N. 42 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 marzo 2022

Ordinanza del 30 marzo 2022 del  Tribunale  amministrativo  regionale
per la Lombardia sul ricorso proposto da F. C.  contro  Ordine  degli
psicologi della Lombardia. 
 
Salute (Tutela della) - Profilassi internazionale - Vaccinazioni anti
  SARS-CoV-2 - Previsione di obblighi vaccinali per gli esercenti  le
  professioni sanitarie e gli operatori di interesse  sanitario  (nel
  caso  di  specie:   professionista,   iscritta   all'Ordine   degli
  Psicologi, esercente la professione di psicologa psicoterapeuta  in
  forma  autonoma)  -   Previsione   che   l'atto   di   accertamento
  dell'inadempimento  dell'obbligo  vaccinale  determina  l'immediata
  sospensione  dall'esercizio  delle  professioni  sanitarie  ed   e'
  annotato nel relativo albo professionale - Omessa limitazione della
  sospensione, come disposto dalla disciplina previgente, dal diritto
  di  svolgere  prestazioni  o  mansioni   che   implicano   contatti
  interpersonali o che  comportano,  in  qualsiasi  altra  forma,  il
  rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2. 
- Decreto-legge  1°  aprile  2021,  n.  44  (Misure  urgenti  per  il
  contenimento dell'epidemia da COVID-19, in materia di  vaccinazioni
  anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici),  convertito,
  con modificazioni, nella legge 28 maggio 2021, n. 76, art. 4, comma
  4,  come  modificato  dall'art.  1,  comma  1,  lettera   b),   del
  decreto-legge 26 novembre 2021,  n.  172  (Misure  urgenti  per  il
  contenimento dell'epidemia da COVID-19  e  per  lo  svolgimento  in
  sicurezza delle attivita' economiche e  sociali),  convertito,  con
  modificazioni, nella legge 21 gennaio 2022, n. 3. 
(GU n.18 del 4-5-2022 )
 
       IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA 
                            Sezione Prima 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro  generale  ...  del  2022,  integrato  da  motivi  aggiunti,
proposto da C F, rappresentata  e  difesa  dall'avvocato  Stefano  De
Bosio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 
    Contro Ordine degli psicologi della  Lombardia,  in  persona  del
Presidente in carica, rappresentato  e  difeso  dall'avvocato  Andrea
Ivan Bullo, con  domicilio  digitale  come  da  PEC  da  Registri  di
Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano  -  corso
Genova n. 14; 
    Per l'annullamento: 
        del provvedimento del ...  ,  con  il  quale  l'Ordine  degli
psicologi della Lombardia ha  sospeso  la  ricorrente  dall'esercizio
della professione, senza limitare detta sospensione alle  prestazioni
od alle mansioni che implicano contatti interpersonali o  comportano,
in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione  del  contagio  da
Sars-CoV-2; 
        dell'annotazione della sospensione della ricorrente nell'Albo
on-line degli psicologi della Lombardia fino al ... ,  effettuata  in
data ... ; 
        di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  dell'Ordine  degli
psicologi della Lombardia; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Relatore nella Camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2022  la
dott.ssa Rosanna Perilli e uditi  per  le  parti  i  difensori,  come
specificato nel verbale; 
    1. La  ricorrente,  iscritta  all'Ordine  degli  psicologi  della
Lombardia, esercita la professione  di  psicologa  psicoterapeuta  in
forma autonoma, dall'anno 1993. 
    Con decreto presidenziale n. ... del ... l'Ordine degli psicologi
della Lombardia, in seguito al ricevimento dell'atto di  accertamento
dell'inosservanza dell'obbligo vaccinale, adottato  dall'Azienda  per
la tutela della salute  della  Citta'  metropolitana  di  Milano,  ha
annotato nell'Albo la  sospensione  della  ricorrente,  comminata  ai
sensi dell'art. 4, comma 6, del decreto-legge 1° aprile 2021, n.  44,
convertito nella legge 28 maggio  2021,  n.  76,  nella  formulazione
vigente ratione temporis,  il  quale  contempla  la  sospensione  del
sanitario dallo svolgimento delle prestazioni o delle  mansioni  «che
implicano contatti interpersonali o comportano,  in  qualsiasi  altra
forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2». 
    Con nota del ... il Presidente dell'Ordine degli psicologi  della
Lombardia ha comunicato alla  ricorrente  che,  in  caso  di  mancata
ricezione della documentazione  di  cui  all'art.  4,  comma  3,  del
decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito nella legge 28 maggio
2021, n. 76, e nelle more modificato dal  decreto-legge  26  novembre
2021, n. 172, convertito nella legge 21 gennaio 2022, n.  3,  sarebbe
stata  sospesa  «senza  indicazione  delle   ragioni   sottese   alla
sospensione» da tutte le attivita' riconducibili all'esercizio  della
professione «fino alla data di comunicazione  del  completamento  del
ciclo vaccinale primario ovvero della somministrazione della dose  di
richiamo e comunque non oltre sei mesi decorrenti dal ... ». 
    In assenza di un positivo riscontro alla predetta nota,  l'Ordine
degli psicologi della Lombardia  ha  annotato  nell'Albo  on-line  la
sospensione   della    ricorrente    dall'esercizio    dell'attivita'
professionale. 
