N. 14 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 25 febbraio 2022

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 25 febbraio 2022 (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Impiego pubblico - Assunzioni a tempo  indeterminato  -  Norme  della
  Provincia autonoma di Trento - Modifica alla legge provinciale n. 7
  del 2021 - Previsione che proroga al 31 marzo  2023  i  termini  di
  validita'  delle  graduatorie  per  le  assunzioni   di   personale
  provinciale a tempo indeterminato relative  al  comparto  autonomie
  locali in scadenza entro il 31 dicembre 2021. 
Impiego pubblico - Contratto  collettivo  di  lavoro  -  Norme  della
  Provincia autonoma di Trento - Integrazioni  all'art.  5-bis  della
  legge provinciale n. 2 del 2016 - Incentivi per funzioni tecniche -
  Riconoscimento   ai   responsabili    del    procedimento,    della
  predisposizione  o  del  controllo   delle   procedure   di   gara,
  dell'esecuzione dei contratti pubblici, al presidente di gara e  ai
  componenti  della  commissione  tecnica   -   Previsione   che   la
  contrattazione  collettiva  provinciale  puo'   individuare   altre
  funzioni per il  cui  svolgimento  sono  riconosciute  le  relative
  retribuzioni incentivanti. 
- Legge della Provincia autonoma di Trento 27 dicembre  2021,  n.  22
  (Legge provinciale di stabilita' 2022), artt. 16  e  17,  comma  1,
  lettera a). 
(GU n.12 del 23-3-2022 )
    Ricorso ex art. 127 della  Costituzione  per  il  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   ex    lege
dall'Avvocatura  Generale  dello   Stato   (C.f.   80224030587   fax:
0696514000, PEC:  ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it)  presso  i  cui
uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12 
    contro la Provincia autonoma di Trento in persona del  Presidente
della Giunta Provinciale p.t., con sede in piazza Dante, 15 -  Trento
(c.f.                       00337460224 -                        pec:
presidente_attigiudiziari@pec.provincia.tn.it) 
    Per  la  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale   degli
articoli 16 e 17, comma 1, lettera a), della  legge  della  Provincia
autonoma di Trento del 27 dicembre 2021, n. 22 «Legge provinciale  di
stabilita' 2022». Pubblicata nel B.U. Trentino-Alto Adige 27 dicembre
2021, n. 51, Numero Straordinario n. 3. 
 
                              Premessa 
 
    La legge della Provincia di Trento n. 22  del  27  dicembre  2021
recante  «Legge  di  stabilita'  provinciale  2022»   presenta,   con
riferimento agli articoli 16 e 17, comma 1, lettera  a),  profili  di
illegittimita' costituzionale in relazione alla violazione di diverse
disposizioni della Carta costituzionale ed  eccede  dalla  competenza
legislativa attribuita alla Provincia dallo Statuto speciale  per  il
Trentino alto Adige (artt. 4 ed 8 del decreto  del  Presidente  della
Repubblica n.  670/1971)  e  viene,  pertanto,  impugnata,  ai  sensi
dell'art. 127 della Costituzione, per i seguenti motivi 
 
                               Diritto 
 
    1) Illegittimita' costituzionale  dell'articolo  16  della  legge
della Provincia autonoma di Trento n.  22/2021,  per  violazione  dei
principi  di  uguaglianza,  buon  andamento  e  imparzialita'   della
pubblica  amministrazione  di  cui  agli  articoli  3  e   97   della
Costituzione, e della competenza  statale  esclusiva  in  materia  di
ordinamento civile di cui all'articolo 117, comma secondo, lettera l)
nonche' violazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto  Adige
(artt. 4  ed  8  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
670/1972) in relazione all'art. 35, comma 5-ter, decreto  legislativo
30 marzo 2001, n. 165, ante novella operata  dall'articolo  1,  comma
149, legge 27  dicembre  2019,  n.  160,  all'articolo  91  del  TUEL
(decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267). 
