N. 120 SENTENZA 22 marzo - 13 maggio 2022

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Espropriazione per pubblica utilita' - Indennita' di espropriazione -
  Norme  della  Regione  Puglia  -Assegnazione  del  carattere  della
  edificabilita' legale a terreni situati  in  zone  determinate,  in
  deroga alla legislazione urbanistica in  materia  di  indennizzo  -
  Violazione  della  competenza  esclusiva  statale  in  materia   di
  ordinamento civile - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Puglia 22 febbraio 2005, n. 3, art.  19,  comma
  2. 
- Costituzione, artt. 3, primo comma, 117, commi secondo, lettere  l)
  ed m), e terzo. 
(GU n.20 del 18-5-2022 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giuliano AMATO; 
Giudici :Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO,  Francesco  VIGANO',
  Luca  ANTONINI,   Stefano   PETITTI,   Angelo   BUSCEMA,   Emanuela
  NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  19,  comma
2,  della  legge  della  Regione  Puglia  22  febbraio  2005,  n.   3
(Disposizioni regionali in materia  di  espropriazioni  per  pubblica
utilita' e prima variazione al bilancio di previsione per l'esercizio
finanziario 2005), promosso dalla Corte di cassazione, sezione  prima
civile, nel procedimento vertente tra il Comune di  Rutigliano  e  M.
T., con ordinanza del 14 aprile 2021, iscritta al n. 120 del registro
ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 36, prima serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visti l'atto di costituzione del Comune  di  Rutigliano,  nonche'
l'atto di intervento della Regione Puglia; 
    udita  nell'udienza  pubblica  del  22  marzo  2022  la   Giudice
relatrice Emanuela Navarretta; 
    uditi gli avvocati Michele Di Donna per il Comune di Rutigliano e
Anna Bucci per la Regione Puglia,  quest'ultima  in  collegamento  da
remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della  Corte
del 18 maggio 2021; 
    deliberato nella camera di consiglio del 22 marzo 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 14 aprile 2021,  iscritta  al  n.  120  del
registro ordinanze  2021,  la  Corte  di  cassazione,  sezione  prima
civile, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma,  117,
commi secondo,  lettere  l)  ed  m),  e  terzo,  della  Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  19  della  legge
della Regione Puglia 22 febbraio 2005, n. 3  (Disposizioni  regionali
in materia di espropriazioni per pubblica utilita' e prima variazione
al bilancio di previsione per l'esercizio  finanziario  2005),  nella
parte in cui, al comma 2, prevede che sono da considerarsi, comunque,
sempre legalmente edificabili tutte le aree ricadenti  nel  perimetro
continuo delle zone omogenee  di  tipo  A,  B,  C  e  D,  secondo  le
definizioni di cui al decreto del Ministro per i  lavori  pubblici  2
aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di  densita'  edilizia,  di
altezza, di distanza fra i fabbricati  e  rapporti  massimi  tra  gli
spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi  e  spazi
pubblici o riservati alle attivita' collettive, al verde pubblico o a
parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi  strumenti
urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art.
17 della legge 6  agosto  1967,  n.  765),  comprese  anche  le  aree
destinate a standard. 
    2.- In punto di fatto, la Corte di cassazione  riferisce  che  M.
T., con atto di citazione notificato in data  8  aprile  2011,  aveva
convenuto in giudizio, dinanzi  alla  Corte  d'appello  di  Bari,  il
Comune di Rutigliano, contestando la  provvisoria  determinazione  in
euro 38.217,81 dell'indennizzo per l'espropriazione di  un  fondo  di
sua proprieta'. 
    Il terreno, incluso nel perimetro della zona «A» (centro storico)
del  territorio   comunale,   tipizzato   «F2-21»   (verde   pubblico
attrezzato, giardini) dal piano  regolatore  generale  comunale,  era
stato espropriato dal citato Comune, con decreto 8 marzo 2008, n. 29,
per la realizzazione di un parcheggio pubblico alberato e attrezzato. 
    2.1.- La Corte rimettente precisa che l'appellante si era opposto
alla  stima  provvisoria,  in  quanto  l'inclusione  del  fondo   nel
perimetro della zona «A» del territorio comunale  avrebbe  comprovato
la natura legalmente edificabile del suolo espropriato, in virtu'  di
quanto disposto dall'art. 19, comma 2, della legge reg. Puglia  n.  3
del 2005. 
    Per converso, il Comune aveva insistito per la correttezza  della
quantificazione  dell'indennita'   gia'   determinata,   poiche'   la
tipizzazione «F2: verde pubblico attrezzato (giardini)», assegnata al
fondo dal vigente piano regolatore generale comunale, avrebbe escluso
la sua natura edificabile. 
    La rimettente riferisce, inoltre, che il giudice d'appello,  dopo
aver disposto una consulenza  tecnica  d'ufficio  -  la  quale  aveva
determinato  l'indennita'  di  espropriazione  in   euro   47.876,40,
mediante     «l'impiego     del      metodo      estimativo      c.d.
"sintetico-comparativo"» - non aveva condiviso il criterio  di  stima
adottato  nella  CTU.  In  particolare,  in  mancanza  di  un  indice
fondiario medio, aveva quantificato «in via  equitativa  l'indennita'
di esproprio in € 74.400,00,  oltre  interessi  legali  dall'8/3/2011
all'effettivo saldo sulla  somma  differenziale  non  depositata  dal
Comune». 
    2.2.- Il giudice a  quo  espone,  di  seguito,  che,  avverso  la
sentenza della Corte d'appello, il Comune di Rutigliano, con atto del
23 dicembre 2015, ha proposto ricorso per cassazione,  svolgendo  due
motivi. 
    2.2.1.- Con il primo, il Comune ha  denunciato  la  violazione  o
falsa applicazione dell'art. 32  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 8 giugno 2001, n.  327  (Testo  unico  delle  disposizioni
legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica
utilita'), lamentando che il terreno in questione, «non edificabile»,
in quanto destinato a  «F2  verde  pubblico  attrezzato»,  era  stato
valutato alla stregua di  un'inammissibile  liquidazione  equitativa,
sul presupposto che un'area adibita a parcheggio non potesse avere un
valore di molto inferiore rispetto alle corrispondenti aree destinate
alla edificazione. 
    Con il  secondo  motivo,  il  ricorrente  ha  rilevato  la  falsa
applicazione di legge in relazione agli  articoli  1226  e  2056  del
codice  civile,  per  aver  la   corte   territoriale   indebitamente
utilizzato il criterio equitativo, dettato  dal  legislatore  per  il
risarcimento del  danno,  al  fine  di  determinare  l'indennita'  di
esproprio. 
    2.2.2.- La Corte  rimettente  precisa,  inoltre,  che,  con  atto
notificato il 3 febbraio 2016, la proprietaria del fondo ha  proposto
controricorso e ricorso  incidentale,  chiedendo,  a  sua  volta,  di
cassare la sentenza impugnata con il supporto di tre motivi. 
    Con il primo ha denunciato la «violazione o falsa applicazione di
legge in relazione  all'art.  19,  comma  2,  della  legge  regionale
pugliese n. 3 del 2005 che sancisce l'edificabilita' legale di  tutte
le aree ricadenti nel perimetro delle zone omogenee di tipo A, B, C e
D, comprese quelle  destinate  a  standard».  Secondo  la  ricorrente
incidentale,  si  sarebbe  dovuta  accertare  la  sussistenza   nella
fattispecie dei requisiti di omogeneita' della  zona  A,  all'interno
della quale ricadeva il suolo espropriato, con la conseguenza che «la
Corte d'appello avrebbe dovuto applicare alla  lettera  la  normativa
regionale richiamata, senza operare alcun decremento nella misura del
50%». 
    Con il secondo motivo, la proprietaria del fondo ha contestato la
«violazione o falsa applicazione di legge dell'art. 32,  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 327/2001 per la  mancata  applicazione
del  criterio  di  valutazione  "sintetico-comparativo",  come  aveva
disposto la Corte  territoriale  nella  formulazione  del  quesito  e
nonostante la produzione di numerosi documenti di paragone  da  parte
della ricorrente incidentale». 
    Infine, con il terzo motivo ha addotto l'omesso  esame  di  fatto
degli  «atti  di  paragone  prodotti  in  giudizio  dalla  ricorrente
all'atto della sua costituzione in giudizio e [de]gli ulteriori  atti
di paragone prodotti al fine di sopperire alle carenze delle indagini
del C.t.u.». 
    3.- Cosi' riferite le vicende processuali a  monte  del  giudizio
principale, la  Corte  di  cassazione  ricostruisce  il  ragionamento
svolto dalla Corte d'appello e procede a valutare  -  alla  luce  dei
motivi fatti valere dalle parti  -  la  necessaria  applicazione  nel
giudizio  a  quo  della  disposizione  oggetto  delle  questioni   di
legittimita' costituzionale. 
    3.1.- In particolare, la rimettente rileva che secondo  la  Corte
d'appello la determinazione dell'indennita' di esproprio  dei  «suoli
destinati a interesse pubblico (giardini, fasce  di  rispetto,  fasce
stradali,   spazi   collettivi   e   simili),   ricadenti   in   zone
urbanisticamente  dedicate  alla   edilizia»,   si   sarebbe   dovuta
alternativamente  effettuare   tramite   l'indice   fondiario   medio
pertinente all'intera zona, oppure tramite una riduzione  del  valore
dei  terreni  piu'  prossimi,  destinati  all'edificazione,  si'   da
rispettare le  caratteristiche  essenziali  del  suolo  in  questione
finalizzato a  soddisfare  un  interesse  collettivo.  Nella  specie,
difettando ogni dato sull'indice fondiario medio, la Corte  d'appello
aveva  ritenuto   che   la   valutazione   dovesse   essere   operata
«necessariamente su base equitativa», con una riduzione  del  50  per
cento del valore unitario del suolo edificabile. 
    3.2.- Il giudice a quo riferisce che  il  descritto  ragionamento
della Corte d'appello veniva censurato dalle parti  sotto  diverse  e
opposte prospettive, idonee a palesare la rilevanza  delle  questioni
di legittimita' costituzionale sollevate in merito all'art. 19, comma
2, della legge reg. Puglia n. 3 del 2005. 
    Secondo il Comune, la sentenza impugnata sarebbe  stata  viziata,
in quanto avrebbe violato  il  «fondamentale  canone  normativo»  che
impone la considerazione del  regime  di  edificabilita'  legale  del
terreno espropriato, nella specie insussistente, a beneficio  di  una
«inammissibile e metagiuridica liquidazione in via equitativa». 
    Secondo la proprietaria del fondo, la sentenza impugnata  sarebbe
stata, viceversa, viziata per non aver applicato  i  criteri  fissati
dall'art. 19 della legge reg. Puglia n. 3  del  2005,  che  avrebbero
conferito l'edificabilita' legale  a  tutte  le  aree  ricadenti  nel
perimetro delle zone omogenee di tipo A, B, C, e D,  comprese  quelle
destinate  a  standard.  La  disposizione  regionale  viene,  dunque,
invocata  sia  per  resistere  all'impugnazione  avversaria  sia  per
richiedere l'eliminazione dell'abbattimento  equitativo  del  50  per
cento del valore venale del bene, considerato come edificabile. 
    3.3.- La Corte  di  cassazione  conclude  che,  per  decidere  il
giudizio a quo, e' tenuta ad applicare  l'art.  19,  comma  2,  della
legge reg. Puglia n. 3 del 2005 e,  pertanto,  ravvisa  la  rilevanza
delle  questioni  di  legittimita'   costituzionale   sollevate   nei
confronti della citata previsione regionale. 
    Al contempo, esclude che, «a  fronte  dell'inequivocabile  tenore
letterale della disposizione in  esame»,  si  possa  pervenire,  «nel
rispetto  della  valenza  testuale  e  semantica»   della   normativa
censurata, «a un'interpretazione costituzionalmente orientata che  le
attribuisca un significato e una valenza conformi a Costituzione». 
    4.- Di seguito, l'ordinanza di rimessione ricostruisce il  quadro
normativo e giurisprudenziale in materia di indennita' di esproprio. 
    Sottolinea come siano  determinanti  il  valore  reale  del  bene
espropriato e la sua stima di mercato, tant'e'  che  il  legislatore,
«pur non avendo l'obbligo di commisurare  integralmente  l'indennita'
al valore di mercato,  non  puo'  trascurare  tale  parametro»  (sono
richiamate le sentenze di questa Corte n. 90 del  2016,  n.  187  del
2014, n. 181 del 2011, n. 349 e n. 348 del 2007). 
    In particolare, ai fini dell'individuazione del valore reale,  la
Corte di cassazione rammenta quanto dispone l'art. 32 del  d.P.R.  n.
327 del 2001 e richiama la sua stessa giurisprudenza,  che  specifica
il senso del riferimento ai parametri della edificabilita'  legale  e
di quella di fatto. 
    Cosi'   ricostruite   le   premesse   fattuali,    normative    e
giurisprudenziali, la Corte rimettente afferma di condividere la tesi
sostenuta nel ricorso principale, che lamenta la violazione dell'art.
32 del  d.P.R.  n.  327  del  2001  e  del  criterio,  ivi  disposto,
dell'edificabilita' legale per la determinazione  dell'indennita'  di
espropriazione. 
    Al  contempo,  rileva  che  la  ricorrente   incidentale   invoca
l'applicazione dell'art. 19 della legge reg. Puglia  n.  3  del  2005
che, dopo aver richiamato, al primo comma, l'art. 32  del  d.P.R.  n.
327 del 2001, al secondo comma, dispone che «[s]ono da  considerarsi,
comunque, sempre legalmente edificabili tutte le aree  ricadenti  nel
perimetro continuo delle zone omogenee di tipo A, B, C e  D,  secondo
le definizioni di cui al decreto interministeriale 2 aprile 1968,  n.
1444 [...], comprese anche le aree a standard a esse riferite». 
    Tale previsione integrerebbe, ad avviso della  Corte  rimettente,
una significativa deroga rispetto alla disciplina statale,  imponendo
di considerare «legalmente edificabili» terreni che  edificabili  non
sono, in quanto destinati  a  standard.  La  disposizione  fungerebbe
dunque da fictio legis, introducendo una  nozione  di  edificabilita'
legale ai soli fini della determinazione del trattamento indennitario
espropriativo, priva di ogni ripercussione sul  versante  urbanistico
ed edilizio. 
    5.- Di riflesso, la Corte rimettente  dubita  della  legittimita'
costituzionale dell'art. 19, comma 2, della legge reg.  Puglia  n.  3
del 2005, per violazione degli artt. 3, primo comma, e  117,  secondo
comma, lettere l) ed m), Cost., e, in subordine, degli artt. 3, primo
comma, e 117, terzo  comma,  Cost.,  in  relazione  alla  materia  di
legislazione concorrente «governo del territorio». 
    5.1.- Quanto al primo gruppo di censure, che  vengono  presentate
come  logicamente  prioritarie,  il  giudice  a  quo  motiva  la  non
manifesta  infondatezza,  rilevando  che   la   normativa   regionale
invaderebbe  «la  competenza  statuale  incidendo  sulla  definizione
uniforme   dell'indennizzo   spettante   ai   soggetti   espropriati,
qualificando - a quel solo limitato fine e cioe' senza  incidere  sul
regime urbanistico  ed  edilizio  del  terreno  e  nel  "governo  del
territorio" - come "edificabile" un  terreno  che  "edificabile"  non
e'»: sarebbe,  pertanto,  manifesta  l'ingerenza  nello  statuto  del
diritto di  proprieta'  e,  in  particolare,  nella  regolazione  del
diritto all'indennizzo. 
    In via preliminare, il  giudice  a  quo  si  sofferma  ampiamente
sull'evoluzione della giurisprudenza di questa Corte con  riferimento
all'ordinamento civile. 
    Si rammenta come l'originario «limite del "diritto  privato"  per
la legislazione regionale» (sono richiamate  le  sentenze  di  questa
Corte n. 72 e n. 7 del 1956)  si  fosse,  sin  dall'inizio,  radicato
nell'esigenza di garantire l'uniformita', a livello nazionale,  delle
regole  fondamentali  che  disciplinano  i  rapporti   fra   privati,
attingendo  alle  ragioni  del  principio  di  eguaglianza,   nonche'
dell'unita' e dell'indivisibilita' della Repubblica (sono  richiamate
le sentenze n. 82 del 1998, n. 462 e n. 35 del 1995, n. 154 del  1972
e n. 36 del 1957). 
    Viene poi ricordato come, dopo la  riforma  del  Titolo  V  della
Parte seconda della Costituzione,  la  giurisprudenza  costituzionale
abbia plasmato la nozione di «ordinamento civile»  da  «"materia"  in
senso stretto» a «limite trasversale capace di fondare una competenza
del legislatore statale idonea a investire tutte le materie,  per  le
quali  e'  necessario  garantire  a  tutti,  sull'intero   territorio
nazionale, il godimento  di  prestazioni  garantite,  come  contenuto
essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa
limitarle  o  condizionarle»  (sono  invocate,  a  sostegno  di  tale
affermazione, le sentenze n. 282 del 2004 e n. 359 del 2003). 
    Da ultimo, la  Corte  rimettente  sottolinea  come  l'ordinamento
civile  non  configuri  un  limite   assoluto,   ma   consenta   alla
legislazione regionale di intervenire, sia pur  marginalmente,  nella
stessa disciplina dei rapporti privatistici, al  fine  di  consentire
taluni adattamenti, purche' l'intervento intersechi  una  materia  di
competenza regionale e risponda a  criteri  di  ragionevolezza  (sono
richiamate le sentenze n. 94 del 2003, n. 282 del 2002 e n.  352  del
2001). 
    In sintesi, il giudice a quo sostiene  che  l'art.  117,  secondo
comma, lettera l), Cost. debba «leggersi in  combinato  disposto  con
l'art. 42 Cost., che si riferisce alla  legge  dello  Stato  sia  per
"riconoscere e garantire" la proprieta' privata, sia per stabilire  i
presupposti   di   espropriabilita'   degli   immobili    [per]    la
quantificazione  dell'indennizzo».  Ritiene,  in  particolare,   che,
mentre  le  disposizioni  in  tema  di   procedimento   espropriativo
potrebbero rientrare nell'ambito della competenza della  legislazione
regionale,  attenendo   all'esercizio   del   potere   amministrativo
conferito  alle   singole   pubbliche   amministrazioni,   viceversa,
l'individuazione dei presupposti per l'esercizio del potere ablatorio
e la determinazione  dell'indennizzo  rientrerebbero  nella  potesta'
legislativa esclusiva dello Stato, riguardando  il  regime  giuridico
della proprieta' e garantendo la necessita' di disporre  di  «criteri
univoci per la determinazione dell'indennizzo su tutto il  territorio
nazionale». 
    5.2.- Proseguendo, la Corte rimettente ravvisa un contrasto della
disciplina regionale anche con l'ulteriore riserva, in via esclusiva,
alla legislazione statale della regolazione  dei  livelli  essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili  e  sociali,  disposta
dall'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. Anche secondo  questa
prospettiva  si  paleserebbe  una  esigenza  di   equivalenza   delle
prestazioni  da  garantire   uniformemente   sull'intero   territorio
nazionale. 
    5.3.-  Ancora,  secondo   il   giudice   a   quo,   su   analoghe
considerazioni  si  fonderebbe  la  violazione  del   «principio   di
eguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge (art. 3, comma 1,
Cost.), quale conseguenza ulteriore della violazione della competenza
statuale  esclusiva».  Il  contrasto  si  renderebbe  palese  poiche'
cittadini «che versano  nella  medesima  situazione,  quali  soggetti
espropriati di un terreno destinato a standard e  ricompreso  in  una
zona edificabile del perimetro  urbano,  si  vedrebbero  diversamente
indennizzati,  a  seconda  delle  differenti  legislazioni  regionali
vigenti, in un caso con una somma parametrata al valore di mercato di
un terreno edificabile e nell'altro con  una  somma  ragguagliata  al
valore  di  mercato  di  un  terreno  non  edificabile,  con   enormi
differenze di valutazione». 
    5.4.- In subordine, la  Corte  rimettente  solleva  un  ulteriore
dubbio di legittimita'  costituzionale  in  riferimento  all'art.  3,
primo comma, e all'art. 117, terzo comma, Cost., per  violazione  dei
principi  fondamentali  della  materia   concorrente   «governo   del
territorio». 
    Si richiama, in proposito, lo stesso art. 5, comma 1, del  d.P.R.
n. 327 del 2001, come modificato dal decreto legislativo 27  dicembre
2002, n. 302 (Modifiche ed integrazioni al d.P.R. 8 giugno  2001,  n.
327,  recante  «Testo  unico   delle   disposizioni   legislative   e
regolamentari in materia di espropriazione per  pubblica  utilita'»),
secondo cui «[l]e Regioni a statuto ordinario esercitano la  potesta'
legislativa concorrente, in ordine  alle  espropriazioni  strumentali
alle  materie  di  propria  competenza,  nel  rispetto  dei  principi
fondamentali della legislazione statale nonche' dei principi generali
dell'ordinamento giuridico desumibili  dalle  disposizioni  contenute
nel testo unico». 
    5.4.1.- Ai principi fondamentali della citata materia, il giudice
a quo ascrive le disposizioni di cui al Capo VI  del  Titolo  II  del
d.P.R. n. 327 del 2001, a partire dall'art. 32. 
    Da queste sarebbe dato inferire un  «concetto  di  edificabilita'
legale, inteso come  possibilita'  di  edificazione  effettiva,  alla
stregua degli strumenti  urbanistici  vigenti  e  applicabili,  [che]
mirano  a   una   tendenziale   commisurazione   dell'indennita'   di
espropriazione  al  valore  commerciale  e  di   mercato   del   bene
espropriato». 
    La disciplina regionale censurata contrasterebbe, dunque,  con  i
menzionati principi nella misura in cui estende, ai soli  fini  della
determinazione  dell'indennita'  di  espropriazione,  la  nozione  di
edificabilita' legale  «oltre  l'ambito  semantico  che  puo'  essere
attribuito a tale  definizione,  assegnando  un  valore  edificatorio
meramente  fittizio  a  immobili  sui  quali  i   vigenti   strumenti
urbanistici non consentono realmente al privato di costruire,  e  per
il solo fatto che l'area di pertinenza del fondo  ricada  all'interno
del perimetro di  territorio  urbanizzato,  quale  individuato  dallo
strumento di programmazione generale». 
    5.4.2.- La  Corte  rimettente  precisa,  inoltre,  di  avere  ben
presenti i «recenti indirizzi della legislazione regionale in materia
urbanistica, che, pur senza pervenire ad un integrale superamento del
sistema della zonizzazione [...] si e' orientata in senso  favorevole
all'adozione di principi perequativi, volti a  distribuire  equamente
tra tutti i  proprietari  delle  aree  interessate  ai  programmi  di
trasformazione urbana i vantaggi e gli oneri determinati dalle scelte
di pianificazione, in modo da  evitare  il  sacrificio,  ad  esempio,
delle zone individuate come sedi di attrezzature e servizi pubblici a
vantaggio di quelle residenziali». Nondimeno - prosegue il giudice  a
quo   -   la   legislazione   regionale   non   potrebbe   risolversi
«nell'attribuzione generalizzata del carattere di edificabilita' alle
aree ricadenti nel perimetro urbano», qualora tale  attribuzione  non
realizzi alcuna traslazione di volumi edificatori, ne'  attui  alcuna
redistribuzione, equitativa e compensativa, dei carichi  urbanistici,
che sia funzionale a esaltare la funzione sociale della proprieta' di
cui all'art. 42, secondo comma, Cost. 
    L'unico effetto  della  normativa  censurata  sarebbe  quello  di
determinare   «un   indiscriminato    arricchimento    dei    privati
proprietari», con effetti che ricadono unilateralmente sulla  finanza
pubblica. 
    5.5.- Infine, il giudice a quo sottolinea che,  anche  ascrivendo
l'art. 19, comma 2, della legge  reg.  Puglia  n.  3  del  2005  alla
materia concorrente «governo del  territorio»,  il  contrasto  con  i
principi fondamentali di tale materia  paleserebbe,  nuovamente,  una
violazione dell'art. 3, primo comma, Cost., per  ragioni  analoghe  a
quelle gia' sopra illustrate. 
    6.- Con atto depositato il 18 agosto 2021, la Regione  Puglia  e'
intervenuta in giudizio, eccependo la non fondatezza delle  questioni
sollevate. 
    6.1.- Secondo  la  difesa  regionale,  i  dubbi  di  legittimita'
costituzionale  sarebbero  emersi  sulla  base  di   un   errore   di
prospettiva. 
    La ratio della disposizione censurata sarebbe, invero, quella  di
individuare un criterio che  consenta  di  quantificare  una  congrua
indennita' di esproprio. Se e in quanto  le  aree  contemplate  dalla
norma abbiano concorso  alla  edificabilita'  e  alla  trasformazione
urbanistica degli ambiti territoriali nei quali il fondo e' inserito,
l'assegnazione di un valore  edificatorio  uniforme  per  tali  aree,
indipendentemente dalla concreta destinazione d'uso ricevuta in  sede
di  realizzazione  delle  previsioni   urbanistiche,   servirebbe   a
«perseguire  una  finalita'  sostanzialmente  perequativa».   Sarebbe
infatti pacifico - prosegue  la  difesa  regionale  -  che  «i  suoli
destinati a interesse pubblico  ricadenti  in  zone  urbanisticamente
destinate all'edilizia debbano essere valutati o applicando  il  c.d.
"indice  fondiario  medio"  pertinente  per  l'intera  zona,   oppure
decrementando   il   valore   dei   terreni    viciniori    destinati
all'edificazione, in misura tale  da  rispettare  le  caratteristiche
essenziali del suolo destinato invece a interesse collettivo, di  per
se' non edificabile» (sono richiamate  le  sentenze  della  Corte  di
cassazione, sezione prima civile, 25 giugno 2018, n. 16681; 25 maggio
2018, n. 12969 e 17 gennaio 2007, n. 1043). 
    Cio' posto, ad avviso della Regione Puglia,  assumerebbe  rilievo
dirimente l'art. 5 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70  (Semestre
Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia), convertito, con
modificazioni, nella legge  12  luglio  2011,  n.  106,  che  avrebbe
fornito copertura a livello di  legislazione  statale  alle  pratiche
perequative e compensative adottate a livello regionale. Tale  logica
- prosegue la difesa regionale - sarebbe peraltro gia' stata presente
nell'ordinamento statale, mediante la previsione di  istituti  basati
sul meccanismo perequativo, quale il comparto  edificatorio  previsto
dall'art. 870 cod. civ., nonche' dall'art. 23 della legge  17  agosto
1942, n. 1150 (Legge urbanistica). 
    6.2.- La difesa regionale ritiene, pertanto,  di  dover  chiarire
l'esatta portata della disposizione censurata. 
    Questa  non  intenderebbe  attribuire  un   valore   edificatorio
fittizio a immobili che non sono concretamente  edificabili  in  base
allo strumento urbanistico, sol perche'  il  terreno  ricadrebbe  nel
perimetro di  un  territorio  urbanizzato  individuato  dallo  stesso
strumento   di   pianificazione   generale.   Potrebbero,    infatti,
verificarsi casi in cui il suolo espropriato non  esprima  un  indice
fondiario,   in   quanto   non   ha   contribuito   in   alcun   modo
all'edificazione della zona in cui e' ricompreso, oppure il suolo sia
localizzato  nel  centro  storico,  ove  l'edificazione   sia   stata
realizzata  in  epoca  assai   risalente,   indipendentemente   e   a
prescindere dalla presenza o meno di aree destinate a standard. 
    La difesa regionale riferisce, in proposito, che sarebbe in  fase
di studio «presso le competenti strutture regionali» una proposta  di
legge volta a recare una disposizione di  «interpretazione  autentica
e/o di modifica» della disposizione censurata  nell'odierno  giudizio
di  legittimita'   costituzionale,   con   l'obiettivo   di   rendere
inequivocabile l'applicabilita' della norma «ai soli casi in  cui  le
aree espropriande abbiano in effetti concorso alla edificazione della
zona di  riferimento  e  alla  determinazione  dell'indice  fondiario
medio». 
    6.3.- In ogni caso, gia' sulla  base  dell'interpretazione  sopra
prospettata, la difesa regionale ritiene superabile  ogni  dubbio  di
legittimita' costituzionale rispetto alla violazione della competenza
esclusiva statale in materia di «ordinamento civile»,  in  quanto  la
disposizione  censurata  si  limiterebbe  a  definire   un   criterio
funzionale  alla  quantificazione   della   congrua   indennita'   di
espropriazione. 
    Parimenti,  non  sarebbe  violato  l'art.  3  Cost.,  poiche'  la
disposizione non imporrebbe «un  regime  del  diritto  di  proprieta'
diverso da quello disciplinato dalla legge statale», ne'  inciderebbe
in  alcun  modo  su  tale  regime,  «neppure  ai  soli   fini   della
determinazione dell'indennita' di esproprio». 
    Inoltre, la disposizione censurata - prosegue la difesa regionale
- non invaderebbe ambiti  di  esclusiva  pertinenza  del  legislatore
statale  e,  in  particolare,  non  comporterebbe  alcuna  deroga  ai
principi fondamentali della materia desumibili dagli artt.  32  e  37
del d.P.R. n. 327 del 2001, di cui - ad avviso della difesa regionale
- le norme censurate sarebbero, per converso,  concreta  e  specifica
attuazione. 
    Infine, la difesa regionale obietta  che  la  prospettazione  del
giudice rimettente, nel senso  della  competenza  esclusiva  statale,
sarebbe fondata su un obiter dictum di un precedente  non  pertinente
(sentenza n. 73 del 2004), mentre la giurisprudenza costituzionale si
sarebbe pronunciata in molteplici occasioni  su  normative  regionali
disciplinanti criteri di determinazione  dell'indennita',  senza  mai
affermare la competenza esclusiva dello Stato  nella  citata  materia
(si richiamano le sentenze n. 90 del 2016, n. 187 del 2014 e  n.  181
del 2011). 
    7.- Con atto depositato il 27 settembre 2021, si e' costituito in
giudizio il Comune di  Rutigliano,  parte  nel  processo  principale,
eccependo l'inammissibilita' e, in  subordine,  la  fondatezza  delle
questioni sollevate. 
    7.1.- Il Comune ritiene che le questioni  all'esame  della  Corte
siano prive di rilevanza nel giudizio principale, in ragione  di  una
possibile lettura dell'art. 19 della legge reg. Puglia n. 3 del  2005
diversa da quella prospettata dal giudice a quo. 
    In particolare, la parte valorizza, per un verso, il  rinvio  che
il comma 1 della disposizione regionale opera agli artt. 32, comma 1,
e 37, commi 3, 4, 5 e 6, del d.P.R. n. 327 del 2001, e, per un  altro
verso, il  riferimento  effettuato  dal  secondo  comma  «al  decreto
interministeriale [recte: ministeriale] 2 aprile 1968, n. 1444». 
    Ad  avviso  della  parte,  l'edificabilita'  legale  dei   «suoli
ricadenti nel perimetro continuo  delle  zone  omogenee»  sarebbe  da
riferire al mero fine indicato dal d.m. 2 aprile  1968,  «ossia  allo
scopo di estendere a esse i limiti ivi previsti  per  l'edificazione,
senza alcun riverbero sui criteri di  determinazione  dell'indennita'
di esproprio», che rimarrebbero individuati dalla normativa statale. 
    7.2.- Viceversa, nell'ipotesi in cui questa Corte  aderisse  alla
diversa interpretazione prospettata dal giudice a quo, il  Comune  di
Rutigliano invoca l'accoglimento delle questioni. 
    In particolare, ritiene che la disposizione regionale presterebbe
un ossequio meramente «apparente» alla  disciplina  statale,  mentre,
nella sostanza,  introdurrebbe  una  «rilevante  deroga  ai  principi
fondamentali dettati» dall'art. 32, comma 1, del d.P.R.  n.  327  del
2001.  La  norma  censurata   considererebbe,   infatti,   legalmente
edificabili ai fini indennitari  suoli  che,  secondo  la  disciplina
statale, tali non potrebbero considerarsi, poiche' gravati da vincoli
«non aventi natura espropriativa», bensi' conformativa. 
    In tal modo, ad avviso del Comune,  la  disposizione  inciderebbe
direttamente  sulla  disciplina  statale  relativa  ai   criteri   di
determinazione dell'indennita' di espropriazione, «che si  ergono  al
rango   di   principi   fondamentali    della    materia    attinenti
all'ordinamento civile  ex  art.  117,  comma  2,  lett.  l),  Cost.,
rientrante  nella  legislazione  esclusiva  dello  Stato».  La  norma
censurata  inciderebbe  sul  regime  civilistico   della   proprieta'
privata, che sarebbe integrata, in  un  «tutto  inscindibile»,  dalle
previsioni del d.P.R. n. 327 del 2001. 
    Il   «richiamo   testuale   alle   "leggi   speciali"    relative
all'espropriazione di cui all'art. 834, comma  2,  c.c.,  nonche'  la
garanzia di legge alla  proprieta'  privata  prevista  dall'art.  42,
comma 2, Cost. operante anche per la determinazione  dell'indennizzo»
non potrebbero che riferirsi alle «sole leggi statali». 
    Peraltro, secondo il Comune, l'esigenza perequativa, che  sarebbe
sottesa alla disposizione regionale censurata, sarebbe  da  ritenersi
«del tutto superata dall'evoluzione giurisprudenziale avviata con  le
sentenze» n. 349 e n. 348 del 2007 di questa  Corte,  le  quali  «nel
confermare ai fini della determinazione dell'indennita' di  esproprio
l'esclusione di "... una valutazione del tutto  astratta,  in  quanto
sganciata  dalle  caratteristiche  essenziali   del   bene   ablato",
consent[irebbe],  oggidi'  di  valutare  suoli  aventi   destinazioni
intermedie tra quella agricola e quella edificabile, non rapportabili
alla nozione "stretta" di edificazione». 
    7.3.- Aderendo alle prospettazioni  del  giudice  rimettente,  il
Comune di Rutigliano sostiene, inoltre, che la deroga introdotta  con
la  disposizione  censurata  alle  norme  statali   in   materia   di
determinazione dell'indennizzo violerebbe «altresi', il principio  di
uguaglianza di tutti  i  cittadini  di  fronte  alla  legge  previsto
dall'art. 3, comma 1 Cost.», in quanto introdurrebbe «una  disparita'
di trattamento tra procedure ablatorie aventi  a  oggetto  suoli  con
caratteristiche del tutto identiche». 
    7.4.- Sempre  in  linea  con  le  argomentazioni  sviluppate  dal
giudice a quo, il Comune  di  Rutigliano  ritiene  fondate  anche  le
questioni sollevate «in via subordinata», in riferimento agli artt. 3
e 117, terzo comma, Cost., e all'art. 3, primo comma, Cost. 
    A tal proposito, richiama la sentenza di questa Corte n.  64  del
2021, che avrebbe chiarito come,  in  presenza  di  una  disposizione
volta ad attribuire, «in via di assoluto  automatismo,  il  carattere
della edificabilita' legale ad un'area per il  suo  mero  inserimento
nel perimetro urbanizzato»,  vi  sarebbe  un  sicuro  «contrasto  con
l'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  in  quanto  non  rispetterebbe  i
principi fondamentali  della  materia  concorrente  del  governo  del
territorio, di cui in particolare agli artt. 32 e 37  del  d.P.R.  n.
327 del 2001» (sentenza n. 64 del 2021). 
    7.5.- Infine, la parte costituita ravvisa un indice  dell'intento
derogatorio del legislatore pugliese nell'art. 26 della stessa  legge
reg. Puglia n. 3 del 2005, il quale  dispone  che  «[d]alla  data  di
entrata in vigore della presente legge, ai fini  dell'attuazione  dei
procedimenti espropriativi strumentali alla realizzazione delle opere
di cui  all'art.  2,  comma  1,  cessano  di  avere  applicazione  su
territorio regionale, se non richiamate dalla stessa legge ovvero  se
in contrasto con le norme  da  essa  recate,  tutte  le  disposizioni
regolamentari e  legislative  contenute  nel  d.p.r.  n.  327/2001  e
successive modifiche dalle quali non si desumano principi generali  e
fondamentali dell'ordinamento giuridico». 
    8.- In data 25 febbraio 2022, la Regione Puglia ha depositato una
memoria integrativa, ove ha insistito per le  conclusioni  rassegnate
nell'atto di intervento e ha ribadito che la  disposizione  censurata
andrebbe   interpretata   nel   senso   che   i   suoi   effetti   si
dispiegherebbero «solo se ed in quanto» le aree espropriate  «abbiano
concorso alla edificabilita' ed alla trasformazione urbanistica delle
zone territoriali in cui sono incluse». 
    Nel  replicare,  poi,  agli  argomenti  addotti  dal  Comune   di
Rutigliano, la Regione obietta che proprio la «norma di chiusura», di
cui all'art. 26 della legge reg. Puglia n. 3  del  2005,  varrebbe  a
escludere il contrasto con  i  principi  fondamentali  dettati  dallo
Stato, posto che la cessata applicazione di  «tutte  le  disposizioni
regolamentari e  legislative  contenute  nel  d.p.r.  n.  327/2001  e
successive modifiche» non  opererebbe  per  quelle  dalle  quali  «si
desumano   principi   generali   e   fondamentali    dell'ordinamento
giuridico». 
    9.- In prossimita' dell'udienza pubblica,  in  data  28  febbraio
2022, il Comune di Rutigliano ha depositato una memoria  integrativa,
insistendo nelle conclusioni di cui all'atto di costituzione. In tale
sede,  il  Comune  ha,  inoltre,  eccepito  che  sarebbe  proprio  la
prospettiva di un possibile intervento affidato a una disposizione di
interpretazione  autentica,  cui  allude  la  difesa   regionale,   a
corroborare i dubbi di legittimita'  costituzionale  prospettati  dal
giudice rimettente. L'interpretazione autentica sarebbe, in sostanza,
resa  necessaria  dalla  evidenza  dell'attuale  formulazione   della
disposizione  censurata,   che   determinerebbe   il   riconoscimento
dell'edificabilita' legale delle aree cui  si  applica,  per  il  sol
fatto del loro inserimento nel perimetro ivi individuato. 
    10.- Nell'udienza del 22 marzo 2022  sono  intervenute  la  parte
costituita in giudizio e la Regione Puglia, che hanno  insistito  per
le conclusioni rassegnate nei rispettivi scritti difensivi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza depositata il 14 aprile 2021, e iscritta al  n.
120 del registro ordinanze 2021,  la  Corte  di  cassazione,  sezione
prima civile, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma,
117, commi secondo, lettere l) ed m), e  terzo,  della  Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  19  della  legge
della Regione Puglia 22 febbraio 2005, n. 3  (Disposizioni  regionali
in materia di espropriazioni per pubblica utilita' e prima variazione
al bilancio di previsione per l'esercizio  finanziario  2005),  nella
parte in cui, al comma 2, prevede che sono da considerarsi, comunque,
sempre legalmente edificabili tutte le aree ricadenti  nel  perimetro
continuo delle zone omogenee  di  tipo  A,  B,  C  e  D,  secondo  le
definizioni di cui al decreto del Ministro per i  lavori  pubblici  2
aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di  densita'  edilizia,  di
altezza, di distanza fra i fabbricati  e  rapporti  massimi  tra  gli
spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi  e  spazi
pubblici o riservati alle attivita' collettive, al verde pubblico o a
parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi  strumenti
urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art.
17 della legge 6  agosto  1967,  n.  765),  comprese  anche  le  aree
destinate a standard. 
    1.1.-   In   particolare,   il   citato   art.   19,    rubricato
«[d]isposizioni  sul  riconoscimento   dell'edificabilita'   legale»,
stabilisce quanto segue. 
    «1.  Il  requisito  di  edificabilita'  legale  dei  terreni   da
espropriare  e'  definito  con  riferimento   ai   criteri   di   cui
all'articolo 32, comma 1, e all'articolo 37, commi 3, 4, 5 e  6,  del
D.P.R. n. 327/2001 e successive modifiche. 
    2. Sono da considerarsi, comunque, sempre legalmente  edificabili
tutte le aree ricadenti nel perimetro continuo delle zone omogenee di
tipo A, B, C e D, secondo le definizioni di  cui  al  D.M.  2  aprile
1968,  [n.  1444]  (Limiti  inderogabili  di  densita'  edilizia,  di
altezza, di distanza fra i fabbricati  e  rapporti  massimi  tra  gli
spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi  e  spazi
pubblici o riservati alle attivita' collettive, al verde pubblico o a
parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi  strumenti
urbanistici  o  della  revisione  di  quelli  esistenti,   ai   sensi
dell'articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765),  comprese  anche
le aree a standard a esse riferite. 
    3.  La  Regione  puo'  specificare  ulteriori  criteri   per   la
definizione del requisito di edificabilita' legale, in rapporto  alla
vigente normativa urbanistica». 
    2.-  La   Corte   di   cassazione   dubita   della   legittimita'
costituzionale dell'art. 19, comma 2, della legge reg.  Puglia  n.  3
del 2005, per violazione degli artt. 3, primo comma, e  117,  secondo
comma, lettere l) ed m), Cost., e, in subordine, degli artt. 3, primo
comma,  e  117,  terzo  comma,  Cost.,  in  relazione   ai   principi
fondamentali dettati dal legislatore statale nella  materia  «governo
del territorio». 
    2.1.- Con il primo gruppo di censure, che vengono presentate come
logicamente prioritarie, il giudice a quo ritiene che  la  disciplina
censurata  debba  essere  ricondotta  alla  materia   di   competenza
esclusiva statale «ordinamento civile», di cui all'art. 117,  secondo
comma, lettera l), Cost., «da  leggersi  in  combinato  disposto  con
l'art. 42 Cost., che si riferisce alla  legge  dello  Stato  sia  per
"riconoscere e garantire" la proprieta' privata, sia per stabilire  i
presupposti   di   espropriabilita'   degli   immobili    [per]    la
quantificazione dell'indennizzo». 
    In particolare, la normativa regionale invaderebbe «la competenza
statuale  incidendo  sulla   definizione   uniforme   dell'indennizzo
spettante  ai  soggetti  espropriati,  qualificando  -  a  quel  solo
limitato fine e  cioe'  senza  incidere  sul  regime  urbanistico  ed
edilizio  del  terreno  e  nel  "governo  del  territorio"   -   come
"edificabile" un terreno che "edificabile" non e'». 
    Sarebbe, pertanto,  manifesta  l'ingerenza  nello  statuto  della
proprieta' e sul diritto all'indennizzo. 
    2.2.- Inoltre, ad avviso della Corte  rimettente,  la  disciplina
censurata contrasterebbe  con  la  competenza  esclusiva  statale  in
materia  di  livelli  essenziali  delle  prestazioni,  concernenti  i
diritti civili e sociali, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera
m), Cost., la quale sarebbe espressione di  un'esigenza  di  uniforme
garanzia,   sull'intero   territorio   nazionale,   delle    medesime
prestazioni. 
    2.3.- Ancora su analoghe considerazioni si fonderebbe, secondo il
giudice a quo, un contrasto con il «principio di eguaglianza di tutti
i cittadini dinanzi alla  legge  (art.  3,  comma  1,  Cost.),  quale
conseguenza ulteriore  della  violazione  della  competenza  statuale
esclusiva». Cittadini, «che versano nella medesima situazione,  quali
soggetti espropriati di un terreno destinato a standard e  ricompreso
in  una  zona  edificabile  del  perimetro  urbano,   si   vedrebbero
diversamente indennizzati, a seconda  delle  differenti  legislazioni
regionali vigenti». 
    2.4.- In subordine, la  rimettente  rileva  che  la  disposizione
censurata sarebbe comunque lesiva dell'art. 117, terzo comma,  Cost.,
per violazione dei principi fondamentali della materia  «governo  del
territorio», nonche', di riflesso, dell'art. 3 Cost. 
    In particolare, l'art. 19, comma 2, della legge reg. Puglia n.  3
del 2005 contrasterebbe  con  i  principi  fondamentali  fissati  dal
legislatore statale nel Capo VI del Titolo II del d.P.R. n.  327  del
2001, in quanto  estenderebbe,  ai  soli  fini  della  determinazione
dell'indennita'  di  espropriazione,  la  nozione  di  edificabilita'
legale «oltre l'ambito semantico che puo' essere  attribuito  a  tale
definizione, assegnando un valore edificatorio meramente  fittizio  a
immobili sui quali i vigenti  strumenti  urbanistici  non  consentono
realmente al privato di costruire». 
    2.5.- Infine, per ragioni analoghe a quelle gia' sopra illustrate
(punto 2.3), il giudice a quo sottolinea come,  anche  ascrivendo  la
disciplina  censurata   alla   materia   concorrente   «governo   del
territorio», le ragioni di contrasto con i principi  fondamentali  di
tale materia ridondino in una violazione dell'art.  3,  primo  comma,
Cost. 
    3.-  In  via  preliminare,  occorre  esaminare   l'eccezione   di
inammissibilita' per irrilevanza sollevata dal Comune di Rutigliano. 
    Secondo  la  parte  costituita  in  giudizio,  sarebbe  possibile
un'interpretazione dell'art. 19 della legge reg. Puglia n. 3 del 2005
diversa  da  quella  su  cui  si  fondano  i  dubbi  di  legittimita'
costituzionale  sollevati,  si'  da  escludere  che  la  disposizione
censurata possa  riferirsi  alla  determinazione  dell'indennita'  di
esproprio. 
    In base alla prospettazione della parte, il rinvio che l'art. 19,
comma 1, della citata legge regionale opera agli artt. 32, comma 1, e
37, commi 3, 4, 5 e 6, del  d.P.R.  n.  327  del  2001  indurrebbe  a
ritenere   rispettate   le   previsioni   statali   in   materia   di
quantificazione dell'indennizzo. Viceversa, l'edificabilita'  legale,
evocata dall'art. 19, comma 2, avrebbe il mero fine indicato dal d.m.
2 aprile 1968, n. 1444, di estendere, a tutte le aree di cui al comma
2, i limiti previsti dal medesimo decreto, «senza alcun riverbero sui
criteri di determinazione dell'indennita' di esproprio». 
    4.- L'eccezione non e' fondata. 
    La disposizione regionale censurata ha  quale  unico  e  precipuo
effetto quello di incidere sulla  determinazione  dell'indennita'  di
esproprio. Lo si  inferisce  inequivocabilmente  dall'art.  18  della
stessa legge reg. Puglia n. 3 del 2005, la' dove dispone che,  «[p]er
la determinazione dell'indennita' da corrispondere ai proprietari  di
aree edificabili o legittimamente edificate, [...]  si  applicano  le
norme recate dagli articoli 36, 37, 38 e 39 del D.P.R. n. 327/2001  e
successive  modifiche»,  «fatte  salve  le  disposizioni  di  cui  ai
successivi articoli 19 e 20 relative all'edificabilita' legale  e  di
fatto». 
    In sostanza, l'art. 19 regola l'edificabilita'  legale,  ai  fini
della determinazione dell'indennita' da corrispondere ai  proprietari
espropriati, e lo fa in deroga  -  «fatte  salve»  dice  testualmente
l'art. 18 - alle disposizioni statali. 
    Deve,  dunque,  escludersi,  in  quanto  smentita  per   tabulas,
l'interpretazione prospettata  dalla  parte  costituita,  secondo  la
quale la disposizione regionale non riguarderebbe l'indennizzo e,  di
conseguenza, non troverebbe applicazione nel giudizio, il  che  rende
non fondata l'eccezione di inammissibilita'. 
    5.- Nel merito,  questa  Corte,  avvalendosi  della  facolta'  di
decidere l'ordine delle questioni da affrontare (sentenze n. 260  del
2021, n. 246 del 2020 e n. 258 del 2019), ritiene di dover  esaminare
primariamente le censure relative ai parametri concernenti il riparto
di competenze, poiche' incidenti sul piano delle fonti  prima  ancora
che sul merito della scelta legislativa. 
    6.- La questione sollevata in riferimento all'art.  117,  secondo
comma, lettera l), Cost., relativamente all'«ordinamento civile»,  e'
fondata. 
    6.1.- In via preliminare, occorre richiamare in sintesi i  tratti
del   diritto   all'indennizzo,   ivi   compreso    il    riferimento
all'edificabilita', sul quale interviene  la  disposizione  regionale
censurata. 
    6.1.1.- Il diritto all'indennizzo, radicato nell'art.  42,  terzo
comma, Cost. e sancito dall'art. 834 del codice civile, configura  la
principale tutela sostanziale spettante al titolare della proprieta',
che subisca, nell'interesse generale,  il  sacrificio  piu'  gravoso,
costituito dall'ablazione della situazione giuridica soggettiva. 
    Capisaldi del rimedio, chiamato a garantire un  ristoro  congruo,
serio e adeguato (sentenze n. 90 del 2016, n. 187 del  2014,  n.  181
del 2011, n. 348 del 2007, n. 283 del 1993 e n. 5 del 1980), sono  la
qualitas rei riferita al bene ablato e il parametro del suo valore di
mercato. 
    Quest'ultimo  e'  «il  punto  di  riferimento»  dell'obbligazione
indennitaria  (sentenza  n.  348   del   2007),   che,   in   termini
quantitativi, deve preservare un «ragionevole legame» rispetto a quel
valore (sentenze n. 338 e n. 181 del 2011 e, prima  ancora,  sentenza
n. 348 del 2007), anche se non  sempre  una  necessaria  coincidenza,
«alla luce del sacrificio che puo' essere imposto [...] in vista  del
raggiungimento di fini di pubblica utilita'»  (sentenza  n.  348  del
2007). 
    Il valore di mercato, dal suo canto, si plasma sulla qualitas del
bene ablato, che dipende - come ha chiarito questa Corte - dalle  sue
«caratteristiche   essenziali,   fatte   palesi   dalla    potenziale
utilizzazione economica di esso, secondo legge» (sentenza n. 348  del
2007, nonche' art. 32 del d.P.R. n. 327 del 2001). 
    6.1.2.-  In  questa  prospettiva,  poiche'   lo   statuto   della
proprieta' edilizia e' conformato dalla legislazione urbanistica,  il
connotato dell'edificabilita' evoca, innanzitutto, quella legale,  in
quanto indice di una qualita'  che,  nel  rispetto  della  legge,  e'
spendibile sul mercato (art. 37, commi 3 e 4, del d.P.R. n.  327  del
2001). 
    In presenza, dunque, di un vincolo conformativo, che inibisce  lo
ius aedificandi, quella facolta' non rileva, tanto nei  rapporti  fra
privati, quanto nella determinazione dell'indennizzo (art. 32,  comma
1, del d.P.R. n. 327 del 2001). Parimenti, un terreno edificabile  ai
soli fini  della  realizzazione  di  un'opera  pubblica  non  implica
l'attribuzione ai privati di quella medesima facultas  e  per  questo
non influenza la determinazione del rimedio (art. 32,  comma  1,  del
d.P.R. n. 327 del 2001). Per converso, un fondo edificabile  soggetto
a  un  vincolo  espropriativo   mantiene   il   valore   di   mercato
corrispondente  a  tale  uso,  poiche'  nella  stima  dell'indennizzo
occorre ovviamente prescindere dagli atti  prodromici  relativi  alla
procedura ablatoria nell'ambito  della  quale  deve  riconoscersi  la
tutela indennitaria (art. 32, comma 1, del d.P.R. n. 327 del 2001). 
    In sostanza, i criteri che  definiscono  l'edificabilita'  legale
non sono che lo specchio  di  un  possibile  utilizzo  economico  del
terreno da parte dei privati che, nel rispetto della legge,  dimostri
prospettive di valorizzazione sul mercato. 
    Del resto, sempre nella medesima ottica, volta a  considerare  le
qualita' rilevanti a livello economico, occorre  in  via  integrativa
ponderare «ogni [ulteriore] dato  valutativo  inerente  ai  requisiti
specifici del bene» (sentenza n. 338 del  2011),  il  che  induce  ad
apprezzare anche parametri di fatto (la cosiddetta edificabilita'  di
fatto, di cui all'art. 37, comma 3, del  d.P.R.  n.  327  del  2001).
Questi consentono di determinare il valore di mercato di un  immobile
sito in un luogo, nel quale  non  vi  sia  ancora  la  pianificazione
urbanistica,  o  di  tenere  conto  di   usi   diversi   dalla   mera
edificabilita', o di escludere quest'ultima, se sussistano indici  di
edificabilita' in astratto, che in concreto risultino esauriti. 
    6.2.- Tanto premesso, l'art. 19, comma 2, della legge reg. Puglia
n. 3 del 2005 assegna indistintamente a tutti  i  terreni  rientranti
nel perimetro di determinate zone  il  carattere  dell'edificabilita'
legale, senza intervenire  sulla  legislazione  urbanistica,  ma,  al
contrario, operando in deroga a tale  disciplina,  a  fini  meramente
indennitari. 
    Sia il dato testuale della disposizione censurata, sia il  canone
dell'interpretazione sistematica depongono, infatti, nel senso di una
normativa che, allo scopo sopra richiamato,  regola  l'edificabilita'
legale,  in  contrasto  con  le  previsioni  statali  in  materia  di
indennizzo,  che  collegano   tale   paradigma   alla   conformazione
urbanistica. 
    La norma in esame, dopo aver fatto  rinvio,  nel  comma  1,  alla
definizione del requisito di edificabilita', di cui  agli  artt.  32,
comma 1, e 37, commi 3, 4, 5 e 6,  del  d.P.R.  n.  327  del  2001  e
successive modifiche, prevede testualmente, al comma 2,  che  «[s]ono
da considerarsi, comunque, sempre  legalmente  edificabili  tutte  le
aree ricadenti nel perimetro continuo delle zone omogenee di tipo  A,
B, C e D, secondo le definizioni di cui al D.M. 2  aprile  1968,  [n.
1444], comprese anche le aree a standard a esse riferite». 
    La conformita' alle disposizioni statali, evocata al comma 1, e',
dunque, recessiva rispetto alla previsione derogatoria del  comma  2,
che  rende  «comunque,  sempre  legalmente   edificabili»   le   aree
cosiddette  a  standard,   che,   sulla   base   della   legislazione
urbanistica, edificabili non sono. 
    Parimenti, l'art. 18 della medesima legge reg. Puglia  n.  3  del
2005,  se,  per  un  verso,  prevede  che  «[p]er  la  determinazione
dell'indennita' da corrispondere ai proprietari di aree edificabili o
legittimamente edificate [...] si applicano  le  norme  recate  dagli
articoli 36, 37,  38  e  39  del  D.P.R.  n.  327/2001  e  successive
modifiche», al contempo, fa «salve  le  disposizioni  di  cui  a[gli]
articoli 19 e 20 relative all'edificabilita' legale e di  fatto»,  il
che conferma la prevalenza della  norma  censurata  sulla  disciplina
statale. 
    In definitiva, l'art. 19, comma 2, della legge reg. Puglia  n.  3
del 2005 e' espressamente derogatorio  delle  previsioni  statali  in
materia di indennizzo e assegna a una categoria di beni - le  aree  a
standard   soggette   a   vincolo   conformativo   -   il   connotato
dell'edificabilita' legale, che, invece, e' smentito dalla disciplina
urbanistica. 
    Di conseguenza, la  disposizione  non  opera  sul  terreno  della
legislazione urbanistica, ma, nel distaccarsi da  questa,  interviene
solo a fini indennitari sulla qualitas rei, recidendo ogni nesso  con
il valore di mercato dei relativi beni e alterando lo  statuto  della
proprieta',  cosi'  invadendo  la  competenza  statale  esclusiva  in
materia di ordinamento civile. 
    6.3.- Del resto,  proprio  la  distinzione  fra  il  piano  della
disciplina urbanistica, che conforma la proprieta' edilizia, e quello
dell'intervento  regionale  in  esame,  finalizzato  a   condizionare
soltanto l'entita'  dell'indennizzo,  impedisce  di  giustificare  la
disposizione censurata - come invece sostiene la difesa  regionale  -
attraverso una presunta finalita' perequativa. 
    Simile prospettiva attiene, infatti,  al  diverso  terreno  della
pianificazione urbanistica e riguarda  la  possibilita'  di  adottare
tecniche differenti dalla zonizzazione, volte a evitare  che  gravino
sulle  sole  aree  cosiddette  a  standard,  sottoposte   a   vincoli
conformativi, tutti i «costi di  riqualificazione,  urbanizzazione  e
realizzazione di aree a servizi di pubblica utilita' o verde»  (Corte
di cassazione, sezioni unite civili, sentenza  29  ottobre  2020,  n.
23902), che vanno a beneficio delle zone  edificabili.  In  sostanza,
tale fenomeno presuppone una particolare tipologia di  pianificazione
e  ha  quale  effetto  proprio  quello  di  intervenire  in  funzione
perequativa a prescindere dal percorso  espropriativo,  operando  con
una specifica tecnica conformativa. 
    I  due  ambiti  -  quello  della  pianificazione  ispirata   alla
perequazione e  quello  della  espropriazione  -  sono  evidentemente
contigui e coordinati, ma non si possono indebitamente sovrapporre  e
confondere,   spostando   l'obiettivo   della   perequazione    dalla
pianificazione  urbanistica  alla  mera  determinazione   a   livello
regionale dell'indennizzo per l'espropriazione. Non e'  dato,  cioe',
compensare a posteriori, nella mera eventualita'  dell'espropriazione
e con una disciplina regionale, gli effetti  dell'apposizione  su  un
fondo del vincolo conformativo, dotando quel terreno, che sul mercato
non puo' spendere la qualita' di bene edificabile, di  tale  fittizio
valore. 
    6.4.- E'  quanto,  viceversa,  realizza  -  come  si  gia'  sopra
anticipato (punto 8.2) - la  disposizione  regionale  censurata,  che
conferisce, «in via  di  assoluto  automatismo,  il  carattere  della
edificabilita' legale ad un'area per  il  suo  mero  inserimento  nel
perimetro urbanizzato» (sentenza n. 64 del 2021),  incidendo  in  tal
modo a livello regionale su  «un  profilo  essenziale  dello  statuto
della proprieta' (sentenza n. 5 del 1980), che non tollera, in  linea
con l'art. 3  Cost.,  irragionevoli  disparita'  di  trattamento  sul
territorio nazionale (sentenza n. 73 del 2004;  nello  stesso  senso,
sentenze n. 159 del 2013, n. 295 del 2009 e n. 352 del 2001)» (cosi',
ancora, la sentenza n. 64 del 2021). 
    In tal modo, i beni  conformati  dalla  legislazione  urbanistica
acquisiscono,  nel  solo  territorio  interessato  dalla   disciplina
regionale, una  qualita'  differenziata  rispetto  ai  medesimi  beni
collocati in analoghi territori siti  in  altre  Regioni,  senza  che
questo abbia alcuna attinenza con la diversita' dei mercati. Altro e'
constatare che da una zona all'altra dell'Italia varia il  valore  di
mercato di un terreno edificabile, altro e' assumere che solo in  una
determinata Regione un terreno in se' non  edificabile  debba  essere
stimato come se lo fosse. 
    Manipolare la qualitas rei, come fa la disciplina regionale, vuol
dire inficiare il presupposto stesso del  pari  diritto  alla  tutela
indennitaria (sentenza n. 73 del 2004), pregiudicando  in  radice  la
pretesa a un rimedio non discriminatorio del diritto di proprieta'. 
    Questa, pur nella varieta' dei suoi plurimi statuti,  invoca  una
parita' di trattamento a  livello  territoriale,  in  conformita'  al
principio di eguaglianza che incarna la ragione stessa della  riserva
allo Stato dell'ordinamento civile (ex multis, sentenze  n.  283  del
2016, n. 159 del 2013).  Oltretutto,  l'irragionevole  disparita'  di
trattamento sul piano territoriale si accompagna -  nella  disciplina
censurata  -  all'ingiustificato  vantaggio  per   chi   subisca   un
procedimento ablatorio rispetto a chi trasferisca  il  medesimo  bene
sul mercato, in  quanto  l'affermata  edificabilita'  rileva  solo  a
livello indennitario. 
    In definitiva, anche  adottando  -  proprio  sulla  scorta  della
immanente connessione fra  principio  di  eguaglianza  e  ordinamento
civile - una concezione di  quest'ultimo  favorevole  a  riconoscere,
rispetto  a  istituti  privatistici,  la  possibilita'  di  marginali
interventi  regionali,  emerge,  in   ogni   caso,   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 19, comma 2, della legge reg.  Puglia  n.  3
del 2005. 
    La disciplina dei rapporti privatistici puo', infatti, subire  un
qualche adattamento, solo «ove questo risulti in stretta  connessione
con la materia di competenza regionale  e  risponda  al  criterio  di
ragionevolezza, che vale a  soddisfare  il  rispetto  del  richiamato
principio di eguaglianza (sentenze n. 441 del 1994 e n. 35 del 1992)»
(sentenza n. 352 del 2001, in senso conforme sentenze n. 175 del 2019
e n. 283 del 2016). 
    Viceversa, nel caso in esame, l'intervento regionale conduce a un
esito palesemente irragionevole, che ricade su un aspetto  tutt'altro
che marginale del diritto di proprieta' e della tutela indennitaria e
che presenta una  connessione  solamente  apparente  con  materie  di
competenza  regionale.  L'edificabilita'  e',  infatti,  una  nozione
certamente ascrivibile alla materia urbanistica, ma non quando  venga
invocata - come emerge in questo caso - in contrasto  con  la  stessa
disciplina urbanistica e  al  solo  scopo  di  incidere  sull'entita'
dell'indennizzo. 
    7.- Per le ragioni esposte, e' fondata, per violazione  dell'art.
117,   secondo   comma,   lettera   l),   Cost.,    in    riferimento
all'«ordinamento civile», la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 19, comma 2, della legge reg. Puglia n. 3 del 2005, secondo
cui «[s]ono da considerarsi, comunque, sempre legalmente  edificabili
tutte le aree ricadenti nel perimetro continuo delle zone omogenee di
tipo A, B, C e D, secondo le definizioni di  cui  al  D.M.  2  aprile
1968,  [n.  1444]  (Limiti  inderogabili  di  densita'  edilizia,  di
altezza, di distanza fra i fabbricati  e  rapporti  massimi  tra  gli
spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi  e  spazi
pubblici o riservati alle attivita' collettive, al verde pubblico o a
parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi  strumenti
urbanistici  o  della  revisione  di  quelli  esistenti,   ai   sensi
dell'articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765),  comprese  anche
le aree a standard a esse riferite». 
    8.- Restano assorbite  le  ulteriori  questioni  di  legittimita'
costituzionale sollevate in riferimento agli altri parametri. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 19,  comma  2,
della legge della Regione Puglia 22 febbraio 2005, n. 3 (Disposizioni
regionali in materia di espropriazioni per pubblica utilita' e  prima
variazione al bilancio  di  previsione  per  l'esercizio  finanziario
2005). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 marzo 2022. 
 
                                F.to: 
                     Giuliano AMATO, Presidente 
                   Emanuela NAVARRETTA, Redattrice 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 13 maggio 2022. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA