N. 88 SENTENZA 9 febbraio - 5 aprile 2022
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Assistenza e previdenza sociale - Pensione di reversibilita' - Beneficiari - Nipoti maggiorenni orfani inabili al lavoro e viventi a carico degli ascendenti assicurati - Omessa previsione - Irragionevolezza - Illegittimita' costituzionale in parte qua. - Decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1957, n. 818, art. 38. - Costituzione, artt. 3 e 38.(GU n.14 del 6-4-2022 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente:Giuliano AMATO; Giudici :Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1957, n. 818 (Norme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952, n. 218, sul riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti), promosso dalla Corte di cassazione, sezione lavoro, nel procedimento vertente tra C. C. nella qualita' di tutore di S. R. e l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), con ordinanza dell'8 aprile 2021, iscritta al n. 124 del registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 2021. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 9 febbraio 2022 il Giudice relatore Maria Rosaria San Giorgio; deliberato nella camera di consiglio del 9 febbraio 2022. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza dell'8 aprile 2021, iscritta al n. 124 del relativo registro, la Corte di cassazione, sezione lavoro, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1957, n. 818 (Norme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952, n. 218, sul riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti), «nella parte in cui non include, tra i soggetti ivi elencati, anche i maggiori orfani e interdetti dei quali risulti provata la vivenza a carico degli ascendenti». 1.1.- Il giudice rimettente espone che la Corte d'appello di Napoli, con sentenza n. 3847 del 2018, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda proposta da C. C., in qualita' di tutore di S. R. - nipote orfana, incapace di intendere e di volere, convivente con il nonno A. C. e maggiorenne all'epoca del decesso di quest'ultimo -, volta ad ottenere la pensione di reversibilita'. La Corte di merito rilevava che il disposto dell'art. 13 del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636 (Modificazioni delle disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie per l'invalidita' e la vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involontaria e sostituzione dell'assicurazione per la maternita' con l'assicurazione obbligatoria per la nuzialita' e la natalita'), convertito, con modificazioni, nella legge 6 luglio 1939, n. 1272, come sostituito dalla legge 4 aprile 1952, n. 218 (Riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti) e successivamente dalla legge 21 luglio 1965, n. 903 (Avviamento alla riforma e miglioramento dei trattamenti di pensione della previdenza sociale) - secondo cui la pensione di reversibilita' spetta al coniuge e ai figli superstiti minorenni e di qualunque eta' inabili, a carico del genitore al momento del decesso - era stato integrato, a seguito della declaratoria di illegittimita' costituzionale della norma qui censurata (sentenza n. 180 del 1999), anche ai minori conviventi con il nonno pensionato, senza distinguere tra nipoti abili o inabili, con l'unico limite della minore eta'. La maggiore eta' della nipote escludeva, pertanto, ad avviso della Corte di merito, la spettanza del diritto alla pensione di reversibilita'. Su questa argomentazione si incentravano i motivi del ricorso in sede di legittimita'. 1.2.- Osserva la Corte di cassazione rimettente che la doglianza prospettata nei termini anzidetti importa la necessita' di verificare in via preliminare la legittimita' costituzionale dell'art. 38 del d.P.R. n. 818 del 1957. 1.2.1.- A tale scopo, essa muove dalla ricostruzione del quadro normativo, rilevando che l'art. 13 del r.d.l. n. 636 del 1939, come convertito, prevede la prestazione indiretta a favore dei figli superstiti, di qualunque eta', riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi (art. 13, primo comma) e, in mancanza, anche ai genitori, ai fratelli celibi e alle sorelle nubili superstiti che non siano titolari di pensione, sempreche' questi ultimi, al momento della morte del dante causa, risultino permanentemente inabili al lavoro e a suo carico (art. 13, sesto comma). Ai fini del diritto alla pensione dei superstiti, i figli di eta' superiore ai diciotto anni e inabili al lavoro, i figli studenti, i genitori nonche' i fratelli celibi e le sorelle nubili permanentemente inabili al lavoro si considerano a carico dell'assicurato o del pensionato se questi, prima del suo decesso, provvedeva al loro sostentamento in maniera continuativa (art. 13, settimo comma). Quindi, il r.d.l. n. 636 del 1939, come convertito, e' stato abrogato dall'art. 2, comma 1, del decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200 (Misure urgenti in materia di semplificazione normativa), convertito, con modificazioni, nella legge 18 febbraio 2009, n. 9, a decorrere dal 16 dicembre 2009, ma successivamente e' stato sottratto all'effetto abrogativo dall'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179 (Disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246). Infine, l'art. 38 del d.P.R. n. 818 del 1957, agli effetti del diritto alle prestazioni delle assicurazioni obbligatorie per l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti, per la tubercolosi e per la disoccupazione e alle maggiorazioni di esse, ha equiparato ai figli i minori regolarmente affidati dagli organi competenti a norma di legge. Alla stregua di tali disposizioni, l'estensione dei trattamenti previdenziali - entro certi limiti e condizioni - a determinati componenti della famiglia dell'assicurato includeva solo i minori regolarmente affidati dagli organi competenti a norma di legge e non anche i nipoti, pur se minori e viventi a carico degli ascendenti, a meno che fossero sussistite le predette condizioni, cioe' che fossero stati formalmente affidati a questi ultimi dagli organi competenti. Su questo aspetto il giudice a quo evidenzia che e' intervenuta questa Corte (sentenza n. 180 del 1999), che ha accertato il contrasto della previsione legislativa con il canone di ragionevolezza nella parte in cui, mentre includeva, fra i destinatari diretti ed immediati della pensione di reversibilita', i minori non parenti, formalmente affidati al titolare della pensione principale, escludeva, tuttavia, dal beneficio dell'ultrattivita' pensionistica i nipoti minori e viventi a carico degli ascendenti assicurati, per i quali il legislatore non avesse richiesto tale formale affidamento. Pertanto, e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale del richiamato art. 38 del d.P.R. n. 818 del 1957, nella parte in cui non include, tra i soggetti ivi elencati, anche i minori dei quali risulti provata la vivenza a carico degli ascendenti, risultando cosi' ampliata la platea dei superstiti del lavoratore o assicurato ai nipoti, viventi a carico dell'ascendente. 