    L'articolo  16  della  legge  in  esame  recente   «Modificazione
dell'articolo 31 della legge provinciale 17 maggio 2021, n. 7  (Prime
misure del 2021 connesse all'emergenza epidemiologica da  COVID-19  e
conseguente variazione al  bilancio  di  previsione  della  Provincia
autonoma di  Trento  per  gli  esercizi  finanziari  2021-2023  cosi'
dispone: «Nel comma 1 dell'articolo 31 della legge provinciale  n.  7
del  2021  le  parole:  «sono  prorogati  al  30  giugno  2022»  sono
sostituite dalle seguenti: «e nel corso dell'anno 2022 sono prorogati
al 31 marzo 2023». 
    Ne consegue che, per effetto della novella, l'art. 31 della  L.P.
n. 7/2021, recante disposizioni in materia di «Proroga di graduatorie
del personale provinciale», allo  stato  recita:  «1.  I  termini  di
validita'  delle  graduatorie  per   le   assunzioni   di   personale
provinciale a tempo  indeterminato  relative  al  comparto  autonomie
locali in scadenza entro il 31 dicembre 2021 e  nel  corso  dell'anno
2022 sono prorogati al 31 marzo 2023». 
    Al riguardo, non rinvenendosi il dies a quo di  decorrenza  delle
graduatorie in parola, appare utile svolgere alcune considerazioni di
carattere generale. 
    In tema di graduatorie e' noto l'orientamento  di  codesta  Corte
costituzionale che riconduce la regolamentazione  delle  graduatorie,
in  quanto  provvedimento  conclusivo  delle  procedure   concorsuali
pubblicistiche per l'accesso all'impiego regionale, nell'ambito della
competenza  legislativa  residuale  in  materia  di   ordinamento   e
organizzazione amministrativa delle  Regioni  di  cui  all'art.  117,
quarto comma, Costituzione (cfr. ex multis sentenze n. 58  del  2021,
n. 273 del 2020, n. 126 del 2020, n. 241 del 2018, n. 191 del 2017  e
n. 251 del 2016). 
    In particolare, nella recente citata sentenza n. 58/2021, codesta
Corte costituzionale e' stata  chiamata  ad  esprimersi  sul  ricorso
proposto, in via cautelativa, dalla Regione Valle d'Aosta avverso  le
disposizioni di cui all'art. 1, commi  147  e  149,  della  legge  n.
160/2019 che, rispettivamente, dispongono la proroga della  validita'
temporale   delle   graduatorie    in    essere    nelle    pubbliche
amministrazioni, a partire da quelle approvate dal 10  gennaio  2011,
differenziata a seconda del termine di  approvazione,  condizionando,
per quelle piu' risalenti, il reclutamento  a  ulteriori  adempimenti
procedurali, e la riduzione da tre a  due  anni  della  durata  della
validita', a regime, delle graduatorie, stabilita dall'art. 35, comma
5-ter, del decreto legislativo n. 165 del 2001. 
    Orbene, codesta Corte ha ritenuto  che  le  disposizioni  statali
impugnate non  possono  ritenersi  applicabili  nei  confronti  della
Regione Valle d'Aosta in virtu' della c.d. clausola di favore di  cui
all'art. 10 della legge Costituzione n. 3/2001 che estende anche alle
Autonomie la piu'  ampia  competenza  legislativa  residuale  di  cui
all'art. 117, quarto comma, Costituzione in materia di «ordinamento e
organizzazione  amministrativa  regionale».  Sulla   base   di   tali
presupposti, prosegue la Corte, «deve, pertanto,  escludersi  che  le
norme statali in esame,  che  dettano  una  disciplina  puntuale  del
termine di validita'  delle  graduatorie,  riferendosi  genericamente
alle amministrazioni pubbliche  di  cui  all'art.  1,  comma  2,  del
decreto legislativo n. 165  del  2001,  si  applichino  alla  Regione
autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste. Ne  consegue  che  non  si  e'
determinata alcuna violazione della competenza  regionale  residuale,
ne' del principio di  leale  collaborazione,  non  essendo  le  norme
denunciate destinate  a  spiegare  alcuna  efficacia  nel  territorio
regionale  neppure  quali  norme  recanti  principi  fondamentali  di
coordinamento  della  finanza  pubblica.  Cio'  vale   anzitutto   in
riferimento all'uso di graduatorie  inerenti  a  procedure  selettive
pubbliche di personale sanitario, posto che il  legislatore  statale,
non concorrendo «al finanziamento della spesa sanitaria, "neppure  ha
titolo per dettare norme di coordinamento finanziario"  (sentenza  n.
341 del 2009)»  (sentenza  n.  133  del  2010;  nello  stesso  senso,
successivamente, sentenze n. 115 e n. 187 del 2012 e n. 125 del 2015;
nello stesso senso anche  sentenza  n.  241  del  2018).  Ad  analoga
conclusione deve, in ogni caso, giungersi in riferimento a  tutte  le
graduatorie che concludono concorsi pubblici.» 
    Sempre  con  riferimento  specifico  agli  enti  territoriali  ad
autonomia speciale, la Corte ha altresi' affermato che, anche ove  si
volesse configurare la disciplina della validita'  delle  graduatorie
concorsuali come disciplina recante principi di  coordinamento  della
finanza  pubblica  («sebbene  non  piu'  affiancata   a   misure   di
contenimento delle assunzioni»), essa non potrebbe imporsi se non nel
rispetto del principio dell'accordo, inteso come vincolo di metodo (e
non  gia'  di  risultato)  e  declinato  nella  forma   della   leale
collaborazione. 
    Sottolinea  infine  codesta  Corte  che   la   disciplina   delle
graduatorie dettata dal legislatore regionale,  nell'esercizio  della
propria competenza residuale, deve comunque avvenire nel rispetto dei
canoni  costituzionali  del  buon  andamento   e   dell'imparzialita'
dell'amministrazione  (artt.  3  e  97  Costituzione),  a  tal   fine
garantendo  il  reclutamento   imparziale   degli   idonei,   nonche'
verificando la perdurante attitudine professionale degli stessi (cfr.
anche sentenza n. 77/2020). 
    Cio' premesso,  si  ritiene  tuttavia  che  la  disciplina  delle
graduatorie  andrebbe   riguardata   da   una   diversa   prospettiva
interpretativa,  di  tipo  sistematico-evolutivo,  che  lasci   cioe'
emergere le diverse declinazioni che i citati  canoni  costituzionali
del buon andamento e dell'imparzialita' dell'amministrazione  possono
assumere e, in conseguenza, le differenti possibili  violazioni  che,
dall'accogliere questa  o  quella  prospettiva  ermeneutica,  possono
scaturire. Cio' al fine  di  evitare  l'inosservanza  dei  menzionati
canoni di cui agli artt. 3  e  97  Costituzione,  giustappunto  sotto
altri, ma altrettanto rilevanti profili, tenuto altresi' conto  delle
recenti novita' in materia di mobilita'  introdotte  all'interno  del
nostro ordinamento giuridico. 
    Al riguardo, una disciplina delle  graduatorie  non  uniforme  su
tutto il territorio nazionale, poiche' rimessa, sotto il profilo  dei
termini di durata e di validita', alla regolamentazione  di  ciascuna
Regione, determina una frammentazione parimenti idonea a generare una
disciplina  differenziata  in  relazione  a  situazioni   del   tutto
analoghe, senza fornire  adeguata  motivazione  del  diverso  e  piu'
favorevole trattamento. 
    Peraltro, il personale reclutato dalle regioni assume a tutti gli
effetti  la  qualifica  di  dipendente  pubblico,  potendo  di  fatto
transitare anche nei ruoli  di  amministrazioni  centrali,  per  cui,
anche sotto questo ulteriore profilo,  non  si  comprende  il  motivo
della disparita' di trattamento  che  discenderebbe  dal  persistente
orientamento che ammette criteri non uniformi sull'intero  territorio
nazionale. 
    A cio' si aggiunga che le modifiche in materia di  mobilita'  del
personale, introdotte dall'articolo 3 del  decreto-legge  n.  80  del
2021, convertito dalla legge n. 113 del 2021, hanno fatto venir  meno
l'obbligo del previo nulla osta dell'amministrazione di  provenienza,
rendendo  omogenea  la  disciplina  della  mobilita'  per   tutti   i
dipendenti pubblici, compresi i dipendenti  regionali  e  degli  enti
locali. In tale contesto di riforma, le  disposizioni  statali  sulla
durata delle graduatorie concorsuali devono essere concepite e quindi
applicate  in  termini  uniformi  sull'intero  territorio  nazionale,
ponendosi  nella  prospettiva  di  una  progressiva  limitazione   di
operativita' temporale delle graduatorie stesse. In  caso  contrario,
l'ordinamento  si  troverebbe  a  fronteggiare  il  rischio  che   il
personale  di   talune   amministrazioni   regionali   possa   essere
surrettiziamente ammesso, per la  peculiarita'  della  disciplina  ad
esso applicabile, ai generali procedimenti, volontari o  obbligatori,
di mobilita' verso le altre amministrazioni regionali o statali. 
    Tanto premesso, si ritiene che la fattispecie  delle  graduatorie
concorsuali  afferisca  alla  competenza  esclusiva  dello  Stato  in
materia di «ordinamento civile» (articolo 117, secondo  comma,  lett.
1)  della  Costituzione,  trattandosi  di  una  fase   prodromica   e
funzionale all'instaurazione del rapporto di lavoro, con  tutto  cio'
che ne consegue in ordine  alla  lesione  della  predetta  competenza
legislativa statale esclusiva. 
    Cio' detto, con particolare riferimento alle  previsioni  statali
in materia, si evidenzia che l'efficacia temporale delle  graduatorie
e' sottoposta al regime di validita' triennale  sia  ai  sensi  della
formulazione dell'art. 35, comma 5-ter, decreto legislativo 30  marzo
2001, n. 165, ante novella operata dall'articolo 1, comma 149,  legge
27 dicembre 2019, n. 160, che dell'articolo 91 del  TUEL  che,  nella
sua formulazione vigente, ne prevede la validita' triennale  per  gli
Enti Locali. 
    Infatti,  la  modifica  legislativa  della   validita'   biennale
introdotta al citato articolo 35, comma 5-ter del T.U.  del  pubblico
impiego, e' entrata in vigore solamente  il  1°  gennaio  2020  (cfr.
articolo 1, comma 149 della legge 27 dicembre 2019, n. 160 - Legge di
bilancio per il 2020) e pertanto, in ogni caso, non puo'  che  valere
per  le  graduatorie  approvate  da  quella  data  escludendone  ogni
retroattivita'. 
    La legge  27  dicembre  2019,  n.  160,  infatti,  ha  modificato
esclusivamente l'art. 35, decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165,
prevedendo la  validita'  biennale  delle  graduatorie  e  mantenendo
pertanto inalterata la formulazione dell'articolo 91 del TUEL dove al
comma 4  e'  previsto  che:  «Per  gli  enti  locali  le  graduatorie
concorsuali rimangono efficaci per un termine di tre anni dalla  data
di pubblicazione». Al  riguardo,  si  segnala,  altresi',  il  parere
espresso dalla Corte dei Conti Sardegna Sez.  giurisdiz.,  21  aprile
2020, n. 85 che si e' espressa per il favor  della  durata  triennale
per le graduatorie degli Enti locali per via della specialita'  della
norma riferita a tale categoria di Enti ritenendo  che:  «L'antinomia
tra le due disposizioni normative in ordine ai termini  di  validita'
delle graduatorie concorsuali (l'art. 35, comma  5-ter,  del  TUPI  -
norma di carattere generale indirizzata a  tutte  le  Amministrazioni
indicate nell'art. 1, comma 2, delle "Norme generali sull'ordinamento
del lavoro alle  dipendenze  delle  Amministrazioni  pubbliche"  -  e
l'art.  91,  comma  4,  del  TUEL  -  norma  di  carattere   speciale
indirizzata alle Amministrazioni di cui  all'art.  2,  comma  1,  del
«Testo unico delle leggi  sull'ordinamento  degli  enti  locali»)  e'
risolta dal principio lex  posterior  generalis  non  derogat  priori
speciali. In altri termini, essendo il criterio cronologico recessivo
rispetto  a  quello  di  specialita',  la  modifica  della  norma  di
carattere  generale  non  produce  effetto  rispetto  alla  norma  di
carattere speciale, con la conseguenza che la legge di bilancio  2020
introduce un doppio binario in merito ai termini  di  scadenza  delle
graduatorie  concorsuali:  per  le  Amministrazioni  statali  di  cui
all'art. 1, comma 2, TUPI vale il  disposto  del  citato  art.  35  e
l'efficacia   sara'   limitata   a   due   anni    (con    decorrenza
dall'approvazione della graduatoria), mentre per  le  Amministrazioni
di cui all'art. 2, comma 1,  TUEL  permane  il  regime  previsto  del
citato art. 91 e l'efficacia sara' di tre anni (con decorrenza  dalla
pubblicazione della graduatoria).» 