    1.1. La ricorrente ha domandato l'annullamento del  provvedimento
del  ...  , con  il  quale  e'  stata  disposta  la  conferma   della
sospensione  dall'esercizio  dell'attivita'  professionale,  e  della
conseguente  annotazione  nell'Albo  on-line  degli  psicologi  della
Lombardia, per i seguenti motivi: 
        a)   per   l'irragionevolezza   della   modificazione   della
disciplina legislativa relativa all'obbligo  vaccinale  imposto  agli
esercenti le professioni sanitarie, introdotta dall'art. 1, comma  1,
lettera b), del decreto-legge 26 novembre 2021,  n.  172,  convertito
con modificazioni nella legge 21 gennaio 2022, n. 3, nella  parte  in
cui, all'art.  4,  comma  4,  dispone  che  «l'atto  di  accertamento
dell'inadempimento dell'obbligo  vaccinale...  determina  l'immediata
sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie ed e' annotato
nel  relativo  Albo  professionale»  e  dunque,  a  differenza  della
disciplina previgente contenuta nel comma 6 dell'art. 4,  non  limita
piu' la sospensione dall'esercizio dalla professione  alle  attivita'
che «implicano contatti interpersonali  o  comportano,  in  qualsiasi
altra forma, il rischio di diffusione  del  contagio  da  SARS-CoV-2»
(primo motivo di ricorso). 
        In particolare, la ricorrente sostiene che  la  modificazione
del testo legislativo avrebbe sostanzialmente attribuito all'atto  di
accertamento dell'inadempimento  dell'obbligo  vaccinale  una  natura
sanzionatoria,  in  contrasto  con  la  natura  «non   disciplinare»,
espressamente attribuitagli dalla medesima disposizione di legge; 
        b) per la violazione dell'art. 4, comma 3, del  decreto-legge
1° aprile 2021, n. 44, convertito nella legge 28 maggio 2021, n.  76,
per come modificato dal  decreto-legge  26  novembre  2021,  n.  172,
convertito nella legge  21  gennaio  2022,  n.  3,  poiche'  l'Ordine
professionale  ha  omesso   di   comunicarle   che   la   sospensione
dall'esercizio della professione avrebbe potuto essere evitata  anche
con «la presentazione della richiesta di vaccinazione,  da  eseguirsi
entro un  termine  non  superiore  a  venti  giorni  dalla  ricezione
dell'invito» (secondo motivo di ricorso); 
        c) per il contrasto della modificazione dell'art. 4, comma 4,
introdotta dall'art. 1, comma 1, lettera  b),  del  decreto-legge  26
novembre 2021, n. 172, convertito nella legge 21 gennaio 2022, n.  3,
con il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione,
in quanto «tratta l'esercizio della professione  senza  contatto  col
pubblico  in  modo  identico  all'esercizio  della  professione   con
contatto con il pubblico», discriminando, in tal modo, i sanitari  la
cui  attivita'  deve  svolgersi  necessariamente  alla  presenza  dei
pazienti e di altro personale dai sanitari che possono «esercitare la
professione da remoto» (terzo motivo di ricorso). 
    La ricorrente ha altresi'  eccepito  il  contrasto  dell'art.  4,
comma 4, con gli articoli 32, comma primo, 1, 2, 4, 33, comma primo e
41, comma primo, della Costituzione nonche' con gli articoli 6,  7  e
13 della Convenzione per la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e
delle liberta' fondamentali (CEDU), in quanto: 
        1) l'esercizio della professione di psicologo con modalita' a
distanza diminuirebbe il rischio di contagio, rispetto  all'esercizio
frontale  della  stessa  da  parte  del  professionista   che   abbia
completato  il  ciclo  vaccinale,  e  consentirebbe  al  contempo  di
preservare la continuita' dei rapporti instaurati tra lo psicologo ed
i pazienti che ricorrono alle sue cure; 
        2)  non  tutta   l'attivita'   professionale   svolta   dallo
psicologo, per come definita dall'art.  1  della  legge  18  febbraio
1989, n. 56,  «Ordinamento  della  professione  di  psicologo»,  puo'
essere classificata come attivita' sanitaria; 
        3) la sospensione da tutta l'attivita' professionale  sarebbe
sproporzionata, ai sensi dell'art.  49,  comma  3,  della  Carta  dei
diritti fondamentali dell'Unione europea, rispetto al fine di  tutela
della salute  collettiva,  almeno  per  quei  professionisti  che  la
svolgono esclusivamente in forma di lavoro autonomo. 
    La ricorrente ha infine eccepito il contrasto dell'art. 4,  comma
4, con l'art. 77  della  Costituzione,  in  quanto  la  modificazione
sostanziale  apportata  alla  disciplina  emergenziale   dell'obbligo
vaccinale  per  i   sanitari   difetterebbe   dei   requisiti   della
straordinarieta', della necessita' e  dell'urgenza,  nonche'  con  il
principio di irretroattivita'  della  disciplina  sanzionatoria  piu'
sfavorevole,  di  cui  agli  articoli  25,   comma   secondo,   della
Costituzione e 7 della Convenzione europea per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali  (terzo  motivo  di
ricorso). 
    La ricorrente ha espressamente chiesto al  Collegio  di  adottare
un'interpretazione costituzionalmente orientata  della  norma  e,  in
subordine, di sollevare la questione di  legittimita'  costituzionale
della  stessa  per  violazione   dei   parametri   e   dei   principi
costituzionali  sopra  indicati,  previa  concessione  della   misura
cautelare della sospensione dei provvedimenti impugnati. 
    1.2. Si e' costituito in giudizio l'Ordine degli psicologi  della
Lombardia, il quale ha preliminarmente eccepito: 
        a) il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in
favore  della  giurisdizione  della  Commissione  centrale  per   gli
esercenti le professioni sanitarie,  istituita  presso  il  Ministero
della salute; 
        b) l'inammissibilita' del ricorso per  carenza  di  interesse
alla  sua  decisione,  in  quanto  la  ricorrente  sarebbe   comunque
obbligata a sottoporsi alla vaccinazione, in  virtu'  dell'estensione
dell'obbligo vaccinale agli ultra  cinquantenni,  disposta  dall'art.
4-ter  del  decreto-legge 1°  aprile  2021,  n.  44,  convertito  con
modificazioni nella legge 28 maggio 2021, n. 76, introdotto dall'art.
