N. 50 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 aprile 2022

Ordinanza del 12 aprile 2022 della Corte costituzionale nel corso del
giudizio di legittimita' costituzionale R.O. n. 3/2022 proposto da M.
M. c/Comune di Napoli. 
 
Tributi  -  Imposta  municipale  propria  (IMU)  -  Agevolazioni  per
  l'abitazione principale - Requisiti  -  Definizione  di  abitazione
  principale - Immobile nel quale  il  possessore  e  il  suo  nucleo
  familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. 
- Decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per  la
  crescita,  l'equita'  e  il  consolidamento  dei  conti  pubblici),
  convertito, con modificazioni, nella legge  22  dicembre  2011,  n.
  214, art. 13, comma 2, quarto periodo, come modificato dall'art. 1,
  comma 707, lettera  b),  della  legge  27  dicembre  2013,  n.  147
  ("Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
  dello Stato (Legge di stabilita' 2014)"). 
(GU n.19 del 11-5-2022 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    composta dai signori: 
 
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|Giuliano             |Amato                   |Presidente          |
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|Silvana              |Sciarra                 |Giudice             |
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|Daria                |de Pretis               |"                   |
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|Nicolo'              |Zanon                   |"                   |
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|Franco               |Modugno                 |"                   |
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|Giulio               |Prosperetti             |"                   |
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|Giovanni             |Amoroso                 |"                   |
+---------------------+------------------------+--------------------+
|Francesco            |Vigano                  |"                   |
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|Luca                 |Antonini                |"                   |
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|Stefano              |Petitti                 |"                   |
+---------------------+------------------------+--------------------+
|Angelo               |Buscema                 |"                   |
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|Emanuela             |Navarretta              |"                   |
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|Maria Rosaria        |San Giorgio             |"                   |
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|Filippo              |Patroni Griffi          |"                   |
+---------------------+------------------------+--------------------+
 
      
    ha pronunciato la seguente odinanza nel giudizio di  legittimita'
costituzionale dell'art. 13, comma 2, del  decreto-legge  6  dicembre
2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita,  l'equita'  e  il
consolidamento dei conti pubblici),  convertito,  con  modificazioni,
nella legge 22 dicembre  2011  n.  214,  promosso  dalla  Commissione
tributaria provinciale di Napoli nel giudizio tra M. M. e  il  Comune
di Napoli, con ordinanza del 22 novembre 2021, iscritta al n.  3  del
registro ordinanze 2022 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 2022. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del  23  marzo  2022  il  Giudice
relatore Luca Antonini; 
    deliberato nella camera di consiglio del 23 marzo 2022. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 22 novembre 2021, la  Commissione
tributaria  provinciale  di  Napoli   ha   sollevato   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 2, del  decreto-legge
6 dicembre 2011,  n.  201  (Disposizioni  urgenti  per  la  crescita,
l'equita' e il consolidamento dei conti  pubblici),  convertito,  con
modificazioni,  nella  legge  22  dicembre   2011,   n.   214,   come
successivamente modificato dall'art. 1, comma 707, lettera b),  della
legge  27  dicembre  2013,  n.  147,  recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (Legge  di
stabilita'   2014)»,   il   quale,   nel   disciplinare   l'esenzione
dall'imposta municipale  unica  (IMU)  per  l'abitazione  principale,
dispone che, «[n]el caso in cui i  componenti  del  nucleo  familiare
abbiano stabilito la dimora abituale e  la  residenza  anagrafica  in
immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per
l'abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione  al
nucleo familiare si applicano per un solo immobile»; 
    che la disposizione e' censurata nella parte in cui  non  prevede
l'esenzione  qualora  «uno  dei   suoi   componenti   sia   residente
anagraficamente e dimori in un'immobile ubicato in altro comune»; 
    che cio' determinerebbe la violazione degli articoli 1, 3, 4, 29,
31, 35, 47 e 53 della Costituzione; 
    che, in punto di rilevanza, la CTP rimettente premette di  essere
chiamata a decidere in ordine al ricorso  proposto  dal  contribuente
avverso avvisi di accertamento con i quali il Comune di Napoli gli ha
contestato il mancato pagamento dell'IMU, per gli anni  dal  2015  al
2018, in relazione alla sua abitazione principale in Napoli; 
    che, pertanto, nella specie sarebbe applicabile l'art. 13,  comma
2,  del  d.l.  n.  201  del  2011,  censurato  in  parte  qua,  nella
formulazione - vigente razione temporis,  avuto  riguardo  agli  anni
d'imposta che vengono in considerazione  nel  processo  principale  -
risultante dalle modifiche a esso apportate dalla legge  n.  147  del
2013; 
    che, sempre  secondo  quanto  riferito  dal  giudice  a  quo,  il
contribuente ha rivendicato il diritto all'esenzione sul  presupposto
che l'immobile costituisse residenza  anagrafica  e  dimora  abituale
dell'intero nucleo familiare, mentre il Comune di  Napoli  ha  negato
tale diritto, perche' il nucleo familiare non risiedeva «interamente»
nel medesimo  immobile,  atteso  che  il  coniuge  risulterebbe  aver
trasferito la propria residenza nel Comune di Scanno; 
    che,  tuttavia,  ad  avviso  del   rimettente,   alla   spettanza
dell'agevolazione osterebbe «la  presenza  di  un  "diritto  vivente"
espresso  dall'organo  istituzionalmente  titolare   della   funzione
nomofilattica»  (sono  citate  Corte  di  cassazione,  sezione  sesta
civile, ordinanze 19 febbraio 2020, n. 4170 e n. 4166; sezione quinta
civile, ordinanza 17 giugno 2021, n. 17408),  che,  con  «un  univoco
indirizzo interpretativo», riterrebbe che osti al riconoscimento  del
beneficio «il solo fatto che un componente della famiglia risieda  in
altro Comune»; cio', peraltro, nonostante la diversa  interpretazione
sostenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze  (circolare  n.
3/DF del 18 maggio 2012) secondo cui, in  caso  di  residenza  di  un
componente il nucleo familiare in un Comune  diverso,  l'agevolazione
non sarebbe di per se'  esclusa,  poiche'  «il  limite  quantitativo»
sarebbe espressamente riferito ai soli immobili nel medesimo Comune; 
    che, dunque, stante il tenore letterale e  la  specialita'  della
norma agevolativa censurata, nonche' la presenza di  un  orientamento
della  giurisprudenza  di  legittimita'  qualificabile  come  diritto
vivente,  sarebbe  impraticabile  «una  interpretazione   alternativa
costituzionalmente orientata»; 
    che, in definitiva, dall'accoglimento della prospettata questione
di   legittimita'   costituzionale   dipenderebbe    l'esito    della
controversia della quale la CTP rimettente e' investita,  considerato
che -  afferma  il  giudice  a  quo  -  il  ricorrente  nel  processo
principale, pur avendo «pienamente dimostrato la sussistenza di tutti
i presupposti  di  legge  (unicita'  dell'immobile,  classificazione,
tipologia accatastamento, residenza anagrafica e dimora abituale  del
nucleo   familiare)»,   si   e'   visto    «irrazionalmente    negare
l'agevolazione   esclusivamente    per    il    fattore    geografico
(obiettivamente privo  di  rilevanza  fiscale)  della  residenza  del
coniuge (o di un altro componente del suo  nucleo  familiare)  in  un
Comune diverso dal proprio»; 
    che, in punto di non manifesta infondatezza,  il  giudice  a  quo
ritiene   che   la   preclusione   della   possibilita'   di   godere
dell'esenzione in discorso «nel caso in cui uno dei  suoi  componenti
sia residente anagraficamente e  dimori  in  un'immobile  ubicato  in
altro  comune»  leda,  innanzitutto,  l'art.  3  Cost.,   in   quanto
determinerebbe  un'irragionevole  e  contraddittoria  disparita'   di
trattamento, «fondata su un neutro dato geografico [.. .]  a  parita'
di situazione sostanziale», tra il possessore componente di un nucleo
familiare residente e dimorante in due diversi immobili dello  stesso
Comune e quello il cui nucleo familiare, invece, risieda e dimori  in
distinti immobili ubicati in Comuni diversi; 
    che la norma censurata si  porrebbe  altresi'  in  contrasto  con
l'art.   53,   primo    comma,    Cost.    perche',    differenziando
irragionevolmente i soggetti  esentati  dal  pagamento  dell'IMU  «in
forza di un elemento esogeno  e  privo  di  rilevanza  fiscale  quale
l'ubicazione territoriale dell'immobile e di un componente del nucleo
familiare», violerebbe il principio  di  capacita'  contributiva,  il
quale invece postula l'uguaglianza dei destinatari delle prescrizioni
tributarie; 
    che sarebbe altresi' violato il principio di  progressivita'  del
sistema  tributario  sancito  dall'art.  53,  secondo  comma,  Cost.,
poiche' la norma denunciata, consentendo l'agevolazione nel  caso  di
maggiore capacita' contributiva (titolarita'  di  piu'  immobili  nel
Comune) e non in quello in cui questa sia minore (titolarita'  di  un
unico immobile nel Comune e residenza e dimora extra-comunale di  uno
dei membri del  nucleo  familiare,  anche  «a  titolo  di  locazione,
comodato, ovvero per altro titolo  irrilevante  ai  fini  dell'IMU)»,
produrrebbe   effetti   «palesemente,   o    anche    potenzialmente,
regressiv[i]»; 
    che, a conforto della  dedotta  irragionevolezza,  il  rimettente
sostiene inoltre che la norma censurata recherebbe un vulnus: a) agli
articoli 3, 29 e 31 Cost., perche'  escluderebbe,  in  ragione  della
residenza in Comuni diversi, il diritto all'esenzione per coloro  che
sono  legati  da  vincolo  coniugale,  mentre  lo  riconoscerebbe  ai
«conviventi di fatto», cui spetterebbe addirittura  «per  entrambi  i
cespiti», determinando in tal modo «una irrazionale  discriminazione»
a scapito della famiglia fondata sul  matrimonio  e  frapponendo  «un
illegittimo ostacolo di  natura  fiscale  alla  libera  scelta  delle
modalita' con le quali l'unita' familiare puo' essere realizzata»; b)
agli  artt.  1,  3,  4  e  35  Cost.,  atteso  che   pregiudicherebbe
irragionevolmente i lavoratori che si trovano lontano dalla famiglia,
«cosi' impedendo a se' ed agli altri componenti del nucleo  familiare
di godere [dell'esenzione] di cui, invece, avrebbero potuto godere se
avessero avuto  la  fortuna  di  lavorare  nel  proprio  comune»;  c)
all'art.  47,  secondo  comma,  Cost.,  in  quanto  disincentiverebbe
investimenti in immobili ubicati  in  Comuni  diversi  da  quelli  di
residenza anagrafica del nucleo familiare; 
    che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  o
comunque non fondata; 
    che,   preliminarmente,   la   difesa    statale,    da'    conto
dell'evoluzione   normativa   intervenuta   medio   tempore   e,   in
particolare, della sostanziale trasfusione  del  censurato  art.  13,
comma 2, del d.l. n. 201 del 2011 nell'art. 1, comma 741, lettera h),
della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio  di  previsione  dello
Stato per l'anno finanziario  2020  e  bilancio  pluriennale  per  il
triennio 2020-2022) e della successiva modifica introdotta  dall'art.
5-decies del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 (Misure urgenti in
materia economica e fiscale, a  tutela  del  lavoro  e  per  esigenze
indifferibili),  convertito,  con  modificazioni,  nella   legge   17
dicembre 2021, n. 215,  che  ha  esteso  la  possibilita'  di  fruire
dell'agevolazione per l'abitazione principale, gia' prevista  per  un
solo immobile qualora «i  componenti  del  nucleo  familiare  abbiano
stabilito la dimora abituale e la residenza  anagrafica  in  immobili
diversi situati nel territorio comunale», anche al caso  di  immobili
ubicati «in comuni  diversi»,  rimettendo  la  scelta  di  quello  da
esentare ai componenti del nucleo familiare; 
    che,  in  ragione  del  mutato  quadro  normativo,   l'Avvocatura
generale  dello  Stato  sollecita  questa  Corte  a  considerare   la
restituzione degli atti al giudice a quo affinche' valuti l'incidenza
di tale ius superveniens nel giudizio principale, «per l'ipotesi  che
fosse possibile attribuirvi una portata retroattiva»; 
    che, ad avviso dell'Avvocatura  generale,  la  questione  sarebbe
inammissibile  per  insufficiente   descrizione   della   fattispecie
concreta, non avendo peraltro il rimettente adeguatamente individuato
le ragioni per le quali il coniuge del  ricorrente  risiederebbe  nel
Comune di Scanno e a quale titolo; 
    che, nel merito, la  questione  non  sarebbe  fondata,  in  primo
luogo, perche' il rimettente avrebbe mosso  la  censura  sull'erroneo
presupposto di una «asserita disparita' di trattamento tra  l'ipotesi
di possesso di due immobili nello stesso comune rispetto alla  stessa
situazione in comuni pero' diversi»; in  secondo  luogo,  perche'  la
lamentata disparita' di trattamento non sarebbe  ravvisabile  neppure
tra i contribuenti uniti in matrimonio  e  quelli  uniti  civilmente,
considerato  che,  ai  sensi  della  legge  20  maggio  2016,  n.  76
(Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso  sesso
e disciplina delle convivenze), anche per questi  ultimi  sarebbe  in
vigore «l'obbligo di coabitazione e, quindi, di residenza»; 
    che, l'associazione Camera degli avvocati tributaristi del Veneto
ha depositato un'opinione, in qualita' di amicus curiae, adesiva alla
prospettazione del rimettente; 
    che, con decreto del Presidente di questa Corte del  17  febbraio
2022, l'opinione e' stata ammessa nel giudizio. 
    Considerato che la Commissione tributaria provinciale  di  Napoli
ha sollevato questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  13,
comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011  ,  n.  201  (Disposizioni
urgenti per la crescita, l'equita'  e  il  consolidamento  dei  conti
pubblici), convertito, con modificazioni,  nella  legge  22  dicembre
2011, n. 214, come successivamente modificato dall'art. 1, comma 707,
lettera  b),  della  legge  27  dicembre  2013,   n.   147,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato  (Legge  di  stabilita'  2014)»,  che,  nel  disciplinare
l'esenzione dall'imposta  municipale  unica  (IMU)  per  l'abitazione
principale, dispone che «[n]el caso in cui i  componenti  del  nucleo
familiare  abbiano  stabilito  la  dimora  abituale  e  la  residenza
anagrafica in immobili diversi situati nel  territorio  comunale,  le
agevolazioni per l'abitazione principale e per le relative pertinenze
in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile»; 
    che la disposizione e' censurata nella parte in cui  non  prevede
l'esenzione  qualora  «uno  dei   suoi   componenti   sia   residente
anagraficamente e dimori in un immobile ubicato in altro comune»; 
    che cio' determinerebbe la violazione degli artt. 1,  3,  4,  29,
31, 35, 47 e 53 della Costituzione; 
    che, infatti, la norma censurata si porrebbe in contrasto con  il
principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) e lederebbe: la «parita'  dei
diritti  dei  lavoratori  costretti  a  lavorare  fuori  dalla   sede
familiare» (artt. 1, 3, 4 e 35 Cost.); il «diritto alla  parita'  dei
contribuenti coniugati rispetto a partner di fatto» (artt.  3,  29  e
31);  i  principi  di   capacita'   contributiva   e   progressivita'
dell'imposizione (art. 53 Cost.); la famiglia quale societa' naturale
(art. 29 Cost.); 1' «aspettativa rispetto  alla  provvidenze  per  la
formazione della famiglia e  [l']adempimento  dei  compiti  relativi»
(art. 31 Cost.); infine, la tutela del risparmio (art. 47 Cost.); 
    che, in via preliminare, va  rilevato  che  l'art.  5-decies  del
decreto-legge 21 ottobre 2021, n.  146  (Misure  urgenti  in  materia
economica  e  fiscale,  a  tutela   del   lavoro   e   per   esigenze
indifferibili),  convertito,  con  modificazioni,  nella   legge   17
dicembre 2021, n. 215 - per effetto del quale e'  stata  riconosciuta
la  possibilita'  di  fruire   dell'agevolazione   per   l'abitazione
principale per un solo immobile, «scelto dai  componenti  del  nucleo
familiare», qualora i suoi componenti  abbiano  stabilito  la  dimora
abituale e la residenza anagrafica in  immobili  situati  «in  comuni
diversi» - non ha natura interpretativa, ne'  efficacia  retroattiva,
sicche' la sua entrata in vigore non  impone  la  restituzione  degli
atti al giudice a quo per una nuova valutazione circa  la  perdurante
sussistenza della rilevanza e della non manifesta infondatezza  delle
questioni; 
    che non e'  fondata  l'eccezione  di  inammissibilita'  sollevata
dalla  difesa  dello  Stato  per  insufficiente   motivazione   sulla
rilevanza; 
    che, infatti, da un lato, e' pacifico che il giudizio  principale
e' sorto a seguito  della  notifica  al  contribuente  di  avvisi  di
rettifica  per  mancato  pagamento  dell'IMU  dal  2015  al  2018  in
relazione a un immobile adibito a sua abitazione principale, cio' che
e' di per se' sufficiente a rendere applicabile la norma censurata e,
quindi, a ritenere superflua la specifica indicazione del titolo  del
possesso del bene da parte del contribuente; 
    che, dall'altro  lato,  e'  parimente  irrilevante  stabilire  il
titolo di possesso del coniuge relativamente all'immobile ubicato nel
diverso Comune, perche'  il  rimettente  muove  la  sua  censura  dal
presupposto interpretative che agli  effetti  della  disciplina  IMU,
cosi' come interpretata dal diritto vivente, la residenza  anagrafica
di uno dei componenti il nucleo familiare in un distinto immobile sia
sempre  di  per  se'  preclusiva  del   conseguimento   del   diritto
all'agevolazione, ancorche' tale residenza non sia stata  fissata  in
un immobile posseduto in base a uno  dei  titoli  che  rientrano  nel
presupposto dell'IMU, ma, ad esempio, a titolo di locazione; 
    che il giudice a quo ha adeguatamente  motivato  in  ordine  alla
impraticabilita' di un'interpretazione costituzionalmente orientata; 
    che, in particolare, «la soluzione  prescelta  dal  rimettente  -
cioe' di ritenere l'interpretazione fornita dalla Corte di cassazione
"non altrimenti superabile" (tanto piu', allo stato,  in  assenza  di
pronunce contrarie) - non pare implausibile e non  lascia  spazio  in
concreto alla sperimentazione di altre opzioni, dato che in ogni caso
tutte verrebbero a confliggere con quella fatta propria  dal  giudice
di ultimo grado» (ex multis sentenza n. 1 del 2021); 
    che  il  petitum  del  rimettente  e'  circoscritto  a  ottenere,
attraverso un intervento additivo di questa Corte sul quinto  periodo
dell'art. 13, comma 2, del d.l. n.  201  del  2011,  come  modificato
dalla legge n. 147 del 2013, il riconoscimento, attualmente  precluso
dal  diritto   vivente,   dell'esenzione   dall'IMU   dell'abitazione
principale del nucleo familiare  situata  in  un  determinato  Comune
anche quando la residenza anagrafica di uno dei suoi  componenti  sia
stata stabilita in un immobile ubicato in altro Comune; 
    che le questioni sollevate dal giudice a quo in relazione a  tale
specifica  norma  sono  strettamente  connesse  alla  piu'  ampia   e
pregiudiziale questione derivante dalla regola generale stabilita dal
quarto periodo del medesimo art. 13, comma 2, del  d.l.  n.  201  del
2011, che, ai fini del riconoscimento  della  suddetta  agevolazione,
definisce quale abitazione principale quella in cui  si  realizza  la
contestuale  sussistenza  del  duplice  requisito   della   residenza
anagrafica e della dimora abituale non solo del possessore  ma  anche
del suo nucleo familiare; 
    che tale nesso con il nucleo familiare  non  era  presente  nella
originaria disciplina dell'IMU (istituita  dall'art.  8  del  decreto
legislativo 14 marzo 2011, n. 23, recante «Disposizioni in materia di
federalismo  Fiscale  Municipale»)   e   nemmeno   nella   successiva
formulazione, che ne ha costituito la prima  applicazione,  dell'art.
13, comma 2,  del  d.l.  n.  201  del  2011,  come  convertito,  dove
l'agevolazione - consistente in una  riduzione  dell'aliquota  -  era
invece riconosciuta per l'immobile nel quale  «il  possessore  dimora
abitualmente e risiede anagraficamente»; 
    che, in forza della previsione  recata  dal  quarto  periodo  del
comma  2  del  suddetto  art.  13,   la   possibilita'   di   accesso
all'agevolazione per  ciascun  possessore  dell'immobile  adibito  ad
abitazione  principale  viene  meno   al   verificarsi   della   mera
costituzione del  nucleo  familiare,  nonostante  effettive  esigenze
possano condurre i suoi componenti a  stabilire  residenze  e  dimore
abituali differenti; 
    che la previsione del suddetto nesso ai fini della definizione di
abitazione principale determina un  trattamento  diverso  del  nucleo
familiare rispetto non solo alle persone singole ma anche alle coppie
di mero fatto, poiche', sino a che il rapporto non si stabilizza  nel
matrimonio o nell'unione civile, la struttura della norma consente  a
ciascuno  dei  partner  di   accedere   all'esenzione   della   loro,
rispettiva, abitazione principale; 
    che,  di   conseguenza,   anche   laddove,   intervenendo   sulla
disposizione  eccezionale  del  successivo  quinto   periodo,   fosse
riconosciuto, come richiesto  dal  giudice  rimettente,  l'accesso  a
un'unica agevolazione IMU  per  l'abitazione  principale  del  nucleo
familiare situata in un determinato Comune, anche quando la residenza
anagrafica di uno dei componenti di quest'ultimo fosse fissata in  un
immobile ubicato in altro Comune, rimarrebbe comunque  confermata  la
descritta, preliminare, differenziazione del nucleo familiare; 
    che tutto cio' porta a dubitare della legittimita' costituzionale
della disciplina del quarto periodo dell'art. 13, comma 2,  del  d.l.
n. 201 del 2011, come modificato dalla legge n. 147 del 2013; 
    che «il modo in  cui  occasionalmente  sono  poste  le  questioni
incidentali di  legittimita'  costituzionale  non  puo'  impedire  al
giudice delle leggi l'esame pieno del  sistema  nel  quale  le  norme
denunciate sono inserite» (ordinanze n. 18 del 2021; n. 183 del 1996;
nello stesso senso, sentenza n. 179 del 1976 e ordinanze n.  230  del
1975 e n. 100 del 1970); 
    che, alla luce del rapporto di presupposizione tra  la  questione
specifica dedotta dal giudice a quo e quella nascente  dai  dubbi  di
legittimita'  costituzionale  ora  indicati,  la  risoluzione   della
questione avente ad oggetto la regola generale stabilita  dal  quarto
periodo del medesimo art. 13, comma 2, del  d.l.  n.  201  del  2011,
nella  parte  in  cui  stabilisce   il   descritto   nesso   tra   il
riconoscimento della agevolazione IMU per l'abitazione  principale  e
la residenza anagrafica e la dimora abituale del nucleo familiare, si
configura come logicamente pregiudiziale e strumentale  per  definire
le questioni sollevate dal giudice a quo (ex multis, ordinanza n.  18
del 2021); 
    che la non manifesta infondatezza della  questione  pregiudiziale
sulla indicata regola generale si pone in relazione agli articoli  3,
31 e 53, primo comma, Cost.; 
    che, quanto al primo dei suddetti  parametri,  e'  pur  vero  che
questa Corte ha  affermato  che,  dato  il  carattere  eccezionale  e
derogatorio  delle  agevolazioni  tributarie,  e'  ad  essa  precluso
estenderne l'ambito di applicazione se non quando lo esiga  la  ratio
dei benefici medesimi (ex plurimis, sentenza n. 218 del 2019); 
    che,  nondimeno,  nella  fattispecie  in  esame  puo'   dubitarsi
dell'esistenza di un ragionevole motivo di  differenziazione  tra  la
situazione dei possessori degli immobili in quanto tali e quella  dei
possessori degli stessi in riferimento al nucleo  familiare,  quando,
come  spesso  accade  nell'attuale   contesto,   effettive   esigenze
comportino la fissazione di differenti residenze anagrafiche e dimore
abituali da parte dei relativi componenti del nucleo familiare; 
    che, in riferimento al principio di capacita' contributiva di cui
all'art. 53, primo  comma,  Cost.,  puo'  parimenti  dubitarsi  della
maggiore capacita' contributiva, peraltro in relazione  a  un'imposta
di tipo reale quale l'IMU, del nucleo familiare rispetto alle persone
singole; 
    che questa Corte, del resto, nella  sentenza  n.  179  del  1976,
dichiarando  l'illegittimita'   costituzionale   delle   disposizioni
dell'imposta complementare e dell'imposta sui redditi che prevedevano
il cumulo dei redditi dei coniugi, ha  gia'  precisato  che  «non  e'
dimostrato ne' dimostrabile,  anche  per  la  grande  varieta'  delle
possibili ipotesi e delle  situazioni  concrete  (caratterizzate  tra
l'altro, dalla esistenza dei figli), che in ogni  caso»  per  effetto
del matrimonio «si abbia un aumento della capacita' contributiva  dei
due soggetti insieme considerati»; 
    che, infine, in riferimento all'art. 31 Cost., potrebbe ritenersi
che la disciplina in oggetto non agevoli  «con  misure  economiche  e
altre provvidenze la formazione della famiglia  e  l'adempimento  dei
compiti relativi»,  ma  anzi  comporti  per  i  nuclei  familiari  un
trattamento deteriore rispetto a quello delle persone singole e delle
convivenze di mero fatto; 
    che, pertanto, questa Corte non  puo'  esimersi,  ai  fini  della
definizione del presente giudizio, dal risolvere pregiudizialmente le
questioni di legittimita' costituzionale del quarto periodo dell'art.
13,  comma  2,  del  d.l.  n.  201  del  2011,  come   convertito   e
successivamente modificato dalla legge n. 147 del 2013,  nella  parte
in cui, ai  fini  del  riconoscimento  della  relativa  agevolazione,
definisce quale abitazione principale quella in cui  si  realizza  la
contestuale  sussistenza  del  duplice  requisito   della   residenza
anagrafica e della dimora abituale non solo del possessore  ma  anche
del suo nucleo familiare, in riferimento agli  articoli  3,31  e  53,
primo comma, Cost. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte Costituzionale: 
        1)  solleva,  disponendone  la  trattazione  innanzi  a  se',
questioni di legittimita' costituzionale del quarto periodo dell'art.
13, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201  (Disposizioni
urgenti per la crescita, l'equita'  e  il  consolidamento  dei  conti
pubblici), convertito, con modificazioni,  nella  legge  22  dicembre
2011, n. 214, come modificato dall'art. 1,  comma  707,  lettera  b),
della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (Legge  di
stabilita' 2014)», nella parte in cui,  ai  fini  del  riconoscimento
della relativa agevolazione, definisce  quale  abitazione  principale
quella in cui si realizza  la  contestuale  sussistenza  del  duplice
requisito della residenza anagrafica e della dimora abituale non solo
del possessore, ma anche del suo  nucleo  familiare,  in  riferimento
agli articoli 3, 31 e 53, primo comma, della Costituzione; 
        2) sospende il presente giudizio fino alla definizione  delle
questioni di legittimita' costituzionale di cui sopra; 
        3) ordina che la cancelleria  provveda  agli  adempimenti  di
legge. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 marzo 2022. 
 
                        Il Presidente: Amato 
 
 
                                               Il redattore: Antonini 
 
                               Il direttore della cancelleria: Milana