N. 52 SENTENZA 12 gennaio - 3 marzo 2022

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Imposte e tasse - Norme della Regione Lazio - Impianti di smaltimento
  e recupero dei rifiuti urbani e delle discariche -  Tariffa  dovuta
  dai Comuni utenti al soggetto gestore - Quota percentuale a  favore
  del Comune sede  dell'impianto  o  della  discarica  (c.d.  benefit
  ambientale)  -  Denunciata  violazione  della  competenza   statale
  esclusiva in materia di tutela  dell'ambiente  e  dei  principi  in
  materia di coordinamento della finanza pubblica -  Inammissibilita'
  delle questioni. 
- Legge della Regione Lazio 9 luglio 1998, n. 27, art. 29, comma 2. 
- Costituzione, artt. 117, secondo comma, lettera s), e 119,  secondo
  comma. 
(GU n.10 del 9-3-2022 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giuliano AMATO; 
Giudici :Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni
  AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,  Angelo
  BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 29, comma 2,
della legge della Regione Lazio 9  luglio  1998,  n.  27  (Disciplina
regionale della gestione dei  rifiuti),  promossi  dal  Consiglio  di
Stato con ordinanza del 24 giugno  2020  e  dal  Tribunale  ordinario
civile di Cassino con  ordinanza  del  25  febbraio  2021,  iscritte,
rispettivamente, al n. 154 del registro ordinanze 2020 e  al  n.  159
del registro ordinanze 2021 e  pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 2020 e n. 37,
prima serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visti gli atti di costituzione del Centro servizi ambientali srl,
della RIDA ambiente srl, della Regione Lazio, del Comune di  Aprilia,
del Comune di San Vittore nel Lazio, nonche' quello,  fuori  termine,
del Comune di Castelforte; 
    udito nell'udienza pubblica dell'11 gennaio 2022 e  nella  camera
di consiglio del 12 gennaio 2022 il Giudice relatore Luca Antonini; 
    uditi  gli  avvocati  Francesco  Fidanza   per   Centro   servizi
ambientali srl, Francesco Fonderico  e  Michele  Proverbio  per  RIDA
ambiente  srl,  Teresa  Chieppa  per  la  Regione  Lazio,  tutti   in
collegamento da remoto,  ai  sensi  del  punto  1)  del  decreto  del
Presidente della Corte del  18  maggio  2021,  Giuseppe  Naccarato  e
Massimo Sesselego per il Comune di Aprilia e Antonio Fraioli  per  il
Comune di San Vittore del Lazio; 
    deliberato nella camera di consiglio del 12 gennaio 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 24 giugno 2020 (reg. ord. n. 154 del 2020),
il Consiglio di Stato ha sollevato, in riferimento  agli  artt.  119,
secondo comma, e 117, secondo comma, lettera s), della  Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 29, comma 2, della
legge della Regione Lazio 9 luglio 1998, n. 27 (Disciplina  regionale
della gestione dei rifiuti), nella  parte  in  cui  prevede  che  una
«quota percentuale della tariffa» per l'esercizio degli  impianti  di
smaltimento  e  recupero  dei  rifiuti  urbani  (cosiddetto   benefit
ambientale) e' «dovuta dagli  eventuali  comuni  utenti  al  soggetto
gestore dell'impianto o della discarica  a  favore  del  comune  sede
dell'impianto o della discarica stessi» e «che deve  essere  compresa
tra il dieci ed il venti per cento della tariffa». 
    1.1.- Il rimettente riferisce che le  questioni  sono  sorte  nel
corso del giudizio di  appello  avverso  la  sentenza  del  Tribunale
amministrativo per il Lazio, sezione prima quater,  del  17  novembre
2017, n. 11362, proposto dalla Centro servizi  ambientali  srl  (CSA)
contro la Regione Lazio e  il  Comune  di  Castelforte,  nonche'  nei
confronti dei Comuni di San Vittore del  Lazio,  Roccasecca,  Formia,
Gaeta  e  della  Provincia  di  Latina  (non  costituitisi  in   tale
giudizio), con l'intervento ad opponendum  della  RIDA  ambiente  srl
(RIDA) e del Comune di Aprilia. 
    Il Consiglio di Stato  adito  chiarisce  preliminarmente  che  il
censurato art. 29, comma 2, della legge reg. Lazio n. 27 del 1998  e'
stato attuato con decreto del Commissario  delegato  per  l'emergenza
ambientale nel territorio della Regione Lazio 11 marzo  2005,  n.  15
(Approvazione metodologia di calcolo delle tariffe  di  accesso  agli
impianti di  trattamento  e  smaltimento  dei  rifiuti  urbani  della
Regione  Lazio),  poi  recepito  nella  deliberazione  della   Giunta
regionale della Regione Lazio 18 luglio 2008, n. 516 (Recepimento dei
decreti commissariali nn. 15 del 11/3/2005, 39 del 30/6/2005, 49  del
7/6/2007, 67 del 2/7/2007). Per  effetto  di  questa  disciplina:  a)
tutti i titolari di impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti
urbani debbono attivare la procedura di determinazione della relativa
tariffa di accesso; b) il menzionato  benefit  ambientale  -  secondo
determinate percentuali della tariffa - spetterebbe ai  soli  «comuni
sede di discarica,  di  impianti  di  preselezione,  di  impianti  di
termovalorizzazione e di stazioni di trasferenza [...] da  parte  dei
comuni conferenti», tenuti a corrisponderlo «al gestore dell'impianto
di preselezione che provvedera' a restituirlo ai comuni, con  cadenza
quadrimestrale». 
