N. 39 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 febbraio 2022
Ordinanza del 9 febbraio 2022 del Tribunale di Cosenza nel procedimento di esecuzione promosso da Azienda Ospedaliera Cosenza ed altri c/Azienda sanitaria provinciale di Cosenza e Banca Nazionale del Lavoro. Esecuzione forzata - Sanita' pubblica - Divieto di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti degli enti del Servizio sanitario della Regione Calabria - Inefficacia dei pignoramenti e delle prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalla Regione Calabria agli enti del proprio Servizio sanitario effettuati prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 146 del 2021 - Applicazione fino al 31 dicembre 2025. - Legge 17 dicembre 2021, n. 215 [recte: Decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 (Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2021, n. 215], art. 16-septies, [comma 2,] lettera g).(GU n.17 del 27-4-2022 )
TRIBUNALE DI COSENZA Prima sezione civile - ufficio esecuzioni mobiliari Procedimento a n. R.G.E. 278/2015/e seguenti - riuniti Il giudice delle esecuzioni, a scioglimento della riserva del trentuno gennaio duemilaventidue, cosi' dispone. In via pregiudiziale alle richieste delle parti e, segnatamente, sulla domanda di decretazione per urgenza interposta, ritiene questo GE di dovere postulare l'assorbenza in diritto, della disamina sulla legittimita' delle norme da interpretare e/o applicare, rispetto all'invocata applicazione del codice di rito, onde quanto appresso. Si premette che: il procedimento in epigrafe nasce a seguito di un apposito provvedimento di riunione affasciante svariati pignoramenti eseguiti da piu' creditori nei confronti dell'Azienda sanitaria provinciale (ASP) di Cosenza [e con terzo tesoriere la Banca nazionale del lavoro-BNL]; superata ogni disputa pregiudiziale e/o preliminare all'esecuzione, attesa l'entita', la natura e la diversita' dei titoli fatti valere dai numerosi creditori, il GE ha disposto una CTU contabile al fine di accertare l'esatta quantificazione del petitum dei creditori, in vista della validazione o meno sulla richiesta di assegnazione; il nominato CTU ha ultimato il proprio lavoro, evidenziando che le somme di danaro rinvenute presso il tesoriere (giusta sua dichiarazione) sono capienti per soddisfare la maggior parte delle richieste presentate; Considerato che: le attivita' istruttorie afferenti il procedimento de quo hanno registrato la proficua e responsabile collaborazione processuale di tutte le parti coinvolte, in uno schema di lealta' e probita' defensionale senza precedenti, essendo risultato comune il fine di accertare e/o definire ogni pendenza ultrarisalente e riguardante, peraltro e forse in maniera prevalente, diritti di credito promananti da situazioni giuridiche attive non patrimoniali; nelle more del procedimento e' intervenuto l'art. 117, quarto comma, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito in legge n. 77 del 2020 (1) (i cui effetti, per cio' che quivi interessa, sono stati prorogati al 31 dicembre 2021, a seguito della legge di conversione n. 21/2021);); in sede di applicazione della legge de quo, all'interno di una cornice interpretativa che deve conto della ratio ordinamentale prevista dal libro III del codice di rito, e' parso quanto meno distonico, in punto di collocazione esegetica letterale e sistematica, la previsione di una nuova tipizzazione ex lege che sancisce l'improcedibilita' dell'esecuzione - rispetto ad un corollario meno gravoso quale quello della sospensione con salvezza del vincolato - in seno alla precettivita' cui agli art. 3, 24 e 111 della Costituzione; la questione interpretativa rilevata da questo GE, era stata, gia' in precedenza, esaustivamente esposta, motivata e sintetizzata, dal Tribunale di Napoli - XIV sezione civile nel procedimento 11675/2019 RGE - addi' 20 dicembre 2020 (2) ; in tale ultima circostanza, il Tribunale di Napoli, previa sospensione, aveva rimesso gli atti del procedimento esecutivo alla Corte costituzionale, dichiarando d'ufficio rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' dell'art. 117, quarto comma, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito in legge n. 77 del 2020, in riferimento agli articoli 24 e 111 Cost.; che, a seguire e per effetto delle attivita' di rimessione dei GG OO (anche quest'Ufficio giudiziario) alla Corte costituzionale, quest'ultima con sentenza n. 236 del 2021, depositata in data 7 dicembre 2021 - richiamando altresi' i precedenti di cui alle pronunce n. 128 del 2021 (in tema di sospensione delle procedure aventi ad oggetto l'abitazione principale del debitore) e n. 231 del 2021 (in tema di misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all'emergenza da COVID-19) - aveva dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art 3, comma 8 dei decreto-legge n. 183 del 2020, limitatamente agli effetti della proroga sino al 31 dicembre 2021; che, successivamente, l'art. 16-septies, lettera g) della legge 17 dicembre 2021, n. 215, di conversione del decreto-legge 21 ottobre 2021 n. 146 (la cui rubrica recita: Misure di rafforzamento dell'Agenas e del servizio sanitario della Regione Calabria) ha cosi' statuito: «Al fine di coadiuvare le attivita' previste dal presente comma, assicurando al servizio sanitario della Regione Calabria la liquidita' necessaria allo svolgimento delle predette attivita' finalizzate anche al tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti del servizio sanitario della Regione Calabria di cui all'art. 19 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive. I pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalla Regione Calabria agli enti del proprio servizio sanitario regionale effettuati prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto non producono effetti dalla suddetta data e non vincolano gli enti del servizio sanitario regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per il pagamento dei debiti, delle somme agli stessi trasferite durante il suddetto periodo. Le disposizioni della presente lettera si applicano fino al 31 dicembre 2025»; che, sulla questione, in sede di interpretazione e di coeva attuazione del disposto normativo, ha sollevato esame di analisi costituzionale il Tribunale di Crotone (3) ; Ritenuto che: che, il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 8204/19 (4) , ha distinto tra sospensione propria per pregiudizialita' e sospensione impropria in senso stretto (come ad esempio, nel caso rimessione alla Corte costituzionale per sottoporre una questione di legittimita' costituzionale fatta valere da altro giudice); come chiarito dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con ordinanza del 15 ottobre 2014, n. 28 - che ha ammesso la sospensione - «tale istituto e' conforme sia al principio di economia dei mezzi processuali che a quello di ragionevole durata del processo (che assumono un particolare rilievo nel processo amministrativo in cui vengono in gioco interessi pubblici), in quanto, da un lato, si evitano agli uffici, alle parti ed alla medesima Corte costituzionale (e, quindi, alla Corte di giustizia Ue) dispendiosi adempimenti correlati alla rimessione della questione di costituzionalita', dall'altro si previene il rischio di prolungare la durata del giudizio di costituzionalita' (e di riflesso di quelli a quo)»; ragioni di celerita' processuale esortano a rimettere gli atti alla Corte costituzionale, sulla base dei medesimi rilievi in diritto gia' tratteggiati, prima dal Tribunale di Napoli e da ultimo esaustivamente, dal Tribunale di Crotone e di cui si ratifica ogni ragionamento argomentativo-deduttivo; si rinvengono obiettivi motivi in diritto per dubitare della legittimita' costituzionale dell'art. 16-septies, lettera g), della legge 17 dicembre 2021, n. 215, di conversione del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146; (1) La previsione dell'art. 117, quarto comma, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito in legge n. 77 del 2020, si compone di tre periodi a tenore dei quali: «Al fine di far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19 nonche' per assicurare al servizio sanitario nazionale la liquidita' necessaria