1, comma 1, del decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1. 
    Nel merito, l'Ordine degli psicologi della Lombardia ha resistito
alle censure specificate nei motivi di ricorso, del quale ha  chiesto
il rigetto. 
    1.3. Alla Camera di consiglio del 9 febbraio 2022, fissata per la
trattazione della domanda cautelare, la causa  e'  stata  discussa  e
trattenuta in decisione e la domanda cautelare e'  stata  decisa  con
separata ordinanza. 
    2. L'art. 4 del decreto-legge 1° aprile 2021, n.  44,  convertito
con modificazioni nella legge 28 maggio 2021, n. 76,  ha  introdotto,
per gli  esercenti  le  professioni  sanitarie  e  gli  operatori  di
interesse sanitario, l'obbligo di sottoporsi a vaccinazione  gratuita
per la prevenzione dell'infezione da Sars-CoV-2. 
    La disposizione, nel testo vigente sino al 26 novembre  2021,  ha
disciplinato  le  varie  fasi  del  procedimento  per  l'accertamento
dell'inosservanza  dell'obbligo  vaccinale  ed  ha  previsto,   quale
conseguenza dell'atto di accertamento adottato dall'azienda sanitaria
locale,  «la  sospensione  dal  diritto  di  svolgere  prestazioni  o
mansioni che implicano contatti interpersonali o che  comportano,  in
qualsiasi altra forma, il  rischio  di  diffusione  del  contagio  da
Sars-CoV-2». 
    2.1. Con sentenza n. 109 del 17 gennaio 2022  questa  Sezione  ha
fornito un'interpretazione restrittiva, compatibile  con  la  lettera
della legge e conforme ai principi costituzionali, dell'art. 4, comma
6,  del  decreto-legge  1°  aprile  2021,  n.  44,   convertito   con
modificazioni nella legge 28 maggio 2021, n. 76. 
    Sulla scorta di tale interpretazione, gli  effetti  dell'atto  di
accertamento dell'inosservanza dell'obbligo vaccinale  devono  essere
circoscritti alla sospensione  del  sanitario  dallo  svolgimento  di
quelle prestazioni e mansioni che comportano contatti  interpersonali
fisici o di prossimita' e di quelle  che,  pur  non  implicando  tali
contatti, comportano comunque un rischio di diffusione  del  contagio
da Sars-CoV2. 
    Questa Sezione ha ritenuto che tale  interpretazione  restrittiva
della  norma  sia  l'unica  che  consenta  di  contemperare,  in  una
situazione di emergenza epidemiologica, tutti i  rilevanti  interessi
coinvolti, quali il perseguimento dei fini primari della tutela della
salute pubblica e della sicurezza nell'erogazione  delle  prestazioni
di cura e di assistenza, l'interesse del  sanitario  a  continuare  a
svolgere la propria attivita' lavorativa nonche'  gli  interessi  dei
pazienti ad ottenere un'efficace risposta alla crescente  domanda  di
prestazioni   sanitarie   e   ad   essere   adeguatamente   informati
dell'osservanza dell'obbligo vaccinale da parte dei professionisti ai
quali si affidano. 
    2.2. La  predetta  disciplina  normativa  e'  stata  radicalmente
modificata dall'art. 1, comma 1, lettera  b),  del  decreto-legge  26
novembre 2021, n. 172, convertito con modificazioni  nella  legge  21
gennaio 2022, n. 3, il quale, all'art. 4, comma 4: 
        a) ha attribuito agli Ordini professionali la  competenza  ad
esercitare il potere di accertamento dell'inadempimento  dell'obbligo
vaccinale; 
        b) ha qualificato la natura dell'atto  di  accertamento  come
«dichiarativa» e «non disciplinare»; 
        c) ha espunto dal testo legislativo, per quanto  riguarda  la
sospensione  dall'esercizio  della  professione,  il  riferimento  al
divieto di svolgere solo quelle «prestazioni o mansioni che implicano
contatti interpersonali o che comportano, in qualsiasi  altra  forma,
il rischio di diffusione del contagio  da  SAR-CoV-2»,  in  tal  modo
affermando la  chiara  volonta'  di  vietare  ai  professionisti  non
vaccinati  l'esercizio  di  qualsiasi  attivita'  riconducibile  alle
professioni  sanitarie,  per  le  quali  e'  richiesta   l'iscrizione
nell'albo professionale. 
    2.3. Il Collegio dubita della legittimita'  costituzionale  della
modificazione apportata all'art. 4, comma  4,  del  decreto-legge  1°
aprile 2021, n. 44,  convertito  con  modificazioni  nella  legge  28
maggio  2021,  n.  76,  dall'art.  1,  comma  1,  lettera   b),   del
decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172,  convertito  nella  legge  21
gennaio 2022, n. 3, nella parte in cui ha espunto dal testo normativo
il divieto di  svolgere  solo  quelle  «prestazioni  o  mansioni  che
implicano contatti interpersonali  o  che  comportano,  in  qualsiasi
altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SAR-CoV-2», per
contrasto con i principi di ragionevolezza e di proporzionalita',  di
cui all'art. 3 della Costituzione, quest'ultimo anche con riferimento
agli articoli 1, 2, 4, 32, comma primo, 35, comma primo, e 36,  comma
primo, della Costituzione. 
    La sospensione del  professionista  dall'esercizio  di  tutte  le
prestazioni riconducibili all'esercizio dell'attivita'  professionale
ha  determinato,   a   parere   del   Collegio,   un   ingiustificato
peggioramento della condizione lavorativa, a fronte del quale non  si
registrano evidenze di  maggiori  garanzie  di  tutela  della  salute
collettiva, ed un sacrificio  irragionevole  e  sproporzionato  dello
svolgimento  della  professione  da  parte  dei  lavoratori  autonomi
rispetto  agli  obiettivi  che  la  norma  intende   realizzare.   La
modificazione del  testo  legislativo,  mediante  l'espunzione  della
locuzione sopra indicata, si pone inoltre in  contraddizione  con  la
natura   meramente    dichiarativa    dell'atto    di    accertamento
dell'inadempimento  dell'obbligo  vaccinale,  affermata   all'interno
della medesima disposizione, e non sembra coerente con la ratio della
disciplina emergenziale epidemiologica da Sars-Cov-2, che e'  quella,
individuata nell'art. 4, comma 1, nel «fine  di  tutelare  la  salute
pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione
delle  prestazioni  di  cura  e  assistenza»,  sino   alla   completa
attuazione del piano vaccinale. 
    3.  Il  Collegio  ritiene  che  la  questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 4, comma  4,  del  decreto-legge  1°  aprile
2021, n. 44, convertito nella legge 28 maggio 2021, n. 76,  per  come
modificato dall'art. 1, comma 1, lettera  b),  del  decreto-legge  26
novembre 2021, n. 172, convertito nella legge 21 gennaio 2022, n.  3,
sia rilevante nel presente giudizio  impugnatorio,  in  quanto  dalla
decisione della Corte costituzionale dipende l'esito del primo e  del
terzo motivo di ricorso, con i quali la ricorrente  ha  censurato  la
ragionevolezza e la compatibilita' con i principi costituzionali  del
potere attribuito dalla norma agli Ordini professionali. 
    3.1. Ai fini della  rilevanza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale, deve prioritariamente procedersi alla verifica  della
sussistenza  dei   presupposti   processuali   e   delle   condizioni
dell'azione proposta nel giudizio  a  quo  (Corte  costituzionale,  9
febbraio 2011, n. 41; 22 luglio 2010, n. 270). 
    3.2. Il Collegio ritiene sussistere  il  presupposto  processuale
della giurisdizione del giudice remittente. 
    L'eccezione di difetto di  giurisdizione,  sollevata  dall'Ordine
degli psicologi della Lombardia nella memoria depositata  in  data  4
febbraio 2022, e' destituita di fondamento. 
    Ai sensi dell'art. 3, comma 4, del decreto legislativo  del  Capo
provvisorio  dello  Stato  13  settembre  1946,  n.  233,  contro   i
provvedimenti adottati dagli Ordini e dai Collegi  delle  professioni
sanitarie in determinate materie, tra le  quali  sono  ricomprese  le
sanzioni disciplinari irrogate per le  violazioni  deontologiche,  e'
ammesso il ricorso alla Commissione centrale  per  gli  esercenti  le
professioni  sanitarie  (d'ora  in  avanti  solo  CCEPS),  organo  di
giurisdizione speciale istituito presso il Ministero della salute. 
    Ai  sensi  dell'art.  19  del  decreto   legislativo   del   Capo
provvisorio dello  Stato  13  settembre  1946,  n.  233,  avverso  le
decisioni della CCEPS e' infatti  ammesso  il  ricorso  alle  Sezioni
unite  della  Corte  di  cassazione   per   motivi   attinenti   alla
giurisdizione, ai sensi dell'art. 362, comma  primo,  del  codice  di
procedura civile, nonche' il ricorso per cassazione per violazione di
legge, ai sensi dell'art. 111, comma settimo, della Costituzione. 
    L'art. 4, comma 4, esclude espressamente la  natura  disciplinare
dell'atto di accertamento dell'inadempimento  dell'obbligo  vaccinale
ed attribuisce agli Ordini professionali il potere di accertamento di
una violazione di un obbligo di  natura  non  deontologica,  volto  a
tutelare in via precauzionale  la  salute  pubblica  e  la  sicurezza
nell'accesso alle cure sanitarie. 
    La natura  dichiarativa  e  non  disciplinare  del  provvedimento
impugnato esclude pertanto in radice  l'attribuzione  della  presente
fattispecie alla giurisdizione speciale della CCEPS. 
    Il Collegio osserva che neppure il richiamo effettuato  dall'art.
4, comma 4, all'art. 4, comma 4, del  decreto  legislativo  del  Capo
provvisorio dello Stato 13 settembre  1946,  n.  233,  e'  idoneo  ad
attribuire  la  giurisdizione  sull'accertamento   dell'inadempimento
dell'obbligo vaccinale alla CCEPS, atteso che esso si riferisce  alla
differente   fattispecie   dell'inosservanza   degli   obblighi    di
comunicazione del suo mancato adempimento alle Federazioni  nazionali
competenti ed ai datori di lavoro, imposti agli Ordini professionali. 
    3.3.  La  natura  dichiarativa,  espressamente  attribuita  dalla
disposizione all'atto di accertamento dell'inadempimento dell'obbligo
vaccinale, non e' idonea ad attribuire la  giurisdizione  neppure  al
giudice ordinario. 
    La natura dichiarativa si esaurisce  infatti  nella  funzione  di
accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale, il  quale  ha
ad  oggetto  i  presupposti  dell'esercizio  del   potere   vincolato
attribuito agli  Ordini  professionali,  il  cui  effetto  e'  quello
dell'automatica ed immediata sospensione del professionista  iscritto
all'Albo dall'esercizio di tutta l'attivita' professionale. 
    L'esercizio del potere amministrativo,  a  fronte  del  quale  si
staglia  la  situazione  soggettiva  dell'interesse   legittimo,   e'
pertanto sufficiente, ai sensi dell'art. 7, commi 1 e 4,  del  codice
del processo amministrativo, a radicare la giurisdizione del  giudice
amministrativo. 
    3.4.  Il  Collegio  ritiene  sussistere   anche   le   condizioni
dell'azione di annullamento proposta nel giudizio a quo. 
    La  ricorrente,  nella  qualita'  di  destinataria  dell'atto  di
accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale e dell'effetto
legale ad esso conseguente, e' certamente legittimata ad impugnare il
provvedimento   di   conferma   della   sospensione    dall'esercizio
dell'attivita' professionale e la  sua  annotazione  nell'Albo  degli
psicologi on-line. 
    In virtu' della clausola di chiusura  e  di  salvaguardia  «fermo
restando quanto previsto dagli articoli 4, 4-bis e 4-ter»,  contenuta
nell'art.  4-quater  del  decreto-legge  1°  aprile  2021,   n.   44,
convertito con modificazioni nella  legge  28  maggio  2021,  n.  76,
introdotto dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge 7 gennaio 2022, n.
1, la disciplina dell'obbligo vaccinale  imposto  agli  esercenti  le
professioni sanitarie e' collocata  in  un  rapporto  di  specialita'
rispetto alla disciplina dell'obbligo vaccinale  imposto  agli  altra
cinquantenni. 
    Osserva il Collegio che la ricorrente non contesta  l'imposizione
dell'obbligo vaccinale ne' l'accertamento del  suo  inadempimento  ma
solo gli effetti ostativi, automatici e totalizzanti, che ad esso  la
legge ricollega; essa vanta pertanto un interesse specifico, concreto
ed attuale alla decisione del primo e del terzo motivo  del  ricorso,
con i quali ha censurato, nella specifica qualita' di  esercente  una
professione   sanitaria,   l'irragionevolezza   e   la   sproporzione
dell'ampiezza di tale effetto preclusivo. 
    4. Sempre in tema di rilevanza della  questione  di  legittimita'
costituzionale, l'attuale formulazione dell'art. 4, comma 4, dovrebbe
indurre il Collegio a rigettare  il  primo  ed  il  terzo  motivo  di
ricorso   poiche'   l'Ordine   degli   psicologi   della   Lombardia,
nell'esercizio del potere vincolato attribuitogli  dalla  norma,  non
potrebbe che  limitarsi  ad  accertare  l'inadempimento  dell'obbligo
vaccinale, al quale la legge riconnette  l'effetto  automatico  della
sospensione   assoluta,   sia   pure    temporanea,    dall'esercizio
dell'attivita' professionale. 
    Ove   invece   la   Corte   costituzionale   dovesse   dichiarare
l'illegittimita' dell'art. 4, comma 4, nella parte in cui preclude al
professionista iscritto all'Albo di esercitare anche quelle attivita'
che non implicano un contatto fisico o di prossimita' con i  pazienti
e che comunque non comportano un rischio di diffusione  del  contagio
da Sars-CoV-2, il Collegio dovrebbe invece annullare il provvedimento
impugnato per i vizi specificamente dedotti nel  primo  e  nel  terzo
motivo del ricorso. 
    4.1. Ai fini della verifica della rilevanza  della  questione  di
legittimita' costituzionale, deve infine ritenersi che, in seguito al
principio affermato dalla  Corte  costituzionale  nella  sentenza  16
luglio 2014, n. 200, la contestuale pronuncia del giudice  remittente
sulla misura cautelare non e' idonea a configurare la non  attualita'
della questione, atteso che, ai sensi dell'art.  55,  comma  11,  del
codice del  processo  amministrativo,  la  concessione  della  misura
cautelare  determina  l'instaurazione  della  fase  del  merito   del
giudizio, senza necessita' di ulteriori adempimenti processuali. 
    4.2. La questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  4,
comma 4, del decreto-legge 1° aprile 2021, n.  44,  convertito  nella
legge 28 maggio 2021, n. 76, percome modificato dall'art. 1, comma 1,
lettera b), del decreto-legge 26 novembre 2021,  n.  172,  convertito
nella legge 21 gennaio 2022, n. 3, deve  dunque  ritenersi  rilevante
nella decisione del presente giudizio, il quale, ai  sensi  dell'art.
23 della legge 11  marzo  1953,  n.  87,  non  puo'  essere  definito
indipendentemente dalla risoluzione della stessa. 
    5. Il Collegio reputa di non poter percorrere, come espressamente
richiesto  dalla  parte  ricorrente,  la   via   dell'interpretazione
conforme della norma  sospettata  di  illegittimita'  costituzionale,
sulla scorta delle medesime argomentazioni espresse da questa Sezione
nella sentenza del 17 gennaio 2022, n. 109, in quanto  le  stesse  si
riferiscono  alla   disciplina   della   sospensione   dall'attivita'
professionale contenuta nella norma previgente. 
    L'obbligo imposto al giudice remittente  di  vagliare,  prima  di
sollevare   la   questione   di   legittimita'   costituzionale,   la
percorribilita'  di  tutte  le  ipotesi  ermeneutiche   astrattamente
possibili per attribuire alla norma un significato non  incompatibile
con i principi costituzionali incontra infatti il limite invalicabile
apposto  all'attivita'  esegetica,  costituito   dalla   formulazione
letterale della disposizione. 
    Con l'espunzione dall'articolato della locuzione  «prestazioni  o
mansioni che implicano contatti interpersonali o che  comportano,  in
qualsiasi altra forma, il  rischio  di  diffusione  del  contagio  da
SAR-CoV-2», il legislatore ha esplicitato la chiara volonta' di porre
la  nuova  disciplina  in  rapporto  di  discontinuita'  con   quella
precedente  e  di  estromettere  percio'  il  sanitario  inadempiente
all'obbligo vaccinale dall'esercizio di tutte  le  attivita'  oggetto
della professione, le quali devono essere individuate per  relationem
mediante il rinvio al singolo ordinamento sezionale della professione
regolamentata. 