    Cio' premesso, il rimettente precisa che  il  giudizio  di  prime
cure aveva ad oggetto l'annullamento: a) del provvedimento  regionale
che riconosceva l'assoggettamento al  menzionato  benefit  ambientale
dell'impianto polifunzionale  di  trattamento  e  stoccaggio  rifiuti
della CSA, situato nel Comune di Castelforte, in quanto «impianto  di
preselezione di [...] rifiuti indifferenziati»;  b)  della  nota  del
Comune di  Castelforte,  recante  la  richiesta  alla  CSA  dei  dati
relativi ai Comuni conferenti e alla quantita' di rifiuti  conferiti,
«intesa a recuperare l'importo dei  benefit  ritenuti  dovuti  e  non
corrisposti». 
    L'ordinanza  di  rimessione  da'  atto  che  il  TAR,   disattesa
l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 29,  comma  2,
della legge reg. Lazio n. 27 del 1998,  sollevata  dalla  CSA,  aveva
respinto il ricorso e  aveva  ritenuto  dovuto  il  suddetto  benefit
ambientale, in quanto relativo a un impianto di preselezione, poiche'
«il rifiuto da esso ricevuto sarebbe un rifiuto che necessita  di  un
pretrattamento». 
    Riguardo poi al giudizio di impugnazione, il giudice a  quo,  pur
precisando che l'appello si compone  di  sette  motivi,  afferma  che
«[q]ui rileva in particolare il settimo di essi»,  con  il  quale  si
deduce l'illegittimita' costituzionale dell'art. 29, comma  2,  della
legge reg. Lazio n. 27 del 1998, per violazione dell'art. 119 Cost. 
    Quanto al resto si limita ad affermare che: a) tra le parti e' in
contestazione la natura del benefit ambientale  nell'alternativa  tra
tributo o corrispettivo per l'uso del  territorio  comunale;  b)  nel
corso del giudizio di appello e' stata  disposta  «verificazione  per
accertare come in concreto funzioni l'impianto per cui e' causa». 
    1.2.- Secondo il  rimettente  le  questioni  sarebbero  rilevanti
perche'  la  norma  censurata   «e'   certamente   applicabile   alla
fattispecie oggetto del giudizio». 
    Pertanto, premesso che  entrambi  i  provvedimenti  impugnati  si
fondano sulla disciplina attuativa e questa, a sua volta, sulla legge
regionale censurata, ad avviso del Consiglio di  Stato  «e'  evidente
che se la norma di legge che  il  benefit  prevede  fosse  dichiarata
incostituzionale, il motivo di appello corrispondente dovrebbe essere
accolto».  Secondo  il  giudice  a  quo  a   tale   motivo   andrebbe
riconosciuto «carattere assorbente», perche' gli altri «presuppongono
invece  la  costituzionalita'  della  legge:  dal  suo   accoglimento
conseguirebbe  l'accoglimento   dell'impugnazione   per   intero,   e
l'accoglimento del ricorso di I grado». 
    1.3.- Quanto alle ragioni della  non  manifesta  infondatezza  si
premette che esse sarebbero rinvenibili nelle argomentazioni  esposte
da questa Corte nelle sentenze n. 280 del 2011  e  n.  58  del  2015,
«pronunciate su casi analoghi». 
    1.3.1.- Prioritariamente e nel presupposto interpretativo che  il
benefit ambientale  abbia  natura  di  tributo,  la  norma  regionale
censurata violerebbe il testo vigente dell'art. 119,  secondo  comma,
Cost., in quanto  istituirebbe  un  tributo  regionale  in  modo  non
conforme ai  «principi  di  coordinamento  della  finanza  pubblica»,
secondo l'interpretazione datane da questa Corte con la  sentenza  n.
37 del 2004, ovverosia «senza che  la  legge  dello  Stato  lo  abbia
consentito». 
    In particolare, in merito alla  natura  di  tributo  del  benefit
ambientale, il giudice a quo argomenta sulla base dei criteri fissati
dalla giurisprudenza di questa Corte per cui dovrebbe  trattarsi:  a)
di una prestazione  doverosa  (non  dipendente  da  qualche  rapporto
sinallagmatico tra le parti); e b) collegata alla spesa pubblica  (in
relazione a un presupposto economicamente rilevante). 
    Riguardo al primo profilo, il rimettente precisa che  il  benefit
ambientale sarebbe dovuto esclusivamente in base alla legge regionale
censurata, non trovando la sua fonte in  un  rapporto  sinallagmatico
tra le parti e cio' «in modo del tutto analogo a quanto prevedeva  la
norma dichiarata incostituzionale dalla sentenza 280/2011».  Infatti,
gia' in quella occasione questa Corte  avrebbe  chiarito  che  quanto
dovuto «non costituisce remunerazione ne'  dell'uso  in  generale  di
beni collettivi comunali, come il territorio  e  l'ambiente,  ne'  di
servizi necessari per la gestione o  la  funzionalita'  dell'impianto
forniti dal Comune». 
    Relativamente al secondo profilo, il giudice a quo ritiene che il
benefit ambientale sarebbe collegato alla spesa pubblica  in  ragione
di  un  presupposto  economicamente  rilevante  rappresentato   dalla
capacita' economica del gestore dell'impianto. 
    Il soggetto passivo  del  benefit  ambientale  -  secondo  quanto
afferma il rimettente - sarebbe il gestore dell'impianto che  incassa
la tariffa e dovrebbe «riversare  la  percentuale  corrispondente  al
benefit» e non gia', come obiettato dalle parti resistenti, il Comune
conferente. Peraltro, da un lato, tale percentuale, commisurata  alla
tariffa, sarebbe dovuta anche qualora il conferimento dei rifiuti sia
effettuato da privati; dall'altro,  la  traslazione  di  imposta  sul
soggetto che utilizza l'impianto avrebbe una valenza solo  interna  o
economica, che non farebbe venire  meno  l'obbligazione  in  capo  al
gestore di corrispondere quanto dovuto anche in tutti  quei  casi  in
cui - come quello oggetto del giudizio a quo  -  la  traslazione  non
abbia avuto luogo, perche' il gestore abbia omesso di esigerlo. 