allo svolgimento delle attivita' legate alla citata emergenza, compreso un tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti del servizio sanitario nazionale di cui all'art. 19 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive» (primo periodo): 3 «i pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni agli enti del proprio servizio sanitario regionale effettuati prima della data di entrata in vigore del presente provvedimento non producono effetti dalla suddetta data e non vincolano gli enti del servizio sanitario regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per le finalita' dei predetti enti legate alla gestione dell'emergenza sanitaria e al pagamento dei debiti, delle somme agli stessi trasferite durante il suddetto periodo» (secondo periodo); «Le disposizioni del presente comma si applicano fino al 31 dicembre 2020» (terzo periodo). (2) Tribunale di Napoli XIVa sezione civile procedimento n. 11675/2019 R.G.E. Il giudice dell'esecuzione, dott. Valerio Colandrea, letti gli atti della procedura espropriativa sopra indicata; sciogliendo la riserva di cui all'udienza del 19 ottobre 2020; osserva § 1. La presente procedura espropriativa e' stata promossa nei confronti dell'Azienda ospedaliera di rilievo nazionale A. Cardarelli ad istanza di Ferraro Paolo in forza di titolo esecutivo costituito dalla sentenza n. 668 del 12 febbraio 2018 dalla Corte d'appello di Napoli contenente la condanna al pagamento della complessiva somma di euro 240.000,00 (oltre rivalutazione ed interessi) a titolo di risarcimento dei danni conseguiti al decesso del genitore Ferraro Giuseppe. Nel corso della procedura il terzo pignorato Intesa San Paolo S.p.a. (quale tesoriere del sopracitato ente) ha reso la prescritta dichiarazione di quantita', evidenziando al riguardo che - ai sensi dell'art. 1 del D.L. n. 9 del 1993, convertito in legge n. 67 del 1993 - l'azienda esecutata ha adottato e trasmesso le delibere di quantificazione delle somme impignorabili, nonche' precisando come - nel periodo temporalmente rilevante - non si sarebbero determinati saldi creditori eccedenti l'importo delle somme oggetto della quantificazione ai fini dell'impignorabilita'. A fronte di siffatta dichiarazione il creditore pignorante ne ha rilevato, in buona sostanza, il carattere positivo (stante l'esistenza di saldi creditori in favore dell'ente) ed ha eccepito che il limite dell'azione esecutiva conseguente all'adozione delle delibere di quantificazione delle somme impignorabili sarebbe inefficace ed inoperante nel caso di specie. A sostegno di tale conclusione, in particolare il creditore ha postulato l'esecuzione a cura dell'azienda ospedaliera di pagamenti per prestazioni per servizi diversi da quelli «vincolati». Segnatamente, ha disposto copia del mandato n. 1404284 del 25 novembre 2019 (concernente, per l'appunto, un pagamento prima facie riconducibile a servizi diversi da quelli indispensabili) e - sul presupposto della mancata prova da parte dell'azienda esecutata del fatto che l'esecuzione dei pagamenti diversi da quelli «vincolati» avrebbe 2 avuto luogo nel rispetto dell'ordine cronologico - ha domandato l'assegnazione delle somme oggetto della dichiarazione di quantita' da parte del tesoriere. § 2. Tanto opportunamente premesso, alla luce della documentazione depositata dal creditore questo giudice sarebbe chiamato a pronunciare ordinanza di assegnazione delle somme oggetto della dichiarazione di quantita' del terzo. Invero, in tema di riparto degli oneri di allegazione e prova ai fini dell'operativita' del vincolo di impignorabilita' previsto dall'art. 1 del D.L. n. 9 del 1993, convertito in legge n. 67 del 1993, la prevalente giurisprudenza di merito e di legittimita' e' concorde nel fare applicazione del medesimo principio affermato con riguardo all'impignorabilita' delle somme in titolarita' degli enti locali ex art. 159 T.U.E.L., affermandosi in particolare che «il creditore procedente che intenda far valere l'inefficacia del vincolo di destinazione e' onerato di allegare gli specifici pagamenti per debiti estranei eseguiti successivamente alla delibera, mentre, in base al principio della vicinanza della prova, spetta all'ente locale provare che tali pagamenti sono stati eseguiti in base a mandati emessi nel rispetto del dovuto ordine cronologico» (Cass. 15 settembre 2020, n. 19103, in motivazione). Tuttavia, occorre considerare come - nelle more della presente procedura - sia sopravvenuta la disposizione dell'art. 117, quarto comma, del d.l. n. 34 del 2020, convertito in legge n. 77 del 2020. Dunque, a fronte di una situazione di potenziale sussistenza dei presupposti per la pronuncia dell'ordinanza di assegnazione in ragione del fatto che, si ribadisce, vi e' stata l'allegazione di un pagamento per titoli diversi da quelli «vincolati» e non e' stata fornita prova del rispetto dell'ordine cronologico dell'esecuzione di siffatti pagamenti a cura dell'azienda ospedaliera (stante la mancata costituzione di quest'ultima nel presente procedimento) occorre verificare in quale misura la disposizione di legge sopravvenuta sia idonea ad incidere sulla perdurante vigenza del vincolo del pignoramento e, eventualmente, a precludere la pronuncia dell'ordinanza di assegnazione. § 3. La previsione dell'art. 117, quarto comma, del D.L. n. 34 del 2020, convertito in legge n. 77 del 2020, si compone di tre periodi a tenore dei quali: «Al fine di far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19 nonche' per assicurare al servizio sanitario nazionale la liquidita' necessaria allo svolgimento delle attivita' legate alla citata emergenza, compreso un tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti del servizio sanitario nazionale di cui all'art. 19 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive» (primo periodo); 3 «I pignoramenti e le prenotazioni addebito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni agli enti del proprio servizio sanitario regionale effettuati prima della data di entrata in vigore del presente provvedimento non producono effetti dalla suddetta data e non vincolano gli enti del servizio sanitario regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per le finalita' dei predetti enti legate alla gestione dell'emergenza sanitaria e al pagamento dei debiti, delle somme agli stessi trasferite durante il suddetto periodo» (secondo periodo); «Le disposizioni del presente comma si applicano fino al 31 dicembre 2020» (terzo periodo). Per quanto in questa sede specificatamente interessa, occorre verificare il significato di attribuirsi alla fattispecie di improcedibilita' cosi' disciplinata per la parte concernente le procedure espropriative gia' pendenti nei confronti degli enti del servizio sanitario nazionale. Al riguardo, ritiene questo giudice che venga in gioco una fattispecie di definitiva «improcedibilita'» delle esecuzioni gia' intraprese. Queste le ragioni. § 3.1. Anzitutto, a sostegno di tale interpretazione milita il tenore letterale della disposizione di legge. Invero, il legislatore ha espressamente sancito un divieto generalizzato di agire esecutivamente nei confronti degli enti del servizio sanitario nazionale (ovviamente, per il limitato periodo preso in considerazione della norma): viene cioe' inibito tanto l'avvio, quanto l'ulteriore prosieguo delle procedure espropriative in danno di siffatti enti. Peraltro, sotto il profilo dell'interpretazione letterale non deve trascurarsi come l'ordinamento non ignori disposizioni normative che, per contro, disciplinano espressamente peculiari fattispecie di sospensione di procedure espropriative nei confronti di determinate categorie di enti pubblici, fattispecie collegate ad esigenze lato sensu «finanziarie» ed emergenziali: il riferimento e' alla previsione dell'art. 243-bis, quarto comma, TUEL, la quale statuisce la sospensione delle procedure espropriative pendenti nei confronti di enti locali sottoposti ad una procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (sospensione operante dalla data della relativa deliberazione e sino all'approvazione del piano di riequilibrio). Dunque, la circostanza per cui il sopracitato art. 117 abbia optato per una differente formulazione incentrata sull'espressa previsione di improcedibilita' (piuttosto che sul meccanismo della sospensione) appare sintomo di una scelta significativamente diversa, nel senso, cioe', della vera e propria «caducazione» del vincolo del pignoramento e non gia' del mero arresto temporaneo dell'ulteriore corso dell'esecuzione con salvaguardia del vincolo gia' esistente. 