N. 22 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 febbraio 2022

Ordinanza del 3 febbraio 2022 della Corte  dei  conti  -  Sezione  di
controllo  per  la  Regione  Siciliana  nel  procedimento   contabile
promosso dall'ARAN - Agenzia per la rappresentanza negoziale  per  la
Regione Siciliana. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Impiego  pubblico  -  Norme  della
  Regione Siciliana - Adeguamento del fondo  per  il  trattamento  di
  posizione e di risultato del personale con qualifica dirigenziale -
  Previsione dell'autorizzazione dell'ulteriore spesa annua  di  euro
  946.600,92, per il triennio 2021-2023 -  Previsione  che,  per  gli
  esercizi  successivi   al   triennio   2021-2023,   l'entita'   del
  finanziamento e' determinata annualmente con legge di bilancio. 
- Legge  della  Regione  Siciliana   24   settembre   2021,   n.   24
  (Disposizioni  per  il  settore  della  forestazione.  Disposizioni
  varie), art. 4. 
(GU n.11 del 16-3-2022 )
 
                           CORTE DEI CONTI 
            Sezione di controllo per la Regione Siciliana 
 
    Nella Camera di consiglio del 10  gennaio  2022  e  nell'adunanza
pubblica del 12 gennaio 2022, composta dai seguenti magistrati: 
      Salvatore Pilato, Presidente; 
      Anna Luisa Carra, Presidente aggiunto; 
      Adriana La Porta, consigliere; 
      Adriana Parlato, consigliere; 
      Giuseppe Grasso, consigliere; 
      Alessandro Sperandeo, consigliere; 
      Luciano Abbonato, consigliere; 
      Tatiana Calvitto, referendario - relatore; 
      Antonio Tea, referendario - relatore; 
      Antonino Catanzaro, referendario; 
      Massimo Giuseppe Urso, referendario; 
      Emanuele Mio, referendario; 
    Visti gli articoli 81, 97, 100 comma 2, 101 comma 2, 103 comma 2,
della Costituzione; 
    Visto l'art. 2 del decreto legislativo 6 maggio 1948, n. 655, nel
testo sostituito dal decreto legislativo 18 giugno 1999, n. 200 e dal
decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158; 
    Visto il  regolamento  per  l'organizzazione  delle  funzioni  di
controllo della Corte dei  conti,  approvato  dalle  Sezioni  riunite
della Corte dei conti con deliberazione n. 14 del 16  giugno  2000  e
successive modificazioni; 
    Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165  e  successive
modifiche e integrazioni; 
    Visto l'art. 27 della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10, come
modificata dall'art. 29 della legge regionale 28  dicembre  2004,  n.
17; 
    Vista l'ordinanza delle Sezioni Riunite per la Regione  siciliana
n. 2/2019/SSRR/INPR, depositata in data 8 marzo 2019; 
    Viste le deliberazioni n. 23/2021/CCR e n. 96/2021/CCR con cui la
Sezione di Controllo per la Regione siciliana ha reso  certificazione
non positiva in merito all'Ipotesi di Contratto collettivo  regionale
di lavoro dell'area della dirigenza della Regione siciliana  e  degli
Enti di cui all'art. 1 della legge regionale n. 10 del 2000,  per  il
triennio    normativo    ed    economico    2016-2018,     trasmessa,
rispettivamente, in data 2 febbraio 2021 e in data 29 giugno 2021; 
    Vista l'ipotesi  di  Contratto  collettivo  regionale  di  lavoro
dell'area della dirigenza della Regione siciliana e degli Enti di cui
all'art. 1 della legge regionale n. 10  del  2000,  per  il  triennio
normativa ed economico 2016-2018, pervenuta, a mezzo  PEC,  a  questa
Sezione in data 22 dicembre 2021 (prot. n. 939 del 22 dicembre 2021),
prot. C.d.c. n. 11110 di  pari  data  e  la  relativa  documentazione
allegata; 
    Vista la deliberazione n.  12/2022/CCR  del  3  febbraio  2022  e
l'allegato Rapporto di certificazione, con cui  la  Sezione  ha  reso
certificazione  parzialmente  positiva  sull'ipotesi   di   contratto
collettivo  regionale  di   lavoro   del   personale   di   qualifica
dirigenziale della Regione siciliana per  il  triennio  normativa  ed
economico 2016-2018,  escludendo  le  clausole  contrattuali  di  cui
all'art. 68, commi 2,  3  e  8,  avente  ad  oggetto  «Fondo  per  il
finanziamento della retribuzione di posizione, parte variabile  e  di
risultato», in relazione alle quali  ha  ritenuto  di  sospendere  il
procedimento di certificazione e sollevare, con  separata  ordinanza,
la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4  della  legge
regionale 24 settembre 2021 n. 24 in riferimento  agli  articoli  81,
comma 3, e 97, comma 1, della Costituzione; 
    Visto l'art. 85, comma 8-bis, del decreto-legge 17 marzo 2020, n.
18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n.  27
modificato, da ultimo, dall'art. 6, comma  1,  del  decreto-legge  23
luglio 2021, n. 105 convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  16
settembre 2021,  n.  126,  concernente  gli  effetti  in  materia  di
giustizia contabile  derivanti  dalle  misure  urgenti  di  contrasto
dell'emergenza epidemiologica,  che  consente  lo  svolgimento  delle
adunanze e delle camere di consiglio mediante collegamenti da remoto; 
    Visto l'art. 16, comma 7, del decreto-legge 30 dicembre 2021,  n.
228, ai sensi del quale «I termini di cui all'art. 85, commi 2, 5,  6
e 8-bis, del decreto-legge 17 marzo  2020,  n.  18,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, relativi  a  misure
urgenti per contrastare  l'emergenza  epidemiologica  da  COVID-19  e
contenerne gli  effetti  in  materia  di  giustizia  contabile,  sono
prorogati al 31 marzo 2022»; 
    Viste le «Regole tecniche e operative» per lo  svolgimento  delle
adunanze in camera di consiglio da remoto adottate con i decreti  del
Presidente della Corte dei conti n. 139 del 3 aprile 2020, n. 153 del
18 maggio 2020, n. 287 del 27 ottobre 2020 e n. 341 del  31  dicembre
2021; 
    Visto il decreto presidenziale n. 128/2021/CONTR. del 28 dicembre
2021 di nomina dei relatori, referendari Tatiana Calvitto  e  Antonio
Tea; 
    Vista la nota istruttoria prot. n. 111.86 del  27  dicembre  2021
della  Sezione  di  controllo,  cui  e'  stato  dato  riscontro   dal
Dipartimento  regionale  del  bilancio  e  del  tesoro  -  Ragioneria
generale della Regione siciliana e dal Dipartimento  regionale  della
funzione pubblica con nota congiunta  prot.  n.  166758/2021  del  30
dicembre 2021 acquisita, in pari data, con prot. C.d.C. n. 11339; 
    Vista l'ordinanza presidenziale n. 2/2022 del 5 gennaio 2022,  di
convocazione dell'Adunanza generale della Sezione di controllo per la
Regione siciliana per la camera di consiglio del  giorno  10  gennaio
2022; 
    Viste le successive ordinanze  presidenziali  n.  4/2022  del  10
gennaio 2022 e n. 5/2022 del 11 gennaio 2022, con le quali la Sezione
e' stata convocata, in video conferenza, nell'odierna  adunanza,  per
il contraddittorio con l'Amministrazione regionale  e  con  l'Agenzia
per  la  rappresentanza  negoziale  della  Regione   siciliana,   sui
contenuti della nota di sintesi n. 125 del 10 gennaio 2022, trasmessa
contestualmente alla citata ordinanza di convocazione n. 4/2022; 
    Vista la nota n.  3006  del  12  gennaio  2021  del  Dipartimento
regionale del bilancio e  del  tesoro  -  Ragioneria  generale  della
Regione siciliana (prot. C.d.C. n. 197 del 12 gennaio 2022); 
    Uditi i  magistrati  relatori,  referendari  Tatiana  Calvitto  e
Antonio Tea; 
    Uditi, per la Regione  siciliana,  il  ragioniere  generale  Avv.
Ignazio Tozzo, la dirigente responsabile del Servizio 1 - Bilancio  -
Ragioneria Generale dott.ssa Gloria Giglio  e  l'Assessore  regionale
alle autonomie locali e della funzione pubblica avv. Marco Zambuto; 
 
                          Rilevato in fatto 
 
    1. Con nota prot. n. 939 del 22 dicembre 2021, acquisita in  pari
data con prot. Cdc n. 11110, l'ARAN Sicilia  ha  trasmesso  a  questa
Sezione di Controllo, ai sensi del combinato  disposto  di  cui  agli
articoli 27, commi 7 e 8, della legge regionale n. 10 del 2000 e  47,
comma 5, del decreto  legislativo  n.  165  del  2001,  l'ipotesi  di
Contratto collettivo regionale di lavoro  dell'area  della  dirigenza
della Regione siciliana e degli Enti di cui all'art. 1  della  citata
legge regionale  n.  10  del  2000,  per  il  triennio  normativo  ed
economico 2016-2018, ai fini della certificazione  di  compatibilita'
con gli strumenti di programmazione e di bilancio della Regione. 
    1.1  Tale  ipotesi   contrattuale,   invero,   era   gia'   stata
precedentemente inoltrata, in data 2  febbraio  2021  e  in  data  29
giugno  2021,  ma,  in  entrambe  le  occasioni,   il   giudizio   di
certificazione si era concluso con esito  negativo  (rispettivamente,
con deliberazioni n. 23/2021/ CCR e n. 96/2021/CCR) a fronte  di  una
serie di motivazioni ostative  riconducibili,  sostanzialmente,  alla
mancata o  non  sufficientemente  dimostrata  copertura  degli  oneri
contrattuali. 
    1.2 In particolare, la decisione di  rendere  una  certificazione
non positiva, assunta con l'ultima delle richiamate deliberazioni, si
e' fondata su un  duplice  ordine  di  considerazioni:  da  un  iato,
l'assenza delle «condizioni di  compatibilita'  finanziaria  relativa
agli oneri di  competenza  del  periodo  2016/2020,  a  valere  sulle
economie   vincolate   del   capitolo   n.   212017,   in    mancanza
dell'approvazione  del  rendiconto  generale  relativo  all'esercizio
2020,  atteso  il  contenuto  precettivo  del   principio   contabile
applicato  concernente  la  contabilita'  finanziaria  che  interdice
l'utilizzo della quota vincolata  del  risultato  di  amministrazione
all'ente in ritardo nell'approvazione del proprio rendiconto ai sensi
del decreto legislativo n. 118 del 2011, allegato n. 4/2,  §  9.2.19»
e,  dall'altro,  la  «mancanza  di  compatibilita'   finanziaria   ed
economica  degli  incrementi  del  trattamento  accessorio   per   il
personale, derivanti dall'art. 68, comma 2, lettera a),  dell'ipotesi
di contratto rispetto all'attuale stanziamento sul  capitolo  212019,
previsto  dal  bilancio  di  previsione  per  il  periodo  2021-2023,
approvato con legge regionale 15 aprile 2021, n. 10» (Cfr. Sezione di
controllo per la Regione siciliana, deliberazione n. 96/2021/CCR). 
    Le ragioni sottostanti alle suddette circostanze impeditive  sono
state  compiutamente   illustrate   all'interno   del   rapporto   di
certificazione annesso alla stessa deliberazione. 
    1.2.1 Per quanto concerne, in particolare, il profilo legato alla
mancanza  di  sufficienti   disponibilita'   sull'apposito   capitolo
afferente al  trattamento  accessorio  del  personale  con  qualifica
dirigenziale  all'interno  del  bilancio  di   previsione   2021-2023
(capitolo 212019), si e' rilevato come lo  stanziamento  (avente,  in
ciascuna delle tre annualita', una dotazione effettiva  pari  a  euro
29.572.932,32) apparisse sottodimensionato rispetto al valore  a  cui
sarebbe asceso, dall'anno 2021, il Fondo per il  finanziamento  della
retribuzione di posizione, parte variabile e di risultato  in  virtu'
degli incrementi previsti dall'art. 68 dell'ipotesi  contrattuale  (e
pari,  in  base  ai   conteggi   della   stessa   Regione,   a   curo
30.519.533,24). 
    Al fine di rendere intellegibile il procedimento di calcolo  alla
base  di  quest'ultimo  valore,  si  e'  allegato  al   rapporto   di
certificazione  un  apposito  prospetto  riportante  la   simulazione
elaborata  dal  Dipartimento  regionale  della  funzione  pubblica  e
acquisita in sede istruttoria. 
    Si tratta della  tabella  n.  7  dell'appendice  al  rapporto  di
certificazione di seguito riprodotta: 
    

+-----------------+------------------------+------------------------+
|                 |       FONDO 2018       |           27.707.861,00|
+-----------------+------------------------+------------------------+
| Art. 68, c. 2,  |  R.I.A. annue cessati  |                        |
|     lett. b     |       anno 2019        |              873.763,80|
|                 +------------------------+------------------------+
|                 |  R.I.A. annue cessati  |                        |
|                 |       anno 2020        |            1.942.621,33|
|                 +------------------------+------------------------+
|                 | ratei R.I.A. mensilita'|                        |
|                 |    residue cessati     |              753.401,16|
|                 |       anno 2020        |                        |
+-----------------+------------------------+------------------------+
|                 |     disponibilita'     |                        |
| Art. 68, c. 2,  |specifiche disposizioni |                        |
|     lett. c     | di legge o regolamenti |                        |
+-----------------+------------------------+------------------------+
|                 |  ulteriori risorse da  |                        |
| Art. 68, c. 2,  |   maggiori entrate o   |                        |
|     lett. d     |  economie di gestione  |                        |
+-----------------+------------------------+------------------------+
|                 |   risorse aggiuntive   |                        |
| Art. 68, c. 2,  |derivanti da attuazione |                        |
|     lett. e     |   art. 3, l. 449/97    |                        |
+-----------------+------------------------+------------------------+
|  Art. 68, c. 4  |adeguamento risorse per |                        |
|                 |   attivazione nuove    |                        |
|                 |  strutture di massima  |                        |
|                 |dimensione o intermedie |                        |
+-----------------+------------------------+------------------------+
|                 |TOTALE POTENZIALE FONDO |                        |
|                 |          2021          |           31.277.647,29|
+-----------------+------------------------+------------------------+
|                 |    Tetto massimo in    |           29.940.000,00|
|                 | applicazione art. 23,  |                        |
|                 |    comma 2, decreto    |                        |
|                 | legislativo 25 maggio  |                        |
|                 |          2015          |                        |
+-----------------+------------------------+------------------------+
|                 |€ 371,02 x 1.562 unita' |              579.533,24|
|                 |     in servizio al     |                        |
|                 |31/12/2015 (in deroga al|                        |
|                 |tetto ai sensi dell'art.|                        |
| Art. 68, c. 2,  | 11 D.L. 14/12/2018, n. |                        |
|     lett. a     |          135           |                        |
+-----------------+------------------------+------------------------+
|                 |   VALORE FONDO 2021    |           30.519.533,24|
+-----------------+------------------------+------------------------+

    
    1.2.2 Lo sviluppo ivi esposto esplicita i passaggi da  effettuare
per determinare la nuova consistenza del Fondo  tenendo  conto  degli
effetti dell'art. 68 dell'ipotesi contrattuale. (1) 
    Innanzitutto, dovrebbe  prendersi  a  riferimento  l'importo  del
Fondo per l'anno 2018 in base al previgente CCRL, pari al  valore  di
euro 27.707.861,00 (art. 68, comma 1). 
    In secondo luogo, dovrebbe procedersi a  conteggiare  le  risorse
della retribuzione individuale di anzianita' (R.I.A.)  dei  dirigenti
cessati dal servizio (art. 68, comma 2, lettera b, e comma  3),  che,
in concreto, sono da determinarsi nella misura di  euro  3.569.786,29
(a chiusura del 2020), oltre che quelle elencate  nelle  altre  parti
della medesima disposizione (art. 68, comma 2, lettera c, d, e  comma
4), la cui fattispecie, nel caso in esame, risulta non sussistente. 
    Gli importi  di  tali  incrementi,  tuttavia,  dovrebbero  essere
computati sino alla concorrenza del valore c.d. «tetto  Madia»  (art.
23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017), il quale  e'  stato
determinato  dall'Amministrazione  regionale  in  euro  29.940.000,00
(limite richiamato dall'art. 68, comma 9, dell'ipotesi contrattuale). 
    A quest'ultimo importo, dovrebbero,  poi,  aggiungersi,  in  base
all'art. 68, comma 2, lettera  a),  gli  incrementi  del  trattamento
accessorio,  pari  a  euro  579.533,24   (ossia   euro   371,02   per
millecinquecentosessantadue unita' in servizio al 31 dicembre  2015),
in quanto operanti  in  deroga  ai  limiti  fissati  dalla  norma  di
contenimento della spesa per  il  trattamento  accessorio  (art.  11,
comma 1, del decreto-legge n. 135/2018). 
    In definitiva, ai sensi dell'art. 68 dell'ipotesi di accordo, dal
2021 la consistenza del Fondo dovrebbe ammontare alla cifra  di  euro
30.519.533,24. 
    2. Cio' posto,  come  anticipato,  all'interno  del  bilancio  di
previsione per il triennio 2021-2023 di cui alla legge  regionale  n.
10 del 15  aprile  2021,  non  sono  state  rinvenute,  sul  capitolo
relativo al trattamento accessorio del personale  (capitolo  212019),
disponibilita' sufficienti a dare copertura all'onere di cui sopra. 
    Si  e'  constatato,  infatti,  che,  al  momento  dell'esame,  il
menzionato capitolo riportava i seguenti stanziamenti: 
 
=====================================================================
|CAPITOLO 212019|      2021       |      2022      |      2023      |
+===============+=================+================+================+
| Previsione di |                 |                |                |
|  competenza   |  € 37.227.899,23| € 29.572.932,32| € 29.572.932,32|
+---------------+-----------------+----------------+----------------+
|  di cui gia'  |                 |                |                |
|   impegnato   |   € 6.739.993,07|                |                |
+---------------+-----------------+----------------+----------------+
| di cui fondo  |                 |                |                |
|  pluriennale  |                 |                |                |
|   vincolato   |                0|                |                |
+---------------+-----------------+----------------+----------------+
| Previsione di |                 |                |                |
|     cassa     |  € 29.572.932,32|                |                |
+---------------+-----------------+----------------+----------------+
 
    Con riferimento  all'esercizio  2021,  va  specificato  che,  pur
essendo  stato  stanziato  un  importo  complessivo   pari   a   euro
37.227.899,32, ai fini della verifica  della  copertura  degli  oneri
nascenti dall'ipotesi di contratto, si e'  tenuto  in  considerazione
unicamente l'importo  di  euro  29.572.932,32,  ossia  l'importo  non
ancora impegnato, al netto di euro  6.739.993,07,  i  quali,  invece,
come risulta dal precedente prospetto, rappresentano spazi finanziari
non disponibili, in quanto gia' impegnati per  far  fronte  ad  altre
obbligazioni giuridiche. 
    2.1 La Regione ha sostenuto, sul punto,  che,  in  realta',  tale
appostamento contabile per la costituzione del  Fondo  sarebbe  stato
deliberatamente  parametrato  ad  una  entita'  inferiore  a   quella
necessaria  a  coprire  gli  incrementi  contrattuali,  al  fine   di
rispettare l'accordo di rientro dal disavanzo stipulato con lo  Stato
il 14 gennaio 2021, in base al quale la stessa  si  e'  vincolata  al
«contenimento  dell'ammontare  complessivo  delle  risorse  destinate
annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello
dirigenziale, nei limiti di quanto previsto  per  le  amministrazioni
pubbliche dall'articolo 23,  comma  2,  del  decreto  legislativo  25
maggio 2017, n. 75» (punto n. 2, lettera d). 
    Sul punto deve specificarsi che l'art. 7 del decreto  legislativo
27 dicembre 2019, n. 158 subordina il ripiano decennale del disavanzo
accertato nell'esercizio finanziario 2018, nonche'  delle  quote  del
disavanzo pregresso  non  recuperate  entro  il  medesimo  esercizio,
all'osservanza di un accordo tra lo Stato  e  la  Regione  siciliana,
finalizzato  a  garantire  il  rispetto  di  specifici  parametri  di
virtuosita', tra cui la riduzione strutturale della  spesa  corrente,
con effetti a decorrere dall'esercizio finanziario  2021,  attraverso
appositi interventi di riforma da concordare. 
    L'apposito  Accordo   attuativo   della   predetta   disposizione
normativa e' parte integrante degli allegati a corredo  del  bilancio
di previsione della Regione siciliana per il  triennio  2021-2023  di
cui alla legge regionale 15 aprile 2021 n. 10 (pubblicata in G.U.R.S.
n. 17 del 21 aprile 2021, Parte prima, S.O. n. 23). 
    A prescindere dalla fondatezza giuridica  di  quanto  argomentato
dalla Regione, la scelta di stanziare in bilancio risorse inferiori a
quelle necessarie  a  coprire  gli  oneri  nascenti  dall'ipotesi  di
contratto, ha comportato, di fatto,  un  problema  di  compatibilita'
finanziaria che ha precluso la possibilita' di concludere, con  esito
positivo, la procedura di certificazione. 
    3. Per cercare di  superare  l'esposta  problematica  la  Regione
siciliana  e'  intervenuta,  di  recente,   con   un'apposita   norma
finalizzata a rimpinguare, nella misura necessaria,  lo  stanziamento
giudicato incapiente. 
    3.1 L'art. 4 della legge regionale  24  settembre  2021,  n.  24,
rubricato «Adeguamento  fondo  per  il  rinnovo  del  CCRL»  prevede,
infatti, che: «1. Per l'adeguamento del fondo per il  trattamento  di
posizione e di risultato del  personale  con  qualifica  dirigenziale
(Missione  1,  Programma  10,   capitolo   212019)   e'   autorizzata
l'ulteriore spesa annua di euro 946.600,92 per il triennio 2021-2023. 
    2.  Agli  oneri  di  cui  al  comma  1  si  fa  fronte   mediante
corrispondente riduzione  delle  disponibilita'  della  Missione  20,
Programma 3, capitolo 215704. Per gli esercizi  successivi  l'entita'
dello stanziamento e' determinata annualmente con legge  di  bilancio
ai sensi dell'articolo 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011,  n.
118 e successive modificazioni». 
    La previsione in esame, in linea astratta, si inserisce entro  il
perimetro di quelle norme che, in generale, disciplinano  la  materia
della copertura finanziaria per i rinnovi contrattuali del  personale
del pubblico impiego. Il riferimento e', in particolare, all'art. 48,
comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e all'art. 28, comma
1, della legge regionale n. 10 del 2000. 
    3.2 L'ulteriore spesa annua autorizzata, pari a euro  946.600,92,
coincide con il differenziale fra l'ammontare del  Fondo  determinato
ai  sensi  delle  nuove  disposizioni  contrattuali  (pari   a   euro
30.519.533,24) e  quello  dell'appostamento  contabile  del  capitolo
212019 del bilancio di previsione per il triennio 2021-2023  (pari  a
euro 29.572.932,32). 
    3.3 La Relazione predisposta dalla II Commissione  legislativa  -
«Bilancio» dell'Assemblea regionale Siciliana al disegno di legge  n.
1065/A, presentata il 15 settembre 2021 spiega, in  merito,  che  «al
fine di  pervenire  entro  il  corrente  esercizio  finanziario  alla
riproposizione   dell'ipotesi   di   CCRL   alla   Corte   si   rende
indispensabile integrare il fondo come previsto sul  capitolo  212019
dalla legge regionale 15 aprile 2021, n. 10 «Bilancio  di  previsione
della Regione siciliana per il  triennio  2021-2023».  L'integrazione
necessaria risulta pari ad euro 946.600,92 annui, cosi' da  riportare
lo stanziamento per gli esercizi finanziari 2021, 2022 e 2023 ad euro
30.519.533,24 per anno cosi' come indicato dalla Sezione di Controllo
e riportato nel seguente prospetto. 
    La copertura della spesa  autorizzata  pari  ad  euro  946.600,92
viene  assicurata  mediante  utilizzo  delle   disponibilita'   della
Missione 20, Programma 3, capitolo 215704 "Fondo occorrente  per  far
fronte ad oneri dipendenti da provvedimenti legislativi  in  corso  -
spese correnti" che ne presenta le disponibilita'». 
    3.4 L'art. 7  della  legge  regionale  in  parola  provvede  poi,
contestualmente, ad apportare le conseguenti variazioni  nello  stato
di previsione della spesa del bilancio della Regione per  l'esercizio
finanziario 2021  e  per  il  triennio  2021-2023,  incrementando  le
disponibilita' del  citato  capitolo  212019,  nel  modo  di  seguito
rappresentato: 
 
=====================================================================
|CAPITOLO 212019|      2021       |      2022      |      2023      |
+===============+=================+================+================+
| Previsione di |                 |                |                |
|  competenza   |  € 37.394.349,06| € 30.519.533,24| € 30.519.533,24|
+---------------+-----------------+----------------+----------------+
|  di cui gia'  |                 |                |                |
|   impegnato   |   € 6.739.993,07|                |                |
+---------------+-----------------+----------------+----------------+
| di cui fondo  |                 |                |                |
|  pluriennale  |                 |                |                |
|   vincolato   |                0|                |                |
+---------------+-----------------+----------------+----------------+
| Previsione di |                 |                |                |
|     cassa     |  € 30.519.533,24|                |                |
+---------------+-----------------+----------------+----------------+
 
    Va precisato, a tal proposito, che l'art. 4 della legge regionale
n.  24  del  2021  e'  gia'  stato  impugnato,  innanzi  alla   Corte
costituzionale, dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso
n. 67 del 2021 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica
italiana n. 51 del 22  dicembre  2021,  Iª  Serie  speciale  -  Corte
costituzionale) per la prospettata  violazione  degli  articoli  117,
commi 2  e  3  lettera  l),  81,  comma  6  e  119,  comma  1,  della
Costituzione. 
    4.  La  disposizione  in  esame,   sebbene   impugnata,   essendo
pienamente vigente  ed  espressamente  finalizzata  ad  integrare  il
quadro delle risorse  disponibili  per  la  tornata  contrattuale  in
esame, non puo' non trovare applicazione nel contesto del giudizio di
certificazione dell'attendibilita' e della compatibilita'  dei  costi
che questa Sezione di controllo e' chiamata ad  espletare  a  seguito
della ripresentazione dell'ipotesi di contratto collettivo. 
    4.1 Al riguardo, deve reputarsi ininfluente quanto rappresentato,
da ultimo, dall'ARAN Sicilia con la citata nota prot. n. 939  del  22
dicembre 2021, secondo cui gli oneri discendenti dall'art. 68,  comma
2, dell'ipotesi  di  contratto  potrebbero  trovare  copertura  nelle
residue disponibilita' di altri capitoli del bilancio  di  previsione
2021-2023 (ossia i capitoli 212017, 108001  e  150020)  «e  non  gia'
mediante utilizzo della  somma  di  euro  946.600,92,  oggetto  della
variazione di bilancio di cui all'art. 4  della  legge  regionale  n.
24/2021»,  dal  momento  che  questa  Sezione  non  puo'  accedere  a
prospettazioni che si risolvono nella disapplicazione  di  previsioni
legislative (alle quali, peraltro, la stessa Amministrazione dovrebbe
attenersi) ritenendo  prevalenti  mere  dichiarazioni  di  intenti  a
discapito di fonti normative a tutti gli effetti vigenti. 
    La possibilita' di utilizzare coperture alternative  e'  altresi'
contemplata nella deliberazione n. 567 del 18 dicembre 2021, con  cui
la Giunta regionale ha espressamente dato mandato all'ARAN Sicilia di
riavviare il procedimento per la certificazione dell'ipotesi di CCRL,
ai sensi dell'art. 27, comma 8, della legge regionale n. 10 del 2000,
ritenendo superate le ragioni ostative rilevate da questa Sezione  di
controllo con la citata deliberazione n. 96 del 2021. 
    Come infra meglio esplicitato  (punto  3.2  del  «Considerato  in
diritto»), l'indicazione di ulteriori mezzi finanziari ricavabili  da
capitoli di bilancio (asseritamente) ridondanti non e' da  intendersi
quale  soluzione  di  copertura  aggiuntiva  e  pienamente  fungibile
rispetto a quella fondata sul disposto del citato art. 4 della  legge
regionale n. 24 del 2021. 
    Infatti,  il  carattere  meramente  ipotetico  delle   menzionate
coperture   "alternative"   e'   stato   confermato   dalla    stessa
Amministrazione che, interpellata sul punto in sede  istruttoria,  ha
ribadito, da un lato, che «la  copertura  finanziaria  dell'onere  di
euro  946.600,92  gravante  sul  capitolo  212019  e'  assicurata   a
legislazione vigente ed in  particolare  dalle  disposizioni  di  cui
all'art. 4 della legge regionale n.  24/2021»  (cfr.  nota  prot.  n.
166758 del 30 dicembre 2021 acquisita, in pari data, con prot. C.d.C.
n.  11339)  e,  dall'altro,  che  l'indicazione  di  talune   opzioni
secondarie di copertura potrebbe essere utile ove,  a  certificazione
completata, la Regione intendesse comunque «nel prosieguo abbandonare
il giudizio instaurato innanzi al Giudice delle Leggi,  in  un'ottica
piu' ampia di deflazione complessiva del contenzioso con lo  Stato  e
di accordi di finanza pubblica ancora in discussione» (cfr.,  ancora,
nota prot. n. 166758 cit.). 
    5. Questa Sezione di controllo ha  deliberato  la  certificazione
parzialmente positiva sull'ipotesi di contratto collettivo  regionale
di lavoro del  personale  di  qualifica  dirigenziale  della  Regione
siciliana  per  il  triennio  normativo   ed   economico   2016-2018,
escludendo le clausole contrattuali di cui all'art. 68, corrimi 2,  3
e 8, avente ad oggetto «Fondo per il finanziamento della retribuzione
di posizione, parte variabile e  di  risultato»,  in  relazione  alle
quali ha ritenuto di sospendere il procedimento di  certificazione  e
sollevare, con la presente ordinanza, la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 4 della legge regionale 24 settembre 2021 n.
24 in riferimento agli artt. 81,  comma  3,  e  97,  comma  1,  della
Costituzione. 
    6. Cio' posto,  si  ha  motivo  di  dubitare  della  legittimita'
costituzionale della richiamata disposizione per le ragioni  che,  di
seguito, verranno dettagliatamente esposte. 
 
                       Considerato in diritto 
 
1. Premessa. 
    1.1 Secondo il consolidato  orientamento  di  questa  Sezione  di
controllo (cfr.  il  Rapporto  di  certificazione  approvato  con  la
deliberazione  n.  96/2021/CCR),  la  valutazione  dei   profili   di
attendibilita' e compatibilita' finanziaria dell'ipotesi di contratto
collettivo,  ai  sensi  degli  articoli  27,  comma  7,  della  legge
regionale n. 10 del 2000 e 47, comma 5, del  decreto  legislativo  n.
165  del  2001,  deve  prendere  in  esame  l'intero  arco  temporale
interessato dagli effetti economici della contrattazione, oltre che i
successivi  oneri  a  regime,  in  quanto   l'efficacia   dei   nuovi
trattamenti retributivi genera corrispondenti  diritti  soggettivi  a
carattere patrimoniale, la  cui  copertura  deve  rinvenire  adeguata
rappresentazione nei  documenti  contabili  di  programmazione  e  di
previsione, redatti secondo i principi dell'armonizzazione contabile. 
    1.2. Il citato art. 4 della legge regionale n. 24 del  2021,  nel
disciplinare la copertura degli oneri  connessi  all'adeguamento  del
Fondo per il trattamento di posizione, parte variabile e di risultato
del personale con qualifica dirigenziale,  stabilisce,  al  comma  2,
che, per gli esercizi successivi al 2023, «Pentita dello stanziamento
e'  determinata  annualmente  con  legge   di   bilancio   ai   sensi
dell'articolo 38 del decreto legislativo 23 giugno  2011,  n.  118  e
successive modificazioni». 
    1.3 Tale forma di copertura, ad avviso della Sezione, non risulta
conforme all'articolo 38 del decreto legislativo  n.  118  del  2011,
considerato  che   quest'ultimo   (peraltro   citato   nella   stessa
disposizione in analisi) consente che la  quantificazione  dell'onere
annuo possa essere rinviata alla legge di bilancio solo per le  spese
continuative non obbligatorie, mentre,  per  quelle  continuative  di
natura obbligatoria, prevede che  l'onere  debba  essere  indicato  a
regime. 
    1.4 La legge cosi formulata, laddove dispone che lo  stanziamento
concernente  il  trattamento  accessorio  possa   essere   rimodulato
annualmente con la legge di bilancio, riconosce una  discrezionalita'
inconciliabile con i vincoli quantitativi imposti dal contratto e  si
discosta, evidentemente, dai principi costituzionali  in  materia  di
copertura, ponendosi in contrasto, in particolare, con l'articolo 81,
comma 3, della Costituzione, e con le norme interposte  di  cui  agli
articoli 38 del decreto legislativo n. 118 del 2011 e  30,  comma  6,
della legge n. 196 del 2009, nonche' con l'art. 97,  comma  1,  della
Costituzione che tutela l'equilibrio e la sana  gestione  finanziaria
del   bilancio,   quali   principi   collegati   ed   interdipendenti
dall'obbligo di copertura delle leggi di spesa. 
    1.5 Pertanto, nel presente  procedimento  di  certificazione,  il
Collegio rileva la sussistenza  di  una  situazione  nella  quale  la
compatibilita'   dei   costi   contrattuali   (da   intendersi   come
sostenibilita',  anche  a  regime,  dei  medesimi)  dovrebbe   essere
riconosciuta  e  positivamente  riscontrata,  sul  fondamento   della
copertura prevista dalla legge regionale n. 24  del  2021,  la  quale
manifesta - ad avviso della Sezione di controllo -  evidenti  profili
di incostituzionalita'. 
    1.6  In  carenza  di  soluzioni  interpretative,  alternative   e
costituzionalmente  orientate,   il   Collegio   ritiene   necessario
promuovere il giudizio di costituzionalita' della norma in questione,
poiche' altrimenti - in  considerazione  dell'efficacia  della  legge
regionale, non disapplicabile nella specie  in  esame  -  la  Sezione
dovrebbe  deliberare   il   giudizio   positivo   di   compatibilita'
finanziaria fra gli oneri continuativi e obbligatori discendenti  dal
contratto - da un lato - e il quadro programmatico ricomprendente  le
disponibilita' derivanti dalla legge regionale ritenuta inficiata  da
vizi di incostituzionalita' - dall'altro lato - in contrasto  con  il
preminente interesse alla  legalita'  costituzionale-finanziaria  dei
bilanci pubblici. Non e' superfluo rilevare la tutela rafforzata  che
le disposizioni degli articoli 81, comma  3,  e  97,  comma  1  Cost,
ricevono dal presidio del complesso delle funzioni di controllo e  di
giurisdizione attribuite alla Corte dei conti. 
2.  La  legittimazione  a  sollevare  la  questione  di  legittimita'
costituzionale. 
    Nel  corso  del  tempo,  la  giurisprudenza   costituzionale   ha
ravvisato  la  legittimazione  della  Corte  dei  conti  a  sollevare
questioni di legittimita' costituzionale  nell'ambito  di  molteplici
attivita' svolte in sede di controllo. 
    In particolare, tale legittimazione e' stata riconosciuta: 
      a) in sede di giudizio di parificazione del rendiconto generale
dello  Stato  e  delle  regioni,  con  riferimento,  dapprima,   alle
autonomie  speciali  e,  successivamente,  alle  regioni  a   statuto
ordinario, in virtu' dell'art.  1,  comma  5,  del  decreto-legge  10
ottobre 2012, n. 174, convertito con modificazioni dall'art. 1, comma
1, della legge 7 dicembre 2012, n. 231 (ex multis,  sentenze  n.  165
del 1963, n. 121 del 1966, n. 244 del 1995, n. 213 del 2008,  n.  181
del 2015, n. 89 del 2017, n. 196 del 2018, n. 138 e n. 146 del  2019,
n. 112 del 2020 e n. 215 del 2021); 
      b) nell'ambito del controllo preventivo di  legittimita'  sugli
atti del Governo (sentenze n. 226 del 1976, n. 384 del 1991 e  n.  25
del 1993 nonche' ordinanze n. 295 e n. 310 del 1998); 
      c) in sede di controllo di legittimità-regolarita' sui  bilanci
degli enti locali (sentenza n. 18 del 2019 che richiama  le  sentenze
n. 39 e n. 40 del 2014 e n. 60 del 2013) e degli  enti  del  Servizio
sanitario nazionale (sentenza n. 157 del 2020), nonche' con  riguardo
ai controlli in materia di approvazione e  attuazione  del  piano  di
riequilibrio finanziario pluriennale (sentenze n. 18  e  n.  105  del
2019, n. 115 del 2020 e n. 80 del 2021). (2) 
    Con i menzionati orientamenti di  giurisprudenza  costituzionale,
il Giudice delle Leggi ha enucleato e progressivamente  delineato  le
coordinate  ermeneutiche  per  riscontrare,  nelle  attribuzioni   di
controllo esercitate  dalla  Corte  dei  conti,  la  sussistenza  dei
requisiti previsti dall'art. 1 legge costituzionale 9 febbraio  1948,
n. 1 e dall'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87 per l'accesso, in  via
incidentale, al giudizio di legittimita' costituzionale. 
    Tali norme richiedono, come noto, che l'iniziativa di  rimessione
alla Corte  costituzionale  sia  assunta  dinnanzi  ad  un  "giudice"
(requisito  soggettivo)  nel  corso  di  un   "giudizio"   (requisito
oggettivo). 
    Ad   avviso   del   Collegio,   nella   fattispecie   concernente
l'esercizio, da parte della Corte dei conti, delle  funzioni  di  cui
all'art. 47 del  decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  (in
combinato disposto con l'art. 27 della  legge  regionale  n.  10  del
2000, per cio' che segnatamente attiene alla Regione  siciliana),  in
materia di certificazione dei  contratti  collettivi  di  lavoro  del
pubblico impiego, sono ravvisabili entrambe  le  suddette  condizioni
necessarie  per  la  proposizione  della  questione  incidentale   di
costituzionalita'. 
    2.1 Presupposto soggettivo. 
    Quanto al presupposto  soggettivo,  pur  essendo  stato  ritenuto
sufficiente che l'esercizio di funzioni giudicanti avvenga  ad  opera
di   organi   in   posizione   di   terzieta',   finanche    estranei
all'organizzazione della giurisdizione in quanto non  incardinati  in
un ordine giudiziario (sentenze n. 376 del 2001 e n. 13 del 2019), e'
pacifico che le Sezioni di  controllo  della  Corte  di  conti  siano
qualificabili a tutti gli effetti come "giudici" nel senso  richiesto
dalle richiamate norme, posto che, come chiarito dalla  stessa  Corte
costituzionale, esse sono composte da magistrati «dotati  delle  piu'
ampie  garanzie  di  indipendenza   (art.   100,   comma   2,   della
Costituzione)» (sentenza n. 384  del  1991),  «che,  analogamente  ai
magistrati dell'ordine giudiziario, si distinguono tra loro "solo per
diversita' di funzioni" (art. 10 legge 21 marzo 1953, n. 161)» e  che
appartengono ad una  magistratura  «annoverata,  accanto  [a  quella]
ordinaria ed al Consiglio di Stato,  tra  le  "supreme  magistrature"
(art.  135  della  Costituzione);  istituzionalmente   investita   di
funzioni giurisdizionali a norma dell'art. 103, secondo comma,  della
Costituzione, la Corte dei  conti  e',  infatti,  l'unico  organo  di
controllo che, nel nostro ordinamento, goda di una  diretta  garanzia
in sede costituzionale» (sentenza n. 226/1976). 
    Ad avviso del Collegio, non vi e' dubbio  che  quando  «certifica
l'attendibilita' dei costi quantificati e la loro compatibilita'  con
gli strumenti di programmazione e di bilancio»,  ai  sensi  dell'art.
47, comma 5, del decreto legislativo n. 165 del 2001,  la  Corte  dei
conti effettua una  verifica  esterna  e  neutrale  in  posizione  di
terzieta', assumendo il ruolo di «garante esterno di  ultima  istanza
della compatibilita' economico-finanziaria  degli  accordi»  (Sezioni
Riunite in sede di controllo, deliberazione n. 12/CONTR/CL/10). 
    2.2 Presupposto oggettivo. 
    In relazione al secondo  presupposto,  di  ordine  oggettivo,  si
ritiene che il procedimento di controllo volto alla certificazione di
attendibilita' e  compatibilita'  dei  costi  contrattuali,  pur  non
essendo   configurato   in   astratto   come   un   tipico   processo
giurisdizionale  contenzioso,   presenti   in   concreto   tutte   le
caratteristiche   indispensabili   per   essere   qualificato    come
"giudizio", ai limitati fini dell'art. 1 della legge costituzonale n.
1 del 1948 e dell'art. 23 della legge n. 87 del 1953. 
    Si tratta, infatti, di una funzione  connotata  dall'applicazione
obiettiva   del   diritto,   dall'imparzialita'    del    giudicante,
dall'esercizio  di  poteri  decisori  orientati  all'adozione  di  un
provvedimento idoneo ad acquisire il carattere  della  definitivita',
nonche' da  elementi  partecipativi  e  istruttori  riconducibili  ai
profili del contraddittorio. 
    Ad  avviso  del  Collegio,  la  funzione  di  certificazione  del
contratto collettivo non e' ascrivibile ne'  ad  un  procedimento  di
controllo di natura meramente amministrativa (avendo quale unico fine
la neutrale e oggettiva applicazione della legge) ne' alla  categoria
dei  controlli  di  natura  "collaborativa"  orientati  al   «referto
sconfinante nel merito amministrativo e funzionale alla promozione di
comportamenti  auto-correttivi  delle  amministrazioni   controllate»
(sentenza n. 18 del 2019), poiche' a tale assimilazione  e'  ostativa
la presenza di un  giudizio  con  esito  di  carattere  dicotomico  -
positivo o negativo (rectius: non positivo) -  il  quale  costituisce
presupposto  indefettibile  per  la  sottoscrizione   del   contratto
collettivo (arg. ex sentenza n. 40 del 2014). 
    L'art. 47 del citato decreto legislativo n. 165 del 2001 dispone,
infatti,  che  «Se  la  certificazione  e'  positiva,  il  presidente
dell'ARAN sottoscrive definitivamente il contratto collettivo» (comma
5), mentre «In caso di certificazione non positiva  della  Corte  dei
conti le parti contraenti non possono procedere  alla  sottoscrizione
definitiva dell'ipotesi di accordo» (comma 7). 
    Sotto altro profilo, ai  fini  del  possibile  inquadramento  del
controllo   in   discussione    nell'ambito    dei    controlli    di
legittimità-regolarita', va tenuto in considerazione che esso -  come
si vedra' meglio in seguito  -  trova  il  suo  principale  referente
normativo  nel  complesso  delle  disposizioni  che  disciplinano  la
materia del diritto del bilancio. 
    2.2.1  Caratteri  del  giudizio  di  certificazione   in   ambito
nazionale e nella Regione siciliana. 
    In  origine,  ai  sensi  dell'art.  51,  comma  2,  del   decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, il giudizio di certificazione  si
estrinsecava nel  verificare  la  legittimita'  e  la  compatibilita'
economica della autorizzazione governativa alla sottoscrizione  degli
accordi contrattuali. 
    L'art. 3 della legge n. 20  del  1994,  contenente  l'elencazione
degli atti soggetti al controllo  preventivo  di  legittimita'  della
Corte dei conti, riportava, infatti, alla lettera e) del primo comma,
la seguente  indicazione:  «autorizzazioni  alla  sottoscrizione  dei
contratti  collettivi,  secondo  quanto  previsto  dall'art.  51  del
decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29». 
    Successivamente, in esito all'entrata in vigore dell'art.  4  del
decreto legislativo 4 novembre 1997,  n.  396,  e  all'abbandono  del
modello del  provvedimento  di  autorizzazione  alla  sottoscrizione,
sostituito  con  il  parere  favorevole  del  comitato   di   settore
sull'ipotesi di accordo, il controllo della Corte dei conti e'  stato
ridefinito in modo da essere attuato non piu' secondo lo  schema  del
controllo preventivo di legittimita', ma esclusivamente  nelle  forme
della certificazione dell'attendibilita'  dei  costi  quantificati  e
della loro compatibilita' con gli strumenti di  programmazione  e  di
bilancio (Corte costituzionale, sentenza n. 171 del 2005). 
    La lettera e), del comma 1, dell'art. 3, della legge  n.  20  del
1994, e' stata quindi abrogata ad  opera  dell'art.  43  del  decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80. 
    La Regione siciliana ha introdotto nel proprio ordinamento alcune
disposizioni in materia  (articoli  25,  26,  27  e  28  della  legge
regionale n. 10 del 2000), la cui natura e il  cui  rapporto  con  la
normativa statale, soprattutto per quanto  concerne  le  attribuzioni
della Corte dei conti in materia di  controllo  sui  costi  derivanti
dalla contrattazione collettiva, sono  stati  ben  ricostruiti  dalla
giurisprudenza contabile. 
    E' stato precisato, in merito, che «[...] la  Regione  siciliana,
per quanto riguardai contratti collettivi  di  lavoro  del  personale
alle  proprie  dipendenze,  ha  adottato  in  materia  una  specifica
normativa con la legge regionale 15 maggio 2000, n. 10  (Norme  sulla
dirigenza e sui rapporti di impiego e di lavoro alle dipendenze della
Regione siciliana ...) il cui titolo III (Disciplina del rapporto  di
lavoro e contrattazione  collettiva)  prevede  appunto  procedure  di
contrattazione  analoghe  a  quelle  contemplate  dalla  legislazione
statale (art. 25 - ARAN Sicilia; art. 26  -  Rappresentanza  unitaria
del personale; art. 27 - Indirizzi per la contrattazione collettiva e
procedimento contrattuale; art. 28 -  Oneri  per  la  contrattazione,
verifica, assegnazione di bilancio). 
    L'anzidetta legge regionale, pur  delineando  un  complesso  iter
consultivo interno propedeutico alla  definitiva  sottoscrizione  dei
contratti collettivi da parte del Presidente dell'ARAN  Sicilia,  non
contemplava, pero', la loro certificazione da parte della  Corte  dei
conti. Il silenzio sul punto da parte della  legislazione  regionale,
comunque,  e'  chiaramente  giustificato  dalla  circostanza  che  la
materia delle attribuzioni di controllo della Corte dei  conti,  come
e' noto, sottratta alla  competenza  del  legislatore  regionale,  in
quanto riservata alla fonte statale,  sia  pure,  nella  fattispecie,
costituita dalle norme di  attuazione  e,  pertanto,  attraverso  una
procedura che, con l'intervento della Commissione paritetica  di  cui
all'art.  43  dello  statuto  speciale,  massimamente  garantisce  la
partecipazione della Regione alla formazione delle norme stesse. 
    Il  sistema,  pertanto,  trova  completamento  solamente  facendo
riferimento alle vigenti norme di attuazione  in  materia,  le  quali
(art. 1, comma 2, del decreto legislativo 6 maggio 1948, n. 655,  nel
testo sostituito con l'art. 1 del decreto legislativo 18 giugno 1999,
n. 200) dispongono, infatti, che «la  composizione  e  la  competenza
delle sezioni (della Corte dei conti per la Regione  siciliana)  sono
determinale dalle disposizioni della legge statale  in  materia».  La
formula  adottata  con  tale  disposizione  non   puo'   non   essere
interpretata,  come  precisato,  seppure  in  un  contesto  normativo
diverso, dalla Corte costituzionale nella sentenza n.  40  del  1994,
quale «richiamo ad una forma di rinvio "dinamico"  alla  legislazione
statale in tema di funzioni della Corte dei conti» e, pertanto, nella
fattispecie all'art. 47, commi 4, 5 e 6, del decreto  legislativo  30
marzo 2001, n, 165. 
    Tale   tipologia   di   controllo   mediante    verifica    della
compatibilita'  economico  finanziaria   dei   contratti   collettivi
regionali, d'altra parte, non solo e' pienamente compatibile  con  il
modello di contrattazione prescelto dal  legislatore  regionale,  ma,
alla luce di quanto sottolineato  anche  dalla  Corte  costituzionale
(sentenza n. 29 del  1995),  trova  «sicuro  ancoraggio  a  interessi
costituzionalmente tutelati» quali quelli  racchiusi  negli  articoli
81, 97, 117 e 119 della Costituzione. 
    Per completezza argomentativa occorre considerare  che  la  legge
regionale 28 dicembre 2004, n. 17 ha recentemente modificato i  commi
5, 6, 7, 8 e 9 della legge regionale  n.  10  del  2000,  richiamando
espressamente, per quanto in questa sede rilevante, l'art. 47,  commi
4, 5 e 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001 pur adattandoli  al
contesto regionale. 
    Appare  evidente  che  le   anzidette   disposizioni   regionali,
riferendosi ai controlli da parte della Corte dei  conti,  non  hanno
carattere dispositivo, bensi' meramente ricognitivo; in altri termini
il senso normativa della citata novella regionale non  e'  quello  di
disporre  un  nuova  forma  di  controllo,  ma  solamente  quello  di
riconoscerne una tipologia esistente  in  quanto  gia'  prevista  dal
decreto legislativo 6 maggio 1948, n. 655 e successive modificazioni»
(Sezioni riunite per la  Regione  siciliana  in  sede  di  controllo,
deliberazione n. 1/2006/SR - CONTR). 
    Allo stato attuale, pertanto, sia a livello statale che a livello
regionale, il giudizio di certificazione  «non  integra  ne'  implica
attivita' di controllo preventivo sulla legittimita'  dei  con  tatti
collettivi» (Sezioni riunite in sede  deliberante,  deliberazione  n.
12/DEL/98) e «non  consente  valutazioni  riguardanti  la  intrinseca
legittimita'  delle  specifiche  clausole  negoziali  pattuite  dalle
parti» (Sezioni riunite in sede referente, deliberazione n. 12/2000),
ma si svolge, essenzialmente, attraverso la disamina e la valutazione
di un duplice ordine di profili: 
      a)  l'attendibilita'  dei  costi  derivanti   dall'ipotesi   di
contratto, nonche'; 
      b) la loro compatibilita'  finanziaria  ed  economica  con  gli
strumenti di programmazione e di bilancia. 
    La prima operazione,  relativa  al  riscontro  di  attendibilita'
delle quantificazioni dei costi contrattuali, avendo ad oggetto  dati
previsionali, e' preordinata a  valutare  la  congruita'  dei  metodi
impiegati per operarne la stima. 
    E' questo il senso da attribuire alla locuzione (di non immediata
percezione) contenuta nell'art. 47, comma 5, del decreto  legislativo
n. 165  del  2001,  secondo  cui  «la  Corte  dei  con  ti  certifica
l'attendibilita' dei costi». 
    Come  chiarito  dalla  giurisprudenza  contabile,  infatti,   «la
certificazione dei contratti collettivi non e' finalizzata  a  creare
la  certezza  legale  di  dati  finanziari  contenuti  in   scritture
contabili   definitive,    ma    consiste    in    una    valutazione
sull'attendibilita'  della  quantificazione  degli  oneri  finanziari
effettuata dall'ARAR  (Sezioni  riunite,  deliberazione  28  febbraio
1998, n. 17/98); ne consegue che il giudizio della Corte comporta, in
primo  luogo,  la  verifica  della  razionalita'  della   metodologia
utilizzata per effettuare  la  stima  ex  ante  dei  su  detti  oneri
contrattuali. Tale verifica va progettata e coerentemente finalizzata
all'esame -  secondo  la  sequenza  letterale  e  logico  sistematica
prevista dalla legge  (art.  51,  comma  4,  decreto  legislativo  n.
29/1993, cit.) - della compatibilita'  economica  e  finanziaria  del
contratto» (Sezioni  riunite  in  sede  referente,  deliberazione  n.
12/2000). 
    La fase successiva e' volta a verificare che gli  oneri  (stimati
in modo attendibile) siano altresi' compatibili con gli strumenti  di
programmazione e di bilancio. 
    In questo senso  «la  certificazione  relativa  alle  ipotesi  di
accordo va riferita a due diversi livelli di valutazione: 
      a)   verifica   della   compatibilita'   degli   oneri    della
contrattazione  con  i  vincoli  di  bilancio  e,   della   copertura
(compatibilita' finanziaria) a partire dall'analisi della  congruita'
delle  risorse  indicate  nella  legge  finanziaria,   oppure   dalla
valutazione circa la disponibilita' dei fondi nei bilanci degli  enti
pubblici non statali; 
      b)  verifica  della   rispondenza   tra   la   dinamica   delle
retribuzioni al personale pubblico e  le  grandezze  macro-economiche
assunte come parametri di riferimento nei documenti di programmazione
economico-finanziaria e negli accordi sulla politica dei redditi, con
particolare  riguardo  al   tasso   di   inflazione   (compatibilita'
economica)» (Sezioni riunite  in  sede  referente,  deliberazione  n.
12/2000). 
    2.2.2 Parametri di riferimento. 
    I   parametri   di   riferimento   per    l'accertamento    della
compatibilita'  finanziaria  corrispondono,  per  la   contrattazione
collettiva nazionale, agli strumenti  di  programmazione  e  bilancio
menzionati dall'art. 47, comma 5, del decreto legislativo n. 165  del
2001, mentre, con specifico riferimento alla Regione siciliana,  essi
devono essere rinvenuti, ai sensi di  quanto  disposto  dal  comma  7
dell'art. 27 della citata legge  regionale  n.  10  del  2000,  negli
«strumenti di programmazione e di bilancia della Regione». 
    Con riguardo a tali strumenti, deve rammentarsi che l'adeguamento
da parte della Regione siciliana del proprio ordinamento contabile ai
principi statali di armonizzazione contabile, e'  avvenuto  in  forza
dell'art. 11 della legge regionale  n.  3  del  2015  e  del  decreto
legislativo n. 158 del 2019 e successive  modifiche  e  integrazioni,
recante norme di attuazione dello statuto. 
    Ne deriva che rilevano, ai fini del raffronto in parola, tutti  i
documenti nei quali si sviluppa il ciclo programmatico e di  bilancio
in base al paragrafo 4.1 dell'allegato n. 4/1 al decreto  legislativo
n. 118 del 2011, tra cui il Documento di economia e finanza regionale
(DEFR), la legge di stabilita' regionale, la legge  di  bilancio,  la
legge di assestamento, le eventuali leggi di variazione di bilancio e
il rendiconto della gestione, oltre che  il  complesso  dei  principi
contabili generali e  applicati  recati  dal  medesimo  provvedimento
normativo. 
    Si precisa che proprio sulla base di tali  riferimenti  normativi
questa Sezione di controllo ha motivato  le  deliberazioni  con  cui,
nelle due precedenti  occasioni,  ha  pronunciato  la  certificazione
negativa sull'ipotesi contrattuale (deliberazioni n. 23/2021/CCR e n.
96/2021/CCR). 
    La   stessa   provvista   delle   risorse   necessarie   per   la
contrattazione collettiva e' stabilita, in ambito sia  nazionale  che
regionale, per mezzo di apposite norme in coerenza  con  il  suddetto
sistema. 
    Infatti, l'art. 8, comma 1, del decreto legislativo  n.  165  del
2001 statuisce che «Le amministrazioni pubbliche  adottano  tutte  le
misure affinche' la spesa per  il  proprio  personale  sia  evidente,
certa  e  prevedibile  nella  evoluzione.  Le   risorse   finanziarie
destinate a tale spesa sono determinate in base  alle  compatibilita'
economico-finanziarie definite nei documenti di programmazione  e  di
bilancio»,  mentre  l'art.  48,  comma  1,   del   medesimo   decreto
legislativo prevede che «Il Ministero dell'economia e delle  finanze,
quantifica, in coerenza con i parametri previsti dagli  strumenti  di
programmazione e di bilancio l'onere derivante  dalla  contrattazione
collettiva nazionale a carico del bilancio dello Stato  con  apposita
norma da inserire nella legge finanziaria [...]». 
    Per la Regione siciliana, l'art. 28, comma 1, della citata  legge
regionale n. 10 del 2000 dispone che «L'Assessore per il  bilancio  e
le  finanze  quantifica  l'onere  da  destinare  alla  contrattazione
collettiva regionale a carico del bilancio della Regione con apposita
norma da inserire nella legge di  bilancio.  Allo  stesso  modo  sono
determinati gli eventuali oneri  aggiuntivi  a  carico  del  bilancio
della Regione per la contrattazione integrativa». 
    La natura  normativa  degli  atti  che  compongono  il  descritto
sistema  integrato  di  programmazione  e  bilancio,  da  assumere  a
parametro di riferimento nel contesto del controllo di compatibilita'
finanziaria, consente, per un verso, di appurare la ricorrenza  della
prima delle  condizioni  richieste  dalla  Corte  costituzionale  per
qualificare un determinato procedimento in termini di "giudizio",  ai
sensi dell'art. 1.  della  legge  costituzionale  n.  1  del  1948  e
dell'art. 23 della legge n. 87 del 1953 (e cioe' la «applicazione  di
parametri normativi») e, per altro  verso,  rende  evidente  come  la
Corte dei  conti,  nello  svolgimento  di  tale  attivita',  venga  a
trovarsi in una situazione analoga a quella  di  un  qualsiasi  altro
giudice (ordinario o speciale)  allorche'  procede  a  raffrontare  i
fatti e  gli  atti  dei  quali  deve  giudicare  alle  leggi  che  li
concernono (sentenza n. 226 del 1976). 
    E' pacifico,  poi,  come  l'applicazione  del  richiamato  quadro
normativo, in sede di giudizio di certificazione, avvenga in modo del
tutto  obiettivo  e  scevro  da  qualsiasi  interesse  concorrente  o
antagonista, in coerenza con il ruolo di organo terzo e imparziale di
garanzia dell'equilibrio economico-finanziario del settore pubblico e
della  corretta   gestione   delle   risorse   collettive   assegnato
dall'ordinamento alla Corte dei conti. 
    Anche in questo caso, dunque, «la  funzione  [...]  svolta  dalla
Corte dei conti e', sotto molteplici aspetti, analoga  alla  funzione
giurisdizionale, piuttosto che assimilabile a quella  amministrativa,
risolvendosi nel valutare la conformita' degli atti  che  ne  formano
oggetto alle norme del diritto oggettivo, ad esclusione di  qualsiasi
apprezzamento che non sia di ordine strettamente giuridico» (sentenza
n. 226 del 1976). 
    La stessa giurisprudenza contabile ha  affermato  che  «Non  v'e'
dubbio,   al   riguardo,   che   la   verifica   di    compatibilita'
economico-finanziaria sia espressione, non diversamente  dal  sistema
dei controlli previsti  nella  legge  14  gennaio  1994,  n.  20,  di
principi costituzionali racchiusi negli articoli 81, 97 e  119  della
Costituzione» (Sezioni riunite in sede di controllo, deliberazione n.
42/CONTR/CL/01). 
    2.2.3 Esito del giudizio. 
    L'esito del procedimento, oltre ad essere fondato  sul  parametro
normativa, presenta,  altresi',  i  caratteri  della  decisorieta'  e
definitivita'. 
    Come sopra anticipato, infatti, il giudizio di certificazione  e'
destinato a chiudersi  con  una  decisione  che  condiziona  in  modo
definitivo (consentendo ovvero precludendo) la  firma  del  contratto
collettivo. 
    Va  ricordato,  sul  punto,  che  la  possibilita'  di  procedere
comunque  alla   stipulazione   del   contratto   non   positivamente
certificato e' venuta  meno  a  seguito  delle  modifiche  introdotte
dall'art. 67, comma 7, del decreto-legge n. 112 del 2008,  convertito
dalla legge n. 133 del 2008  e  recepite  dall'art.  59  del  decreto
legislativo n. 150 del 2009. 
    Con tale riforma e' stato ulteriormente rafforzato il ruolo della
Corte dei conti introducendo nel sistema «un potere  interdittivo  al
momento insuperabile affidato ad un organo esterno» (Sezioni  riunite
in sede di controllo, Relazione sul costo del lavoro  pubblico  2009,
pag. 40). 
    Trattasi di una modifica opportunamente introdotta in vista della
primaria esigenza del controllo della spesa pubblica e  sulla  scorta
dell'esperienza precedente che aveva messo in luce casi di  contratti
nazionali sottoscritti pur di  fronte  alla  certificazione  negativa
della Corte dei conti. 
    Il carattere preclusivo del  controllo  emerge,  peraltro,  anche
dalla circostanza  per  la  quale  la  certificazione  non  positiva,
limitata a singole clausole, consente la stipulazione, ma le clausole
contrattuali non positivamente certificate restano prive  d'efficacia
(art. 47, comma 7, decreto legislativo n. 165 del 2001). 
    La circostanza, poi, che la decisione sulla  certificazione  resa
dalla Sezione regionale di controllo possa essere  impugnata  innanzi
alla Corte dei  conti,  sezioni  riunite  in  speciale  composizione,
acquisendo  giuridica  stabilita'  al   decorso   dei   termini   per
l'impugnazione ovvero all'esito dell'eventuale fase contenziosa,  non
solo non si pone in alcun modo in  contraddizione  con  il  carattere
della definitivita', ma rappresenta,  all'opposto,  un  elemento  che
avvalora ulteriormente l'inquadramento  del  controllo  in  esame  in
termini di "giudizio" ai fini  della  proposizione  di  questioni  di
costituzionalita', trattandosi di un sindacato che si svolge ad opera
della medesima magistratura contabile e non  da  parte  di  autorita'
esterne a quest'ultima. 
    Che la decisione assunta dalla Sezione regionale della Corte  dei
conti in sede di controllo sui costi  contrattuali  sia  annoverabile
fra quelle suscettibili di impugnazione innanzi alle sezioni  riunite
in speciale composizione, ai sensi dell'art. 11, comma 6, del decreto
legislativo n. 174 del 2016 («Codice  di  giustizia  contabile»),  si
desume, ad avviso del Collegio, da un'interpretazione  sistematica  e
costituzionalmente   orientata   del   contenuto   di    quest'ultima
disposizione normativa che  prevede  la  giustiziabilita'  sia  delle
deliberazioni «in materia di certificazione dei costi dell'accordo di
lavoro presso le fondazioni lirico-sinfoniche»  (lettera  c)  che  di
quelle  «nelle  materie  di  contabilita'  pubblica,  nel   caso   di
impugnazioni conseguenti alle deliberazioni delle  sezioni  regionali
di controllo» (lettera e). 
    Entrambe le citate previsioni inducono a ritenere che le funzioni
esercitate  dalle  sezioni  regionali  della  Corte  dei  conti,  con
riferimento  ai  costi   della   contrattazione   collettiva,   siano
riconducibili alle  "materie  di  contabilita'  pubblica"  e  che  le
decisioni  assunte  in  tale  ambito,  in  quanto  capaci  di  ledere
posizioni giuridiche qualificate, siano giustiziabili alla  luce  del
sistema e delle norme sopra delineati. 
    E' da considerare, inoltre, che «[...] trattandosi  nella  specie
di  un  giudizio  non  avente  ad  oggetto  atti  amministrativi,  ma
contratti collettivi di natura privatistica, non appare attivabile in
materia   neppure   la   procedura   relativa   alla   richiesta   di
"registrazione con riserva"» (Sezioni riunite in sede  di  controllo,
Relazione sul costo del lavoro pubblico 2009, pag. 40). 
    Il controllo in  esame,  quindi,  [...  presenta  -  rispetto  al
controllo sugli atti - un ulteriore carattere che lo  avvicina  ancor
piu' al sindacato giurisdizionale. 
    Infatti, mentre le pronunce di controllo  di  legittimita'  sugli
atti possono essere in qualche modo disattese dal Governo, ricorrendo
alla registrazione con riserva, e dagli stessi  giudici  delle  altre
magistrature, nei confronti sia degli  atti  che  hanno  ottenuto  la
registrazione, sia delle situazioni generate dal diniego  di  visto:,
l'accertamento effettuato nell'esercizio di  questo  sindacato  [...]
«fa stato» nei confronti delle parti, una volta decorsi i termini  di
impugnazione del provvedimento davanti alla Corte dei conti,  sezioni
riunite in speciale composizione. [...]. 
    Dunque, in aggiunta ai caratteri che furono ritenuti  sufficienti
dalla sentenza  n.  226  del  1976  di  questa  Corte  per  sollevare
l'incidente di  costituzionalita'  nell'esercizio  del  controllo  di
legittimita' sugli atti di Governo, il controllo che viene  all'esame
in questa sede e' munito di una definitivita' che non e'  reversibile
se non a opera della stessa magistratura dalla quale il provvedimento
promana» (sentenza n. 18 del 2019; cfr., altresi', sentenze n.  39  e
n. 40 del 2014). 
    2.2.4 Profili istruttori e partecipativi. 
    Ai fini della legittimazione, si osserva, ancora, che il giudizio
in analisi si connota anche di  profili  istruttori  e  partecipativi
idonei  ad  integrare,  in  una  certa  misura,  il  contraddittorio,
garantendo la possibilita' che gli interessi ed  il  punto  di  vista
delle parti coinvolte siano fatti valere nel corso del procedimento. 
    Pur nella brevita'  del  termine  imposto  dalla  norma  (pari  a
quindici giorni ai sensi del combinato disposto di cui ai commi 5 e 9
dell'art. 47 del d decreto legislativo n. 165 del 2001), infatti,  la
Corte dei  conti  e'  competente  a  svolgere  (e  di  fatto  svolge,
ogniqualvolta   lo   reputi   necessario   o   opportuno)   attivita'
istruttoria, mettendo in condizione le Amministrazioni interessate di
replicare  ai  rilievi  formulati  e  di  fornire  chiarimenti  sulle
questioni meritevoli di approfondimento. 
    Anche  in  carenza  di  una  puntuale   disciplina   della   fase
istruttoria in seno al procedimento di controllo in parola, resta pur
sempre valido, ad avviso della Sezione, quanto previsto dall'art.  3,
comma 8, della legge 14 gennaio 1994, n. 20 (Disposizioni in  materia
di giurisdizione e controllo della Corte dei conti), secondo cui  «la
Corte dei con ti puo' richiedere alle  amministrazioni  pubbliche  ed
agli organi di controllo interno qualsiasi  atto  o  notizia  e  puo'
effettuare e disporre ispezioni e accertamenti diretti. Si applica il
comma 4 dell'art. 2 del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453», come
riconosciuto anche dalla Corte costituzionale con la sentenza n.  115
del 2020 (par. 10 del «Considerato in diritto»). 
    Conformemente all'interpretazione invalsa nel diritto  vivente  e
alla comune esperienza applicativa, nella  vicenda  in  rassegna,  il
contraddittorio e' stato assicurato mediante un'apposita istruttoria,
nel corso della quale si e' avuto modo di affrontare, tra l'altro, lo
specifico argomento  della  possibile  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 4 della legge regionale n. 24 del 2021 (cfr. nota prot. Cdc
n.  11186  del  27  dicembre  2021  e  relativo  riscontro  reso  dai
competenti Dipartimenti regionali con nota prot. n. 166758/ 2021  del
30 dicembre 2021 acquisita, in pari data, con prot. C.d.C. n.  11339)
nonche' nella successiva adunanza pubblica  convocata  con  ordinanze
presidenziali n. 4/2022 e n. 5/2022, svoltasi il 12 gennaio  2022,  e
in   vista    della    quale    e'    stata    altresi'    presentata
dall'Amministrazione  regionale,  in  pari  data,  apposita   memoria
acquisita con prot. Cdc. n. 197. 
    La Sezione richiama, in ogni caso, la giurisprudenza della  Corte
costituzionale in  tema  di  volontaria  giurisdizione,  secondo  cui
l'attivita'   del   giudice,   in   tali   ipotesi,    va    ritenuta
«giurisdizionale,  anche  se  manchi   la   lite   e   non   vi   sia
contraddittorio fra le parti» (sentenza n. 129 del 1957, par.  1  del
«Considerato in diritto» nonche' sentenze nn. 4 del 1956, 5, 40, e 24
del 1958). 
    Appaiono quindi profilarsi, alla luce di quanto  sinora  esposto,
tutte le condizioni occorrenti per accertare  la  sussistenza  di  un
«giudizio», come richiesto dalla legge costituzionale n. 1 del 1948 e
n. 87 del 1953. 
    2.3 La necessita' di evitare  «zone  franche»  dal  controllo  di
legittimita' costituzionale. 
    Peraltro, la valutazione dei requisiti di carattere  oggettivo  e
soggettivo andrebbe effettuata con adeguata elasticita',  tenendo  in
debita considerazione la preminente  esigenza,  piu'  volte  ribadita
dalla Corte costituzionale e ricorrente anche nel caso di specie,  di
evitare che  settori,  anche  rilevanti,  dell'ordinamento  giuridico
possano   sfuggire   del   tutto   (o   quasi)   al   controllo    di
costituzionalita'. 
    In questo senso, ove non fosse consentito alla Corte dei conti di
accedere, in questa sede, al giudizio di costituzionalita',  verrebbe
ad essere definitivamente preclusa la possibilita'  di  espungere  la
norma incostituzionale dall'ordinamento  giuridico  atteso  che,  una
volta reso efficace il  contratto  collettivo,  nessuna  delle  parti
contraenti e nessuno dei singoli beneficiari avrebbe interesse (anche
in senso tecnico-processuale) ad impugnare gli  atti  applicativi  di
tale legge instaurando un giudizio entro cui sollevare (eventualmente
anche d'ufficio) un incidente di costituzionalita'. 
    Verrebbe cosi' a crearsi una c.d. «zona  franca»,  sottratta  dal
controllo di costituzionalita'. 
    Al riguardo, va evidenziato come,  sin  da  epoca  risalente,  la
Corte costituzionale, proprio al fine di scongiurare  l'insorgere  di
simili situazioni, lesive dei principi dello Stato di diritto,  abbia
orientato la propria opera esegetica - sia attraverso  l'elaborazione
della nozione di giudice a quo «ai limitati fini»  sia  valorizzando,
con un certo pragmatismo,  gli  elementi  contingenti  delle  singole
vicende  in  giudizio  -  cosi'   da   attrarre   al   controllo   di
costituzionalita' aree dell'ordinamento che, altrimenti, ne sarebbero
rimaste escluse, e  quindi,  ammettendo  «al  sindacato  della  Corte
costituzionale leggi che,  come  nella  fattispecie  in  esame,  piu'
difficilmente  verrebbero,  per  altra  via,  ad   essa   sottoposte»
(sentenze nn. 276 del 1976, 89 del 2017 e 181 del 2015). 
    Anche in tempi recenti  la  Corte  costituzionale  e'  tornata  a
rammentare che «E' proprio in relazione a siffatte ipotesi che questa
Corte ha auspicato (sentenza n. 406 del 1989) che,  quando  l'accesso
al suo sindacato sia reso poco agevole, come accade in  relazione  ai
profili attinenti all'osservanza di norme poste a tutela  della  sana
gestione finanziaria e degli equilibri di bilancio, i  meccanismi  di
accesso debbano essere arricchiti. La Corte dei conti e' la sede piu'
adatta a far valere quei profili, e cio' in ragione  della  peculiare
natura dei suoi compiti,  essenzialmente  finalizzati  alla  verifica
della gestione secundum legem delle risorse finanziarie» (sentenza n.
18 del 2019). 
    Avverso siffatta ricostruzione potrebbe obiettarsi,  invero,  che
la Corte dei conti avrebbe comunque la possibilita' di  sollevare  la
questione  di   costituzionalita'   nel   corso   del   giudizio   di
parificazione  del  rendiconto  generale,  ricomprendente  la   posta
contabile gravata delle  spese  fondate  sulla  legge  sospettata  di
incostituzionalita'. 
    Tale tesi, tuttavia, non convince, poiche' e'  evidente  che,  in
tal  modo,   si   renderebbe   necessario,   per   adire   la   Corte
costituzionale, percorrere una sequenza decisionale  contraddittoria:
la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, infatti,  in
un primo momento, sarebbe costretta a certificare  la  compatibilita'
finanziaria  dell'ipotesi  di  contratto  e,  solo   successivamente,
potrebbe censurare le spese da essa stessa certificate. 
    Verrebbe meno, dunque, la funzione preventiva  del  controllo  in
esame  posto  che,  all'atto  della  parifica,  si   sarebbero   gia'
realizzati gli effetti negativi sul bilancio. 
    Neppure potrebbe evocarsi, quale valido contesto alternativo  nel
cui ambito sollevare la questione di  costituzionalita',  quello  del
controllo operato, con cadenza annuale,  dalla  Corte  dei  conti  in
relazione alle leggi regionali di spesa  (disciplinato  dall'art.  1,
comma 2, del decreto legge 10 ottobre 2012 n. 174,  convertito  nella
legge 7 dicembre 2012, n. 213, come modificato dall'art. 33, comma 2,
del decreto legge 24 giugno 2014 n. 91,  convertito  nella  legge  11
agosto 2014 n. 116) trattandosi  di  un  controllo  che,  secondo  la
giurisprudenza costituzionale, si mantiene «nell'alveo dei  controlli
di natura collaborativa» (sentenza n. 39 del  2014,  par.  6.3.3  del
«Considerato in diritto»). 
    Pertanto, quella afferente alla certificazione di  compatibilita'
dei costi contrattuali si appalesa la sede piu' idonea,  anche  sotto
il profilo dell'attitudine  a  conferire  effettivita'  all'art.  81,
comma 3, della Costituzione, ad intercettare eventuali  problematiche
di copertura delle leggi che apprestano le  disponibilita'  destinate
alla contrattazione collettiva. 
    2.4 Tentativo di interpretazione conforme a Costituzione. 
    In punto di legittimazione  si  evidenzia,  da  ultimo,  che,  la
formulazione  della  norma  rende  impercorribile  un'interpretazione
conforme al dato costituzionale. 
    Infatti, come sopra anticipato, il  comma  2  dell'art.  4  della
legge regionale n. 24 del 2021, nella parte in cui prevede  che  «Per
gli esercizi successivi l'entita' dello stanziamento  e'  determinata
annualmente con legge di bilancio ai sensi dell'art. 38  del  decreto
legislativo 23 giugno 2011, n. 118  e  successive  modificazioni»  e'
inequivoco nel suo significato letterale. 
    L'enunciato  replica  chiaramente  la  medesima   disciplina   di
copertura che l'art. 38 del decreto legislativo n. 118 del 2011  pone
per gli oneri continuativi non obbligatori, sulla base  dell'assunto,
ribadito anche in contraddittorio, che tale sia la natura delle spese
da affrontare nel caso di specie. 
    Risulta quindi preclusa la possibilita' di risolvere,  sul  piano
esegetico, l'esposta antinomia, dal momento che la disposizione,  per
risultare conforme ai precetti costituzionali in  tema  di  copertura
(art.  81,  comma  3,  della  Costituzione)  e  alle  relative  norme
interposte (art. 38 del decreto legislativo n. 118 del  2011  e  art.
30, comma 6, della legge n. 196  del  2009),  non  solo  non  avrebbe
dovuto rinviare alle annuali leggi di  bilancio,  ma  avrebbe  dovuto
altresi' indicare l'onere a regime (al lordo degli oneri riflessi)  e
quest'ultima omissione non puo',  evidentemente,  essere  colmata  in
alcun modo in via interpretativa. 
3. Rilevanza della questione di legittimita' costituzionale  ai  fini
del presente giudizio di certificazione. 
    3.1 Riprendendo quanto esposto in premessa (punti  4  e  4.1  del
«Fatto»),  si  conferma  la   rilevanza   della   dedotta   questione
nell'ambito del presente giudizio. 
    La certificazione della compatibilita'  finanziaria  degli  oneri
postula, infatti, «la verifica della loro copertura  con  le  risorse
apprestate dalla legge finanziaria e dagli stanziamenti di  bilancio»
(Sezioni Riunite in sede referente, deliberazione n. 13/99- DEL). 
    Tra  le  disposizioni  destinate   a   trovare   applicazione   e
direttamente incidenti sull'esito del giudizio vi e',  quindi,  anche
l'art. 4 della legge della Regione siciliana  n.  24  del  2021,  che
provvede ad apprestare le  risorse  in  bilancia  per  l'«Adeguamento
fondo per il rinnovo del CCRL», la cui  formulazione  suscita  talune
perplessita', poiche', in base al suo  tenore,  e'  resa  incerta  la
circostanza se, a decorrere  dal  2024,  sia  assicurata  l'effettiva
copertura gli oneri finanziari discendenti dall'ipotesi di  CCRL,  il
quale, pur relativo al periodo 2016-2018, avra', comunque,  efficacia
per il successivo arco temporale, sino al suo prossimo rinnovo. 
    Come innanzi esposto, la previsione in esame si  inserisce  entro
il perimetro di  quelle  norme  che,  in  generale,  disciplinano  la
materia della copertura finanziaria per i  rinnovi  contrattuali  del
personale del  pubblico  impiego  (art.  48,  comma  4,  del  decreto
legislativo n. 165 del 2001 e art. 28, comma 1, della legge regionale
n. 10 del 2000). 
    Applicando tale norma di legge la Sezione non  potrebbe  esimersi
dall'esprimere un giudizio positivo di compatibilita' finanziaria, di
talche' l'unica  via  per  evitare  che  cio'  accada  e'  quella  di
rimettere la ridetta disposizione, sospettata di incostituzionalita',
al vaglio della  Corte  costituzionale  affinche'  decida  della  sua
legittima permanenza all'interno dell'ordinamento giuridico. 
    3.2 Ai fini della dimostrazione del requisito della rilevanza  e'
opportuno esaminare,  per  completezza,  anche  la  questione,  sopra
brevemente  accennata,  dell'avvenuta  prospettazione  di   coperture
«alternative»  che,  a  detta  dell'ARAN  Sicilia  e  della   Regione
siciliana, consentirebbero di  far  fronte  agli  oneri  contrattuali
mediante residue disponibilita' di altri  capitoli  del  bilancio  di
previsione 2021-2023 (ossia i capitoli 212017, 108001  e  150020)  «e
non gia' mediante utilizzo della somma di  euro  946.600,92,  oggetto
della variazione di bilancio di cui all'art. 4 della legge  regionale
n. 24/2027». 
    I] punto merita approfondimento in quanto l'asserita  sussistenza
di ulteriori risorse  utilizzabili  per  dare  copertura  agli  oneri
contrattuali,  potrebbe  indurre  a  dubitare  della  necessita'   di
attivare l'incidente di costituzionalita' della norma di cui all'art.
4  della  legge  regionale  n.  24  del  2021,  potendo  teoricamente
argomentarsi che, in presenza di idonei mezzi finanziari alternativi,
vi sarebbe comunque la possibilita'  di  risolvere  e  definire  (con
esito positivo) il giudizio di certificazione. 
    Tale visione e' da respingere per una serie di ragioni. 
    In primo luogo - in disparte i dubbi di fondo  sulla  conformita'
giuridico-contabile di relazioni  tecnico-finanziarie  che  dovessero
prospettare soluzioni di copertura articolate in  una  pluralita'  di
alternative teoriche,  piuttosto  che  elementi  finanziari  certi  e
univoci - e' la stessa amministrazione ad aver specificato,  sia  con
gli atti di avvio della procedura che con i chiarimenti resi in  fase
istruttoria,  che,  nel  caso  di   specie,   il   riferimento   alla
disponibilita' di ulteriori mezzi di  bilancio,  non  e'  affatto  da
intendersi come una modalita' di copertura aggiuntiva e perfettamente
fungibile rispetto a quella del citato art. 4, della legge  regionale
n. 24 del 2021, bensi' come una «opzione  secondaria»,  delineata  in
via meramente ipotetica, da attuare eventualmente  qualora,  ottenuta
la certificazione, la Regione intendesse «nel  prosieguo  abbandonare
il giudizio instaurato innanzi al Giudice delle Leggi,  in  un'ottica
piu' ampia di deflazione complessiva del contenzioso con lo  Stato  e
di accordi di finanza pubblica  ancora  in  discussione»  (Cfr.  nota
prot. n. 166758 del 30 dicembre 2021 acquisita,  in  pari  data,  con
prot. C.d.C. n. 11339). 
    In secondo luogo, dette coperture  «secondarie»  o  «alternative»
sono state comunque prese in  esame  da  questa  Sezione  e  reputate
inidonee allo scopo, (3) 
    (4) cosi' che sarebbe in ogni caso da respingere una tesi volta a
sostenere  che  il  giudizio  di   certificazione   potrebbe   essere
ugualmente concluso (e  la  compatibilita'  finanziaria  dell'ipotesi
contrattuale affermata) alla luce degli indicati mezzi  di  bilancio,
con   conseguente   irrilevanza   della   relativa    questione    di
costituzionalita'. 
    Ne deriva, da tanto, che la definizione del presente giudizio non
puo' prescindere dall'applicazione  della  richiamata  nonna  di  cui
all'art. 4 della legge regionale n. 24 del 2021 e che, senz'altro, la
pronuncia  della  Corte  costituzionale  e'  destinata  ad  incidere,
quantomeno, sul percorso motivazionale da adottare. 
    Sul punto, di recente, la Corte costituzionale  ha  ribadito  che
«[...] per  costante  orientamento  di  questa  Corte,  essenziale  e
sufficiente a conferire rilevanza alla questione prospettata e'  «che
il giudice debba effettivamente applicare la disposizione  della  cui
legittimita' costituzionale dubita nel procedimento pendente avanti a
se' (sentenza n. 253  del  2019)  e  che  la  pronuncia  della  Corte
«influisca] sull'esercizio della funzione giurisdizionale, quantomeno
sotto il profilo del percorso argomentativo che sostiene la decisione
del processo principale (tra le molte,  sentenza  n.  28  del  2010)»
(sentenza n. 20 del 2016)» (sentenza n.  84  del  2021).  E'  inoltre
necessario che il rimettente illustri le ragioni che «determinano  la
pregiudizialita' della questione sollevata rispetto alla  definizione
del processo principale» (sentenza n. 105 del 2018)» (sentenza n. 215
del 2021, par. 5.1 del «Considerato in diritto»). 
    3.3 Si riscontra, dunque, per  quanto  detto,  quell'effettivo  e
concreto  rapporto  di  strumentalita'  fra  la   risoluzione   della
questione  di  legittimita'  costituzionale  e  la  definizione   del
giudizio principale che,  ai  sensi  della  pluriennale  elaborazione
giurisprudenziale della Corte costituzionale, costituisce  il  nucleo
fondante del requisito di rilevanza. 
4. Sulla «non manifesta infondatezza» della questione. 
    4.1 Violazione dell'art. 81, comma 3, della Costituzione. 
    La disposizione qui censurata si pone in contrasto con i precetti
costituzionali in materia di copertura  finanziaria  delle  leggi  di
spesa, e quindi con l'art. 81, comma 3, della Costituzione,  poiche',
pur prevedendo oneri a carattere continuativo e non  derogabile  (gli
oneri relativi al trattamento accessorio del personale con  qualifica
dirigenziale),  stabilisce  che,  per  gli  esercizi  successivi   al
triennio  2021-2023,   gli   stessi   possano   essere   quantificati
annualmente con la legge di bilancio. 
    Cosi' facendo, essa viola il disposto degli articoli 38, comma 1,
decreto legislativo n. 118 del 2011 e 30, comma 6, legge n.  196  del
2009, norme interposte dell'art. 81, comma 3, Cast., secondo i  quali
una  simile  opzione  e'  consentita  solo  in  relazione  ad   oneri
continuativi aventi natura non obbligatoria, mentre,  per  gli  oneri
continuativi  inderogabili,  e'  necessario  provvedere   alla   loro
quantificazione annuale per  ciascuno  degli  esercizi  compresi  nel
bilancio di previsione nonche' indicarne l'ammontare a regime. 
    In modo analogo,  anche  la  legge  regionale  n.  47  del  1977,
all'art. 7,  comma  8,  prevede  che  «le  leggi  della  Regione  che
autorizzano  spese  correnti  a  carattere  permanente   quantificano
l'onere  annuale  previsto  per  ciascuno  degli  anni  compresi  nel
bilancio pluriennale vigente e  ne  indicano  la  relativa  copertura
finanziaria a carico del bilancio  medesimo.  Esse  indicano  inoltre
l'onere a regime ovvero, nel caso in  cui  non  si  tratti  di  spese
obbligatorie, possono rinviare la  quantificazione  dell'onere  annuo
alla legge di approvazione del bilancio». 
    In sostanza, l'ordinamento richiede che  la  forma  di  copertura
indicata  dalla  legge  sia  qualitativamente,  quantitativamente   e
temporalmente coerente con il tipo di onere cui deve fare fronte. 
    Di conseguenza, sulla base di tale logica, solo se l'onere non e'
obbligatorio, la compensazione puo' avvenire a carico dei bilanci dei
vari anni, in quanto questi ultimi  non  sono  vincolati  dal  titolo
sottostante ad indicare un quantum  per  il  singolo  esercizio,  non
trattandosi  appunto  di  un  obbligo,  tenuto  conto  della   natura
discrezionale  della   prestazione,   come   prevista   dalla   legge
istitutiva. 
    Nel   caso   in   rassegna,   per   contro,   e'   evidente   che
l'Amministrazione non ha alcuna facolta' di  rimodulare  annualmente,
in via unilaterale, il trattamento economico accessorio del personale
con  qualifica  dirigenziale  stabilito  in  sede  di  contrattazione
collettiva. 
    Il contratto collettivo, da questo punto di  vista,  opera  quale
fattore  esterno  capace  di  imprimere  un   vincolo   al   bilancio
determinando l'obbligo (e non una mera  facolta')  di  provvedere  ai
relativi  stanziamenti  nella  misura  minima  convenuta  (cfr.,   in
termini, Corte dei conti,  Sezioni  riunite  in  sede  di  controllo,
Relazione sul rendiconto generale dello Stato 2003,  Volume  I,  pag.
199: «I contratti collettivi determinano  l'immediata  insorgenza  di
diritti soggettivi, a fronte dei quali gli enti sono comunque  tenuti
a reperire le necessarie risorse finanziarie»). 
    L'Amministrazione e' tenuta a stanziare in  bilancio  le  risorse
necessarie alla costituzione  del  fondo  in  base  alle  regole  del
contratto collettivo. 
    Infatti,  il  paragrafo  5.2  dell'allegato  n.  4/2  al  decreto
legislativo n. 118  del  2011  dispone  che  «Le  spese  relative  al
trattamento  accessorio   e   premiante,   liquidate   nell'esercizio
successivo a quello cui si riferiscono, sono stanziate e impegnate in
tale esercizio. Alla sottoscrizione della contrattazione  integrativa
si  impegnano  le  obbligazioni  relative   al   trattamento   stesso
accessorio e premiante, imputandole contabilmente agli  esercizi  del
bilancio di previsione in cui tali obbligazioni scadono  o  diventano
esigibili. Alla fine dell'esercizio, nelle more della  sottoscrizione
della contrattazione integrativa, sulla base della  formale  delibera
di costituzione del fondo, vista la certificazione dei  revisori,  le
risorse   destinate   al   finanziamento    del    fondo    risultano
definitivamente  vincolate.  Non  potendo  assumere   l'impegno,   le
correlate economie di spesa confluiscono nella  quota  vincolata  del
risultato di amministrazione, immediatamente utilizzabili secondo  la
disciplina generale,  anche  nel  corso  dell'esercizio  provvisorio.
Considerato che il fondo per le politiche di sviluppo  delle  risorse
umane e per la produttivita' presenta natura di spesa  vincolata,  le
risorse destinate alla copertura di tale stanziamento  acquistano  la
natura  di  entrate  vincolate  al  finanziamento  del   fondo,   con
riferimento all'esercizio cui la costituzione del fondo si riferisce;
pertanto, la spesa riguardante il fondo per le politiche di  sviluppo
delle risorse umane e per la produttivita' e'  interamente  stanziata
nell'esercizio cui la costituzione del  fondo  stesso  si  riferisce,
destinando la quota  riguardante  la  premialita'  e  il  trattamento
accessorio da liquidare nell'esercizio successivo  alla  costituzione
del fondo pluriennale vincolato, a copertura degli impegni  destinati
ad essere imputati all'esercizio successivo. [...] In caso di mancata
costituzione del fondo  nell'anno  di  riferimento,  le  economie  di
bilancio confluiscono nel risultato di amministrazione, vincolato per
la  sola   quota   del   fondo   obbligatoriamente   prevista   dalla
contrattazione collettiva nazionale. Identiche regole si applicano ai
fondi per il personale dirigente». 
    Se, dunque, la  fonte  primaria  dei  trattamenti  economici  del
personale e' quella negoziale  (5)   e se  questa,  nel  regolare  la
misura e l'evoluzione della spesa per le componenti fisse e variabili
della retribuzione complessiva, si pone  a  parametro  estrinseco  di
riferimento per la quantificazione delle spese del personale,  appare
logica conseguenza che  tali  costi  debbano  trovare  corrispondente
rappresentazione, dapprima, nell'enunciazione  degli  oneri  indicati
nelle leggi che ne autorizzano la spesa,  e,  successivamente,  anche
nelle  conseguenti  espressioni  finanziarie  degli  stanziamenti  di
bilancio. 
    In definitiva, alle spese in esame - che,  con  cadenza  annuale,
necessitano di essere stanziate nella misura individuata nella  fonte
negoziale, allo scopo di consentire la futura costituzione del  Fondo
per la successiva  contrattazione  integrativa  -  non  potrebbe  che
riconoscersi la natura di oneri inderogabili, a carattere  ricorrente
e obbligatorio, in quanto «spese vincolate a particolari meccanismi o
parametri che ne regolano l'evoluzione, determinati sia da leggi  sia
da altri atti normativi» (art. 21, comma 5, lettera a, della legge n.
196 del 2009). 
    Da questo punto di vista, alcun  valore  puo'  essere  attribuito
alla circostanza che le stesse non siano ricomprese nell'elenco delle
spese obbligatorie di cui all'art. 39,  comma  11,  lettera  a),  del
decreto legislativo n. 118 del  2011  (allegato  13  al  bilancio  di
previsione 2021-2023  della  Regione  Siciliana  di  cui  alla  legge
regionale n. 10 del 2021). 
    In  disparte  il  rilievo  fattuale  per  cui  tali  spese   sono
qualificate come obbligatorie e ricomprese nei  menzionati  documenti
programmatici da altre regioni (cfr., ad esempio,  Regione  Piemonte,
legge  regionale  15  aprile  2021,  n.  8  «Bilancio  di  previsione
finanziario 2021-2023» - allegato 12, capitolo 101812, oppure Regione
Veneto,  legge  regionale  20  dicembre  2021,  n.  36  «Bilancio  di
previsione 2022-2024» - allegato 13,  capitolo  103005)  e  ricordato
che, comunque, le spese in questione non esauriscono l'intero insieme
degli oneri inderogabili, e' evidente che, ai fini  della  copertura,
ogni valutazione in tal senso  deve  essere  condotta  con  esclusivo
riguardo alla  natura  e  alla  effettiva  sostanza  dell'onere,  non
potendo risultare dirimenti o vincolanti le  opzioni  classificatorie
esercitate dalla Regione Siciliana. 
    A tal  proposito,  si  sottolinea  che  gli  oneri  in  questione
corrispondono, secondo quanto previsto dall'art. 68,  commi  1  e  2,
dell'ipotesi  di  contratto  collettivo,  ad  incrementi   non   gia'
eventuali, bensi' stabili (e, quindi, continuativi) del Fondo per  il
finanziamento della retribuzione di posizione, parte variabile  e  di
risultato. 
    Le risorse stabili «hanno la caratteristica della certezza, della
stabilita' e della continuita' nel tempo» (ARAN, Possibili  contenuti
di un contratto decentrato integrativo.  Indice  ragionato.  Comparto
regioni e autonomie locali, personale non  dirigente,  serie  manuali
operativi, marzo 2013, citata dalla Corte costituzionale n.  197  del
2017, par. 3.1.2 del «Considerato in diritto»). 
    La stessa amministrazione regionale, can la memoria prot. Cdc  n.
197 del  12  gennaio  2022,  ha  confermato  che  «il  Fondo  per  il
trattamento di posizione e di risultato  del  personale  dirigenziale
[...] in ogni caso non puo' prevedere stanziamenti inferiori al tetto
minimo garantito al lavoratore dalla normativa vigente pari  ad  euro
30.519.533,24,  determinato  dal  valore   del   tetto   massimo   in
applicazione art. 23, comma 2 decreto legislativo 25 maggio 2015,  n.
75 (tetto madia) pari ad euro 29.940.000,00, incrementato, in  deroga
al tetto ai sensi dell'art. 11 decreto-legge  14  dicembre  2018,  n.
135, da euro 579.533,24, di cui all'art.  68,  comma  2,  lettera  a)
dell'ipotesi di contratto». 
    In tema, la Corte costituzionale, con  la  sentenza  n.  244  del
2020, ha ricordato che il quadro normativo  che  consentiva  di  dare
copertura a spese continuative o ricorrenti, rinviando alla legge  di
bilancio la determinazione della relativa  entita'  (legge  9  maggio
1976, n. 335, seguita dal decreto legislativo 28 marzo 2000, n.  76),
e' stato modificato  nel  tempo  «in  vista  della  piu'  puntuale  e
dettagliata applicazione  del  principio  di  copertura  finanziaria,
funzionale a garantire l'equilibrio di bilancio», fino ad individuare
«modalita' procedurali  piu'  penetranti  di  garanzia  del  precetto
costituzionale», tra cui quelle attualmente declinate, per l'appunto,
negli articoli 30 della legge n.  196  del  2009  e  38  del  decreto
legislativo n. 118 del 2011. 
    Inoltre, la stessa Corte costituzionale, con la recente  sentenza
n. 226 del 2021,  dopo  aver  ribadito  che  l'art.  38  del  decreto
legislativo  n.   118   del   2011   costituisce   una   disposizione
specificativa dell'art. 81, terzo comma, Cost.,  e  che  quest'ultimo
canone, in ogni  caso,  «[...]  «opera  direttamente,  a  prescindere
dall'esistenza di nonne interposte» (ex plurimis, sentenza n. 26  del
2013), applicandosi immediatamente anche agli  enti  territoriali  ad
autonomia speciale»,  ha  dichiarato  l'illegittimita'  dell'art.  1,
comma 10, della legge reg. Siciliana n. 16 del 2020,  per  violazione
del citato art. 81, terzo comma, Cost., poiche', nel prevedere «spese
afferenti al trattamento economico del personale dipendente e  quindi
rientranti tra le spese obbligatorie aventi natura  permanente,  come
espressamente  previsto  dall'art.  48,  comma  1,  lettera  a),  del
medesimo  decreto  legislativo  n.  118   del   2011»   (in   specie,
l'incremento dell'indennita' mensile pensionabile del  personale  del
Comando del Corpo Forestale, da corrispondere in analogia agli  altri
corpi di  polizia  ad  ordinamento  civile  e  definito  in  sede  di
contrattazione collettiva), «avrebbe gia'  dovuto  quantificare  essa
stessa  l'onere  annuale  e  quello  a  regime»,  posto  che  «l'aver
demandato  alla  futura  contrattazione  collettiva  la   definizione
dell'adeguamento  dell'indennita'  non  poteva   esimere   la   legge
regionale dal prevedere comunque quella copertura di spesa  che  deve
necessariamente precedere l'apertura  di  una  trattativa  sindacale,
dovendo la contrattazione collettiva nel pubblico  impiego  svolgersi
nell'ambito di una provvista finanziaria assegnata e  preventivamente
definita». 
    Gia'  in  precedenza,  la  Corte  costituzionale,  trovandosi  ad
esaminare  una  fattispecie  nella  quale,  pur  a  fronte  di  oneri
inderogabili  e  determinabili,  risultava  omessa,  per   gli   anni
successivi al triennio, ogni  indicazione  dei  mezzi  di  copertura,
aveva evidenziato l'importanza dell'obbligo di  puntuale  indicazione
dei mezzi per far fronte  alle  spese  che  andranno  a  gravare  sui
bilanci non  ancora  approvati,  rappresentando  come,  nel  caso  di
specie, dovesse «essere condiviso l'assunto  della  Corte  dei  conti
circa   l'indicazione   di   copertura   finanziaria   "assolutamente
insufficiente" perche' limitata al periodo del  bilancio  pluriennale
in corso» (sentenza n. 384 del 1991). 
    In  altra  occasione,   sempre   in   linea   con   le   predette
argomentazioni, la Consulta aveva ritenuto conforme  ai  precetti  in
materia di copertura la tecnica del  rinvio  alle  leggi  finanziarie
annuali solo a fronte di una spesa «configurata in termini del  tutto
facoltativi», ben potendo, in tal caso, «il  legislatore  provinciale
variare  e  rimodulare  l'entita'  complessiva  degli  stanziamenti»,
trattandosi di «spese ripetibili, ma di carattere  facoltativo,  alle
quali puo' legittimamente essere  data  copertura  al  momento  della
quantificazione   della   spesa,   di   anno   in   anno   deliberata
(analogamente, sentenza n. 62 del 2014)» (sentenza n. 190 del 2014). 
    4.2 Violazione dell'art. 97, comma 1, della Costituzione 
    La disposizione avversata si pone in contrasto non  solo  con  il
parametro di cui all'art.  81,  comma  3,  Cost.,  ma  anche  con  il
correlato e interdipendente principio dell'equilibrio  e  della  sana
gestione finanziaria del bilancio  sancito  dall'art.  97,  comma  1,
Cost. 
    E'  evidente,  infatti,  come  il  difetto  di  copertura   sopra
stigmatizzato, si  riverberi  prospetticamente  in  termini  negativi
anche sul mantenimento dell'equilibrio di bilancio, dal momento  che,
non precostituendo nel modo adeguato e  conforme  a  costituzione  le
risorse per i futuri oneri, ostacola inevitabilmente il perseguimento
e l'effettiva realizzazione del suddetto obiettivo. 
    Del resto, secondo la giurisprudenza  costituzionale,  «copertura
economica delle spese ed equilibrio del bilancio sono due facce della
stessa medaglia, dal momento che  l'equilibrio  presuppone  che  ogni
intervento programmato sia sorretto dalla previa individuazione delle
pertinenti risorse:  nel  sindacato  di  costituzionalita'  copertura
finanziaria ed equilibrio integrano «una clausola generale  in  grado
di operare pure in assenza di  norme  interposte  quando  l'antinomia
[con le disposizioni impugnate] coinvolga  direttamente  il  precetto
costituzionale: infatti «la  forza  espansiva  dell'art.  81,  quarto
[oggi terzo]  comma,  Cost.,  presidio  degli  equilibri  di  finanza
pubblica, si sostanzia in una vera e  propria  clausola  generale  in
grado di colpire tutti  gli  enunciati  normativi  causa  di  effetti
perturbanti la sana gestione finanziaria e  contabile»  (sentenza  n.
192 del 2012)» (sentenza n. 184 del 2016)» (sentenza n. 274 del 2017,
par. 4 del «Considerato in diritto»). 
    Tutto cio' premesso e considerato, riservata  ogni  decisione  in
merito all'esito del giudizio innanzi alla Corte  costituzionale,  la
Sezione di controllo per la Regione Siciliana  ritiene  di  sollevare
l'incidente  di  costituzionalita'  dell'art.  4  della  legge  della
Regione Siciliana n. 24 settembre 2021 per le ragioni che  precedono,
con rimessione degli atti alla Corte costituzionale. 

(1) L'art. 68  dell'ipotesi  di  Contratto  collettivo  regionale  di
    lavoro dell'area della dirigenza della Regione siciliana e  degli
    Enti di cui all'art. 1 della legge regionale n. 10 del 2000,  per
    il triennio normativo  ed  economico  2016-2018,  recita:  «1.  A
    decorrere dal 1° gennaio  2018  confluiscono  nel  Fondo  per  il
    finanziamento della retribuzione di posizione, parte variabile  e
    di risultato le risorse del precedente Fondo per il finanziamento
    della retribuzione di posizione e risultato dei dirigenti, di cui
    all'art. 66 del CCRL 2002/2005,  nell'importo  previsto,  per  la
    predetta annualita' 2018, dalle vigenti  disposizioni  regionali.
    2. L'importo di cui al comma 1 e' stabilmente  incrementato  come
    segue: a) di un importo, su base annua, pari a euro 371,02 per le
    unita' dei dirigenti in servizio alla data del 31 dicembre  2015,
    integralmente destinato alla retribuzione  di  risultato;  b)  di
    risorse  pari  all'importo  della  retribuzione  individuale   di
    anzianita'  dei  dirigenti  cessati  dal  servizio,  secondo   le
    modalita' previste dal comma 3; e)  di  eventuali  disponibilita'
    economiche  previste  da  specifiche  disposizioni  di  legge   o
    regolamenti;  d)  di  ulteriori  risorse  derivanti  da  maggiori
    entrate o economie di gestione subordinatamente  all'accertamento
    delle  effettive  disponibilita';   e)   di   eventuali   risorse
    aggiuntive derivanti dall'attuazione dell'art. 43 della legge  n.
    449/1997. 3. In  relazione  al  comma  2,  lettera  b),  l'intero
    importo  delle  retribuzioni  individuali   di   anzianita'   dei
    dirigenti cessati dal servizio, confluisce,  in  via  permanente,
    nel Fondo a decorrere dall'esercizio successivo  alla  cessazione
    del rapporto di lavoro. Per l'anno in cui avviene  la  cessazione
    dal servizio e' accantonato, per ciascun  dirigente  cessato,  un
    importo pari alle mensilita'  residue  della  RIA  in  godimento,
    computandosi  a  tal  fine,  oltre  ai   ratei   di   tredicesima
    mensilita', le frazioni di  mese  superiori  a  quindici  giorni.
    L'importo  accantonato  confluisce  nel  Fondo   con   decorrenza
    dall'anno  successivo.  4.  In  caso  di  attivazione  di   nuove
    strutture di massima dimensione  o  intermedie,  autorizzate  con
    legge   e/o   atti   deliberativi    di    Giunta,    conseguenti
    all'attribuzione di nuove competenze, con incremento del grado di
    responsabilita' e di capacita' gestionale della dirigenza  e  con
    incremento   stabile   delle   relative   datazioni    organiche,
    l'Amministrazione, nell'ambito  della  programmazione  annuale  e
    triennale dei fabbisogni, valutano anche l'entita' delle  risorse
    necessarie  per  sostenere  i  maggiori  oneri  derivanti   dalla
    rimodulazione e nuova  graduazione  delle  finzioni  dirigenziali
    direttamente coinvolte nelle nuove attivita' e  ne  individua  la
    relativa   copertura,   con   conseguente    adeguamento    delle
    disponibilita' del fondo per la retribuzione di posizione  e  eli
    risultato.  5.  Alla  ripartizione  del  Fondo,  per  la  Regione
    siciliana, all'esito delle procedure di contrattazione  regionale
    integrativa di cui all'art.  8  del  presente  CCRL  provvede  il
    Dipartimento del bilancio e  del  tesoro  -  Ragioneria  generale
    della Regione. 6. Con gli stessi criteri si  determina  l'analogo
    fondo negli Enti regionali che  applicano  il  CCRL.  7.  Sono  a
    carico del Fondo anche gli oneri derivanti dagli articoli 39,  44
    e 46. 8. Le risorse destinate al finanziamento della retribuzione
    di posizione devono essere  integralmente  utilizzate.  Eventuali
    risorse  che  a  consuntivo  risultassero   ancora   disponibili,
    nonche', in sede di' prima applicazione, le  risorse  di  cui  al
    comma 2, lettera  a)  non  utilizzate,  sono  utilizzate  per  la
    retribuzione di posizione e risultato secondo i criteri stabiliti
    in sede di contrattazione integrativa. 9. Sano altresi' acquisite
    tutte le risorse derivanti da disposizioni di legge o regolamento
    che prevedano  specifici  trattamenti  economici  in  favore  del
    personale destinatario del presente articolo. Resta fermo  quanto
    previsto  dall'art.  23,  comma  2  del  decreto  legislativo  n.
    75/2017» 

(2) Sul punto,  si  segnala,  altresi',  per  completezza,  Corte  di
    giustizia dell'Unione europea, Sezione IX,  ordinanza  4  ottobre
    2021, C-161/21. 

(3) Nel Rapporto di certificazione  allegato  alla  deliberazione  n.
    12/2022/CCR  del  3  febbraio  2022  sono  state   formulate   le
    considerazioni che, di seguito,  si  riportano:  «Nei  limiti  di
    quanto sia possibile comprendere dagli elementi  di  informazione
    offerti, i quali  non  sempre  si  palesano  chiari,  coerenti  e
    univoci, lo scenario delineato appare, in sintesi,  il  seguente:
    1) una prima ipotesi concerne la possibilita' di utilizzare,  per
    l'intero  triennio  2021-2023,  ai   fini   dell'incremento   del
    trattamento accessorio di cui all'art. 68,  comma  2,  lettera  a
    (euro  579.533,24),  la  quota   vincolata   del   risultato   di
    amministrazione di euro 5.427.656,18, derivante dalla  differenza
    tra le  attuali  economie  presenti  sul  capitolo  n.  212017  e
    l'ammontare   complessivo   degli   emolumenti    arretrati    da
    corrispondere  al  personale  avente  diritto  per  il  pregresso
    periodo 2016-2020; 2) una seconda ipotesi, connessa agli oneri di
    cui all'art. 68, comma 2, lettera a, prevede che, ove il  margine
    residuo sulle economie vincolate del capitolo n. 212017 non fosse
    sufficientemente capiente per gli  oneri  ricadenti  nel  periodo
    considerato, tale carenza potrebbe essere colmata con le  risorse
    stanziate  all'interno  di'  capitoli  relativi  al   trattamento
    economico fondamentale del triennio 2021-2023 (capitolo n. 108001
    e n. 150020), in quanto quantificate  in  rapporto  a  unita'  di
    personale, medio tempore, cessate  dal  servizio;  3)  una  terza
    ipotesi, sempre connessa agli oneri di cui all'art. 68, comma  2,
    lettera a, prevede che, ove parimenti il  margine  residuo  sulle
    economie  vincolate   del   capitolo   n.   212017,   non   fisse
    sufficientemente capiente per gli  oneri  ricadenti  nel  periodo
    considerato,  potrebbe   attingersi   ai   risparmi   di   spesa,
    opportunamente  accantonati,  nella  misura  delle   retribuzioni
    individuali di  anzianita'  del  personale  dirigenziale  cessato
    nell'anno precedente, unitamente  ai  ratei  infrannuali  per  le
    cessazioni  avvenute  in  corso  di  esercizio,  complessivamente
    stimate dal Dipartimento in euro 731.386,86 dal 2021 al 2023;  4)
    quanto agli oneri discendenti dall'art. 68, comma  2,  lettera  b
    (euro  367.067,68),  per  gli  anni  2021,  2022  e   2023   essi
    troverebbero copertura negli stanziamenti dei capitoli n.  108001
    e n. 159020 di ciascun  esercizio,  o,  comunque,  eventualmente,
    nelle economie  di  spesa  che  sarebbero,  di  volta  in  volta,
    accantonate, come da  ipotesi  sub  3);  5)  una  quinta  ipotesi
    concerne la possibilita' di  utilizzare,  per  l'intero  triennio
    2021-2023, ai fini dell'incremento del trattamento accessorio  di
    cui  all'art.   68,   comma   2,   lettera   a   e   lettera   li
    (complessivamente,  euro  946.600,92),  la  quota  vincolata  del
    risultato di  amministrazione  di  euro  5.427.656,18,  derivante
    dalla differenza tra le attirali economie presenti  sul  capitolo
    n. 212017 e l'ammontare complessivo degli emolumenti arretrati da
    corrispondere  al  personale  avente  diritto  per  il  pregresso
    periodo 2016-2020. 7.1.2.1. A fronte di tali «opzioni  secondarie
    di copertura», deve osservarsi che questa  Sezione  non  potrebbe
    che  orientare   il   proprio   giudizio   sulla   compatibilita'
    finanziaria dell'ipotesi di CCRL all'esame  in  riferimento  alla
    sola vigente autorizzazione di spesa contenuta nell'art. 4  della
    legge regionale. n. 24 del 2021,  che,  sebbene  sub  indice  nei
    termini anzidetti,  promana  comunque  da  una  norma  valida  ed
    efficace.  Come  gia'  indicato,  essa,  in  linea  astratta,  si
    inserisce entro il perimetro di quelle norme  che,  in  generale,
    disciplinano  la  materia  della  copertura  finanziaria  per   i
    rimenavi contrattuali del personale del  pubblico  impiego  (art.
    48, camma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001  e  all'art.
    28, comma 1, della legge regionale n. 10 del 2000).  Si  rimette,
    dunque,   all'esclusiva   responsabilita'    dell'amministrazione
    regionale  qualsiasi  modalita'  alternativa  di   gestione   del
    bilancio, condotta al di  fiori  delle  esistenti  autorizzazioni
    legislative e  delle  coperture  specificamente  indicate.  Senza
    soffermarsi sulla puntuale confutazione delle diverse fattispecie
    prospettate dall'amministrazione le quali sono sostenute  in  via
    del tutto ipotetica e sulla base di  quantificazioni  finanziarie
    incerte e tutte da verificare in  concreto,  pare  opportuno,  ad
    ogni modo, muovere alcune considerazioni. 7.1.2.2. Richiamando il
    contenuto del principio  contabile  generale  n.  7  del  decreto
    legislativo n. 118 del  2011,  non  pare  reggere  su  canoni  di
    razionalita' e logicita' l'ipotesi di fare ricorso, in  generale,
    a strumenti di flessibilita' del bilancio, i quali, a presupposto
    di un intervento in modifica dei valori finanziari  a  suo  tempo
    approvati,  richiederebbero  il  sopravvenire,  nel  corso  della
    gestione,  di  situazioni   connotate   dall'imprevedibilita'   e
    straordinarieta'.  Peraltro,  per  il  medesimo  postulato,   «un
    eccessivo ricorso agli altri strumenti di flessibilita', quali le
    variazioni di bilancio, va visto arnie fatto negativo, in  quanto
    inficia l'attendibilita' del processo di programmazione  e  rende
    non credibile il complesso del sistema di bilancio». Nel caso  di
    specie, la condizione dell'imprevedibilita' si palesa in antitesi
    rispetto alla sussistenza di una spesa espressamente  considerata
    e finanziata dalla fonte di rango  primario,  che,  all'uopo,  e'
    gia'  intervenuta  attraverso  una  misura  di   variazione   del
    bilancio. Ne' tale requisito puo' ritenersi integrato  a  seguito
    della successiva impugnazione  della  nonna  dinanzi  alla  Corte
    costituzionale. 

(4) 7.1.2.3. Appare, inoltre, priva di ragionevolezza  l'esigenza  di
    reperire ulteriori risorse finanziarie per alimentare il medesimo
    capitolo n. 212019, sebbene queste siano gia' sussistenti,  cosi'
    da   determinare,   negli   effetti,   una   duplicazione   dello
    stanziamento per la medesima spesa. Ove, poi,  la  ragione  della
    ricerca di coperture diverse muovesse dalla preoccupazione di  un
    accoglimento della questione di legittimita' costituzionale, pare
    ovvio che, a seguito della  caducazione  della  norma,  la  spesa
    effettuata - non importa se gestita con modalita'  «ordinaria»  o
    «alternativa» - potrebbe essere, comunque,  soggetta  all'obbligo
    della  ripetizione,  nella  considerazione  che   i   motivi   di
    impugnazione  dello  Stato  si  incentrano  sull'an,  e  non  sul
    quomodo, degli incrementi per il trattamento economico accessorio
    del personale con qualifica dirigenziale. 7.1.2.4. Non appare  di
    immediata comprensione la scelta di voler surrogare ad una  fonte
    di   copertura   certa   una   risorsa   priva   delle   medesime
    caratteristiche. E' il caso dell'ipotizzato ricorso alle economie
    vincolate formatesi sul capitolo n. 212017. Sono  note,  infatti,
    le particolari cautele con cui l'ordinamento  contabile  circonda
    l'utilizzo del risultato  di  amministrazione,  specialmente  ove
    presunto e, soprattutto, con riguardo agli enti  che  versano  in
    situazione di grave disavanzo. Le plurime  stringenti  condizioni
    che  ne  consentano  l'impiego  e  la   possibilita'   di   farvi
    riferimento per il solo primo esercizio del bilancio triennale di
    previsione  -  tanto   da   potere   considerare   giuridicamente
    inesistente una copertura che verta sull'utilizzo  del  risultato
    di amministrazione  oltre  tale  orizzonte  temporale  -  privano
    questa risorsa di quei  caratteri  di  credibilita',  sufficiente
    sicurezza,  non  arbitrarieta'  e   razionalita',   costantemente
    richiesti  dalla  giurisprudenza  costituzionale.  Con  riguardo,
    infine, alla quantificazione della  disponibilita'  indicata  dal
    Dipartimento (euro 5.427.656,18), deve evidenziarsi che, al netto
    dei pagamenti previsti per gli emolumenti arretrati  del  periodo
    2016-2021,  il  margine  residuo   di   euro   1.717.335,44   e',
    all'evidenza, inferiore al fabbisogno di  copertura  della  spesa
    per  gli  anni  2022-2023,  ove  si  consideri   l'intera   spesa
    discendente dall'art. 68, camino 2, lettera a (euro 579.533,24) e
    lettera b (euro 367.06 7,68) per ciascuna annualita' del  biennio
    (complessivi  curo  1.893.201,84).  7.1.2.5.   Occorre   prendere
    posizione,  nei  termini  a  seguire,  sulla  considerazione  del
    Dipartimento di poter fare affidamento sui maggiori  stanziamenti
    presenti  all'interno  dei  capitoli  del  trattamento  economico
    fondamentale a titolo di retribuzione individuale di  anzianita',
    i cui valori, al momento dell'approvazione  del  bilancio,  erano
    parametrati a dati del personale in servizio non piu' attuali  in
    ragione delle intervenute cessazioni dal servizio.  Innanzitutto,
    e' noto che le previsioni del bilancio  triennale  devono  essere
    aggiornate, di anno  in  anno  e  per  scorrimento,  secondo  una
    valutazione delle  nuove  e  diverse  sopravvenute  esigenze,  in
    stretta aderenza alla dimensione della spesa che  si  prevede  di
    impegnare nell'esercizio, nel rispetto dei precetti  della  nuova
    competenza  finanziaria.  Appare,  dunque,  non  conforme  ad  un
    basilare e razionale principio di programmazione che, al  momento
    dell'approvazione del nuovo bilancio, ai fini della misura  delle
    More previsioni, non si  pensi  di  procedere  all'epurazione  di
    quelle unita' che, inevitabilmente, non godranno delle competenze
    fisse a titolo di retribuzione individuale di  anzianita',  cosi'
    da  prendere  -  piu'  correttamente  -  in   considerazione   la
    consistenza effettiva delle spese obbligatorie  da  corrispondere
    al solo personale in servizio nel  periodo  2022-2024.  Pertanto,
    non e' dato comprendere sulla base di quale presupposto giuridico
    e di quale titolo, pur a fronte  dell'esistenza  di  un  apposito
    stanziamento all'interno del capitolo n. 212019, per le spese  da
    sostenere negli esercizi 2022 e 2023,  dovrebbe  essere,  invece,
    mantenuto l'asserito sovradimensionamento degli attuali  maggiori
    stanziamenti sui capitoli n. 108001 e n. 150020. Ne' e' parimenti
    intellegibile la  ragione  per  cui,  in  mancanza  di  un  onere
    potenziale cui fare fronte per ragioni di prudenza n di un  costo
    certo  non  opportunamente  contabilizzato   nei   documenti   di
    bilancia, dovrebbe  eventualmente  procedersi  all'accantonamento
    delle corrispondenti economie di spesa a fine  esercizio,  senza,
    peraltro, considerare che, in carenza di substrato normativo  che
    ne individui le specifiche finalita',  le  economie  delle  spese
    correnti, prive di un vincolo di destinazione, e in  quanto  tali
    semplici risparmi di spesa,  non  potrebbero  essere  considerate
    quale posta a se' stante da utilizzare a finanziamento di nuovi e
    diversi  oneri.  In  base,  infatti,  al  principio  generale  (o
    postulato) della unita' di bilancio n. 2 del decreto  legislativo
    n. 118 del 2011 documenti contabili non possono essere articolati
    in maniera tale da destinare alcune fonti di entrata a  copertura
    solo  di'  determinate  e   specifiche   spese,   salvo   diversa
    disposizione normativa di disciplina  delle  entrate  vincolate».
    Sotto tale profilo, occorre fare riferimento alla  giurisprudenza
    costituzionale, per la quale «[...] il principio di tutela  degli
    equilibri  di  bilancio  contenuto  nell'art.  81,  quarto  comma
    (n.d.a. oggi  terzo  camma),  della  Costituzione,  impedisce  di
    estrapolare dalle risultanze degli  esercizi  precedenti  singole
    partite ai fini della loro applicazione  al  bilancio  successivo
    (Corte  costituzionale,  sentenza  n.  192  del  2012,  §  4  del
    considerato in diritto)». In assenza  di  un  vincolo  normativa,
    dunque, l'economia di spesa costituisce una «[...] sopravvenienza
    attiva vera e propria, che si riversa - quale componente positiva
    - nella aggregazione complessiva degli elementi  che  determinano
    il risultato di amministrazione» (ibidem).E,  inoltre,  la  Corte
    costituzionale   ha   affermato   il    divieto    dell'utilizzo,
    nell'esercizio successivo, delle c.d. «economie di stanziamento»,
    originate dalla mera  differenza  tra  somme  stanziate  e  somme
    impegnate, con la motivazione che  il  principio  dell'unita'  di
    bilancio «[...] se [...] risulta  indefettibile  nell'ambito  del
    singolo esercizio di competenza, a maggior ragione esso  preclude
    che economie di  spesa  di  esercizi  precedenti  possano  essere
    trasferite a quello successivo attraverso una  sorta  di  vincolo
    postumo,  privo  di   qualsiasi   fondamento   normativo   (Corte
    costituzionale, sentenza n. 241 del 2013, § 2.1. del  considerato
    in diritto)». 7.1.2.6. In conclusione, circa la  possibilita'  di
    fare ricorso a modalita' di  gestione  del  bilancio  alternative
    alla vigente autorizzazione di spesa, si riproduce  un  passaggio
    della sentenza della Corte costituzionale n. 279 del 2016, in cui
    e'  stato  osservato  che,  in  base  ai  principi   di   unita',
    universalita' e  integrita'  del  bilancio,  deve  sussistere  un
    naturale bilanciamento tra spese programmate  e  l'impiego  delle
    risorse, di modo che «l'A tutte le finalita' e gli  obiettivi  di
    gestione devono essere rapportati ai relativi valori  finanziari,
    economici  e   patrimoniali   in   una   veritiera   e   corretta
    rappresentazione  della  programmazione  dell'ente»  (§   5   del
    considerando in diritto)» 

(5) Cfr. art. 45, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001  e
    art. 13, comma 1, della legge  regionale  n.  10  del  2000.  Sul
    principio di riserva della contrattazione collettiva quale  norma
    fondamentale di riforma economico-sociale  che  si  impone  anche
    alle regioni ad  autonomia  differenziata,  si  e'  espressa,  ex
    multis, la Corte costituzionale con la sentenza n. 81 del 2019. 
 
                              P. Q. M. 
 
    La Corte  dei  conti,  Sezione  regionale  di  controllo  per  la
Sicilia, 
    Visti  l'art.  134  della  Costituzione,  l'art.  1  della  legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e  l'art.  23  della  legge  11
marzo  1953,  n.   87,   solleva   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 4 della legge della Regione Siciliana n.  24
settembre 2021, in riferimento agli articoli 81, comma 3, e 97, comma
1, della Costituzione per le ragioni indicate in parte motiva 
    Dispone la sospensione del giudizio relativo all'art.  68,  commi
2, 3 e 8, dell'ipotesi di Contratto collettivo  regionale  di  lavoro
dell'area della dirigenza della Regione Siciliana e degli enti di cui
all'art. 1 della citata legge  regionale  n.  10  del  2000,  per  il
triennio normativo ed economico 2016-2018 
    Ordina: 
      la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale  per
l'esame della questione; 
      la notifica della presente ordinanza, a cura  del  Servizio  di
supporto della Sezione, ai sensi dell'art. 23,  ultimo  comma,  della
legge 11  marzo  1953,  n.  87,  all'Agenzia  per  la  rappresentanza
negoziale  della  Regione  Siciliana,  al  Presidente  della  Regione
Siciliana,  al   Presidente   dell'Assemblea   regionale   Siciliana,
all'Assessore regionale dell'economia, all'Assessore regionale  delle
autonomie locali e  della  funzione  pubblica  e  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
        Cosi' deciso a Palermo, nella Camera di consiglio  da  remoto
in data 12 gennaio 2022. 
 
                        Il Presidente: Pilato 
 
                                           I relatori: Calvitto - Tea