N. 141 SENTENZA 27 aprile - 7 giugno 2022

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Tributi - Riscossione - Procedura di riscossione mediante definizione
  agevolata, su richiesta di  parte  -  Conseguente  sospensione  del
  processo tributario - Mancato  perfezionamento  della  procedura  -
  Effetti - Obbligo, per l'agente di riscossione,  di  richiedere  la
  prosecuzione  del  giudizio  -  Omessa  previsione   -   Denunciata
  violazione del diritto di difesa delle amministrazioni  impositrici
  e del principio di parita' delle parti nel processo, del  principio
  del giusto processo e della sua ragionevole durata, nonche' lesione
  degli interessi finanziari dell'Unione europea  -  Inammissibilita'
  delle questioni. 
- Decreto-legge  23   ottobre   2018,   n.   119,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 17 dicembre 2018, n. 136, art. 3,  commi
  5 e 6. 
- Costituzione, artt. 3, 10, 11, 23, 24, 53, 81, 97, primo  comma,  e
  111; Trattato sul  funzionamento  dell'Unione  europea,  art.  113;
  Convenzione per la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
  liberta' fondamentali, art. 6 
(GU n.23 del 8-6-2022 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giuliano AMATO; 
Giudici :Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni
  AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,  Angelo
  BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo
  PATRONI GRIFFI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3, commi  5
e 6, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 (Disposizioni  urgenti
in materia fiscale e  finanziaria),  convertito,  con  modificazioni,
nella legge 17 dicembre 2018,  n.  136,  promosso  dalla  Commissione
tributaria regionale della Calabria, nel  procedimento  vertente  tra
l'Agenzia delle entrate-Riscossione e M. P.,  con  ordinanza  del  17
dicembre 2020, iscritta al  n.  77  del  registro  ordinanze  2021  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  23,  prima
serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 27  aprile  2022  il  Giudice
relatore Maria Rosaria San Giorgio; 
    deliberato nella camera di consiglio del 27 aprile 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 17 dicembre 2020, iscritta  al  n.  77  del
registro ordinanze 2021, la Commissione  tributaria  regionale  della
Calabria  ha  sollevato  questioni  di  legittimita'   costituzionale
dell'art. 3, commi 5 e 6, del decreto-legge 23 ottobre 2018,  n.  119
(Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria),  convertito,
con  modificazioni,  nella  legge   17   dicembre   2018,   n.   136,
denunziandone il contrasto con gli artt. 3, 10, 11, 23, 24,  53,  81,
97, primo comma, e 111 della Costituzione, nonche' con l'art. 113 del
Trattato  sul  funzionamento   dell'Unione   europea   (TFUE),   come
modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e
ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, e con  l'art.  6  della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848. 
    1.1.-  Il  Collegio  rimettente  premette  di  essere   investito
dell'appello proposto dall'Agenzia delle  entrate-Riscossione  contro
la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Cosenza,  che
ha accolto il ricorso promosso da M. P. avverso una serie  di  avvisi
di intimazione relativi a imposte e tasse erariali. 
    Il giudice a quo riferisce che, a seguito del deposito, da  parte
dell'appellato,  di  copia  della  dichiarazione  di  adesione   alla
definizione agevolata delle liti ai sensi dell'art. 3 del d.l. n. 119
del 2018, come convertito, all'udienza del 3 giugno 2019 ha  disposto
la sospensione del processo. 
    Quindi, soggiunge la CTR rimettente, con ordinanza del 7  ottobre
2020, resa a scioglimento della riserva assunta  all'udienza  del  25
settembre 2020, non essendo stata depositata documentazione attinente
alla  procedura  di  condono,  essa  ha  ordinato  all'Agenzia  delle
entrate-Riscossione  la  produzione  di  copia  delle   ricevute   di
pagamento  ovvero  del  provvedimento   di   rateizzazione   previsto
dall'art. 3, comma 5, del d.l. n.  119  del  2018,  come  convertito,
fissando, per la verifica e la prosecuzione del giudizio,  la  camera
di consiglio del 2 dicembre 2020. 
    La parte appellante,  prosegue  il  giudice  rimettente,  non  ha
ottemperato all'ordine di produzione documentale,  ne'  alcuna  delle
parti ha formulato istanza di revoca della sospensione del processo. 
    1.2.- In punto di rilevanza, l'ordinanza di rimessione  da'  atto
che il Collegio, a seguito del  deposito,  da  parte  dell'appellato,
dell'istanza di adesione alla definizione agevolata  ai  sensi  della
norma censurata,  ha  disposto  la  sospensione  del  processo,  come
prescritto  dalla  legge,  «salvo  poi  dover  osservare  che   detta
sospensione  avrebbe  potuto  operare  sine  die,   con   conseguente
compromissione sia del principio costituzionale generale della tutela
dei crediti erariali e delle pubbliche finanze (arg. ex articoli  53,
81  e  97,  comma  1,  Cost.),  sia  di  quello,   piu'   prettamente
processuale, di garanzia del giusto processo (art. 111 Cost.)». 
    Precisa, al riguardo, il giudice a quo che, pur  essendo  decorso
il termine per il pagamento  delle  somme  indicate  nell'istanza  di
adesione alla definizione agevolata ovvero per l'approvazione  di  un
piano di rateizzazione, da individuarsi - in forza  dei  differimenti
disposti dall'art. 68, comma 3, del decreto-legge 17 marzo  2020,  n.
18 (Misure di potenziamento del Servizio  sanitario  nazionale  e  di
sostegno  economico  per  famiglie,  lavoratori  e  imprese  connesse
all'emergenza   epidemiologica   da   COVID-19),   convertito,    con
modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, e dall'art. 149 del
decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure  urgenti  in  materia  di
salute, sostegno al  lavoro  e  all'economia,  nonche'  di  politiche
sociali   connesse   all'emergenza   epidemiologica   da   COVID-19),
convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n.  177  -
nella data del 16 settembre 2020, nessuna delle parti ha  provveduto,
neanche  a  seguito  dell'ordine  del  Collegio,   al   deposito   di
documentazione comprovante l'avvenuto versamento. 
    1.3.- Con riferimento alla non  manifesta  infondatezza,  la  CTR
lamenta che la normativa in scrutinio, subordinando l'estinzione  del
giudizio alla prova dell'integrale corresponsione delle somme  dovute
per il perfezionamento della definizione agevolata, ma condizionando,
in caso contrario, la revoca  della  sospensione  del  giudizio  alla
richiesta di parte,  contrasterebbe  con  il  principio  generale  di
tutela dei crediti erariali  e  delle  pubbliche  finanze  desumibile
dagli artt. 53, 81 e 97, primo comma, Cost. 
    La  disposizione  censurata,  non  prevedendo  un  obbligo,   per
l'agente della riscossione,  di  richiedere  -  in  caso  di  mancato
accoglimento della  domanda  di  definizione  agevolata,  di  mancata
ammissione  alla  rateizzazione  o  di   mancato   pagamento   -   la
prosecuzione  del  giudizio,  ai  sensi  dell'art.  43  del   decreto
legislativo 31 dicembre  1992,  n.  546  (Disposizioni  sul  processo
tributario in attuazione della delega al Governo contenuta  nell'art.
30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), attribuirebbe  alle  parti,
e, in particolare, a quella incaricata della esazione, un  potere  di
scelta discrezionale comportante la disposizione  di  un  credito  in
titolarita' dell'erario. 
    Tale  meccanismo  inciderebbe   «sfavorevolmente   sui   principi
costituzionali in materia di giusto processo, di  equa  durata  dello
stesso, di parita' delle  parti  processuali,  nonche'  sull'istituto
processuale della sospensione». 
    1.3.1.-  L'art.  3,  comma  6,  del  d.l.   n.   119   del   2018
introdurrebbe, poi, un'ipotesi di sospensione del giudizio  «estranea
all'impianto processuale» delineato dagli artt.  39  e  seguenti  del
d.lgs. n. 546 del 1992 e rimetterebbe la ripresa  del  processo  alla
volonta' delle  parti,  senza  prevedere  che  l'estinzione  consegua
automaticamente alla loro inattivita', cosi'  vulnerando  l'art.  111
Cost., oltre che il principio  di  ragionevole  durata  del  processo
consacrato nell'art. 6 CEDU. 
    1.3.2.- Sarebbero altresi' violati gli artt. 3 e 97, primo comma,
Cost., poiche' si determinerebbe  una  ingiustificata  disparita'  di
trattamento tra i casi in cui  un  credito  tributario  sia  affidato
all'agente della riscossione e  quelli  in  cui,  invece,  lo  stesso
credito sia fatto valere in giudizio dall'amministrazione che  ne  e'
titolare. 
    1.3.3.- Le norme censurate recherebbero vulnus anche al principio
di parita' delle parti nel processo tributario, garantito dagli artt.
3, 24, primo comma, 97, primo  comma,  e  111  Cost.,  in  quanto  il
contribuente,  rispetto  a  un  credito   tributario   giudizialmente
contestato  e  affidato  all'agente  della  riscossione,   diverrebbe
«titolare  dell'andamento  del  processo,  finendo  con  il   poterne
unilateralmente  determinare  una  sospensione  sine  die,   che   e'
potenzialmente  dannosa  per  il  bilancio  dello  Stato  e/o   delle
amministrazioni impositrici». 
    1.3.4.- Secondo il giudice a quo, si determinerebbe, inoltre, una
disparita' di trattamento tra i debitori che,  dopo  aver  presentato
l'istanza di adesione, eseguono il pagamento nei termini stabiliti  e
quelli che non vi provvedono, giacche' nel primo caso il processo  si
estinguerebbe, mentre nel secondo, rimanendo sospeso indefinitamente,
arrecherebbe vantaggio ai debitori inadempienti. 
    1.3.5.-  Ancora,  le  norme  in  scrutinio,  consentendo  che  il
processo sia sospeso sine die sulla  base  della  sola  volonta'  del
debitore, si porrebbero in contrasto  con  gli  interessi  finanziari
dell'Unione europea. 
    1.3.6.- Sarebbero altresi'  violati  i  principi  espressi  dalla
direttiva 2017/1371/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5
luglio 2017, relativa  alla  lotta  contro  la  frode  che  lede  gli
interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale. 
    1.3.7.- Infine, le disposizioni denunziate  contrasterebbero  con
l'art. 113 «e seguenti TFUE», posto che, nei giudizi  riguardanti  le
imposte armonizzate e, in particolare, l'imposta sul valore aggiunto,
l'adozione di norme nazionali che compromettano le ragioni  erariali,
introducendo impedimenti alla loro effettiva applicazione ed esazione
da parte dello Stato, si tradurrebbe in un  vulnus  al  principio  di
tutela  degli   interessi   finanziari   dell'Unione   europea,   per
inosservanza  degli  obblighi  di  armonizzazione   discendenti   dal
predetto Trattato. 
    2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  concludendo  per  la  inammissibilita'  o  comunque  la   non
fondatezza delle questioni. 
    2.1.- Sotto il primo profilo,  la  difesa  erariale  sostiene  la
inesatta   ricostruzione   della   normativa   in   scrutinio,    che
pregiudicherebbe irrimediabilmente l'iter logico della motivazione. 
    Il rimettente avrebbe errato nel ritenere che il  termine  ultimo
per il versamento delle somme dovute per la definizione agevolata dei
carichi affidati all'agente per la riscossione, ai sensi dell'art. 3,
comma 5, del  d.l.  n.  119  del  2018,  come  convertito,  fosse  da
individuarsi - salva l'ammissione dell'interessato alla rateizzazione
- nella data del 16 settembre 2020. 
    Ad  avviso  dell'interveniente,  non  trovando,   nella   specie,
applicazione  l'art.  149  del  d.l.  n.  34  del  2020,  in   quanto
riguardante le sole procedure agevolate di cui agli artt. 1, 2, 6 e 7
del d.l. n. 119 del 2018, come convertito, e non anche quella, qui in
esame, di cui all'art. 3 di quest'ultimo decreto-legge, la  richiesta
di definizione agevolata presentata dal contribuente, parte appellata
nel giudizio principale, rimarrebbe  assoggettata  alla  proroga  dei
termini di pagamento accordata dall'art. 68, comma 3, del d.l. n.  18
del 2020, come convertito. 
    Pertanto, prosegue la difesa statale, a prescindere  dai  singoli
differimenti  del  versamento  delle  rate  della  «rottamazione-ter»
disposti  nel  tempo,  la  disciplina  in  materia  non  avrebbe  mai
stabilito che, alla data  del  16  settembre  2020,  salva  ulteriore
rateizzazione accordata con provvedimento amministrativo  dell'agente
della riscossione, tutti coloro che avessero  presentato  istanza  di
definizione  agevolata  avrebbero  dovuto  provvedere   all'integrale
corresponsione delle somme dovute  e  che,  quindi,  tale  versamento
dovesse essere eseguito in un'unica soluzione entro il  16  settembre
2020 ovvero in un massimo di quattro rate mensili,  decorrenti  dalla
medesima data. 
    2.1.1.- L'Avvocatura  generale  dello  Stato  deduce,  per  altro
verso, che le questioni sarebbero premature e  ipotetiche,  e  quindi
inammissibili per difetto di rilevanza, poiche' il giudice rimettente
non  potrebbe  avvalersi  del  nuovo   quadro   normativo   derivante
dall'auspicata  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale,  in
quanto il giudizio dovrebbe rimanere sospeso fino alla  data  massima
del 30 novembre 2023, avendo, nella specie,  il  debitore  scelto  di
pagare in diciotto rate le somme  dovute  per  la  definizione  della
controversia. 
    2.1.2.-  L'interveniente  ravvisa   un   ulteriore   profilo   di
inammissibilita'   nella   mancata   interpretazione    conforme    a
Costituzione dell'istituto della sospensione  del  processo  prevista
dall'art. 3, comma 6, del d.l. n. 119 del 2018, come convertito. 
    La CTR, reputando l'istituto in esame  estraneo  alla  disciplina
del processo tributario,  ometterebbe  di  considerare  che,  sebbene
l'art. 3 del d.l. n. 119 del 2018,  come  convertito,  non  contempli
espressamente la possibilita' di dichiarare estinto il  processo  per
inattivita'  delle  parti  o  per  cessazione   della   materia   del
contendere, tali  vicende  sarebbero,  comunque,  configurabili,  non
essendo, nella specie, preclusa l'applicazione  della  disciplina  di
cui agli artt. 45 e 46 del d.lgs. n. 546 del 1992. 
    Il giudice potrebbe quindi dichiarare l'estinzione  del  processo
ove, decorso il termine di sei  mesi  dal  mancato,  insufficiente  o
tardivo adempimento in unica soluzione o  rateizzato,  nessuna  delle
parti ne solleciti la riattivazione. 
    L'art. 46 del d.lgs. n. 546 del 1992  consentirebbe,  invece,  di
dichiarare d'ufficio la cessazione della materia  del  contendere  in
caso di perfezionamento  della  procedura  di  definizione  agevolata
mediante l'integrale corresponsione, da parte del contribuente, delle
somme dovute. 
    2.2.- Nel  merito,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
argomenta la non fondatezza delle questioni sul  presupposto  che  la
sospensione sine die costituisca «un fatto fisiologico in un giudizio
tra parti contrapposte» e adduce, a  titolo  esemplificativo,  l'art.
297, primo comma, del codice di procedura civile,  alla  stregua  del
quale puo' accadere che un giudizio  rimanga  sospeso  per  un  tempo
indeterminato ove la parte interessata alla prosecuzione non consegua
la legale conoscenza della cessazione della causa pregiudiziale. 
    2.2.1.-  Ancora,  ad  avviso  dell'interveniente,  il  denunziato
contrasto con gli artt. 53, 81 e 97, primo  comma,  Cost.  muoverebbe
dall'erronea premessa  interpretativa  per  la  quale  la  parte  che
difende il credito in giudizio, non essendone titolare,  non  sarebbe
tenuta a sollecitare la prosecuzione del processo sospeso. 
    2.2.2.- Parimenti non fondata sarebbe la  prospettata  disparita'
di trattamento tra  i  giudizi  in  cui  la  pretesa  creditoria  sia
azionata  direttamente  dall'amministrazione  creditrice,  tenuta   a
riattivare il processo sospeso, e i processi in  cui  il  credito  e'
affidato  all'agente  della  riscossione,  il   quale   sarebbe,   al
contrario, libero di decidere se far proseguire il giudizio. 
    Il rimettente trascurerebbe di considerare  che  l'Agenzia  delle
entrate-Riscossione  non  e'  un  soggetto  esterno   alla   pubblica
amministrazione,  ma   un   ente   pubblico   economico   strumentale
all'Agenzia delle entrate, sottoposto all'indirizzo e alla  vigilanza
del Ministero dell'economia e delle finanze e,  in  quanto  tale,  e'
tenuto, al pari dell'amministrazione creditrice, ad avanzare  istanza
di prosecuzione del giudizio sospeso. 
    2.2.3.- Secondo la difesa statale, le censure  con  le  quali  e'
denunziata la violazione del principio di parita' di trattamento, sul
rilievo che verrebbe attribuito al contribuente il potere di ottenere
la  sospensione  del  processo  per  un   tempo   indefinito,   cosi'
avvantaggiandolo  rispetto  ai  debitori  che  abbiano   regolarmente
adempiuto, riposerebbero sull'erroneo presupposto interpretativo  per
il quale le norme in scrutinio rendano possibile una sospensione sine
die del processo tributario. 
    2.2.4.- Non fondato sarebbe anche il dubbio di conformita'  della
disposizione censurata ai principi del  giusto  processo,  posto  che
l'istituto della definizione agevolata sarebbe specificamente diretto
a   evitare   la   prosecuzione   del   giudizio   e   la   pronuncia
giurisdizionale, cosi' che risulterebbe  ragionevole  la  scelta  del
legislatore di sospendere il processo nelle more del  perfezionamento
della procedura di condono. 
    2.2.5.- In ultimo, l'Avvocatura generale dello Stato  reputa  non
fondata la questione con la quale e' prospettato un vulnus agli artt.
10, 11, 80, 81, primo e  sesto  comma,  e  97,  primo  comma,  Cost.,
nonche' all'art. 113 TFUE, per essere la norma censurata lesiva degli
interessi  finanziari  dello  Stato  e,  di  conseguenza,  di  quelli
dell'Unione europea, in quanto l'art. 3, comma 1, del d.l. n. 119 del
2018 escluderebbe espressamente  dal  proprio  ambito  applicativo  i
debiti, previsti dall'art. 5 dello stesso decreto-legge, oggetto  dei
carichi affidati all'agente della riscossione  a  titolo  di  risorse
proprie dell'Unione europea. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Commissione tributaria  regionale  della  Calabria  dubita
della legittimita' costituzionale dell'art.  3,  commi  5  e  6,  del
decreto-legge 23  ottobre  2018,  n.  119  (Disposizioni  urgenti  in
materia fiscale e finanziaria), convertito, con modificazioni,  nella
legge 17 dicembre 2018, n. 136, in riferimento agli artt. 3, 10,  11,
23, 24, 53, 81, 97, primo comma, e 111  della  Costituzione,  nonche'
all'art. 113  del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione  europea
(TFUE), come modificato dall'art. 2 del Trattato di  Lisbona  del  13
dicembre 2007 e ratificato dalla legge  2  agosto  2008,  n.  130,  e
all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma  il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,
n. 848. 
    1.1.- Il  predetto  art.  3  del  d.l.  n.  119  del  2018,  come
convertito, al comma 5, prevede che il debitore che  intenda  aderire
alla  procedura  di  definizione  agevolata  dei   carichi   affidati
all'agente  della  riscossione  manifesta  a  quest'ultimo  «la   sua
volonta' di procedere alla definizione di cui al  comma  1  rendendo,
entro il 30 aprile 2019, apposita dichiarazione, con le  modalita'  e
in conformita' alla modulistica che lo  stesso  agente  pubblica  sul
proprio sito internet nel termine massimo di venti giorni dalla  data
di entrata in vigore del presente decreto; in tale  dichiarazione  il
debitore sceglie  altresi'  il  numero  di  rate  nel  quale  intende
effettuare il pagamento, entro il limite massimo previsto  dal  comma
1». 
    Al comma 6 stabilisce che «[n]ella dichiarazione di cui al  comma
5 il debitore  indica  l'eventuale  pendenza  di  giudizi  aventi  ad
oggetto i carichi in essa ricompresi e assume l'impegno a  rinunciare
agli  stessi  giudizi,  che,  dietro  presentazione  di  copia  della
dichiarazione e nelle more del pagamento  delle  somme  dovute,  sono
sospesi  dal  giudice.  L'estinzione  del  giudizio  e'   subordinata
all'effettivo perfezionamento della definizione  e  alla  produzione,
nello stesso giudizio, della documentazione  attestante  i  pagamenti
effettuati; in caso contrario, il giudice revoca  la  sospensione  su
istanza di una delle parti». 
    1.2.-  Ad  avviso  del  rimettente,   la   normativa   censurata,
condizionando alla richiesta di parte la revoca della sospensione del
processo tributario disposta sulla base della presentazione, da parte
del  contribuente,  della  sola  dichiarazione   di   adesione   alla
definizione agevolata «e [di] null'altro», determinerebbe, in caso di
mancato perfezionamento della procedura, una  paralisi  del  processo
sine die. 
    La disposizione in scrutinio contrasterebbe quindi con gli  artt.
53, 81 e 97, primo comma,  Cost.,  in  quanto,  non  prescrivendo,  a
carico dell'agente della riscossione, un obbligo di formulare istanza
di prosecuzione del  giudizio  ai  sensi  dell'art.  43  del  decreto
legislativo 31 dicembre  1992,  n.  546  (Disposizioni  sul  processo
tributario in attuazione della delega al Governo contenuta  nell'art.
30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), attribuirebbe a un soggetto
estraneo all'amministrazione creditrice un potere di disposizione  su
un credito dell'erario, in contrasto con  il  principio  generale  di
tutela delle pubbliche finanze. 
    1.3.- Sarebbero altresi'  violati  gli  artt.  24  e  111  Cost.,
poiche'  la  sospensione  del  giudizio  per  una  durata  indefinita
contrasterebbe  con  l'interesse  alla  sollecita  definizione  delle
controversie tributarie, specie nell'ipotesi in  cui  l'agente  della
riscossione sia parte ricorrente o appellante,  compromettendo  anche
il diritto di difesa delle amministrazioni impositrici e il principio
di parita' delle parti nel processo. 
    1.4.- Le norme censurate recherebbero vulnus anche agli artt. 111
Cost. e 6 CEDU, poiche', rimettendo la ripresa del  processo  sospeso
alla scelta delle parti, senza prevedere  che  l'estinzione  consegua
automaticamente alla loro inattivita', si porrebbero in contrasto con
il principio del giusto processo e della sua ragionevole durata. 
    1.5.- Il rimettente  prospetta,  altresi',  la  violazione  degli
artt. 3,  23,  24,  primo  comma,  e  97,  primo  comma,  Cost.,  sul
presupposto  che  dalle  norme   in   scrutinio   discenderebbe   una
ingiustificata disparita' di trattamento tra i casi in cui un credito
tributario sia stato affidato all'agente della riscossione  e  quelli
in  cui  lo   stesso   credito   sia   fatto   valere   in   giudizio
dall'amministrazione titolare, la quale, a differenza del  primo,  e'
obbligata a esigerne l'adempimento. 
    1.6.- Ancora, le norme denunziate contrasterebbero con gli  artt.
3, 24, primo  comma,  97,  primo  comma,  e  111  Cost.,  in  quanto,
attribuendo al soggetto che abbia aderito alla definizione  agevolata
la possibilita' di provocare la sospensione del  giudizio  sine  die,
vulnererebbero il principio  di  parita'  delle  parti  nel  processo
tributario,  comportando  una  disparita'  di   trattamento   tra   i
contribuenti  che,  dopo  aver  presentato  l'istanza  di   adesione,
effettuano i versamenti nei termini stabiliti, e quelli  che  non  vi
provvedono, posto che, nel  primo  caso,  il  processo  si  estingue,
mentre  nel  secondo  rimane   indefinitamente   sospeso,   arrecando
vantaggio ai debitori inadempienti. 
    1.7.- Sarebbero inoltre violati gli artt. 10, 11, 81 e 97,  primo
comma, Cost., poiche' le disposizioni in scrutinio, compromettendo la
tutela processuale dei crediti erariali, determinerebbero al contempo
«una lesione degli interessi finanziari dell'Unione e delle Comunita'
europee nella misura in cui l'Italia ne fa parte [...],  riconoscendo
limitazioni alla  propria  sovranita'  e  concorrendo  alle  relative
spese». 
    1.8.- E', infine, denunziata la violazione dell'art. 113 TFUE, in
quanto,  nei  giudizi  riguardanti  le  imposte  armonizzate  e,   in
particolare, l'imposta  sul  valore  aggiunto,  l'adozione  di  norme
nazionali, come quelle in  scrutinio,  che  compromettono  i  crediti
erariali  introducendo  impedimenti  alla  loro  effettiva  esazione,
recherebbe vulnus al principio di tutela degli  interessi  finanziari
dell'Unione europea e comprometterebbe l'osservanza degli obblighi di
armonizzazione discendenti dal Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea. 
    2.-   Vanno   esaminate,   preliminarmente,   le   eccezioni   di
inammissibilita' delle questioni dedotte dal Presidente del Consiglio
dei ministri,  intervenuto  in  giudizio  per  mezzo  dell'Avvocatura
generale dello Stato. 
    2.1- Con  la  prima  di  esse,  la  difesa  statale  sostiene  la
erroneita' della premessa da cui muove il giudice a quo,  secondo  la
quale  coloro  che  hanno  avanzato  richiesta   di   adesione   alla
definizione agevolata ai sensi dell'art. 3, comma 5, del d.l. n.  119
del 2018, come convertito, avrebbero dovuto  versare  l'intera  somma
dovuta,  salva   la   rateizzazione   approvata   dall'agente   della
riscossione, entro il 16 settembre 2020, poiche' il  termine  del  31
luglio 2019 - a tal fine fissato  dal  comma  2,  lettera  a),  dello
stesso art. 3 - sarebbe stato prorogato a tale data dall'art. 149 del
decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure  urgenti  in  materia  di
salute, sostegno al  lavoro  e  all'economia,  nonche'  di  politiche
sociali   connesse   all'emergenza   epidemiologica   da   COVID-19),
convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 177. 
    Secondo l'interveniente, tale  ultima  disposizione  non  sarebbe
applicabile nel caso di specie, poiche' riguarderebbe, ai  sensi  del
comma 4 dell'art. 149 citato, le sole procedure agevolate di cui agli
artt. 1, 2, 6 e 7 del d.l. n. 119 del 2018, come  convertito,  e  non
anche quella,  qui  in  esame,  prevista  dall'art.  3  del  medesimo
decreto-legge. 
    La richiesta di definizione agevolata avanzata dal  contribuente,
parte appellata nel giudizio principale,  sarebbe,  invece,  soggetta
alla proroga dei termini di pagamento disposta dall'art. 68, comma 3,
del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di  potenziamento  del
Servizio sanitario nazionale e di sostegno  economico  per  famiglie,
lavoratori  e  imprese  connesse  all'emergenza   epidemiologica   da
COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020,
n. 27. 
    2.2.- L'eccezione e' priva di fondamento. 
    E' ben vero che la ricostruzione del giudice a quo non  considera
che l'art. 149 del d.l. n. 34 del 2020, come  convertito,  limitando,
al  comma  4,  il  proprio  ambito  applicativo  alle  procedure   di
definizione di cui agli artt. 1, 2, 6 e 7 del ridetto d.l. n. 119 del
2018, come convertito, non opera nella  fattispecie,  qui  in  esame,
regolata dall'art. 3 del medesimo decreto-legge. 
    Nondimeno,  tale  svista  non  influisce  in  alcun  modo   sulla
conclusione  ermeneutica  del  rimettente,   il   quale   muove   dal
convincimento che debba trovare applicazione, nel caso di specie,  la
disciplina del pagamento in unica soluzione in quanto  nessuna  delle
parti ha prodotto in giudizio  il  provvedimento  di  ammissione  del
debitore al pagamento rateale. 
    Da cio' deriverebbe, secondo  il  giudice  a  quo,  che,  essendo
mancata anche la prova del tempestivo versamento dell'importo  dovuto
per la definizione agevolata, la disposta  sospensione  del  processo
sarebbe ingiustificata e destinata a protrarsi sine die,  considerato
che nessuna delle parti ne ha chiesto la revoca. 
    In tale  prospettazione,  l'inesatta  individuazione  della  data
entro la quale avrebbe dovuto essere effettuato il pagamento in unica
soluzione non assume rilevanza, ove si consideri che, al momento  del
deposito dell'ordinanza  di  rimessione  (17  dicembre  2020),  detto
termine - pur tenendosi conto della proroga dell'originaria  scadenza
del 31 luglio del 2019 al 30 novembre 2019,  disposta  dall'art.  37,
comma 1, del decreto-legge 26  ottobre  2019,  n.  124  (Disposizioni
urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili), convertito,
con modificazioni, nella legge  19  dicembre  2019,  n.  157  -  era,
comunque, gia' decorso. 
    2.3.- A un diverso esito conduce, per le ragioni che  saranno  di
seguito precisate, l'esame  dell'altro  profilo  di  inammissibilita'
dedotto dalla difesa statale, concernente il  difetto  di  attualita'
delle questioni sollevate. 
    2.3.1.- Lo scrutinio di questa eccezione  richiede  una  sia  pur
sintetica illustrazione del quadro normativo. 
    Il procedimento di definizione agevolata disciplinato dall'art. 3
del d.l. n. 119 del 2018, come convertito, consente di  estinguere  i
debiti risultanti dai carichi affidati all'agente  della  riscossione
dal 1° gennaio 2000 al 31  dicembre  2017,  versando  le  sole  somme
iscritte a ruolo a titolo di capitale e di interessi, nonche'  quelle
maturate a favore dell'agente della riscossione per aggio e spese per
le procedure esecutive e  per  la  notificazione  della  cartella  di
pagamento. 
    Si tratta di una forma atipica di definizione del carico  fiscale
mediante  pagamento  in  misura  predefinita,  dalla   quale   deriva
l'elisione   delle   conseguenze   sanzionatorie   dell'inadempimento
dell'obbligazione tributaria e, al contempo, l'estinzione  della  res
litigiosa (Corte di cassazione, sezioni  unite  civili,  sentenza  27
gennaio 2016, n. 1518),  nella  prospettiva  di  «recuperare  risorse
finanziarie e ridurre il contenzioso» (sentenza n. 321 del 1995) e di
ottimizzare l'attivita' di riscossione (sentenza n. 29 del 2018). 
    Il  debitore  accede   alla   procedura   di   condono   fiscale,
manifestando all'agente della  riscossione  la  propria  volonta'  di
aderire alla definizione attraverso un'apposita dichiarazione, con la
quale sceglie se estinguere il debito in unica soluzione o  in  forma
rateizzata, segnala l'eventuale pendenza di giudizi aventi a  oggetto
i carichi indicati e assume l'impegno a rinunciarvi. 
    A  fronte  della  produzione  di  copia  della  dichiarazione  di
adesione  alla  definizione  agevolata,   il   giudice   dispone   la
sospensione del giudizio «[n]elle  more  del  pagamento  delle  somme
dovute» (art. 3, comma 6, del d.l. n. 119 del 2018, come convertito). 
    La durata dell'arresto processuale risulta dunque commisurata  al
termine finale per  l'adempimento  scelto  dal  debitore  tra  quelli
prefissati dal comma 2 della disposizione in esame. 
    Cio' in quanto la  speciale  ipotesi  di  sospensione  introdotta
dalla norma censurata e' funzionale allo svolgimento della  procedura
di condono e quindi all'estinzione della res controversa, la quale si
verifica soltanto con l'effettivo perfezionamento  della  definizione
agevolata ed e' pronunciata  dal  giudice  all'esito  della  verifica
della  documentazione  attestante  la   regolarita'   dei   pagamenti
effettuati. 
    In caso contrario, ovvero nell'ipotesi in  cui  si  verifichi  un
evento ostativo al buon esito della procedura, «[i]l  giudice  revoca
la sospensione su istanza di una delle parti» (art. 3, comma  6,  del
d.l. n. 119 del 2018, come convertito). 
    2.3.2.- Come sopra evidenziato, il pagamento delle  somme  dovute
per  la  definizione  agevolata  puo'  essere  effettuato  in   unica
soluzione o mediante rateizzazione. 
    Nel  primo  caso  la  disposizione  in  scrutinio  prescrive  che
l'adempimento sia eseguito entro  il  31  luglio  2019,  termine  poi
prorogato al 30 novembre 2019 dall'art. 37, comma 1, del d.l. n.  124
del 2019, come convertito. 
    Per l'adempimento dilazionato  e',  invece,  previsto  un  numero
massimo di diciotto rate, la prima e la seconda delle quali, ciascuna
di importo pari al  dieci  per  cento  delle  somme  complessivamente
dovute ai fini della definizione, scadenti,  rispettivamente,  il  31
luglio e il 30 novembre 2019,  e  le  restanti,  di  pari  ammontare,
scadenti il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30  novembre
di ciascun anno a decorrere dal 2020. 
    Va, altresi', ricordato che i termini per la corresponsione delle
singole rate scadenti nel 2020, nel 2021 e nel 2022 sono  stati  piu'
volte  differiti  mediante  disposizioni  inserite  nelle   normative
emanate per fronteggiare l'emergenza sanitaria da COVID-19,  l'ultima
delle quali (l'art.  10-quinquies,  comma  1,  del  decreto-legge  27
gennaio 2022, n. 4, recante «Misure urgenti in  materia  di  sostegno
alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e  servizi
territoriali, connesse all'emergenza  da  COVID-19,  nonche'  per  il
contenimento degli effetti  degli  aumenti  dei  prezzi  nel  settore
elettrico), convertito, con modificazioni, nella legge 28 marzo 2022,
n. 25»), ha modificato l'art. 68, comma 3, del d.l. n. 18  del  2020,
come convertito, il quale ora stabilisce che «[i]l  versamento  delle
rate da corrispondere negli anni 2020, 2021  e  2022  ai  fini  delle
definizioni agevolate di cui agli articoli 3 e 5 del decreto-legge 23
ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla  legge  17
dicembre 2018, n.  136,  all'articolo  16-bis  del  decreto-legge  30
aprile 2019, n. 34, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  28
giugno 2019, n. 58, e all'articolo 1, commi 190 e 193, della legge 30
dicembre 2018, n. 145, e'  considerato  tempestivo  e  non  determina
l'inefficacia delle stesse definizioni se  effettuato  integralmente,
con applicazione delle disposizioni dell'articolo  3,  comma  14-bis,
del citato decreto-legge n. 119 del 2018: a) entro il 30 aprile 2022,
relativamente alle rate in scadenza nell'anno 2020; b)  entro  il  31
luglio 2022, relativamente alle rate in scadenza nell'anno  2021;  c)
entro il 30  novembre  2022,  relativamente  alle  rate  in  scadenza
nell'anno 2022». 
    Nondimeno, le proroghe sinora disposte non incidono  sul  termine
massimo di rateizzazione accordato dalla normativa in  scrutinio,  il
quale, nonostante i reiterati interventi modificativi, e'  ancora  da
individuarsi, ai sensi dell'art. 3, comma 2, lettera b), del d.l.  n.
119 del 2018, come convertito,  nella  data  del  30  novembre  2023,
coincidente con la scadenza della rata finale dell'ultima  annualita'
della dilazione. 
    2.3.3.- Tanto premesso, deve sottolinearsi che il giudice a  quo,
dando rilievo alla  circostanza  che,  nonostante  fosse  scaduto  il
termine per l'approvazione, da parte dell'agente  della  riscossione,
del piano di rateizzazione, nessuna delle parti avesse  depositato  -
neanche a seguito dell'ordine di esibizione impartito dal Collegio  -
il relativo provvedimento, assume, sia pure  implicitamente,  che  il
contribuente, parte appellata nel giudizio principale, avesse  scelto
di versare le somme dovute in forma rateale. 
    Di  tale  richiesta   di   dilazione,   nell'estensione   massima
consentita  dalla  legge,  si  rinviene,  inoltre,  precisa  conferma
nell'atto di intervento dello Stato. 
    E'  allora  evidente  che,  avendo   il   debitore   optato   per
l'adempimento  dilazionato  in  diciotto  rate,  il  rimettente   non
potrebbe  nel  giudizio  principale  fare  applicazione  della  norma
derivante    dall'auspicata    declaratoria     di     illegittimita'
costituzionale, dal momento che, salvo che  intervengano  istanze  di
revoca, il giudizio e' destinato a rimanere sospeso sino allo spirare
del termine dilatorio correlato alla modalita' solutoria prescelta. 
    2.3.4.- Ne' rileva, contrariamente a quanto ritenuto dal Collegio
rimettente, la circostanza della mancata produzione  in  giudizio  di
documentazione  relativa   all'ammissione   del   contribuente   alla
dilazione richiesta. 
    Va evidenziato, al riguardo, che l'art. 3, comma 6, del  d.l.  n.
119 del 2018, come convertito,  stabilendo  che  la  sospensione  del
processo e' disposta dal giudice «dietro presentazione di copia della
dichiarazione e nelle more del pagamento delle  somme  dovute»,  pone
come unica condizione per l'emissione del relativo  provvedimento  il
deposito, da parte del debitore, della dichiarazione di cui al  comma
5 della citata disposizione. 
    2.3.5.- Quanto premesso induce a concludere che, nel  momento  in
cui  e'  stato   promosso   l'odierno   incidente   di   legittimita'
costituzionale, nel giudizio principale, in attesa della  definizione
rateale del  carico  tributario  controverso,  non  potevano  trovare
applicazione le disposizioni impugnate. 
    Cio' rende meramente eventuali e ipotetiche, e dunque  premature,
le censure prospettate dal rimettente. 
    Per costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, la
questione incidentale e', infatti, prematura, se l'applicazione della
norma  denunciata  e'  solo  eventuale  e  successiva  (ex  plurimis,
sentenze n. 114 del 2021,  n.  139  del  2020  e  n.  217  del  2019;
ordinanze n. 210 e n. 42 del 2020). 
    3.- Le questioni di legittimita' costituzionale sollevate devono,
pertanto, essere dichiarate inammissibili. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 3, commi 5 e 6, del decreto-legge 23 ottobre
2018, n. 119 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria),
convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2018, n.  136,
sollevate, in riferimento agli artt. 3, 10, 11, 23, 24, 53,  81,  97,
primo comma, e 111  della  Costituzione,  nonche'  all'art.  113  del
Trattato  sul  funzionamento   dell'Unione   europea   (TFUE),   come
modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e
ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n.  130,  e  all'art.  6  della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali, (CEDU), firmata a Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955,  n.  848,  dalla
Commissione  tributaria  regionale  della  Calabria  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 27 aprile 2022. 
 
                                F.to: 
                     Giuliano AMATO, Presidente 
                Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 7 giugno 2022. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA