministrativa e contabile dei pagamenti", come si esprime la relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 34 del 2020. Sono pertanto non fondate le questioni di legittimita' costituzionale concernenti l'art. 117, comma 4, del decreto-legge n. 34 del 2020, come convertito, nella sua formulazione originaria. Nonostante l'evoluzione dell'emergenza sanitaria e la possibilita' di ricalibrare su di essa la programmazione di cassa, l'art. 3, comma 8, del decreto-legge n. 183 del 2020 ha prorogato la misura in danno dei creditori per un intero anno senza alcun aggiornamento della valutazione comparativa tra i loro diritti giudizialmente accertati e gli interessi dell'esecutato pubblico. In tal modo, gli effetti negativi della protrazione del "blocco" delle esecuzioni sono stati lasciati invariabilmente a carico dei creditori, tra i quali pure possono trovarsi anche soggetti cui e' stato riconosciuto un risarcimento in quanto gravemente danneggiati nella salute o operatori economici a rischio di espulsione dal mercato. Costituzionalmente tollerabile ab origine, la misura e' divenuta sproporzionata e irragionevole per effetto di una proroga di lungo corso e non bilanciata da una piu' specifica ponderazione degli interessi in gioco, che ha leso il diritto di tutela giurisdizionale ex art. 24 della Costituzione nonche', al contempo, la parita' delle parti e la ragionevole durata del processo esecutivo. Il protratto sacrificio imposto ai creditori sul piano della tutela giurisdizionale avrebbe potuto essere ricondotto a conformita' con i parametri costituzionali ove fosse stata approntata una tutela alternativa di contenuto sostanziale. Se e' dubbio che questa potesse rinvenirsi nell'anticipazione di liquidita' prevista dall'art. 117, comma 5, del decreto-legge n. 34 del 2020, considerato che l'accesso ad essa era rimesso ad un'opzione volontaria del debitore regionale, certo e' che il termine per la richiesta di provvista e' scaduto il 7 luglio 2020, e non e' stato riaperto, cosicche', seppure un meccanismo compensativo sussisteva, esso e' venuto meno in regime di proroga. Deve essere quindi dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 8, del decreto-legge n. 183 del 2020, come convertito, per violazione degli artt. 24 e 111 della Costituzione, con assorbimento della questione di cui all'art. 3 della Costituzione». I principi espressi dalla Corte trovano piena applicazione anche al caso di specie ove e' legittimo dubitare del rispetto delle condizioni indicate. Deve invero rilevarsi che l'orizzonte temporale della disposizione in discorso (art. 16-septies, comma 2, lettera g)) e' stato ampiamente dilatato sino a tutto il 2025, in assenza di alcun meccanismo idoneo ad assicurare una tutela sostanziale in via equivalente. Occorre inoltre tener conto della ratio dell'intervento normativo quale esplicitata expressis verbis nell'incipit del comma 2 e nel comma 2, lettera g) ove si legge: «al fine di assicurare il rispetto della direttiva europea sui tempi di pagamento e l'attuazione del Piano di rientro dei disavanzi sanitari della Regione Calabria; lettera g) (...) al fine di coadiuvare le attivita' previste dal presente comma, assicurando al servizio sanitario della Regione Calabria la liquidita' necessaria allo svolgimento delle predette attivita' finalizzate anche al tempestivo pagamento dei debiti commerciali». In altri termini, al precipuo fine di garantire il rientro dal disavanzo sanitario e ovviare ai perduranti ritardi nei pagamenti dei debiti commerciali la norma intende liberare liquidita' in favore del Servizio sanitario regionale ad esclusivo danno di quelle stesse posizioni creditorie che intenderebbe tutelare. In tema, non puo' non evidenziarsi che la previsione normativa determina una manifesta lesione dei principi cristallizzati nelle disposizioni di cui agli artt. 24 e 111 della Costituzione in tema di tutela giurisdizionale dei diritti, giusto processo e sua ragionevole durata; i creditori incisi dalla disposizione di legge in esame, ancorche' muniti di titolo esecutivo e benche' parti attive di un gia' avviato processo espropriativo, subiscono cosi' una irragionevole frustrazione delle proprie legittime ragioni di credito, gia' frustrate per quasi due anni dalla causa di non procedibilita' disposta con l'art. 117 cit. In buona sostanza i titolari di diritti di credito verso gli enti del Servizio sanitario regionale dovrebbero sostenere a loro esclusivo danno i costi di una improcedibilita' che da maggio 2020 viene ora sostanzialmente prorogata a tutto il 2025 (di fatto determinando la caducazione del vincolo pignoratizio), nella labile speranza che la liquidita' vincolata a loro favore in virtu' di pignoramenti intrapresi venga, quantomeno in parte, destinata a soddisfare le loro ragioni. In pratica la norma manifesta una sorta di anomalo meccanismo di composizione concorsuale dei crediti del tutto avulso dal sistema ordinamentale e scevro da qualsivoglia forma di controllo giudiziale sulle modalita' attuative. A questo punto deve essere ulteriormente rimarcato che la disposizione in esame, limitata nei suoi effetti al Servizio sanitario regionale calabrese, e' del tutto analoga a quella di cui all'art. 117 del decreto-legge n. 34/2020, dichiarato incostituzionale con sentenza n. 236 del 2021 in ragione dell'ingiustificata proroga dal 31 dicembre 2020 al 31 dicembre 2021 (si riporta nuovamente il testo della norma: «Al fine di far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19 nonche' per assicurare al Servizio sanitario nazionale la liquidita' necessaria allo svolgimento delle attivita' legate alla citata emergenza, compreso un tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale di cui all'art. 19 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive. I pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni agli enti del proprio Servizio sanitario regionale effettuati prima della data di entrata in vigore del presente provvedimento non producono effetti dalla suddetta data e non vincolano gli enti del Servizio sanitario regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per le finalita' dei predetti enti legate alla gestione dell'emergenza sanitaria e al pagamento dei debiti, delle somme agli stessi trasferite durante il suddetto periodo. Le disposizioni del presente comma si applicano fino al 31 dicembre 2020»). In definitiva, le uniche sostanziali differenze tra l'art. 117 cit. e la norma di cui all'art. 16-septies, lettera g) sono: l'assenza di qualsivoglia riferimento all'emergenza pandemica da COVID-19; la differente durata temporale della non procedibilita' che in tale ultimo caso e' ben piu' ampia (oltre quattro anni) degli iniziali sette mesi previsti dall'art. 117. Ebbene, questo giudice ritiene che dal momento che una cosi' ambigua causa di non procedibilita' non ha superato il vaglio di costituzionalita' per le ragioni indicate nella riportata pronuncia n. 236 del 2021 (e pur nell'attualita' della crisi sanitaria da COVID-19) non appare irragionevole ipotizzare una conclusione analoga rispetto alla previsione di cui all'art. 16-septies, comma 2, lettera g), specie considerato che gli effetti della disposizione di nuovo conio sono, come visto, ancor piu' lesivi dei diritti costituzionali dei soggetti coinvolti. Sul punto, si ribadisce che nell'art. 16-septies cit. scompare ogni riferimento agli effetti dell'emergenza epidemiologica che aveva legittimato un limitato intervento a tutela del servizio sanitario (per soli sette mesi - cosi' Corte costituzionale n. 236 del 2021); la ratio ispiratrice dell'intervento non e' infatti riconnessa ad una grave e non prevedibile crisi sanitaria bensi' alla sola necessita' di favorire il rientro dal disavanzo sanitario della Regione Calabria, circostanza non certo improvvisa e ignota (bensi' ignorata) posto che il commissariamento della sanita' calabrese perdura da oltre un decennio. A cio' si aggiunga che la dilatazione del periodo di non procedibilita' sino al 31 dicembre 2025 rende lampante l'assenza di una oculata operazione bilanciamento tra i vari interessi coinvolti, incidendo in modo diretto e sostanziale anche sugli effetti della citata pronuncia n. 236 del 2021. In relazione a tale ultimo assunto si osserva che nonostante le pronunce dichiarative d'illegittimita' costituzionale producano effetti erga omnes con efficacia ex tunc, salvi i cc.dd. rapporti esauriti, nel caso dei creditori del servizio sanitario calabrese la pronuncia dichiarativa di incostituzionalita' verrebbe, nei fatti, privata dei suoi effetti sostanziali e cio' poiche' la norma sopravvenuta determina un sostanziale prolungamento, senza soluzione di continuita', di quanto disposto con la proroga di cui all'art. 3, comma 8, del decreto-legge n. 183 del 2020, dichiarata incostituzionale con la piu' volte citata sentenza n. 236 del 2021. E' del tutto evidente che la declaratoria di incostituzionalita' di cui alla sentenza n. 236 sia intervenuta (dicembre 2021) allorquando la norma aveva di fatto esaurito i suoi effetti (previsti sino al 31 dicembre 2021); ne consegue che la disposizione di cui all'art. 16-septies, comma 2, lettera g) nel replicare in termini pedissequi il contenuto dell'art. 117 cit. determina un sostanziale prolungamento degli effetti di una norma di legge dichiarata incostituzionale, ancorche' rispetto al solo territorio della Regione Calabria. A parere di questo giudicante, tale limitata efficacia territoriale non rappresenta un presupposto giustificativo dell'intervento, tale da consentire un superamento in via interpretativa delle criticita' evidenziate, all'opposto evidenzia un ulteriore elemento di frizione costituzionale rispetto al principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione e del suo corollario della ragionevolezza. In tema, la giurisprudenza della Corte costituzionale, sin dai primi anni di attivita', ha affermato che l'eguaglianza «e' principio generale che condiziona tutto l'ordinamento nella sua obiettiva struttura (cosi', sentenza n. 25 del 1966)», nonche', secondo la sentenza n. 204 del 1982, «canone di coerenza (...) nel campo delle norme del diritto». La lettura che la giurisprudenza della Corte ha dato del principio di eguaglianza - inteso in senso sia formale, quale regola della forza e dell'efficacia della legge, sia sostanziale, quale regola del contenuto della stessa - ha portato a enucleare anche un generale principio di «ragionevolezza», alla luce del quale la legge deve regolare in maniera uguale situazioni uguali e in maniera razionalmente diversa situazioni diverse «il principio di eguaglianza e' violato anche quando la legge, senza un ragionevole motivo, faccia un trattamento diverso ai cittadini che si trovino in eguali situazioni (sentenza n. 15 del 1960), poiche' «l'art. 3 della Costituzione vieta disparita' di trattamento di situazioni simili e discriminazioni irragionevoli (sentenza n. 96 del 1980)». L'applicazione di tali principi al caso di specie rende ampiamente legittimo il dubbio circa la tenuta costituzionale della disposizione di cui all'art. 16-septies, lettera g) della legge 17 dicembre 2021, n. 215, di conversione del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, rispetto al profilo della ragionevolezza dell'intervento e della disparita' di trattamento in situazioni identiche. Il principio di eguaglianza e il suo corollario della ragionevolezza guardano al beneficiario del diritto sicche', di conseguenza, del tutto immotivata si palesa la diversita' di trattamento su base regionale riservata ai titolari di diritti di credito nei confronti degli enti del servizio sanitario calabrese. Invero, gli effetti della norma di legge comportano che una qualsivoglia persona, fisica o giuridica, titolare di diritti di credito nei confronti degli enti del sistema sanitario potra' efficacemente agire a tutela dei propri diritti in una qualunque regione d'Italia (pur nella perdurante vigenza crisi sanitaria da COVID-19) ma non se il debitore e' un ente del servizio sanitario della Regione Calabria. Ancora, un medesimo soggetto giuridico che vanti diritti di credito nei confronti di plurimi enti del servizio sanitario, sedenti in diverse regioni, potra' agire a tutela dei propri diritti rivolgendosi all'autorita' giudiziaria presso qualsiasi ufficio del territorio nazionale ad eccezione di quelli calabresi, il cui territorio sara' l'unico ad essere inciso da un profondo vulnus nella tutela dei diritti e nella conseguente possibilita' di agire in giudizio. A cio' si aggiunga che oltre a degradare la tutela dei diritti in un'unica regione italiana l'efficacia temporale di tale «blocco sistematico» e' prevista sino al 31 dicembre 2025, termine di gran lunga superiore a quello indicato nelle precedenti norme di analogo tenore, pur dichiarate incostituzionali. La giustificazione dell'intervento non trova neppure la propria fonte nelle imprevedibili difficolta' connesse all'emergenza pandemica (come avvenuto nelle altre disposizioni citate), bensi' nell'esigenza di attenuare gli effetti del fallimento sistematico del sistema sanitario, tanto nella fase di gestione in capo alla Regione Calabria quanto nel lungo decennio di gestione commissariale; il tutto ad esclusivo danno dei titolari di posizioni creditorie, impossibilitati ad agire a tutela dei propri di diritti (art. 24 della Costituzione) mediante avvio di un processo giusto e ragionevole nei suoi tempi (art. 111 della Costituzione), in manifesta disparita' di trattamento rispetto ai titolari di analoghi diritti vantati nei confronti di enti dei servizi sanitari regionali diversi da quelli della Regione Calabria (art. 3 della Costituzione). In definitiva, le considerazioni che precedono inducono a configurare come rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 16-septies, lettera g) della legge 17 dicembre 2021, n. 215, di conversione del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, sotto un triplice profilo: anzitutto, in relazione al parametro dell'art. 24 della Costituzione, atteso che il «sacrificio» posto a carico dei creditori degli enti del Servizio sanitario regionale (sotto forma di improcedibilita' delle azioni esecutive dagli stessi gia' promosse) non appare «bilanciato» con la previsione di un sistema di effettiva tutela equivalente, con consequenziale vanificazione degli effetti della tutela giurisdizionale gia' conseguita nei procedimenti esecutivi promossi da quei creditori; in secondo luogo, poi, in relazione altresi' al parametro dell'art. 111 della Costituzione con riguardo al concetto della «parita' delle armi», atteso che, con la disposizione censurata, il legislatore ha finito per introdurre una fattispecie di ius singulare che - pur originata da ragioni afferenti la necessita' di operare un rientro dal disavanzo finanziario - ha determinato uno sbilanciamento fra due posizioni in gioco, esentando quella pubblica, di cui lo Stato risponde economicamente, dagli effetti pregiudizievoli delle condanne giudiziarie subite; in terzo luogo, in relazione al principio di eguaglianza di cui all'art. 3 e del suo corollario della ragionevolezza, posto che la norma in esame ha determinato un'effettiva disparita' di trattamento tra posizioni analoghe introducendo un blocco sistematico in un'unica regione del territorio nazionale con l'ulteriore conseguenza di prolungare (rispetto ai soli creditori degli enti del servizio regionale calabrese) gli effetti di una disposizione normativa gia' dichiarata incostituzionale con la sentenza n. 236 del 2021. Nella misura in cui la disposizione dell'art. 16-septies, comma 2, lettera g), dovrebbe trovare applicazione nel caso di specie (con conseguente rilevanza della questione ai fini del prosieguo della presente procedura), pertanto, ritiene questo giudice di disporre d'ufficio la rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la soluzione della questione di legittimita' sopra prospettata.
P.Q.M. Letto l'art. 23 della legge n. 87 del 1953: dichiara d'ufficio rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' dell'art. 117, quarto comma, del decreto-legge n. 34 del 2021, convertito in legge n. 77 del 2021, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzionde e per l'effetto: dispone la rimessione degli atti alla Corte costituzionale; dichiara sospeso il presente procedimento; dispone la comunicazione della presente ordinanza, a cura della cancelleria, alle parti del procedimento, alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Crotone, in data 1° febbraio 2022. Il giudice: Rizzuti