N. 19 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 novembre 2021

Ordinanza  del  19  novembre  2021  del  Tribunale   di   Aosta   nel
procedimento penale a carico di Y. M.. 
 
Reati e pene - Misure urgenti per evitare la diffusione del  COVID-19
  - Divieto assoluto  di  allontanarsi  dalla  propria  abitazione  o
  dimora per le persone  sottoposte  alla  misura  della  quarantena,
  applicata dal Sindaco quale  autorita'  sanitaria  locale,  perche'
  risultate positive al virus. 
- Decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19 (Misure urgenti per fronteggiare
  l'emergenza   epidemiologica   da   COVID-19),   convertito,    con
  modificazioni, nella legge 22 maggio 2020, n. 35, artt. 1, comma 2,
  lettera e), e 4, comma 4 [recte: 6]. 
(GU n.11 del 16-3-2022 )
 
                    TRIBUNALE ORDINARIO DI AOSTA 
 
    Il giudice, dott. Marco Tornatore, 
    visti gli atti del procedimento nei confronti di Y. M. ...,  nato
il ... in ..., residente in ... e  domiciliato  in  ...  assistito  e
difeso dall'avv. Oliviero Guichardaz del foro di Aosta, d'ufficio, ha
pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
    Ai sensi dell'art. 23 della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  di
rimessione alla Corte  costituzionale,  in  riferimento  all'art.  13
della Costituzione, della questione  di  legittimita'  costituzionale
degli  articoli  1,  comma  2,  lettera  e),  e  4,  comma   4,   del
decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito dalla legge 22  maggio
2020, n. 35; 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    La questione di legittimita' costituzionale e' rilevata d'ufficio
nel giudizio di primo grado instaurato contro Y. M., nato il  ...  in
... imputato «del reato previsto e  punito  dagli  artt.  4  comma  4
decreto-legge n. 19/2020, convertito dalla legge 22 maggio  2020,  n.
35, in relazione all'art. 260 regio decreto 27 luglio 1934  n.  1265»
per avere «violato la misura di cui all'art. 1 comma 2 lettera e) del
predetto  testo  normativo  che  sancisce  il  divieto  assoluto   di
allontanarsi  dalla  propria  abitazione  o  dimora  per  le  persone
sottoposte alla misura della quarantena perche' risultate positive al
virus COVID-19. 
    In particolare, pur essendo risultato positivo  al  test  per  il
contagio il  virus  COVID-19  ed  essendo  stato  destinatario  delle
ordinanze nn. ... del ... emesse dal sindaco  di  ...»,  il  predetto
imputato  si  allontanava  dal  proprio   domicilio   nonostante   la
persistente positivita' al virus. 
    Accertato in ... il ... 
    L'imputato e'  dunque  accusato  di  avere  trasgredito  l'ordine
emesso dalla competente autorita' sanitaria (nella specie il  Sindaco
del Comune ...) di permanere nella propria abitazione o  nel  proprio
domicilio, dopo essere risultato positivo al virus COVID-l9. 
 
                       Considerato in diritto 
 
1. Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale nel
giudizio penale. 
    E' rilevante la questione della legittimita' costituzionale degli
articoli 1, comma 2, lettera e), e 4, comma 4, del  decreto-legge  25
marzo 2020, n. 19, convertito dalla legge 22 maggio 2020, n. 35,  nel
giudizio penale in corso, in quanto, ove le disposizioni  citate  non
venissero dichiarate incostituzionali per  le  ragioni  che  verranno
esposte tra breve, il Tribunale, all'esito del dibattimento, potrebbe
essere tenuto a  condannare  l'imputato,  proprio  sulla  base  della
trasgressione di un atto amministrativo  adottato  in  forza  di  una
norma di rango primario  della  cui  legittimita'  costituzionale  il
medesimo Tribunale dubita. 
    Se infatti l'ordine di permanere nell'abitazione o nel  domicilio
fosse giudicato come adottato sulla base della  citata  normativa  da
ritenersi conforme  alla  Costituzione,  l'imputato  potrebbe  essere
condannato in questa sede penale, mentre se la normativa primaria qui
impugnata  non  fosse  conforme  a  Costituzione   l'ordine   sarebbe
illegittimo e l'imputato dovrebbe essere assolto. 
2. Sulla non manifesta infondatezza della questione  di  legittimita'
costituzionale. 
    E' noto che con decreto-legge  25  marzo  2020,  n.  19,  recante
misure  urgenti  per  fronteggiare  l'emergenza   epidemiologica   da
COVID-19, convertito con modificazioni dalla legge 22 maggio 2020, n.
35, all'art. 1, e' stato  attribuito  il  potere  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri di adottare  un  vasto  novero  di  misure  di
contenimento della pandemia da COVID-19, tra le  quali,  all'art.  1,
comma 2, lettera e), e' previsto il «divieto assoluto di allontanarsi
dalla propria abitazione o dimora  per  le  persone  sottoposte  alla
misura  della  quarantena,  applicata  dal  sindaco  quale  autorita'
sanitaria locale, perche' risultate positive al virus». 
    La  trasgressione  al  citato  divieto  di  allontanamento  dalla
propria abitazione o dimora e'  sanzionato  penalmente  dall'art.  4,
comma 6, del citato decreto-legge 25 marzo  2020,  n.  19,  il  quale
dispone testualmente: «Salvo  che  il  fatto  costituisca  violazione
dell'articolo 452 del codice penale o comunque piu' grave  reato,  la
violazione della misura di cui all'articolo 1, comma 2,  lettera  e),
e' punita ai sensi dell'articolo 260  del  regio  decreto  27  luglio
1934, n. 1265. testo unico delle leggi sanitarie, come modificato dal
comma 7». 
    Per completezza di esposizione, il successivo comma 7 del  citato
art. 4 inasprisce le pene dell'art. 260 del regio decreto  27  luglio
1934, n. 1265 (d'ora innanzi, TULS), punendo ora con l'arresto da tre
mesi a diciotto mesi e con l'ammenda da euro 500  ad  euro  5.000  la
trasgressione  dell'ordine   «legalmente   dato»   dalla   competente
autorita' sanitaria «per impedire l'invasione o la diffusione di  una
malattia infettiva dell'uomo». 
    Come simmetricamente avviene anche (ma non solo) per il reato  di
cui all'art. 650 del codice penale, al giudice penale e'  rimesso  il
sindacato  sulla  legittimita'  dell'ordine  dato  dalla   competente
autorita' amministrativa, della cui trasgressione si tratta,  con  la
conseguenza che, ove  l'ordine  sia  ritenuto  illegittimo,  e'  dato
all'autorita'  giudiziaria  il  potere   di   disapplicare   l'ordine
illegittimo e  di  mandare  assolto  l'imputato  accusato  della  sua
trasgressione. 
    E' infatti giurisprudenza consolidata l'affermazione  secondo  la
quale al giudice penale spetta il potere-dovere  di  sindacato  sulla
legittimita' dell'atto amministrativo rilevante per l'integrazione di
una fattispecie penale alla luce degli articoli 2, 4 e 5, allegato E,
della legge  20  marzo  1865,  n.  2245  (c.d.  legge  abolitiva  del
contenzioso amministrativo). Tra le pronunce  piu'  recenti,  possono
citarsi  in  proposito  Cassazione  n.  18530/2018;   Cassazione   n.
28849/2009; Cassazione n. 14228/2009. 
    Laddove  invece  il  vizio  di  legittimita'  non   riguardi   la
conformita'  dell'ordine   dato   dalla   pubblica   autorita'   alla
legislazione di  rango  primario  o  regolamentare,  ma  riguardi  la
conformita'   alla   Costituzione   della   legge   che    conferisce
all'amministrazione  pubblica  il  potere  esercitato  attraverso  il
comando di cui si assume la  trasgressione  da  parte  dell'imputato,
l'autorita'  giudiziaria   non   dispone   del   citato   potere   di
disapplicazione dell'atto amministrativo, per ritenuto contrasto  con
la Costituzione della legge attributiva del potere, ma  e'  tenuta  a
proporre questione di legittimita' costituzionale. 
    In tal senso, il Tribunale,  reputando  come  non  manifestamente
infondata la questione  di  legittimita'  costituzionale  dei  citati
articoli 1, comma 2, lettera e), e 4, comma 4, del  decreto-legge  25
marzo 2020, n. 19, convertito dalla legge 22 maggio 2020, n. 35,  per
contrasto con l'art. 13 della Costituzione e' tenuto  a  proporre  il
presente incidente di costituzionalita'. 
    In linea generale, va premesso che la maggior parte delle  misure
di contenimento previste dal citato del decreto-legge 25 marzo  2020,
n. 19, attuate mediante i decreti del Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, sono destinate  ad  incidere  sulle  liberta'  fondamentali
dell'individuo  costituzionalmente  garantite,  quali   la   liberta'
personale (art. 13 della Costituzione), la liberta'  di  circolazione
(art. 16 della Costituzione), la liberta' di riunione (art. 17  della
Costituzione),  la  liberta'   di   associazione   (art.   18   della
Costituzione), la liberta' religiosa (art. 19 della  Costituzione)  e
la liberta' di iniziativa economica (art. 41 della Costituzione). 
    Trattasi di diritti costituzionalmente  garantiti  che  ammettono
generalmente limitazioni in base alla legge, motivate ad  esempio  da
ragioni di  sanita'  o  sicurezza  (art.  16  della  Costituzione)  o
incolumita' pubblica (art. 17 della Costituzione) o tutela  del  buon
costume (art. 19 della Costituzione) o di tutela della dignita' umana
(art. 41 della Costituzione). 
    La restrizione della liberta' personale incontra pero' il duplice
limite della riserva di legge e della riserva di giurisdizione. 
    Il Tribunale ritiene che le  norme  qui  impugnate  siano  lesive
della riserva di giurisdizione, sancita dall'art. 13,  commi  2  e  3
della Costituzione. 
    Per giungere ad una siffatta conclusione, occorre considerare  in
primo luogo che la misura di contenimento consistente, per le persone
risultate  positive  al  virus  COVID-19,  nel  divieto  assoluto  di
allontanarsi dalla propria  abitazione  o  dimora,  e'  in  grado  di
incidere e di limitare  fortemente  la  liberta'  personale  tutelata
dall'art. 13 della Costituzione. 
    Cio' si desume esaminando non  solo  il  contenuto  della  misura
amministrativa in esame, ma anche  la  giurisprudenza  costituzionale
formatasi in materia di liberta' personale, qualora questa sia  stata
limitata da  provvedimenti  amministrativi  a  contenuto  individuale
(c.d. comandi o ordini). 
    Sul piano contenutistico, si rileva che  l'ordine  di  permanenza
domiciliare e' definito come «assoluto» per espressa disposizione  di
rango normativo primario e non ammette dunque eccezioni, ed impone al
soggetto che ne e'  il  destinatario  di  restare  all'interno  della
propria abitazione senza poter uscire  neppure  per  provvedere  alle
fondamentali esigenze di vita. 
    Tale misura, per la sua assolutezza, a differenza  di  quanto  e'
previsto per altre misure di contenimento, come  quelle  disposte  ai
sensi dell'art. 1, comma 2, lettera a) del  decreto-legge  in  esame,
induce a ritenere che si tratti di misura limitativa  della  liberta'
personale, come tale soggetta alle tutele previste dall'art. 13 della
Costituzione ed in particolare alla riserva di giurisdizione. 
    In proposito, va ricordato  che  l'ordinamento  riconosce  (e  la
Costituzione consente) che l'atto motivato dell'autorita' giudiziaria
limitativo della liberta' personale possa estrinsecarsi anche  in  un
controllo successivo (nella forma della convalida)  di  provvedimenti
amministrativi che comprimono direttamente la liberta' personale. 
    E' quanto accade nel caso di adozione di misure pre-cautelari  da
parte  dell'autorita'  di  pubblica  sicurezza,  nei  casi  tassativi
previsti dalla legge (articoli 380, 381, 384, commi 1 e 2 del  codice
di procedura penale), quando all'iniziativa  dell'autorita'  predetta
deve seguire la  convalida  nel  termine  massimo  costituzionalmente
tollerato  di  novantasei  ore  dall'inizio  della  privazione  della
liberta' personale. 
    Una analoga disciplina e' prevista per l'ipotesi di trattenimento
presso un centro  di  permanenza  per  i  rimpatri,  dello  straniero
destinatario di un provvedimento di espulsione che non  possa  essere
tempestivamente eseguito. In  questo  caso,  l'art.  14  del  decreto
legislativo n. 286/1998 stabilisce che il provvedimento con il  quale
il questore ha disposto il trattenimento dello straniero in attesa di
rimpatrio  sia  trasmesso  senza  ritardo,  e   comunque   entro   le
quarantotto ore dall'adozione del provvedimento medesimo, al  giudice
di pace territorialmente competente per la  convalida.  Cio'  avviene
naturalmente sul presupposto che detta misura incide  sulla  liberta'
personale dello straniero trattenuto nel centro. 
    Tale ultima norma e' stata scrutinata dalla Corte  costituzionale
nella sentenza n. 105/2001 ed ha ritenuto che «il trattenimento dello
straniero presso i centri di permanenza temporanea  e  assistenza  e'
misura incidente  sulla  liberta'  personale,  che  non  puo'  essere
adottata al di fuori delle garanzie dell'art. 13  della  Costituzione
(...). Se si ha  riguardo  al  suo  contenuto,  il  trattenimento  e'
quantomeno da  ricondurre  alle  "altre  restrizioni  della  liberta'
personale",  di  cui  pure  si  fa  menzione   nell'art.   13   della
Costituzione. Lo si evince dal comma 7 dell'art. 14, secondo il quale
il questore, avvalendosi della forza pubblica, adotta efficaci misure
di vigilanza affinche' lo straniero non  si  allontani  indebitamente
dal centro e provvede a ripristinare  senza  ritardo  la  misura  ove
questa venga violata. Si determina dunque nel caso del trattenimento,
anche quando questo non sia disgiunto da una finalita' di assistenza,
quella mortificazione della dignita' dell'uomo  che  si  verifica  in
ogni evenienza di assoggettamento fisico all'altrui potere e  che  e'
indice sicuro dell'attinenza della misura alla sfera  della  liberta'
personale. Ne' potrebbe dirsi che  le  garanzie  dell'art.  13  della
Costituzione subiscano attenuazioni rispetto agli stranieri, in vista
della tutela di altri beni costituzionalmente rilevanti.  Per  quanto
gli interessi pubblici incidenti  sulla  materia  della  immigrazione
siano molteplici e per quanto possano essere percepiti come  gravi  i
problemi  di  sicurezza  e  di  ordine  pubblico  connessi  a  flussi
migratori incontrollati, non puo' risultarne minimamente scalfito  il
carattere universale della liberta' personale». 
    La giurisprudenza costituzionale ha poi esaminato altri  casi  di
ordini adottati da pubbliche autorita' amministrative  nell'esercizio
di poteri autoritativi,  reputandoli  pacificamente  suscettibili  di
incidere, comprimendola, sulla liberta' personale tutelata  dall'art.
13 della  Costituzione  e  come  tali  soggetti  a  controllo,  anche
successivo, riservato all'autorita' giudiziaria. 
    In particolare,  la  giurisprudenza  costituzionale  ha  ritenuto
suscettibile di  limitare  la  liberta'  personale  il  provvedimento
amministrativo  di  accompagnamento  coattivo  alla  frontiera  dello
straniero extracomunitario (cfr. Corte costituzionale n. 222/2004) ed
ha  in  quella  sede   dichiarato   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 13, comma 5-bis, decreto  legislativo  n.  286/1998,  nella
parte in cui non prevedeva  che  il  giudizio  di  convalida  dovesse
svolgersi in contraddittorio prima dell'esecuzione del  provvedimento
di accompagnamento alla frontiera,  con  le  garanzie  della  difesa,
muovendo dalla premessa che anche  l'accompagnamento  alla  frontiera
rilevasse quale  autonomo  fattore  di  compressione  della  liberta'
personale. 
    La Corte costituzionale ha  ritenuto  parimenti  incidenti  sulla
liberta'  personale   altre   ipotesi   di   provvedimenti   adottati
dall'autorita' amministrativa, valutando il rispetto della  normativa
di rango  primario  con  i  principi  stabiliti  dall'art.  13  della
Costituzione. 
    Tra tali casi vanno  annoverati  il  provvedimento  adottato  dal
questore  di  respingimento  differito   con   accompagnamento   alla
frontiera, di cui all'art. 10, comma 2, del  decreto  legislativo  n.
286 del 1998 (cfr. Corte costituzionale n. 275/2017; v.  anche  Corte
costituzionale n. 62/1994), il provvedimento amministrativo  adottato
dal questore di comparizione presso gli uffici di polizia durante  lo
svolgimento di manifestazioni sportive di cui all'art.  6,  comma  2,
della legge 13 dicembre 1989, n. 401 (cfr.  Corte  costituzionale  n.
512/2002), nonche', in tempi meno recenti,  il  c.d.  foglio  di  via
obbligatorio per i sorvegliati speciali di cui all'art. 2 della legge
27 dicembre 1956, n. 1423  (cfr.  Corte  costituzionale  n.  45/1960;
Corte costituzionale n. 68/1960)  e  l'ordine  di  rimpatrio  di  cui
all'art. 157 TULPS, approvato con regio decreto 18  giugno  1931,  n.
773 (cfr. Corte costituzionale n. 2/1956). 
    In tutti i casi sopra  menzionati,  il  giudice  delle  leggi  ha
sempre ritenuto che ogni misura limitativa della  liberta'  personale
disposta  dall'autorita'   amministrativa   richiedesse   di   essere
disciplinata in conformita'  dei  principi  stabiliti  dall'art.  13,
commi 2 e 3, della Costituzione, vale a  dire  in  conformita'  della
c.d. riserva di  giurisdizione,  che  implica  l'adozione  di  misure
restrittive solo con atto motivato dell'autorita'  giudiziaria  (art.
13, comma 2, della  Costituzione)  ovvero,  in  casi  eccezionali  di
necessita'  ed  urgenza,  indicati  tassativamente  dalla  legge,  la
convalida  da  parte  dell'autorita'  giudiziaria  dei  provvedimenti
provvisori   adottati   dalla   pubblica   autorita',   provvedimenti
suscettibili di decadere qualora la  medesima  autorita'  giudiziaria
non li convalidi entro  gli  stringenti  termini  ad  horas  indicati
dall'art. 13, comma 3, della Costituzione. 
    Una analoga disciplina - dettata proprio in materia  sanitaria  e
senz'altro rispettosa della riserva di giurisdizione di cui  all'art.
13 della Costituzione  -  e'  dettata  per  il  caso  di  trattamento
sanitario obbligatorio (TSO) degli  infermi  di  mente  di  cui  agli
articoli 1 e segg. della legge n. 180/1978 e 33 e segg.  della  legge
n. 833/1978. Secondo tale disciplina, il TSO e' disposto dal  sindaco
in qualita' di autorita' sanitaria locale ed il provvedimento con  il
quale quest'ultimo dispone il trattamento obbligatorio in  condizioni
di degenza ospedaliera deve essere notificato entro  quarantotto  ore
dal ricovero, tramite messo comunale, al giudice tutelare  nella  cui
circoscrizione rientra il comune; quest'ultimo, a sua volta, entro le
successive quarantotto ore, assunte le informazioni  e  disposti  gli
eventuali accertamenti, provvede con decreto motivato a convalidare o
non convalidare il provvedimento e ne da' comunicazione  al  sindaco;
ed in caso di mancata convalida, il sindaco dispone la cessazione del
trattamento  sanitario  obbligatorio   in   condizioni   di   degenza
ospedaliera; ove  il  trattamento  coattivo  si  protragga  oltre  il
settimo  giorno,  e'  necessario  un  ulteriore  provvedimento  della
medesima  autorita'   che   dev'essere   convalidato   dall'autorita'
giudiziaria. 
    Non vi e' dubbio alcuno che, anche nel caso del TSO, il controllo
giurisdizionale  sotto  forma   di   convalida   si   giustifica   in
considerazione della  privazione  della  liberta'  personale  che  e'
insita nel ricovero ospedaliero obbligatorio, in ossequio ai principi
posti dall'art. 13, commi 2 e 3, della Costituzione. 
    Nella  disciplina  di  rango  primario  relativa  al  caso  della
permanenza domiciliare disposta nei confronti del paziente  risultato
positivo al virus COVID-19, qui impugnata,  non  e'  invece  prevista
alcuna forma di  controllo  giurisdizionale  ne'  con  atto  motivato
dell'autorita' giudiziaria,  ne'  mediante  la  fase  del  successivo
giudizio di convalida quale forma di verifica  ex  post  dell'operato
dell'amministrazione. 
    Nel caso in  esame,  il  paziente  risultato  positivo  al  virus
COVID-19  e'  dunque  confinato  nell'abitazione  sulla  base  di  un
semplice ordine amministrativo non sottoposto a convalida giudiziaria
ne' ad altra forma di controllo giurisdizionale. 
    In questo senso, gli articoli 1, comma 2, lettera e) e  4,  comma
4, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito dalla legge  22
maggio 2020, n. 35, nella parte in cui  attribuiscono  alla  pubblica
autorita'  un  potere  svincolato  da   ogni   forma   di   controllo
giurisdizionale, non appaiono  rispettosi  dei  principi  inviolabili
posti dall'art. 13 della Costituzione. 
    Alla luce di tali considerazioni, non  e'  dunque  manifestamente
infondata,  in  riferimento  all'art.  13  della   Costituzione,   la
questione di legittimita' costituzionale degli articoli 1,  comma  2,
lettera e) e 4, comma 4, del decreto-legge  25  marzo  2020,  n.  19,
convertito dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, nella parte in cui,  e'
stabilito «divieto assoluto di allontanarsi dalla propria  abitazione
o dimora per le persone  sottoposte  alla  misura  della  quarantena,
applicata dal  sindaco  quale  autorita'  sanitaria  locale,  perche'
risultate  positive  al  virus»,   senza   che   tale   provvedimento
amministrativo sia preceduto o seguito da alcuna forma  di  controllo
giurisdizionale, neppure nelle forme del  giudizio  di  convalida  ex
post dell'operato dell'autorita' amministrativa e cio' in  violazione
della riserva di giurisdizione. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Dichiara  rilevante  nel  giudizio  penale   in   corso   e   non
manifestamente  infondata,   in   riferimento   all'art.   13   della
Costituzione,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale  degli
articoli 1, comma 2, lettera e) e 4, comma 4,  del  decreto-legge  25
marzo 2020, n. 19, convertito dalla legge  22  maggio  2020,  n.  35,
nella parte in cui e' stabilito il «divieto assoluto di  allontanarsi
dalla propria abitazione o dimora  per  le  persone  sottoposte  alla
misura  della  quarantena,  applicata  dal  sindaco  quale  autorita'
sanitaria locale, perche' risultate positive  al  virus»,  senza  che
tale provvedimento amministrativo sia preceduto o seguito  da  alcuna
forma di controllo giurisdizionale, neppure nelle forme del  giudizio
di convalida ex post  dell'operato  dell'autorita'  amministrativa  e
cio' in violazione della riserva di giurisdizione; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale; 
    Sospende il giudizio in  corso,  riservandosi  di  fissare  altra
udienza al termine del giudizio di costituzionalita'; 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
trasmessa alla Corte costituzionale; sia  notificata  alle  parti  in
causa e al pubblico ministero, nonche' al  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, e che sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del
Parlamento. 
        Aosta, 19 novembre 2021 
 
                        Il Giudice: Tornatore