    Tutto  quanto  sopra,  ad  avviso   del   Consiglio   di   Stato,
confermerebbe che la norma regionale censurata istitutiva del benefit
ambientale  violerebbe  l'art.   119,   secondo   comma,   Cost.   In
particolare, la citata sentenza n. 37 del 2004, «dopo la riforma  del
Titolo V della  parte  II  della  Costituzione,  di  cui  alla  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n.  3»,  avrebbe  confermato  che  le
Regioni non sarebbero libere  di  istituire  in  via  autonoma  nuovi
tributi e cio' -  asseritamente  senza  soluzione  di  continuita'  -
consentirebbe  di  replicare  pianamente  nel  caso  di   specie   le
conclusioni della indicata sentenza n. 280 del 2011 - sebbene rese in
riferimento al previgente art. 119 Cost. - in quanto «la legislazione
ordinaria di coordinamento, in particolare il d.lgs. 6 maggio 2011 n.
68, non prevede[rebbe] la possibilita'  di  istituire  alcun  tributo
ambientale del tipo in esame». 
    1.3.2.- Ancora, nel presupposto interpretativo  della  natura  di
tributo del benefit ambientale,  il  giudice  a  quo  motiva  la  non
manifesta infondatezza della questione avente ad oggetto  l'art.  29,
comma 2, della legge reg. Lazio  n.  27  del  1998  anche  in  ordine
all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    Questo parametro costituzionale risulterebbe violato in quanto la
norma denunciata atterrebbe all'ambito dei rifiuti  che,  secondo  la
giurisprudenza di questa Corte (e'  citata  la  sentenza  n.  58  del
2015), rientrerebbero nella materia «tutela  dell'ambiente»,  la  cui
disciplina sarebbe riservata alla legge dello Stato. 
    Tale riserva sarebbe confermata anche nel  caso  di  interferenza
con altri interessi e competenze, «di modo che rest[erebbe] riservato
allo Stato stesso il potere di fissare livelli uniformi di tutela  su
tutto il territorio nazionale».  Cio'  in  ragione  della  prevalente
esigenza di garantire livelli adeguati e non riducibili su  tutto  il
territorio  nazionale,  mentre  dall'istituzione  di  tributi  propri
ambientali deriverebbero incentivi o  disincentivi  imposti  in  modo
differenziato in  ciascuna  Regione,  con  effetti  distorsivi  sulle
decisioni di investimento delle imprese del settore  e  quindi  sugli
stessi equilibri ambientali. 
    1.3.3.-  In  subordine,  anche  se   il   benefit   non   venisse
«qualificato  come  tributo,  ma  semplicemente  come   corrispettivo
aggiuntivo, che si paga nel Lazio e non altrove», il  giudice  a  quo
ritiene la norma censurata comunque  in  contrasto  con  l'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost.,  in  quanto  interverrebbe  in  una
materia riservata alla legge dello Stato. 
    2.- In data 27 novembre 2020 si e' costituita la CSA per dedurre,
in piena adesione all'ordinanza di rimessione,  la  fondatezza  delle
questioni «sia laddove [il benefit ambientale] venga qualificato come
tributo  che  nell'ipotesi  in  cui  venga  assegnata   una   diversa
qualificazione». 
    2.1.- La CSA precisa che l'istituzione del benefit ambientale,  a
opera del censurato art. 29, comma 2, della legge reg.  Lazio  n.  27
del 1998, e' in realta' avvenuta nella vigenza  dell'art.  119  Cost.
nella formulazione anteriore alla citata riforma del Titolo  V  della
Parte II della Costituzione, il  quale  precluderebbe  comunque  alle
Regioni di imporre tributi in assenza di una disposizione legislativa
statale. In accordo a quanto affermato  dal  giudice  a  quo  ritiene
quindi che «in ogni  caso»  la  riforma  costituzionale  non  avrebbe
mutato i termini della questione. 
    3.- In data 30 novembre 2020 si  e'  costituita  in  giudizio  la
Regione Lazio, chiedendo che venga dichiarata  l'inammissibilita'  o,
comunque, la non fondatezza delle questioni. 
    3.1.- Concentrandosi sul  merito,  secondo  la  difesa  regionale
dalla ricostruzione del complesso quadro normativo si desumerebbe che
il benefit ambientale non sia un tributo, ma «una forma  di  ristoro,
di indennizzo, determinato dalle difficolta' e disagi che subisce  la
comunita'  che  ospita  discariche  o  impianti  di  smaltimento  dei
rifiuti», con conseguente insussistenza del lamentato vulnus all'art.
119 Cost. 
    Tale  benefit  ambientale  sarebbe,  infatti,   stabilito   dalla
disciplina di dettaglio in misura non fissa, ma  graduata  a  seconda
del tipo di impianto  e  della  quantita'  di  rifiuti  conferiti  e,
dunque, «direttamente collegato al grado di maggiore o minore impatto
sui  territori  interessati».  Cio'  confermerebbe  la  sua  funzione
indennitaria, in applicazione del principio  di  matrice  comunitaria
«chi inquina paga» (direttiva  21  aprile  2004  n.  2004/35/CE,  del
Parlamento europeo e del Consiglio sulla  responsabilita'  ambientale
in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale). 
    3.1.1.- Pur insistendo per la natura non tributaria del  benefit,
«per completezza di esposizione», la difesa regionale precisa che  il
richiamo alla sentenza n. 280 del 2011  «non  p[otrebbe]  attagliarsi
alla questione dell'odierna controversia». Tale  precedente  dovrebbe
infatti restare circoscritto alla questione specificamente decisa, in
quanto sollevata in riferimento, tra gli altri,  all'art.  119  Cost.
nella formulazione anteriore alla citata riforma del 2001, posto che,
in tale occasione, questa Corte avrebbe motivato il  rilevato  vulnus
proprio ratione temporis. 
    3.2.- Quanto al lamentato contrasto tra l'art. 29, comma 2, della
legge reg. Lazio n. 27 del 1998 e l'art. 117, secondo comma,  lettera
s), Cost.,  la  Regione,  facendo  leva  su  diversi  passaggi  della
giurisprudenza di questa Corte sugli intrecci  inestricabili  tra  la
«tutela dell'ambiente» e altre  materie,  contesta  che  la  relativa
competenza possa  essere  affidata  «aprioristicamente»  allo  Stato,
affermando che andrebbe attribuita «al livello di  governo  che,  nel
singolo caso,  [risultasse]  piu'  adatto  alla  cura  dell'interesse
ambientale». 
    4.- In data 30 novembre 2020 si  e'  costituito  in  giudizio  il
Comune di San Vittore del Lazio chiedendo che  le  questioni  vengano
dichiarate non fondate. 
    4.1.- Il Comune contesta prioritariamente la tesi del  rimettente
per cui l'art. 29, comma 2, della legge reg. Lazio n.  27  del  1998,
intervenendo in una materia di competenza esclusiva statale quale «la
tutela dell'ambiente e  degli  ecosistemi»,  violerebbe  l'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost. 
    Cio' in quanto il rilascio delle autorizzazioni agli impianti, la
determinazione della  tariffa,  nonche'  del  corrispondente  benefit
ambientale, atterrebbero alle prerogative di governo  del  territorio
della  Regione  di  cui  all'art.   117,   terzo   comma,   Cost.   e
rispetterebbero i principi di prossimita' e  autosufficienza  fissati
nel decreto legislativo 3 aprile  2006,  n.  152  (Norme  in  materia
ambientale). 
    4.2.- Il Comune di San Vittore del Lazio  non  condivide  poi  il
presupposto  interpretativo  della  natura  tributaria  del   benefit
ambientale, posto dal giudice a quo a sostegno  del  contrasto  della
norma censurata con l'art. 119, secondo comma, Cost., e  ritiene  che
le fattispecie  considerate  nei  due  precedenti  di  questa  Corte,
indicati dall'ordinanza di rimessione (sentenze n. 280 del 2011 e  n.
58 del 2015), differirebbero «significativamente» da quella in esame. 
    4.3.- Cio' premesso, la difesa  comunale  precisa  tuttavia  che,
qualora venisse accolta la prospettazione  del  rimettente  circa  la
natura di tributo del  benefit  ambientale,  la  relativa  disciplina
rientrerebbe nelle facolta' attribuite alle Regioni dal vigente  art.
119 Cost. di stabilire e applicare «tributi  ed  entrate  propri,  in
armonia con la Costituzione e secondo  i  principi  di  coordinamento
della finanza pubblica e del sistema tributario». 
    Segnatamente, secondo il Comune di  San  Vittore  del  Lazio,  il
benefit ambientale - istituito nell'ambito della materia  concorrente
relativa al «governo del territorio» - rientrerebbe tra le ipotesi di
cui al comma 1, lettera b), numero  3,  dell'art.  7  della  legge  5
maggio 2009, n. 42 (Delega  al  Governo  in  materia  di  federalismo
fiscale, in attuazione dell'articolo  119  della  Costituzione),  che
annovera fra i tributi propri delle Regioni quelli  «istituiti  [...]
con proprie leggi in relazione ai presupposti non  gia'  assoggettati
ad imposizione erariale». 
    5.- In data 30 novembre 2020 si e' costituita altresi'  la  RIDA,
titolare di impianto di trattamento biologico meccanico  dei  rifiuti
solidi urbani, interveniente ad opponendum nel  giudizio  principale,
chiedendo  l'accoglimento  delle   questioni   nell'interesse   «alla
corretta e omogenea interpretazione e applicazione del rigido  quadro
regolatorio» relativo al benefit ambientale. 
    5.1.-  Nel   merito   la   RIDA   aderisce   alla   ricostruzione
interpretativa del rimettente a fondamento di entrambe le questioni e
aggiunge, tra l'altro, che lo Stato, con l'art. 3,  comma  24,  della
legge 28 dicembre 1995, n. 549  (Misure  di  razionalizzazione  della
finanza pubblica), istitutivo del tributo speciale per il deposito in
discarica e in impianti di incenerimento  senza  recupero  energetico
dei rifiuti solidi, avrebbe «gia' esercitato la  potesta'  tributaria
in relazione al settore  del  benefit  ambientale,  peraltro  in  una
materia di propria competenza esclusiva» (e' citata la sentenza n. 85
del 2017). Il successivo comma 27 dell'art. 3 della citata  legge  n.
549 del 1995 disporrebbe, in particolare, che  una  quota  parte  del
suddetto tributo e' proprio destinata ai Comuni ove sono  ubicate  le
discariche o gli impianti di incenerimento senza recupero  energetico
e  ai  Comuni  limitrofi,  effettivamente  interessati  dal   disagio
provocato dalla presenza della  discarica  o  dell'impianto,  per  la
realizzazione di interventi volti  al  miglioramento  ambientale  del
territorio interessato, alla tutela igienico-sanitaria dei residenti,
allo sviluppo di sistemi di controllo e di monitoraggio ambientale  e
alla gestione integrata dei rifiuti urbani. 
    5.2.- Infine, la RIDA precisa che le ragioni di contrasto tra  la
normativa  regionale  e   i   menzionati   parametri   costituzionali
sussisterebbero anche rispetto  alla  versione  dell'art.  119  Cost.
antecedente le modifiche introdotte con la  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte  seconda  della
Costituzione). Nel previgente quadro normativo, infatti,  le  Regioni
erano dotate di potesta' tributaria  nei  soli  limiti  stabiliti  da
apposite leggi dello Stato e la sola legge dello Stato istitutiva  di
un tributo in materia di rifiuti sarebbe stata la citata legge n. 549
del 1995. 