1.2.2.- In punto di rilevanza, il Collegio rimettente puntualizza che la discendente superstite, orfana e interdetta, vivente a carico dell'ascendente assicurato, aveva gia' raggiunto la maggiore eta' all'epoca del decesso del nonno e, dunque, possedeva il requisito anagrafico costituente elemento ostativo all'acquisizione del diritto alla pensione di reversibilita', cosicche', per la sua peculiare condizione di minorata capacita' conseguente allo status di interdetta e di orfana dei genitori, in forza della norma censurata, le sarebbe precluso il diritto alla percezione di tale beneficio. Aggiunge che non risulta dedotta in causa la titolarita' di altri trattamenti pensionistici ai superstiti, per avere l'ente previdenziale opposto alla pretesa azionata esclusivamente la protezione assistenziale riservata dalla legislazione a favore dei disabili. 1.2.3.- In ordine alla non manifesta infondatezza, la Corte di cassazione rimettente osserva che l'ordinamento configura la pensione di reversibilita' come «una forma di tutela previdenziale ed uno strumento necessario per il perseguimento dell'interesse della collettivita' alla liberazione di ogni cittadino dal bisogno ed alla garanzia di quelle minime condizioni economiche e sociali che consentono l'effettivo godimento dei diritti civili e politici (art. 3,·secondo comma, Cost.) con una riserva, costituzionalmente riconosciuta, a favore del lavoratore, di un trattamento preferenziale (art. 38, secondo comma, Cost.) rispetto alla generalita' dei cittadini (art. 38, primo comma, Cost.)» (sono, in proposito, citate le sentenze di questa Corte n. 419 e n. 70 del 1999, n. 926, n. 777 e n. 18 del 1988, n. 286 del 1987). Prospetta ancora che, per effetto della morte del lavoratore o del pensionato, la situazione pregressa, costituita e realizzata con la vivenza a carico, subisce interruzione, sicche' con il trattamento di reversibilita' si realizza la garanzia della continuita' del sostentamento ai familiari superstiti. Ad avviso del Collegio rimettente, tale precipua connotazione previdenziale colloca detto trattamento nell'alveo degli artt. 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost., che prescrivono l'adeguatezza della pensione, quale retribuzione differita, e l'idoneita' della stessa a garantire un'esistenza libera e dignitosa. Il fondamento solidaristico della pensione di reversibilita', che ne determina la finalita' previdenziale, presidiata dalle citate disposizioni costituzionali, risulterebbe ulteriormente ribadito da altra pronuncia di questa Corte, secondo cui il connaturale raccordo tra finalita' previdenziale e fondamento solidaristico e' espresso dalla tutela della continuita' del sostentamento al superstite convivente e dalla prevenzione dello stato di bisogno che puo' derivare, a quest'ultimo, dalla morte del congiunto, sicche' il perdurare del vincolo di solidarieta' familiare proietta la sua forza cogente anche nel tempo successivo alla morte (sentenza n. 174 del 2016). Quindi, la Corte di legittimita' evoca il precedente di cui alla sentenza di questa Corte n. 180 del 1999, che ha gia' posto in rilievo come «il rapporto parentale, tra ascendenti e discendenti, non solo nella realta' concreta ma anche sotto il profilo giuridico, assuma forma peculiare e pregnante fondata sul carattere naturale della solidarieta' familiare di cui l'ordinamento si fa carico attraverso i doveri di mantenimento, istruzione, educazione, di prestare gli alimenti, ecc. che il diritto di famiglia pone a carico delle persone legate da stretti rapporti di parentela, doveri e obblighi - sanzionati penalmente - scaturenti dalle disposizioni del codice civile nei confronti degli ascendenti nei casi di impossibilita' ad assolverli da parte dei genitori». Richiama, altresi', la sentenza della Corte di cassazione, sezione lavoro, 22 novembre 2018, n. 20267 (recte: n. 30267), che ha messo in luce la fondamentale ratio solidaristica sottesa alla reversibilita' del trattamento pensionistico, in continuita' con la sentenza della stessa Corte di cassazione, sezione lavoro, 15 novembre 2016, n. 23285, che detta ratio aveva valorizzato nella prosecuzione dell'erogazione del trattamento di reversibilita' agli studenti, figli dell'assicurato o pensionato, correlata alla prevenzione del bisogno derivante dalla continuazione degli studi oltre la maggiore eta'. Il giudice a quo precisa, poi, che questa Corte, chiamata a pronunciarsi in relazione ad una delle condizioni necessarie per l'attribuzione della prestazione - ossia quella negativa della mancata prestazione di un lavoro retribuito da parte dello studente - ha escluso la possibilita' di valorizzare, in funzione preclusiva per l'acquisizione del diritto, lo svolgimento di attivita' di modesto rilievo e con esigua remunerazione, osservando che «qualora si versi in una situazione del genere (che dovra' essere di volta in volta valutata in concreto), la percezione di un piccolo reddito per attivita' lavorative, pur venendo a migliorare la situazione economica dell'orfano, non gli fa perdere la sua prevalente qualifica di studente; sicche' la totale eliminazione o anche la semplice decurtazione della quota di pensione di reversibilita' si risolverebbe in una sostanziale lesione del diritto allo studio con deteriore trattamento dello studente, in contrasto coi principi di cui agli artt. 3, 4, 34 e 35 della Costituzione» (sentenza n. 42 del 1999; nello stesso senso, sentenza n. 406 del 1994 e ordinanza n. 74 del 1993). In base all'assunto del Collegio rimettente, se, dunque, la ratio della reversibilita' dei trattamenti pensionistici consiste nel «farne proseguire almeno parzialmente, anche dopo la morte del loro titolare, il godimento da parte dei soggetti a lui legati da determinati vincoli familiari, garantendosi cosi' ai beneficiari la protezione dalle conseguenze che derivano dal decesso del congiunto» (sono citate le sentenze di questa Corte n. 70 del 1999, n. 18 del 1998, n. 495 del 1993 e n. 286 del 1987), e «si realizza in tal modo, anche sul piano previdenziale, una forma di ultrattivita' della solidarieta' familiare» (sentenza n. 180 del 1999), il rapporto di parentela tra l'ascendente e il nipote verrebbe ad avere, nella vicenda in esame, un trattamento irragionevolmente deteriore. Invero, secondo il giudice a quo, il vincolo familiare tra l'ascendente e il nipote, maggiore di eta', orfano e interdetto - nel cui ambito e', all'evidenza, piu' pregnante l'obbligo di assistenza, anche materiale, immanente alla relazione affettiva - e' in tutto e per tutto assimilabile alla medesima relazione tra ascendente e nipote minore di eta' a carico, per essere immutata la condizione di minorata capacita' del nipote, maggiore interdetto, rispetto al nipote di eta' inferiore ai diciotto anni, entrambi viventi a carico dell'ascendente al momento del decesso di quest'ultimo. In forza di questa ricostruzione, il rimettente sottolinea che il collegamento genetico sotteso al rapporto giuridico preesistente, quale presupposto necessario per l'accesso al trattamento pensionistico di reversibilita', si manifesta con l'intensita' del vincolo affettivo e l'ampiezza del rapporto parentale contraddistinti dalla condizione di orfano del nipote interdetto, condizione per la quale assumerebbe maggior vigore anche la speciale e privilegiata disciplina voluta dal legislatore, sul piano dei diritti e dei relativi obblighi: il dovere di concorso negli oneri di mantenimento, istruzione ed educazione, sancito dall'art. 316-bis del codice civile a carico degli ascendenti quando i genitori non hanno i mezzi sufficienti; l'obbligo di prestare gli alimenti, che puo' essere assolto anche accogliendo e mantenendo nella propria casa gli aventi diritto ex artt. 433 e 443 cod. civ.; l'intervento giudiziale nel caso in cui ai nonni venga impedito il diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni ai sensi dell'art. 317-bis cod. civ.; il diritto del nipote alla continuita' affettiva con i nonni, declinato dall'art. 315-bis cod. civ.; la tutela penale di tali doveri ed obblighi per effetto degli artt. 570 e 591 del codice penale. Inoltre, la Corte di cassazione rimettente valorizza il significativo rapporto instaurato tra ascendente e nipote, suscettibile di tutela come «vita familiare» ex art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 (e' richiamata, in proposito, Corte europea dei diritti dell'uomo, terza sezione, sentenza 5 marzo 2019, Bogonosovy contro Russia, che ha ribadito l'indissolubilita' del legame tra nonno e nipote, gia' affermato in precedenti decisioni). In conseguenza, sarebbe irragionevole che i nipoti minori possano godere del trattamento pensionistico del de cuius e i nipoti maggiorenni, orfani e interdetti, viventi a carico dell'ascendente assicurato ne siano esclusi, non potendo ragionevolmente argomentarsi siffatta esclusione sulla scorta della limitata durata nel tempo della prestazione in favore dei nipoti minori (fino alla maggiore eta') e della piu' lunga durata dell'aspettativa di vita del nipote maggiore interdetto. Sicche', ad avviso del rimettente, il criterio selettivo dell'eta' o della speranza di vita del beneficiario, in funzione del contenimento della spesa previdenziale, richiamato dall'ente previdenziale, non potrebbe costituire la direttrice dell'istituto, conformato, nel tempo, con l'evoluzione della platea degli aventi diritto, ad un'estensione della protezione per l'evento morte, generatore di una condizione di bisogno per i familiari superstiti. Prospetta, ancora, il giudice a quo che il medesimo criterio selettivo mal si concilierebbe - appalesandosi, piuttosto, un ulteriore profilo di irragionevolezza - con il riconoscimento del trattamento pensionistico di reversibilita', vita natural durante, ai figli maggiorenni e inabili al lavoro, superstiti dei genitori, proprio perche' non in grado di procurarsi un reddito a cagione della predetta condizione. La preminente tutela dei piu' bisognosi, deboli e vulnerabili all'interno del nucleo familiare - e, piu' in generale, la protezione della vita familiare, che ha portato a riconoscere come superstiti dei nonni i nipoti minori, per garantire la continuita' del sostentamento cui ha provveduto in vita l'ascendente - dovrebbe includere il discendente che versa in condizione ancor piu' accentuata di bisogno, fragilita', vulnerabilita', quale il nipote maggiorenne, orfano e interdetto. Neanche rileverebbe, continua il Collegio rimettente, che altri siano i rimedi e gli strumenti offerti dall'ordinamento a protezione dell'inabile totale, trattandosi di benefici specifici, involgenti la tutela assistenziale approntata dall'ordinamento stesso, ed esterni, dunque, alla relazione parentale permeata dal vincolo costituzionale di solidarieta'. Se, dunque, il perdurare del vincolo di solidarieta' familiare e parentale proietta la sua forza cogente anche nel tempo successivo alla morte, il legislatore e' chiamato a specificare e a modulare le multiformi situazioni meritevoli di tutela, coerentemente con i principi di eguaglianza e ragionevolezza, nel realizzare un equilibrato contemperamento di molteplici fattori rilevanti, allo scopo di garantire l'assetto del sistema previdenziale globalmente inteso (in riferimento al vincolo di solidarieta' coniugale, e' nuovamente citata la sentenza di questa Corte n. 174 del 2016). Il presupposto della vivenza a carico - cioe' la dipendenza economica del beneficiario dal reddito dell'assicurato deceduto - per l'accesso alla tutela dei familiari superstiti rinverrebbe il suo fondamento nella protezione sociale riconosciuta a chi versa nell'impossibilita' di procurarsi un reddito da lavoro in ragione della condizione di inabilita' e, dunque, nello stato di bisogno economico, condizione quest'ultima presunta, per figli e nipoti minorenni, in considerazione del requisito anagrafico. Secondo il giudice a quo, la pregnanza del vincolo di solidarieta' familiare e lo stato di bisogno economico vanno valorizzati anche nel rapporto tra nonno e nipote maggiore di eta' interdetto, e il dato anagrafico che distinguerebbe i nipoti minori di eta', abili o inabili, e i nipoti interdetti maggiori di eta' introdurrebbe un divario irragionevole, incoerente con il fondamento solidaristico della pensione di reversibilita'. Infatti, sulla scorta delle argomentazioni della Corte rimettente, la regola per cui la determinazione delle prestazioni e l'individuazione del novero dei beneficiari e' rimessa alla discrezionalita' delle scelte legislative, in merito alle esigenze di equilibrio delle gestioni, incontra un limite nei casi in cui dal relativo confronto emerga una evidente irragionevolezza nel trattamento di situazioni identiche, quali la garanzia della continuita' del sostentamento fornito al figlio superstite incapace di intendere e di volere, maggiore di eta' e a carico del genitore, rispetto al nipote, nella medesima condizione, a carico del nonno. In ultimo, afferma il rimettente, l'allungamento dell'aspettativa di vita, in nome del vincolo imposto dall'art. 81, quarto comma, Cost., in ragione della sostenibilita' finanziaria del sistema e della corrispondenza tra risorse disponibili e prestazioni erogate, non puo' porre il discendente interdetto e orfano, a carico dell'ascendente assicurato, in posizione deteriore rispetto ad altri beneficiari con minore aspettativa di vita (quali i fratelli) sol per via del salto generazionale tra nonno e nipote, potendo, al riguardo, opporsi i rilievi gia' svolti in merito al non decisivo argomento dell'aspettativa di vita del superstite. Anzi sarebbe necessario, proprio a protezione delle fragili condizioni che connotano, nella specie, l'aspettativa di vita di tali soggetti, che il superstite possa godere dell'ultrattivita' al pari di altri superstiti. 2.- Con atto depositato il 27 settembre 2021 e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilita' o di infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale sollevate. L'interveniente evidenzia, anzitutto, che l'art. 38 del d.P.R. n. 818 del 1957, al fine di riconoscere il diritto alle prestazioni delle assicurazioni obbligatorie per l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti, per la tubercolosi e per la disoccupazione, equipara, ai figli legittimi o legittimati, i figli adottivi, affiliati, naturali e i minori regolarmente affidati mentre equipara ai genitori gli adottanti, gli affilianti, il patrigno e la matrigna nonche' le persone alle quali il minore sia stato affidato. Quindi, con la gia' ricordata sentenza n. 180 del 1999 e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale di tale disposizione, nella parte in cui non includeva tra i beneficiari elencati anche i minori, formalmente non affidati, dei quali risultasse provata la vivenza a carico degli ascendenti. 2.1.- Sulla scorta di queste premesse, l'Avvocatura generale dello Stato osserva che le questioni sollevate sarebbero inammissibili sotto un duplice ordine di profili. In primo luogo, l'ordinanza di rimessione motiverebbe in modo insufficiente sulla rilevanza delle questioni, poiche' non sarebbe precisato in quale momento la nipote dell'assicurato sia stata dichiarata inabile, ne' il tipo di inabilita', essendo stato genericamente riferito lo stato di inabilita' totale, senza precisazione della sua definitivita' o temporaneita'. Non sarebbero inoltre desumibili gli elementi da cui trarre il convincimento che l'assicurato provvedesse in modo continuativo al sostentamento della nipote o che fosse l'unico a provvedervi. Non sarebbe dato altresi' ricavare che i genitori della maggiorenne interdetta non fossero sopravvissuti alla morte del nonno ne' vi sarebbe alcun dato da cui rilevare che tale nipote non percepisse altri trattamenti pensionistici e che effettivamente fosse nubile. In ultimo, non sarebbe precisato se la nipote versasse in uno stato di effettivo bisogno economico. In secondo luogo, sarebbe erroneamente identificata la norma oggetto di censura, in conseguenza di una ricostruzione parziale del quadro normativo. Infatti, i dubbi di legittimita' si appuntano sull'art. 38 del d.P.R. n. 818 del 1957, che riconosce il diritto alla pensione di reversibilita' ai parenti dell'assistito che siano inabili al lavoro, nella parte in cui tale diritto non e' riconosciuto al nipote maggiorenne inabile, mentre tali dubbi non si estendono all'art. 13 del r.d.l. n. 636 del 1939, come convertito, che regola un'ipotesi specifica del diritto al trattamento della pensione di reversibilita'. Ad avviso della difesa erariale, quest'ultimo disciplinerebbe, oltre alla fattispecie ordinaria della pensione di reversibilita' spettante al coniuge e ai figli superstiti che al momento della morte dell'assicurato o del pensionato non abbiano superato l'eta' di diciotto anni - fattispecie ricompresa nella previsione di cui all'art. 13 della legge n. 218 del 1952, di cui la norma censurata sarebbe specificazione -, anche la fattispecie della pensione di reversibilita' spettante ai figli di qualunque eta' riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi e, in mancanza, rispettivamente ai genitori ultrasessantacinquenni non titolari di pensione e a carico del pensionato o dell'assicurato al momento della sua morte o, ancora, ai fratelli celibi e alle sorelle nubili superstiti, non titolari di pensione, permanentemente inabili al lavoro e a carico del dante causa al momento del suo decesso, ossia al cui sostentamento provvedeva il dante causa in maniera continuativa. Pertanto, rispetto alla situazione in cui versa la nipote maggiorenne, orfana e inabile al lavoro, sarebbe l'art. 13 del r.d.l. n. 636 del 1939, come convertito, a negare concretamente il diritto alla pensione di reversibilita', e non gia' il censurato art. 38 del d.P.R. n. 818 del 1957. Ed invero, il giudice a quo prospetta l'irragionevolezza dell'esclusione proprio rispetto al trattamento pensionistico di reversibilita', vita natural durante, riconosciuto ai figli maggiorenni inabili al lavoro, superstiti ai genitori, dall'art. 13 del r.d.l. n. 636 del 1939. Su tale aspetto, la difesa statale rileva, infine, che la stessa ordinanza di rimessione, in prima battuta, si interroga sulla necessita' di verificare la legittimita' costituzionale dell'art. 38 del d.P.R. n. 818 del 1957 e dell'art. 13 del r.d.l. n. 636 del 1939, come convertito, per poi sviluppare le motivazioni della non manifesta infondatezza esclusivamente sulla prima disposizione. 2.2.- Nel merito, il Presidente del Consiglio dei ministri deduce la non fondatezza delle questioni, attenendo esse ad un ambito riservato alla discrezionalita' del legislatore, ove non sarebbe ravvisabile una soluzione costituzionalmente obbligata. Spetterebbe al legislatore effettuare le possibili scelte in ordine alla platea degli aventi diritto alla pensione di reversibilita' ai superstiti, in ragione della sua funzione di garantire la continuita' del loro sostentamento, potendo la Corte intervenire solo allorche' la decisione appaia in antitesi con i piu' elementari canoni dell'equita' e della logica. E cio' dovrebbe valere anche per l'estensione della pensione di reversibilita' ai nipoti maggiorenni, orfani e inabili al lavoro, atteso che l'ordinamento offre, a protezione dell'inabile totale, altre forme di assistenza economica. Tali forme di assistenza, seppure dettate da diverse esigenze ed aventi differente finalita', rappresentano una forma di reddito potenzialmente idonea a far venir meno lo stato di bisogno e, quindi, capace di escludere il diritto ad ottenere la pensione di reversibilita'. D'altronde, un'estensione di tal fatta sarebbe suscettibile di determinare ulteriori oneri per la finanza pubblica in termini di maggiore spesa pensionistica. Secondo la difesa erariale, un ulteriore motivo di infondatezza sarebbe ravvisabile con riferimento alla situazione dedotta quale tertium comparationis - ossia il riconoscimento della pensione di reversibilita' al figlio maggiorenne inabile -, non potendo equipararsi la posizione del nipote a quella del figlio, non solo per il differente legame intercorrente con il de cuius, ma anche sul piano patrimoniale. Ed infatti, il nipote orfano maggiorenne potrebbe essere gia' percettore di pensione di reversibilita', laddove i propri genitori ne avessero maturato i presupposti, situazione nella quale non potrebbe trovarsi per definizione il figlio dell'assicurato, il che potrebbe comportare il paradosso della percezione di piu' forme di assistenza previdenziale, oltre il reale stato di bisogno, in favore del nipote. Altrettanto incomparabili sarebbero le posizioni del nipote maggiorenne inabile e del nipote minorenne, poiche' nel primo caso il trattamento previdenziale avrebbe una durata indeterminata e comunque tendenzialmente piu' lunga, essendo legata alle aspettative di vita, mentre nel secondo caso la prestazione riconosciuta ha una durata predeterminata e limitata nel tempo, venendo meno con il raggiungimento della maggiore eta'. Considerato in diritto 1.- La Corte di cassazione, sezione lavoro, dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1957, n. 818 (Norme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952, n. 218, sul riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti), «nella parte in cui non include, tra i soggetti ivi elencati, anche i maggiori orfani e interdetti dei quali risulti provata la vivenza a carico degli ascendenti». 1.1.- In base all'articolata ricostruzione del rimettente, la mancata previsione della reversibilita' per i nipoti maggiorenni, orfani e interdetti, conviventi con l'ascendente e a suo carico, violerebbe anzitutto l'art. 3 della Costituzione sotto un duplice profilo. In primo luogo, la disciplina sarebbe intrinsecamente irragionevole, a fronte della funzione solidaristica della pensione di reversibilita' ai superstiti: infatti, pur ricorrendo una rilevante relazione affettiva tra nonno e nipote, riconosciuta da plurime norme dell'ordinamento, sarebbe disconosciuta la spettanza della pensione di reversibilita' al discendente piu' prossimo, al cui sostentamento abbia provveduto l'ascendente, in ragione della premorienza dei suoi genitori e dello stato di incapacita' legale da cui e' afflitto. In secondo luogo, la norma che non prevede il riconoscimento del diritto assistenziale a tale categoria di aventi diritto determinerebbe un'ingiustificata disparita' di trattamento sia rispetto ai nipoti minorenni, abili o inabili al lavoro, ugualmente a carico dell'ascendente, sia rispetto ai figli maggiorenni e inabili al lavoro, che siano a carico dei genitori, categorie, queste ultime, che invece hanno diritto al godimento della pensione di reversibilita'. Inoltre, il mancato riconoscimento della pensione di reversibilita' ai superstiti in favore dei nipoti maggiorenni, orfani e interdetti, lederebbe l'art. 38 Cost., poiche' verrebbe indebitamente negato il diritto di questi soggetti, benche' sprovvisti dei mezzi necessari per vivere, al mantenimento e all'assistenza sociale, di cui l'istituto in questione costituisce espressione. 2.- Prima di passare all'esame delle questioni sollevate, deve procedersi ad una specificazione del petitum quale risultante dal dispositivo della ordinanza di rimessione nella parte in cui si riferisce alla condizione di interdetta della nipote del de cuius richiedente la pensione di reversibilita'. Dalla complessiva lettura dell'ordinanza si evince, infatti, che la condizione di interdizione e' stata richiamata sull'implicito presupposto che dalla stessa sia derivata l'inabilita' al lavoro. E che il petitum si fondi sulla premessa logica della rilevanza dell'interdizione, non in quanto tale, ma in quanto da essa sia scaturita l'inabilita' al lavoro, e' desumibile, non solo dall'espresso riferimento a quest'ultima contenuto in alcuni passi dell'ordinanza, ma anche dall'esplicita correlazione con la situazione posta in comparazione, relativa ai figli inabili al lavoro ai sensi dell'art. 13 del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636 (Modificazioni delle disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie per l'invalidita' e la vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involontaria e sostituzione dell'assicurazione per la maternita' con l'assicurazione obbligatoria per la nuzialita' e la natalita'), convertito, con modificazioni, nella legge 6 luglio 1939, n. 1272, come sostituito dalla legge 4 aprile 1952, n. 218 (Riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti) e successivamente dalla legge 21 luglio 1965, n. 903 (Avviamento alla riforma e miglioramento dei trattamenti di pensione della previdenza sociale). Inoltre, la puntuale indicazione dei profili di contrasto della norma denunciata con i parametri costituzionali evocati e' significativa della circostanza che il petitum deve essere riferito ai nipoti maggiorenni, orfani e inabili al lavoro, dei quali risulti provata la vivenza a carico degli ascendenti. Lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, nel suo atto di intervento per mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, postula che il requisito dell'interdizione si accompagni alla condizione di inabilita' al lavoro del soggetto interessato. Pertanto, dalla lettura coordinata del dispositivo e della motivazione dell'ordinanza di rimessione emerge che l'intervento additivo chiesto dal rimettente deve essere riferito alla situazione di inabilita' al lavoro del nipote maggiorenne e orfano, che nel caso di specie si associa ad una condizione di interdizione, la quale logicamente la presuppone: tanto piu' a seguito dell'inserimento nell'ordinamento, per effetto della legge 9 gennaio 2004, n. 6 (Introduzione nel libro primo, titolo XII, del codice civile del capo I, relativo all'istituzione dell'amministrazione di sostegno e modifica degli artt. 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile in materia di interdizioni e di inabilitazione, nonche' relative norme di attuazione, di coordinamento e finali), tra le misure a protezione delle persone prive (in tutto o in parte) di autonomia, dell'amministrazione di sostegno, che ha reso del tutto residuale il ricorso al provvedimento di interdizione, limitandolo ai casi piu' gravi, in cui esso sia necessario per assicurare adeguata protezione ai soggetti che versino in condizioni di abituale infermita' di mente che li renda incapaci di provvedere ai propri interessi (sulla possibilita' che la discrepanza tra motivazione e dispositivo dell'ordinanza di rimessione sia agevolmente risolta tramite gli ordinari criteri ermeneutici, sentenze n. 224 e n. 58 del 2020, n. 219 del 2017, n. 203 e n. 94 del 2016 e n. 170 del 2013; ordinanza n. 244 del 2017). 3.- In via preliminare, va ancora rilevato che le questioni di legittimita' costituzionale sollevate non incorrono nei profili di inammissibilita' segnalati dall'interveniente. 3.1.- La difesa dello Stato eccepisce che l'ordinanza di rimessione motiverebbe in modo insufficiente sulla rilevanza delle questioni, poiche' non sarebbe precisato in quale momento la nipote dell'assicurato sia stata dichiarata inabile, ne' il tipo di inabilita', essendone genericamente riferito lo stato di inabilita' totale, senza precisazione della sua definitivita' o temporaneita'. Non sarebbero inoltre desumibili dall'ordinanza gli elementi da cui trarre il convincimento che l'assicurato provvedesse in modo continuativo al sostentamento della nipote o che fosse l'unico a provvedervi; ne' sarebbe dato ricavare che i genitori della maggiorenne interdetta non fossero sopravvissuti alla morte del nonno. Non vi sarebbe, inoltre, alcun indice da cui rilevare che la stessa non percepisse altri trattamenti pensionistici e che effettivamente fosse nubile. In ultimo, non sarebbe precisato se la nipote versasse in uno stato di effettivo bisogno economico. 3.1.1.- Va premesso che compete al giudice rimettente la qualificazione della fattispecie portata al suo esame nel giudizio principale, atteso che il sindacato sulla rilevanza, effettuato da questa Corte, ha carattere esterno, si arresta cioe' alla soglia della non implausibilita' della motivazione dell'ordinanza di rimessione (sentenze n. 194, n. 183, n. 59, n. 32 e n. 15 del 2021, n. 267 e n. 32 del 2020; ordinanze n. 117 del 2017 e n. 47 del 2016). Cio' posto, l'eccezione e' priva di fondamento. Il giudice rimettente espone che la Corte d'appello di Napoli, con sentenza n. 3847 del 2018, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da C. C., in qualita' di tutore di S. R. - nipote orfana, incapace di intendere e di volere, convivente con il nonno A. C. e maggiorenne all'epoca del decesso di quest'ultimo -, volta ad ottenere la pensione di reversibilita'. La medesima ordinanza di rimessione aggiunge che la Corte di merito ha negato il diritto alla pensione di reversibilita' in ragione della maggiore eta' della nipote, avendo la sentenza di questa Corte n. 180 del 1999 esteso la platea degli aventi diritto ai soli nipoti minorenni. E su tale aspetto si appuntano i motivi di ricorso sviluppati dalla Corte di cassazione rimettente. In punto di rilevanza, il giudice a quo evidenzia, inoltre, che la discendente superstite, orfana e interdetta, a carico dell'ascendente assicurato, aveva gia' raggiunto la maggiore eta' all'epoca del decesso del nonno e, dunque, possedeva il requisito anagrafico costituente elemento ostativo all'acquisizione del diritto alla reversibilita', cosicche', in forza della norma censurata, le sarebbe precluso il diritto alla pensione di reversibilita'. Precisa, ancora, che non risulta dedotta in causa la titolarita' di altri trattamenti pensionistici ai superstiti, circostanza non eccepita dall'ente previdenziale. Alla luce delle argomentazioni esposte, la fattispecie concreta risulta descritta in modo sufficiente a suffragare il requisito della rilevanza, atteso che le indagini in fatto sono state svolte dalla Corte di merito, che ha accertato la ricorrenza di tutte le condizioni affinche' la pretesa al conseguimento della pensione di reversibilita' per i superstiti, in favore della nipote orfana, inabile al lavoro, convivente con il nonno e a suo carico, fosse riconosciuta, ma ha disatteso la relativa domanda esclusivamente per la carenza del requisito anagrafico, ossia per il raggiungimento della maggiore eta' della nipote al momento in cui il nonno e' deceduto (sul rigetto dell'eccezione d'inammissibilita' per difetto di rilevanza, sentenze n. 194 e n. 22 del 2021). Non era nei poteri del giudice di legittimita' effettuare indagini ulteriori sul fatto, atte a confermare l'integrazione delle condizioni prescritte per il godimento del diritto alla pensione di reversibilita' ai superstiti, tanto piu' che i motivi di ricorso si incentravano in via esclusiva sull'esegesi della norma impugnata, nella parte in cui nega il riconoscimento di detto diritto a vantaggio dei nipoti maggiorenni e inabili al lavoro. D'altronde, il fatto che ad agire sia stato il tutore della persona interessata, qualificata come interdetta, lascia intendere che la nipote fosse in stato di incapacita' di agire, ossia che si trovasse in condizioni di abituale infermita' di mente, tale da renderla incapace di provvedere ai propri interessi, ai sensi dell'art. 414 del codice civile. 3.1.2.- Peraltro, il requisito anagrafico costituisce comunque presupposto necessario affinche' si possa invocare la sussistenza del diritto in questione, sicche', quand'anche le ulteriori condizioni per il conseguimento dello stesso in astratto non sussistessero, non potrebbe essere accolta l'eccezione d'inammissibilita', per mancanza di utilita' concreta per la parte attrice nel giudizio a quo, delle questioni sollevate in ordine al richiesto presupposto della minore eta' del nipote che invoca il diritto. Competera', successivamente, al giudice di merito - cui la causa sia rinviata per effetto dell'ipotetica cassazione della pronuncia impugnata in sede di legittimita' - verificare la ricorrenza delle altre condizioni previste dalla legge, e non gia' al giudice della nomofilachia. Invero, il requisito della rilevanza non si identifica nell'utilita' concreta di cui le parti in causa potrebbero beneficiare (sentenze n. 172 e n. 59 del 2021, n. 254 del 2020), essendo sufficiente, per l'ammissibilita' delle questioni di legittimita' costituzionale sollevate in via incidentale, che la disposizione censurata sia applicabile nel giudizio a quo, senza che rilevino gli effetti di una eventuale pronuncia di illegittimita' costituzionale per le parti in causa (sentenze n. 253, n. 174 e n. 170 del 2019). 3.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri propone un'ulteriore eccezione di inammissibilita', sostenendo che sarebbe erroneamente identificata la norma oggetto di censura, in conseguenza di una ricostruzione parziale del quadro normativo. Infatti, i dubbi di legittimita' costituzionale si appuntano sull'art. 38 del d.P.R. n. 818 del 1957, che riconosce il diritto alla pensione di reversibilita' ai parenti dell'assistito che siano inabili al lavoro, nella parte in cui tale diritto non e' riconosciuto al nipote maggiorenne inabile, mentre tali dubbi non si estendono all'art. 13 del r.d.l. n. 636 del 1939, come convertito, che regola un'ipotesi specifica del diritto al trattamento della pensione di reversibilita'. La difesa erariale osserva che l'art. 13 del r.d.l. n. 636 del 1939, come convertito, disciplina, oltre alla fattispecie ordinaria della pensione di reversibilita' spettante al coniuge e ai figli superstiti che al momento della morte dell'assicurato o del pensionato non abbiano superato l'eta' di diciotto anni - fattispecie ricompresa nell'art. 13 della legge n. 218 del 1952, di cui la norma censurata costituisce specificazione -, anche la fattispecie della pensione di reversibilita' spettante ai figli di qualunque eta' riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del suo decesso e, in mancanza, rispettivamente ai genitori ultrasessantacinquenni non titolari di pensione e a carico del pensionato o dell'assicurato al momento della sua morte o, ancora, ai fratelli celibi e alle sorelle nubili superstiti, non titolari di pensione, permanentemente inabili al lavoro e a carico del dante causa al momento del suo decesso, ossia al cui sostentamento provvedeva il dante causa in maniera continuativa. In base all'assunto dell'interveniente, rispetto alla situazione in cui versa la nipote maggiorenne, orfana e inabile al lavoro, sarebbe l'art. 13 del r.d.l. n. 636 del 1939 a negare concretamente il diritto alla pensione di reversibilita', e non gia' il censurato art. 38 del d.P.R. n. 818 del 1957. Questa conclusione sarebbe avvalorata dal fatto che il giudice a quo prospetta l'irragionevolezza dell'esclusione proprio rispetto al trattamento pensionistico di reversibilita', vita natural durante, riconosciuto dall'art. 13 del r.d.l. n. 636 del 1939, come convertito, ai figli maggiorenni inabili al lavoro, sopravvissuti ai genitori. Su tale aspetto, la difesa statale evidenzia, in ultimo, che la stessa ordinanza di rimessione, in prima battuta, si interroga sulla necessita' di verificare la legittimita' costituzionale dell'art. 38 del d.P.R. n. 818 del 1957 e dell'art. 13 del r.d.l. n. 636 del 1939, per poi sviluppare le motivazioni della non manifesta infondatezza esclusivamente sulla prima disposizione indicata. 3.2.1.- L'eccezione non puo' trovare accoglimento. La giurisprudenza di questa Corte ha evidenziato che ricorre l'inammissibilita' delle questioni per aberratio ictus solo ove sia erroneamente individuata la norma in riferimento alla quale sono formulate le censure di illegittimita' costituzionale (sentenze n. 32 del 2021, n. 224 del 2020 e n. 24 del 2019). Cio' posto in via generale, l'art. 13 del r.d.l. n. 636 del 1939, come convertito, prevede la prestazione indiretta a favore dei figli superstiti, di qualunque eta', riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del suo decesso, mentre l'art. 38 del d.P.R. n. 818 del 1957, al fine di riconoscere il diritto alle prestazioni delle assicurazioni obbligatorie per l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti, per la tubercolosi e per la disoccupazione, equipara ai figli legittimi o legittimati (formulazione, quest'ultima, non piu' in vigore: la legge 10 dicembre 2012, n. 219, recante «Disposizioni in materia di riconoscimento di figli naturali», all'art. 2, comma 1, lettera a, ha delegato il Governo ad emanare un decreto legislativo a modifica delle disposizioni vigenti sostituendo «i riferimenti ai "figli legittimi" e ai "figli naturali" con i riferimenti ai "figli" salvo l'utilizzo delle denominazioni di "figli nati nel matrimonio" o di "figli nati fuori del matrimonio", quando si tratta di disposizioni a essi specificamente relative». La delega e' stata attuata con il decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, recante «Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell'articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219»), i figli adottivi, affiliati, naturali e i minori regolarmente affidati, e ai genitori gli adottanti, gli affilianti, il patrigno e la matrigna nonche' le persone alle quali il minore sia stato affidato. Alla stregua del descritto quadro normativo, l'estensione dei trattamenti previdenziali - entro certi limiti e condizioni - a determinati componenti della famiglia dell'assicurato include solo i minori regolarmente affidati dagli organi competenti a norma di legge e non anche i nipoti, pur se minori e viventi a carico degli ascendenti, a meno che fossero sussistite le predette condizioni, cioe' che fossero stati formalmente affidati a questi ultimi dagli organi competenti. Su tale aspetto e' intervenuta questa Corte, che ha accertato il contrasto della previsione legislativa con il canone di ragionevolezza nella parte in cui, mentre includeva, fra i destinatari diretti ed immediati della pensione di reversibilita', i minori non parenti, formalmente affidati al titolare della pensione principale, escludeva dal beneficio dell'ultrattivita' pensionistica i nipoti minori e viventi a carico degli ascendenti per i quali il legislatore non avesse richiesto tale formale affidamento (sentenza n. 180 del 1999). Pertanto, e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale del richiamato art. 38 del d.P.R. n. 818 del 1957, nella parte in cui non include, tra i soggetti ivi elencati, anche i minori dei quali risulti provata la vivenza a carico degli ascendenti, risultando cosi' ampliata la platea dei superstiti del beneficiario del trattamento pensionistico ai nipoti minorenni, viventi a carico dell'ascendente. Ne discende che, mentre l'art. 13 del r.d.l. n. 636 del 1939, come convertito, delinea le condizioni affinche' il coniuge e i figli del titolare della pensione - o, in subordine, i suoi genitori o i suoi fratelli e sorelle - possano godere della pensione di reversibilita' per i superstiti, l'art. 38 del d.P.R. n. 818 del 1957 contiene una clausola di equiparazione ai figli delle altre categorie di soggetti che possono vantare tale diritto, sicche' e' proprio tale ultima norma ad incidere sulla platea degli aventi diritto, operandone la relativa estensione. Cosicche' correttamente e' stato censurato l'art. 38 del d.P.R. n. 818 del 1957, nella parte in cui non estende detta equiparazione ai nipoti maggiorenni, orfani e inabili al lavoro. Tale conclusione e' corroborata dalla circostanza che la richiamata sentenza n. 180 del 1999 e' intervenuta proprio sul citato art. 38, nella parte in cui non equiparava ai minori affidati i minorenni non formalmente affidati, ma al cui sostentamento provveda di fatto l'ascendente. 4.- Quanto al merito delle questioni, questa Corte ha gia' sottolineato che la ratio della reversibilita' dei trattamenti pensionistici consiste nel farne proseguire, almeno parzialmente, anche dopo la morte del loro titolare, il godimento da parte dei soggetti a lui legati da determinati vincoli familiari, garantendosi, cosi', ai beneficiari la protezione dalle conseguenze che derivano dal decesso del congiunto (fra le altre, sentenze n. 180 e n. 70 del 1999, n. 18 del 1998). Si realizza in tal modo, anche sul piano previdenziale, una forma di ultrattivita' della solidarieta' familiare (ancora sentenza n. 180 del 1999), proiettando il relativo vincolo la sua forza cogente anche nel tempo successivo alla morte (cosi', con riferimento al rapporto coniugale, la sentenza di questa Corte n. 174 del 2016). Nei medesimi sensi si e' espressa anche la Corte di cassazione, la quale ha avuto modo di sostenere, con riferimento alla posizione del coniuge, che l'attribuzione della pensione di reversibilita' consegue al principio solidaristico che e' preordinato alla continuazione della funzione di sostegno economico assolta a favore dell'avente diritto durante la vita del dante causa (Corte di cassazione, sezione prima civile, sentenza 21 settembre 2012, n. 16093). 4.1.- La finalita' del trattamento pensionistico in esame di tutelare la continuita' del sostentamento e prevenire lo stato di bisogno che puo' derivare dal decesso del congiunto e' alla base della declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 38 del d.P.R. n. 818 del 1957 «nella parte in cui non include tra i soggetti ivi elencati anche i minori dei quali risulti provata la vivenza a carico degli ascendenti» (sentenza n. 180 del 1999). In quella occasione, la Corte ha accertato il contrasto con il canone della ragionevolezza della previsione legislativa che estendeva il trattamento pensionistico di cui si tratta, in caso di mancanza dei soggetti prioritariamente indicati, ai minori regolarmente affidati all'assicurato dagli organi competenti a norma di legge, e non ai propri nipoti minorenni che vivessero a suo carico, salvo il caso di affidamento. L'architrave della ricordata sentenza e' rappresentato dalla valorizzazione del rapporto parentale tra ascendenti e discendenti, fondata sulla naturale affectio, nella quale si innesta la speciale e privilegiata disciplina voluta dal legislatore, sul piano dei diritti e dei relativi obblighi: il dovere di concorrere negli oneri di mantenimento, istruzione ed educazione, sancito dall'art. 316-bis cod. civ. a carico degli ascendenti quando i genitori non hanno i mezzi sufficienti; l'obbligo di prestare gli alimenti, che puo' essere assolto anche accogliendo e mantenendo nella propria casa gli aventi diritto ex artt. 433 e 443 cod. civ.; l'intervento giudiziale nel caso in cui ai nonni venga precluso il diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni ai sensi dell'art. 317-bis cod. civ.; il diritto del nipote alla continuita' affettiva con i nonni, declinato dall'art. 315-bis cod. civ.; la tutela penale di tali doveri ed obblighi per effetto degli artt. 570 e 591 del codice penale. 4.2.- Coerentemente con il dettato desumibile da tale plesso normativo, anche in sede nomofilattica e' stato riconosciuto il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni - previsto dall'art. 317-bis cod. civ., coerentemente con l'interpretazione dell'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, fornita dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, dell'art. 24, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, e degli artt. 2 e 30 Cost., allorche' sia compatibile con l'esclusivo interesse del minore -, cui corrisponde lo speculare diritto del minore di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti, ai sensi dell'art. 315-bis cod. civ. La sussistenza di tale interesse e' configurabile quando il coinvolgimento degli ascendenti si sostanzi in una fruttuosa cooperazione con i genitori per l'adempimento dei loro obblighi educativi, in modo tale da contribuire alla realizzazione di un progetto formativo volto ad assicurare un sano ed equilibrato sviluppo della personalita' del minore (Corte di cassazione, sezione prima civile, ordinanza 25 luglio 2018, n. 19780; sezione sesta civile, ordinanza 12 giugno 2018, n. 15238). 4.3.- La rilevanza di tale rapporto e' confermata anche dal giudizio sullo stato di abbandono dei minori ai fini della dichiarazione di adottabilita', nel perseguimento del loro superiore interesse, posto che a tale effetto deve essere previamente valutata l'idoneita' dei nonni a provvedere all'assistenza ed alla cura dei nipoti, nel rispetto del diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia allorche' tra detti parenti siano intrattenute relazioni significative (Corte di cassazione, sezione prima civile, ordinanza 11 aprile 2018, n. 9021; sentenza 26 maggio 2014, n. 11758). 5.- Cio' posto, nel quadro normativo risultante dalla richiamata sentenza n. 180 del 1999, il rapporto di parentela tra l'ascendente e il nipote maggiorenne, orfano e inabile al lavoro, subisce un trattamento irragionevolmente deteriore rispetto a quello con il nipote minorenne, con conseguente fondatezza della questione sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. Se, infatti, per quanto si e' dianzi chiarito, il legame sotteso al rapporto tra nonno e nipote minorenne, come presupposto per l'accesso al trattamento pensionistico di reversibilita', deve essere ritenuto meritevole di tutela, analoga valutazione di meritevolezza, collegata al fondamento solidaristico, che il legislatore e' chiamato a specificare e modulare nelle diverse situazioni in modo coerente con i principi di uguaglianza e di ragionevolezza (sentenza n. 174 del 2016), non puo' non riguardare anche il legame familiare tra l'ascendente e il nipote, maggiore di eta', orfano e inabile al lavoro. La relazione appare in tutto e per tutto assimilabile a quella che si instaura tra ascendente e nipote minore di eta', per essere comuni ai due tipi di rapporto la condizione di minorata capacita' del secondo e la vivenza a carico del primo al momento del decesso di questo. E' illogico, e ingiustamente discriminatorio, che i soli nipoti orfani maggiorenni e inabili al lavoro viventi a carico del de cuius siano esclusi dal godimento del trattamento pensionistico dello stesso, pur versando in una condizione di bisogno e di fragilita' particolarmente accentuata: tant'e' che ad essi e' riconosciuto il medesimo trattamento di reversibilita' in caso di sopravvivenza ai genitori, proprio perche' non in grado di procurarsi un reddito a cagione della predetta condizione. Ulteriore profilo, codesto, di irragionevolezza della disposizione in esame. 5.1.- Ne' vale, come fa la difesa erariale, argomentare l'esclusione alla stregua del rilievo della limitata durata nel tempo della prestazione in favore dei nipoti minori (fino alla maggiore eta') e della (in astratto) piu' lunga durata dell'aspettativa di vita del nipote maggiorenne inabile al lavoro. Tale differenza non e' dirimente ai fini della spettanza di un diritto che ha matrice solidaristica, a garanzia delle esigenze minime di protezione della persona. 6.- Deve, in conclusione, essere dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 38 del d.P.R. n. 818 del 1957, per violazione dell'art. 3 Cost., nella parte in cui non include tra i destinatari diretti ed immediati della pensione di reversibilita' i nipoti maggiorenni orfani riconosciuti inabili al lavoro e viventi a carico degli ascendenti assicurati. Resta assorbita la questione riferita all'altro parametro costituzionale evocato, l'art. 38 Cost.
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1957, n. 818 (Norme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952, n. 218, sul riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti), nella parte in cui non include tra i destinatari diretti ed immediati della pensione di reversibilita' i nipoti maggiorenni orfani riconosciuti inabili al lavoro e viventi a carico degli ascendenti assicurati. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2022. F.to: Giuliano AMATO, Presidente Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattore Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria Depositata in Cancelleria il 5 aprile 2022. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA