N. 55 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 dicembre 2021

Ordinanza  del  2  dicembre  2021  del  Tribunale  di   Bologna   nel
procedimento penale a carico di C. R.G.. 
 
Processo penale  -  Procedimento  per  delitto  punito  con  la  pena
  dell'ergastolo - Udienza preliminare -  Riqualificazione  giuridica
  del fatto tale da rendere  ammissibile  il  giudizio  abbreviato  -
  Decreto che dispone il giudizio contenente l'avviso che  l'imputato
  puo'  chiedere  il  giudizio  abbreviato   -   Applicazione   delle
  disposizioni dell'art. 458 cod. proc. pen. - Richiesta di  giudizio
  abbreviato - Denunciata previsione di una disciplina  che  consente
  che a celebrare il giudizio abbreviato  sia  un  giudice  che,  per
  limiti funzionali, non puo' ritenersi "terzo  e  imparziale"  e  in
  quanto non "soggetto soltanto alla legge". 
- Codice di procedura penale, art. 429,  comma  2-bis,  in  combinato
  disposto con l'art. 458 del medesimo codice. 
Processo penale - Incompatibilita' del giudice -  Incompatibilita'  a
  celebrare il giudizio abbreviato del giudice  individuato  a  norma
  della disposizione di cui all'art. 458 cod. proc. pen., che, per le
  limitazioni derivanti dall'art. 438, comma 1-bis, cod. proc. pen. e
  per l'impossibilita' di fare applicazione dell'art. 521 cod.  proc.
  pen., non puo' essere considerato "terzo e imparziale". 
- Codice di procedura penale, art. 34. 
(GU n.21 del 25-5-2022 )
 
                        TRIBUNALE DI BOLOGNA 
           Ufficio del giudice per le indagini preliminari 
 
    Il giudice, dott. Alberto Gamberini, 
    vista la richiesta, depositata dal pubblico ministero all'udienza
del 28 ottobre 2021, nell'ambito del  procedimento  a  carico  di  C.
R.G., nato a ... il  ...  ,  imputato  per  il  delitto  di  cui agli
articoli 575 e 577, primo comma, n. 4 c.p., in  relaz.  all'art.  61,
primo comma, n. 1 c.p., riqualificato dal GUP all'esito  dell'udienza
preliminare ai sensi dell'art. 589-bis c.p.,  141,  primo  e  secondo
comma c.d.s., di sollevare questione di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 429, comma 2-bis c.p.p., per contrasto con l'art. 112,  gli
articoli 3  e  24  e  con  l'art.  111  della  Costituzione,  nonche'
dell'art. 443, comma 3 c.p.p. che in combinato  disposto  con  l'art.
429, comma 2-bis c.p.p., sarebbe in contrasto con gli  articoli  111,
comma 2  e  comma  6  della  Costituzione,  117,  primo  comma  della
Costituzione, in relazione all'art. 6, paragrafo 1, CEDU, nonche' per
contrasto con gli articoli 3, 24 e 112 della Costituzione; 
    Sentite le altre parti processuali; 
    All'esito dell'udienza del 2 dicembre 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    Alle ... del ... , i  Carabinieri  di  ...  intervenivano  presso
l'area di parcheggio dello ... ove era stato segnalato che un  camion
aveva investito una persona. I militari trovavano in loco i  sanitari
del 118, i quali avevano gia' riscontrato il decesso  del  camionista
N. R., che giaceva in una pozza di sangue sotto la  motrice,  tra  il
primo e  il  secondo  asse,  di  un  autotreno.  Sul  posto  venivano
identificati C. R.G. autista dell'autotreno che  aveva  investito  la
vittima, e i camionisti K. Y.  e  M.  A.,  presenti  al  momento  del
sinistro.  Questi  ultimi,  nel  corso  delle  sommarie  informazioni
testimoniali, facevano espresso riferimento ad un precedente  alterco
intervenuto tra il C. e K. per ragioni  attinenti  alla  circolazione
stradale,  evidenziando  che  la  vittima   era   intervenuta   nella
discussione, sostenendo le ragioni del secondo. 
    In  particolare,  sulla  base  del  compendio  testimoniale,   si
accertava che, nella mattina in questione, vi era stato  un  violento
diverbio tra il C. e il K., nell'ambito  del  quale  il  primo  aveva
colpito il secondo con un pugno. Si accertava quindi che, dopo questo
episodio l'attuale imputato, pur non avendo alcuna  reale  necessita'
di fare  ritorno  allo  zuccherificio  ed  essendo  in  questo  senso
sconsigliato dal  farlo  dal  collega  -  amico  M.,  era  entrato  a
velocita' sostenuta nel piazzale,  ove  nel  frattempo  vi  erano  ad
attenderlo il K. e il N. - i quali si erano nel frattempo armati  con
oggetti contundenti - allo scopo di verosimilmente di affrontarli. Il
C. si era quindi diretto verso la fila dei camion intenti a caricare,
ove era presente il K., armato con un tubo di ferro, il quale,  visto
sopraggiungere  il  mezzo  pesante,   era   riuscito   a   scansarsi,
riparandosi dietro le auto in sosta. A quel punto,  l'imputato  aveva
sterzato improvvisamente a destra, finendo per investire e  provocare
il decesso del N. che stava sopraggiungendo da quella parte. 
    In sede di convalida dell'arresto,  il  giudice  di  prime  cure,
riteneva corretta l'incolpazione provvisoria di  omicidio  volontario
aggravato contestata dalla  Procura,  valorizzando  principalmente  i
motivi di rancore serbati dal C. nei  confronti  dei  due  camionisti
magrebini per l'alterco verificatosi nella stessa mattinata,  nonche'
l'andatura anomala tenuta dall'attuale imputato e l'apparente assenza
di segni di frenata. 
    Di diverso avviso il  Tribunale  distrettuale  del  riesame  che,
facendo leva anche sui rilievi effettuati dalla  polizia  giudiziaria
operante sulla velocita' del mezzo  e  sull'esistenza  di  tracce  di
frenata, ritenendo che il  C.  potesse  non  essersi  avveduto  della
presenza della vittima che proveniva dalla ... per il  principio  del
favor rei, riqualificava il reato come omicidio stradale. 
    Il pubblico ministero esercitava l'azione  penale,  chiedendo  il
rinvio a giudizio del C. per il delitto di  cui agli  articoli 575  e
577, primo comma, n. 4 c.p., in relazione all'art. 61,  primo  comma,
n. 1 c.p. 
    All'udienza preliminare, la difesa formulava  richiesta  di  rito
abbreviato e il giudice, pur rilevando che il  reato  contestato  non
consentiva l'accesso  al  rito  (ex  art.  438,  comma  1-bis  c.p.p.
introdotto con la legge 12 aprile 2019, n.  33),  non  dichiarava  la
inammissibilita' della  richiesta  di  abbreviato  ma  sospendeva  il
processo, attesa  la  pendenza  del  giudizio  della  Consulta  sulle
questioni  di  legittimita'  costituzionale  sollevate  dal   giudice
dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario della Spezia e dalla
Corte di assise di Napoli. 
    Nella successiva udienza, il GUP, preso atto del rigetto da parte
della Consulta delle questioni di legittimita' costituzionale  (Corte
costituzionale n.  260/2020),  invitava  le  parti  a  rassegnare  le
conclusioni. In quella sede il pubblico ministero chiedeva il  rinvio
a giudizio per il delitto in contestazione e la difesa sollecitava il
giudice ad una riqualificazione del  fatto  da  sussumersi  nell'art.
589-bis c.p. 
    A seguito della Camera di consiglio, il giudice dava lettura  del
decreto che dispone il giudizio nei confronti dell'attuale  imputato,
con riqualificazione del fatto ai sensi del  comma  2-bis,  dell'art.
429 c.p.p. (comma introdotto dalla legge n. 93 del 12  aprile  2019),
dando conto degli elementi di fatto valorizzati per ritenere  colposa
e non dolosa la condotta come  descritta  nell'imputazione  formulata
dal pubblico ministero. 
    Il procuratore  speciale  dell'imputato,  sulla  base  del  comma
2-bis, dell'art. 429 c.p.p., in data 5 febbraio  2021  depositava  in
cancelleria la richiesta di definizione del procedimento nelle  forme
del rito abbreviato. 
    All'esito della richiesta, il  fascicolo  veniva  assegnato  allo
scrivente quale giudice tabellarmente competente. 
    All'udienza del 6 maggio 2021,  dopo  che  questo  giudice  aveva
ammesso il  giudizio  abbreviato  richiesto,  il  pubblico  ministero
avanzava una prima richiesta di sollevare questione  di  legittimita'
costituzionale in ordine alle norme anche in questa sede  oggetto  di
censura, che veniva disattesa da questo  giudicante  sul  presupposto
che  le  questioni  proposte   avessero   una   rilevanza   meramente
potenziale, attenendo al mero momento decisorio. 
    Nella successiva udienza,  il  pubblico  ministero  reiterava  la
richiesta, sulla base di diverse e piu' articolate argomentazioni. 
 
                         Ritenuto in diritto 
 
    Va  immediatamente  evidenziato  che   questo   giudice   intende
sottoporre  alla  Corte  soltanto  quei  profili  di   illegittimita'
rappresentati  dal  requirente  che  appaiono  -  a  suo   avviso   -
effettivamente rilevanti e non manifestamente  infondati,  posto  che
l'ispessimento dell'obbligo  di  interpretazione  conforme  richiesto
dalla giurisprudenza costituzionale richiede non un  semplice  dubbio
sulla «resistenza» della legge ai  sospetti  di  incostituzionalita',
bensi' un fondato e meditato giudizio sull'effettivo contrasto  della
norma con la Costituzione. 
    Non verra', inoltre, sollevata la questione di  costituzionalita'
- sollecitata dal pubblico ministero - concernente il vulnus  che  il
requirente subirebbe dall'esercizio del potere di riqualificazione da
parte del giudice dell'udienza preliminare, con  conseguente  accesso
al giudizio abbreviato, per essere lo  stesso  privato  ex  art.  443
c.p.p. del potere di impugnazione della sentenza in caso di  condanna
per il delitto cosi' riqualificato. Trattasi, infatti,  di  questione
meramente ipotetica - e quindi allo stato non rilevante -  in  quanto
subordinata  ad  un  accadimento  futuro  e  incerto  quale   e'   la
prospettata volonta' del pubblico ministero di impugnare un'eventuale
sentenza di condanna per il delitto di omicidio stradale  (in  questo
senso cfr. ordinanza n. 143 del 2002). 
    Non potrebbe in ogni caso essere d'ostacolo  la  circostanza  che
l'eventuale impugnazione  potrebbe  essere  dichiarato  inammissibile
dalla Corte d'appello. Al riguardo si osserva come la Cassazione  ha,
di recente, sollevato una questione  di  legittimita'  costituzionale
nell'ambito di  un  giudizio  introdotto  da  un  ricorso  contenente
censure -  ritenute  dalla  stessa  Corte  -  palesemente  infondate,
giacche'  la  conseguente  inammissibilita'   del   ricorso   avrebbe
determinato il passaggio in giudicato di una condanna fondata su  una
norma illegittima (cfr. sentenza n. 25 del  2019  che  ha  dichiarato
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  75, comma   2,   decreto
legislativo n. 159 del 2011). 
    Come e' noto, a seguito dell'entrata in  vigore  della  legge  n.
33/2019, il giudizio abbreviato non e' piu'  ammesso  per  i  delitti
puniti con l'ergastolo. Il legislatore ha, tuttavia, introdotto,  con
il comma 2-bis, dell'art. 429 c.p.p. la  possibilita'  di  consentire
l'accesso al rito speciale ove  l'originaria  imputazione  preclusiva
alla  sua  instaurazione   subisca   successive   rivisitazioni;   in
particolare, per l'ipotesi della riqualificazione giuridica in  bonam
partem all'esito dell'udienza preliminare, e' previsto che il decreto
che dispone il giudizio contenga  l'avviso  all'imputato  che,  entro
quindici giorni  (decorrenti  dalla  lettura  o  dalla  notifica  del
decreto), lo stesso possa optare per il rito abbreviato. 
    Non vi e' dubbio che il giudizio abbreviato instaurato a  seguito
della  descritta  sequenza  processuale  -  sia  con  riguardo   alle
modalita' di instaurazione  dello  stesso,  sia  con  riferimento  al
perimetro di giudizio del decidente - abbia caratteristiche peculiari
che lo differenziano dal rito di cui all'art. 438 e  ss.  e  che  non
appaiono prive di fondati dubbi di costituzionalita'. 
    In particolare, contrariamente a quanto avviene per  il  giudizio
abbreviato c.d. «ordinario» (cioe' quello che si celebra a seguito di
richiesta di rinvio a giudizio,  ovvero  a  seguito  del  decreto  di
giudizio immediato), quello incardinato dinanzi al  GUP,  individuato
secondo le disposizioni di cui all'art. 458 c.p.p.,  come  richiamate
dall'art. 429, comma 2-bis c.p.p.: 
        non si  celebra  sulla  pretesa  punitiva  fatta  valere  nel
processo  attraverso  l'azione  intrapresa  dal  pubblico  ministero,
bensi' su un titolo di reato che e' individuato dal  precedente  GUP,
cioe' un giudice  che,  investito  di  una  richiesta  di  abbreviato
ammissibile,  sarebbe   il   giudice   dell'abbreviato   e   dovrebbe
pronunciare  ordinanza  di  restituzione  degli  atti   al   pubblico
ministero qualora, all'esito della  discussione,  ravvisasse  che  il
fatto risulta diverso da quello per il  quale  l'imputato  era  stato
tratto a giudizio; 
        la riqualificazione «autoritativa» del giudice  e'  contenuta
in  un  provvedimento  (il  decreto  che  dispone  il  giudizio)  non
impugnabile  che  rende  possibile  l'accesso  al  rito   abbreviato,
altrimenti inammissibile; 
        la sentenza di merito e' emessa da un  giudice,  ulteriore  e
diverso da quello che ha operato  la  riqualificazione;  un  giudice,
individuato sulla base delle disposizioni di cui all'art. 458 c.p.p.,
al quale non puo' essere attribuita, ai fini e per gli effetti di cui
all'art. 443, comma 3 c.p.p., la riqualificazione del titolo di reato
che egli, per vincolo funzionale, «subisce» e che non puo' certamente
smentire, quantomeno in peius, ne' con ordinanza, ne' con sentenza. 
    Nel caso  di  specie,  il  perimetro  del  giudizio  del  giudice
dell'abbreviato e' predeterminato  dalla  valutazione  operata  nella
precedente  fase  processuale:  in  sintesi,   qualora   il   giudice
dell'abbreviato ritenesse che, nel caso di specie, si sia in presenza
di una fattispecie di omicidio volontario, lo stesso: 
        non puo' ovviamente pronunziare sentenza di condanna  per  il
delitto piu' grave,  essendo  chiamato  a  pronunziarsi  sull'oggetto
dell'imputazione  come  modificata,  essendo  peraltro  precluso   il
giudizio abbreviato per il reato di omicidio volontario; 
        non puo' sollevare conflitto  ex  art.  28, comma  2  c.p.p.,
norma pacificamente non applicabile a giudici persone fisiche diverse
dello stesso ufficio giudicante; 
        non puo' restituire gli atti ai sensi dell'art. 521, comma  2
c.p.p., trattandosi nel caso di specie  di  un'indebita  regressione,
avendo il pubblico ministero correttamente gia'  esercitato  l'azione
penale per il piu' grave reato; peraltro, si  rileva  come  un  nuovo
esercizio dell'azione penale e una  nuova  celebrazione  dell'udienza
preliminare,  con  la  reiterazione   di   una   medesima   scansione
procedimentale, gia' svolta, che potrebbe ripetersi  senza  soluzione
di continuita', potrebbe determinare  il  verificarsi  di  una  stasi
processuale non altrimenti superabile. 
    La tematica che si sottopone all'esame della Corte e' quella  del
controllo  dell'imputazione  da  parte  del  giudice,  con  specifico
riguardo all'ipotesi di accertamento della diversita' del fatto. 
    Al riguardo, l'art. 521, comma 2 c.p.p. prevede che  il  giudice,
ove a conclusione del dibattimento accerti che il fatto e' diverso da
come descritto nel decreto che dispone il giudizio, debba disporre la
trasmissione  degli  atti  al  pubblico  ministero,   facendo   cosi'
regredire il procedimento nella fase delle indagini  preliminari.  E'
pacifico il potere - dovere di attribuire un diverso nomen iuris alla
vicenda materiale per cui si  procede  -  peraltro  esercitabile  dal
giudice in ogni fase del procedimento (nelle indagini preliminari, in
udienza preliminare, in sede di  applicazione  di  misure  cautelari,
ecc.) - spetti, per giurisprudenza costante,  anche  al  GUP  con  la
sentenza emessa a seguito  del  giudizio  abbreviato.  E'  del  tutto
evidente come il meccanismo processuale in  questa  sede  oggetto  di
censura privi il giudicante della  possibilita'  di  determinarsi  in
maniera autonoma rispetto  all'imputazione  come  cristallizzata  dal
giudice dell'udienza preliminare. 
    Una prima antinomia fra le norme  interne  ordinarie  con  l'art.
111, comma 2 e comma 6 della Costituzione e l'art. 6  della  CEDU  si
coglie con riguardo al  profilo  oggettivo  dell'imparzialita'  e  il
difetto  risulta   di   natura   funzionale.   Trattasi   invero   di
un'abnormita' strutturale/funzionale, che deriva  direttamente  dalla
legge (e cioe' dal combinato disposto delle norme scrutinate)  e  non
gia' dall'esercizio del potere che  il  comma  2-bis,  dell'art.  429
c.p.p. attribuisce al giudice dell'udienza preliminare. 
    La «terzieta' ed imparzialita'» sono prerequisiti del  giudicare,
sono le condizioni essenziali per la celebrazione (ancora prima della
fase decisoria) di un processo «giusto». 
    L'art. 34 c.p.p. (che disciplina le «incompatibilita' determinate
da atti compiuti nel procedimento»)  e'  la  norma  che  consente  di
comprendere come la questione che si sottopone alla valutazione della
Corte sia «rilevante» e «non manifestamente infondata». 
    Tale disposizione  elenca  tutte  una  serie  di  situazioni  che
vietano, gia' in astratto, a un giudice di  «esercitare  le  funzioni
nel  grado  successivo»  ovvero  «di  partecipare  al  giudizio»:  il
legislatore (e  la  Consulta,  con  i  plurimi  interventi  additivi)
individua a priori il  complesso  delle  situazioni  atte  a  turbare
l'imparzialita' del giudice rispetto  agli  ulteriori  esiti  di  una
determinata vicenda, in conseguenza di una  concorrente  o  pregressa
attivita' o posizione funzionale. 
    Nel caso di specie, il giudice dell'abbreviato  non  ha  compiuto
atti nel procedimento, ma «eredita» un vincolo  o  limite  funzionale
dalla decisione assunta dal giudice che l'ha preceduto.  Egli  e'  il
giudice   dell'abbreviato,   reso   possibile   in    virtu'    della
riqualificazione  operata  in  udienza  preliminare  e,  pur  essendo
chiamato a valutare i medesimi atti  gia'  valutati  dal  GUP,  versa
nella impossibilita', stante il  divieto  normativo  posto  dall'art.
438,  comma  1-bis  c.p.p.,  di  darne  una  diversa   qualificazione
giuridica (o quantomeno quella dell'originaria imputazione). 
    Il  giudice  del  giudizio  abbreviato  incardinato   a   seguito
dell'applicazione di cui all'art. 429, comma 2-bis c.p.p.  e'  a  ben
vedere  inibito  a  fare  uso  di  tutti  i  poteri  che   ineriscono
all'esercizio della sua funzione. Tale condizione appare all'evidenza
in contrasto con la nozione oggettiva di «terzieta' ed imparzialita'»
che e' alla base della norma  costituzionale  di  cui  all'art.  111,
comma 2. Infatti, il giudice dell'abbreviato ha, tra le sue  opzioni,
soltanto quelle di assolvere o condannare l'imputato per  il  delitto
di omicidio stradale. 
    Ripercorrendo la motivazione con la quale  la  Consulta,  con  la
sentenza n. 224/2001, ha dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 34, comma 1 del codice di procedura penale (nella parte  in
cui  non  prevedeva  l'incompatibilita'  alla  funzione  di   giudice
dell'udienza preliminare del giudice che abbia pronunciato o concorso
a pronunciare sentenza, poi annullata,  nei  confronti  del  medesimo
imputato e per lo stesso fatto), ben si puo' cogliere la  «rilevanza»
e la «non manifesta infondatezza»  della  questione  di  legittimita'
costituzionale che si sottopone alla Corte. 
    La «rilevanza» delle  questioni  di  legittimita'  costituzionale
attinenti  alla  «terzieta'  ed   imparzialita'»   (e   dunque   alla
«incompatibilita'» a giudicare), sia nelle previsioni normative,  che
nelle pronunce della Consulta e' sempre valutata a priori, cioe'  nel
momento in cui si incardina il processo e  si  individua  il  giudice
competente a decidere. 
    La particolarita' della questione e' che l'incompatibilita',  sub
specie di mancanza «funzionale» di terzieta' e  indipendenza,  deriva
dal fatto che l'individuazione del giudice del  giudizio  abbreviato,
in conseguenza dell'applicazione  dell'art.  458  c.p.p.,  il  potere
partecipare al giudizio  (come  fonte  della  capacita'  di  definire
giudizio di merito) e il  perimetro  del  giudizio  abbreviato  (come
facolta'/poteri esercitabili a fronte del limite posto dall'art. 438,
comma 1-bis c.p.p.) derivano dalla valutazione di merito operata  dal
giudice dell'udienza preliminare, ex art. 429, comma 2-bis  c.p.p.  e
dal disposto normativo che prevede che «si applicano le  disposizioni
di cui all'art. 458 c.p.p.». 
    Il  giudice  dell'abbreviato,   incardinato   a   seguito   della
riqualificazione ex comma 2-bis, dell'art. 429  c.p.p.,  in  sintesi,
versa nella medesima  situazione  «astratta»  di  «incompatibilita'»,
pacificamente sussistente in capo al GUP che ha disposto il rinvio  a
giudizio,  riqualificato  il  fatto  oggetto   di   contestazione   e
consentito l'accesso al  rito.  Paradossalmente,  quale  giudice  del
merito, rispetto  all'imputazione,  ha  addirittura  meno  poteri  di
quelli esercitati dal giudice dell'udienza preliminare. 
    Pertanto, il giudice dell'abbreviato non puo' ritenersi «terzo  e
imparziale», posto che: 
        alla   richiesta   di   ammissione   al   rito    abbreviato,
tempestivamente presentata, non poteva  che  conseguire  l'ammissione
«di diritto» al rito; 
        la richiesta di rito abbreviato  e'  stata  resa  ammissibile
dalla riqualificazione giuridica del fatto, operata dal GUP, ex  art.
429, comma 2-bis c.p.p.; 
        per disposto normativo, a seguito della richiesta di giudizio
abbreviato, si applicano le disposizioni di cui all'art. 458 c.p.p.; 
        se a norma dell'art. 34, comma 2 c.p.p. «non puo' partecipare
al giudizio il giudice che  ha  emesso  il  provvedimento  conclusivo
dell'udienza preliminare o ha disposto il  giudizio  immediato  ...»,
ovviamente per la valutazione gia' espressa non si  vede  come  possa
essere considerato «terzo e imparziale» un giudice che  (diversamente
da  quello  dibattimentale)  e'   funzionalmente   vincolato,   cioe'
sottoposto alla valutazione fatta da chi l'ha preceduto. 
    E' evidente, altresi', la sussistenza, nel presente giudizio,  di
quella che la Consulta ha definito come  la  «forza  di  prevenzione»
esercitata, nella rinnovata fase processuale,  dalle  valutazioni  in
questo caso gia' compiute dal giudice dell'udienza preliminare. 
    Al  fine  di  ulteriormente  suffragare  la   «rilevanza»   della
questione di legittimita' costituzionale, si  richiamano  i  principi
costantemente applicati dalla Consulta in tema di incompatibilita'. 
    Nella sentenza n. 224/2001, si  legge:  «...  va  premesso  come,
secondo la costante giurisprudenza di questa Corte,  le  norme  sulla
incompatibilita'  del  giudice  determinata  da  atti  compiuti   nel
procedimento presidiano i valori  costituzionali  della  terzieta'  e
dell'imparzialita' della  giurisdizione,  risultando  finalizzate  ad
evitare che la decisione  sul  merito  della  causa  possa  essere  o
apparire condizionata dalla «forza della prevenzione» -  ossia  dalla
naturale tendenza a confermare una decisione gia' presa o a mantenere
un atteggiamento gia' assunto -  scaturente  da  valutazioni  cui  il
giudice sia stato precedentemente chiamato in  ordine  alla  medesima
res iudicanda. Il secondo termine della relazione di incompatibilita'
costituzionalmente rilevante, espressivo  della  sede  «pregiudicata»
dall'accennato effetto di «condizionamento»,  e'  stato  identificato
nel «giudizio» contenutisticamente inteso, e cioe' in  ogni  sequenza
procedimentale - anche  diversa  dal  giudizio  dibattimentale  -  la
quale, collocandosi in una fase diversa da quella in cui si e' svolta
l'attivita' «pregiudicante»,  implichi  una  valutazione  sul  merito
dell'accusa, e non determinazioni incidenti sul semplice  svolgimento
del processo, ancorche' adottate sulla base di un apprezzamento delle
risultanze processuali ...». 
    Nel caso di specie, non e' la diversita' fisica della persona del
giudice a «sanare» incompatibilita', sussistente, ma non prevista. 
    L'ammissione   del   rito,   resa    possibile    dalla    previa
riqualificazione, rende evidente che anche in tale  ipotesi  «ricorre
il  pericolo  che  l'art.  34,  comma  1  c.p.p.  e'  finalizzato   a
rimuovere»: le  valutazioni  demandate  al  giudice  dell'abbreviato,
avanti al quale in  mancanza  della  rivalutazione  del  GUP  non  si
sarebbe  incardinato  alcun  giudizio,  appaiono  condizionate  dalla
cosiddetta  «forza  della  prevenzione»,  e  cioe'   dalla   naturale
propensione a tenere fermo il giudizio  precedentemente  espresso  in
ordine alla medesima res iudicanda. 
    Ora,  il  canone  costituzionale   dell'imparzialita'   e   della
terzieta' del giudice, enunciato dall'art. 111, secondo  comma  della
Costituzione  e'  sovrapponibile  a  quello  previsto  dall'art.   6,
paragrafo 1, CEDU:  e'  un  canone  che  attiene  ad  una  condizione
consustanziale che deve caratterizzare l'intero giudizio e  non  gia'
il solo momento decisorio. 
    La Corte di Strasburgo ha evidenziato che si deve  ravvisare  una
violazione del principio di imparzialita' ogni qualvolta le attivita'
poste in essere anteriormente dal giudice  -  non  importa  se  nella
stessa o in altra fase processuale - siano  tali  da  comportare  una
sostanziale anticipazione del  giudizio,  sia  per  l'estensione  dei
poteri affidati, sia per l'approfondita conoscenza degli elementi  di
prova su cui poi sara' chiamato a rendere la sua decisione nel merito
(cfr. sentenze Corte EDU 15 gennaio 2015, Dragojević contro  Croazia;
11 luglio 2013, Rudnichenko contro Ucraina; 25 luglio 2000, Tierce  e
altri contro San Marino; 26 ottobre 1984, De Cubber contro Belgio). 
    Il principio fissato dalla Corte di Strasburgo deve valere  anche
nel caso in cui il giudizio si incardini avanti  a  un  giudice  che,
derivando il suo potere dalle  valutazioni  di  merito  eseguite  dal
giudicante che l'ha preceduto, subisca, per  l'effetto  di  quelle  e
della previsione  di  cui  all'art.  438,  comma  1-bis  c.p.p.,  una
limitazione dei poteri esercitabili. 
    Orbene, l'art.  429,  comma  2-bis  c.p.p.  nella  parte  in  cui
richiama  l'applicazione  delle  disposizioni  di  cui  all'art.  458
c.p.p., tenuto conto del disposto di cui all'art.  438,  comma  1-bis
c.p.p., produce l'individuazione di un giudice naturale che versa  in
una  «incompatibilita'»  funzionale  e,  come  tale,  non   puo'/deve
partecipare al giudizio. 
    La omessa previsione della predetta incompatibilita', si pone  in
contrasto, in particolare, con l'art. 6,  paragrafo  1,  CEDU,  nella
parte in cui stabilisce che «[ogni persona ha diritto a  che  la  sua
causa sia esaminata [...] da un tribunale [...] imparziale»,  secondo
l'interpretazione  offerta  dalla  consolidata  giurisprudenza  della
Corte europea dei diritti dell'uomo. 
    Inoltre, appare manifestamente non infondato il dubbio (oltre che
ovviamente rilevante nel caso di specie) che il descritto  meccanismo
processuale  sia  in  contrasto  con  l'art.  101,  comma   2   della
Costituzione. 
    Tale precetto costituzionale,  affermando  che  «i  giudici  sono
soggetti soltanto  alla  legge»,  se  da  un  lato  puntella  (grazie
all'avverbio soltanto) quell'indipendenza che sara'  esplicitata  dal
successivo  art.  104,  dall'altro  sottolinea  l'unico  vincolo   di
soggezione a cui e' sottoposta la funzione giurisdizionale: la legge.
Trattasi, come evidente, di norma che non tollera disposizioni lesive
dell'autonomia e indipendenza della funzione giurisdizionale. 
    Nel  caso  di  specie,  per  le  argomentazioni  sopra  espresse,
attraverso l'esercizio del potere  di  riqualificazione  attuato  dal
giudice dell'udienza preliminare ai sensi dell'art. 429, comma  2-bis
c.p.p. si determina in capo al giudice del rito abbreviato un vincolo
che non deriva  (o  quantomeno  non  soltanto)  dalla  legge,  bensi'
dall'esercizio stesso di tale potere. 
    Appare pacifico come il  meccanismo  processuale  introdotto  dal
combinato  disposto  delle  norme  censurate  implichi  una  concreta
elusione del principio di soggezione del  giudice  solo  alla  legge,
posto che lo stesso non e' in alcun modo libero e autonomo nelle  sue
concrete  valutazioni  ma  e'   sostanzialmente   assoggettato   alla
pregressa valutazione operata da un altro giudice. 
    Trattasi,  ad  avviso   del   rimettente,   di   un'inammissibile
compromissione del libero esercizio del potere di  convincimento  del
giudice, non superabile, come sopra evidenziato, da alcun rimedio  di
carattere processuale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione, 1 legge costituzionale
9 febbraio 1948 e 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, 299 c.p.p.,  solleva
questione di legittimita' costituzionale: 
        1) dell'art. 429, comma 2-bis c.p.p., in  combinato  disposto
con l'art. 458 c.p.p., nella parte in cui consente che a celebrare il
giudizio abbreviato sia un giudice che, per  limiti  funzionali,  non
puo' ritenersi  «terzo  e  imparziale»  e  in  quanto  non  «soggetto
soltanto alla legge», per contrasto con gli  articoli  101,  comma  2
della Costituzione, 111, commi 2 e 6 della Costituzione, 117, comma 1
della Costituzione in relazione all'art. 6, paragrafo 1 della CEDU; 
        2) dell'art. 34  c.p.p.,  nella  parte  in  cui  non  prevede
l'incompatibilita' a partecipare al giudizio abbreviato  del  giudice
individuato a norma della disposizione di cui  all'art.  458  c.p.p.,
che per le limitazioni derivanti dall'art. 438, comma 1-bis c.p.p.  e
per l'impossibilita' di fare applicazione dell'art. 521  c.p.p.,  non
puo' essere considerato «terzo e imparziale» per  contrasto  con  gli
articoli 111, commi 2 e 6 della  Costituzione,  117,  comma  1  della
Costituzione in relazione all'art. 6, paragrafo 1 della CEDU. 
    Sospende il processo in corso e ordina la trasmissione degli atti
alla Corte costituzionale. 
    Ordina la notifica della presente  ordinanza  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri, all'imputato C. R. e al suo difensore nonche'
la  comunicazione  della  stessa  ai  Presidenti  del  Senato   della
Repubblica e della Camera dei deputati. 
      Bologna, 2 dicembre 2021 
 
                        Il giudice: Gamberini