N. 55 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 dicembre 2021
Ordinanza del 2 dicembre 2021 del Tribunale di Bologna nel procedimento penale a carico di C. R.G.. Processo penale - Procedimento per delitto punito con la pena dell'ergastolo - Udienza preliminare - Riqualificazione giuridica del fatto tale da rendere ammissibile il giudizio abbreviato - Decreto che dispone il giudizio contenente l'avviso che l'imputato puo' chiedere il giudizio abbreviato - Applicazione delle disposizioni dell'art. 458 cod. proc. pen. - Richiesta di giudizio abbreviato - Denunciata previsione di una disciplina che consente che a celebrare il giudizio abbreviato sia un giudice che, per limiti funzionali, non puo' ritenersi "terzo e imparziale" e in quanto non "soggetto soltanto alla legge". - Codice di procedura penale, art. 429, comma 2-bis, in combinato disposto con l'art. 458 del medesimo codice. Processo penale - Incompatibilita' del giudice - Incompatibilita' a celebrare il giudizio abbreviato del giudice individuato a norma della disposizione di cui all'art. 458 cod. proc. pen., che, per le limitazioni derivanti dall'art. 438, comma 1-bis, cod. proc. pen. e per l'impossibilita' di fare applicazione dell'art. 521 cod. proc. pen., non puo' essere considerato "terzo e imparziale". - Codice di procedura penale, art. 34.(GU n.21 del 25-5-2022 )
TRIBUNALE DI BOLOGNA Ufficio del giudice per le indagini preliminari Il giudice, dott. Alberto Gamberini, vista la richiesta, depositata dal pubblico ministero all'udienza del 28 ottobre 2021, nell'ambito del procedimento a carico di C. R.G., nato a ... il ... , imputato per il delitto di cui agli articoli 575 e 577, primo comma, n. 4 c.p., in relaz. all'art. 61, primo comma, n. 1 c.p., riqualificato dal GUP all'esito dell'udienza preliminare ai sensi dell'art. 589-bis c.p., 141, primo e secondo comma c.d.s., di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 429, comma 2-bis c.p.p., per contrasto con l'art. 112, gli articoli 3 e 24 e con l'art. 111 della Costituzione, nonche' dell'art. 443, comma 3 c.p.p. che in combinato disposto con l'art. 429, comma 2-bis c.p.p., sarebbe in contrasto con gli articoli 111, comma 2 e comma 6 della Costituzione, 117, primo comma della Costituzione, in relazione all'art. 6, paragrafo 1, CEDU, nonche' per contrasto con gli articoli 3, 24 e 112 della Costituzione; Sentite le altre parti processuali; All'esito dell'udienza del 2 dicembre 2021. Ritenuto in fatto Alle ... del ... , i Carabinieri di ... intervenivano presso l'area di parcheggio dello ... ove era stato segnalato che un camion aveva investito una persona. I militari trovavano in loco i sanitari del 118, i quali avevano gia' riscontrato il decesso del camionista N. R., che giaceva in una pozza di sangue sotto la motrice, tra il primo e il secondo asse, di un autotreno. Sul posto venivano identificati C. R.G. autista dell'autotreno che aveva investito la vittima, e i camionisti K. Y. e M. A., presenti al momento del sinistro. Questi ultimi, nel corso delle sommarie informazioni testimoniali, facevano espresso riferimento ad un precedente alterco intervenuto tra il C. e K. per ragioni attinenti alla circolazione stradale, evidenziando che la vittima era intervenuta nella discussione, sostenendo le ragioni del secondo. In particolare, sulla base del compendio testimoniale, si accertava che, nella mattina in questione, vi era stato un violento diverbio tra il C. e il K., nell'ambito del quale il primo aveva colpito il secondo con un pugno. Si accertava quindi che, dopo questo episodio l'attuale imputato, pur non avendo alcuna reale necessita' di fare ritorno allo zuccherificio ed essendo in questo senso sconsigliato dal farlo dal collega - amico M., era entrato a velocita' sostenuta nel piazzale, ove nel frattempo vi erano ad attenderlo il K. e il N. - i quali si erano nel frattempo armati con oggetti contundenti - allo scopo di verosimilmente di affrontarli. Il C. si era quindi diretto verso la fila dei camion intenti a caricare, ove era presente il K., armato con un tubo di ferro, il quale, visto sopraggiungere il mezzo pesante, era riuscito a scansarsi, riparandosi dietro le auto in sosta. A quel punto, l'imputato aveva sterzato improvvisamente a destra, finendo per investire e provocare il decesso del N. che stava sopraggiungendo da quella parte. In sede di convalida dell'arresto, il giudice di prime cure, riteneva corretta l'incolpazione provvisoria di omicidio volontario aggravato contestata dalla Procura, valorizzando principalmente i motivi di rancore serbati dal C. nei confronti dei due camionisti magrebini per l'alterco verificatosi nella stessa mattinata, nonche' l'andatura anomala tenuta dall'attuale imputato e l'apparente assenza di segni di frenata. Di diverso avviso il Tribunale distrettuale del riesame che, facendo leva anche sui rilievi effettuati dalla polizia giudiziaria operante sulla velocita' del mezzo e sull'esistenza di tracce di frenata, ritenendo che il C. potesse non essersi avveduto della presenza della vittima che proveniva dalla ... per il principio del favor rei, riqualificava il reato come omicidio stradale. Il pubblico ministero esercitava l'azione penale, chiedendo il rinvio a giudizio del C. per il delitto di cui agli articoli 575 e 577, primo comma, n. 4 c.p., in relazione all'art. 61, primo comma, n. 1 c.p. All'udienza preliminare, la difesa formulava richiesta di rito abbreviato e il giudice, pur rilevando che il reato contestato non consentiva l'accesso al rito (ex art. 438, comma 1-bis c.p.p. introdotto con la legge 12 aprile 2019, n. 33), non dichiarava la inammissibilita' della richiesta di abbreviato ma sospendeva il processo, attesa la pendenza del giudizio della Consulta sulle questioni di legittimita' costituzionale sollevate dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario della Spezia e dalla Corte di assise di Napoli. Nella successiva udienza, il GUP, preso atto del rigetto da parte della Consulta delle questioni di legittimita' costituzionale (Corte costituzionale n. 260/2020), invitava le parti a rassegnare le conclusioni. In quella sede il pubblico ministero chiedeva il rinvio a giudizio per il delitto in contestazione e la difesa sollecitava il giudice ad una riqualificazione del fatto da sussumersi nell'art. 589-bis c.p. A seguito della Camera di consiglio, il giudice dava lettura del decreto che dispone il giudizio nei confronti dell'attuale imputato, con riqualificazione del fatto ai sensi del comma 2-bis, dell'art. 429 c.p.p. (comma introdotto dalla legge n. 93 del 12 aprile 2019), dando conto degli elementi di fatto valorizzati per ritenere colposa e non dolosa la condotta come descritta nell'imputazione formulata dal pubblico ministero. Il procuratore speciale dell'imputato, sulla base del comma 2-bis, dell'art. 429 c.p.p., in data 5 febbraio 2021 depositava in cancelleria la richiesta di definizione del procedimento nelle forme del rito abbreviato. All'esito della richiesta, il fascicolo veniva assegnato allo scrivente quale giudice tabellarmente competente. All'udienza del 6 maggio 2021, dopo che questo giudice aveva ammesso il giudizio abbreviato richiesto, il pubblico ministero avanzava una prima richiesta di sollevare questione di legittimita' costituzionale in ordine alle norme anche in questa sede oggetto di censura, che veniva disattesa da questo giudicante sul presupposto che le questioni proposte avessero una rilevanza meramente potenziale, attenendo al mero momento decisorio. Nella successiva udienza, il pubblico ministero reiterava la richiesta, sulla base di diverse e piu' articolate argomentazioni. Ritenuto in diritto Va immediatamente evidenziato che questo giudice intende sottoporre alla Corte soltanto quei profili di illegittimita' rappresentati dal requirente che appaiono - a suo avviso - effettivamente rilevanti e non manifestamente infondati, posto che l'ispessimento dell'obbligo di interpretazione conforme richiesto dalla giurisprudenza costituzionale richiede non un semplice dubbio sulla «resistenza» della legge ai sospetti di incostituzionalita', bensi' un fondato e meditato giudizio sull'effettivo contrasto della norma con la Costituzione. Non verra', inoltre, sollevata la questione di costituzionalita' - sollecitata dal pubblico ministero - concernente il vulnus che il requirente subirebbe dall'esercizio del potere di riqualificazione da parte del giudice dell'udienza preliminare, con conseguente accesso al giudizio abbreviato, per essere lo stesso privato ex art. 443 c.p.p. del potere di impugnazione della sentenza in caso di condanna per il delitto cosi' riqualificato. Trattasi, infatti, di questione meramente ipotetica - e quindi allo stato non rilevante - in quanto subordinata ad un accadimento futuro e incerto quale e' la prospettata volonta' del pubblico ministero di impugnare un'eventuale sentenza di condanna per il delitto di omicidio stradale (in questo senso cfr. ordinanza n. 143 del 2002). Non potrebbe in ogni caso essere d'ostacolo la circostanza che l'eventuale impugnazione potrebbe essere dichiarato inammissibile dalla Corte d'appello. Al riguardo si osserva come la Cassazione ha, di recente, sollevato una questione di legittimita' costituzionale nell'ambito di un giudizio introdotto da un ricorso contenente censure - ritenute dalla stessa Corte - palesemente infondate, giacche' la conseguente inammissibilita' del ricorso avrebbe determinato il passaggio in giudicato di una condanna fondata su una norma illegittima (cfr. sentenza n. 25 del 2019 che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 75, comma 2, decreto legislativo n. 159 del 2011). Come e' noto, a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 33/2019, il giudizio abbreviato non e' piu' ammesso per i delitti puniti con l'ergastolo. Il legislatore ha, tuttavia, introdotto, con il comma 2-bis, dell'art. 429 c.p.p. la possibilita' di consentire l'accesso al rito speciale ove l'originaria imputazione preclusiva alla sua instaurazione subisca successive rivisitazioni; in particolare, per l'ipotesi della riqualificazione giuridica in bonam partem all'esito dell'udienza preliminare, e' previsto che il decreto che dispone il giudizio contenga l'avviso all'imputato che, entro quindici giorni (decorrenti dalla lettura o dalla notifica del decreto), lo stesso possa optare per il rito abbreviato. Non vi e' dubbio che il giudizio abbreviato instaurato a seguito della descritta sequenza processuale - sia con riguardo alle modalita' di instaurazione dello stesso, sia con riferimento al perimetro di giudizio del decidente - abbia caratteristiche peculiari che lo differenziano dal rito di cui all'art. 438 e ss. e che non appaiono prive di fondati dubbi di costituzionalita'. In particolare, contrariamente a quanto avviene per il giudizio abbreviato c.d. «ordinario» (cioe' quello che si celebra a seguito di richiesta di rinvio a giudizio, ovvero a seguito del decreto di giudizio immediato), quello incardinato dinanzi al GUP, individuato secondo le disposizioni di cui all'art. 458 c.p.p., come richiamate dall'art. 429, comma 2-bis c.p.p.: non si celebra sulla pretesa punitiva fatta valere nel processo attraverso l'azione intrapresa dal pubblico ministero, bensi' su un titolo di reato che e' individuato dal precedente GUP, cioe' un giudice che, investito di una richiesta di abbreviato ammissibile, sarebbe il giudice dell'abbreviato e dovrebbe pronunciare ordinanza di restituzione degli atti al pubblico ministero qualora, all'esito della discussione, ravvisasse che il fatto risulta diverso da quello per il quale l'imputato era stato tratto a giudizio; la riqualificazione «autoritativa» del giudice e' contenuta in un provvedimento (il decreto che dispone il giudizio) non impugnabile che rende possibile l'accesso al rito abbreviato, altrimenti inammissibile; la sentenza di merito e' emessa da un giudice, ulteriore e diverso da quello che ha operato la riqualificazione; un giudice, individuato sulla base delle disposizioni di cui all'art. 458 c.p.p., al quale non puo' essere attribuita, ai fini e per gli effetti di cui all'art. 443, comma 3 c.p.p., la riqualificazione del titolo di reato che egli, per vincolo funzionale, «subisce» e che non puo' certamente smentire, quantomeno in peius, ne' con ordinanza, ne' con sentenza. Nel caso di specie, il perimetro del giudizio del giudice dell'abbreviato e' predeterminato dalla valutazione operata nella precedente fase processuale: in sintesi, qualora il giudice dell'abbreviato ritenesse che, nel caso di specie, si sia in presenza di una fattispecie di omicidio volontario, lo stesso: non puo' ovviamente pronunziare sentenza di condanna per il delitto piu' grave, essendo chiamato a pronunziarsi sull'oggetto dell'imputazione come modificata, essendo peraltro precluso il giudizio abbreviato per il reato di omicidio volontario; non puo' sollevare conflitto ex art. 28, comma 2 c.p.p., norma pacificamente non applicabile a giudici persone fisiche diverse dello stesso ufficio giudicante; non puo' restituire gli atti ai sensi dell'art. 521, comma 2 c.p.p., trattandosi nel caso di specie di un'indebita regressione, avendo il pubblico ministero correttamente gia' esercitato l'azione penale per il piu' grave reato; peraltro, si rileva come un nuovo esercizio dell'azione penale e una nuova celebrazione dell'udienza preliminare, con la reiterazione di una medesima scansione procedimentale, gia' svolta, che potrebbe ripetersi senza soluzione di continuita', potrebbe determinare il verificarsi di una stasi processuale non altrimenti superabile. La tematica che si sottopone all'esame della Corte e' quella del controllo dell'imputazione da parte del giudice, con specifico riguardo all'ipotesi di accertamento della diversita' del fatto. Al riguardo, l'art. 521, comma 2 c.p.p. prevede che il giudice, ove a conclusione del dibattimento accerti che il fatto e' diverso da come descritto nel decreto che dispone il giudizio, debba disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero, facendo cosi' regredire il procedimento nella fase delle indagini preliminari. E' pacifico il potere - dovere di attribuire un diverso nomen iuris alla vicenda materiale per cui si procede - peraltro esercitabile dal giudice in ogni fase del procedimento (nelle indagini preliminari, in udienza preliminare, in sede di applicazione di misure cautelari, ecc.) - spetti, per giurisprudenza costante, anche al GUP con la sentenza emessa a seguito del giudizio abbreviato. E' del tutto evidente come il meccanismo processuale in questa sede oggetto di censura privi il giudicante della possibilita' di determinarsi in maniera autonoma rispetto all'imputazione come cristallizzata dal giudice dell'udienza preliminare. Una prima antinomia fra le norme interne ordinarie con l'art. 111, comma 2 e comma 6 della Costituzione e l'art. 6 della CEDU si coglie con riguardo al profilo oggettivo dell'imparzialita' e il difetto risulta di natura funzionale. Trattasi invero di un'abnormita' strutturale/funzionale, che deriva direttamente dalla legge (e cioe' dal combinato disposto delle norme scrutinate) e non gia' dall'esercizio del potere che il comma 2-bis, dell'art. 429 c.p.p. attribuisce al giudice dell'udienza preliminare. La «terzieta' ed imparzialita'» sono prerequisiti del giudicare, sono le condizioni essenziali per la celebrazione (ancora prima della fase decisoria) di un processo «giusto». L'art. 34 c.p.p. (che disciplina le «incompatibilita' determinate da atti compiuti nel procedimento») e' la norma che consente di comprendere come la questione che si sottopone alla valutazione della Corte sia «rilevante» e «non manifestamente infondata». Tale disposizione elenca tutte una serie di situazioni che vietano, gia' in astratto, a un giudice di «esercitare le funzioni nel grado successivo» ovvero «di partecipare al giudizio»: il legislatore (e la Consulta, con i plurimi interventi additivi) individua a priori il complesso delle situazioni atte a turbare l'imparzialita' del giudice rispetto agli ulteriori esiti di una determinata vicenda, in conseguenza di una concorrente o pregressa attivita' o posizione funzionale. Nel caso di specie, il giudice dell'abbreviato non ha compiuto atti nel procedimento, ma «eredita» un vincolo o limite funzionale dalla decisione assunta dal giudice che l'ha preceduto. Egli e' il giudice dell'abbreviato, reso possibile in virtu' della riqualificazione operata in udienza preliminare e, pur essendo chiamato a valutare i medesimi atti gia' valutati dal GUP, versa nella impossibilita', stante il divieto normativo posto dall'art. 438, comma 1-bis c.p.p., di darne una diversa qualificazione giuridica (o quantomeno quella dell'originaria imputazione). Il giudice del giudizio abbreviato incardinato a seguito dell'applicazione di cui all'art. 429, comma 2-bis c.p.p. e' a ben vedere inibito a fare uso di tutti i poteri che ineriscono all'esercizio della sua funzione. Tale condizione appare all'evidenza in contrasto con la nozione oggettiva di «terzieta' ed imparzialita'» che e' alla base della norma costituzionale di cui all'art. 111, comma 2. Infatti, il giudice dell'abbreviato ha, tra le sue opzioni, soltanto quelle di assolvere o condannare l'imputato per il delitto di omicidio stradale. Ripercorrendo la motivazione con la quale la Consulta, con la sentenza n. 224/2001, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 1 del codice di procedura penale (nella parte in cui non prevedeva l'incompatibilita' alla funzione di giudice dell'udienza preliminare del giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare sentenza, poi annullata, nei confronti del medesimo imputato e per lo stesso fatto), ben si puo' cogliere la «rilevanza» e la «non manifesta infondatezza» della questione di legittimita' costituzionale che si sottopone alla Corte. La «rilevanza» delle questioni di legittimita' costituzionale attinenti alla «terzieta' ed imparzialita'» (e dunque alla «incompatibilita'» a giudicare), sia nelle previsioni normative, che nelle pronunce della Consulta e' sempre valutata a priori, cioe' nel momento in cui si incardina il processo e si individua il giudice competente a decidere. La particolarita' della questione e' che l'incompatibilita', sub specie di mancanza «funzionale» di terzieta' e indipendenza, deriva dal fatto che l'individuazione del giudice del giudizio abbreviato, in conseguenza dell'applicazione dell'art. 458 c.p.p., il potere partecipare al giudizio (come fonte della capacita' di definire giudizio di merito) e il perimetro del giudizio abbreviato (come facolta'/poteri esercitabili a fronte del limite posto dall'art. 438, comma 1-bis c.p.p.) derivano dalla valutazione di merito operata dal giudice dell'udienza preliminare, ex art. 429, comma 2-bis c.p.p. e dal disposto normativo che prevede che «si applicano le disposizioni di cui all'art. 458 c.p.p.». Il giudice dell'abbreviato, incardinato a seguito della riqualificazione ex comma 2-bis, dell'art. 429 c.p.p., in sintesi, versa nella medesima situazione «astratta» di «incompatibilita'», pacificamente sussistente in capo al GUP che ha disposto il rinvio a giudizio, riqualificato il fatto oggetto di contestazione e consentito l'accesso al rito. Paradossalmente, quale giudice del merito, rispetto all'imputazione, ha addirittura meno poteri di quelli esercitati dal giudice dell'udienza preliminare. Pertanto, il giudice dell'abbreviato non puo' ritenersi «terzo e imparziale», posto che: alla richiesta di ammissione al rito abbreviato, tempestivamente presentata, non poteva che conseguire l'ammissione «di diritto» al rito; la richiesta di rito abbreviato e' stata resa ammissibile dalla riqualificazione giuridica del fatto, operata dal GUP, ex art. 429, comma 2-bis c.p.p.; per disposto normativo, a seguito della richiesta di giudizio abbreviato, si applicano le disposizioni di cui all'art. 458 c.p.p.; se a norma dell'art. 34, comma 2 c.p.p. «non puo' partecipare al giudizio il giudice che ha emesso il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare o ha disposto il giudizio immediato ...», ovviamente per la valutazione gia' espressa non si vede come possa essere considerato «terzo e imparziale» un giudice che (diversamente da quello dibattimentale) e' funzionalmente vincolato, cioe' sottoposto alla valutazione fatta da chi l'ha preceduto. E' evidente, altresi', la sussistenza, nel presente giudizio, di quella che la Consulta ha definito come la «forza di prevenzione» esercitata, nella rinnovata fase processuale, dalle valutazioni in questo caso gia' compiute dal giudice dell'udienza preliminare. Al fine di ulteriormente suffragare la «rilevanza» della questione di legittimita' costituzionale, si richiamano i principi costantemente applicati dalla Consulta in tema di incompatibilita'. Nella sentenza n. 224/2001, si legge: «... va premesso come, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, le norme sulla incompatibilita' del giudice determinata da atti compiuti nel procedimento presidiano i valori costituzionali della terzieta' e dell'imparzialita' della giurisdizione, risultando finalizzate ad evitare che la decisione sul merito della causa possa essere o apparire condizionata dalla «forza della prevenzione» - ossia dalla naturale tendenza a confermare una decisione gia' presa o a mantenere un atteggiamento gia' assunto - scaturente da valutazioni cui il giudice sia stato precedentemente chiamato in ordine alla medesima res iudicanda. Il secondo termine della relazione di incompatibilita' costituzionalmente rilevante, espressivo della sede «pregiudicata» dall'accennato effetto di «condizionamento», e' stato identificato nel «giudizio» contenutisticamente inteso, e cioe' in ogni sequenza procedimentale - anche diversa dal giudizio dibattimentale - la quale, collocandosi in una fase diversa da quella in cui si e' svolta l'attivita' «pregiudicante», implichi una valutazione sul merito dell'accusa, e non determinazioni incidenti sul semplice svolgimento del processo, ancorche' adottate sulla base di un apprezzamento delle risultanze processuali ...». Nel caso di specie, non e' la diversita' fisica della persona del giudice a «sanare» incompatibilita', sussistente, ma non prevista. L'ammissione del rito, resa possibile dalla previa riqualificazione, rende evidente che anche in tale ipotesi «ricorre il pericolo che l'art. 34, comma 1 c.p.p. e' finalizzato a rimuovere»: le valutazioni demandate al giudice dell'abbreviato, avanti al quale in mancanza della rivalutazione del GUP non si sarebbe incardinato alcun giudizio, appaiono condizionate dalla cosiddetta «forza della prevenzione», e cioe' dalla naturale propensione a tenere fermo il giudizio precedentemente espresso in ordine alla medesima res iudicanda. Ora, il canone costituzionale dell'imparzialita' e della terzieta' del giudice, enunciato dall'art. 111, secondo comma della Costituzione e' sovrapponibile a quello previsto dall'art. 6, paragrafo 1, CEDU: e' un canone che attiene ad una condizione consustanziale che deve caratterizzare l'intero giudizio e non gia' il solo momento decisorio. La Corte di Strasburgo ha evidenziato che si deve ravvisare una violazione del principio di imparzialita' ogni qualvolta le attivita' poste in essere anteriormente dal giudice - non importa se nella stessa o in altra fase processuale - siano tali da comportare una sostanziale anticipazione del giudizio, sia per l'estensione dei poteri affidati, sia per l'approfondita conoscenza degli elementi di prova su cui poi sara' chiamato a rendere la sua decisione nel merito (cfr. sentenze Corte EDU 15 gennaio 2015, Dragojević contro Croazia; 11 luglio 2013, Rudnichenko contro Ucraina; 25 luglio 2000, Tierce e altri contro San Marino; 26 ottobre 1984, De Cubber contro Belgio). Il principio fissato dalla Corte di Strasburgo deve valere anche nel caso in cui il giudizio si incardini avanti a un giudice che, derivando il suo potere dalle valutazioni di merito eseguite dal giudicante che l'ha preceduto, subisca, per l'effetto di quelle e della previsione di cui all'art. 438, comma 1-bis c.p.p., una limitazione dei poteri esercitabili. Orbene, l'art. 429, comma 2-bis c.p.p. nella parte in cui richiama l'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 458 c.p.p., tenuto conto del disposto di cui all'art. 438, comma 1-bis c.p.p., produce l'individuazione di un giudice naturale che versa in una «incompatibilita'» funzionale e, come tale, non puo'/deve partecipare al giudizio. La omessa previsione della predetta incompatibilita', si pone in contrasto, in particolare, con l'art. 6, paragrafo 1, CEDU, nella parte in cui stabilisce che «[ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata [...] da un tribunale [...] imparziale», secondo l'interpretazione offerta dalla consolidata giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. Inoltre, appare manifestamente non infondato il dubbio (oltre che ovviamente rilevante nel caso di specie) che il descritto meccanismo processuale sia in contrasto con l'art. 101, comma 2 della Costituzione. Tale precetto costituzionale, affermando che «i giudici sono soggetti soltanto alla legge», se da un lato puntella (grazie all'avverbio soltanto) quell'indipendenza che sara' esplicitata dal successivo art. 104, dall'altro sottolinea l'unico vincolo di soggezione a cui e' sottoposta la funzione giurisdizionale: la legge. Trattasi, come evidente, di norma che non tollera disposizioni lesive dell'autonomia e indipendenza della funzione giurisdizionale. Nel caso di specie, per le argomentazioni sopra espresse, attraverso l'esercizio del potere di riqualificazione attuato dal giudice dell'udienza preliminare ai sensi dell'art. 429, comma 2-bis c.p.p. si determina in capo al giudice del rito abbreviato un vincolo che non deriva (o quantomeno non soltanto) dalla legge, bensi' dall'esercizio stesso di tale potere. Appare pacifico come il meccanismo processuale introdotto dal combinato disposto delle norme censurate implichi una concreta elusione del principio di soggezione del giudice solo alla legge, posto che lo stesso non e' in alcun modo libero e autonomo nelle sue concrete valutazioni ma e' sostanzialmente assoggettato alla pregressa valutazione operata da un altro giudice. Trattasi, ad avviso del rimettente, di un'inammissibile compromissione del libero esercizio del potere di convincimento del giudice, non superabile, come sopra evidenziato, da alcun rimedio di carattere processuale.
P.Q.M. Visti gli articoli 134 della Costituzione, 1 legge costituzionale 9 febbraio 1948 e 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, 299 c.p.p., solleva questione di legittimita' costituzionale: 1) dell'art. 429, comma 2-bis c.p.p., in combinato disposto con l'art. 458 c.p.p., nella parte in cui consente che a celebrare il giudizio abbreviato sia un giudice che, per limiti funzionali, non puo' ritenersi «terzo e imparziale» e in quanto non «soggetto soltanto alla legge», per contrasto con gli articoli 101, comma 2 della Costituzione, 111, commi 2 e 6 della Costituzione, 117, comma 1 della Costituzione in relazione all'art. 6, paragrafo 1 della CEDU; 2) dell'art. 34 c.p.p., nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' a partecipare al giudizio abbreviato del giudice individuato a norma della disposizione di cui all'art. 458 c.p.p., che per le limitazioni derivanti dall'art. 438, comma 1-bis c.p.p. e per l'impossibilita' di fare applicazione dell'art. 521 c.p.p., non puo' essere considerato «terzo e imparziale» per contrasto con gli articoli 111, commi 2 e 6 della Costituzione, 117, comma 1 della Costituzione in relazione all'art. 6, paragrafo 1 della CEDU. Sospende il processo in corso e ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina la notifica della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, all'imputato C. R. e al suo difensore nonche' la comunicazione della stessa ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Bologna, 2 dicembre 2021 Il giudice: Gamberini