4 Ne' significativi elementi per una diversa soluzione provengono dalla relazione di accompagnamento al testo del D.L. n. 34 del 2020, relazione nella quale la previsione del quarto comma dell'art. 117 viene giustificata sotto forma di «sospensione temporanea delle azioni esecutive nei confronti degli enti sanitari fino al 31 dicembre 2020». Invero, occorre considerare che: da un lato, i lavori preparatori di un testo normativo possono al piu' disvelare l'intentio sottesa all'intervento legislativo, ma non escludono che il significato della previsione adottata debba desumersi dall'assetto che la norma abbia concretamente assunto nella formulazione letterale e logico-sistematica; dall'altro lato, a parte l'estrema stringatezza della relazione di accompagnamento non puo' non concordarsi sul carattere a-tecnico della terminologia adoperata, atteso che - attraverso una denominazione onnicomprensiva - si e' inteso in realta' esprimere il concetto di una sostanziale e generalizzata inibitoria delle azioni esecutive (tanto quelle avviate ex novo nel periodo considerato, quanto quelle gia' pendenti). § 3.2. In secondo luogo, ed in collegamento con l'esegesi letterale della disposizione, occorre tener conto della ratio dell'intervento normativo quale esplicitata nell'incipit del comma 4 (si ribadisce: «al fine di far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19 nonche' per assicurare al Servizio sanitario nazionale la liquidita' necessaria allo svolgimento delle attivita' legate alla citata emergenza ...»). A ben vedere, la finalita' affermata expressis verbis dal legislatore di «assicurare al Servizio sanitario nazionale la liquidita' necessaria» potrebbe essere realizzata unicamente attraverso una qualche forma di liberazione delle somme vincolate, laddove invece - qualora si opinasse nei termini di una mera temporanea sospensione dell'ulteriore corso della procedura - i beni pignorati resterebbero comunque vincolati alla soddisfazione dei crediti azionati esecutivamente, in tal modo determinandosi la vanificazione del risultato legislativamente prefissato. In tale prospettiva, cioe', il divieto di proseguire le procedure gia' pendenti apparirebbe privo di sostanziale ed utile giustificazione: non sarebbe infatti idoneo ad assicurare un risultato effettivo ne' per l'ente esecutato (stante la persistenza del vincolo sulle somme pignorate), ne' per il creditore che abbia gia' avviato l'azione esecutiva (per il quale vi sarebbe un differimento della possibilita' di procedere al soddisfacimento delle proprie ragioni sulle somme comunque gia' vincolate). § 3.3. La soluzione qui prospettata trova un ulteriore supporto nell'interpretazione logico-sistematica della previsione del quarto comma dell'art. 117 e, in particolar modo, nell'esegesi congiunta delle disposizioni contenute nel primo e nel secondo periodo. 5 Al riguardo, si e' visto come - dopo l'affermazione generale contenuta nel primo periodo in ordine al divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive nei confronti degli enti del servizio sanitario nazionale - il secondo periodo della disposizione in esame contenga una disposizione ad hoc per i procedimenti gia' pendenti. In particolare, la previsione si dipana in una duplice e complementare direzione: da un lato, vi e' la comminatoria di una (per certi versi singolare) sopravvenuta «inefficacia» del pignoramento; dall'altro lato, e' espressamente sancito il recupero della piena «disponibilita'» delle somme ad opera degli enti del servizio sanitario nazionale e dei rispettivi tesorieri. Cio' posto, ritiene questo giudice che - pur a fronte di una formulazione non del tutto perspicua - la previsione in discorso si riferisca a tutti i pignoramenti gia' pendenti e non solo a quelli che investano determinati beni (ovverosia, le rimesse finanziarie provenienti dalle regioni). Invero, in punto di diritto sarebbe difficilmente ipotizzabile un pignoramento che investa rimesse finanziarie provenienti dalle regioni: come noto, gli enti del servizio sanitario nazionale sono soggetti al regime di tesoreria unica ai sensi della legge n. 720 del 1984, ragion per cui - ai sensi dell'art. 1-bis della legge in questione - l'azione esecutiva non puo' che svolgersi nei confronti del soggetto preposto al servizio di tesoreria ed in relazione alle somme giacenti sulle relative contabilita' speciali. Dunque, una limitazione della portata della disposizione del secondo periodo ai soli pignoramenti concernenti le rimesse finanziarie provenienti dalle regioni si tradurrebbe nello svuotamento di significato della disposizione legislativa in esame, laddove, al contrario, l'origine «emergenziale» non esclude che essa debba essere collocata pur sempre nel quadro di un determinato «sistema», cio' che rappresenta il sostrato alla luce del quale ricostruire il significato della previsione medesima. Nel quadro cosi' delineato, allora, il riferimento alle rimesse finanziarie deve leggersi in collegamento non gia' ai pignoramenti pregressi (il quali non potrebbero che riguardare - si ribadisce - il saldo cassa gestito dal soggetto tesoriere), bensi' alle prenotazioni a debito eventualmente operate, il che giustifica la portata della specificazione contenuta. in questa prospettiva, dunque, la previsione del secondo periodo non appare disciplinare una fattispecie distinta (e speciale) rispetto a quella del primo periodo, bensi' costituisce la specificazione - con riferimento alle procedure pregresse - del divieto generale di agire esecutivamente gia' sancito nel primo periodo. In altri termini, il senso della disposizione e' di specificare le conseguenze del divieto di prosecuzione delle azioni esecutive in relazione alle procedure gia' pendenti, contemplando per esse un meccanismo di sopravvenuta perdita di efficacia del vincolo 6 del pignoramento e - in via del tutto speculare - affermando la piena disponibilita' delle somme da parte degli enti debitori e dai rispettivi tesorieri. § 3.4. Infine, un ultimo argomento puo' individuarsi in una prospettiva per cosi' dire «storica», ponendo mente all'immediato antecedente della disposizione in esame: ovverosia, la previsione dell'art. 1, comma 51, della legge n. 220 del 2010, la quale pare aver rappresentato il modello normativo al quale il legislatore dell'emergenza si e' materialmente ispirato. Sotto questo profilo, infatti, il tenore dell'art. 117, quarto comma, del D.L. n. 34 del 2020, convertito in legge n. 77 del 2020, risulta pressoche' coincidente - mutatis mutandis - con quello di cui alla prima versione dell'art. 1, comma 51, della legge n. 220 del 2010 (ovverosia la versione vigente prima della novella operata con l'art. 6-bis del D.L. n. 158 del 2012, convertito in legge n. 189 del 2012). A ben vedere, entrambe le disposizioni: contengono l'esplicitazione in premessa dell'esigenza perseguita dal legislatore di assicurare la concreta operativita' di pagamenti a cura degli enti del servizio sanitario nazionale (nel primo caso in dipendenza della procedura di ricognizione dei debiti per le regioni soggette a piani di rientro dei disavanzi sanitari; nel secondo caso in collegamento con l'attivita' derivante dall'emergenza epidemiologica per il COVID-19); affermano conseguentemente un identico divieto di azioni esecutive onde assicurare il raggiungimento della finalita' cosi' affermata (testualmente sancendosi che «non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive»); disciplinano in termini pressoche' identici la sorte dei pignoramenti pregressi e delle prenotazioni a debito gia' operate, nel senso che in entrambi i casi si prevede che essi non producano effetto e che gli enti e i rispettivi tesorieri abbiano la piena disponibilita' delle somme («i pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni ... effettuati prima ... non producono effetti dalla suddetta data ... e non vincolano gli enti del servizio sanitario regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per le finalita' dei predetti enti ... delle somme agli stessi trasferite durante il suddetto periodo»). In tale contesto, peraltro, non appaiono rilevanti le differenze presenti nella successiva versione dell'art. 1, comma 51, della legge n. 220 del 2010, differenze riconducibili, essenzialmente, alla esplicitazione di una vera e propria «estinzione» dei pignoramenti gia' pendenti («sono estinti di diritto dalla data di entrata in vigore della presente disposizione») e ad una piu' incisiva affermazione della riacquisizione di disponibilita' delle relative somme («dalla medesima data cessano i doveri di custodia 7 sulle predette somme, con l'obbligo per i tesorieri di renderle immediatamente disponibili, senza previa pronuncia giurisdizionale, per garantire l'espletamento delle finalita' indicate nel primo periodo»). Invero, come e' stato sottolineato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2013, la novella dell'art. 6-bis del D.L. n. 158 del 2012, convertito in legge n. 189 del 2012, ha semplicemente estremizzato «le soluzioni gia' presenti nella previgente disciplina», della quale la novella ha rappresentato, a ben vedere, una piu' chiara e perspicua evoluzione normativa. Cio' posto, la sostanziale identita' e continuita' tra il testo dell'art. 1, comma 51, della legge n. 220 del 2010 (quantomeno nella versione originaria) e l'attuale previsione dell'art. 117 costituisce un elemento che - sul piano interpretativo - induce a ricostruire la portata di quest'ultima disposizione in termini analoghi a quelli che la giurisprudenza aveva prospettato in passato con riferimento alla prima: ovverosia, quale improcedibilita' definitiva dell'esecuzione in precedenza avviata nei confronti degli enti del servizio sanitario nazionale. § 4. La conclusione sopra raggiunta presenta indubbi aspetti di criticita' sotto il profilo costituzionale e in special modo - come meglio si vedra' nel prosieguo - in riferimento ai parametri di cui agli articoli 24 e 111 Cost. Prima di concentrare l'attenzione su siffatti aspetti, tuttavia, non appare far luogo verificare la praticabilita' di una diversa interpretazione diretta ad «attenuare» i riflessi della sanzione di improcedibilita' sulle procedure espropriative gia' pendenti. nondimeno, ritiene questo giudice che la soluzione al quesito debba essere negativa. § 4.1. Anzitutto, si e' gia' evidenziato come non sia possibile interpretare il divieto di proseguire le procedure espropriative gia' pendenti nei termini di una mera sospensione temporanea dell'ulteriore corso dell'esecuzione, con salvezza degli effetti dei pignoramenti gia' eseguiti. Infatti, vi ostano gli elementi complessivamente ricavabili dalla ricostruzione letterale, teleologica e logico-sistematica della disposizione in esame. In altri termini, la praticabilita' di una mera «sospensione» appare smentita sia dall'espressa previsione nei termini di improcedibilita' dell'esecuzione, sia dall'obiettivo perseguito dal legislatore con l'introduzione del divieto (si ribadisce, «liberare» liquidita' in favore degli enti del servizio sanitario nazionale al fine di far fronte alle maggiori spese legate all'emergenza epidemiologica), sia dalla precisazione comunque operata in punto di sopravvenuta inefficacia dei pignoramenti pregressi. § 4.2. In secondo luogo, non appare plausibile un'interpretazione restrittiva della disposizione in esame che - collegando il divieto del comma 4 alle precedenti previsioni 8 dei commi 1, 2 e 3 dell'art. 117 - limiti l'operativita' di siffatto divieto alle sole (maggiori) risorse finanziarie messe a disposizione del servizio sanitario nazionale in conseguenza dell'emergenza da COVID-19. Indubbiamente, il divieto di procedere esecutivamente si colloca nel quadro di un piu' ampio intervento volto ad «incrementare» le risorse per far fronte all'emergenza epidemiologica, cio' che ha avuto luogo sia attraverso l'ampliamento dei trasferimenti dallo stato alle regioni (comma 1), sia attraverso la previsione dell'obbligo per le regioni di integrale messa a disposizione di tali fondi agli enti del servizio sanitario (comma 3). Tuttavia, in alcun modo quel divieto e' limitato ai soli trasferimenti finanziari operati con il medesimo art. 117, ne' l'obiettivo dichiarato dal legislatore di assicurare una maggiore liquidita' per gli enti del Servizio sanitario giustifica una limitazione di tal fatta. In altri termini, una tale prospettazione si tradurrebbe nell'elisione di una rilevante parte del contenuto precettivo della norma, atteso che non avrebbe ragion d'essere ne' la previsione del divieto (non solo di iniziare, ma anche) di proseguire le azioni esecutive, ne' la sanzione di inefficacia dei pignoramenti gia' eseguiti alla data di entrata in vigore della disposizione di legge. § 4.3. Resta da verificare un'ultima opzione: quella di un'interpretazione che - con riguardo ai pignoramenti pregressi - non escluda la caducazione degli effetti (e, quindi, l'inoperativita' del vincolo gia' perfezionato sulle somme), ma postuli comunque il carattere meramente temporaneo di tale fenomeno sotto forma di «reviviscenza» del vincolo allo spirare del termine sancito dal legislatore (ovviamente, sulle sole disponibilita' finanziarie successive). Tuttavia, neppure tale soluzione appare plausibile. Anzitutto, oltre ai sopra citati elementi di carattere letterale e logico-sistematico deve evidenziarsi come un fenomeno del genere non solo appaia sostanzialmente sconosciuto al vigente ordinamento giuridico processuale, ma ponga soprattutto inevitabili problemi in relazione alle modalita' con cui operare la pretesa «riviviscenza» del vincolo del pignoramento, essendo difficile ipotizzare il ripristino automatico sol che si pensi alle esigenze di certezza nei rapporti con un soggetto estraneo ai rapporti di debito-credito (tale essendo il terzo pignorato). In ogni caso, poi, una soluzione del genere non escluderebbe che - stante la caducazione del vincolo del pignoramento (sebbene con un'efficacia per cosi' dire temporanea) - sarebbe comunque paralizzato il diritto di agire esecutivamente del creditore. Dunque, non verrebbe eliminato quel punto di «frizione» con l'esigenza di assicurare la tutela costituzionale del diritto di azione del creditore. 9 § 5. Le considerazioni che precedono comportano che, nel caso di specie, questo giudice dovrebbe procedere non gia' all'ordinanza di assegnazione, bensi' alla dichiarazione di definitiva improcedibilita' della presente esecuzione. In conformita' alla complessiva interpretazione sopra operata, infatti la sopravvenuta previsione dell'art. 117, quarto comma, del D.L. n. 34 del 2020, convertito in legge n. 77 del 2020, si risolve nel venir meno dell'oggetto dell'esecuzione intrapresa, cio' in conseguenza della caducazione ex lege del vincolo del pignoramento. Tuttavia, appare legittimo dubitare della compatibilita' di una siffatta conclusione in relazione alle disposizioni degli articoli 24 e 111 Cost. in tema di tutela giurisdizionale dei diritti e giusto processo. In proposito, possono svolgersi le seguenti considerazioni generali. § 5.1. E' noto come la Corte costituzionale abbia affrontato in plurime occasioni la questione della legittimita' di previsioni legislative dirette al «blocco» di azioni esecutive nei confronti di determinate categorie di enti pubblici (e, in special modo, quelli del Servizio sanitario nazionale). Ai fini di opportuna sintesi appare sufficiente richiamare quanto precisato nella sentenza n. 186 del 2013, nella quale - nell'esaminare la questione della legittimita' dell'art. 1, comma 51, della legge n. 220 del 2010 (disposizione che, si ribadisce, ha rappresentato il modello di riferimento utilizzato anche nel caso di specie) - i giudici costituzionali hanno compendiato le condizioni in presenza delle quali la previsione del divieto di azioni esecutive e la caducazione delle procedure gia' pendenti possa ritenersi compatibile con i principi degli articoli 24 e 111 cost. Nelle parole della Corte, in particolare, un intervento legislativo di tal fatta «puo' ritenersi giustificato da particolari esigenze transitorie qualora, per un verso, siffatto svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale (sentenze n. 155 del 2004 e n. 310 del 2003) e, per altro verso, le disposizioni di carattere processuale che incidono sui giudizi pendenti, determinandone l'estinzione, siano controbilanciate da disposizioni di carattere sostanziale che, a loro volta, garantiscano, anche per altra via che non sia quella della esecuzione giudiziale, la sostanziale realizzazione dei diritti oggetto delle procedure estinte (sentenze n. 277 del 2012 e n. 364 del 2007)» (Corte cost. sentenza n. 186 del 2013, in particolare par. 4.1.). § 5.2. Cio' posto, con riguardo alla previsione potenzialmente applicabile nel caso di specie e' legittimo dubitare del rispetto delle condizioni sopra indicate. Se e' vero che l'orizzonte temporale della disposizione in discorso e stato oggettivamente limitato (operando il divieto - salvo ulteriori legislativi - sino al 10 31 dicembre 2020) devi tuttavia osservarsi come non sia stato delineato un meccanismo idoneo ad assicurare una tutela sostanziale in via equivalente. Per la verita', il legislatore non ha ignorato l'esigenza di contemplare - pur nel quadro di una situazione indubbiamente emergenziale quale quella derivante dall'emergenza epidemiologica da COVID-19 - strumenti idonei ad assicurare il soddisfacimento delle ragioni dei creditori degli enti del Servizio sanitario nazionale. Sotto questo profilo, infatti, i commi 5-11 del medesimo art. 117 hanno introdotto la possibilita' per le regioni di richiedere anticipazioni di liquidita' alla Cassa depositi e prestiti da destinare al «ai pagamenti dei debiti certi liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2019 relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali», previsione che deve leggersi in collegamento con le statuizioni contenute nel precedente art. 115 (istitutivo di un «Fondo di liquidita' per il pagamento dei debiti commerciali degli enti territoriali» con dotazione finanziaria ad hoc). Nondimeno, appare dubbia l'effettivita' di un siffatto meccanismo al fine di assicurare la tutela delle ragioni dei crediti colpiti dal divieto di azioni esecutive, cio' ove si ponga mente al fatto che: il sistema contemplato dal legislatore non e' automaticamente collegato al divieto di azioni esecutive, bensi' si risolve nell'approntamento di un mero canale finanziario ulteriore in favore delle regioni; conseguentemente, non vi e' alcun obbligo ma una mera facolta' per l'amministrazione regionale interessata di avvalersi dell'anticipazione di liquidita' in questione, occorrendo in particolare una deliberazione ad iniziativa della Giunta regionale da adottarsi entro un termine prefissato (deliberazione che in alcun modo configura un atto dovuto); infine e soprattutto, non e' contemplata una tutela generalizzata per qualsivoglia credito gia' azionato esecutivamente, potendo l'anticipazione essere destinata all'estinzione unicamente di determinate tipologie di debiti (ovverosia, quelli «relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali»), con la conseguenza per cui - ad esempio - per un credito quale quello azionato nel caso di specie (si ribadisce, un'obbligazione a titolo di risarcimento danni) non sarebbe ipotizzabile alcuna forma di tutela equivalente. § 5.3. Le considerazioni che precedono inducono allora a configurare come rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 117, quarto comma, del D.L. n. 34 del 2020, convertito in legge n. 77 del 2020, sotto un duplice profilo: 11 anzitutto, in relazione al parametro dell'art. 24 Cost., atteso che il «sacrificio» posto a carico dei creditori degli enti del servizio sanitario nazionale (sotto forma di improcedibilita' delle azioni esecutive dagli stessi gia' promosse) non appare «bilanciato» con la previsione di un sistema di effettiva tutela equivalente, con consequenziale vanificazione degli effetti della tutela giurisdizionale gia' conseguita nei procedimenti esecutivi promossi da quei creditori; in secondo luogo, poi, in relazione altresi' al parametro dell'art. 111 Cost. con riguardo al concetto della «parita' delle armi», atteso che, con la disposizione censurata, il legislatore ha finito per introdurre una fattispecie di ius singulare che - pur originata da comprensibili preoccupazioni legate all'emergenza epidemiologica in corso - ha determinato uno sbilanciamento fra due posizioni in gioco, esentando quella pubblica, di cui lo Stato risponde economicamente, degli effetti pregiudizievoli delle condanne giudiziarie subite. Nella misura in cui la disposizione dell'art. 117 dovrebbe trovare applicazione nel caso di specie (con conseguente rilevanza della questione ai fini del prosieguo della presente procedura), pertanto, ritiene questo giudice di disporre d'ufficio la rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la soluzione della questione di legittimita' sopra prospettata. P.Q.M. Letto l'art. 23 della legge n. 87 del 1953: Dichiara d'ufficio rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' dell'art. 117, quarto comma, del D.L. n. 34 del 2020, convertito in legge n. 77 del 2020, in riferimento agli articoli 24 e 111 Cost. e per l'effetto: Dispone la rimessione degli atti alla Corte costituzionale. Dichiara sospeso il presente procedimento. Dispone la comunicazione della presente ordinanza, a cura della cancelleria, alle parti del procedimento, alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Napoli, 20 dicembre 2020. Il giudice dell'esecuzione dott. Valerio Colandrea. (3) La previsione di cui all'art. 16-septies lett. g) della legge n. 17 dicembre 2021 n. 215, di conversione del decreto-legge 21 ottobre 2021 n. 146, si inquadra nell'ambito di una presa di posizione politico-normativa tesa a salvaguardare le esigenze di liquidita' della sanita' calabrese, oggetto di una perdurante crisi generale e oggetto di commissariamento da oltre un decennio; purtuttavia la scelta operata dal legislatore evidenzia una plurima serie di criticita' e irrazionalita' rese ancor piu' evidenti dal dichiarato intento di assicurare il «tempestivo pagamento dei debiti commerciali». Ritiene questo giudice che con l'introduzione di tale fattispecie normativa venga in rilievo una nuova ipotesi di definitiva «improcedibilita'» delle esecuzioni pendenti, in modo non dissimile da quanto avvenuto con la disposizione di cui dell'art. 117 cit., prorogata nei suoi effetti temporali dall'art. 3, comma 8, del d.l. n. 183 del 2020 e dichiarata in costituzionale con la piu' volte citata sentenza n. 236 del 2021. A sostegno di tale esegesi milita anzitutto il tenore letterale della disposizione di legge. Invero, il legislatore ha espressamente sancito un divieto generalizzato di agire esecutivamente nei confronti degli enti del servizio sanitario della Regione Calabria, inibendo tanto l'avvio, quanto l'ulteriore prosieguo delle espropriazioni in danno di tali enti, per un arco temporale estremamente dilatato, sino al 31 dicembre 2025. Dunque, la circostanza per cui il sopra citato art. 16-septies, comma 2 lett. g) abbia «nuovamente» optato per una formulazione incentrata sull'espressa previsione di improcedibilita' (piuttosto che sul meccanismo della sospensione) appare sintomatica di una scelta volta a configurare una vera e propria ipotesi di «caducazione» del vincolo del pignoramento e non gia' un mero arresto temporaneo dell'ulteriore corso dell'esecuzione con salvaguardia del vincolo esistente. L'evenienza e' resa evidente dalla espressa previsione normativa per cui «i pignoramenti (...) non producono effetti dalla suddetta data e non vincolano gli enti del servizio sanitario regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per il pagamento dei debiti, delle somme agli stessi trasferite durante il suddetto periodo». La conclusione raggiunta presenta indubbi aspetti di criticita' sotto il profilo costituzionale. Ciononostante, non appare fuor luogo verificare la praticabilita' di una diversa interpretazione diretta ad «attenuare» i riflessi della sanzione di improcedibilita' sulle procedure espropriative gia' pendenti. Nondimeno, ritiene questo giudice che la soluzione al quesito debba essere negativa. A tal riguardo non appare fuor luogo condividere e riportare l'orientamento efficacemente illustrato dal Tribunale di Napoli nell'ordinanza di rimessione del 20 dicembre 2020 (dott. Colandrea), relativa all'interpretazione dell'art. 117 cit. e sovrapponibile in relazione agli effetti anche norma in esame (art. 16-septies lett. g cit.) Invero, si e' gia' evidenziato come non sia possibile interpretare il divieto di proseguire le procedure espropriative gia' pendenti nei termini di una mera sospensione temporanea dell'ulteriore corso dell'esecuzione, con salvezza degli effetti dei pignoramenti gia' eseguiti. In secondo luogo, non appare plausibile un'interpretazione restrittiva della disposizione in esame che - collegando il divieto del comma 2 lett. g) alle precedenti previsioni dei commi 1, 2, lett. da a) ad f) - limiti l'operativita' di siffatto divieto alle sole (maggiori) risorse finanziarie messe a disposizione del servizio sanitario nazionale per il superamento della crisi sanitaria regionale. Indubbiamente, il divieto di procedere esecutivamente si colloca nel quadro di un piu' ampio intervento volto ad «incrementare» le risorse per far fronte alla necessita' di ovviare al grave disavanzo finanziario del sistema sanitario regionale calabrese (ratio espressa lungo l'intero corso dell'art. 16-septies). Tuttavia, in alcun modo quel divieto e' limitato ai soli trasferimenti finanziari operati con il medesimo art. 16-septies, ne' l'obiettivo dichiarato dal legislatore di assicurare una maggiore liquidita' per gli enti del servizio sanitario nazionale giustifica una limitazione di tal fatta. Una tale prospettazione si tradurrebbe nell'elisione di una rilevante parte del contenuto precettivo della norma, atteso che non avrebbe ragion d'essere ne' la previsione del divieto (non solo di iniziare, ma anche) di proseguire le azioni esecutive. Resta da verificare un'ultima opzione: quella di un'interpretazione che - con riguardo ai pignoramenti pregressi - non escluda la caducazione degli effetti (e, quindi, l'inoperativita' del vincolo giu' perfezionato sulle somme), ma postuli comunque il carattere meramente temporaneo di tale fenomeno sotto forma di «reviviscenza» del vincolo allo spirare del termine sancito dal legislatore (ovviamente, sulle sole disponibilita' finanziarie successive). Tuttavia, neppure tale soluzione appare plausibile. Anzitutto, oltre ai sopra citati elementi di carattere letterale e logico-sistematico deve evidenziarsi come un fenomeno del genere non solo appaia sostanzialmente sconosciuto al vigente ordinamento giuridico processuale, ma ponga soprattutto inevitabili problemi in relazione alle modalita' con cui operare la pretesa «reviviscenza» del vincolo del pignoramento, essendo difficile ipotizzarne il ripristino automatico sol che si pensi alle esigenze di certezza nei rapporti con un soggetto estraneo alle vicende di debito-credito (tale essendo il terzo pignorato). Una tale interpretazione sovvertirebbe infatti principi propri delle azioni esecutive consentendo la perdurante pendenza del processo espropriativo seppur epurato del suo effetto tipico sostanziale, ossia del vincolo di indisponibilita' relativa di cui all'art. 2913 del codice civile, potendo l'ente disporre delle somme pignorate per tutto l'arco temporale previsto. In ogni caso, poi, una soluzione di tal genere non escluderebbe che - stante la caducazione del vincolo del pignoramento (sebbene con un'efficacia per cosi' dire temporanea) - sarebbe comunque paralizzato il diritto di agire esecutivamente del creditore. Dunque, non verrebbe eliminato quel punto di «frizione» con l'esigenza di assicurare la tutela costituzionale del diritto di azione del creditore. **** Le considerazioni che precedono comportano che, nel caso di specie, questo giudice dovrebbe procedere non gia' all'ordinanza di assegnazione, bensi' alla dichiarazione di definitiva improcedibilita' della presente esecuzione. In conformita' alla complessiva interpretazione sopra operata, infatti, la sopravvenuta previsione dell'art. 16-septies, comma 2, lett. g) cit., si risolve nel venir meno dell'oggetto dell'esecuzione gia' intrapresa in conseguenza della caducazione ex lege del vincolo del pignoramento. Tuttavia, appare legittimo dubitare della compatibilita' di una siffatta conclusione in relazione alle disposizioni degli artt. 24 e 111 Cost. in teme di tutela giurisdizionale dei diritti e giusto processo e cio' in virtu' di quanto rimarcato dalla stessa Corte costituzionale in plurime occasioni relative a previsioni legislative dirette al «blocco» di azioni esecutive nei confronti di determinate categorie di enti pubblici (e, in special modo, quelli del servizio sanitario nazionale). Ai fini di opportuna sintesi appare anzitutto opportuno richiamare quanto precisato nella sentenza n. 186 del 2013, nella quale - nell'esaminare la questione della legittimita' dell'art. 1, comma 51, della legge n. 220 del 2010 (disposizione che ha rappresentato il modello di riferimento utilizzato per l'art. 117 cit. e anche nel caso di specie) - i giudici costituzionali hanno compendiato le condizioni in presenza delle quali la previsione del divieto di zioni esecutive e la caducazione delle procedure gia' pendenti possa ritenersi compatibile con i principi degli artt. 24 e 111 Cost. Nelle parole della Corte un intervento legislativo di tal fatta «puo' ritenersi giustificato da particolari esigenze transitorie qualora, per un verso, siffatto svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale (sentenze n. 155 del 2004 e n. 310 del 2003) e, per altro verso, le disposizioni di carattere processuale che incidono sui giudizi pendenti, determinandone l'estinzione, siano controbilanciate da disposizioni di carattere sostanziale che, a loro volta, garantiscono, anche per altra via che non sia quella della esecuzione giudiziale, la sostanziale realizzazione dei diritti oggetto delle procedure estinte (in tal senso cfr. altresi' sentenze n. 277 del 2012 e n. 364 del 2007)». Ancor piu' emblematiche le osservazioni della Corte nella piu' volte citata sentenza n. 236 del 2021, nella quale - nell'esaminare la questione della legittimita' dell'art. 117, quarto comma, del d.l. n. 34 del 2020, convertito in legge n. 77 del 2020 e prorogato nei suoi effetti dall'art. 3, comma 8 del d.l. n. 183 del 2020 - e' stato osservato che: «l'originaria durata del «blocco» delle esecuzioni e dell'inefficacia dei pignoramenti disposti dall'art. 117, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020 era contenuta in poco piu' di sette mesi, dall'entrata in vigore del 19 maggio 2020 fino al 31 dicembre dello stesso anno. La misura si esauriva quindi nella prima fase dell'emergenza pandemica da COVID-19 - quella piu' acuta e destabilizzante -, allorche' una sospensione indistinta e generalizzata delle procedure esecutive nei confronti degli enti sanitari poteva dirsi ragionevole e proporzionata, «per agevolare una regolare programmazione e gestione amministrativa e contabile dei pagamenti», come si esprime la relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del d.l. n. 34 del 2020. Sono pertanto fondate le questioni di legittimita' costituzionale concernenti l'art. 117, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, nella sua formulazione originaria. Nonostante l'evoluzione dell'emergenza sanitaria e la possibilita' di ricalibrare su di essa la programmazione di cassa, l'art. 3, comma 8, del d.l. n. 183 del 2020 ha prorogato la misura in danno dei creditori per un intero anno senza alcun aggiornamento della valutazione comparativa tra i loro diritti giudizialmente accertati e gli interessi dell'esecutato pubblico. In tal modo, gli effetti negativi della protrazione del «blocco» delle esecuzioni sono stati lasciati invariabilmente a carico dei creditori, tra i quali pure possono trovarsi anche soggetti cui e' stato riconosciuto un risarcimento in quanto gravemente danneggiati nella loro salute o operatori economici a rischio di espulsione dal mercato. Costituzionalmente tollerabile ab origine, la misura e' divenuta sproporzionata e irragionevole per effetto di una proroga di lungo corso e non bilanciata da una piu' specifica ponderazione degli interessi in gioco, che ha leso il diritto di tutela giurisdizionale ex art. 24 Cost. nonche', al contempo, la parita' delle parti e la ragionevole durata del processo esecutivo. Il protratto sacrificio imposto ai creditori sul piano della tutela giurisdizionale avrebbe potuto essere ricondotto a conformita' con i parametri costituzionale ove fosse stata approntata una tutela alternativa di contenuto sostanziale. Se e' dubbio che questa potesse rinvenirsi nell'anticipazione di liquidita' prevista dall'art. 117, comma 5 del d.l. n. 34 del 2020, considerato che l'accesso ad essa era rimesso ad un'opzione volontaria del debitore regionale, certo e' che il termine per la richiesta di provvista e' scaduto il 7 luglio 2020, e non e' stato riaperto, cosicche', seppure un meccanismo compensativo sussisteva, esso e' venuto meno in regime di proroga. Deve essere quindi dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 8, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., con assorbimento ella questione di cui all'art. 3 Cost.». I principi espressi dalla Corte trovano piena applicazione anche al caso di specie ove e' legittimo dubitare del rispetto delle condizioni indicate. Deve invero rilevarsi che l'orizzonte temporale della disposizione in discorso (art. 16-septies, comma 2, lett. g) e' stato ampiamente dilatato sino a tutto il 2025, in assenza di alcun meccanismo idoneo ad assicurare una tutela sostanziale in via equivalente. Occorre inoltre tener conto della ratio dell'intervento normativo quale esplicitata expressis verbis nell'incipit del comma 2 e nel comma 2, lett. g) ove si legge: «al fine di assicurare il rispetto della direttiva europea sui tempi di pagamento e l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi sanitari della Regione Calabria; lett. g) (...) al fine di coadiuvare le attivita' previste dal presente comma, assicurando al servizio sanitario della Regione Calabria la liquidita' necessaria allo svolgimento delle predette attivita' finalizzate anche al tempestivo pagamento dei debiti commerciali». In altri termini, al precipuo fine dii garantire il rientro dal disavanzo sanitario e ovviare ai perduranti ritardi nei pagamenti dei debiti commerciali la norma intende liberare liquidita' in favore dell'esercizio sanitario regionale ad esclusivo danno di quelle stesse posizioni creditorie che intenderebbe tutelare. In tema, non puo' non evidenziarsi che la previsione normativa determina una manifesta lesione dei principi cristallizzati nelle disposizioni di cui agli artt. 24 e 111 Cost. in tema di tutela giurisdizionale dei diritti, giusto processo e sua ragionevole durata; i creditori incisi dalla disposizione di legge in esame, ancorche' muniti di titolo esecutivo e benche' parti attive di un gia' avviato processo espropriativo, subiscono cosi' una irragionevole frustrazione delle proprie legittime ragioni di credito, gia' frustrate per quasi due anni dalla causa di non procedibilita' disposta con l'art. 117 cit. In buona sostanza i titolari di diritti di credito verso gli enti del servizio sanitario regionale dovrebbero sostenere a loro esclusivo danno i costi di una improcedibilita' che da maggio 2020 viene ora sostanzialmente prorogata tutto il 2025 (di fatto determinando la caducazione del vincolo pignoratizio), nella labile speranza che la liquidita' vincolata a loro favore in virtu' di pignoramenti intrapresi venga, quantomeno in parte, destinata a soddisfare le loro ragioni. In pratica la norma manifesta una sorta di anomalo meccanismo di composizione concorsuale dei crediti del tutto avulso dal sistema ordinamentale e scevro da qualsivoglia forma di controllo giudiziale sulle modalita' attuative. A questo unto deve essere ulteriormente rimarcato anche la disposizione in esame, limitata nei suoi effetti al servizio sanitario regionale calabrese, e' del tutto analoga a quella di cui all'art. 117 del d.l. n. 34/2020, dichiarato incostituzionale con sentenza n. 236 del 2021 in ragione dell'ingiustificata proroga dal 31 dicembre 2020 al 21 dicembre 2021 (si riporta nuovamente il testo della norma: «Al fine di far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19 nonche' per assicurare al Servizio sanitario nazionale la liquidita' necessaria allo svolgimento delle attivita' legate alla citata emergenza, compreso un tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale di cui all'art. 19 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive. I pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni agli enti del proprio Servizio sanitario regionale effettuati prima della data di entrata in vigore del presente provvedimento non producono effetti dalla suddetta data e non vincolano gli enti del Servizio sanitario regionale e di tesorieri, i quali possono disporre, per le finalita' dei predetti enti legate alle gestione dell'emergenza sanitarie e al pagamento dei debiti, delle somme agli stessi trasferite durante il suddetto periodo. Le disposizioni del presente comma si applicano fino al 31 dicembre 2020»). In definitiva, le uniche sostanziali differenze tra l'art. 117 cit. e la norma di cui all'art. 16-septies lett. g) sono: - l'assenza di qualsivoglia riferimento all'emergenza pandemica da COVID-19; - la differente durata temporale della non procedibilita' che in tale ultimo caso e' ben piu' ampia (oltre 4 anni) degli iniziali 7 mesi previsti dall'art. 117. Ebbene, questo giudice ritiene che dal momento che una cosi' ambigua causa di non procedibilita' non ha superato il vaglio di costituzionalita' per le ragioni indicate nella riportata pronuncia n. 236 del 2021 (e pur nell'attualita' della crisi sanitaria da COVID-19) non appare irragionevole ipotizzare una conclusione analoga rispetto a alla previsione di cui all'art. 16-septies comma 2 lett. g), specie considerato che gli effetti della disposizione di nuovo conio sono, come visto, ancor piu' lesivi dei diritti costituzionali dei soggetti coinvolti. Sul punto, si ribadisce che nell'art. 16-septies cit. scompare ogni riferimento agli effetti dell'emergenza epidemiologica che aveva legittimato un limitato intervento a tutela del servizio sanitario (per soli 7 mesi - cosi' Corte Cost. n. 236 del 2021); la ratio ispiratrice dell'intervento non e' infatti riconnessa ad una grave e non prevedibile crisi sanitaria bensi' alla sola necessita' di favorire il rientro dal disavanzo sanitario della Regione Calabria, circostanza non certo improvvisa e ignota (bensi' ignorata) posto che il commissariamento della sanita' calabrese perdura da oltre un decennio. A cio' si aggiunga che la dilatazione del periodo di non procedibilita' sino al 31 dicembre 2025 rende lampante l'assenza di un'oculata operazione di bilanciamento tra i vari interessi coinvolti, incidendo in modo diretto e sostanziale anche sugli effetti della citata pronuncia n. 236 del 2021. In relazione a tale ultimo assunto si osserva che nonostante le pronunce dichiarative d'illegittimita' costituzionale producano effetti erga omnes con efficacia ex tunc, salvi i cc.dd. rapporti esauriti, nel caso dei creditori del servizio sanitario calabrese la pronuncia dichiarativa di incostituzionalita' verrebbe, nei fatti, privata dei suoi effetti sostanziale e cio' poiche' la norma sopravvenuta determina un sostanziale prolungamento, senza soluzione di continuita' di quanto disposto con la proroga di cui all'art. 3, comma 8, del d.l. n. 183 del 2020, dichiarata incostituzionale con la piu' volte citata sentenza n. 236 del 2021. E' del tutto evidente che la declaratoria di incostituzionalita' di cui alla sentenza n. 236 sia intervenuta (dicembre 2021) allorquando la norma aveva di fatto esaurito i suoi effetti (previsti sino al 31 dicembre 2021); ne consegue che la disposizione di cui all'art. 16-septies, comma 2 lett. g) nel replicare in termini pedissequi il contenuto dell'art. 117 cit. determina un sostanziale prolungamento degli effetti di una norma di legge dichiarata incostituzionale, ancorche' rispetto al solo territorio della Regione Calabria. A parere di questo giudicante, tale limitata efficacia territoriale non rappresenta un presupposto giustificativo dell'intervento, tale da consentire un superamento in via interpretativa delle criticita' evidenziate, all'opposto evidenzia un ulteriore elemento di frizione costituzionale rispetto al principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. e del suo corollario della ragionevolezza. In tema, la giurisprudenza della Corte costituzionale, sin dai primi anni di attivita', ha affermato che l'eguaglianza «e' principio generale che condiziona tutto l'ordinamento nella sua obiettiva struttura (cosi', sent. n. 25 del 1996)», nonche', secondo la sent. n. 204 del 1982, «canone di coerenza (...) nel campo delle norme del diritto». La lettura che la giurisprudenza della Corte ha dato del principio di eguaglianza - inteso in senso sia formale, quale regola della forza e dell'efficacia della legge, sia sostanziale, quale regola del contenuto della stessa - ha portato a enucleare anche un generale principio di «ragionevolezza», alla luce del quale la legge deve regolare in maniera uguale situazioni uguali a in maniera razionalmente diversa situazione diverse «il principio di eguaglianza e' violato anche quando la legge, senza un ragionevole motivo, faccia un trattamento diverso ai cittadini che si trovino in eguali situazioni (sent. n. 15 del 1960), poiche' l'art. 3 Cost. vieta disparita' di trattamento di situazioni simili e discriminazioni irragionevoli (sent. n. 96 del 1980)». L'applicazione di tali principi al caso di specie rende ampiamente legittimo il dubbio circa la tenuta costituzionale della disposizione di cui all'art. 16-septies lett. g) della legge 17 dicembre 2021 n. 215, di conversione del decreto-legge 21 ottobre 2021 n. 146, rispetto al profilo della ragionevolezza dell'intervento e della disparita' di trattamento in situazioni identiche. Il principio di eguaglianza e il suo corollario della ragionevolezza guardano al beneficiario del diritto sicche', di conseguenza, del tutto immotivata si palesa la diversita' di trattamento su base regionale riservata ai titolari di diritti di credito nei confronti degli enti del servizio sanitario calabrese. Invero, gli effetti della norma di legge comportano che una qualsivoglia persona, fisica o giuridica, titolare di diritti di credito nei confronti degli enti del sistema sanitario potra' efficacemente agire a tutela dei propri diritti in una qualunque regione d'Italia (pur nella perdurante vigenza crisi sanitaria da COVID-19) ma non se il debitore e' un ente del servizio sanitario della Regione Calabria. Ancora, un medesimo soggetto giuridico che vanti diritti di credito nei confronti di plurimi enti del servizio sanitario, sedenti in diverse regioni, potra' agire a tutela dei propri diritti rivolgendosi all'autorita' giudiziaria presso qualsiasi ufficio del territorio nazionale ad eccezione di quelli calabresi, il cui territorio sara' l'unico ad essere inciso da un profondo vulnus nella tutela dei diritti e nella conseguente possibilita' di agire in giudizio. A cio' si aggiunga che oltre a degradare la tutela dei diritti in un'unica regione italiana l'efficacia temporale di tale «blocco sistematico» e' prevista sino al 31 dicembre 2025, termine di gran lunga superiore a quello indicato nelle precedenti norme di analogo tenore, pur dichiarate incostituzionali. La giustificazione dell'intervento non trova neppure la propria fonte nelle imprevedibili difficolta' connesse all'emergenza pandemica (come avvenuto nelle altre disposizioni citate), bensi' nell'esigenza di attenuare gli effetti del fallimento sistematico del sistema sanitario, tanto nella fase di gestione in capo alla Regione Calabria quanto nel lungo decennio di gestione commissariale; il tutto ad esclusivo danno dei titolari di posizioni creditorie, impossibilitati ad agire a tutela dei propri diritti (art. 24 Cost.) mediante avvio di un processo giusto e ragionevole nei suoi tempi (art. 111 Cost.), in manifesta disparita' di trattamento rispetto ai titolari di analoghi diritti vantati nei confronti di enti dei servizi sanitari regionali diversi da quelli della Regione Calabria (art. 3 Cost.) *** In definitiva, le considerazioni che precedono inducono a configurare come rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 16-septies lett. g) della legge n. 17 dicembre 2021 n. 215, di conversione del decreto-legge 21 ottobre 2021 n. 146, sotto un triplice profilo: Anzitutto, in relazione al parametro dell'art. 24 Cost., atteso che il «sacrificio» posto a carico dei creditori degli enti del servizio sanitario regionale (sotto forma di improcedibilita' delle azioni esecutive dagli stessi gia' promosse) non appare «bilanciato» con la previsione di un sistema di effettiva tutela equivalente, con consequenziale vanificazione Firmato Da: Rizzuti Davide Emesso Da: ARUBAPEC S.P.A. NG CA 3 Serial#: 29d72d69b7b5a85c6b1594dd4553c430 degli effetti della tutela giurisdizionale gia' conseguita nei procedimenti esecutivi promossi da quei creditori; in secondo luogo, poi, in relazione altresi' al parametro dell'art. 111 Cost. con riguardo al concetto della «parita' delle armi», atteso che, con la disposizione censurata, il legislatore ha finito per introdurre una fattispecie di ius singulare che - pur originata da ragioni afferenti la necessita' di operare un rientro al disavanzo finanziario - ha determinato uno sbilanciamento fra due posizioni in gioco, esentando quella pubblica, di cui lo Stato risponde economicamente, dagli effetti pregiudizievoli delle condanne giudiziarie subite; in terzo luogo, in relazione al principio di eguaglianza di cui all'art. 3 e del suo corollario della ragionevolezza, posto che la norma in esame ha determinato un'effettiva disparita' di trattamento tra posizioni analoghe introducendo un blocco sistematico in un'unica regione del territorio nazionale con l'ulteriore conseguenza di prolungare (rispetto ai soli creditori degli enti del servizio regionale calabrese) gli effetti di una disposizione normativa gia' dichiarata incostituzionale con la sentenza n. 236 del 2021. Nella misura in cui la disposizione dell'art. 16-septies comma 2 lett. g) dovrebbe trovare applicazione nel caso di specie (con conseguente rilevanza della questione ai fini del prosieguo della presente procedura), pertanto, ritiene questo giudice di disporre d'ufficio la rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la soluzione della questione di legittimita' sopra prospettata. P.Q.M. Letto l'art. 23 della legge n. 87 del 1953: dichiara d'ufficio rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' dell'art. 117, quarto comma, del D.L. n. 34 del 2021, convertito in legge n. 77 del 2021, in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost. e per l'effetto; - Dispone la rimessione degli atti alla Corte costituzionale. - Dichiara sospeso il presente procedimento. - Dispone la comunicazione della presente ordinanza, a cura della cancelleria, alle parti del procedimento, alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Crotone in data 1° febbraio 2022 Il giudice dott. Davide Rizzuti (4) Occorre distinguere tra sospensione propria per pregiudizialita' (art. 295 c.p.c., secondo cui «Il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa») e sospensione impropria in senso stretto (incidente di costituzionalita', questione eurounitaria) e in senso lato (sospensione per questione di costituzionalita' o eurounitaria sollevata da altro giudice), istituto di elaborazione giurisdizionale che, in assenza di una contraria disposizione normativa, e' stato pensato per ragioni di economia processuale, per evitare plurime rimessioni a diverso giudice di identica questione sollevata in altro giudizio.
P.Q.M. Letto l'art. 23 della legge n. 87 del 1953; Dichiara d'ufficio rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' dell'art. 16-septies, lettera g), della legge 17 dicembre 2021, n. 215, di conversione del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, in riferimento agli articoli 24 e 111 della Costituzione e per l'effetto: Dispone la rimessione degli atti alla Corte costituzionale; Dichiara sospeso il presente procedimento; Dispone la comunicazione della presente ordinanza, a cura della cancelleria, alle parti del procedimento, alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosenza, 9 febbraio 2022 Il giudice: Pancaro