    Alla luce di quanto sopra si ritiene che ricorrano i  presupposti
per l'impugnativa, davanti alla  Corte  Costituzionale  ex  art.  127
della Costituzione,  dell'art.  16  della  legge  in  esame  laddove,
prevedendo la proroga al 31  marzo  2023  delle  graduatorie  per  le
assunzioni di personale provinciale a tempo  indeterminato,  relative
al comparto autonomie locali, si pone in contrasto con i principi  di
uguaglianza,  buon   andamento   e   imparzialita'   della   pubblica
amministrazione di cui agli  articoli  3  e  97  della  Costituzione,
nonche' in contrasto con la riserva statale esclusiva in  materia  di
ordinamento civile, nella quale rientra la  disciplina  del  pubblico
impiego, di cui all'articolo 117, comma secondo,  lettera  l),  della
Costituzione, esulando, pertanto, dalle attribuzioni  conferite  alla
Provincia dallo Statuto speciale della regione  Trentino  Alto  Adige
(artt. 8 e 4 del decreto del Presidente della Repubblica 670/72). 
    2) Illegittimita' costituzionale dell'articolo 17, comma 1, lett.
a) della legge della Provincia autonoma di  Trento  n.  22/2021,  per
violazione  della  competenza  statale  esclusiva   in   materia   di
ordinamento civile di cui all'articolo 117,  comma  secondo,  lettera
l), nonche' violazione dello Statuto speciale  per  il  Trentino-Alto
Adige (artt. 4 ed 8 del decreto del Presidente  della  Repubblica  n.
670/1972) in  relazione  all'art.  113,  commi  2  e  3  del  decreto
legislativo n. 50/2016 «Codice dei contratti pubblici». 
    L'articolo  17  della  legge  in  esame,  recante   «Integrazioni
dell'articolo 5-bis della legge provinciale 9 marzo 2016, n. 2 (legge
provinciale di recepimento delle  direttive  europee  in  materia  di
contratti pubblici 2016)» al primo comma, lettera a) prevede: 
      1. All'articolo 5-bis della legge  provinciale  di  recepimento
delle direttive europee in materia di contratti  pubblici  2016  sono
apportate le seguenti modificazioni: 
        a) nel comma 1,  dopo  le  parole:  «e  ai  componenti  della
commissione tecnica.» sono inserite le seguenti:  «La  contrattazione
collettiva provinciale puo' individuare altre  funzioni  per  il  cui
svolgimento sono riconosciute retribuzioni incentivanti ai  sensi  di
questo comma.»; 
    In sostanza, la norma, al comma  1,  lett.  a),  prevede  che  la
contrattazione  collettiva  provinciale   possa   individuare   altre
funzioni nell'ambito dei contratti pubblici per  il  cui  svolgimento
sono riconosciute retribuzioni incentivanti oltre a  quelle  elencate
dalla gia' vigente  legge  provinciale  (n.  2/2016,  all'art.  5-bis
«Incentivi per funzioni tecniche», comma 1). 
    La disposizione  contrasta  con  l'art.  113,  comma  3,  decreto
legislativo n. 50/2016 «Codice dei contratti  pubblici»  che  assegna
alla contrattazione collettiva la determinazione  delle  modalita'  e
dei  criteri  di  riparto  delle  risorse  disponibili  e  non   gia'
l'individuazione di attivita'/funzioni  tecniche  che  diano  diritto
alla corrispondente remunerazione per  il  personale  pubblico  come,
invece, prevede la norma provinciale. 
    Invero, solo la legge statale potrebbe intervenire in  tal  senso
dato il  carattere  tassativo  dell'elenco  delle  funzioni  tecniche
incentivabili di cui all'art. 113, comma 2 del decreto legislativo n.
50/2016,  ribadito  dalla  giurisprudenza  contabile  per   il   loro
carattere  derogatorio  del  principio  di   onnicomprensivita'   del
trattamento economico dei dipendenti pubblici ex art.  24,  comma  3,
decreto legislativo n. 165/2001 e della  perentoria  struttura  della
retribuzione per gli stessi stabilita dai  contratti  collettivi,  ex
art. 45, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 165/2001  (cfr.
ex  multis  Corte  Conti,  sez.  contr.  Veneto,   deliberazione   n.
121/2020). 
    Peraltro, l'individuazione  di  ulteriori  funzioni  per  il  cui
svolgimento sono riconosciute retribuzioni incentivanti in materia di
contratti  pubblici  non  e'  preclusa   alla   sola   contrattazione
collettiva ma alla  stessa  legge  provinciale  stante  il  carattere
tassativo  sopra  illustrato,  e  va   altresi'   rilevato   che   le
disposizioni  della  normativa  statale  in  materia  di  appalto  si
impongono anche alle Province autonome  (art.  2,  comma  3,  decreto
legislativo n. 50/2016). 
    A margine si osserva che la legge provinciale non appare coerente
con la disciplina statale  che  individua  in  maniera  tassativa  le
fattispecie che legittimano l'erogazione di  incentivi  per  funzione
tecniche al personale pubblico escludendo qualsiasi  possibilita'  di
intervento estensivo sia da parte di altro legislatore sia  da  parte
della contrattazione collettiva. 
    Anche questa disposizione invade la sfera dell'ordinamento civile
riservato alla legislazione esclusiva dello Stato all'art. 117, comma
secondo, lett. l), Costituzione, discostandosi dalle norme che a tale
ordinamento si riconducono nel caso di  specie  ed  alle  quali  sono
tenute  ad  adeguarsi  anche  le  Province  autonome  in  base   alle
specifiche disposizioni di legge  e  consolidato  orientamento  della
Corte Costituzionale (cfr. in materia di pubblico  impiego,  art.  1,
comma 3 del decreto legislativo  n.  165/2001  e  Corte  Costituzione
sent. n. 16/2020; in materia di contratti pubblici, art. 2,  comma  3
del decreto legislativo n. 50/2016  e  Corte  Costituzione  sent.  n.
269/2014). Cio', inoltre con la conseguente violazione dello  Statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige (artt. 4 ed  8  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 670/1971) laddove si stabilisce che la
legislazione regionale e delle Province autonome  deve  svolgersi  in
armonia  con  la  Costituzione,  con  i   principi   dell'ordinamento
giuridico e con le norme fondamentali delle riforme economico-sociali
della  Repubblica,  di  cui   le   norme   richiamate   costituiscono
espressione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si  chiede  che  codesta  Ecc.ma  Corte   costituzionale   voglia
dichiarare   costituzionalmente   illegittimi,   e   conseguentemente
annullare per i motivi esposti in narrativa, i seguenti articoli 16 e
17, comma 1, lettera a)  della  legge  della  Provincia  autonoma  di
Trento n. 22 del 27 dicembre 2021. 
    Si allega: 
      1. Estratto della delibera del Consiglio dei  ministri  del  24
febbraio 2022. 
          Roma, 25 febbraio 2022 
 
                  L'Avvocato dello Stato: Galluzzo