    Per quel che riguarda la professione di psicologo psicoterapeuta,
tali attivita' sono tassativamente indicate dall'art. 1  della  legge
18  febbraio  1989,  n.  56,  «Ordinamento   della   professione   di
psicologo»,      nella       prevenzione,       nella       diagnosi,
nell'abilitazione-riabilitazione  e  nel   sostegno   nonche'   nella
sperimentazione, nella ricerca e  nella  didattica  che  si  svolgono
nell'ambito psicologico. 
    Il Collegio ritiene percio'  che  la  sopravvenuta  modificazione
della disciplina legislativa gli precluda in assoluto la possibilita'
di adottare interpretazioni restrittive della  stessa,  le  quali  si
porrebbero in contrasto con la sua formulazione letterale. 
    6. La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma
4, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito nella legge 28
maggio 2021, n. 76, percome modificato dall'art. 1, comma 1,  lettera
b), del decreto-legge 26 novembre  2021,  n.  172,  convertito  nella
legge 21 gennaio 2022, n. 3, nella parte in cui non limita (piu')  la
sospensione   dall'esercizio   dell'attivita'   professionale    alle
«prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali  o  che
comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio  di  diffusione  del
contagio da SAR-CoV-2», non si presenta neppure  come  manifestamente
infondata. 
    6.1. Il Collegio dubita della compatibilita'  della  disposizione
con il principio  di  ragionevolezza,  corollario  del  principio  di
eguaglianza sostanziale di  cui  all'art.  3,  comma  secondo,  della
Costituzione, e dunque della razionalita' dell'estensione del divieto
di svolgere  l'attivita'  professionale  a  tutte  le  attivita'  che
richiedono la  previa  iscrizione  nell'albo  professionale,  incluse
quelle che non comportano alcun rischio di diffusione del contagio da
Sars-CoV-2, in relazione ai fini primari della  tutela  della  salute
pubblica e del mantenimento  di  «adeguate  condizioni  di  sicurezza
nelle prestazioni  di  cura  ed  assistenza»  durante  la  situazione
epidemica da Sars-CoV-2. 
    Cio' e' tanto piu' evidente nello specifico  ambito  psicologico,
nel quale molte attivita' si prestano ad essere svolte senza contatto
fisico con il paziente e con modalita' a distanza mediante l'utilizzo
dei comuni strumenti telematici e telefonici. 
    La modalita' di contatto a distanza non solo e'  praticabile  con
successo  -   analogamente   a   quanto   si   verifica   nell'ambito
dell'istruzione pubblica o privata - per le attivita' di ricerca e di
didattica   ma   rappresenta   un   metodo   relazionale   economico,
sostenibile, semplice, sicuro ed efficace anche  per  lo  svolgimento
delle   attivita'    di    prevenzione,    diagnosi,    abilitazione,
riabilitazione e sostegno in ambito psicologico. 
    6.2. L'art. 4, comma 4, sembra difettare anche di una  intrinseca
coerenza logica. 
    Il legislatore, nell'esercizio della sua  discrezionalita',  puo'
aggravare  gli  effetti  dell'accertamento  della  violazione  di  un
obbligo ma deve comunque individuare degli specifici presupposti  che
siano idonei a giustificare detto aggravamento. 
    Tali presupposti non risultano individuati, atteso che,  rispetto
alla disciplina previgente, lo scopo primario che  la  norma  intende
perseguire, ossia quello  di  tutelare  la  salute  pubblica  in  una
situazione   emergenziale   epidemiologica   mediante   la   garanzia
dell'accesso alle cure ed alle prestazioni sanitarie in condizioni di
sicurezza, e' rimasto sostanzialmente immutato. 
    6.3. Il Collegio riscontra  un  ulteriore  possibile  profilo  di
incoerenza interna della disciplina legislativa, nella parte in  cui,
all'art. 4, comma  7,  impone  al  datare  di  lavoro  di  adibire  i
lavoratori dipendenti, per i quali la vaccinazione sia stata omessa o
differita ai sensi del comma 2,  «a  mansioni  anche  diverse,  senza
decurtazione della retribuzione, in modo da  evitare  il  rischio  di
diffusione del contagio da SARS-CoV-2». 
    La norma dimostra che un'organizzazione alternativa e  temporanea
delle modalita' di esercizio della  professione  sanitaria,  che  non
comporti i paventati rischi di diffusione del contagio da Sars-CoV-2,
e' sempre perseguibile in concreto e che,  se  essa  e'  utilizzabile
nell'ambito  del  lavoro  dipendente,   a   fortiori   puo'   esserlo
nell'ambito del lavoro autonomo, in cui gli spazi di autonomia  e  di
assunzione  del  rischio  operativo   riservati   al   professionista
consentono  senz'altro  una  maggiore  flessibilita'   nell'esercizio
dell'attivita' professionale. 
    Cio'  di  cui  dubita  il  Collegio  e'  dunque   la   congruita'
dell'effetto  legale  della  sospensione  da  qualsivoglia  attivita'
lavorativa, senza  distinzioni  di  sorta,  rispetto  alla  peculiare
situazione  di  fatto  in  cui  si  trova  il   professionista   che,
assumendosene il rischio, ha scelto di esercitare in  forma  autonoma
una professione sanitaria. 
    La conservazione dell'attuale formulazione dell'art. 4, comma  4,
finirebbe  dunque   per   creare   un'ingiustificata   ed   eccessiva
penalizzazione di quei professionisti che,  pur  senza  incorrere  in
violazioni disciplinari o penali, subiscono la perdita temporanea  di
un requisito per l'esercizio della professione, introdotto in via  di
urgenza dalla disciplina emergenziale ed in una fase successiva  alla
loro ammissione nell'ordinamento sezionale professionale. 
    7.  Il  Collegio  dubita  altresi'  della  compatibilita'   della
disposizione  dell'art.   4,   comma   4,   con   il   principio   di
proporzionalita' di cui all'art. 3 della Costituzione, sia  sotto  il
profilo  dell'adeguatezza  della  limitazione  automatica  e   totale
imposta all'esercizio della professione sanitaria, rispetto  al  fine
di interesse pubblico ad essa sotteso, sia con riferimento  all'esito
della valutazione comparativa tra i costi ed i benefici dalla  stessa
ritraibili. 
    7.1. L'effetto automaticamente ed integralmente preclusivo  dello
svolgimento dell'attivita' professionale, previsto per i sanitari che
sono iscritti nell'albo professionale, non  pare  giustificato  dalla
qualificazione della vaccinazione  quale  «requisito  essenziale  per
l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle  prestazioni
lavorative  dei  soggetti  obbligati»,  le   cui   conseguenze   sono
sproporzionate rispetto a quelle contemplate dall'art.  4,  comma  6,
che   qualifica   la   vaccinazione   come   «requisito    ai    fini
dell'iscrizione»  per  la  prima  volta  negli  albi   degli   Ordini
professionali territoriali. 
    Applicare il medesimo trattamento inibitorio sia al sanitario non
vaccinato al quale si nega  l'immissione  nell'ordinamento  sezionale
mediante la prima iscrizione nell'albo professionale che al sanitario
non vaccinato gia' iscritto all'albo significa infatti non tenere  in
adeguata considerazione la differente situazione di quest'ultimo,  il
quale, proprio in virtu' dell'iscrizione  all'albo,  ha  maturato  il
legittimo affidamento al mantenimento della stessa, ove  non  incorra
in violazioni penali o disciplinari. 
    L'attuale formulazione della norma  rischia  pertanto  di  creare
un'irragionevole  parita'  di  trattamento  a  fronte  di  situazioni
francamente disomogenee. 
    Il mero differimento della prima  iscrizione  nell'albo,  per  il
termine di sei mesi a decorrere dal ... , e'  infatti  un  sacrificio
tollerabile rispetto ai fini pubblici da perseguire. 
    Diversamente,  la  sospensione  totale  dall'attivita',  per   il
medesimo  termine  semestrale,  del  libero  professionista  iscritto
all'albo   rischia   di    determinare    effetti    pregiudizievoli,
potenzialmente irreversibili, sull'avviamento professionale, quali la
perdita della  clientela  e  delle  relazioni  professionali  nonche'
l'improvvisa  cassazione  del  flusso  reddituale,   sul   quale   il
professionista  deve  poter  fare  affidamento  non   solo   per   il
sostentamento personale e familiare ma anche  per  mantenere  integra
l'organizzazione professionale di cui si e' dotato. 
    A tal proposito, occorre ricordare che, ai sensi  dell'art.  2231
del codice civile, il contratto stipulato con il  professionista  che
non sia iscritto all'albo e' nullo e non gli conferisce alcuna azione
per il pagamento della retribuzione, neppure  quella  sussidiaria  di
cui all'art. 2041 del codice civile. 
    Come evidenziato dall'Ordine resistente nel provvedimento del ...
, l'esercizio della professione da parte del  professionista  sospeso
dall'albo integra poi  il  fatto  tipico  del  delitto  di  esercizio
abusivo della professione, previsto e punito dall'art. 348 del codice
penale. 
    Effetti    pregiudizievoli,    anche    questi     potenzialmente
irreversibili, sono ravvisabili anche in relazione  all'esigenza  dei
pazienti di  non  vanificare  l'efficacia  del  percorso  psicologico
intrapreso con un determinato professionista, la quale presuppone  la
coltivazione costante di un rapporto fiduciario tra lo psicologo e la
persona che domanda sostegno psicologico, oggetto di una  prestazione
sanitaria non fungibile. 
    7.2. Il sacrificio totale,  sia  pure  temporaneo,  imposto  agli
interessi antagonisti dei professionisti lavoratori  autonomi  e  dei
pazienti sembra dunque non proporzionato  al  fine  di  tutela  della
salute pubblica mediante l'erogazione delle prestazioni sanitarie  in
condizioni di sicurezza, in  quanto  l'esito  del  bilanciamento  dei
rilevantissimi  interessi  coinvolti,  effettuato   dal   legislatore
nell'esercizio dell'ampia discrezionalita' politica,  conduce  ad  un
risultato implausibile. 
    La scelta legislativa di apporre una  preclusione  assoluta  allo
svolgimento dell'attivita' professionale  svolta  in  forma  autonoma
sembra infatti essere andata di gran lunga oltre  il  necessario  per
conseguire l'obiettivo di tutela prefigurato dalla  norma,  il  quale
avrebbe potuto essere realizzato, con pari efficacia,  anche  con  il
piu' mite divieto di intrattenere  contatti  di  prossimita'  con  il
paziente  o  dai  quali  derivi  comunque  un  rischio  concreto   di
diffusione del contagio da Sars-CoV-2. 
    7.3. Il divieto assoluto di svolgere  l'attivita'  professionale,
imposto ai professionisti che la esercitano in  forma  autonoma,  non
sembra pertanto costituire il mezzo piu' adeguato  per  garantire  il
contestuale    parziale    soddisfacimento     dell'interesse     del
professionista   a   svolgere   l'attivita'   lavorativa   ricompresa
nell'ambito settoriale di riferimento, tutelato dagli articoli 1,  2,
4, 35, comma primo e 36, comma primo della Costituzione, quale  mezzo
di  esplicazione  della  propria  personalita'  e  di   sostentamento
personale e  familiare,  nonche'  dell'interesse  dei  pazienti  alla
continuita' dell'erogazione delle prestazioni sanitarie in condizioni
di sicurezza, tutelato dall'art. 32, comma primo, della Costituzione,
i quali rappresentano valori  fondamentali,  di  cui  il  legislatore
avrebbe  dovuto  tenere  adeguata  considerazione,   imponendone   il
sacrificio totale  -  ancorche'  temporaneo -  quale  extrema  ratio,
ovvero solo ove non fosse stato possibile individuare  una  soluzione
alternativa meno gravosa. 
    7.4. Il  Collegio  ritiene  che  la  temporaneita'  della  misura
interdittiva adottata dal legislatore non sia idonea, di per  se',  a
giustificare il sacrificio totale degli interessi antagonisti, atteso
che  lo  stesso  e'  potenzialmente  in  grado  di  produrre  effetti
gravemente pregiudizievoli, a volte irreversibili. 
    La non prevedibilita' della  durata  della  situazione  epidemica
preclude inoltre ai professionisti ed ai pazienti di calcolare con un
sufficiente  grado  di  approssimazione  l'entita'   del   sacrificio
richiesto e di predisporre le adeguate misure per  ammortizzarne  gli
effetti pregiudizievoli. 
    8. In conclusione, il Collegio  ritiene  rilevante  nel  presente
giudizio e non manifestamente infondata, la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 4, comma  4,  del  decreto-legge  1°  aprile
2021, n. 44, convertito nella legge 28 maggio 2021, n. 76,  per  come
sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera  b),  del  decreto-legge  26
novembre 2021, n. 172, convertito nella legge 21 gennaio 2022, n.  3,
nella parte in cui non limita (piu')  la  sospensione  dall'esercizio
dell'attivita'  professionale  alle  «prestazioni  o   mansioni   che
implicano contatti interpersonali  o  che  comportano,  in  qualsiasi
altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SAR-CoV-2», per
contrasto con i principi di ragionevolezza e di proporzionalita',  di
cui  all'art.  3  della  Costituzione,  anche  in  riferimento   alla
violazione degli articoli 1, 2, 4, 32, comma primo, 35, comma  primo,
e 36, comma primo, della Costituzione. 
    9. Il Collegio, in virtu' della natura «dichiarativa», attribuita
dalla  disposizione  all'atto  di   accertamento   dell'inadempimento
dell'obbligo vaccinale, esclude che sia configurabile  la  violazione
dell'art. 25, comma secondo, della Costituzione, per  come  integrato
dall'art. 7  della  CEDU,  prospettata  dalla  ricorrente,  il  quale
attiene alle garanzie applicabili al diritto sanzionatorio. 
    Il Collegio ritiene parimenti infondata la prospettata violazione
dell'art. 77 della Costituzione, atteso che non si configura  l'abuso
dello strumento del decreto-legge per apportare modificazioni ad  una
disciplina   emergenziale,   in   ragione   dell'urgenza   e    della
straordinarieta' dell'intervento, determinate dalla temporaneita' dei
suoi effetti e dalla fluidita' della situazione epidemica. 
    10. Ai sensi dell'art. 23, comma 2, della legge 11 marzo 1953, n.
87, deve essere pertanto disposta  la  immediata  trasmissione  degli
atti alla Corte costituzionale per la decisione  della  questione  di
legittimita' costituzionale sollevata con la presente ordinanza. 
    Deve  essere  altresi'  disposta  la  sospensione  del   presente
giudizio  sino  alla  definizione  del  giudizio  incidentale   sulla
questione di legittimita' costituzionale. 
    Devono essere infine ordinati gli adempimenti di notificazione  e
di comunicazione della presente ordinanza, nei  modi  e  nei  termini
indicati nel dispositivo. 
 
                                P.Q.M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale per la  Lombardia  (Sezione
prima) dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione
di  legittimita'   costituzionale   dell'art.   4,   comma   4,   del
decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito nella legge 28 maggio
2021, n. 76, per come modificato dall'art. 1, comma  1,  lettera  b),
del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, convertito nella legge 21
gennaio 2022, n. 3, nella parte in  cui  non  limita,  come  previsto
nella   disciplina   previgente,   la   sospensione    dall'esercizio
dell'attivita'  professionale  alle  «prestazioni  o   mansioni   che
implicano contatti interpersonali  o  che  comportano,  in  qualsiasi
altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SAR-CoV-2», per
contrasto con i principi di ragionevolezza e di  proporzionalita'  di
cui  all'art.  3  della  Costituzione,  anche  con  riferimento  alla
violazione degli articoli 1, 2, 4, 32, comma primo, 35, comma  primo,
e 36, comma primo, della Costituzione, e ne rimette la decisione alla
Corte costituzionale. 
    Dispone  la  sospensione  del  presente  giudizio  e  l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
    Ordina che la presente ordinanza sia  notificata,  a  cura  della
Segreteria, alle parti del presente  giudizio  e  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
    Manda  altresi'  alla  Segreteria  di  comunicare   la   presente
ordinanza al Presidente della Camera dei deputati e al Presidente del
Senato della Repubblica. 
    Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1
e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196,  e  all'art.  9,
paragrafi 1 e 4, del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo
e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all'art. 2-septies  del  decreto
legislativo 30 giugno 2003,  n.  196,  come  modificato  dal  decreto
legislativo  10  agosto  2018,  n.  101,  manda  alla  Segreteria  di
procedere,  in  qualsiasi  ipotesi   di   diffusione   del   presente
provvedimento, all'oscuramento delle generalita' nonche' di qualsiasi
dato idoneo a rivelare lo stato di salute della parte ricorrente o di
persone comunque ivi citate. 
    Cosi' deciso in Milano nella Camera di  consiglio  del  giorno  9
febbraio 2022 con l'intervento dei magistrati: 
        Domenico Giordano, Presidente; 
        Mauro Gatti, consigliere; 
        Rosanna Perilli, referendario, estensore. 
 
                       Il Presidente: Giordano 
 
 
                                                 L'estensore: Perilli