    6.- In data 30 novembre 2020 si  e'  costituito  in  giudizio  il
Comune di Aprilia, chiedendo di dichiarare inammissibili  e  comunque
non fondate le questioni di legittimita' costituzionale sollevate  e,
in subordine, di valutare una «modulazione degli effetti in  caso  di
eventuale dichiarazione di illegittimita'». 
    6.1.- Ad avviso della difesa comunale  -  analogamente  a  quanto
deciso da questa Corte con l'ordinanza n. 179 del  2014  in  un  caso
similare  disciplinato  da  una  legge  della  Regione  Puglia  -  la
questione  non  sarebbe  fondata  per  erroneita'   del   presupposto
interpretativo: i titolari passivi del rapporto giuridico oggetto  di
giudizio sarebbero, infatti,  i  Comuni  conferenti  e  non  gia'  il
gestore dell'impianto di smaltimento. 
    6.2.- Secondo il  Comune  di  Aprilia  la  non  fondatezza  delle
questioni discenderebbe comunque  dalla  negazione  della  natura  di
tributo del benefit ambientale. 
    Negazione  che  sarebbe,  a  suo  avviso,  desumibile  da  alcune
decisioni di questa Corte che avrebbero assolto misure compensative e
di ristoro ambientale (sono citate le sentenze n. 89 e n. 52 del 2018
e n. 298 del 2013 e l'ordinanza n. 387 del 1990). 
    7.- In data 17 dicembre 2020 si e' costituito in giudizio,  fuori
termine, il Comune di Castelforte, sede di  impianto  di  trattamento
rifiuti. 
    8.- Con ordinanza del 25 febbraio 2021  (reg.  ord.  n.  159  del
2021), il Tribunale ordinario civile  di  Cassino  ha  sollevato,  in
riferimento agli artt. 119, secondo  comma,  e  117,  secondo  comma,
lettera s), Cost., questioni di legittimita' costituzionale dell'art.
29, comma 2, della legge reg. Lazio n. 27 del 1998,  nella  parte  in
cui prevede che la tariffa per conferire  rifiuti  agli  impianti  di
smaltimento e recupero dei rifiuti urbani  e  alle  discariche  debba
essere determinata stabilendo  una  «quota  percentuale»  (cosiddetto
benefit ambientale) «dovuta dagli eventuali comuni utenti al soggetto
gestore dell'impianto o della discarica  a  favore  del  comune  sede
dell'impianto o della discarica stessi, che deve essere compresa  tra
il dieci ed il venti per cento della tariffa». 
    Il rimettente espone di  essere  stato  investito  della  domanda
proposta nei confronti  della  Pontina  ambiente  srl  e  della  Acea
risorse e impianti per l'ambiente spa dal Comune di San  Vittore  del
Lazio - sede di impianto di termovalorizzazione - per  l'accertamento
e per la dichiarazione del suo diritto di ricevere la somma di denaro
corrispondente al benefit ambientale dall'anno  2011  «alla  data  di
notifica dell'atto  di  citazione,  nonche'  per  tutto  il  suddetto
materiale portato e termo valorizzato successivamente a tale data», e
per la condanna al relativo pagamento. 
    Il giudice a quo riferisce altresi' che nel corso del giudizio il
Comune di Lanuvio, terzo chiamato nella qualita' di Comune conferente
i rifiuti urbani nel predetto impianto, tra l'altro, ha  chiesto,  in
via  pregiudiziale,  di  sollevare   le   menzionate   questioni   di
legittimita' costituzionale e che i Comuni di Rocca di Papa, Pomezia,
Marino, Genzano  di  Roma,  Roma  Capitale,  Ariccia,  Ardea,  Albano
Laziale,  Civitavecchia,  Nemi,  anch'essi  terzi   chiamati,   hanno
formulato «sostanzialmente» le stesse richieste. 
    Dato atto dell'acquisizione di documenti e di CTU  contabile,  il
rimettente afferma che «il Comune di San Vittore del Lazio ha diritto
ad avere il  benefit,  sul  fondamento  della  normativa  al  momento
vigente». 
    Cio' premesso, il Tribunale di Cassino solleva  le  questioni  di
legittimita' costituzionale del citato art. 29, comma 2, della  legge
reg. Lazio n. 27 del 1998 sullo specifico presupposto  interpretativo
che il benefit ambientale abbia natura tributaria. 
    A  sostegno  della  non  manifesta  infondatezza  vengono   spesi
argomenti dello stesso tenore di quelli sopra  illustrati  (al  punto
1.3.) in relazione  all'ordinanza  di  rimessione  del  Consiglio  di
Stato, che  il  rimettente  richiama  esplicitamente,  deducendo  nei
medesimi termini la violazione dei vigenti artt. 119, secondo  comma,
secondo periodo, e 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    Quanto poi alla rilevanza, ad avviso  del  giudice  a  quo,  essa
discenderebbe  dall'applicabilita'   della   norma   censurata   alla
fattispecie  oggetto  del  giudizio,  sicche'  la  dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale comporterebbe l'integrale rigetto delle
domande proposte dal Comune di San Vittore del Lazio. 
    9.- Con atto depositato in data  5  ottobre  2021,  nel  giudizio
iscritto al reg. ord. n. 159 del 2021, il  Comune  di  Roccasecca  ha
proposto intervento ad opponendum, chiedendo di  prendere  visione  e
trarre copia degli atti processuali, ai sensi dell'art.  4-bis  delle
Norme integrative per i giudizi davanti  alla  Corte  costituzionale,
vigenti ratione temporis. 
    9.1.- Con ordinanza n. 225 del 2021 questa  Corte  ha  dichiarato
inammissibile l'intervento del Comune di Roccasecca. 
    10.- In prossimita' dell'udienza alcune  delle  parti  costituite
nel giudizio iscritto al reg. ord. n. 154 del 2020  hanno  depositato
memorie. 
    10.1.- In data 9 dicembre 2021 la Regione Lazio ha insistito  per
il rigetto delle questioni, riproducendo a conferma delle  precedenti
considerazioni  alcuni  passaggi  dell'ordinanza   della   Corte   di
cassazione, sezioni unite civili, 26 febbraio 2021, n. 5418,  che  in
sede di regolamento di giurisdizione in una controversia  concernente
l'obbligo  di  pagamento,  su  ingiunzione,  del  benefit  ambientale
previsto dal censurato art. 29, comma 2, della legge reg. Lazio n. 27
del 1998, ha statuito la giurisdizione  del  giudice  ordinario,  sul
presupposto della  natura  indennitaria  e  non  tributaria  di  tale
misura. 
    10.2.- In data 16 dicembre 2021 anche il Comune  di  Castelforte,
costituitosi in giudizio fuori termine, ha depositato memoria. 
    10.3.- Successivamente, nella memoria del 17  dicembre  2021,  la
difesa della CSA ha insistito per la declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale della normativa regionale in  esame,  replicando  alle
argomentazioni della Regione Lazio e dei Comuni sede di impianti. 
    In particolare, la societa' ribadisce che il vulnus all'art.  119
Cost. sussisterebbe «sia nella formulazione  ante  riforma  del  2001
(vigente  all'atto   dell'introduzione   del   benefit)   che   nella
formulazione post riforma del 2001», la quale -  a  suo  dire  -  non
attribuirebbe alle Regioni una propria potesta' impositiva in materia
ambientale. 
    10.4.- In data 20 dicembre 2021 il Comune di Aprilia, in aggiunta
alle considerazioni gia' svolte nell'atto di costituzione a  sostegno
della  non  fondatezza  della  questione  sollevata  in   riferimento
all'art. 119 Cost., ha richiamato la citata ordinanza della Corte  di
cassazione n. 5418 del 2021,  che  confermerebbe  l'erroneita'  della
ricostruzione  giuridica   del   benefit   ambientale   operata   dal
rimettente, in particolare quanto  all'individuazione  dei  connotati
tipici del tributo. 
    10.5.- Infine,  in  data  21  dicembre  2021  anche  la  RIDA  ha
depositato memoria, ribadendo le ragioni a  favore  della  fondatezza
delle questioni gia' illustrate nell'atto di costituzione. 
    In particolare, in replica agli argomenti  addotti,  in  sede  di
memorie, dalla Regione Lazio e dai Comuni a sostegno del  rigetto  in
forza della gia' menzionata ordinanza della Corte  di  cassazione  n.
5418 del 2021, la societa' tra l'altro afferma che, anche negando  la
natura tributaria del benefit, la questione sollevata in  riferimento
all'art. 117, secondo comma,  lettera  s),  Cost.  sarebbe  parimenti
fondata  poiche',  in  ogni  caso,  la  censurata   norma   regionale
interverrebbe  «in  una  materia  costituzionalmente  riservata  alla
legislazione esclusiva statale, ossia la tutela dell'ambiente». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza del 24 giugno 2020 (reg. ord. n. 154 del 2020),
il Consiglio di Stato ha sollevato, in riferimento  agli  artt.  117,
secondo comma, lettera s), e 119, secondo comma, della  Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 29, comma 2, della
legge della Regione Lazio 9 luglio 1998, n. 27 (Disciplina  regionale
della gestione dei rifiuti), nella  parte  in  cui  prevede  che  una
«quota percentuale della tariffa» per l'esercizio degli  impianti  di
smaltimento  e  recupero  dei  rifiuti  urbani  (cosiddetto   benefit
ambientale) e' «dovuta dagli  eventuali  comuni  utenti  al  soggetto
gestore dell'impianto o della discarica  a  favore  del  comune  sede
dell'impianto o della discarica stessi» e «che deve  essere  compresa
tra il dieci ed il venti per cento della tariffa». 
    1.1.- Il rimettente premette che le ragioni della  non  manifesta
infondatezza sarebbero rinvenibili nelle  argomentazioni  esposte  da
questa Corte nelle sentenze n.  280  del  2011  e  n.  58  del  2015,
«pronunciate su casi analoghi». 
    Pertanto, affermando la natura di tributo del benefit  ambientale
- perche' non troverebbe la sua fonte in un  rapporto  sinallagmatico
tra le parti, «in modo del tutto analogo a quanto prevedeva la  norma
dichiarata  incostituzionale  dalla  sentenza  n.  280/2011»   -   il
Consiglio di Stato ritiene la norma  censurata  contrastante  con  il
testo vigente dell'art. 119, secondo comma, Cost. 
    Cio' in quanto istituirebbe un  tributo  regionale  in  modo  non
conforme ai  «principi  di  coordinamento  della  finanza  pubblica»,
secondo l'interpretazione datane da questa Corte con la  sentenza  n.
37 del 2004, che, «dopo la riforma del Titolo V della parte II  della
Costituzione, di cui alla legge costituzionale 18  ottobre  2001,  n.
3», avrebbe confermato il divieto per le Regioni di istituire in  via
autonoma nuovi tributi. 
    Nel caso di specie, a suo avviso, si potrebbero quindi  replicare
pianamente e senza soluzione  di  continuita'  le  conclusioni  della
sentenza n. 280 del 2011, sebbene rese in riferimento  al  previgente
art.  119  Cost.,   in   quanto   «la   legislazione   ordinaria   di
coordinamento, in particolare il d.lgs. 6  maggio  2011  n.  68,  non
prevede[rebbe] la possibilita' di istituire alcun tributo  ambientale
del tipo in esame». 
    La norma censurata, inoltre, lederebbe anche l'art. 117,  secondo
comma, lettera s), Cost. in quanto attinente all'ambito dei  rifiuti,
che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (e' citata la sentenza
n. 58 del 2015), rientrerebbe nella «tutela dell'ambiente»  riservata
alla legge dello Stato; cio', in subordine, anche se il  benefit  non
venisse   «qualificato   come   tributo,   ma   semplicemente    come
corrispettivo aggiuntivo, che si paga nel Lazio e  non  altrove»,  in
quanto interverrebbe comunque nella richiamata materia di  competenza
esclusiva statale. 
    2.- Con ordinanza del 25 febbraio 2021  (reg.  ord.  n.  159  del
2021), il Tribunale ordinario civile  di  Cassino  ha  sollevato,  in
riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera s), e 119, secondo
comma, Cost., questioni di legittimita' costituzionale  dello  stesso
art. 29, comma 2, della legge reg. Lazio n. 27 del 1998, nella  parte
in cui prevede che la tariffa per conferire rifiuti agli impianti  di
smaltimento e recupero dei rifiuti urbani  e  alle  discariche  debba
essere determinata stabilendo  una  «quota  percentuale»  (cosiddetto
benefit ambientale) «dovuta dagli eventuali comuni utenti al soggetto
gestore dell'impianto o della discarica  a  favore  del  comune  sede
dell'impianto o della discarica stessi, che deve essere compresa  tra
il dieci ed il venti per cento della tariffa». 
    A sostegno della non manifesta infondatezza il rimettente,  sullo
specifico presupposto interpretativo che il benefit ambientale  abbia
natura tributaria, spende argomenti del  medesimo  tenore  di  quelli
della illustrata ordinanza di rimessione del Consiglio di Stato,  che
richiama esplicitamente deducendo negli stessi termini la  violazione
dei vigenti artt. 119, secondo comma, secondo periodo, e 117, secondo
comma, lettera s), Cost. 
    3.- Le ordinanze di  rimessione  sollevano  questioni  identiche,
sicche' i relativi giudizi vanno  riuniti  per  essere  definiti  con
un'unica decisione. 
    4.- Le questioni  cosi'  come  prospettate  dai  rimettenti  sono
inammissibili per plurime ragioni. 
    5.- Innanzitutto, le censure formulate  dal  Consiglio  di  Stato
incorrono nel difetto di motivazione sulla rilevanza per  un  profilo
logico-giuridico attinente (anche  alla  luce  dei  principi  sanciti
dall'adunanza  plenaria  del  medesimo  Consiglio  di  Stato,   nella
sentenza 27 aprile 2015, n. 5, punto 9.3.4.2.) all'esame  dei  motivi
di appello, di cui il rimettente non ha adeguatamente dato conto. 
    Lo stesso giudice a quo riferisce che la pronuncia innanzi a  se'
impugnata ha ritenuto dovuto il benefit ambientale, in quanto  quello
della ricorrente poteva ritenersi un «impianto di preselezione», dove
i rifiuti ricevuti necessitano di  pretrattamento.  Precisa  poi  che
l'appello «contiene sette motivi» e che «[q]ui rileva in  particolare
il  settimo  di  essi»,   con   cui   e'   dedotta   l'illegittimita'
costituzionale della disposizione regionale, ma non illustra in alcun
modo gli altri. 
    Cio'  premesso,  la  pur   scarna   indicazione   sul   contenuto
dell'appello lascia inferire la presenza di un motivo  con  il  quale
viene contestata l'applicabilita'  al  caso  di  specie  della  norma
censurata; ne e' riprova che l'ordinanza di rimessione  menziona  una
precedente ordinanza di «verificazione» emessa nello stesso  giudizio
proprio per accertare se l'impianto effettivamente rientri tra quelli
per i  quali  e'  applicabile  detta  norma  (atto  istruttorio  cui,
peraltro, hanno fatto seguito controdeduzioni delle parti, repliche e
quindi la richiesta della ricorrente appellante «che la  causa  passi
in decisione»). 
    Tuttavia, il rimettente non si e'  pronunciato,  neppure  in  via
probabilistica, sulla fondatezza di tale motivo di impugnazione e non
ha dato conto dell'esito  della  verificazione.  Si  e'  limitato  ad
affermare, peraltro del tutto genericamente, che «la norma citata  e'
certamente applicabile  alla  fattispecie»  e  che  la  questione  di
costituzionalita' «e'  assorbente»,  perche'  i  «motivi  di  appello
dedotti presuppongono [...] la costituzionalita' della legge». 
    Questa Corte in piu' occasioni ha ricordato  che  la  motivazione
sulla rilevanza e'  da  intendersi  correttamente  formulata  «quando
illustra   le   ragioni   che   giustificano   l'applicazione   della
disposizione  censurata  e  determinano  la  pregiudizialita'   della
questione  sollevata   rispetto   alla   definizione   del   processo
principale» (ex plurimis, sentenza n. 105 del 2018). E' pur vero che,
da questo punto di vista, ha altresi' ritenuto  «sufficiente  la  non
implausibilita' delle ragioni addotte» (ex plurimis, sentenza 160 del
2019); tuttavia, l'argomentazione dell'odierno  rimettente  e'  cosi'
generica ed assertiva che, in relazione alla fattispecie in  oggetto,
non raggiunge neppure tale soglia minimale. 
    6.- Anche le censure sollevate dal Tribunale ordinario civile  di
Cassino sono viziate dal difetto di motivazione della  rilevanza,  ma
sotto un differente profilo. 
    Infatti il rimettente - pur affermando espressamente che:  a)  la
controversia sottoposta al suo esame verte tra il soggetto attivo (il
Comune di San  Vittore  del  Lazio  in  cui  ha  sede  l'impianto  di
smaltimento  dei  rifiuti)  e  il  soggetto   passivo   (il   gestore
dell'impianto) di un «tributo ambientale»; b) ha ad oggetto l'obbligo
di pagamento di tale tributo - non indica in alcun  modo  le  ragioni
per le quali, a suo avviso, sulla base di tali  presupposti  sussista
la propria giurisdizione in luogo di quella del  giudice  tributario,
al quale, ai sensi dell'art. 2, comma 1, del decreto  legislativo  31
dicembre 1992,  n.  546  (Disposizioni  sul  processo  tributario  in
attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
30  dicembre  1991,  n.  413),   «[a]ppartengono   [...]   tutte   le
controversie aventi ad oggetto i tributi  di  ogni  genere  e  specie
comunque denominati». 
    In  questo  modo  il  rimettente,  senza  specifica  e   adeguata
motivazione (che escludesse, in ipotesi, la  contraddizione),  da  un
lato afferma che l'oggetto del  proprio  giudizio  e'  un  tributo  e
dall'altro al contempo presuppone la propria giurisdizione di giudice
ordinario. 
    L'intima contraddittorieta' in  cui  incorre  il  giudice  a  quo
rifluisce in una  non  adeguata  motivazione  sulla  rilevanza  delle
questioni, con conseguente inammissibilita' delle stesse. 
    Neppure puo' inficiare tale conclusione la constatazione  che  la
Corte di cassazione, sezioni unite civili, con ordinanza 26  febbraio
2021, n. 5418, in sede di regolamento di giurisdizione, ha  stabilito
che le controversie concernenti  l'impugnazione  dell'ingiunzione  di
pagamento del benefit ambientale  previsto  dal  censurato  art.  29,
comma 2, della legge reg.  Lazio  n.  27  del  1998  appartengono  al
giudice  ordinario,  in  quanto  il  benefit   avrebbe   natura   non
tributaria. 
    Premesso che in questa sede si prescinde - ovviamente -  da  ogni
valutazione circa la conformita' della nozione di tributo  utilizzata
dalla  indicata  decisione  di  legittimita'  rispetto  alla  nozione
costituzionale di tributo ambientale che questa  Corte  ha  delineato
(da ultimo sentenza n. 82  del  2021,  punto  6  del  Considerato  in
diritto) in termini  compatibili  con  il  principio  di  derivazione
comunitaria "chi inquina paga", cio' che viene qui in rilievo e' solo
che la suddetta pronuncia delle sezioni unite indica che il Tribunale
rimettente avesse giurisdizione in ordine alla  questione  posta  nel
merito. Ma di certo cio' non lo legittima a sollevare  una  questione
di  legittimita'   costituzionale   nei   termini   esposti,   ovvero
affermando,  contemporaneamente  e  senza  motivazione,   la   natura
tributaria del benefit e la propria giurisdizione in materia. 
    7.- Sotto altro concorrente profilo sussistono ulteriori  ragioni
di inammissibilita', comuni  a  entrambi  i  giudizi  di  rimessione,
quanto all'insufficiente motivazione della non manifesta infondatezza
delle questioni. 
    7.1.- I rimettenti, infatti, assumono che il  benefit  ambientale
sia un tributo e che questo vada censurato in riferimento ai  vigenti
artt. 119, secondo comma, e 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    Nel motivare su tali censure (peraltro formulate  senza  adeguata
ricostruzione del quadro della legislazione statale di  coordinamento
sulla finanza pubblica  e  dell'evoluzione  della  giurisprudenza  di
questa Corte) ritengono di fare riferimento, in particolare, a quanto
deciso con la sentenza n. 280 del 2011, pronunciata da  questa  Corte
in riferimento pero' all'art. 119 Cost. nella formulazione precedente
la riforma del 2001, in quanto riguardante una  norma  della  Regione
Piemonte risalente alla fine degli anni Ottanta. 
    7.2.- Tuttavia, nel loro  iter  argomentativo,  incentrato  sulla
violazione dei parametri vigenti, i rimettenti non considerano che la
norma  regionale  da  loro  censurata  e'  anch'essa  anteriore  alla
predetta riforma costituzionale e che a oggi non  risulta  avere  mai
subito modifiche. 
    Questa Corte  ha  piu'  volte  affermato  la  necessita'  che  lo
scrutinio  sia  riferito  ai   parametri   in   vigore   al   momento
dell'emanazione della normativa regionale (ex  plurimis  sentenze  n.
130 del 2015 e n. 62 del 2012) e ha ritenuto inammissibili  questioni
sollevate senza motivare «in ordine alle ragioni per  le  quali  [si]
ritiene di dover evocare parametri  sopravvenuti  all'adozione  della
legge regionale» (ex plurimis, ordinanza n. 247 del 2016). 
    Nessun argomento e' stato sviluppato, al riguardo, dai rimettenti
e tale omissione si ripercuote sull'ammissibilita'  delle  questioni,
pregiudicando la motivazione della non manifesta infondatezza. 
    8.- Nel complesso, le questioni  di  legittimita'  costituzionale
sollevate dai remittenti sono, pertanto, inammissibili. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 29, comma 2, della legge della Regione Lazio
9 luglio  1998,  n.  27  (Disciplina  regionale  della  gestione  dei
rifiuti), sollevate, in riferimento agli artt.  117,  secondo  comma,
lettera s), e 119, secondo comma, della Costituzione,  dal  Consiglio
di Stato e dal Tribunale ordinario civile di Cassino con le ordinanze
in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 2022. 
 
                                F.to: 
                     Giuliano AMATO, Presidente 
                      Luca ANTONINI, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 3 marzo 2022. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA